L`etnografia urbana - Dipartimento studi Sociali e Politici

L’etnografia urbana
Origini dell’etnografia urbana: la città
dell’Ottocento e il romanzo sociale
•Le grandi capitali europee sono ottime sedi di osservazioni :
•Parigi capitale del XIX secolo, al centro della sperimentazione
politica e della pianificazione urbana (Haussmann e la Comune
1871).
•Londra – come le metropoli dell’Est americano – sono capitali
della cultura liberale, dell’innovazione tecnologica e della classe
operaia (immigrata o autoctona)
•Vienna è invece la capitale della Mitteleuropea dove si
sperimenta una sorta di multiculturalismo delle élites.
•I primi etnografi urbani non sono dei sociologi professionisti, ma
artisti dell’osservazione, come i romanzieri e i giornalisti di
cronaca urbana (Balzac, Zola, London, Dickens, Poe…).
•La sociologia si afferma, inizialmente, come genere di scrittura,
ovvero attraverso il romanzo sociale e la cronaca giornalistica di
inchiesta.
Prime etnografie della città: fascino e paura
•La strada, le vetrine, la luce, il consumo, l’imprevisto, le
opportunità, la serendipity la libertà individuale.
•La notte: l’illuminazione a gas, uscire alla sera, non ci
sono più i coprifuoco.
•Forme di attrazione non nuove, ma diverse nella loro
forma come la prostituzione (aumenta per via della
povertà e del maggiore anonimato) e il commercio di
stupefacenti (oppio, assenzio)
•Baudelaire e il prototipo del flaneur, Engels osservatore
critico.
Prime etnografie della città: fascino e paura
La folla è al centro delle prime osservazioni (formicaio, rumori
assordanti, l’indifferenza, l’incontro fortuito.
L’anonimato: Poe e “L’uomo della folla” non è più flaneur ma
potenziale assassino.
La rivolta: Hugo la folla è un mostro sociale dove gli individui si
trovano legati soltanto da un interesse effimero. La folla urbana
non ha alcuna identità politica pertanto può essere facilmente
manipolata.
La folla fa paura tanto ai conservatori quanto ai riformisti:
- Fenomeni di panico (es. epidemie)
- Fenomeni di moda e di imitazione del comportamento e
dell’estetica
- Fenomeni rivoluzionari e di attacco di massa (es. movimento
operaio, moti insurrezionalisti)
La funzione critica della scrittura: Romanzo sociale,
giornalismo civico e descrizione sociologica
La sociologia come genere di scrittura: l’etnografia è un testo
la descrizione è un “prodotto” situato (costruttivismo, selezione
degli elementi…)
L’antropologia culturale USA si lega alla tradizione critica
europea: (Marx, Freud , Weber e Nietzsche, la scuola di
Francoforte, Walter Benjamin, ecc.).
Questa tendenza era già presente nel documentarismo critico
di molti autori di Chicago negli anni '30 fino al libro di Whyte,
Street Corner Society (1955).
Etnografia e vita quotidiana
•Per molto tempo la VQ è stata svalutata, in quanto ritenuta
anonima e insignificante per comprendere i grandi mutamenti
sociali (essenzialismo, idealismo).
•Il metodo etnografico si basa sullo studio dei particolari e di ciò
che sembra banale e scontato.
•Il metodo etnografico si basa sull’osservazione partecipante dei
contesti quotidiani, ciò significa innanzitutto trattare ciò che
sembra ovvio come se fosse strano, esotico problematizzando le
definizioni di senso comune dei fenomeni.
•Questo è possibile condividendo la vita quotidiana con gli
osservati, vederli nel loro contesto senza isolare la descrizione da
tutto il resto (in questo senso si parla di olismo).
Etnografia e vita quotidiana
•L’importanza della vita quotidiana è stata rivalutata dalle
discipline storiche: scuola delle Annales, (studio della cultura
materiale).
•Weber disponeva solo dei primissimi studi di questo genere (es.
almanacchi di B. Franklin) che si sono poi moltiplicati (tra i primi
quelli di Marc Bloc, poi Duby e Le Goff).
•La ricerca sul contadino polacco di Thomas e Znanieki è un
esempio di utilizzo misto di questa documentazione, volto a
verificare i cambiamenti sociali nella vita dei contadini.
•Anche Elias è un autore che ha molto lavorato sulla questione
della vita quotidiana indagandola da un punto di vista storico
(società di corte)
Etnografia e senso comune
•La realtà sociale viene sperimentata come un mondo
pubblico, comune a tutti, intersoggettivo: è fondamentale
indagare la definizione che il soggetto dà della situazione (e
l’interpretazione del sociologo).
•Per rendere possibili le azioni i significati subiscono
un’oggettivazione in forme culturalmente codificate
(Tipizzazioni, Schutz), la cultura consiste così in un fenomeno di
oggettivazione (come affermato anche da Simmel) in segni e
schemi interpretativi.
•Gli individui si trovano a vivere in un mondo già precodificato,
un mondo di senso comune (il Lebenswelt di Husserl) un modo
di pensare come al solito, dei modelli di agire dati per scontati.
•L’etnografo osserva la messa in pratica del senso comune, la
formazione dei tipi, la creazione di etichette
Etnografia e senso comune
•L’interesse per le piccole cose nasce in sociologia sulla scia della
crisi dello strutturalismo e del funzionalismo per nulla interessati alla
VQ.
•- il diffondersi dell’approccio interazionista (Mead e Blumer),
•- del costruttivismo (Berger e Luckman)
•- La svolta linguistica letta attraverso il gioco delle interazioni
(Wittgenstein), anziché in senso strutturale (Sassure).
•- la sociologia di Simmel e di Elias (il quotidiano come storia)
•- la sociologia di Weber comprendere dall’interno la formazione dei
significati dell’azione; il contesto e il punto di vista sono situati (i
significati sono una provincia finita del senso).
•- Goffman e l’approccio microsociologico e drammaturgico, alla
ricerca delle regole tacite della vita quotidiana.
•- L’etnometodologia e la demistificazione della teoria attraverso
l’attenzione per il banale e il quotidiano (la Società non è un dato).
•Giddens : sicurezza ontologica garantita dalla routine quotidiana.
Nella routine s’impernia l’identità, ma anche la Strutturazione della
società.
L’etica etnografica
•L’etnografia si basa sull’ipotesi che la realtà in sé stessa sia
inconoscibile, possiamo solo formulare domande e ipotesi su
specifici ambiti della realtà – sezioni finite - puntando a
risposte plausibili e a interpretazioni “verosimili”.
•La conoscenza, lo scopo descrittivo e interpretativo prevale
su quello della spiegazione.
•Il significato soggettivo dell’azione è diverso dal significato
dato dalla stessa azione da colui che la osserva o da colui a
cui l’azione è rivolta. Insomma il senso soggettivo è in ultima
analisi inaccessibile all’altro.
•Il significato soggettivo può poi variare per lo stesso attore
nel tempo.
•L’etnografo non è più un soggetto razionale che guarda
dall’alto, al contrario è uno dei tanti personaggi in campo e
deve confrontarsi con la differenza.
L’etica etnografica
•Queste osservazioni sono sviluppate anche dalla cosiddetta
“nuova antropologia” o antropologia interpretativa di Geertz,
Clifford, Marcus: sono i simboli che esprimono e costruiscono
una cultura, esistono diverse reti di significati
•il relativismo culturale si afferma come “etica” che presuppone
il dialogo e il riconoscimento;
•l’etnografo effettua interpretazioni di interpretazioni, ogni
descrizione è un atto interpretativo, negoziale, precario, non
immune da dinamiche del potere; la pratica etnografica è
dialogica e riflessiva lascia più spazio agli attori
•L’autocritica degli antropologi culturalisti è stata radicale,
l’esotismo è morto l’antropologia non è più lo studio dell’Altro:
“l’altro sono io” nessuno può più parlare di differenza senza
riconoscere la propria. Questo continuo esame di coscienza è
poi passato alla sociologia.
•Metodo privilegiato: la comparazione (etnografica).
L’etica etnografica
•La scrittura dell’osservazione: antropologia interpretativa
influenzata dal decostruzionismo di Derrida, Barthes e Lyotard:
il linguaggio e la scrittura dell’antropologo re-interpretano l’Altro
e la sua cultura
•la narrazione va quindi problematizzata in quanto non può mai
essere neutra o oggettiva, la narrazione deve essere riflessiva,
introspettiva, dialogica, mostrare la consapevolezza delle
interferenze causate dal lavoro di osservazione e di scrittura
(pur sapendo che queste non potranno mai essere
completamente esplicitate).
La formalizzazione dell’etnografia da parte
dei Chicagoans
Il contadino polacco (1929): storie di vita e
diari
Park: la ricerca sul campo “getting your
hands dirty in real research”
Anderson, Cressy: lo shadowing
Shaw: Lo studio di caso singolo (Jack Roller)
I Lynd: studi di comunità (Middletown)
La formalizzazione metodologica
•L’etnografia urbana comincia ad avere un frame metodologico
formale solo negli anni ’70.
•Tale formalizzazione metodologica comincia quando anche gli
antropologi – abituati a occuparsi di società esotiche – cominciano
ad occuparsi delle città occidentali.
•Le città come luoghi esotici proprio perché concentrano un alto
tasso di diversità e cambiano a grande velocità (quartieri etnici e del
vizio).
•All’interno dello spazio urbano scelto l’etnografo:
•si concentra sulle pratiche, i modi di fare della vita quotidiana
•su contesti limitati della città e non sulle sue strutture (micro)
•pone l’accento sull’individuo e le sue capacità di interpretazione e
costruzione della realtà sui suoi modi di “definire la situazione”
•si concentra sugli aspetti della differenza sociale e culturale, come
momento di incontro, confronto, scontro
•Il ricercatore partecipa direttamente e deve avere la consapevolezza
che egli influenza il campo. Ogni osservazione e descrizione è
sempre una forma di intervento.
La seconda scuola di Chicago
•Hughes: etnografia del mondo del lavoro (gettare
gli studenti nel fieldwork)
•Goffman: la faccia e il frame
•Becker: Outsiders (1963) e la Labelling theory (la
devianza come evento relazionale e non
sostanziale)
•Whyte: Street Corner Society (Boston, Cornerville
1940) e il “desiderio di avventura”. 1955 appendice
metodologica
Whyte: il metodo
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Whyte non aderisce al modello chiacagoano della disorganizzazione sociale,
ritiene che la vita a Cornerville sia meticolosamente strutturata. I gruppi studiati da
Whyte non commettono crimini gravi, piccolo racket locale o frode elettorale.
L’ingresso al campo: Whyte rende conto dei suoi errori e della sua ingenuità (le
barriere culturali, non legarsi troppo agli assistenti sociali, ecc.) Per W. la vera
chiave di ingresso fu il suo informatore DOC che grazie alla sua posizione di
prestigio nel quartiere poté offrire a W. l’ingresso a tutti gli ambiti della comunità.
W. si sistema in un modesto appartamento sopra una pizzeria nonostante la sua
volontà di integrazione mantiene sempre un contatto con il suo mondo d’origine.
Metodo: osservatore partecipante, interviste informali, raccoglie storie di vita.
Molte delle cose più interessanti le apprende dalle discussioni informali.
Il suo ruolo di ricercatore è palese, tutti sanno che studia a Harvard e lo chiamano
lo Yankee, ma il suo grado di inserimento è alto e partecipa a tutte le attività della
comunità.
Le note: W. precisa il suo metodo che consisteva nel prendere appunti ogni volta
che era possibile fuggire allo sguardo altrui (per es. andare a scrivere nelle
toilettes) o memorizzava tutto e scriveva alla sera.
Cosa studia: nonostante l’ambizione a studiare tutto il sistema di quartiere, W. fu
costretto a restringere progressivamente il campo della sua analisi e si concentrò
solo sulle reti di relazione dei giovani uomini, sui ruoli, sulle gerarchie, sulle
leadership, la socializzazione tra le “bande” della strada.
Lo sguardo del ricercatore non è mai ingenuo, né obiettivo.
Il coinvolgimento è necessariamente diretto, ma lo scopo del ricercatore deve
essere quello di mettere tra parentesi le teorie profane su quel mondo,
L’osservatore influenza necessariamente il campo e i suoi giochi relazionali con la
sua presenza.
Superare il “nosing around”
•La nuova scuola di Chicago (Chicago
irregulars, anni ‘70): studi urbani sulla
devianza, le minoranze, tentativo di
formalizzare meglio il metodo
•I Lofland: Journal Urban life and culture,
dare un contenitore analitico all’etnografia
urbana
•La polemica: la rassegna critica sull’AJS del
2002. Rilancia la discussione sul “giudizio”
dell’etnografo verso i suoi oggetti