Diapositiva 1 - Liceo Da Vinci Treviso

Liceo Leonardo Da Vinci, Treviso
31 gennaio 2014
Un approccio ecologico
alla gestione e conservazione
degli ambienti acquatici di
transizione
Prof. Piero Franzoi
(CEMAS-DAIS)
Approccio ecologico?
Ecologia studio della complessa rete di
interazioni tra gli organismi ed il loro
ambiente, a diversi livelli di organizzazione:
Livelli (principali) di studio
dell’ecologia
INDIVIDUO
POPOLAZIONE
COMUNITÀ
ECOSISTEMA
Ecosistema
“… Un’unità esplicita, dal punto di vista
spaziale, della Terra che include, entro
i suoi confini, tutti gli organismi
insieme con tutte le componenti
dell’ambiente abiotico.” (LIKENS, 1992)
Ecosistema  insieme di componenti in
relazione tra di loro che costituiscono
un’unità
Le componenti abiotiche e biotiche dell’ambiente
interagiscono insieme a formare un sistema integrato,
l’ecosistema. L’ECOLOGIA studia il funzionamento di
questo sistema integrato, caratterizzato da un flusso
di energia e da un ciclo della materia. Studia i
problemi relativi alla produzione di energia organica e
al suo trasferimento tra gli organismi. Si occupa
inoltre dello studio del trasferimento della materia e
del riciclo dei nutrienti essenziali (C, N, P, S, …) tra il
comparto biotico e quello abiotico. L’attenzione si
focalizza su tassi e proprietà collettive che
caratterizzano l’ecosistema nel suo complesso:
produttività, tassi di decomposizione, resilienza,
stabilità.
Un modello di ECOSISTEMA
Organismi AUTOTROFI  sono in grado di
trasformare il carbonio della CO2 in molecole
organiche e biomassa vivente
Gli autotrofi di gran lunga dominanti sono i
FOTOAUTOTROFI  utilizzano l’energia solare
per convertire la CO2 in composti organici
semplici (FOTOSINTESI)
Organismi ETEROTROFI  ottengono energia
dalla demolizione delle sostanze organiche
sintetizzate dagli autotrofi (o da altri organismi
eterotrofi); questa energia è poi utilizzata per la
sintesi di molecole organiche complesse
Rete trofica marina pelagica che fa capo
all’aringa (Mare del Nord)
Elton (1927)
1
2
3
4
Rete trofica di
un estuario
europeo
Flusso e dissipazione dell’energia
attraverso l’ecosistema
sole
PP
C1
C2
C3
L’efficienza ecologica tra livelli contigui varia
da 5 a 30% (10% circa di media)
Questo comporta una rapida riduzione
dell’energia che fluisce lungo le reti trofiche,
originando una struttura energetica
“piramidale” della componente biotica
dell’ecosistema (piramide dell’energia)
FONTI DI ENERGIA
Produzione di carbonio organico con la
fotosintesi
 UTILIZZAZIONE DIRETTA CATENA DEL
PASCOLO (Consumatori primari Erbivori)
 UTILIZZAZIONE COME DETRITO
CATENA DEL D. (Consumatori primari
Detritivori)
Flusso del Carbonio in un Ecosistema
(semplificato)
CATENA DEL
PASCOLO
ERBIVORI
PRODUTTORI
PRIMARI
DETRITO
CATENA DEL
DETRITO
DECOMPOSITORI
PRODUTTIVITÀ PRIMARIA
Produttività della componente autotrofa
dell’ecosistema
Velocità con cui viene generata nuova biomassa a
partire da una fonte di energia (energia solare nel
caso degli organismi fotosintetici) e da composti
inorganici. Si misura in J/(m2 anno) o g/(m2 anno)
MACROALGHE
MICROALGHE
Ecosistemi
Acquatici:
PRODUTTORI
PRIMARI
ANGIOSPERME
PRINCIPALI FATTORI CHE CONTROLLANO (LIMITANO)
LA PRODUZIONE PRIMARIA NEI SISTEMI ACQUATICI
 Temperatura
 Luce
 Nutrienti (N, P, in alcuni casi Si, micronutrienti)
CO2  Non è limitante:
 Dall’atmosfera
 Dalla decomposizione della sostanza organica (prodotta sia
nell’ambiente acquatico che in quello terrestre)
 Riserva di carbonio inorganico (dissoluzione delle rocce
calcaree)
PRODUTTIVITÀ SECONDARIA: E’ la velocità di
produzione di biomassa da parte degli eterotrofi.
Anche questa viene espressa in cal/m2 anno o J/m2
anno.
Una quota della produzione primaria è utilizzata
dagli erbivori, i quali a loro volta sono consumati
dai carnivori. Questa è detta catena del pascolo
o sistema dei pascolatori
Parte della produzione primaria invece muore e
viene utilizzata da batteri, funghi e animali
detritivori
 Catena del detrito o sistema dei
decompositori
IL DETRITO
L’insieme di tutti i tipi di materiale biogenico, in vari
stadi di decomposizione microbica, che rappresenta una
fonte potenziale di energia per le specie di consumatori.
La maggior parte di questo materiale è costituito da
frammenti vegetali.
È la principale fonte di energia in molti habitat
acquatici (es. sistemi ad acque correnti, zone umide,
estuari e lagune...)
Anche in ambienti con una importante produzione
primaria, una quota importante di quest’ultima non viene
consumata dagli erbivori ma entra, dopo la morte degli
organismi fotosintetici, nella catena del detrito
Esistenza di microorganismi con differenti esigenze
metaboliche
 Capaci di metabolizzare la maggior parte dei
composti del C presenti negli ambienti acquatici, sia
in presenza che in assenza di O2
 DETRITO AUTOCTONO  Derivato dalla
produzione primaria in situ
 DETRITO ALLOCTONO  Prodotto al di fuori del
sistema acquatico considerato (ad es. detrito di
origine terrestre)
CPOM  Materia organica particolata grossolana
(>1000 µm). Frammenti vegetali grossolani, spoglie
di animali. Pesante, di norma depositata sul fondo
FPOM  Materia organica particolata fine (<1000
µm) Derivata dalla frammentazione e
decomposizione della CPOM. Di norma in sospensione
nelle acque correnti, tende a sedimentare soltanto in
acque ferme o lente
DOM  Materia organica dissolta  passa
attraverso un filtro di 0,45 µm. Si origina dalla
macerazione del detrito fogliare, oppure per
secrezione da parte dei produttori primari
La decomposizione della sostanza organica morta
(detrito) è il processo principale di riciclizzazione dei
nutrienti
Detritivori e Decompositori trasformano la sostanza
organica in forma minerale rendendo disponibili i
nutrienti per il riciclo interno all’ecosistema
Detritivori e Decompositori traggono energia e
nutrienti dall’ossidazione di composti organici
rompendo i legami chimici formati nel corso della
“costruzione” di tessuti vegetali ed animali
CICLI DEI NUTRIENTI
In che modo i nutrienti vengono trasformati e
riciclati negli ecosistemi acquatici?
Assimilazione: acquisizione dei “nutrienti”
dall’ambiente, in forma inorganica oppure
organica
Rimineralizzazione o rigenerazione dei
nutrienti: forma organica  forma inorganica
I NUTRIENTI LIMITANTI (FOSFORO E
AZOTO) VENGONO RICICLATI
RIPETUTAMENTE TRA GLI ORGANISMI E
LE COMPONENTI NON VIVENTI DEGLI
ECOSISTEMI ACQUATICI
Oltre ai processi generali alla base del funzionamento
degli ecosistemi, vanno considerati anche i SERVIZI
che gli ecosistemi naturali forniscono all’uomo
• SERVIZI in termini di FORNITURA DI BENI:
produzione di cibo, legno, erbe medicinali,
combustibili fossili, acqua …
• SERVIZI in termini CULTURALI: valori spirituali,
valori estetici, educazione, attività ricreative e
sportive …
• SERVIZI in termini DI REGOLAZIONE: capacità
degli ecosistemi di smaltire inquinanti, di ridurre il
dilavamento superficiale (presenza di foreste),
ridurre l’effetto delle inondazioni (ruolo della
vegetazione, presenza di zone umide), di ridurre gli
effetti di specie nocive e di malattie, ed infine la
capacità di regolare il clima (sequestro della CO2 da
parte delle piante)
• SERVIZI DI SUPPORTO: consentono il buon
funzionamento degli ecosistemi e sono alla base degli
altri servizi ecosistemici; produttività primaria,
ciclizzazione dei nutrienti, formazione del suolo …
Attività antropiche hanno di norma l’effetto
di compromettere, in maggiore o minor misura,
la capacità degli ecosistemi di fornire Beni e
Servizi
Ci sono 4 differenti tipi di valori economici che gli
ecosistemi forniscono alla società umana:
Difficoltà
crescente di
utilizzare le
metodiche classiche
di valutazione
economica
1) VALORI DI USO DIRETTO: acqua di
falda per uso potabile e/o irriguo,
stocks ittici, ecc.
2) VALORI DI USO INDIRETTO:
filtrazione, depurazione, trasformazione
di inquinanti, fissazione della CO2, ecc.
3) VALORI “OPZIONALI”: ricreativi,
estetici ecc.
4) VALORI DI “NON USO”: valore
intrinseco connesso alla mera esistenza
degli ecosistemi  ad es. per la
sopravvivenza delle specie
Approccio ecologico?
Dal punto di vista metodologico
L’ecologia usa strumenti quantitativi per
raccogliere, elaborare dati e verificare ipotesi
Osservazioni in campo
Esperimenti in laboratorio
Esperimenti in campo
Modelli matematici
I “problemi” dell’ecologia:
•Enorme complessità (elevato numero di
variabili coinvolte)
•Difficoltà/impossibilità di studiare i
fenomeni in laboratorio
•Si opera soprattutto in campo, ma i limiti
sono severi perché:
- le condizioni non sono controllate e non
possono essere variate a piacimento
- non ci sono garanzie di ripetere le
osservazioni alle medesime condizioni
Sono necessarie integrazioni fra
-ricerche di campo, dove si osservano
popolazioni e comunità in condizioni naturali
o in condizioni di disturbo
-ricerche di laboratorio, che analizzano
processi elementari o riproducono piccoli
ecosistemi artificiali
-ricerche teoriche che elaborano modelli
concettualie/o matematici da validare con
i dati sperimentali (campo e/o laboratorio)
MODELLI
Possono essere
Descrittivi o concettuali (rappresentazione
verbale e/o grafica)
Matematici  offrono previsioni
QUANTITATIVE
Le conoscenze ottenute da osservazioni e/o
esperimenti possono essere utilizzate per
costruire MODELLI:
–Sono rappresentazioni astratte,
semplificate, di sistemi reali
– Modelli quantitativi: utilizzano la
comprensione ottenuta dai dati per
prevedere scenari: evoluzione nel tempo,
applicazione di differenti opzioni
gestionali, …
… approccio ecologico
alla gestione e conservazione di
ecosistemi… ?
Gli impatti antropici ad una varietà di scale – da
locale a globale – alterano gli ecosistemi e ne
compromettono di conseguenza le capacità di
auto-sostentamento e di fornire beni e servizi
Il ripristino delle funzioni ecosistemiche richiede
una comprensione delle relazioni tra elementi
fisici, comunità biotiche e flussi di materiali, e di
come queste relazioni sono state alterate
VALUTAZIONE
GESTIONE (mitigazione e
compensazione degli effetti,
ripristino)
CONSERVAZIONE
Primo step  VALUTAZIONE ECOLOGICA
Costruzione di un MODELLO ECOLOGICO
COCETTUALE
 Illustra le principali relazioni di causa ed
effetto all’interno dell’ecosistema di studio e
mostra come le forzanti (dirette ed indirette) di
cambiamento (sia naturali che antropiche)
influenzano l’ecosistema nel suo complesso e le
specie in esso presenti
MODELLO CONCETTUALE DPSIR
DETERMINANTI
(O FORZANTI):
INTERVENTI
STRUTTURALI
RISPOSTE:
LEGGI E NORME, PIANI, …
AGRICOLTURA,
INDUSTRIA, CENTRI
URBANI, …
IMPATTI:
SULL’ECOSISTEMA,
SULLA SALUTE, …
PRESSIONI:
EMISSIONI IN
ATMOSFERA,
SCARICHI
INDUSTRIALI,
REFLUI URBANI,
…
STATO:
QUALITÀ DELL’ARIA,
QUALITÀ DELL’ACQUA,
BIODIVERSITÀ, …
Modello
Ecologico della
Byscaine Bay
(Florida, U.S.A.)
FORZANTI
PRESSIONI
EFFETTI
ECOLOGICI
ATTRIBUTI
ECOLOGICI
INTERESSATI
Ambienti acquatici di
transizione?
Ecosistemi costieri di transizione (EAT) fra gli
ecosistemi continentali (sia terrestri che
acquatici) e gli ecosistemi marini;
Presentano condizioni abiotiche e biotiche
caratteristiche e peculiari che li differenziano
sia dagli E. continentali che dagli E. marini.
Estuario …
Laguna …
Delta …
Sacche …
… Laghi e
Stagni Costieri
Necessità di definire e classificare gli habitat
costieri per fini gestionali e amministrativi
→ identificare ed delimitare in modo non
equivoco unità gestionali appropriate →
definizione di unità geografiche per scopi di
gestione e conservazione degli habitat. Le
definizioni in questo caso devono aver valore
anche in termini amministrativi e legali.
Queste classificazioni hanno quindi valore a
livello di un singolo stato o di un’unione di
stati (ad es. Comunità Europea)
Water Framework Directive (EU,2000)
Per il miglioramento della qualità ecologica delle acque
superficiali europee. La direttiva distingue, acque dolci,
acque di transizione ed acque marine costiere.
La WFD definisce come acque di transizione quei “corpi
d’acqua superficiale, posti in vicinanza di foci fluviali,
che hanno carattere parzialmente salino per la vicinanza
delle acque costiere ma che sono sostanzialmente
influenzati dai flussi di acqua dolce.”
Il termine acque di transizione include
insieme, in un’unica categoria, sia gli estuari
tidali (la tipologia più diffusa sulle coste
atlantiche europee) che le lagune salmastre
(la tipologia più diffusa nel Mediterraneo)
PSU
Sistema di Venezia
(1959)
ACQUE
SALMASTRE
Classificazione degli Ecosistemi Acquatici di Transizione in
base all’ampiezza dell’escursione di marea:
NANO-TIDALI  intervallo di marea < 0,5 m
MICRO-TIDALI  intervallo di marea > 0,5 m e < 2 m
MESO-TIDALI  intervallo di marea > 2 m e < 4 m
MACRO-TIDALI  intervallo di marea > 2 m e < 6 m
IPER-TIDALI  intervallo di marea > 6 m
ACQUE DI TRANSIZIONE DEL
MEDITERRANEO
LAGUNE E STAGNI COSTIERI
“specchi d’acqua salmastra separati dal mare aperto da
cordoni sabbiosi (tomboli, scanni, lidi) intercalati da
aperture”
LAGUNE (microtidali): bacini costieri dominati dalle
maree che comunicano con il mare attraverso bocche o
foci; caratteristici dell’Alto Adriatico
STAGNI (nano-tidali): bacini costieri non dominati dalle
maree che comunicano con il mare, anche saltuariamente o
ad intermittenza, attraverso varchi o canali; (es. stagni
sardi; “laguna” di Orbetello)
(Brambati, 1988)
Apporti convergenti di
sabbie litorali
provenienti da due
sorgenti terrigene
puntiformi principali (es.
laguna di Venezia)
Origine di un bacino
nell’ambito dei processi
che portano alla
formazione di un “delta
fluviale” (es. lagune del
Delta del Po)
Trasporto convergente di
sabbie litorali che vanno a
chiudere un insenatura
marina fra due promontori
rocciosi, oppure che vanno
ad addossarsi ad un’isola
(es. stagni di Orbetello)
 AMBIENTI LAGUNARI DEL
NORD ADRIATICO (lagune di
Marano-Grado, di Caorle, di Venezia,
sacche del Delta del Po)
In condizioni naturali, la MORFOLOGIA LAGUNARE
dipende principalmente dall’azione modellatrice del
flusso e riflusso della marea
Il flusso di marea entra dalle bocche a mare e scorre
inizialmente all’interno di canali principali larghi e
profondi per poi distribuirsi prima in una rete di
canali progressivamente meno ampi e profondi e poi
sui bassifondi lagunari. Il riflusso della marea segue
poi la direzione inversa
BOCCA A MARE
CANALI
PRINCIPALI
(da Brambati 1988, modificato)
Sono riconoscibili tre zone morfologiche in relazione al
livello della marea (Brambati, 1988):
1) Morfologie al di sopra del livello medio delle alte
maree (aree emerse, barene)
2) Morfologie al di sotto del livello medio delle basse
maree (aree sub-tidali)
3) Morfologie comprese fra il l. m. delle basse maree ed
il l. m. delle alte maree (aree inter-tidali, piane di
marea)
BARENE
Barene formatesi per
sedimentazione nelle zone
interne di gronda e nelle
zone di spartiacque dove,
in condizioni ideali, la
velocità della corrente cade
a zero
All’interno delle zone
barenicole sono presenti pozze
intertidali più o meno estese e
reti di piccoli canali di marea
(“ghebi”)
Alle morfologie di secondo tipo (sub-tidali) appartengono le
bocche (o foci lagunari) ed i canali principali che dalla zona di
bocca si sviluppano verso l’interno della laguna. Sono inoltre
presenti aree di fondale lagunare al di sotto del livello delle
basse maree
Alla terza morfologia
appartengono le PIANE DI
MAREA che emergono
durante le basse maree,
soprattutto quelle sigiziali. Le
piane di marea sono
caratterizzate da un sistema
di canali SECONDARI che
confluiscono nei canali
principali
Le LAGUNE sono sistemi in un costante stato di
flusso:
 flusso e riflusso delle maree
ma anche,
 variazioni stagionali degli apporti di acqua
dolce
Sono sistemi dinamici anche dal punto di vista
morfologico:
 Processi di Deposizione (e Risospensione) del
sedimento
Deposizione delle particelle di sedimento fine
è facilitata da
Flocculazione → aggregazione delle particelle di
argilla a formare particelle più grandi (favorita dalla
presenza di acqua salmastra o salata → cationi liberi)
Processi e fattori biologici  Aggregazione biologica
ad opera degli organismi filtratori (“fecal pellets” e
pseudofeci); Bioturbazione  rimaneggiamento dei
sedimenti superficiali operato dagli organismi
bentonici e nectonici; Stabilizzazione del sedimento
ad opera di macrofite e microfite bentoniche
ECOSISTEMI LAGUNARI …
 Caratterizzati da un’elevata variabilità dei
fattori fisici e chimici:
 NELLO SPAZIO  gradienti di temperatura,
torbidità, salinità, ossigeno disciolto, nutrienti
…
 NEL TEMPO  cicli di marea; ciclo annuale
degli apporti di acqua dolce; cicli nictemerale e
stagionale, …, cicli climatici
 Caratterizzati da un’elevata
produttività ecologica:
 apporti di sostanza organica e di
nutrienti (flussi mareali, flussi fluviali,
ruscellamento e dilavamento suoli)
 apporti di energia sussidiaria con le
correnti di marea
 diversità di produttori primari
ruolo del detrito
Negli EAT la grande produttività dei
consumatori primari attira e sostiene una
varietà di consumatori secondari, molti dei
quali popolano questi ambienti soltanto
temporaneamente
UCCELLI
PESCI
PRODUTTORI PRIMARI
 VEGETAZIONE ALOFILA (caratterizza le
export
aree barenicole e di gronda lagunare)
 FANEROGAME ACQUATICHE (Ruppia,
Zostera, Nanozostera, Cymodocea, …)
 MACROALGHE (es. Ulva)
DETRITO
 MICROFITOBENTHOS (
FONDALI INTERTIDALI
CONSUMO DIRETTO
FANGOSI)
 FITOPLANCTON
export
COLONNA D’ACQUA
DOM:
SEDIMENTO
Materia organica
dissolta
FPOM  Materia
organica particolata
fine
sedimentazione
FPOM
risospensione
CPOM  Materia
organica particolata
grossolana (> 500 µm)
Il DETRITO ha un ruolo importante nello
stabilizzare l’ecosistema lagunare:
 Assicurando un rifornimento continuo di
cibo (energia) durante tutto l’anno e
smorzando così le variazioni stagionali della
Produzione Primaria
 Assicurando il riassorbimento dei nutrienti
dissolti
SISTEMI CARATTERIZZATI DA
UN’ELEVATA COMPLESSITÀ ECOLOGICA:
1 ) MOLTEPLICITÀ DELLE INTERFACCE
Laguna-mare
Laguna-sistema continentale
Laguna-atmosfera
Presenza di gradienti  per lo più instaurati dalla
dinamica idrografica
2 ) ELEVATA DIVERSITÀ DI HABITAT:
 bassi fondali
soffici
sabbiosi
fangosi
piana fangosa
piana sabbiosa
intertidali/subtidali
intertidali/subtidali
ghebi e chiari
a fondo duro (manufatti artificiali; “letti” di ostriche
e/o mitili)
praterie di fanerogame e letti di macroalghe
 zone di canale
prateria rada
 zone umide
salmastre o iperaline
oligoaline o dolci
prateria fitta
3 ) ALTA CONNETTIVITÀ
DELLE RETI TROFICHE
MACROFITE  LA GRAN PARTE DELLA PRODUZIONE VA A
COSTITUIRE IL DETRITO
IL BENTHOS FILTRATORE PUÒ SVOLGERE UN RUOLO CHIAVE,
SOPRATTUTTO NELLE AREE ESTUARINE O LAGUNARI CHE
RISENTONO DELL’INFLUSSO MARINO
FONDALI FANGOSI INTERTIDALI (“MUDFLATS”)
CONNETTIVITÀ ECOLOGICA TRA GLI
ECOSISTEMI ACQUATICI DI TRANSIZIONE
E L’ECOSISTEMA MARINO
Organismi nectonici  entrano negli EAT come
giovanili ed escono poi come individui adulti o
subadulti di maggiori dimensioni 
ESPORTAZIONE NETTA della produzione dagli
EAT all’ambiente marino.
Ruolo di nursery degli EAT:
Specie di Invertebrati Nectonici o (Necto-Bentonici)
e di Pesci caratterizzati da cicli biologici complessi
 Le larve vengono trasportate sottocosta o
all’interno degli EAT, compiono la metamorfosi,
crescono fino allo stadio subadulto negli EAT
(habitat giovanile) e poi migrano nuovamente in
mare aperto (habitat degli adulti)
AMBIENTI
COSTIERI DI
NURSERY (es.
ambienti lagunari e
di foce)
AREE
RIPRODUTTIVE
FONDALI DI
PASCOLO
migrazione
MIGRAZIONE DEGLI AVANNOTTI DI SPECIE ITTICHE
EURIALINE NEGLI AMBIENTI LAGUNARI DELL’ALTO
ADRIATICO: PRESENZA DI UN PICCO DI MONTATA A FINE
INVERNO-PRIMAVERA
Habitat lagunari di basso fondale:
 Maggiori temperature dell’acqua
 Elevati livelli di produzione secondaria

Vantaggio metabolico per avannotti e giovanili 
maggiori tassi di crescita  minore mortalità
SHIFTS
ONTOGENETICI
ONTOGENETIC
SHIFTS
IN
NELLE
PREFERENZE
ENVIRONMENTAL
PREFERENCES
AMBIENTALI
CONNECTIVITY
CONNETTIVITÀ
PATCHES OF
“PATCHES”
DI
DIFFERENT HABITAT
DIFFERENTI HABITAT
CONNETTIVITÀ FRA DIFFERENTI HABITAT
MARE APERTO
MARE
COSTIERO
LAGUNA
Larval
flow
flusso larvale
CONNETTIVITÀ FRA MARE E LAGUNA
4) ADATTAMENTI FISIOLOGICI
ESTREMAMENTE DIVERSIFICATI MESSI
IN ATTO DALLE SINGOLE SPECIE E
DIVERSITÀ DEI CICLI BIOLOGICI
Molte specie di uccelli colonizzano transitoriamente gli
EAT, che vengono utilizzati come aree di pascolo. Gli
uccelli si cibano soprattutto delle ricche popolazioni di
anellidi, crostacei e molluschi presenti nelle aree
intertidali che vengono periodicamente scoperte dalle
maree
Molte specie di uccelli migratori utilizzano gli EAT
temperati europei come aree critiche di
svernamento
Molti PESCI ed INVERTEBRATI PREDATORI
(es., Crostacei Decapodi come il granchio
comune Carcinus aestuarii ed il gamberetto grigio
Crangon crangon) si muovono dalle aree subtidali
a maggiore profondità (sia marine che lagunari)
per colonizzare transitoriamente gli habitat
lagunari di basso fondale (migrazioni
stagionali, migrazioni tidali e nictemerali)
Una singola specie-preda può essere predata da diverse
specie di predatori, ognuna delle quali preda elettivamente un
certo stadio di sviluppo della specie preda stessa
PREDATORI
Haematopus
Nereis
Crangon
Carcinus
Juv.
Platichthys
flesus, Ad.
Carcinus
P. flesus, Juv.
Carcinus
Ad…
Cerastoderma
glaucum
PREDA
spat
10 mm
20 mm
30 mm
A loro volta, i differenti stadi di sviluppo di una specie di predatore
si alimentano di norma di prede differenti
 CAMBIAMENTI ONTOGENETICI DELLE ABITUDINI
ALIMENTARI
PREDE
PLANCTONICHE
meio
PREDE
BENTONICHE
macro
DIFFERENTI FUNZIONI SVOLTE DAGLI HABITAT
ACQUATICI DI TRANSIZIONE NEI CONFRONTI
DELLA FAUNA ITTICA
•Aree riproduttive
•Aree di “nursery”
•Rifugi dalla predazione
•Aree di pascolo
•Tappe di una rotta di
migrazione (diadromi)
GRUPPI
FUNZIONALI DI
USO DEGLI
HABITAT DI
TRANSIZIONE
ECOSISTEMI ACQUATICI DI
TRANSIZIONE
Sono caratterizzati da
STABILITA’ ECOLOGICA

Soprattutto in termini di RESILIENZA:
capacità del sistema di ritornare allo stato
originario dopo una perturbazione (ad es. una
crisi distrofica)
Elevata RESILIENZA degli EAT:
dovuta a
 adattamenti fisio-etologici delle diverse
specie
 struttura delle reti trofiche e ruolo in
queste del DETRITO ORGANICO
PRINCIPALI SERVIZI E BENEFICI (IN PARTE
QUANTIFICABILI IN TERMINI ECONOMICI) FORNITI
DAGLI ECOSISTEMI ACQUATICI DI TRANSIZIONE:
- Ruolo di nursery di specie nectoniche (di interesse
commerciale e non);
- Azione naturale di filtro nei confronti di fenomeni di
inquinamento (soprattutto arricchimento organico)
- Aree elettive per attività di pesca ed acquacoltura
- Aree elettive di svernamento e di alimentazione di specie
di uccelli
- Ruolo di “cuscinetto” e protezione nei confronti delle
mareggiate
ECOSISTEMI ACQUATICI DI TRANSIZIONE
ELEVATO VALORE
NATURALISTICO
(flora e fauna
selvatiche)
ECOSISTEMI
NATURALI AD
ELEVATA
PRODUTTIVITÀ
+
ECOSISTEMI
MODIFICATI (IN
GRADO VARIABILE)
DALL’UOMO (es.
elevati livelli di
arricchimento
organico)
_
FORZANTI
PRESSIONI
STATI
naturali
maree
vento
pesca e
acquacoltura
subsidenza,
eustatismo
antropiche
commerci
marittimi
popolazione
residente
industria
RISPOSTE
attività
agricoltura, venatoria
zootecnia
turismo
regolamentazione
attività di caccia
e pesca
urbanizzazione
moto ondoso
erosione
specie
alloctone
carichi
inquinanti
habitat
fitoplancton, macroalghe e
fanerogame
zoobenthos
ricostruzione e
restauro
ambientale
elaborazione ed
applicazione di
piani di gestione
ittiofauna
avifauna
vegetazione
terrestre
sensibilizzazione
ambientale
IMPATTI
monitoraggi
degrado e frammentazione
habitat
alterazione
rapporti fra
specie
scomparsa
di specie
SCHEMA DPSIR PER LO STATO ECOLOGICO IN LAGUNA DI VENEZIA
GESTIONE DEGLI ECOSISTEMI ACQUATICI
DI TRANSIZIONE

Necessità di un adeguato schema concettuale
che preveda la COESISTENZA di
aspetti/prerogative naturali e delle attività
antropiche
POLITICHE E “FILOSOFIE”
GESTIONALI
PIANIFICAZIONE E
DESIGNAZIONI
PRATICHE GESTIONALI
Approccio settoriale: ogni attività che insiste su un
dato EAT viene gestita separatamente dalle altre
Superato da
APPROCCIO INTEGRATO O OLISTICO 
ECOSISTEMA “IN SALUTE”, IN CUI USI ED
UTILIZZATORI SONO PERMESSI E TOLLERATI
( MANTENIMENTO NEL TEMPO DI BENI E SERVIZI
ECOSISTEMICI)
Tutte le componenti di un ecosistema di
transizione (fisico-chimiche e biologiche)
sono tra loro interrelate e concatenate e
devono essere gestite in modo che il
sistema sia sostenibile
NECESSITÀ DI UN APPROCCIO
ECOSISTEMICO
Questa consapevolezza ha portato ad un filosofia
complessiva della gestione ambientale che incorpora
• SOSTENIBILITÀ
• AZIONE PREVENTIVA
• INTEGRAZIONE DI TUTTI GLI ASPETTI
AMBIENTALI
• DEMOCRATIZZAZIONE (CONSULTAZIONE AMPIA,
TRASPARENTE E PIENAMENTE RSPONSABILE)
GESTIONE DEGLI EAT
PASSA ATTRAVERSO LA GESTIONE (E
PROTEZIONE) DEL BACINO DRENANTE E
DELL’AREA MARINA PROSPICENTE
PIANI DI GESTIONE A LIVELLO DI DISTRETTO
IDROGRAFICO (DIRETTIVA QUADRO SULLE
ACQUE, WFD)
WFD: La maggior parte dei corpi d’acqua devono
essere gestiti in modo da raggiungere uno stato
ecologico BUONO; nel caso però di corpi d’acqua
ARTIFICIALI o ALTAMENTE MODIFICATI l’obiettivo
non viene più valutato come stato ecologico ma
come POTENZIALE ECOLOGICO MASSIMO
REALIZZABILE
NECESSITÀ DI INDICATORI CHE
DESCRIVANO LO STATO DEGLI
ELEMENTI DELL’ECOSISTEMA
(APPROCCIO DPSIR)
MISURE DI MITIGAZIONE  per mitigare gli
effetti negativi delle attività umane su gli EAT
Quando questo non è possibile o sufficiente
( scomparsa di habitat tipici)
COMPENSAZIONE  creazione o ripristino
di habitat , per compensare altrove gli effetti
della perdita di habitat all’interno dell’EAT
Cause di degrado di EAT
• ARRICCHIMENTO
ORGANICO: Gli effetti
sono REVERSIBILI
 riduzione delle immissioni eutrofizzanti
a livelli compatibili con la capacità di
assimilazione del sistema
• IMMISSIONE/ACCUMULO
DI SOSTANZE
CHIMICHE TOSSICHE: gli effetti sono MENO
FACILMENTE REVERSIBILI
Il recupero del sistema è largamente
dipendente dal processo di sedimentazione
 la concentrazione dell’inquinante nel
sedimento può continuare a lungo ad influenzare
la fauna e la flora bentoniche.
Qualsiasi risospensione di sedimento tenderà
a liberare nuovamente l’inquinante nella
colonna d’acqua
L’habitat intertidale e gli altri habitat acquatici di
transizione possono utilizzare (o seppellire in
profondità) molti degli inquinanti introdotti con le
attività umane  questa capacità dipende dal
mantenimento di tutti gli aspetti strutturali e
funzionali degli EAT
• PERDITA
DI AREE/HABITAT PER
INTERVENTI DI INTERRAMENTO: In genere
IRREVERSIBILI
Possibili interventi di COMPENSAZIONE
 creazione (“restoration”) di aree umide su
terreni marginali
(soprattutto, su scala REGIONALE)
• ALTERAZIONE/DISTRUZIONE
DI HABITAT
(MODIFICAZIONE DELLE CARATTERISTICHE
MORFOLOGICHE ED IDRAULICHE;
EROSIONE E DISTRUZIONE DEI FONDALI):
Non facilmente reversibili ( perdita netta di
sedimento)
Interventi di MITIGAZIONE
Interventi di COMPENSAZIONE (ripristino
degli habitat tipici)
(Interventi finalizzati alla RIIMMISSIONE di
SEDIMENTI; es. diversione in laguna di corsi
d’acqua dolce)
• IMMISSIONE
DI SPECIE ALLOCTONE (O
ESOTICHE):
Difficilmente REVERSIBILE (soprattutto nel
caso di specie INVASIVE)
 CONTROLLO
 (ERADICAZIONE)
• EFFETTI
NEGATIVI DI PESCA E
ACQUACOLTURA:
Almeno parzialmente REVERSIBILI
 GESTIONE SOSTENIBILE delle risorse
alieutiche
 Interventi di MITIGAZIONE