Il Comitato etico
per la pratica clinica:
identità e ruolo
Legnago, 25 marzo 2010
Sandro Spinsanti
Istituto Giano, Roma
Quale posto occupa l’etica
nell’organizzazione attuale
delle cure sanitarie?
Emergenza dell’etica in sanità
- non in senso moralistico
- in senso descrittivo
L’ “emergenza” dell’etica in sanità
dall’implicito:
(elemento costitutivo della
professionalità medica:
l’etica assimilata
indirettamente)
all’esplicito:
(“Strangers at the bedside”)
La bioetica integrata
nella prassi quotidiana
L’ “emergenza” dell’etica in sanità
dalla “vocazione”
L’orientamento interiore a
un’attività intellettuale
(M. Weber: Berufung)
alla “professione”
(M. Weber: Beruf)
Cfr.: M. Weber (1919)
- La scienza come
professione
- La politica come
professione
L’ “emergenza” dell’etica in sanità
dalla facoltatività:
(autodesignazione
“santa anarchia”)
alla obbligatorietà:



Formazione
curricolare
Educazione
continua
Neoassunti
L’ “emergenza” dell’etica in sanità
alla
dalla
“missionarietà”
(scelte personali
opzionali)
“mission” istituzionale
(chi forma professionisti sanitari e chi
eroga servizi alla salute deve
mettere l’etica nella propria agenda:
assicurare regole comuni)
Inflazione di “missionari”
della bioetica
Missione
“Spesso viene usato il termine inglese mission (pronuncia mìscn) non
tradotto. In gestione aziendale significa dichiarazione generale con cui
un’organizzazione dichiara perché esiste (gli scopi, gli obiettivi generali
che si propone), ad esempio fornire prestazioni sanitarie capaci di
migliorare il più possibile le condizioni sanitarie e di ridurre il più
possibile i disagi e le sofferenze della popolazione del bacino di utenza,
e quali sono i valori cui si ispira, ad esempio rispetto e coinvolgimento
degli utenti, equità di accesso, responsabilizzazione e crescita del
personale, valutazione e miglioramento continui, sicurezza sul lavoro,
promozione di interventi il più possibile basati su evidenze scientifiche,
promozione della ricerca”.
F. Perraro, Morosini: Enciclopedia della Gestione di Qualità in Sanità
Il cambiamento di scenario:
nel giro di pochi anni
l’etica in sanità è passata
da:
a:
MOVIMENTO
ISTITUZIONE
Il centro di gravità dell’etica
nelle istituzioni sanitarie:
la gestione del pluralismo etico
Differenze culturali
Differenze etiche
(il progetto regionale toscano di formazione
alla bioetica degli anni Novanta)
La ricerca antropologica
due “narrazioni culturali”
Due modelli etici
Le scelte terapeutiche
devono essere giustificate:
A.
Che cosa si sceglie di fare
(o di non fare…)
B.
Chi sceglie?
A. Etica sostantiva:
In base a quali criteri distinguiamo la
buona medicina
dalla cattiva medicina?
A. Etica procedurale:
Chi deve prendere le decisioni?
Quali sono le procedure
da rispettare?
Dal pluralismo morale
all’estraneità morale:
[…] L’estraneità morale non comporta necessariamente
l’incomprensibilità reciproca, ma solo che l’altro sia visto
come uno straniero in virtù della diversità delle sue posizioni
morali e/o metafisiche. Possono essere stranieri morali anche
due amici estremamente legati l’uno all’altro e perfino marito
e moglie (questi, anzi, possono essere anche veri e propri
nemici morali). Essere stranieri morali significa abitare due
mondi morali diversi.
(Jr. Tristam Engelhardt, Manuale di bioetica, Il Saggiatore, Milano, 2000)
Che cosa fare di fronte
a mondi morali diversi?
1. Combatterli:
 con la forza (repressione)
 con la parola
- Polemica
- Apologetica
Con quale “stile” ci si rapporta alle
posizioni morali che non si condivide?
L’atteggiamento “antipatizzante”
La logica dell’inimicizia
La criminalizzazione dell’avversario
Antonio Raggi
L’amor sacro
abbatte l’amor profano
Galleria Estense, Modena
2. Tollerarli
Il relativismo e il nichilismo sono davvero quel male
radicale che si vuol far credere? O essi non producono
forse anche la consapevolezza della relatività di ogni
punto di vista, e quindi anche di ogni religione? E
allora non veicolano forse il rispetto del punto di vista
dell’altro e dunque il valore fondamentale della
tolleranza? C’è del bello anche nel relativismo e nel
nichilismo: inibiscono il fanatismo!
(Franco Volpi, “Contro Nietzsche”, Repubblica, 10 aprile 2009)
“Non farsi del male e magari anche un
po’ di bene senza decidere che cosa
deve essere il bene degli altri.
Ecco la tolleranza”
F. Baroncelli: Mi manda Platone
La tolleranza come prassi sociale
La tolleranza non è niente di facile perchè quasi sempre richiede di
lottare per i diritti propri e altrui, e molto spesso impone anche di
sopportare ciò che riteniamo immorale, in nome della pace.
O scegliamo di essere intransigenti su tutto – e quindi intolleranti – o ci
può capitare di accettare senza rompere troppo le scatole, per
esempio, una legge sbilenca che impone modi igienici e “clementi” di
macellare gli animali a tutti, ma non a chi ha dei motivi religiosi per fare
altrimenti.
(F. Baroncelli: Mi manda Platone)
La tolleranza come virtù
“Più che le buone maniere, i genitori dovrebbero insegnare ai figli la
probabilità statistica che la persona che hanno di fronte sia buona
quanto loro. Questo concetto è molto difficile da accettare; ben pochi di
noi, per istinto, ci credono. Il nostro ego ci sembra così
incomparabilmente più sensibile, perspicace, saggio e profondo di quello
degli altri. Eppure devono esserci pochissimi individui per i quali questo
è vero, ed improbabile che tu sia uno di quei pochi. Non c’è modo
migliore per imparare le buone maniere che vedere se stessi in termini
statistici”
(Bertrand Russel: Come offendere senza essere maleducati)
“Dalle nostre parti tutti crediamo che ci sia almeno un
bene evidente (o una necessità assoluta, o un minimo
vitale irrinunciabile), che consiste in questo: comunque
stiano le cose a proposito della Verità, proprio perchè
ciascuno possa liberamente cercarla e diffonderla,
bisogna che ci siano delle regole che rendono
obbligatoria la tolleranza”
Flavio Baroncelli: Tra dogmatici e relativisti scelgo I tolleranti, in Mi
manda Platone, ed. Il Melangolo 2009
La “moral suasion”
nel contesto di una
organizzazione sociale tollerante
La diversità come
ricchezza e opportunità
(un approccio darwiniano al pluralismo etico?)
3. Regolamentarli:
 con la legge
 con la deontologia
4. Gestirli:
 counselling
 etica (deliberazione)
Il counselling
Codice deontologico infermieri - Art. 16
L'infermiere si attiva per l'analisi dei dilemmi etici vissuti
nell'operatività quotidiana e promuove il ricorso alla
consulenza etica, anche al fine di contribuire
all’approfondimento della riflessione bioetica.
Counselling e consulenza
sono sinonimi?
Tom Shakespeare
e il counselling genetico
(ovvero quando il counsellor
è affetto da acondroplasia)
La deliberazione etica
Il pensiero morale
Il sapere umano è un’impresa collettiva,
non è il prodotto di geni solitari.
Il pensiero morale dovrebbe essere visto
anch’esso come un’impresa collettiva: la
morale è un’impresa collettiva guidata da
esperti morali
Dipendenza da giudizi esperti
Noi esseri umani possiamo accumulare
velocemente sapere perché adottiamo
sistematiche divisioni di lavoro. Dipendiamo
dagli altri in assoluto, non solo materialmente
ma anche per le nostre conoscenze.
La competenza morale
A differenza della fisica, la competenza morale si
trasmette anche fuori delle università: non è
un’esclusiva dei filosofi morali, bensì un campo al
quale contribuiscono validamente una moltitudine di
persone pensanti, esterne all’accademia.
Il dibattito morale avviene nei quotidiani e in
televisione, nei romanzi e nei film, ovunque i conflitti
morali siano messi in scena ed esplorati
Quale ruolo
per i Comitati etici?
Una griglia per l’analisi
di situazioni cliniche
I. Il comportamento obbligato
A che cosa siamo tenuti:
 - per legge?
 - per deontologia professionale?
 - per regolamenti e normative aziendali?
Verifica:
Quali conseguenze medico-legali (penali/civilistiche) o
deontologiche possono derivare dal comportamento in
questione?
II. Il comportamento eticamente giustificabile
A.
La difesa del minimo morale
Evitare ciò che nuoce o danneggia il paziente (principio di non maleficità)
- Il paziente potrebbe ricevere un danno per la salute o per la sua integrità dal
trattamento previsto?
- Si sta omettendo un intervento che potrebbe impedire un abbreviamento della
vita del paziente o un danno permanente?
Opporsi a discriminazioni e ingiustizie (principio di giustizia)
- In una società giusta tutte le persone meritano uguale considerazione e rispetto.
In questo caso il paziente è discriminato per motivi di ordine ideologico, sociale,
razziale o economico?
- Esistono considerazioni di ordine sociale (aziendale) che inclinano a offrire al
paziente un livello di assistenza medica inferiore a quanto clinicamente
appropriato?
II. Il comportamento eticamente giustificabile
B. La promozione del massimo morale
L’orientamento al bene del paziente (principio di beneficità)
- Sulla base della diagnosi e della prognosi, quale trattamento medico – scientificamente corretto - si può
proporre?
- Tale trattamento influenza positivamente la prognosi nel caso specifico?
- Come vengono valutati rispettivamente i benefici e i danni?
- Esistono alternative terapeutiche? Ognuna di queste alternative quali aspetti potrebbe comportare
(abbreviazione della vita, sofferenze fisiche e morali, peggioramento dello stato di benessere)?
Il coinvolgimento del paziente nelle decisioni che lo riguardano (principio di autonomia)
- Chi prende la decisione diagnostico/terapeutica (il medico, la famiglia del malato, il malato stesso)?
- Se decide il malato, attraverso quale processo informativo è stato messo in grado di decidere (semplice
presentazione delle alternative; modulo scritto da firmare; calde raccomandazioni di aderire al progetto
terapeutico)?
- Che cosa si conosce del sistema di valori del paziente e del suo atteggiamento nei confronti dei trattamenti
medici (intensivi, rianimativi, palliativi)?
- Il paziente è stato informato circa i trattamenti proposti, i rischi e benefici potenziali e le possibili alternative?
- È stata offerta al paziente la possibilità di avere un secondo parere (“second opinion”)?
- Se il paziente non può essere coinvolto nella valutazione e nella scelta, chi può fare le veci del paziente nel
prendere le decisioni?
III. Il comportamento eccellente
Riferendoci al “quadrilatero della soddisfazione”, possiamo ottenere
che le persone coinvolte nel trattamento del caso (professionisti,
pazienti, familiari, autorità sanitarie) raggiungano la posizione della
“giusta soddisfazione” (o almeno della “giusta insoddisfazione”)?
giustamente soddisfatto
ingiustamente soddisfatto
giustamente insoddisfatto
ingiustamente insoddisfatto
Quale svolgimento dovrebbe avere il caso clinico per poter
essere raccontato come una storia di “buona sanità”?