Presentazione di Milly Iavarone

La Rivoluzione Francese
Gli stati generali
A partire dal 1776, prima con Necker e poi con Calonne, il re di Francia Luigi XVI tentò
di risanare le finanze statali: i provvedimenti adottati, però, si rivelarono inefficaci
e suscitarono un forte malcontento. In Francia in quel periodo si era formata una
vera opinione pubblica: la borghesia, attraverso opuscoli e giornali, esprimeva, a
volte in forma clandestina, le proprie aspirazioni e critiche, non potendo farlo negli
organi istituzionali. Non potendo ignorare l’atteggiamento dell’opinione pubblica,
nel 1788 il re decise di convocare, per la prima volta dal 1614, gli Stati generali:
erano un organismo puramente consultivo, che riuniva i rappresentanti del clero,
della nobiltà e del Terzo Stato. Le elezioni dei deputati del Terzo Stato si svolsero
con una grande partecipazione popolare: gli strati sociali che fino a quel momento
non avevano avuto alcun peso ebbero la sensazione di contare qualcosa, attraverso
il voto e la compilazione di quaderni in cui espressero aspirazioni e lagnanze
(cahiers de doléances).
L’assemblea Costituente
Appena gli Stati generali si riunirono, nacquero forti contrasti su come si dovesse
votare, se per ordine, come volevano la nobiltà e il clero, oppure per testa, come
voleva il Terzo Stato, che in questo modo avrebbe avuto la maggioranza. Alla fine i
rappresentanti del Terzo Stato decisero di riunirsi da soli, costituendosi in
Assemblea Nazionale e giurando di non separarsi prima di aver dato alla Francia una
costituzione: ad essi si unirono i rappresentanti del clero (il clero più povero
condivideva le aspirazioni del Terzo Stato) e un gruppo di nobili di idee liberali,
guidato da La Fayette: si formò così l’Assemblea Nazionale Costituente.
La Dichiarazione dei diritti
Il re reagì radunando a Parigi molti reparti dell’esercito e questa decisione
suscitò malcontento e preoccupazione nei parigini. Il 14 luglio 1789 la
popolazione di Parigi assalì la fortezza della Bastiglia, che era il simbolo
dell’assolutismo e la conquistò. Scoppiarono anche rivolte nelle campagne e
molti castelli furono saccheggiati e bruciati. L’11 agosto i deputati
dell’Assemblea Nazionale Costituente abolirono i privilegi feudali e il 26
agosto approvarono la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, in
cui si affermava che gli uomini nascono e rimangono liberi e uguali. Furono
proclamati diritti naturali la libertà, la proprietà, la sicurezza e la
resistenza all’oppressione. Si stabilì, inoltre, che la sovranità risiedeva nella
«nazione».
La prima fase della rivoluzione francese si concluse con l’avvio della
costruzione di un regime monarchico-costituzionale, ostacolata
dall’atteggiamento ambiguo del re, che aderiva formalmente, ma nei fatti
opponeva resistenza alle iniziative dell’Assemblea.
I contrasti dell’assemblea con il re e con il clero
Il re e la corte vivevano a Versailles, fuori dal controllo della popolazione
parigina: nell’ottobre del 1789 una grande folla, alla cui testa erano
migliaia di donne, marciò sulla reggia di Versailles e costrinse Luigi XVI a
trasferirsi a Parigi. Nello stesso anno furono confiscati i beni della Chiesa.
Nel 1790 i contrasti tra l’assemblea e le gerarchie ecclesiastiche
diventarono più forti, a causa dell’approvazione della costituzione civile del
clero, che stabiliva l’elezione popolare per vescovi e parroci, che avrebbero
ricevuto uno stipendio dallo Stato, diventando così veri e propri funzionari
statali e perdendo la propria autonomia. Inoltre, ai vescovi e ai preti fu
ordinato di giurare fedeltà alla rivoluzione. La Chiesa di Roma si oppose
duramente al governo rivoluzionario.
La fine della monarchia
Nel giugno del 1791 Luigi XVI cercò di fuggire dalla Francia, ma a Varennes fu
scoperto, arrestato e riportato a Parigi. La situazione si radicalizzò: i monarchici
moderati, che fino a quel momento avevano fatto parte del club dei giacobini, ne
fondarono un altro, chiamato dei foglianti, mentre i giacobini più estremi, a loro volta,
diedero vita al club dei cordiglieri. Fu approvata una Costituzione, che limitava
fortemente i poteri del re, a vantaggio della futura Assemblea legislativa: le elezioni
dell’Assemblea legislativa videro la vittoria dei moderati, che dovettero affrontare una
difficile situazione economica e la questione della guerra. Le potenze straniere, infatti,
minacciavano di intervenire a favore del sovrano: nell’aprile del 1792 fu dichiarata
guerra alla Austria.La Prussia intervenne a fianco dell’Austria e l’esercito francese si
trovò in difficoltà: i francesi reagirono con una grande mobilitazione di massa, che
fece affluire a Parigi molti volontari. Il 10 agosto la popolazione parigina, guidata dai
sanculotti, i rivoluzionari più radicali, insorse contro il sovrano, assaltando il palazzo
reale: si affermò un nuovo organismo, la Comune insurrezionale, il re fu deposto e fu
convocata una nuova assemblea, chiamata Convenzione. Il 20 settembre l’esercito
francese, trasformato dalla mobilitazione popolare in un esercito rivoluzionario,
ottenne un’importante vittoria sugli austriaci a Valmy. Lo stesso giorno della vittoria di
Valmy si riunì la Convenzione, in cui i giacobini (divisi in girondini e montagnardi)
erano il gruppo più importante. Il 21 settembre la Convenzione dichiarò decaduta la
monarchia.
Guerra esterna e guerra civile
La Convenzione decise il destino del re: prevalsero le idee dei montagnardi, i più
radicali, guidati da Robespierre, e Luigi XVI fu processato, condannato a morte e
ghigliottinato. Inoltre, la Convenzio-ne dichiarò guerra anche a Gran Bretagna,
Olanda e Spagna: per affrontare questi impegni militari fu decisa una leva di massa,
che provocò un grave malcontento nelle campagne, perché mancarono gli uomini per
il lavoro nei campi. Inoltre, i contadini erano delusi dalla rivoluzione, perché non
avevano ottenuto le terre: alla proprietà feudale si era sostituita quella borghese. Si
aprì così un fronte interno: l’opposizione fu particolarmente dura nella regione della
Vandea, dove la rivolta fu repressa con estrema ferocia dall’esercito repubblicano.
il Comitato di salute pubblica e il terrore
Nel 1793 la Convenzione approvò una nuova Costituzione che, tenendo conto delle
esigenze espresse dai sanculotti, i rivoluzionari che rappresentavano gli strati più
radicali della popolazione parigina, proclamò anche i diritti alla sussistenza, al lavoro,
all’istruzione e all’insurrezione; la Costituzio-ne del 1793, però, non fu mai applicata.
A quelli della Convenzione si sovrapposero i poteri di un Comitato di salute pubblica,
guidato dai montagnardi, nel quale ebbero un ruolo di primo piano Danton e
Robespierre. I girondini, moderati, furono sconfitti e i loro principali esponenti,
accusati di tramare contro la rivoluzione, furono processati e ghigliottinati. Il Comitato
acquisì, dal luglio 1793, il potere effettivo, esercitandolo in maniera dittatoriale
attraverso il Tribunale rivoluzionario, che mandò a morte moltissimi oppositori.
Questo periodo fu chiamato Terrore e vide come protagonista indiscusso
Robespierre: furono eliminati non solo i girondini, ma anche coloro che li avevano
accusati, e lo stesso Danton. La reazione dei moderati portò infine, nel luglio del 1794
(Termidoro), alla caduta di Robespierre, che fu ghigliottinato: restarono al potere le
sole forze borghesi. La rivoluzione trasformò la Francia da monarchia assoluta in
società liberale. I rivoluzionari cercarono di realizzare un cambiamento totale:
introdussero un nuovo calendario e crearono una sorta di religione laica, in cui si
celebravano i culti rivoluzionari.
La nascita del Direttorio
Nell’agosto del 1795 la Convenzione approvò una nuova Costituzione, che
conteneva, oltre alla di-chiarazione dei diritti, anche una dichiarazione dei doveri; la
Costituzione attribuì il potere legislativo a due Camere e quello esecutivo a un
Direttorio di cinque membri. I monarchici tentarono una insurrezione, che fu stroncata
da un giovane generale, Napoleone Bonaparte. Un tentativo rivoluzionario fu
compiuto anche dall’estrema sinistra, guidata da Babeuf, ma la sua cospirazione
(congiura degli Eguali) fu sventata.
L’ascesa di Bonaparte
Nel 1796 Napoleone Bonaparte fu nominato comandante delle truppe francesi in
Italia, dove batté gli austriaci: conquistò Milano, fondandovi la repubblica cisalpina e,
nel 1797, Venezia; nel 1798, con la pace di Campoformio, i francesi ottennero la
Lombardia e cedettero il Veneto e Venezia all’Austria. Con questi successi
Napoleone dimostrò grandi capacità. In seguito fu inviato in Egitto e riuscì a
conquistarlo, ma la flotta francese fu sconfitta ad Abukir da quella britannica,
comandata dall’ammiraglio Horace Nelson. Bonaparte penetrò anche in Palestina e
in Siria, ma la difficile situazione degli eserciti francesi in Italia lo costrinse a tornare
in Francia. Tornato a Parigi, il 9 novembre 1799 (18 brumaio) organizzò un colpo di
stato insieme agli uomini più moderati del Direttorio: il governo della Francia fu
affidato a tre consoli e Napoleone assunse la carica di primo console.
Il consolato
Nel dicembre 1799 la Francia ebbe una nuova Costituzione, che concentrava tutto il
potere nelle mani del consolato, in cui aveva un ruolo preponderante il primo
console. Bonaparte non si proponeva di far risorgere la vecchia società, ma voleva
consolidare le conquiste borghesi della rivoluzione, la sicurezza della proprietà e la
libertà di commercio: era appoggiato dai proprietari terrieri e dai commercianti, ma
soprattutto dall’esercito. Inoltre, ottenne il consenso della maggioranza dei francesi,
che desiderava un periodo di stabilità. Uno dei provvedimenti più importanti di
Napoleone fu l’approvazione di un Codice civile, che sarebbe stato poi adottato in
molti paesi europei.
L’impero e la società napoleonica
Nel 1800 Bonaparte decise di riconquistare l’Italia, che gli eserciti francesi avevano
abbandonato in seguito alla controffensiva austriaca: l’Austria fu nuovamente
sconfitta a Marengo e i suoi domini in Italia furono ridotti al Veneto. Nel 1801 ottenne
la pacificazione con la Chiesa, stipulando un concordato con papa Pio VII: la Chiesa
rinunciò ai beni confiscati e Napoleone le concesse libertà di culto. Nel 1802
Bonaparte si fece nominare primo console a vita e due anni dopo trasformò la
repubblica in Impero e diventò imperatore, con la consacrazione di Pio VII. Rinnovò
l’amministrazione, dividendo la Francia in dipartimenti, affidati ai prefetti e promulgò,
oltre a quello civile, anche il nuovo Codice penale e il Codice commerciale.
Napoleone creò, inoltre, una nuova nobiltà, anche se la società napoleonica fu
essenzialmente borghese: la borghesia agraria si rafforzò, grazie anche
all’acquisto dei beni del clero; i proprietari diventarono il ceto dominante, mentre
cresceva fortemente quello degli impiegati.
L’apogeo della potenza napoleonica
Nel 1803 la Gran Bretagna attaccò la Francia: Napoleone disponeva di un esercito
forte, numeroso, motivato e a lui devoto, la Grande Armata, ma la flotta britannica era
superiore, e distrusse a Trafal-gar quelle francesi e spagnole, alleate. Al fianco della
Gran Bretagna, invece, si schierarono Austria, Russia, Svezia e il regno di Napoli:
l’esercito russo-austriaco fu sconfitto da Napoleone nel 1805, ad Austerlitz e l’Austria
dovette cedere Veneto e Dalmazia al regno d’Italia (fondato da Napoleone); inoltre, il
Sacro romano impero cambiò la denominazione in Impero austriaco. Bonaparte
conquistò o creò vari regni, (come il regno di Vestfalia, in Germania, in seguito alla
vittoria di Jena sulla Prussia), affidandoli ai suoi fratelli.
L’Italia
Nel 1796 la discesa degli eserciti francesi in Italia provocò il crollo dei vecchi governi: in
Emilia e Romagna fu proclamata la repubblica cispadana, che Napoleone unì alla
repubblica cisalpina, con capitale Milano. Nel 1797 nacque la repubblica ligure; un anno
dopo le truppe francesi entrarono a Roma: Pio VI fu arrestato e portato in Francia e
nacque la repubblica romana. Nel 1799 i francesi occuparono anche Napoli, fondando
la repubblica partenopea. In quello stesso anno, però, gli eserciti francesi dovettero
lasciare l’Italia e le repubbliche giacobine caddero. Con la vittoria di Marengo i francesi
riconquistarono l’Italia e Napoleone fondò la repubblica italiana, di cui assunse la
presidenza. Nel 1805, diventato imperatore, trasformò la repubblica nel regno italico,
aggiungendovi le Marche e il Trentino. Annesse anche lo Stato pontificio: Pio VII lo
scomunicò e fu imprigionato. Nel 1806 Napoleone rioccupò anche il regno di Napoli
(con l’eccezione della Sicilia), affidandolo prima al fratello Giuseppe, poi al cognato,
Gioacchino Murat. Nel movimento patriottico giacobino si riunirono per la prima volta
uomini di tutte le parti d’Italia, che lottavano per la libertà e l’indipendenza: nacque
allora l’idea di patria. Anche se Napoleone lasciò poco spazio politico ai giacobini
italiani, essi operarono assiduamente per la formazione di un’opinione pubblica
rivoluzionaria, rivolgendosi non solo agli intellettuali.
il trionfo e la caduta di napoleone
La Gran Bretagna restava una nemica irriducibile. Per colpirla nei suoi interessi
commerciali, nel 1806 Napoleone proclamò il blocco continentale, con l’adesione di
Russia, Prussia e Spagna. Intanto si aprivano nuovi fronti e l’esercito francese dovette
intervenire nella Spagna in rivolta. Napoleone, però, continuava a tenere testa a tutti i
nemici e a vincere: nel 1809 sconfisse l’Austria a Wagram e sposò poi Maria Luisa,
figlia dell’imperatore austriaco. Nel 1810 era all’apogeo della potenza. Proprio in
quell’anno, però, la Russia violò il blocco continentale. Nel 1812 Napoleone decise di
punire Alessandro I e invase la Russia, con una gigantesca armata di 700 000 uomini.
Riuscì a raggiungere Mosca ma dovette poi ritirarsi, perdendo centinaia di migliaia di
uomini. Nel 1813 i suoi nemici si coalizzarono e lo sconfissero a Lipsia. Esiliato
nell’isola d’Elba, riuscì l’anno seguente a sbarcare in Francia, dove era stata ripristinata
la monarchia col fratello di Luigi XVI; riprese il potere, ma fu battuto definitivamente a
Waterloo dagli eserciti britannico e prussiano. Morì esiliato dagli inglesi nell’isola di
Sant’Elena, il 5 maggio del 1821.