Mons. Michele Pennisi Arcivescovo di Monreale COMMEMORAZIONE DI GIUSEPPE DI MATTEO - OMELIA SAN CIPIRELLO, 9 MAGGIO 2014 Carissimi fratelli e sorelle, gentili autorità, carissima signora Franca, siamo oggi riuniti in questo luogo terribile dove i carnefici della mafia hanno sciolto nell’acido il bambino Giuseppe Di Matteo per ricordare la sua barbara uccisione e quella di tutte le Vittime Innocenti della mafia. Ringrazio i membri dell’associazione Parlamento della Legalità e il suo presidente Nicola Mannino che hanno voluto organizzare questa celebrazione alla fine della quale in quello che ora è “Il Giardino Della Memoria” sarà benedetta la “Croce del Riscatto”. Su Giuseppe Di Matteo che, una morte violenta, ha sottratto all’affetto dei suoi cari, invochiamo l’amore misericordioso del Padre che lo ha accolto in paradiso tra gli angeli e i santi. Esprimiamo la più dura condanna per chi ha commesso questo atroce delitto che denota la mancanza del santo timor di Dio e dei valori morali fondamentali a partire dalla la sacralità della vita umana e dal rispetto degli elementari diritti dei bambini. Alla radice di questo e di altri orrendi delitti c’è l’asservimento al potere del maligno che è definito da Gesù” omicida fin da principio”(Gv 8,44). Voglio ricordare quanto i Vescovi siciliani hanno scritto nel Documento Conclusivo delle Chiese di Sicilia su “Nuova Evangelizzazione e Pastorale” del 1993: “La mafia appartiene, senza possibilità di eccezione, al regno del peccato e fa dei suoi operatori altrettanti operai del Maligno. Per questa ragione, tutti coloro che, in qualsiasi modo deliberatamente, fanno parte della mafia o ad essa aderiscono o pongono atti di connivenza con essa, debbono sapere di essere e di vivere in insanabile opposizione al Vangelo di Gesù Cristo e, per conseguenza, alla sua Chiesa” (n. 12). Questa celebrazione eucaristica in cui rendiamo presente il mistero della passione, della morte e della risurrezione del Signore Gesù vuole esprimere il nostro profondo dolore, la nostra vicinanza alla signora Franca e a tutti i genitori delle vittime innocenti della criminalità mafiosa, ma anche la nostra speranza nella sconfitta della cultura della morte e dell’affermarsi della cultura della vita. Nel Vangelo Gesù si presenta a noi come il pane di vita eterna e preannuncia il dono dell’Eucarestia:il pane vivo che ci sostiene nel nostro cammino . Gesù ci invita a mangiare la carne e a bere il sangue che egli dona sulla croce per la vita del mondo, che egli offre nell’Eucarestia, perché vuole che la comunità dei credenti continui a celebrare il memoriale della croce e della resurrezione del Signore. I discepoli di Gesù hanno come dono una vita in Cristo Signore che supera ogni attesa umana. Il mangiare la carne di Gesù e il bere il suo sangue hanno come effetto salvifico la vita eterna o il rimanere in comunione intima con la persona divina di Cristo. Gesù è il pane che si fa dono per amore dell’umanità. Egli solo è datore di risurrezione e di vita eterna. Con la comunione al corpo e al sangue di Cristo è seminato in noi il germe della risurrezione che porterà il suo frutto più maturo nell’ultimo giorno. L’alimento della carne e del sangue di Cristo nutre veramente e in modo perfetto e definitivo, perché è fonte di risurrezione e di vita eterna. L’Eucaristia che celebriamo ci inserisce nella “comunione dei santi” che rende possibile uno scambio di doni. Ai nostri defunti noi offriamo oggi – insieme al ricordo intessuto di riconoscenza, di rimpianto, e anche di dolore – la nostra preghiera di suffragio. A nostra volta, dai defunti noi ci attendiamo la loro vicinanza e la loro intercessione . Noi siamo sicuri che il piccolo Giuseppe, come i santi innocenti uccisi da Erode, è un fiore meraviglioso nel giardino di Dio, è una nuova stella che brilla nel firmamento del cielo, è nel cuore di Dio ricco di misericordia circondato dagli angeli e i santi. La sua morte non può farci dimenticare coloro che brutalmente lo hanno ucciso, come i mandanti e i complici di questo orrendo delitto. Anche se essi dovessero sfuggire alla giustizia umana, se non daranno segni di vero pentimento e di riparazione del male fatto, non sfuggiranno alla giustizia di Dio. La pagina degli Atti degli Apostoli che ci viene proposta quest’oggi, descrive la conversione e la chiamata di San Paolo, che da fervente fariseo “fremente minaccia e strage contro i discepoli del Signore” diventa dopo l’incontro con cristo Risorto “uno strumento eletto” nelle mani di Dio, l’apostolo delle genti . L’invito che come Chiesa ci sentiamo di rivolgere a loro è la conversione. Desidero ripetere per loro il grido accorato di San Giovanni Paolo II ad Agrigento proprio ventuno anni fa il 9 maggio 1993: “Dio ha detto una volta: “Non uccidere”. Nessun uomo, nessuna associazione umana, nessuna mafia può cambiare e calpestare questo diritto santissimo di Dio. Questo popolo siciliano è un popolo che ama la vita, che dà la vita. Non può vivere sempre sotto la pressione di una civiltà contraria, di una civiltà della morte. Qui ci vuole la. civiltà della vita.. Nel nome Cristo, , crocifisso e risorto, di Cristo che è Via, verità e Vita, mi rivolgo ai responsabili: convertitevi, un giorno arriverà il giudizio di Dio”. Questo invito è stato ripetuto con accento accorato da Papa Francesco lo scorso 21 marzo quando ha concluso:” sento che non posso finire senza dire una parola ai grandi assenti, oggi, ai protagonisti assenti: agli uomini e alle donne mafiosi. Per favore, cambiate vita, convertitevi, fermatevi, smettete di fare il male! E noi preghiamo per voi. Convertitevi, lo chiedo in ginocchio; è per il vostro bene. Questa vita che vivete adesso, non vi darà piacere, non vi darà gioia, non vi darà felicità. Il potere, il denaro che voi avete adesso da tanti affari sporchi, da tanti crimini mafiosi, è denaro insanguinato, è potere insanguinato, e non potrete portarlo nell’altra vita. Convertitevi, ancora c’è tempo, per non finire all’inferno. E’ quello che vi aspetta se continuate su questa strada. Voi avete avuto un papà e una mamma: pensate a loro. Piangete un pò e convertitevi”. Urge formare una nuova coscienza di fronte alla mafia: qui la Chiesa deve ravvisare il campo specifico del suo intervento propositivo ed educativo. È compito della Chiesa sia aiutare a prendere consapevolezza che tutti, anche i cristiani, alimentiamo l’ humus dove alligna e facilmente cresce la mafia, sia indurre al superamento dell’attuale situazione attraverso la conversione al Vangelo. La Chiesa sente di avere una sua responsabilità per la formazione di una diffusa coscienza civile di rifiuto del costume e della mentalità e non si sente estranea all’impegno, che è di tutta la società siciliana, di liberazione dalla triste piaga della mafia. La Chiesa, in forza della sua stessa missione, non può non rivolgere anche ai mafiosi l’appello alla conversione e, quindi, mettere in atto quei passi che possono condurre i singoli mafiosi a tale conversione. Tuttavia essa deve vigilare affinché l’esercizio del ministero di annuncio della misericordia di Dio non sia strumentalizzato dal mafioso e non si configuri, di fatto, come copertura o favoreggiamento di quanti hanno violato e talvolta continuano a violare impunemente la legge di Dio e quella degli uomini. Nel suo appello alla conversione la Chiesa non può non fare presenti le esigenze proprie della conversione cristiana. La conversione non può essere ridotta a fatto intimistico ma ha sempre una proiezione storica ed esige comunque la riparazione. Nel caso del mafioso, la conversione non potrà certo ridare la vita agli uccisi, ma comporta comunque un impegno fattivo affinché sia debellata la struttura organizzativa della mafia, fonte costante di ingiustizie e violenza; anche con l’indicazione all’autorità giudiziaria di situazioni e uomini, che se non fermati in tempo, potrebbero continuare a provocare ingiustizie. La mancanza di una tale indicazione da parte del mafioso convertito, oltre a configurarsi come atto di omertà, sembra ignorare il dovere della riparazione. La grazia del perdono è stata meritata da Gesù Cristo a caro prezzo - il prezzo della sua vita donata- e non può essere svenduta a prezzi di liquidazione. Preghiamo il Signore perché la morte di Giuseppe e di tante vittime innocenti susciti una indignazione corale nel rifiutare la criminalità e la mentalità mafiosa , converta i cuori di coloro che si sono macchiati di tali delitti e dia loro la forza di riparare il male fatto, e impegni tutti a promuovere una cultura della vita, della solidarietà, dell’amore e della pace nella giustizia. Michele Pennisi, Arcivescovo di Monreale