Azio Barani
Il contributo della prospettiva
personalista nella definizione della
mission aziendale
Marketing Club
Giornata degli Studi e delle Ricerche
Parma, 29 marzo 2008
Finalità dell’intervento

Il presente lavoro nasce nell’intento di
facilitare le condizioni per ripensare l’impresa
nei suoi fondamenti costitutivi, come
momento e luogo espressivi di persone e
lavoro, assumendone l’intera complessità,
cercando di evitare, per quanto possibile,
eccessive semplificazioni o sterili riduzionismi.
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L’impresa

Da un lato non si può infatti parlare di etica
senza accogliere l’impresa quale categoria
storica, multidimensionale, multirelazionale,
plurale, progettuale e cognitiva, confrontata
con il cambiamento.
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L’impresa - segue

L’impresa è tante cose contemporaneamente.
Un flusso di trasformazioni, un agente
economico, un organismo, un insieme di
culture, una struttura sociopsicologica.
Nessuna dimensione può essere messa a
priori tra parentesi.
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L’impresa - segue

L’impresa esprime un «proprio dover essere
progettuale» che si misura con l’ambiente
attraverso la valorizzazione della propria
cultura intesa come patrimonio simbolico,
esperienza di realizzazioni strategiche,
intreccio di competenze distintive. Nel
contempo l’impresa produce e utilizza
conoscenza attraverso il rapporto tra saperi
interni ed esterni.
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L’impresa - segue

L’impresa non può sottovalutare l’impatto, in positivo
e in negativo, delle proprie scelte. In particolare deve
rendere conto degli spazi di opzionalità in cui opera,
di come spende i propri gradi di libertà, del contributo
che fornisce, direttamente e indirettamente, alla
costruzione di quella che anche A. Sen chiama «una
buona società in cui vivere», ovvero una società
policentrica dove ciascuna polarità è dotata,
specularmente alla libertà nella essenza della propria
identità, della responsabilità, ma anche del dovere,
cambiando se stessa, di contribuire al cambiamento
del contesto.
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L’impresa - segue

L’impresa non può, pertanto, essere considerata
come un ambito interamente costituito da rapporti
contrattuali; essa è anche una comunità, ovvero un
insieme, un sistema, di persone inserite nei circuiti
dell’economia moderna, con proiezioni interne ed
esterne, nella quale l’autocoscienza e la cultura dei
suoi membri, valori di responsabilità e di
partecipazione non sono delle mere sovrastrutture o
peggio dei semplici optional cui pensare dopo aver
risolto problemi ritenuti più importanti e urgenti.
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La mission

La presa di coscienza da parte degli studiosi
della “trascendenza” della mission di impresa,
è un fenomeno, senz’altro, positivo.
Comunque, la neutralità verso la base
valoriale dell’azienda lascia molte domande e
crea alcuni pericoli. Chi è responsabile della
definizione della mission d’impresa? Davanti a
chi? Esiste un criterio nella scelta dei valori o
l’azienda si trova nel regno della pluralità e
della relatività dei valori?
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La mission - segue

Il mondo degli affari è alla ricerca di una
mission che sia nobile però realistica dal
punto di vista economico. E sembra che
questa ricerca si possa proseguire
agganciandosi al concetto di bene comune.
Vediamo come.
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La proposta personalista

Alla luce delle riflessioni finora maturate tre
sono gli elementi essenziali del bene comune
verso il quale dovrebbe orientarsi l’impresa.
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La proposta personalista

1) Innanzitutto il concetto di bene comune ha
le sue radici nel rispetto della persona umana
del lavoratore, dei suoi diritti fondamentali ed
è indirizzato verso la creazione delle
condizioni che favoriscono la realizzazione
della vocazione professionale del lavoratore.
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La proposta personalista

2) Allo stesso tempo, il bene comune
presuppone lo sviluppo di tutta
l’organizzazione aziendale come un corpo
unico. Il bene comune è qualcosa che non
sarà un bene, senza essere condiviso tra gli
uomini.
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La proposta personalista

3) La capacità di produrre il valore aggiunto
dall’attività specifica svolta dalle persone,
tramite le loro abilità e conoscenze di
combinare input (il capitale) per ricevere un
output di valore superiore, genera uno dei
concetti più importanti nella vita economica: il
profitto.
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L’analisi causale

Alla base dei suddetti principi si cercherà di
compiere un’analisi causale della natura
dell’azienda, tenendo presente che la mission
riflette questa natura. Lo schema si ispira alla
classificazione eziologica di Aristotele che
definisce la causa come “ciò che produce
qualcosa (effetto), ne permette quindi una
spiegazione”, e fornisce la descrizione degli
assi vettoriali della mission ispirata dai principi
personalistici.
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L’analisi causale
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L’applicazione

La proposta accoglie il contributo della teoria
degli stakeholder, arricchendola della ricerca
di una dimensione orientante la mission e la
vision aziendali di tipo valoriale, che prende
origine dalla centralità e del valore della
persona nelle diverse funzioni aziendali
esercitate: imprenditore, azionista, operatore,
collaboratore, consumatore.
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L’applicazione

L’articolazione e il complesso dei circoli di
fiducia che nascono da un processo
informativo basato sulla reciprocità e il
coinvolgimento di tutte le parti in causa
possono far intravedere l’opportunità di un
approccio multidimensionale all’analisi, per
dare spazio e nome a processi che se
sostengono l’esistenza e lo sviluppo.
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L’applicazione

Si tratta di una multidimensionalità che
integra i processi orientati all’output
(prodotto/servizio) ai processi di produzione
sociale, orientati all’outcome, ovvero
all’insieme delle componenti di conoscenza
tacita e risorse personali (affettive, emotive,
cognitive ecc.) dei soggetti coinvolti nei
processi.
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La cultura aziendale

Fondamentale diventa allora in questo senso
la dimensione della cultura aziendale e
connessa a questa la categoria della
partecipazione. Attraverso la cultura
aziendale, infatti, un’impresa esprime la
dimensione più profonda e meno esplicita
della sua identità, anche al di là della
dichiarazione di vision e mission.
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La cultura aziendale

Vediamo ora quali possono essere le
tappe di questi processi che aiutano ad
esplicitare la cultura aziendale.
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La cultura aziendale
1) Una prima tappa consiste
nell’esplicitazione chiara e articolata dei
principi e dei valori guida,
corrispondente a un ritorno alle radici e
alle motivazioni di avvio dell’impresa,
realizzabili nel codificare motivazioni e
norme implicite.
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La cultura aziendale
2) Una seconda fase di maturazione della
cultura aziendale è data dalla ricerca di
modalità, sia a livello normativo che
esperienziale, per la traduzione in prassi
gestionali degli stessi valori esplicitati.
Si tratta della definizione di regole e
condizioni di permanenza nel mercato,
o che vanno a costituire il valore del
vero e proprio stile aziendale.
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La cultura aziendale
3) Un terzo passo, che potrebbe costituire
anche un processo parallelo alle prime
tappe considerate, porta alla
condivisione di quei principi con tutto il
personale, prima di tutto i manager, il
cui ruolo chiave si esplicita nel farsi
portatori e garanti di quei valori
mantenuti e agiti operativamente con e
da tutti i lavoratori.
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La cultura aziendale

Una dimensione particolarmente importante è la
tipologia di processo che ne sostiene l’elaborazione e
la messa in opera. Proprio perché vanno ad operare
nel cuore dell’impresa è chiaro che carta dei valori e
codice etico non possono venire imposti dall’alto, ma
devono essere in qualche modo frutto della
condivisione e dell’esplicitazione della cultura
aziendale, espressione di un sistema di ascolto e di
una possibilità di propositività da parte di tutti i
soggetti interni all’azienda.
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Conclusioni

La mission dell’azienda è stata articolata piuttosto in
termini di massimizzazione del profitto. Non c’e
dubbio che il profitto gioca un ruolo rilevante per la
sopravvivenza e lo sviluppo dell’azienda. La sua
esclusione dagli obiettivi dell’impresa mette in
pericolo la stessa esistenza della business
organization. Però il fraintendimento della natura del
profitto ha portato all’errata dicotomia tra profitto e
capacità dell’azienda a contribuire al bene comune
della società.
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Conclusioni

I tentativi di ampliare il concetto di mission,
dalla massimizzazione del profitto alla
soddisfazione dei bisogni dei clienti o alla
produzione di beni e servizi, falliscono poiché
in ultima analisi risultano avere come scopo la
massimizzazione del profitto.
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Conclusioni

Il contributo della visione personalista
consiste nello spostamento del centro della
mission dell’organizzazione aziendale dal
profitto verso il bene comune inteso come la
costruzione della comunità del lavoro che,
attraverso la creazione del profitto, costruisce
le condizioni per lo sviluppo e la realizzazione
della persona umana e della comunità stessa.
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Conclusioni

Si distingue dal bene individuale e dal bene
dell’organizzazione: infatti, non è la semplice
somma dei beni individuali anche se non li
nega, e non è il bene di tutti in quanto uniti
nell’azienda, ma è il bene dei singoli che può
però essere perseguito soltanto nella piena
corresponsabilità.
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