le caratteristiche degli sportivi

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Universita' degli Studi de l'Aquila
Facolta' di Scienze Motorie
il ruolo pedagogico e l'azione professionale dell'istruttore sportivo
nel contesto educativo
Prof. Francesco Perrotta
Prof. Angelo Pannelli
Anno 2009
In questi ultimi anni ha preso una certa importanza la figura
dell’addestratore sportivo
Chiamato Allenatore sportivo
L'addestratore è stato compreso là come
quello che immagina, progetta ed esenta
l'azionamento di uno o più sportivi.
Rispetto a pochi anni fa è stata messa in
luce la comunicazione in maniera
bilaterale
Lo sportivo è stato considerato
come il realizzatore semplice
dei programmi di azionamento
e delle prestazioni durante i
concorsi.
cioè si tiene conto degli input dati sia
dall’allenatore che dallo sportivo
Gli statuti ed i ruoli degli allenatori e degli sportivi nell'addestramento sono stati
inizialmente studiati in modo distinto.
In questa prospettiva , chiamata taylorienne, i ricercatori si sono soprattutto messi a fuoco
sull'allenatore.
Il polo d'attenzione dei ricercatori si è in seguito gradualmente mosso in direzione del
secondo membro dell'elemento bivalente, lo sportivo, in una prospettiva più umanista.
Secondo Saury e Durand (1995), l'adozione del passo tipico dell'analisi della
distribuzione del lavoro seguita nei primi studi americani in psicologia dal lavoro
avrebbe probabilmente indotto i pionieri della ricerca sull'addestramento a
considerare l'allenatore e il progettista dell'addestramento e l'atleta e l'esecutore.
Spesso utilizzata nella letteratura francofona, l'espressione “relazione allenatoretrascinato„ evoca del resto implicitamente questa divisione.
Esamineremo i
principali risultati
degli studi descrittivi
che riguardano gli
oggetti di ricerca
seguenti:
i comportamenti ed interventi dell'allenatore;
la pianificazione;
lo stile di leadership;
la presa di decisione dell'allenatore.
In pedagogia dello sport, la ricerca centrata sulla relazione d'addestramento si è
inizialmente ispirata all'approccio che mira ad analizzare il processo d'insegnamento a
partire dai dati direttamente accessibili,
cioè coloro che si possono temere con
tecniche d'osservazione.
L'osservazione dell'allenatore famoso di basketball del UCLA (Université
di California Los Angeles) John Wooden diretta con l'attività:
le istruzioni (33%)
il feed-back (30%)
l'organizzazione (18%)
altri comportamenti (4%)
Gli allenatori passavano il 15% del tempo restante in comportamenti di reazione alla
indiscipline o alla disattenzione, da organizzazione e da comunicazione generale
Avendo preso atto della raccomandazione di Trudel e parte (1994) di privilegiare un
sistema di codifica per intervallo che include la categoria di comportamento “osserva in
silenzio”, Bernard (1996) ha elaborato tale sistema d'osservazione per analizzare i
comportamenti di allenatori di giovani in hockey su ghiaccio.
51% del tempo della partita
osservando in silenzio
Le osservazioni hanno
messo in luce che in
media, gli allenatori
passavano:
informazioni, feedback ed istruzione
27% da dirigerli
ordini o dei consigli ai
giocatori mentre sono
in azione
7% a motivarli
15% ad organizzare i propri giocatori
RISULTATI:
Comparando i loro risultati di un allenatore con
l'altro, quest'autori hanno potuto constatare
che il profilo dei comportamenti variava non
soltanto da un allenatore ad un altro, ma
anche di un incontro ad un altro ad uno stesso
argomento.
Quindi, gli studi fatti non hanno rivelato un metodo comune per
spiegare l'efficacia degli allenatori, al di là della messa in evidenza di
tendenze molto generali, come ad esempio l'importanza dei
comportamenti detti istruttivi.
I comportamenti ed interventi
degli allenatori osservati sono stati
individuati con tre tipi di variabili
indipendenti:
le caratteristiche dell'allenatore
le caratteristiche degli sportivi
le variabili di contesto
le caratteristiche dell'allenatore
Sin dall’inizio, gli allenatori di successo hanno
suscitato l'interesse dei ricercatori
I quali hanno allora tentato di identificare i
comportamenti che distinguevano gli allenatori
di successo dei loro omologhi meno efficienti
Si è visto che iI raffronto degli allenatori secondo il loro tasso di successo
ha rivelato una sola differenza significativa: gli allenatori che riuscivano
maggiormente interrogavano due volte più i loro giocatori dei loro
omologhi che riuscivano meno
Però, considerata come una strategia d'insegnamento
adeguata, l'adozione dell'interrogazione non aveva
ancora dimostrato la sua efficacia nel contesto
dell'addestramento
In ogni caso, occorre sottolineare che il raffronto di allenatori in funzione dei loro
successi senza tenere conto del livello dei loro sportivi non è affatto suscettibile
di arricchire le nostre conoscenze sulla relazione allenatore-sportivo
le caratteristiche degli sportivi
A tale riguardo, i comportamenti
dell'allenatore sono stati in particolare
comparati in funzione dello statuto, del livello
di prestazione e come gli sportivi.
In basketball, Piéron e Bozzi (1988)
hanno così verificato l'esistenza di
una relazione d'addestramento
diversa in funzione dello statuto dei
giocatori interessati:
gli elogi erano destinati soprattutto ai
giocatori americani.
Per ilo terzo quarto, i rimproveri
erano indirizzati ai giocatori di
secondo piano.
Colomberotto Piéron e Salesse (1987) hanno rilevato una differenza simile
in ginnastica dove la relazione dell'allenatore con le migliori ginnaste
prendeva un carattere nettamente più profondo con quello del colloquio
verso le meno buone.
I risultati hanno indicato che le
caratteristiche delle risposte emesse dagli
allenatori che riuscivano bene erano
differenti da quelle degli interventi forniti
dalle loro controparti che riuscivano meno:
1) Modo:
2) Periodo di
emissione:
3)Tipo di
messaggio:
4) Struttura di
riferimento
generale:
più risposte immediate.
più assenza di risposte
e misure correttive.
allo stesso tempo più totale e
specifico di risposte.
1) Modo:
Le differenze importanti inoltre sono
comparso fra i giocatori ed i riservisti
titolari. Le risposte ricevute dalle prime
sono state caratterizzate da:
più risposte verbali.
2) Periodo di
emissione:
4) Struttura di
riferimento
generale:
un'più alta frequenza
degli interventi verbali ed
audiovisivi.
una più alta frequenza
delle reazioni immediate.
più totale e
specifica di
risposte.
le variabili di contesto
Fra le variabili del contesto che sono state
considerate compare soprattutto il tipo
d'istruzione di situazione, il posto della
riunione nella progettazione ed il risultato
delle riunioni.
L'originalità di questa ricerca
risiedeva nel fatto che gli
allenatori avevano il ruolo
d'osservatore quando non
facevano parte dei due
animatori della seduta.
quantitativa: orario di
lavoro effettivo, tempo
dedicato all'attività, in
relazione con la consegna
di partenza, o tempo
dedicato al compito;
Crévoisier (1995) ha
approfittato dell'organizzazione
di una sessione di formazione
seguita da 23 allenatori
professionali per analizzare le
loro strategie d'intervento
. La griglia d'osservazione riguardava allo
stesso tempo i comportamenti verbali
degli allenatori (interventi, numero,
natura), l'efficacia della seduta che
dispensavano :
qualitativa: livello di
realizzazione degli
esercizi proposti)
Il contenuto evolutivo delle sedute
implicava interventi più numerosi
nella prima o seconda parte a motivo
dominante tecnico o tecnico-tattico,
mentre il terzo era dedicato ad
esercizi d'applicazione e giochi a
temi, dove occorre lasciare la libertà
di scelta ai giocatori, e di limitare il
numero dei suoi interventi.
Il contenuto evolutivo delle sedute implicava interventi più numerosi nella prima o
seconda parte a motivo dominante tecnico o tecnico-tattico, mentre il terzo era
dedicato ad esercizi d'applicazione e giochi a temi, dove occorre lasciare la libertà di
scelta ai giocatori, e di limitare il numero dei suoi interventi.
Lacy e Darst (1985) hanno tentato di verificare se i comportamenti di 10 allenatori di calcio
americano a successo (high school) in occasione di sedute d'addestramento erano inclini a
variazione a seconda che l'osservazione si svolgesse prima della stagione (della dal 23
agosto al 3 settembre), all'inizio di stagione (della dal 13 settembre al 4 ottobre) o più tardi
tra la stagione (della dal 18 ottobre al 10 novembre)
(1) il riscaldamento
Hanno anche stabilito una distinzione tra le
quattro grandi parti che costituiscono una
seduta d'addestramento:
(2) il lavoro per gruppi
(3) il lavoro collettivo
(4) il condizionamento fisico
1) la frequenza dei comportamenti
manifestati dagli allenatori era
superiore durante la prima fase
rispetto alle due seguenti
2) gli allenatori manifestavano ulteriori
comportamenti classificati in categorie
elogio, rimprovero, istruzione e
dimostrazione corretta durante la
prima fase rispetto alle due seguenti
Questi Autori hanno potuto mettere in
evidenza che:
4) gli allenatori si
manifestavano meno spesso
durante il riscaldamento e
condizionamento fisico che
durante il lavoro per gruppi e
collettivo
3) il lavoro per gruppi era
più frequente prima della
stagione, mentre il lavoro
collettivo prevaleva una
volta la stagione iniziata
Il raffronto dei comportamenti verbali di allenatori di volley ball nel
corso del gioco, realizzato da Cloes e Al (1993) che prendendo in
considerazione questo parametro, risalta che gli allenatori dei gruppi
vittoriosi emettevano più interventi degli omologhi perdenti.
Sono stati
riscontrati
due casi :
I risultati ottenuti da Madden (1995) con allenatori di calcio
australiano segnalano al contrario che gli allenatori dei gruppi
perdenti emettevano il 25% di unità di comunicazione più
soltanto nei loro omologhi vittoriosi.
L'autore attribuiva tuttavia questo fenomeno alla frustrazione degli allenatori che,
che si sentono incapaci di controllare o cambiare la situazione, si insorgevano
contro i loro giocatori
Inoltre, i risultati sottolineano anche che gli allenatori dei gruppi vittoriosi
indirizzavano ulteriori elogi ai loro giocatori e si mostravano più positivi
Quest'osservazione sembra a priori logica. Ricordiamo tuttavia che Model (1983) e Claxton (1988)
avevano sollevato nei comportamenti degli allenatori che erano caratterizzati da una percentuale
di vittorie inferiore al 50% una proporzione di elogi due volte superiore a quella osservata presso
gli allenatori che si distinguono con una percentuale di vittorie superiore al 70%.
la modificazione dei comportamenti
Questa fase riposa su un disegno del néocomportamentista di
comportamento, secondo cui questo ultimo
indica direttamente tutta la forma di attività
direttamente o indirettamente osservabile.
Il comportamento è
considerato come un
fenomeno
più o meno
complesso, che
contiene tre funzioni
essenziali:
Componente
cognitiva
Componente
affettiva
Infine, è inoltre
importante tenere conto
della condizione
dell'organizzazione per
capire il fenomeno in
tutta la relativa
complessità.
Componente
motoria
L'espressione
modifica
de
comportamento è stata promossa da
vari autori per indicare l'esecuzion
delle risorse della psicologia attiva pe
modificare i comportamenti, che son
normali o patologici (Van Rillaer, 1992).
Un controllo non può
tuttavia essere spiegato
senza riferimento alla
sequenza temporale delle
relative interazioni con
l'ambiente.
Altre due variabili conseguentemente
sembrano essenziali:
stimoli precedenti al
comportamento
stimoli agli eventi
conseguenti al
comportamento
Le sei variabili che sono state distinte appena possono riunirsi in uno schema
multidimensionale che esprime inoltre il loro rapporto di determinismo reciproco:
Questa “equazione del comportamento„ (Kanfer &
Philips, 1970, P. 54) indica che è possibile
comportarsi modificando una di queste variabili o,
che dimostra generalmente più efficace, mentre
modificare vari di le entra in (Van Rillaer, 1992).
Questo metodo multimoda della strategia di
cambiamento del comportamento
deve aderire a determinate regole.
Van Rillaer (1992) in particolare le ha proposte
principi seguenti:
selezione degli obiettivi chiave
la formulazione degli obiettivi
del comportamento
istituzione dei contratti
introduzione delle procedure di
risposte (feedback)
In uno studio nella pallavolo, si è cercato di modificare le risposte emesse dagli
addestratori delle squadre di giovani e di dilettanti (Cloes, Lenzen & Piéron, 1995).
Lo schema sperimentale, ha contenuto
sette fasi successive:
1. Somministrando test sull'abilità motorie ed analizzare la differente tecnica dalla
pallavolo e le funzioni tattiche di gioco 3 contro 3.
2. fase che consta di tre intervalli di dieci minuti l’una, dove è stata filmata una
situazione di gioco 3 contro 3
3. primo intervento designato sullla tecnica della pallavolo.
4. prima fase di intervento che punta osservando gli effetti
dell'intervento sulle variabili dipendenti.
5. secondo intervento designato su altri tipi tecnica.
6. seconda fase di intervento che punta osservando gli effetti del
secondo intervento. (del punto 5)
7. Post-test simile alla prova preliminare, ad uno scopo di controllare
l'effetto del programma sul processo di analisi della prestazione.
Il video con l'analisi della prestazione e l'emissione di feedback ha permesso nella
maggior parte dei sette addestratori di migliorare pure le funzioni quantitative come
qualitativo le loro risposte.
Lo stile del “leadrship”
Leadership costituisce una delle variabili più
importanti che nell'analisi dal rapporto al
lavoratore-sportivo.
Questo concetto inizialmente ha fatto la
relativa apparenza nel campo militare, gli anni
che precedono il secondo guerra mondiale.
Lewin ha definito tre specifici ruoli di leadership
autocratico
Consiste nel dare
specifici ordini ad ogni
elemento del gruppo,
senza aver dato un’idea
del lavoro finale da
globale
democratico
Consiste nel spiegare gli
obiettivi che si vogliono
raggiungere, stimolare il
gruppo per un’autoorganizzazione
lasciar fare
Consiste nel definire
l’obiettivo finale e
lasciar fare tutto al
gruppo, senza
intervenire in
maniera specifica o
generale
Risultato: da ricerche ed esperimenti si evince che il 70% degli osservati, crede che
i migliori risultati si ottengono con il metodo democratico che va sfumando verso
quello “lasciar fare”.
Per quanto riguarda il primo
metodo, non risulta “ben
accetto”, in quanto non si parla
di gruppo e, pur avendo uno
stesso fine, si lavora
separatamente, senza aver
contatti con ngli altri membri.
Inoltre, la figura alla quale si
deve fare riferimento ha una
posizione scomoda ed autoritaria
per gli osservati e quindi si lavora
sottopressione e male.
Per quanto riguarda il secondo metodo, invece, c’è un buon responso, perchè il leader
spiega cosa si deve raggiungere, ma, a differenza del primo metodo, da una mano a
creare un’autoorganizzazione all’interno del gruppo.
Inoltre, la sua figura risulta meno scomoda del primo metodo e più efficace
Il modello multimediale del leadrship nello sport
é illustrato nella figura che viene riportata di seguito e concettualizza la leadership
come un processo interattivo.
Secondo questo modello, la prestazione del gruppo e la soddisfazione dei relativi
membri (scatola 7) dipende da tre tipi di comportamenti di leadership:
Comport. necessario (scatola 4)
Comport. preferiti (scatola 6)
Comport. reali (scatola 5)
I precedenti di quest'ultimi sono le caratteristiche della situazione (scatola 1), dell'allenatore
(scatola 2) e degli sportivi (scatola 3).
Così, l'allenatore si comporta (scatola 4) in accordo con le domande e le costrizioni della
situazione (scatola 1). Le preferenze degli sportivi per i comportamenti di leadership
determinati (scatola 6) dipendono in gran parte dalle loro caratteristiche individuali
(scatola 3).
Le caratteristiche della situazione (scatola 1) agiscono anche sulle preferenze degli
sportivi tramite la socializzazione di quest'ultimi, che hanno integrato i valori
dell'organizzazione
D'altra parte, si ammette che l'allenatore si comporta (scatola 5) innanzitutto in
funzione delle sue caratteristiche personali:
personalità
competenze
.
esperimento
(scatola 2)
Inoltre, il comportamento dell‘allenatore è influenzato dalle esigenze della situazione
(scatola 4) e le preferenze degli sportivi (scatola 6).
Infine, la figura precedentemente disegnata. indica che la prestazione e la soddisfazione
(scatola 7) sono congiuntamente interessate dalla congruenza tra i tre tipi di comportamenti
di leadership (Chelladurai, 1990), anche se non era così nella versione iniziale del modello
(Chelladurai & Carron, 1978).
La “leadrship Scale” nello sport
È stata sviluppata da Chelladurai e Saleh
(1980), ed ha indotto un certo numero di
ricercatori a classificare il comportamento
dell'allenatore in funzione del suo stile
d'interazione
istruzione
ricompensa
appoggio sociale
e del suo stile decisionale:
autocratico
Serpa Patacos e Santos (1991) hanno così
rilevato che gli allenatori dei gruppi di handball
che partecipano al campionato del mondo
1988 (gruppo C) erano caratterizzati da una
dimensione
democratico
istruzione dominante
democratica (meno presenta)
Questa costante si trovava allo stesso
tempo nelle percezioni degli
allenatori e degli sportivi sondati.
Modificando l'inizio degli items, infatti è stato possibile valutare:
(1) la percezione da
parte degli sportivi dei
comportamenti di
leadership del loro
allenatore
!
(2) le preferenze degli
sportivi per comportamenti
di leadership determinati
(3) la percezione da parte
dell'allenatore dei suoi
comportamenti di leadership.
La percezione dello sportivo.
A partire dalla scala di leadership appena
descritta, molte variabili sono state mobilitate
per spiegare le varie concezioni che avevano gli
sportivi nei confronti del loro allenatore:
Robinson e Carron (1982) infatti hanno
mostrato che, comparativamente ai titolari, i
giocatori (le riserve) di calcio americano
consideravano il loro allenatore come più
autocratico.
Nello stesso ordine di idee, i risultati ottenuti da
Garland e Barry (1988) sottolineavano che,
rispetto ai sostituti, i giocatori di calcio
americano titolari valutavano in maniera più
positiva il livello del loro allenatore. Infatti, la
loro sensazione era quella di:
addestramento ed istruzione
atteggiamento democratico
gradito appoggio sociale
feed-back positivo
e non pensavano che fosse autocratico
Il livello di prestazione raggiunto dal gruppo sembra anche agire come mediatore nella
percezione degli sportivi.
Così, Gordon (1986) ha messo in evidenza che, comparativamente ai gruppi più deboli, i
membri di gruppi di calcio più efficienti valutavano in maniera positiva il loro allenatore
nelle dimensioni “addestramento ed istruzione„, “autocratique„, “appoggio sociale„ e
“feed-back positivo„ rispetto ai compagni che facevano parte delle riserve.
Sono state anche rilevate differenze in funzione della disciplina praticata. Infatti,
comparativamente agli sportivi che praticano una disciplina individuale, i membri di
gruppi di sport collettivo valutavano in maniera più positiva il loro allenatore nelle
dimensioni “addestramento ed istruzione„, “autocratique„ e “feed-back positivo„ e meno
positivamente nelle dimensioni “democratico„ e “appoggio sociale„ (Chelladurai & Saleh,
1978; Terry, 1984; Terry & Howe, 1984).
Questi risultati dovrebbero essere rappresentativi di ciò che avviene realmente sul campo.
Serpa (1995) considera, infatti, che una leadership più strutturata sembra opportuna
quando i compiti sono multipli e che un'interdipendenza si imponga tra i membri del
gruppo, cosa che sembra essere il caso in sport collettivo.
le caratteristiche degli sportivi
Tuttavia, non convengono con il raffronto dei comportamenti di direzione auto-valutati
dagli allenatori in funzione del tipo di disciplina sportiva che inquadrano.
Alexandris Tsormbatzoudis Grouios e
Barkoukis (1999) infatti hanno rilevato
che gli allenatori di gruppi di sport
collettivi si attribuivano un migliore
punteggio che i loro omologhi delle
discipline individuali nelle dimensioni
“democratico„ e “feed-back positivo„.
Quest'autori hanno attribuito questa differenza alle caratteristiche che distinguevano sport
collettivi ed individuali, in particolare le abilità tattiche collettive e la differenziazione dei ruoli,
cosa che tenderebbe a contraddire le considerazioni di Serpa (1995).
le preferenze degli sportivi
Molte ricerche hanno tentato di identificare
gli stili d'interazione ed di leadership preferiti
degli sportivi. I risultati hanno mostrato che
gli allenatori e sportivi preferivano almeno
tanto o maggiormente uno stile di leadership
autocratico che democratico (Chelladurai &
Arnott, 1985; Chelladurai, Haggerty & Baxter,
1989; Gordon 1986).
Il raffronto di 95 atleti elite maschili e 65 atleti elite
femminili che partecipano allo Universiades'83 hanno
lasciato prevedere che gli atleti maschili si adattassero
meglio di uno stile di leadership autocratico che le
sportive. Quest'ultimi sarebbero dal canto loro più
interessati a partecipare alle prese di decisione che le
riguardano (Chelladurai & Arnott, 1985; Chelladurai e Al,
1989; Chelladurai & Saleh, 1978).
È sembrato che l'età non sembrava dovere modificare la percezione negativa degli sportivi
riguardo al loro allenatore. Un primo studio, che riguarda adolescenti dai 10 ai 14 anni che
praticano sport individuali o collettivi, aveva permesso a Bortoli, Malignaggi e Robazza (1995)
di aggiornare una divergenza tra il comportamento della persona che li comportava al
momento dello studio (allenatore actual = archivia n°5 del modello) rispetto a quella che
avrebbero desiderato avere (ideale allenatore = archivia n°6 del modello).
Un secondo studio che riguarda sportivi più vecchi
(16-17 anni) ha confermato quest'insoddisfazione
generale dei giovani sportivi, che si traducono con
risposte che indicano la loro volontà di beneficiare
di un allenatore che dà prova di comportamenti più
adeguati (Bortoli, Robazza & Giabardo, 1995).
Questa costanza era stata già sottolineata da
Terry (1984), che non aveva neppure rilevato
differenze secondo la nazionalità degli sportivi.
Infine, Erle (1981) ha messo in evidenza che una variabile situazionale
come gli scopi organizzativi del gruppo esercitava un effetto significativo sui
comportamenti di ledearship preferiti dai membri. Così, comparativamente
ai loro omologhi che evolvono nell'ambito di gruppi interni, i membri di
gruppi esterni (inter-colegi) di hockey preferivano ulteriori comportamenti
“di addestramento ed istruzione„ e “appoggio sociale„ anzichè
comportamenti “di feed-back positivo„ e “democratici„.
L’autopercezione dell’allenatore
molti studi hanno tentato di comparare le percezioni degli allenatori con quelle degli sportivi
quanto ai comportamenti di leadership manifestati dai primi. La maggior parte fra esse
(Alexandris e Al, 1999; Disturbisce, il 1994) mostra una tendenza dei capi ad attribuirsi dei
punteggi d'auto-percezione più elevati e favorevoli di quelli valutati il loro da subordinati.
Così, rispetto alle percezioni degli sportivi, gli
allenatori interrogati da Horne e Carron (1985) si
auto-valutavano
più
positivamente
nelle
dimensioni
addestramento
ed
istruzione,
democratica, appoggio sociale e feed-back positivo
ed allo stesso livello nella dimensione autocratica.
Fonseca e Rocha (1995) hanno utilizzato una versione singolare della scala di leadership per
raccogliere le percezioni di due allenatori di un gruppo nazionale junior di rugby quanto alle
preferenze dei 30 giocatori (17-18 anni) che inquadravano.
È sembrato che gli allenatori avevano una rappresentazione erronea dei comportamenti
preferiti dai loro giocatori, considerando che quest'ultimi preferivano uno stile di leadership
autocratico mentre era esattamente il contrario. Secondo Alexandris e Al (1999), il fatto che gli
allenatori si ritengono per lo più democratici allora che gli sportivi li considerano piuttosto
autocratici dovrebbe incitare i primi a migliorare il dialogo con i secondi.
La modifica dello stile della leadership dell’allenatore
Missoum (1986) ha suggerito che la raccolta di informazioni da parte di un
partecipante esterno dovesse permettere un ritorno (feed-back) sul gruppo.
dal modo di leadership instaurata
dall'allenatore presso i suoi sportivi
Tuttavia ha sottolineato che questo
ritorno dell'informazione era
direttamente dipendente:
dalla sua capacità di trattare dell'informazione
riguardante (capacità d'autoevaluazione,
d'auto-comprensione)
dalla sua personalità
Quest'informazione potrebbe dunque, in
alcune condizioni:
favorire una presa di coscienza del tipo
di funzionamento dell'allenatore
causare una riorganizzazione relazionale e
modificare la forma di direzione istituita
Quest'efficacia molto relativa del processo di modifica dello stile di direzione degli
allenatori non costituisce la sola limitazione di questo tipo d'approccio.
Certamente, conoscere la rappresentazione o la soddisfazione degli sportivi in relazione ai
comportamenti di direzione manifestati dal loro allenatore può presentare un certo interesse,
in particolare quando si tratta di contribuire a spiegare il disinteresse o l'abbandono della
pratica sportiva da parte di numerosi giovani all'età dell'adolescenza (Hultsman, 1993).
Si sa tuttavia che esistono
molte ragioni che descrivono
questo fenomeno e sorgono
due principali problemi:
Missoum (1983) denuncia un altro
inconveniente principale dei questionari
affermando che l'approccio per questionario
resta troppo frammentario e superficiale ma
soprattutto si limita alla valutazione degli
aspetti coscienti.
(1) l'utilizzo esclusivo del questionario non
costituisce necessariamente un impegno di
validità dei dati raccolti (AncelinSchützenberger, abraham, Alves-Sanchez et
Geoffroy, 1978).
(2) una riduzione importante è all'opera negli
studi basati sulla teoria della direzione.
Aggiungiamo a ciò che secondo Leith (1990), la teoria delle caratteristiche di direzione
(caratteristiche generali della personalità dell'argomento senza relazione con una
situazione specifica) ignorava le necessità degli sportivi e non riusciva a chiarire
l'importanza relativa delle varie caratteristiche.
I fattori situazionali inoltre sarebbero ignorati, tanto nella teoria delle caratteristiche di
direzione che nella teoria dei comportamenti di leadership.
D'altra parte, secondo Saury e Durand (1995), “isolare, per studiarli, ad esempio, gli stili
di leadership, indipendentemente dagli elementi del contesto e dall'attività anche degli
attori, appare un'importazione eccessiva e senza adeguamento nel settore dello sport,
dei concetti e degli approcci della psicologia sociale, che contribuiscono a semplificare e
spiegare modo schematico della relazione allenatore-giocatore.
La presa di decisione dell’allenatore
In hockey su ghiaccio, Trudel, Haughian e
Gilbert (1996) hanno valutato a più del
70% la parte delle informazioni di terreno
nei fattori che rientrano nelle decisioni
prese in situazione di concorrenza
dall'allenatore disinteressato di un gruppo
di giovani. Quest'informazioni di terreno
comprendevano due categorie:
l'informazione diretta (tempo passato,
vantaggio/svantaggio digitale, giocatori
sul ghiaccio/sul banco)
l'informazione indiretta (prestazione
del équipe/de alcuni giocatori,
decisioni prese nell'incontro, tempo
d'utilizzo dei giocatori)
D'altra parte, le conoscenze preliminari (conoscenza dei suoi giocatori, esperienza, regolamenti
del gioco, ecc.) costituivano meno dal terzo fattori di cui l'allenatore teneva conto al momento di
prendere le sue decisioni. In uno studio di caso realizzato in basketball, abbiamo tentato di
identificare i fattori che inducevano due allenatori a scegliere il loro gruppo di base ed effettuare
le sostituzioni (Cloes, Lenzen, Sikora et Piéron, 2001).
Le motivazioni di queste decisioni sono anche stato oggetto della nostra interrogazione.
Abbiamo constatato che se i due allenatori stabilissero generalmente il 5 di base (o quintetto
di partenza), la loro scelta invece fosse influenzata da vari fattori. Così, l'allenatore del gruppo
dilettante teneva soprattutto conto della presenza dei giocatori agli addestramenti mentre il
suo collega che dirige un gruppo professionale era piuttosto guidato da aspetti psicologici.
I risultati ottenuti nel quadro di questa ricerca hanno confermato la prevalenza delle
informazioni di terreno, in particolare informazioni soggettive, nella presa di decisioni relative
alle sostituzioni di giocatori. Infine, Cloes, Bavier e Piéron (2001) hanno proposto un modello
che illustra le decisioni tattiche degli allenatori di sport collettivi.
le decisioni pre-interattive che riguardano tutte le decisioni
che l'allenatore è portato a prendere prima della riunione
(piano di gioco, selezione del gruppo)
Quest'ultimo comporta tre
tappe successive:
le decisioni interattive che l'allenatore prende nel corso
dell'incontro (consegne, sostituzioni, tempi morti)
le decisioni post-interattive che riflettono il passo
riflessivo operato dall'allenatore al termine della riunione,
conducendolo in particolare a portare modifiche al livello
del gruppo in previsione delle scadenze seguenti.
Si prefiggeva
di verificare, alla fine di un incontro, se un allenatore
fosse capace di ricordarsi le decisioni tattiche prese nel
corso di quest'ultimo
identificare i loro obiettivi e fattori incentivi.
È stato rilevato anche che un elemento essenziale è stato rscontrato nei vari studi: la
parte preponderante delle informazioni di terreno nella presa di decisione degli allenatori
in occasione di concorrenze
QUESTA CONSTATAZIONE SUSCITA MOLTE RIFLESSIONI
Inizialmente, tende a confermare che sono maggiormente le circostanze sociali e
materiali dei passi precedenti di pianificazione (o decisioni pre-interattive) che orientano
l'azione dell'allenatore.
Ciò è tanto più vero in situazione di concorrenza, dove il grado d'incertezza si rivela
particolarmente elevato.
In seguito, sottolinea l'importanza che i programmi di formazione di allenatori dovrebbero
accordare allo sviluppo dell'attitudine candidati ad utilizzare meglio le informazioni di
terreno pur mettendo a profitto i loro bagagli di conoscenza. Infine, aiuta a comprendere
l'interesse che devono alcuni sportivi mettersi in evidenza agli occhi del loro allenatore in
occasione delle concorrenze.
Tuttavia non possiamo impedirsi di chiederci se i fattori incentivi citati dagli argomenti in
occasione delle interviste di richiamo stimolato sono veramente quelli stessi che li hanno guidati
nel loro processo di presa di decisione. Certamente, la tecnica del richiamo stimolato si basa sul
postulato di un quasi-isomorfismo tra il verbalisations causate ed i processi mentali studiati
Molte ricerche sono state condotte per aiutare gli allenatori nel loro processo decisionale.
Come esempio, proponiamo di descrivere brevemente lo studio di Spalanzini e Martel (1995).
Quest'autori hanno utilizzato quattro tecniche di prelievo per raccogliere informazioni atte ad
aiutare un allenatore di hockey su ghiaccio a formulare aspettative realistiche verso i suoi
giocatori ed a comprendere meglio le relazioni interpersonali verso i giocatori.
un questionario (Martinekgiornale di bordo tenuto dall'argomento; &
Karper 1984) che mira a determinare le sue attese verso i giocatori del
gruppo, espresse in termini di prestazione generale in hockey, di
relazione con i compagni di squadra, di comportamenti sociali e di
atteggiamenti durante l'addestramento, di capacità di ragionare e
Si trattava di:
comprendere le spiegazioni, di sforzi fatti durante gli addestramenti e
durante gli incontri
un questionario sociometrico (sociogramme), completato dai giocatori,
per precisare la natura delle relazioni sviluppate nell'ambito del
gruppo
un questionario, diretto ai giocatori, riguardante le loro attese rispetto
ad essi stessi e la loro percezione delle attese avere un colloquio
dall'allenatore a loro riguardo
Questa raccolta di dati abbastanza esauriente si accompagnava ad una strategia di controllo
pedagogico che mira a presentare all'allenatore i diversi strumenti utilizzati, analizzare con lui le
informazioni raccolte e sfruttarle a profitto del miglioramento della cornice offerta ai giocatori.
L'applicazione di questa strategia di controllo pedagogico ha permesso all'allenatore di prendere
coscienza che: esistono molti tipi di ricerche-azione.
La vera ricerca-azione è condotta da un attore (allenatore) su una pratica alla quale è
mescolato, o alla quale si mescola.
Troppo spesso criticata per
la sua non scientificità,
questo passo persegue
congiuntamente due
obiettivi:
produzione di conoscenze
cambiamento della realtà con l'azione
Questa tecnica permise all’allenatore di capire che:
- Alcuni giocatori desideravano una migliore comunicazione e degli incoraggiamenti più
frequenti ed un trattamento più equo
- il gruppo era composto da due gruppi completamente distinti, più tre giocatori isolati
- l'imposizione del capitano nei confronti dei giocatori isolati
- La figura dell'allenatore che era mal percepita dai giocatori isolati giocatori
- il ruolo che l'allenatore attendeva da loro
A seguito di questa
constatazione, molti
piani di azioni sono stati
proposti, fra i quali
appaiono:
l'installazione di attività sociali con il gruppo
l'organizzazione di una riunione dell'allenatore
con il gruppo per ricordare i suo obiettivi e
precisare le sue attese per la stagione
l'instaurazione di riunioni individuali tra
l'allenatore ed i giocatori per scambiare le loro
idee a proposito delle loro attese reciproche e
dei loro ruoli rispettivi come membri del
gruppo
FIGURA
la pianificazione di riunioni individuali con
alcuni giocatori per comunicare loro un feedback
Pensieri dettati dalla teoria
Molti universitari hanno sottolineato
l'interesse di applicare i principi della
psicologia umanista a chi vuole
un'alternativa allo stile di coaching
tradizionalmente
dedicato
al
miglioramento delle prestazioni ed
all'accumulo di vittorie e di trofei.
Secondo Lombardo (1987), lo sport ha un
ruolo di socializzazione a giocare. Affinché
prepari al massimo gli individui da
affrontare le esperienze della vita corrente,
lo sport deve sviluppare il lato humaniste
della
personalità
(creatività,
immaginazione, pianificazione, iniziativa)
anziché favorire i comportamenti come
risposta
meccanica,
conformismo,
obbedienza, ecc.
Pensieri dettati dalla pratica
In una relazione che prevedeva le relazioni
nell'ambito
dell'istituzione
sportiva,
l'allenatore di calcio splende Fernandez
(1986) denunciava il fatto che quando un
conflitto le opponeva agli allenatori o ai
dirigenti, gli sportivi avevano soltanto due
possibilità:
sottoporsi
o
slogarsi.
Raccomandava
di
conseguenza
di
aumentare la rappresentatività degli
sportivi nell'ambito degli organi decisionali
delle associazioni sportive.
Lo specialista tedesco di 400 m Karl Honz
(1984) rivendicava da parte sua il diritto degli
atleti alla decisione, anche se risulta a volte in
errori dovuti alla mancanza d'esperienza.
Secondo
questo
vecchio
campione,
l'autonomia di che pratica costituisce il pilastro
degli sport individuali. Spetta all'atleta
decidere in ultima analisi, affinché possa
assumere interamente il suo successo o il suo
fallimento.
La coordinazione delle strategie degli attori
Arripe-Longueville
Fournier (1998)
e
Tiro con l’arco
maschile
Hanno tentato di descrivere e
confrontare modi diversi di
interazione tra allenatori e
sportivi in due discipline:
Judo femminile
Il loro studio è rientrato nel prolungamento della modellistica del
processo di azionamento realizzato da Côté, da Salmela, da Trudel, da
Baria e da Russell (1995) a partire dall'intervista di 17 addestratori
esperti in ginnastica (come in figura della slide seguente)
Nella preparazione del modello, le azioni
dell'addestratore erano state adottate in
base a:
Tre variabili sembrano interessare il
processo di azionamento:
(1) caratteristiche personali
dell'addestratore
(1) organizzazione
(2) l'azionamento
(3) la competizione che effetto diretto
fa sullo sviluppo dello sportivo.
(3) i fattori del contesto
(2) quelli degli sportivi
Lo studio di ArripeLongueville e di Fournier
(1998) inoltre è stato
ispirato dai concetti
dell'ergonomia
conoscitiva
e
della
psicologia professionale,
in
particolare
la
dimensione orizzontale
di
lavoro
collettivo
messa a fuoco sulle
funzioni
impiegate
nell'attività
collettiva,
indipendentemente da
tutta
la
gerarchia
statutaria.
sembra
evidente
che
la
dimensione
verticale
privilegiata corrisponde
ad una situazione di
regolazione
Tiro con l’arco.
(1) individualizzarlo processo di
azionamento
Nel tiro con l'arco, l'analisi qualitativa delle
dichiarazioni degli addestratori ha mostrato che
è stato adottato un modo di interazione basato
sulla cooperazione con gli arcieri. Questo modo
consta con tre strategie:
(2) responsabilizzare lo sportivo in
questo processo
(3) rinforzare
gruppo
coesione
del
In più, l'analisi delle dichiarazioni degli arceri ha indicato che quelle hanno
adottato un modo di interazione che riposa sulla parte interna di cooperazione
quale tre strategie erano:
(1) progettare gli obiettivi
con
l'addestratore
e
ridefinirli se necessario
(2) usare gli interventi
dell'addestratore per
precisare il punto del
tiro e più ripianificare
l'azione
(3) analizzare sistematicamente il
processo-risultato dei legami
Per concludere, l'analisi delle situazioni d’azione e la concorrenza chiarita comunemente
dagli addestratori e dagli sportivi hanno mostrato che:
(1) degli obiettivi comuni
concentrati sul processo di
produzione della prestazione e
non sul risultato
(2) la considerazione
di ogni socio gradice
una fonte possibile di
conoscenza
(3) una trattativa e un
giunto della costruzione
di conoscenza
Questa forma di lavoro collettivo, fornita con una coltura della fucilazione all'arco
che sviluppa “il punto della fucilazione„, è stata descritta come “cooperazione
riflessa„ dagli autori, che hanno organizzato fra le situazioni “della cooperazione
distribuita„ (Rogalski, 1994).
judo.
Nel judo da un lato, l'analisi
qualitativa delle dichiarazioni
degli addestratori ha indicato che
quelle hanno adottato un modo
autorevole di parte interna di
interazione di cui le sei strategie
sono state espresse:
In
più,
l'analisi
delle
dichiarazioni dei judokates ha
indicato che quelle hanno
adottato un modo di interazione
che riposa sulla parte interna di
autonomia di cui le cinque
strategie sono state espresse:
(1) stimolare la concorrenza interindividuale
(2) causare verbalmente i judokates
(3) ad indifferenza di esposizione a loro
(4) entrare in conflitto loro
(5) rinforzare coesione dell'elite
(6) mostrare favoritismi all'interno degli
ultimi
(1) mostrare diplomazia
(2) realizzare le prestazioni eccezionali
(3) sollecitare direttamente gli addestratori
(4) selezionare le competenze degli
addestratori secondo i loro bisogni
(5) aggirare se necessario, disposizioni
contrattuali
Per concludere, l'analisi delle situazioni di azionamento e la concorrenza chiarita
comunemente dagli addestratori e da quei di sport hanno indicato che le loro
rispettive strategie sono state finite dagli obiettivi comuni, concentrato sul risultato e
sul consistere nel perpetuare la tradizione di merito dominando il mondo del judo.
Questa forma di attività collettiva basata sulle lotte di potere o di trattativa e di
permettere l'autoregolazione del sistema era paragonabile con “la cooperazione
tacita„ descritta da Lacoste (1991).
Una distribuzione bilaterale della capienza
Arripe-Longueville e Fournier (1998) in particolare hanno giudiziosamente concettualizzato
vantaggiosi fatti di ergonomia conoscitiva e di psicologia professionale per investigare sulle
percezioni degli addestratori e degli sportivi per identificare l'adeguatezza e forniscono le
rispettive strategie.
Da un lato, non sono stati convinti della spiegazione esclusivamente data in risposta
diametralmente opposta alle strategie identificate nel tiro con l'arco e nel judo degli allenatori
nei confronti dei loro sportivi. Secondo Arripe-Longueville e Fournier (1998) effettivamente,
questo l'ultimo deriverebbe rispettivamente da una cultura del tiro dell'arco di sviluppo
“punto dello scocco„ e una cultura del judo che riposa sul rendimento storico di sistema e “su
uno stagno di pesci„ importante dei candidati. Postulando l'esistenza di una distribuzione
bilaterale con l’allenatore-sportivo come elemento bivalente, si arriverà a migliorare la
comprensione della la natura dei rapporti che si sviluppa all’interno delle organizzazioni
sportive.
Riscontro dell’analisi teorica
Inizialmente descriveremo questa corrente essenziale della sociologia organizzazioni che è
l'analisi strategica.
Esamineremo più ulteriormente il concetto di razionalità. Per rifinire, progetteremo la
teoria di regolazione sociale. Secondo Friedberg (1994), la teoria dell'azione organizzata,
che è alla base dell'analisi strategica , è il prodotto del confronto incessante tra i dati della
ricerca e il presentare di problemi tramite la loro analisi e la loro interpretazione.
Generalizzato e formalizzato per la prima volta “nell'attore e nel sistema„ (& del Crozier;
Friedberg, 1977), il ragionamento impiegato per affrontare queste difficoltà consta di tre
parti (Friedberg, 1994) :
(1) l'idea di un attore
capace di una strategia
(2) la capienza come
mezzo dello scambio
(3) il ricorso al
concetto del sistema
Un attore capace di una strategia
Il termine “attore„ non ha alcuna tendenza della classificazione o della qualificazione con il
senso dove senta Donnadieu e Denimal (1994). Friedberg (1994) specifica quello “uno che non
raggiunge lo statuto dell'attore non ha conquistato nulla. Qualcuno è un attore del suo insieme
semplice, del contesto di azione studiato finchè il relativo comportamento contribuisce per
strutturare questo contesto. Non è un problema di chiarezza : è una domanda dell'insieme dei
membri di un contesto di azione.
il concetto di strategia deve, come lo abbiamo
sottolineato precedentemente, essere inteso
come la scelta delle soluzioni convenienti
(Chifflet, 2003).
Amblard, Bernoux, Herreros e Livian
(1996) distinguono due funzioni:
(1) la funzione offensiva. Un attore si comporta
in modo tale da migliorare la sua capacità di
azione.
(2) la funzione difensiva. Un attore si comporta
al fine di conservare le sue azioni per la le
successive.
La capienza come mezzo di scambio
Secondo
Boudon,
Besnard,
Cherkaoui e Lécuyer (1998), la
capienza indica la facoltà, in
senso generale, per comportarsi
in senso diretto con l'essere
umano, mentre in un senso
derivato, esso indica l'attitudine
di un attore per intraprendere le
efficaci azioni.
Infine,
ad
un
livello
organizzativo, la capienza è
definita da Mintzberg (1986)
come essendo “la capacità di
produrre o modificare i risultati
o gli effetti organizzativi„
La formula di Hobbes (1971),
secondo la quale “la capienza di un
uomo consiste nel suo presente
medio per ottenere un certo futuro
abbastanza migliore„, ha rivelato un
disegno notevole della capienza,
che ne avrebbe fatto un punto forte
e puro dell'attore stesso.
Boudon ed Al (1998) hanno insistito di
più sul carattere relazionale della
capienza. Questo ultimo consisterebbe
soprattutto nei rapporti asimmetrici fra
gli attori ed i gruppi di attori, la sua
esercitazione che è condizionata
tramite una distribuzione
disuguale delle risorse.
Stati dell'esercitazione della capienza
Secondo Hirschman (1970), un attore
può adottare tre atteggiamenti o
strategie confrontati ad una decisione
che prepara:
Parlando (voce), prova ad influenzare la
decisione in un senso conformemente ai
relativi obiettivi ed interessi.
Può anche mostrare la lealtà (lealtà) mentre
accosente o persino mentre aderisce alla
decisione.
Può infine decidere di non essere implicato
affidando la cura agli altri attori per decidere
fra loro (uscita)
L'assenza di azione (di reazione) costituisce una strategia con l'intera parte effettivamente.
Il discorso, quale può anche
qualificare “l'esercitazione
della capienza di un attore ha
su un attore che la B„
suppone tuttavia che quattro
circostanze siano soddisfatte
(Middle-class & Nizet, 1995):
(1) che la realizzazione degli obiettivi di A
dipende da B.
(2) che cosa è sufficiente importante per il A.
(3) differire gli obiettivi di A e di B.
(4) che la distribuzione della capienza non è
troppo irregolare.
Mediazione delle rappresentazioni
È circa il concetto “delle rappresentazioni„ quel Bourgeois e Nizet (1995) definisce come
“costruzioni mentali che un oggetto risolve una situazione data„ in opposizione alla
conoscenza che rappresenta “le costruzioni senza correlazione mentale alle situazioni
specifiche„
Secondo gli stessi autori, lo sviluppo delle rappresentazioni avviene dall'attivazione di
determinate componenti d’azione di conoscenza, chiamate “disegni„
Parlebas (1999) ha sollecitato l'importanza delle rappresentazioni nel contesto sportivo:
“L'osservazione banale indica che ogni oggetto reagisce in un particolare modo ad una pratica
data. Dai colloqui principali all'estremità di un gioco sportivo, si nota che la rappresentazione di
ogni autore varia in un maniera sorprendente. L'individuo percepisce e tratta le difficoltà
secondo la sua propria capienza conoscitiva, assegna i significati secondo le sue motivazioni e
sensibilità personale„
Quindi, il rapporto è:
dal quale potrebbe introdursi una variabile intermedia: la rappresentazione che gli attori
hanno delle circostanze. Diventerebbe conseguentemente (Middle-class & Nizet, 1995):
Inoltre, se si tiene conto dei due attori A e B, il rapporto finale sarebbe:
In particolare “la strategia della legittimazione consiste, per A di fare, per attivare B,
più disegni che la conducono per cambiare la relativa rappresentazione e realizzare
una valutazione positiva della decisione che A propone a lui. Da questa valutazione
positiva, B va, alla conclusione di una scelta (di cui la razionalità è particolarmente
limitato), per privilegiare il comportamento di cui va nel senso degli obiettivi A„
L' interazione
Un'interazione simmetrica è un'interazione in cui un individuo tende ad adottare i
comportamenti simili a quelli del suo socio e viceversa.
Il rapporto fra due che si vantano, dove il comportamento di quello stimola il comportamento
dell'altro, gli costituisce un esempio semplice. Nell'interazione complementare da un lato, un
individuo tende ad adottare i comportamenti differenti da quelli dell'altro.
Il rapporto fra un addestratore che dà le istruzioni e uno sportivo che ascolta loro illustrare
questo secondo tipo di interazione.
In questo caso, si osserva solitamente una posizione di livello alto (high) e una posizione di
livello basso (low)
Il primo è presente quando l'individuo che occupa la posizione più attiva e così sembra
impiegare la maggior parte del potere sopra al rapporto. Nell'esempio precedente, si può
considerare che l'addestratore occupi la posizione alta e lo sportivo la posizione bassa.
Notiamo che, per Watzlawick ed Al (1975), questa distinzione non presenta un carattere
normativo: un tipo di interazione non è migliore dell'altro, della simmetria e della
complementarità che sono state sufficienti per l’altro, secondo le circostanze.
Da un lato, questi autori ritengono che la mobilità sia desiderabile nell'interazione.
Considerano che fra due individui, le forme di interazione debbano alternare, come le loro
rispettive posizioni, nell'ambito della pena di versamento nel campo “di quello patologico„.
In breve, in un rapporto, un individuo è
probabile occupare tre posizioni:
l'alta posizione (high)
la posizione bassa (low)
la posizione
simmetrica
Per essere realmente completi, ancora dovremmo distinguere due livelli, secondo come
si considera il contenuto dello scambio o del processo di intervento.
Un individuo può adottare un'alta posizione a causa del fatto che controlla il contenuto
dello scambio, in più occupando una posizione bassa dal punto di vista del processo.
Facciamo l'esempio di
un addestratore che
interroga un capo del
randello
sui
suoi
obiettivi:
Se si è concentrati sul contenuto dello scambio, si può individuare
un'interazione complementare dove il capo adotta l'alta posizione: è
lui che indica gli obiettivi da raggiungere.
Ma dirigendo il suo interlocutore verso la domanda degli
obiettivi, piuttosto che accettare che la discussione si riferisca ai
mezzi , l'addestratore mantiene il controllo del processo di
intervento. È qui inoltre c’è un'interazione complementare ma
questa volta, è l'addestratore che adotta l'alta posizione.
L'uomo razionale della teoria classica
Nell'economia, per molto tempo, il termine razionale ha rivestito un’importanza e
specifica carica per la quale è solitamente opposto dell'assurdità, esagerato, idiota,
capriccioso, quindi è sinonimo di intelligente, giudizioso„ (Simon, 1978)
Le teorie economiche e statistiche tradizionali hanno dato una visione
d'ottimizzazione dell'uomo razionale, secondo quale non si sarebbe accontentato
mai di quello che aveva.
Questa teoria classica del migliore senso, è stata presa in questione Selon March
e da Simon (del 1964), che non hanno ripartito questo la visione “d'ottimizzazione„ dell'uomo
razionale. Questi autori conseguentemente hanno sviluppato una nuova teoria della razionalità
per cominciare da una rappresentazione più realistica dell'essere umano, vista come
un'organizzazione che opera le scelte, prende le decisioni, risolve i problemi, ma che può allo
stesso tempo fare soltanto una cosa (o poche cose) e che possono prestare attenzione soltanto
ad una piccola parte di informazioni che sono registrate nella relativa memoria.
I limiti cognitivi
Un modello della razionalità assoluta non tiene conto dei limiti conoscitivi dell'organismo
umano. Secondo Crozier e Friedberg (1977), l'uomo è limitato nella sua risoluzione non solo
perché non può comprendere tutte le scelte possibili, ma anche perché ragiona in sequenza.
Limiti culturali
Il processo di socializzazione a cui affatto l'evoluzione che si
muove dell'individuo è sottoposta dentro un'azienda interessa
inevitabilmente le scelte che questa proporrà durante la relativa
esistenza.
Shepherd e Luckmann (1986) distinguono due
livelli da socializzazione:
“La socializzazione primaria è la
prima socializzazione che l'individuo
subisce nella sua infanzia e grazie a
che esso sta bene ad un membro
dell'azienda.
La socializzazione secondaria consiste
di tutto il processo posteriore che
concede per per incorporare un
individuo nei nuovi settori del mondo
obiettivo del relativo azienda.
I campioni che un individuo usa sono così il risultato di un addestramento culturale, cioè
di una socializzazione di rinforzo dalle sanzioni dell'ambiente(Crozier & Friedberg, 1977)
L’indice della distanza gerarchica (IDH) è definito come “la misura del grado di
accettazione per quelli che hanno meno potere nelle istituzioni o nelle organizzazioni di
un paese di una distribuzione disuguale della capienza
tabella
La prima colonna della tabella indica la fila dei paesi: da 1 per il paese in cui la
distanza gerarchica è più grande a 53 per quella dove è la più debole.
La socializzazione secondaria era
l'argomento di molti studi all'interno di
varie organizzazioni. Secondo Shepherd e
Luckmann (1986), esso si divide
necessariamente
quando
accadono
parallelamente due fenomeni:
una forma di divisione dei lavori
una distribuzione sociale di conoscenza
Generalizzato nell'ambito dell'influenza di Taylor, la divisione dei lavori costituisce una soluzione
nei casi estremi conoscitivi dell'individuo applicato sulla scala dell'organizzazione. Spaccare un
problema complesso in un certo numero di parti quasi indipendenti costituisce una tecnica
fondamentale che permette di facilitarlo. La conseguenza è che ogni unità organizzativa che sarà
veduta commovente con quella di queste parti potrà eliminare le altre dalla relativa definizione
della situazione (marzo & Simon, del 1964).
Su un programma specifico, deriva una tendenza da esso a arrestarsi con gli oggetti che
coincidono con lo schema di riferimento stabilito.
Le percezioni che indicano con il questo ultimo sono filtrate prima del raggiungimento della
coscienza, o sono interpretate nuovamente in modo da rimuovere la discordanza.
Di conseguenza, la struttura di riferimento sarebbe usata tanto per confermare le percezioni che
quelle contribuirebbero per definirle (marzo & Simon, del 1964).
Una tal filtrazione interessa tutti i “dati„ che entrano nel processo decisionale, in particolare la
conoscenza allegata agli eventi futuri, con le scelte disponibili per l'azione ed alle conseguenze
di queste scelte (Levin, 1956; Gore, 1956).
Invitato per analizzare durante l'un anno le decisioni quotidiane di un'azienda di elettronica
di punto, Bonarelli (1994) ha dato risalto all'importanza “delle decisioni culturali incoscienti,
arrivando a stabilire che esse sono spesso incoscienti.
Questa ricerca sulle
conseguenze culturali
dell'organizzazione di
lavoro
infine
ha
rivelato la coesistenza
di quattro colture
relazionali:
una coltura della trattativa che si incontra nel
funzionamento degli ambienti professionali,
ma anche ai quadri che hanno responsabilità
allineare dell'inquadramento.
una coltura di più ha concentrato sui rapporti
fra le affinità con le parità, ma anche ed i capi,
conseguenza della mobilità socioprofessionale
che lo sviluppo delle aziende ha autorizzato.
uno specifica della coltura agli operai
parzialmente qualificati ed agli impiegati o
persino a volte con i quadri molto specializzati,
comparenti da un disegno unanimista del
gruppo.
una coltura del ritiro, tipica di quelle che sono
investiti almeno nel lavoro, agganciarsi nei
rapporti di potere che sono accessibili per loro
nel
supplementare-professionista
dell'universo.
Non c'è motivo di pensare che le organizzazioni sporting fuoriescano questo fenomeno della
socializzazione secondaria.
Pociello (1999) ha definito così una dimensione
culturale su cui riposa in particolare l'identità
sporting: “assimilazione, dai membri, di "knowhow", atteggiamenti e comportamenti che
costituiscono una memoria comune e
producono i riferimenti particolari.
Da importanza dei relativi posti (fasi, palestre,
piscine, ecc), dei relativi momenti specifici
(azionamenti,
concorsi),
delle
relative
dimostrazioni
rituali
originali
(inizi,
addestramenti), il processo sporting in molte
occasioni per trasmettere la relativa coltura
sportiva.
Il carattere di limitazione di questa coltura professionale sportiva è stata proposta a varie
ricerca. Oltre agli studi di Arripe-Longueville, possiamo citare la comunicazione di
Fahlström (2001), di cui i risultati hanno sottolineato il perpetuarsi di uno stile della
direzione autocratico attraverso parecchie generazioni di addestratori di hokey svedese
i nuovi addestratori che sono stati reclutati avevano conosciuto generalmente degli addestratori
autorevoli durante la loro carriera del giocatore.
è sembrato così naturale cha hanno adottato lo stesso stile, che infine ha fatto parte integrante
della cultura dell’hokey.
Era necessario conformarsi ad un determinato modello se uno volesse essere accettato
mediante il mezzo, rappresentato dalla federazione, dai giocatori, ma anche dai mezzi e dagli
spettatori.
Senza dubbio questa credenza di questo modello era valida ed unica, in quanto basata
parzialmente sul fatto che nessun altro modello non era stato provato fino a là.
è consigliabile tuttavia evitare il culturalista che sostituirebbe il determinismo di una cultura
nazionale in una coltura sportiva, quindi sarebbe meglio spiegargli il modo con il quale si
rapporta un addestratore con i suoi sportivi.
In più, questo processo della socializzazione secondaria può anche avvenire nell'ambito
dell'influenza dell'mezzi istituzionalizzati per limitare la razionalità di determinate categorie di
attori. Parleremo in questo caso dell'ideologia.
Limiti ideologici
Boudon ed Al (1998)
assegnano a Marx la
definizione
secondo
cui l'ideologia indica
alcune idee false,
quali:
Riferimento alla politica ed a quella sociale
resti o reclami da basare sul ragionamento e
sull'argomentazione scientifica
Morin (1986) ha commentato a questo proposito: Come esso Marx ed Engels hanno detto
all'inizio “dell'ideologia tedesca„, gli uomini sempre hanno risolto loro i disegni falsi, di che cosa
fanno, di che cosa devono fare ed il mondo dove vivono.
Secondo Boudon ed Al (1998), la teoria razionale delle ideologie insiste sul fatto che l'attore
sociale possa controllare il suo ambiente soltanto interpretandolo usando le idee, delle
congetture, rappresentazioni, le teorie di cui esso possono determinare la validità soltanto in un
senso molto parziale e dubbio.
Ad un livello organizzativo, l'ideologia è stata considerata da Mintzberg (1986) al fine di controllo
e di coordinazione: Nell'ideologia organizzativa deve essere contenuto il senso di un sistema di
credenza e dei valori in relazione all'organizzazione, a cui tutti i membri dell'organizzazione
aderiscono; è un sistema che è differente da quello di altre organizzazioni.
È l'ancoraggio della credenza e dei valori nell'organizzazione, il relativo carattere singolo, che in
generale distingue l'ideologia organizzativa dall'ideologia.
La relativa caratteristica essenziale risiede nella relativa capienza di mobilitazione ed uniformità,
con tutto che implichi per quanto riguarda i limiti con la razionalità specifica.
L'ideologia effettivamente permette l'integrazione di diversi obiettivi e degli obiettivi
dell'organizzazione, causanti uno spirito del gruppo, il senso di una missione ed incoraggianti la
lealtà (Hirschman, 1970). Mintzberg (1986)
1. un'ideologia nasce poiché un gruppo di
persone è costituito intorno ad un capo per
generare un'organizzazione ed a quello la
sensibilità di una missione emerge per
realizzare.
specifico
considera lo sviluppo di
un'ideologia in tre fasi
differenti:
2. gradualmente, l'organizzazione risolve una
storia che è adatta per sè stessa. specifico
3. l'ideologia è rinforzato tramite un processo
dell'identificazione dei membri, che possono
obbedire a parecchi motivi.
specifico
Il primo, è che le nuove organizzazioni offrono
una stanza molto vasta per la manovra.
Il secondo motivo è che il formato spesso
riduttore di queste organizzazioni facilita
l'esistenza dei legami personali fra i membri.
Quattro
motivi
permettono di spiegare
questo fenomeno.
Il terzo risiede nel fatto che i membri fondatori
ripartono spesso i sistemi del solido di valori e
di credenza, come pure una ditta funzionerà
insieme.
il quarto motivo è dovuto “il carisma„ che è
attaccato generalmente alla persona del
fondatore di nuova organizzazione.
L'ideologia si sviluppa allora sulla parte inferiore delle pratiche, precedenti,
miti e la storia, formanti la base delle tradizioni che i membri della parte di
organizzazione
Mintzberg (1986) è soltanto uno dei più espliciti e per quanto riguarda il limite
costituisce l'ideologia con la razionalità degli attori quando afferma che queste
tradizioni, con il tempo, influenzano i comportamenti e questi ultimi, ancorano più
saldamente le tradizioni.
Studiando le forti ideologie in seno alle Università negli Stati Uniti, Clark (1972)
ha introdotto il concetto della saga per indicare un'epica di cliente per quanto
riguarda l'istituzione.
Questo ricercatore ha provato a trovare i punti di ancoraggio di una saga in
presenza di un capo carismatico, Rhenman (1973) che, in realtà, ha insistito
sull'importanza dell'esperimento capitale che ha costituito un conflitto con
la parte esterna
Il tipo più semplice di identificazione accade quando il membro novello di un'organizzazione è
attratto naturalmente dall'ideologia di questa (Clark, 1970).
La selezione di candidati per una stazione, non solo secondo le loro competenze
professionali, ma anche perché i loro sistemi dei valori sono compatibili con l'ideologia
ambientale, costituisce i mezzi comunemente usati ad uno scopo di influenzare i processi
dell'identificazione.
(1) il endoctrination, processo esplicito
Altri due processi esistono per
convenzionalmente basato di tecniche diverse
causare necessario
ed è usato dalle organizzazioni per incoraggiare
identificazione e, allo stesso
i membri ad essere identificati in esso
tempo, ridurre le identificazioni
esterne che sarebbero probabili
interferire:
(2) la socializzazione, processo implicito che già
abbiamo avuti l'occasione da svilupparci e che
costituisce i mezzi più sottili per causare il
processo dell'identificazione.
Infine, può essere di maggior interesse affinchè un membro accetti l'ideologia
dell'organizzazione anche se crede nella loro la credenza e nei loro valori. Questo ultimo
passaggio di volontà, attraverso tutte le forme di identificazione che sono state evocate appena,
risulta utile soltanto al raggiungimento dei relativi obiettivi personali.
Limiti affettivi
Gli esperimenti di vita sono probabili artefici per coinvolgere un'attrazione reale, o
al contrario un'avversione allineare per tali o tale comportamento.
Secondo Damasio (1995), l'organizzazione mantiene le tracce di questi
esperimenti e quando quelle si riproducono, iniziano le reazioni del corpo, che, a
sua volta, trasmette i segnali al cervello.
Alcuni di questi messaggi sono favorevoli e spingono la persona per prolungare
l'esperimento, per approfondirlo.
Altri da un lato sono
messaggi dell'evitare
in quanto:
permettono che noi allontaniamo
immediatamente una
determinata azione ed
esortiamo per considerare altre
alternative„
Possono anche funzionare in
un senso nascosto, senza la
conoscenza della coscienza
Razionalità procedurale
Nelle situazioni complesse come quelli che si è visti nelle slides precedenti, c’è un considerevole
margine fra l'ambiente reale di una decisione (il mondo il quale DIO o qualunque altro
osservatore omnisciente la vede) e l'ambiente che gli attori percepiscono (Simon, 1978).
Questo posizionamento
dell'osservatore
costituisce
una
componente chiave della
distinzione quel Simon
(1976;
1978)
che
definisce la razionalità
procedurale:
un comportamento è sostanziale razionale quando può
da realizzare gli obiettivi imposti dalle circostanze ed i
vincoli dati. Si apprezza così in termini di risultati della
scelta effettuata ed è inféré senza riferimento
all'esistenza di tutta la deliberazione che precede la
decisione.
Nel termine di posizionamento dell'osservatore, il giudizio
sulla razionalità è un giudizio esterno sull'oggetto osservato
un comportamento è razionale in un senso procedurale
quando è il risultato di una riflessione adatta. Sembra che si
trova nel processo di sviluppo conoscitivo la razionalità
dell'individuo e del suo comportamento.
Nel termine di posizionamento dell'osservatore, il giudizio sulla
razionalità è allo stesso tempo esterno ed interno. È esterno nel
senso dove prende tutti gli stessi in considerazione il risultato della
decisione per apprezzare la razionalità dell'atto. è interno finchè
considera il processo che è alla base di risoluzione
Cercando di descrivere ed includere/capire l'aggancio degli
sportivi e la regolazione responsabile del loro corpo nelle
situazioni quale celano il pericolo fisico, Griffet ha messo avanti
il presupposto che il loro punto era di tipo qualitativo. Ha,
quindi, proposto un modello esplicativo che riposa su due
forme di conquista del futuro:
(1) metodo genealogico
Nello specifico..
(2) Metodo della conoscenza degli indici
Nello specifico..
Prima di comportarsi, lo sportivo osserva e costruisce una catena dei
fenomeni collegati l'un l'altro tramite un rapporto causale. Questa
conoscenza tramite induzione permette allo sportivo di ridurre l'incertezza
relativa a circondare male conosciuto del campo.
Figura alpinista
È Il caso dell'alpinista che organizza prima il suo aumento secondo le sue
osservazioni del giorno e della sua condizione fisica che illustra questo punto
induttivo.
Un attore capace di una strategia
A partire dagli indici accessibili ai sensi, lo sportivo concepisce o immagina una
realtà contrassegnata dai caratteri astratti.
Figura navigatore
Il caso del navigatore che prova a prevedere la tempesta consultando il suo
barometro ed osservando la progressione delle nubi illustra questo processo di
sviluppo della realtà.
Per il ricercatore, tutta la difficoltà consiste
ovviamente nel raggiungimento del questo
campo infra cosciente circa quale Griffet (1994)
ha parlato.
Figura
Figura
Sembra evidente a noi che soltanto,
l'interrogazione della soggettività dell'attore
che usando le tecniche di introspezione possa
fare un resoconto di questa dimensione
procedurale della razionalità degli attori dello
addestratore-sportivo di rapporto.
Nel capitolo votato alla nostra struttura
metodologica, svilupperemo conseguentemente un
metodo originale basato sullo psicofenomenologia e
sul lavoro di Pierre Vermersch (Vermersch, 1990;
1996; 2000).
Figura
La teoria della regolazione sociale
Ad un livello organizzativo, le diverse attività
sembrano dovere essere l'argomento di una
regolazione più o meno costante.
La teoria della regolazione sociale che ha
risolto Reynaud (1979, 1988) riposa sulla
formazione e sul mantenimento di regole.
È usato come standard e come riferimento,
ma considerarne soltanto una come la
prescrizione del comportamento singolo
sarebbe errato.
La teoria della regolazione sociale
regolazione di controllo, corrispondente alle regole che
vengono dal senso È definito soprattutto tramite il relativo
senso strategico: per per pesare all'esterno sulla regolazione
di un gruppo sociale
Reynaud
(1995)
distingue tre
forme dalla
regolazione:
regolazione autonoma, trovante la relativa origine nelle regole
che sono prodotte nell'azienda, dai gruppi di esecutori.
Rappresenta la costruzione, cioè con che cosa viene costruito il
vincolo di addestramento, assieme alle norme sociali.
regolazione unita, generante un totale delle regole che sono
accettabili dalle parti implicate. Deriva da una trattativa
esplicita ed implicita e rientra in un accordo. Reynaud (1994),
mantiene come idea centrale l'organizzazione di parecchie
fonti possibili di regolazione e parecchie fonti di potere
legittimo. Di conseguenza, nessun problema concreto è risolto
dall'applicazione delle ricevute. Le soluzioni come i problemi
sono specifiche.
L'indagine fatta sulle percezioni degli addestratori e degli
sportivi, è stata effettuata in parecchi studi relativamente
recenti, ed ha rivelati la determinazione di identificare il
modo di coordinazione delle rispettive strategie di questi
attori.
È sembrato secondo le discipline degli
sport studiati, fossero interessanti da
osservare; inoltre, otteniamo una tal
eterogeneità, grazie anche alle diversità dei
contesti che abbiamo scelto di esplorare.
Effettivamente, per analogia con i risultati ottenuti in
questa ricerca e vicino nello stesso senso che considera il
rapporto di azionamento secondo la dimensione
orizzontale dell'attività collettiva, si può, d'ora in poi,
progettare di identificare da ciascuno dei nostri princìpi un
modo particolare di coordinazione.
Postulando l'esistenza di una distribuzione
bilaterale della capienza presso lo addestratoresportivo, come elemento bivalente, si pensa ad
essere capaci di spiegare le diverse strategie.
Soprattutto con questa intenzione mobiliteremo
l'analisi strategica ed i tre principi dove questo
sui quali si basa il ragionamento:
(1) l'idea di un
attore capace di
una strategia
(2) la capienza gradice il
mezzo di scambio
(3) il ricorso al concetto del
sistema
Inoltre si elaboreranno e si proporranno i limiti e le procedure che caratterizzano
la razionalità di un attore, come con la teoria della regolazione sociale.
(1) identificare le strategie d'applicazione rispettivamente dagli
addestratori e dagli sportivi per risolvere alcuni problemi concreti
che sono proposti nei contesti sportivi
Obiettivi
(2) identificare modo di coordinazione di queste
strategie in ciascuno dei tre princìpi.
(3) usare una griglia di lettura espressamente sviluppata a
questo fine e di alcune teorie supplementari, per spiegare
la natura dello addestratore-sportivo
La griglia di lettura
La natura induttiva dell'analisi strategica
(Crozier & Friedberg, 1977) - Kuty (1998) ha
sottolineato la difficile modalità per
formalizzare l'interrogazione in una griglia di
preregolamento di lettura.
Tuttavia, la relativa vocazione comparativa
(Friedberg, 1994) suppone a nome del ricercatore
della scuola strategica uno sforzo reale della
normalizzazione riguardo ai vari contesti studiati.
Ci si è ispirati conseguentemente dalla struttura
suggerita da Amblard e da Al (1996) per schematizzare
al massimo il ragionamento per trarre giovamento dai
dispositivi teorici proposto dagli autori ai quali si è fatto
riferimento in precedenza.
griglia
La griglia di lettura dovrebbe distinguere così
all'interno del ragionamento tre momenti particolari,
corrispondenti a tre fasi successive dell'analisi che
sarà realizzata (tabella 3.1).
I tre momenti
I momenti da prendere in considerazione sono tre:
Primo momento
Nello specifico..
Secondo momento
Nello specifico..
Terzo momento
Nello specifico..
Figura
Il primo momento
1. La posizione dei problemi concreti di ogni organizzazione sportiva studiata sarà
effettuato per lasciare, da un lato, della nostra conoscenza di questo tipo di organizzazione
e da un lato, del nostro passaggio nella revisione della letteratura.
Questi problemi quotidiani hanno proposto tramite il funzionamento del rischio di
organizzazione per per comparire nei termini differenti in ogni luogo.
A tale riguardo, in particolare sarà consigliabile considerare le due
variabili principali che costituiscono il livello di pratica degli attori e del
tipo di disciplina sportiva che li unisce insieme.
2. La delimitazione del contesto dell'analisi avverrà a partire dal censimento dei
destinatari degli attori.
Gli ultimi non sono limitati sempre a soltanto membri dell'organizzazione:
Un'organizzazione in se, la abbiamo sottolineata sufficientemente, sempre non
coincidiamo con il sistema più efficace del calcestruzzo di azione più relativo e
per i problemi di cui esso con il carico (Crozier & Friedberg, 1977).
Il secondo momento
Si cerca il modo di coordinazione delle
strategie degli attori a partire dalla loro
Pali
identificazione e dalla loro regolazione nel
rapporto.
I pali di vari attori o categorie di attori confrontati
alla risoluzione dei problemi concreti considerati
dovranno essere trovati. Sono del tipo
economico
(per guadagnare soldi)
Strategie
Le strategie degli attori saranno identificate:
“una funzione
offensiva:
grippaggio
dell'occasione
per migliorare la
relativa
situazione;
Modo di coordinazione
delle strategie
una funzione difensiva: il
mantenimento e
l'allargamento del relativo
margine di libertà, quindi
della relativa capacità di
comportarsi„ (Crozier &
Friedberg, 1977).
politico
simbolico
(per raggiungere alcuno
riconoscimento sociale)
Il modo del addestratore sportivo di
coordinazione delle strategie dei due pali
dell'elemento bivalente sarà situato su una
continuità attiva, più autorevole con la
cooperazione più democratica e più tacita
(Lacoste, 1991) con collaborazione (Rogalski,
1994) mentre passa tramite la cooperazione
riflessa (Arripe-Longueville & Fournier, 1998).
Risorse
Le risorse organizzative, gli handicap ed i beni di ciascuno dovranno essere distinti. Si contano
in particolare le funzioni relative con regole e razionalità legale, la perizia, i mezzi finanziari,
informazioni, la lingua ed i simboli, la tradizione ed il carisma.
Il terzo momento
Nel terzo momento, si estende l'analisi
verso altri problemi concreti in grado di
comparire nel corso di ricerca:
il sistema concreto di azione
inizialmente delimitato potrà essere
veduto largamente con altri attori
secondo i nuovi problemi concreti in
grado di emergere dalle osservazioni
e dai colloqui dei partecipanti iniziali.
le strategie, i pali, gli handicap ed i
beni di questi nuovi attori
confrontati ai nuovi problemi
concreti porterà nuove
argomentazioni di discussione
Chiarimenti sul dispotismo
Rispetto alle domande inizialmente proposte dai protocolli di ricerca, sembra che la
tradizione è in un certo senso essenziale tra i rapporti che si sono instaurati fra i membri
della scuola. È allo stesso tempo legittima (uomo della classe media & Nizet, 1995) ed
oggetto della discordia tra culture diverse (Boltanski & Thévenot, 1991).
Sarebbe conseguentemente più giusto parlare di parecchie tradizioni, oppure di una
visione più globale delle rappresentazioni eterogenee della tradizione.
Nel margine della cultura dominante degli sport del combattimento, come ad esempio nella
tradizione marziale (di cui la pubblicità di Senseï è prima di tutto il risultato di una
lunghezza e di un'operazione personale paziente di ricerca) prova a trasmettere tradizioni
relative a diverse culture ai relativi allievi ed ai relativi assistenti
Figura arte
marziale
Senseï dispone dei mezzi considerati solitamente nella letteratura come i mezzi di
legittimazione: carisma, la lingua ed il controllo di informazioni (Middle-class & Nizet, 1995).
(A1 intervista, 01.03.2001)
Sono in questa scuola da tanto tempo…
Se vedi qualcuno che gioca male?
Se si ritiene opportuno intervenire, bisogna
farlo. Io non dico: Dovete ascoltare me perchè
sono io o altro, sarebbe completamente
ridicolo, ovviamente, giocare avendo schemi
autoritari, ma esso è fatto tacitamente…
Di conseguenza, non deve proporre le minacce
e lo gradicono questo?
No, no
Sì, in qualunque caso, prima o dopo,… ed è
quello che è positivo. Uno non obbliga nessuno
a venire qui, quindi, uno spera sempre di poter
correggerlo a modo, perchè è istruttivo
È fatto apposta in un senso più armonioso, ma
lo capiscono da soli?
L'approvazione del sistema del Rank all'interno della scuola costituisce un paradosso a causa
della relativa contraddizione che manifesta con i principi filosofici predicati da Senseï.
L’interpretazione data è che costituisce soltanto uno significato, cioè come la pratica marziale in
se, serve per realizzare un obiettivo più alto .
Non importa se i mezzi per raggiungere questo ideale hanno dato luogo a determinati tempi
contradittori: è “l dispotismo illuminato, il rifiuto della tradizione.
Questo modo di cooperazione tacita è inoltre confronto diretto abbastanza visibile con i soci,
soprattutto nel capo dei professionisti maschii (Lenzen, Dejardin & Cloes, sotto la pressa).
Per salvaguardare il loro riguardo, non possono asserire del loro statuto del dominato (Arthus ed
Al, 2000), al contrario alle loro controparti femminili.
Il pensiero Collard è anche stato l'argomento di lotte di influenza che l'analisi strategica
(Crozier & Friedberg, 1977) contribuisce piuttosto bene per spiegare e rendere comprensibili.
È importante indicare tutto l'interesse di confrontare le rappresentazioni di vari attori
intorno ai problemi concreti comuni, ma anche di paragonare le rappresentazioni di un
attore stesso alla sua azione realmente fatta.
Combinazione di teorie e di riferimenti a priori eterogenei quanto analisi strategica (Crozier &
Friedberg,1977), la razionalità (marzo & Simon, del 1964) e procedurale limitati (Simon, 1978),
per costituire una griglia di lettura originale, sembrano piuttosto ottime a tale riguardo.
Uno studio particolare
In questo secondo studio finalizzato si è studiati il rapporto dell’ addestratore-sportivo in
un contesto sportivo particolare.
I due a tleti sono stati coinvolti con lo stesso allenatore.
In
più,
sono
parecchie le variabili
che hanno lasciato
prevedere i confronti
interessanti:
1) durata del rapporto e della specialità:
Il primo atleta (A1) è stato seguito per nove anni e contribuisce
pricipalmente nelle prove multiple. Il secondo atleta (A2) è alla
sua prima stagione di collaborazione con l’allenatore. Le relative
specialità sono lo sprint e le corse delle barriere.
(2) il livello:
A1 era campione incoronato del junior del Belgio nelle prove
multiple dell'interno in 2001 mentre A2 inizia ancora la
concorrenza dopo che un'interruzione e una metà di un anno
causate da una ferita.
Sette principi di base che dalla ricerca portano al raggiungimento degli obiettivi
1. Gli obiettivi difficili che contengono una sfida conducono ad una migliore prestazione
rispetto agli obiettivi troppo facili.
2. Gli obiettivi precisi e difficili sono più efficaci degli obiettivi vaghi o generali.
3. Gli obiettivi controllabili e flessibili sono più efficaci degli obiettivi incontrollabili ed
inflessibili.
4. Gli obiettivi a lungo termine sono più efficaci se sono associati con gli obiettivi di breve
durata.
5. La riparazione delle funzioni di obiettivi così delle indicazioni concernenti la prestazione
ottenuta (risposte) è portata soltanto per apprezzare la deviazione reale fra l'obiettivo e la
prestazione corrente.
6. Per essere efficaci, gli obiettivi devono essere accettati e l'atleta deve completamente
impegnarsi che li raggiunge.
7. L'attacco dell'obiettivo è facilitato da un piano d'azione, o dalle strategie dell'attacco
dell'obiettivo.
Dai dati emersi,
si sono espresse
tre linee di
pensiero
che
possono essere
spunto di un
nuovo (o nuovi)
protocollo..
In primo luogo sta derivando dalla nostra osservazione di una strategia di
assenza di riparazione degli obiettivi iniziati paradossalmente in risposta
all'ansia competitiva di A1. Sarebbe consigliabile studiare più approfondito
se questa strategia, nella contraddizione totale con che cosa la letteratura
suggerisce solitamente, costituisce bene il vis-a-vis più adatto di risposta
alle difficoltà di A1. Una strategia della riparazione degli obiettivi intermedi
(Famose ed Al, 1999), persino con un programma di controllo dello sforzo,
costituisce le alternative che potremmo provare per realizzare a tale
riguardo.
La seconda linea di pensiero è liberata dalla nostra identificazione delle
strategie tacite a nome di A2 che si sono opposte agli sforzi che puntano al
miglioramento della relativa tecnica di corsa. Nello specifico..
Infine, la terza pista interessa ancora l'atleta a1. Riposa sull’osservazione che la capacità di
rilevazione degli errori (Schmidt, 1993) di A1 ha sviluppato durante la relativa collaborazione
non ha raggiunto tutto il relativo potenziale ed è limitata, finora, con determinate abilità
specifiche, di cui il salto lungo in particolare. Sarebbe conseguentemente interessante da
identificare, usando il mantenimento di chiarificazione, le abilità in cui A1 dipende ancora dalle
informazioni esterne, fornite dall'addestratore: esso allora sarebbe una questione di aiuto
dell'atleta discriminare le percezioni che costituiscono il segno di un difetto di quelli che sono
associati con un servizio corretto.
L'intervento che potremmo
installare a questo livello
soprattutto punterebbe su
ottenere i due effetti
seguenti:
(2) nel capo di A2, una migliore
capienza di rilevazione degli
errori (Schmidt, 1993). Ciò la
renderebbe più autonoma e
che permetterebbe che lui
effettui delle relative proprie
registrazioni di iniziativa della
relativa tecnica di corsa, anche
in assenza di interventi della E
che mirano a correggerla.
(1) nel capo della E, un risveglio delle strategie di A2
che si sono opposte ai relativi indirizzamenti, che
andrebbero oltre il relativo già efficace risveglio di una
difficoltà reale di A2 di rientrare nel relativo punto di
azionamento, come testimonia seguente estratto ad
esso. Il risveglio di un problema effettivamente
costituisce essenziale pre-necessario a tutto il tentativo
di rimedio (Crozier, 1994; Crozier & Friedberg, 1977;
Friedberg, 1994; Van Rillaer, 1992). A seguito
dell'esempio Avanzini & Rif (1999) che avévano usato il
autoconfrontation come attrezzo di intervento vicino
agli sportivi ad alto livello, potremmo, in questa stessa
ottica del conscientisation, disporre a disposizione di
questo addestratore e di questi dilettanti degli atleti le
nostre competenze per quanto riguarda chiarificazione.
Secondo Vermersch (2000), il mantenimento di
chiarificazione effettivamente costituisce “un risveglio
causato„ (P. 84).
questo studio ha permesso di descrivere ed interpretare le
strategie di un addestratore dell'atletismo e di due dilettanti
degli atleti intorno ai problemi concreti che costituiscono
(1) la riparazione degli obiettivi
(2) sviluppo del contenuto
degli azionamenti
(3) l'amministrazione dei requisiti
si è riferita ai ruoli differenti.
L’identificazione di una forma tacita di determinate caratteristiche di cooperazione che non
mostra quale era stato associato a lui da parecchi autori (Arripe- Longueville, Fournier &
Dubois, 1998; Arripe-Longueville & Baker, 1998), in particolare dei comportamenti
autorevoli a nome dell'addestratore, costituiscono un risultato eccezionale in questo studio.
tabella
Inizialmente (figura 6.1, la fase 1), si nota che A2 non fa alcun sforzo
per migliorare la relativa tecnica di corsa perché l’allenatore gli
aveva dato qualche suggerimento che A2 ha percepito in maniera
positiva.
È necessario attendere le risposte dell’allenatore (figura 6.1, organizza 2) per vedere A2
fare un tentativo che punta effettuando con le relative armi un movimento
conformemente a quello suggerito dallo stesso.
Si nota qui una dipendenza piuttosto chiara di A2 riguardo ai suggerimenti impartiti
dall’allenatore, soprattutto quando deve acquisire la tecnica di corsa corretta.
Si direbbe che A2 sente il giudizio del suo addestratore per diventare cosciente dei
relativi difetti.
È tanto più sorprendente che una volta che prendesse nota delle risposte del relativo
addestratore, esso non ha alcun dispiacere da concepire che ha effettivamente un
problema al livello delle relative armi.
Evoca persino il relativo ex addestratore che già aveva attirato la sua attenzione su questo
difetto, ricorrente ovviamente.
Tuttavia, questo primo tentativo di conformarsi al modello prescrive dalle esposizioni
dell’allenatore ed un malcontento manifestato da A2 (figura 6.1, fase 3).
Conclusioni
In questo studio, si è cercati di sostenere un disegno dello addestratore-sportivo di rapporto
che sia concorde con l'idea di una bilateralità della capacità, a metà strada fra le visioni
“taylorienne„ e distribuzione umanistica che finora pricipalmente avevano governato l'analisi
di questo oggetto della ricerca.
La costruzione di una struttura concettuale che permette di comprendere la capacità degli
attori sportivi ha costituito la prima preoccupazione. Questo è stato concretizzato facendo di
una griglia di lettura originale, formalizzata a partire da lavoro principale della sociologia delle
organizzazioni relative al paradigma politico. Il modello strategico dell'analisi del Crozier del
Michel ha costituito la chiave di volta di questa costruzione.
In effetti, da un lato, delle strategie che qualsiasi strumenti dell'attore per risolvere i problemi
concreti che presentano per lui e, da un lato, dei pali delle risorse, che presentano i vincoli e
gli obiettivi a cui è sottoposto. Le teorie delle limitazioni della razionalità e la razionalità
procedurale di Herbert Simon costituiscono un giro obbligato per capire il processo della
ricerca, della deliberazione, dello sviluppo delle alternative da cui gli attori sportivi
selezionano le strategie più soddisfacenti.
Infine, la teoria della regolazione sociale di Jean-Daniel Reynaud è stata sfruttata a causa
della relativa illuminazione interessante sullo sviluppo e del mantenimento delle regole, più o
meno convenzionale, ai vari livelli delle organizzazioni sportive.
1) una scuola delle arti marziali giapponesi
tradizionali (sport inteso come svago)
Sono state effettuatre le indagini
in tre organizzazioni sportive
radicalmente differenti secondo
questo doppio test di verifica:
(2) Un gruppo di atletica (dilettante della
concorrenza)
(3) Un gruppo di pallacanestro (concorrenza ad
alto livello)
I risultati mostrano l'esistenza di una distribuzione bilaterale della capacità dell’allenatore
con lo sportivo, come elemento bivalente, esprimendo la coordinazione delle strategie degli
attori, la cooperazione tacita qualificata nel campo della psicologia delle organizzazioni.
L'identificazione, in tre sistemi sportivi molto differenti, di questa stessa forma di attività
collettiva basata sulle lotte di potere e della trattativa tenderebbe a confutare il nostro
presupposto e a cominciante secondo cui il livello di pratica ed il tipo di disciplina avrebbero
interessato la natura del rapporto tra allenatore e atleta.
L'analisi effettuata su questa base ha evidenziato chiaramente di considerare i due pali
dell’addestratore-sportivo, come elemento bivalente influenzabile nel senso di Henri Mintzberg.
Inoltre ha indicato che rappresentazioni divergenti ed edizioni economiche, le politiche e/o i
competitori simbolici dei sistemi hanno contribuito per generare e/o effettuare questa
cooperazione tacita di modo, complessivamente piuttosto lontana dalle raccomandazioni da
parecchi teorici ed esperti che predicano una preparazione più umanistica.
Qualunque sia il sistema sportivo considerato, il range del tipo simbolico del sistema
rispecchiano l'analisi fatta, in conformità con lavoro di Bernard Jeu che sottolinea la
dimensione immaginaria dello sport.
Tranne per alcuni conflitti aperti, la
forza è di notare che chi ha studiato
le
organizzazioni
sportive,
la
regolazione unita del processo di
azionamento attraverso i mezzi della
cooperazione tacita ha rilevato un
contributo spontaneo nei tiguardi “di
un test di verifica della soddisfazione
unita degli interessi divergenti„
costosi a François Pichault.
Scopo di questo lavoro è costituire un dispositivo d'avviamento del dialogo fra due
universi divisi troppo spesso: il mondo dei ricercatori e di quello degli esperti.
Una domanda sorge spontanea a questo punto: Quale tipo di metodo
corrisponderebbe meglio alle aspirazioni principali degli sportivi? La risposta è che
non esiste una risposta che risolve tutto questo problema finchè pensiamo,
Reynaud (1995),
Tuttavia, valutiamo per dovere accettare questa interrogazione se la progressione degli
sportivi sia stata ostruita troppo da un qualcosa che non faccia tenere conto della loro propria
capacità, o se i conflitti aperti moltiplicati ad un punto come questo non siano stati possibili
per parlare della soddisfazione unita degli interessi divergenti.
Si suggerisce, pertanto, di formare gli addestratori con una preparazione meno normativa,
più interrogativa, ma “remuneratrice„ su un programma simbolico del sistema, che
condurrebbe gli sportivi dire tra loro, come M.J. Perec mentre parlando di John Smith: “Il mio
addestratore, quando dice qualcosa, ha sempre ragione, dice cose giuste„
o come l'atleta a1 evocando il suo addestratore: “È normale che giusto, perché percepisce
molto bene il movimento.
Nel gruppo della squadra pallacanestro che si è studiato, si è notato come le buone
prestazioni raccolte dalla squadra durante la stagione considerata attestano che le
tesi espresse per gli sport di squadra non sono state contraddette.
Si è arrivati, pertanto, a consolidare i legami tra il gruppo, quindi, conosciamo tutte le
situazioni tipiche degli sport collettivi dove “il blocco della squadra si oppone a alle
ingiunzioni dell'addestratore„ (Lévêque, 1983a, P. 104)
Si consiglia di trovare soluzioni meno radicali e costose, liberate dopo essere analizzate
come quelle sviluppate nei protocolli, che consentono, in determinati casi e se si
applicano in tempo, di evitare alla rottura del dialogo tra allenatore ed atleta.
Gli sviluppi della pratica sportiva del gruppo osservato
di atletica fungono da suggerimento per una corretta
azione motoria e per ottenere, inoltre, obiettivi
sempre più ambiti e sono:
(1) realizzare una strategia della riparazione
degli obiettivi intermedi e/o di un programma
di controllo dello sforzo in risposta all'ansia
competitiva dell'atleta a1;
(2) Monitorare un’azione di sensibilizzazione a
vantaggio dell’atleta, con l'addestratore che
esamina le difficoltà dell'atleta a2per una
corretta azione motoria;
(3) migliorare la capacità di rilevazione degli
errori negli atleti A1 e A2
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