LA MORALITA’ E IL SUO FONDAMENTO La moralità, prerogativa dell’agire umano. La moralità è la proprietà dell’agire libero, in forza della quale gli atti dell’uomo si ordinano o no al conseguire del loro fine e della loro perfezione, che si rinvengono in Dio. Noi qualifichiamo morale o immorale solo la condotta umana, e non usiamo questi aggettivi per le altre creature. Già san Tommaso diceva molti secoli fa: “ In ciò si mostra la perfezione e la dignità della vita spirituale o intellettiva: nel fatto che, diversamente dagli altri viventi che agiscono in modo imperfetto, come tratti dall’istinto, l’uomo è padrone dei propri atti e si muove liberamente verso ciò che vuole”. LA MORALITA’ E IL SUO FONDAMENTO Per ogni cristiano, il punto di partenza per ogni analisi della moralità è l’antropologia rivelata: la verità sull’uomo che Cristo ci ha insegnato e la Chiesa fedelmente custodisce quella concezione che, essa sola, riconosce in modo pieno la sua dignità e fonda il significato di tutto il suo operato, perché l’agire segue l’essere. L’ANTROPOLOGIA RIVELATA, FONDAMENTO DELLA NOZIONE DI MORALITÀ. Il piano di Dio tenuto conto della libertà umana ci appare costituito di tre elementi, che rappresentano il fondamento dell’antropologia rivelata. Il progetto iniziale, che la Scolastica definisce <natura integra>; la situazione dell’uomo dopo la caduta, che è definita <natura caduta>; e in fine la storia della salvezza, il modo cui Dio offrì di nuovo la salvezza ad ogni uomo, mediante l’opera della Redenzione, operata da Cristo. Il progetto originario di Dio: la creazione – elevazione. La Bibbia ci insegna che i nostri progenitori sono stati creati non solo ad immagine e somiglianza di Dio, ma in uno stato di familiarità con Lui, che la tradizione ha sempre interpretato come il tratto di amicizia proprio della grazia. È lo stato di innocenza originaria dal quale l’uomo si è allontanato commettendo il peccato originale. L’uomo è stato creato ad immagine di Dio, con una natura spirituale e corporea, ed elevato alla condizione di figlio di Dio, mediante la grazia, in virtù di tale perfezione, l’armonia delle sue potenze era piena, al punto da non poter peccare per un disordine sensuale, ma solamente per superbia. . I nostri progenitori avevano ricevuto un duplice comandamento per la loro vita terrena: quello di essere fecondi e di moltiplicarsi; e quello di dominare la terra. Allo stesso tempo, Dio aveva indicato un limite alla loro libertà: non dovevano mangiare il frutto dell’albero della scienza del bene e del male; disobbedire a questo comandamento divino avrebbe implicato la pretesa di decidere per proprio conto sul bene e sul male. Questa condizione delle origini, lo stato di innocenza originaria è definitivamente perduta. Cristo è venuto a ristabilire l’antica amicizia con Dio, ma non a renderci l’innocenza né l’immunità dal dolore e dalla morte. Il peccato dei nostri progenitori: l’uomo caduto. Narra la Genesi: “ Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona”. Ma l’uomo rispose male: tentato dal serpente, mangiò dall’albero della scienza del bene e del male. Il suo peccato determinò la perdita della giustizia originaria e fece sì che, da quel momento in poi, tutta la stirpe umana fosse concepita nel peccato: “ Per la disobbedienza di uno tutti sono stati costituiti peccatori”. Il peccato originale fu il primo tentativo di sfuggire alla condizione di creatura, tuttavia, quella che prima era naturale possibilità di peccare, divenne inclinazione al peccato, come la Scrittura sottolinea: la concupiscenza della carne o meglio la concupiscenza del cuore. Un’inclinazione al male che si osserva in ogni uomo da quanto è cosciente, e da cui ognuno sa di non potersi liberare facendo affidamento solo su sé stesso. La Redenzione dell’uomo e la storia della Salvezza. Alla disobbedienza del primo uomo si contrappone l’obbedienza del secondo Adamo, Gesù, così che < per l’obbedienza di uno tutti saranno costituiti giusti>. La redenzione si attua mediante l’obbedienza di Cristo, che apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte in croce. L’incarnazione e la morte di Cristo sulla croce avvennero in un momento storico preciso e continuano ad essere presenti nella storia degli uomini come un principio dinamico immanente. La naturale dignità della nostra stirpe sta principalmente nel fatto che in noi, come in uno specchio, risplenda la bellezza della bontà divina. È proprio mediante i nostri atti liberi che noi diveniamo buoni o cattivi, rispecchiamo e facciamo risplendere o offuscare la bellezza della bontà divina, perché l’immagine di Dio nell’uomo diventa piena solo mediante il retto esercizio della libertà. Tutte le cose create sono state volute espressamente da Dio, corrispondono a un disegno divino e sono da lui sorrette La creazione, fondamento della moralità. Tutta la bontà delle creature, nella loro più intima costituzione, procede in assoluto dalla sapienza, dall’amore e dall’onnipotenza del Creatore, dove l’uomo rappresenta il suo capolavoro. Tutte le cose create sono state volute espressamente da Dio, corrispondono ad un disegno divino e sono da Lui sorrette nell’essere. La bontà creata. È l’insieme delle perfezioni che ogni creatura ha ricevuto da Dio, e che manifestano la bontà e la sapienza di Dio. Mentre la bontà di Dio è unica ed è sempre piena, perché si identifica con il suo essere; Dio è simpliciter buono, le creature no, la loro bontà è composta e suddivisa in diverse perfezioni e può accrescere o diminuire. La bontà delle creature dipende dalla loro partecipazione alla bontà divina e dal fatto che la manifestino. Le creature attingono la pienezza della loro bontà, mediante le azioni con le quali realizzano il piano divino. Nella creatura c’è una duplice bontà: quella ricevuta con il suo essere, bontà prima; e quella che acquisisce mediante il suo operare, bontà seconda. La bontà morale, comune a ogni creatura spirituale. Ogni creatura spirituale ha una dignità eccelsa; è stata voluta e amata da Dio per se stessa, sia l’uomo che la donna sono le uniche creature che Dio creatore ha voluto per se stesso. Dire che l’uomo è creato ad immagine e somiglianza di Dio vuol dire anche che l’uomo è chiamato ad esistere per gli altri, a diventare un dono. Questa indica in modo essenziale il senso dell’essere uomo mettendo in rilievo il valore del dono di sé, della persona dunque. Bontà morale propria dell’uomo. È l’unione con Dio attraverso il camminare terreno. La bontà morale è identificazione con Gesù Cristo: “ Se mi amate, osserverete i miei comandamenti”. L’uomo è persona, creatura a immagine di Dio, composta però di anima e di corpo. La persona è l’unità sostanziale di anima e di corpo. San Tommaso diceva che l’anima non è l’uomo; ne segue che la perfetta ed eterna unione amorosa con Dio, che costituisce la persona propria dell’uomo, comprenda la risurrezione della carne; e che questa verità rivelata, manifestazione della dignità del corpo, abbia importanza per la morale cristiana. L’immagine e somiglianza di Dio, significa anche capacità di un rapporto personale con Dio. Consiste nel primato delle persone sulle cose, nella superiorità dello spirito sulla materia. Per l’anima spirituale, l’uomo è destinato all’unione con Dio, come l’angelo, ma a motivo del corpo deve conservare quell’unione nel tempo. Elevazione all’ordine soprannaturale e moralità. Abbiamo appena visto che il comportamento morale, secondo l’ordine della creazione, procede dall’essere e dalla capacità operativa che Dio ha dato alla creatura umana, facendola a propria immagine. Dio, però, non si è limitato a conferire all’uomo questa dignità di natura, lo ha divinizzato, rendendolo capace di una bontà che trascende totalmente le forze e le aspirazioni della natura creata: la bontà soprannaturale. Partecipazione alla vita intima di Dio: grazia creata e presenza di inabitazione. Nessuna creatura può per sua natura essere partecipe della divinità, ma Dio può rendere la creatura spirituale partecipe della propria vita intima. Perciò San Tommaso insiste nel dire che la grazia non sì può spiegare con nessuna delle categorie usate dai filosofi, ma implica una RI – creazione: il dono di un nuovo principio formale immanente alla persona, la grazia creata, attraverso l’inabitazione della Trinità, in quanto la nostra vita soprannaturale non può essere intesa che nella nostra relazione con le Tre Persone divine. La bontà soprannaturale. La grazia è il principio di un modo di vita nuovo e più perfetto. La fede insegna che, mediante la grazia, l’uomo partecipa, misteriosamente, ma in modo reale della medesima vita divina, siamo divinae consortes naturae. Con la grazia santificante, si ricevono anche le virtù infuse e i doni dello Spirito Santo. Le nostre potenze operative, intelletto e volontà, acquisiscono la capacità di operare in conformità a quella vita nuova. Con la grazia santificante l’uomo, già per natura immagine di Dio, acquisisce una ulteriore bontà prima, è vero figlio di Dio e possessore di un titolo per godere della visione beatifica. La bontà soprannaturale: può crescere illimitatamente, come il viandante che non è ancora giunto alla piena unione della visione beatifica, può sempre ricevere più grazia, per quanto alto sia il grado di perfezione soprannaturale che abbia raggiunto; è più diffusa di quella naturale, la gioia è un bene maggiore, lo si può dare a molti, non si esaurisce in pochi momenti, e colui che per primo ha posseduto quel bene, non lo perde, ma si rallegra per il fatto stesso che ne ha resi partecipi anche altri, come l’atto di dare il pezzo di pane; è massivamente diffusa, non si comporta da cristiano chi non si preoccupa della salvezza degli altri, non si può dire: non posso aiutare gli altri, se si è veramente cristiani è impossibile che tu non possa farlo. La moralità nell’uomo caduto e redento. Dopo la caduta e la Redenzione, ci sono due nuovi aspetti nell’agire morale dell’uomo: • primo, che l’uomo agisce con una natura ferita, che solo la grazia risana; • secondo, che dopo la Redenzione tutta la grazia ci arriva attraverso l’umanità di Cristo, il che implica la missione della Chiesa alla salvezza degli uomini. Le ferite del peccato originale e la loro guarigione L’uomo caduto è incapace, con le sue forze, non solamente di vivere come figlio di Dio, ma anche di osservare integralmente l’ordine della propria natura. Per la colpa originale, gli uomini nascono privi della grazia e inclini al peccato. La diminuzione delle forze naturali si manifesta nei cosiddetti vulnera naturae, che sono: la malizia, o inclinazione della volontà al male; l’ignoranza, che intorpidisce l’intelligenza, specialmente ai fini della conoscenza del male; la debolezza davanti allo sforzo richiesto dalle opere buone, attraverso le quali si svolge il dono di se; la concupiscenza o desiderio disordinato di godimento. La guarigione da questi mali è data dalla grazia, che pur senza cancellare le ferite risana la nostra natura. La stessa grazia che Cristo ha guadagnato sulla croce, restituisce all’uomo la vita soprannaturale e allo stesso tempo reintegra il danno causato nella sua natura dal peccato. In definitiva il peccato originale, che è un peccato trasmesso, è un male della natura, la grazia della Redenzione è un bene personale, che richiede la nostra corrispondenza. La condotta morale dell’uomo nuovo in Cristo Solo in Cristo l’uomo conosce pienamente se stesso; egli non solo ci ha rivelato chi siamo, ma ha anche operato la Redenzione, mediante la quale ogni uomo viene reintegrato nella fase iniziale e recupera la partecipazione alla vita divina. Dopo la caduta e la Redenzione, tutta la grazia che giunge agli uomini proviene da Cristo: “ dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto” (Gv 1,16). Non c’è altro principio di vita cristiana che la grazia stessa di Cristo; Cristo non solo è il fine della storia, ma è presente e operante in essa, in modo particolare attraverso la sua Chiesa, il Corpo suo mistico di cui Egli è il capo. Cristo è modello e principio dell’attività morale del cristiano, sia nell’ordine soprannaturale sia in quello naturale. In Lui la natura umana è stata assunta, non assorbita, e serba con ineguagliabile pienezza tutte le sue perfezioni. La Veritatis splendor ribadisce: essere discepoli di Gesù significa essere resi conformi a Lui, che si è fatto servo fino al dono di se sulla croce. La morale cristiana è, di conseguenza, una morale di vera santità, che a tutti chiede la perfezione della carità. L’azione di Cristo giunge a noi tramite la Chiesa, da Lui fondata. In modo speciale Cristo continua a essere presente fra di noi nel dono quotidiano dell’Eucarestia. La Chiesa è infatti il corpo mistico di Cristo, che ha ricevuto da Lui il potere di generare gli uomini alla vita divina e di nutrirli con la sua parola e con i Sacramenti. La vita cristiana si genera, si nutre e si sviluppa nella Chiesa, in essa l’uomo viene generato, con il Battesimo, alla vita in Cristo e progressivamente a Lui si configura. Il cristiano deve ravvisare nell’insegnamento della Chiesa l’insegnamento di Cristo stesso. Compito del Magistero della Chiesa è infatti di trasmettere con divina autorità la verità della salvezza portata da Cristo. Il cristiano, per vivere una vita pienamente umana e da figlio di Dio, ha bisogno di ricorrere ai Sacramenti. Il fine soprannaturale cui l’uomo è stato gratuitamente chiamato è l’intimità con Dio Uno e Trino. L’uomo vive di Dio e in Dio. La legge naturale è guida intrinseca per il nostro bene disposto dalla divina sapienza. La nuova legge prolunga e perfeziona quella guida mediante l’intimo dinamismo della grazia dello Spirito Santo.