Paolo Somigli 41 DA OTHELLO DI SHAKESPEARE A OTELLO OSSIA IL MORO DI VENEZIA DI ROSSINI* l melodramma italiano ottocentesco è un genere musicale fortemente condizionato da regole e convenzioni, che ne costituiscono il codice linguistico tacitamente condiviso da autori, esecutori e pubblico 1. La presente lettura di Otello ossia Il Moro di Venezia (Napoli, 1816) di Gioachino Rossini su libretto di Francesco Berio di Salsa vuole evidenziare come l ampio sistema di convenzioni non agisca solo a livello formale, ma ricada sulla vicenda e sui singoli eventi, vincolando l operato del librettista. Solo alla luce di questo è possibile una valutazione di un libretto; infatti, per quanto non siano mancati nella storia libretti che abbiano interessato per i valori poetici autonomi o che siano stati considerati come prodotti letterari, una valutazione del libretto non può prescindere dalla sua destinazione e dalle sue esigenze di raccordo tra le varie arti che compongono il melodramma 2. Il passaggio da Othello di Shakespeare a Otello ossia Il Moro di Venezia di Rossini3 si presta assai bene a questo tipo d indagine, tanto per la notorietà del soggetto shakespeariano quanto e soprattutto perché è stato nettamente provato che il passaggio dalla tragedia shakespeariana all opera teatrale avviene mediante un complesso sistema di filtri4. Nel primo Ottocento il teatro di Shakespeare giungeva in Italia perlopiù attraverso adattamenti francesi. Particolare fortuna ebbero quelli di JeanFrançois Ducis, a loro volta plasmati sulla precedente traduzione di Le Tourner (1776-82): solo così l opera shakespeariana poteva essere ben accetta dal pubblico italiano, classicista e dai gusti simili al pubblico francese5. Roberta Montemorra Marvin ha mostrato che nella stesura del libretto per Rossini il marchese Berio non solo tenne ben presente tale fonte (nella fattispecie, Othello ou Le More de Venise di Ducis, del 1792)6 ma vi affiancò anche un lavoro d ambiente partenopeo: Otello, azione patetica in cinque atti del barone Giovanni Carlo Cosenza, rappresentato a Napoli nel 1813, ma pubblicato solo nel 1826. Quest ultimo lavoro, pur rimanendo sulla falsariga di Ducis, se ne discosta in alcuni episodi che riscontriamo anche nel libretto di Berio. In particolare, Montemorra Marvin evidenzia che la scena del duello fra il protagonista e Rodrigo è posta al centro esatto del dramma dai due Paolo Somigli 42 autori napoletani (rispettivamente nel II atto del libretto rossiniano e nel III del dramma di Cosenza)7. Renato Raffaelli ha rafforzato questa relazione: fra le fonti ipoteticamente a disposizione di Berio, il canto del gondoliere del III atto trova un reale corrispettivo soprattutto in Cosenza8. Il marchese Berio (1765-1820) fu uomo assai colto; promuoveva, fra l altro, un salotto frequentato da intellettuali, letterati, musicisti, fra i quali anche Rossini9. Lady Morgan fu sua ospite nel 1820 e ne parlò in questi termini: The Marchese Berio di Salsa is a nobleman of wealth, high rank and very considerable talent [ ]. He has read every thing and continues to read every thing and I have seen him in his sitting-room loaded of a new importation of English novels and poetry 10. Di lui si diceva conoscesse a memoria passi di varii autori, fra cui anche Shakespeare. La biblioteca di Berio è purtroppo andata dispersa. Ce ne restano però i cataloghi, custoditi presso la Biblioteca Nazionale di Napoli11. E in essi risultano segnati: The English Theatre: a Collection of Tragedies and Comedies from the Most Celebrated Authors, London, 1731-3 (Q2), 26 volumi in 12.mo; Shakespeare s Plays and Poems (Bell s) with Notes Critical and Illustrative by the Authors, London, 1774, 9 volumi in 12.mo; Shakespeare s Will. Works, Edition Adapted to the Use of the Theatre, by Bell, London, 1774, 9 volumi in ottavo12. La presenza di testi shakespeariani in inglese nella biblioteca (finora, mi sembra di poter dire, mai evidenziata), la testimonianza di Lady Morgan e le informazioni che si hanno sulla cultura del nobiluomo mostrano perlomeno che egli nutriva un interesse assai vivo per la letteratura d Oltremanica e che aveva contatti con quell ambiente intellettuale. Insomma, il marchese napoletano avrebbe avuto possibilità di accedere in qualche modo all Othello shakespeariano, o perlomeno richiederne dei riscontri. È stato fatto notare peraltro che qualche contatto deve essere pure intercorso; ne sono spia alcuni indizi nel libretto di Otello stesso: principalmente i nomi dei personaggi, che si distanziano dai corrispettivi in Ducis e si riavvicinano a Shakespeare e i dialoghi fra Jago e Rodrigo13. Qua e là, dunque, Berio si discosta da Ducis. Malgrado le scelte appena ricordate, ciò non comporta comunque una maggiore adesione alla tragedia inglese: il marchese recupera episodi dall Otello di Cosenza (il duello che però nel libretto viene solo annunziato; il canto del gondoliere nel finale) e ne inventa altri di sana pianta (l apertura con la scena trionfale, la festa nuziale)14. Perché? È a questo punto che entra in ballo il sistema di usi e convenzioni, sul quale è necessario soffermarsi un momento15. Negli ultimi anni è stato sottolineato l impulso che Rossini diede all affermazione di convenzioni formali quali: finale in cinque tempi (quattro episodi più uno di preparazione); scena ed aria; momenti d insieme a struttura quadripartita; concertato di stupore a Da Othello di Shakespeare a Otello ossia Il Moro di Venezia di Rossini 43 cappella nel corso del finale16. Tutti questi eventi musicali riguardano in diversa misura la strutturazione descritta nel 1859 da Abramo Basevi come successione di un tempo d attacco, l adagio, il tempo di mezzo e la cabaletta . Basevi parlava di Verdi, ma la tipologia formale a cui si riferiva era in uso da decenni ed era talmente comune e nota da non aver bisogno di specificazioni: era la solita forma 17. Lorenzo Bianconi la spiega così: 1. Tempo d attacco: scambio dialogico più o meno protratto ed articolato (parzialmente in forma strofica), ha andamento cinetico 18; 2. Adagio (detto anche cantabile ): è statico: in sé conchiuso quanto alla tonalità, alla forma melodica, alla distribuzione delle parti, regolare e simmetrico nella struttura sintattica e nella forma prosodica [ ] dà ampio sfogo all accumulo emozionale 19; 3. Tempo di mezzo: può avere dimensioni assai variabili, ha carattere cinetico e congloba un evento un colpo di scena, un messaggero, un rumore o strepito fuori scena, un inno, un intuizione improvvisa nell intimo del personaggio, eccetera tale da determinare una brusca sterzata emozionale che si scarica nella [4.] cabaletta conclusiva, brillante, estroversa, virtuosistica, infocata nel carattere (ma si danno anche casi di cabalette più morigerate e placite) sebbene formalmente conchiusa e regolare, statica e fondata su un testo strofico (in versi lirici ) 20. L intera struttura è di solito preceduta da un episodio di carattere introduttivo: la scena (nel finale, Beghelli propone di chiamarla tempo di preparazione )21. Tale episodio definisce la situazione e nell aria solistica di pieno Ottocento tenderà a sfociare direttamente nel cantabile22. Nella determinazione del carattere (ad esempio infocato o morigerato ) degli episodi pesava la personalità vocale del cantante per il quale la parte veniva scritta. Come uomo di teatro, Rossini non poteva prescindere dalle caratteristiche vocali degli interpreti scritturati per la prima e doveva scrivere pezzi che ne mettessero in luce le più specifiche qualità23. Era necessario inoltre tenere presenti il sistema delle cosiddette convenienze , ovvero la gerarchia fra i cantanti, stabilita anche sulla base delle quotazioni di mercato: questa regolava quantitativamente e qualitativamente il numero e la distribuzione delle arie solistiche e delle apparizioni in scena. Dal primo Ottocento, però, il numero dei momenti solistici fu ridotto a vantaggio di quelli d insieme: al librettista escogitare come far incontrare i personaggi il più spesso possibile24. E una volta fatti incontrare, così come nelle arie solistiche, gli accadimenti dovevano comunque susseguirsi in modo da consentire al musicista almeno l alternanza di episodi statici e dinamici. Insomma, un complesso insieme di esigenze vincolava tanto il musicista quanto prima di lui il librettista. Del resto, già da sé, la solita forma schema morfologico a disposizione del musicista e parte essenziale del codice di comunicazione fra compositore e pubblico25 è una forma drammatica non meno che musicale ed è tanto cogente da comportare lo smistamento Paolo Somigli 44 pressoché totale della materia drammatica rispetto al modello letterario 26. Mettendo mano alla vicenda del Moro di Venezia, Francesco Berio di Salsa poteva o avrebbe potuto trovare in Shakespeare una storia complessa, sviluppata su più piani e più tematiche, difficilmente riconducibile agli schemi del melodramma serio a cavallo di Sette e Ottocento. Prendiamo i personaggi principali: Jago è un uomo apparentemente fedele che, per vendetta, decide di distruggere il proprio diretto superiore, fino a perdere le motivazioni concrete della propria azione e a farle coincidere col piano stesso27. Otello è un africano che da modello di equilibrio e nobiltà si trasforma, sotto le insinuazioni di Jago (e gradualmente, sotto gli occhi del pubblico), in un folle accecato dalla gelosia; Desdemona è una donna di stirpe patrizia che sfida le norme della comune moralità per sposare Otello, di nascosto al padre e senza alcun rimorso; quanto a Cassio, rappresenta una figura complessa, trait d union fra la vicenda pubblica e la vicenda privata (Jago lo vede come l ostacolo alla propria carriera e sfrutta l amicizia fra lui e Desdemona per muovere il dubbio in Otello). Oppure pensiamo alle situazioni: ad esempio, l omicidio in scena per soffocamento e il suicidio d Otello; o anche il dipanarsi della storia in un vasto lasso temporale e in due diverse località (Venezia e Cipro). Tutto ciò era difficilmente riconducibile nelle strutture del melodramma serio, legato ancora, almeno formalmente, alle unità aristoteliche, alla necessità di personaggi nobili per il ruolo di protagonisti nonché infine ad una ristretta tipologia di situazioni. Dunque, la storia shakespeariana presentava problemi per una trasposizione in melodramma; ma Berio poteva trovare in Ducis e in Cosenza situazioni più confacenti al proprio scopo28. Innanzitutto la storia era stata ricondotta alle unità aristoteliche attraverso l ambientazione nella sola Venezia ed era stata ridotta ad una più normale vicenda d amore e gelosia (funzionale a questo, l eliminazione dalla vicenda del personaggio di Cassio a vantaggio di Rodrigo); Jago era stato drasticamente ridimensionato giacché les Français ne pourraient jamais un moment y soffrir sa présence, encore moins l y voir développer toute l étendue et toute la profondeur de sa scélératesse 29; Desdemona moriva pugnalata e non soffocata; il fazzoletto, elemento raro per il pubblico italiano ma fondamentale per scatenare la gelosia di Otello, veniva sostituito con un più convenzionale biglietto. Berio e Rossini vollero fare proprio di Desdemona la protagonista della vicenda30. Lei è al centro degli interessi di tutti i personaggi maschili: suo padre (Elmiro), Jago, Rodrigo e Otello. Sempre Desdemona è la vera vittima del piano diabolico di Jago; di lei dice Jago, palesando la motivazione sentimentale della propria macchinazione: Tu mi sprezzasti / per un vile africano, e ciò ti basti, / ti pentirai, lo giuro (I, 5)31; e poi: Propizio il Ciel m arride; / l indegna, ah sì!, cadrà (II, 6). Della donna tuttavia vennero Da Othello di Shakespeare a Otello ossia Il Moro di Venezia di Rossini 45 accentuati gli aspetti più patetici a scapito di altri più fieri di donna innamorata e decisa, presenti ancora, seppure a livello residuale, negli adattamenti di Ducis e Cosenza: Desdemona diventa un personaggio pronto all autocommiserazione e del tutto irresoluto. Per comprendere perché si arrivi a quest ordine di decisioni, basterà ricordare che il Teatro San Carlo, per il quale Rossini scrive l opera32, poteva contare su Isabella Colbran, un soprano di prima sfera molto apprezzato per l intensità espressiva. Il sistema di convenienze voleva che a lei fosse affidata la parte di protagonista, mentre l accentuazione dei caratteri patetici del suo personaggio si rivela funzionale ad evidenziare le qualità dell interprete. Shakespeare si concentra sugli effetti di una gelosia creata a tavolino. Ben diversa è la situazione nel libretto per Rossini: qui la gelosia nasce naturalmente nell animo di due pretendenti respinti (Jago e Rodrigo) e di un innamorato confuso (Otello). I propositi vendicativi di Jago verso il Moro scaturiscono da un amore non corrisposto e vengono solo aggravati da una personale antipatia attestata qua e là33 e non priva di venature razziste34 (un aspetto, questo, assente in Ducis ma certo non in Shakespeare). Dello spostamento di baricentro nella vicenda e nei personaggi, il prezzo più alto sembrerebbe pagarlo Jago, del quale oltretutto Desdemona dichiara fin dall inizio la malvagità35. In Shakespeare l alfiere è spesso da solo in scena e ha numerosi monologhi. Non esattamente così avviene nell opera di Berio e Rossini: Jago è sì di frequente sul palco, ma i suoi assolo sono semplici recitativi, mai arie. Se si tiene presente che il sistema di convenienze prevedeva che ogni personaggio significativo avesse perlomeno un proprio momento solistico in cui l interprete poteva sfoggiare tutte le proprie abilità, la sua assenza non è un fatto da poco e dunque dobbiamo chiederci perché questo avvenga e quali altre scelte comporti. In prima istanza, possiamo dire che la riduzione del personaggio risulta conforme ad un orientamento tipico dell opera seria, che prevedeva una rigida distinzione di classi e voleva in posizione più marginale i non appartenenti al mondo della nobiltà36. Al contempo però gli episodi a carattere melodico e non recitativo di Jago sono tutti pezzi d assieme; musicalmente il personaggio e questo non mi sembra essere stato fino ad oggi messo in luce come forse potrebbe meritare ci appare nel rapporto con gli altri e ciò ne potrebbe evidenziare forse il ruolo di motore della vicenda, di burattinaio. Jago insomma non esiste in sé ma come figura che vive in relazione agli altri e che, in tale relazione, li muove: nel primo duetto egli scatena le gelosia di Rodrigo (I, 2-3) e nel secondo quella di Otello (II, 6); così, i due duetti servono a mettere Otello e Rodrigo l uno contro l altro37. A sua volta, ciò soddisfa le esigenze di una logica costruttiva che punta proprio all incremento dei pezzi d assieme e alla riduzione degli episodi solistici per garantire coesione e dinamismo alla vicenda38. Paolo Somigli 46 Jago è un uomo che medita vendetta per amore, Otello è l innamorato geloso che vuole riscattare il proprio onore, Rodrigo è il pretendente rifiutato, quasi fossero un unico personaggio che esprime tre diverse sfumature di un medesimo sentimento39. E anche qui una scelta a carattere narrativo risulta perfettamente compatibile con gli usi del teatro dell epoca. Il Teatro San Carlo poteva contare per quest opera su due fra i maggiori tenori disponibili sulla piazza: Andrea Nozzari (tenore baritonale, assai adatto per la parte di Otello) e Giovanni David (dal timbro e dalla tecnica idonei a ruoli sentimentali e patetici); ad essi si aggiungeva poi Giuseppe Ciccimarra, un tenore assai apprezzato dal pubblico napoletano, per quanto di secondo rango rispetto agli altri due40. Tre interpreti dal timbro vocale simile si sarebbero trovati assieme sul palco: l aderenza fra le scelte librettistiche e le condizioni esecutive è palese41. I tre episodi non recitativi in cui i tre tenori s incontrano sono assai utili a muovere la storia. Abbiamo già visto la funzione dei due duetti che coinvolgono Jago. Anche nell incontro fra Otello e Rodrigo, la storia subisce un avanzamento; ma in quest ultimo caso il duetto è in realtà un episodio di preparazione per un terzetto: i due uomini si sfidano a duello ma vengono interrotti dal sopraggiungere di Desdemona. Da un punto di vista formale, i due duetti di Jago comportano l uso della solita forma al gran completo; ma questo non avviene per l unico episodio musicalmente rilevante in cui Otello e Rodrigo si incontrano, assente Jago42. L arrivo di Desdemona non solo intralcia i loro bellicosi ardori; anzi, coalizza i due uomini contro di lei: per tre volte, il libretto indica per loro le stesse esatte parole, gli stessi esatti sentimenti. Da una parte questo conferma la sostanziale coincidenza di alcuni tratti della personalità di Otello e di Rodrigo, dall altra, in termini formali, sembrerebbe confermare e contrario il ruolo di Jago rispetto a loro due. Fin qui abbiamo visto snodi del dramma nei quali scelte determinate da esigenze di carattere drammaturgico43 risultano efficaci sul piano comunicativo e drammatico. Ma non sempre è così. Vediamo adesso i problemi che il rispetto delle convenzioni poteva porre. Otello si apre assecondando uno dei topoi dell opera seria tra Settecento e Ottocento, il coro trionfale44 che, secondo una strategia tipicamente rossiniana, si salda con l aria d esordio del protagonista. Per assecondare questo tipo di esigenze, Berio forza e cambia l ordine degli eventi rispetto a Shakespeare e amplifica molto quanto poteva trovare in Cosenza e Ducis (la vittoria è nel II atto di Shakespeare, è una notizia in Ducis I atto e in Cosenza dove poi però la si festeggia: I e IV). Questo vasto episodio assolve, o dovrebbe assolvere, allo scopo di introdurre lo spettatore nella vicenda catturandone l attenzione anche con la suntuosità dei mezzi. Questi obiettivi sono in apparenza raggiunti. In un clima trionfale vengono mostrati l ambiente della vicenda (Venezia), il rango Da Othello di Shakespeare a Otello ossia Il Moro di Venezia di Rossini 47 del protagonista, la sua nobiltà d animo ( Confuso io son / a tante prove e tante / d un generoso amor. Ma meritarle / poss io che nacqui sotto ingrato cielo [...]? , I,1); nel contempo, di corsa Berio riesce a metterci a parte di una certa qual maldisposizione di Jago verso il Moro, ci informa che Rodrigo vede in Otello una minaccia qualora divenisse cittadino veneziano ( Dunque perder dovrò colei che adoro? ibidem) ed accenna ad un rapporto di fiducia fra Rodrigo e Jago (Jago infatti rassicura Rodrigo: Taci, non disperar , ibidem). Il personaggio eponimo è connotato come uomo d animo nobile: è grato alla repubblica veneziana per averlo accolto nel suo seno e desidera solo l amore della patria adottiva e dell amata. La sua aria ce ne presenta gli aspetti secondo l articolazione consueta in quattro parti, ciascuna corrispondente ad una quartina di settenari: parole baldanzose per la prima sezione (tempo d attacco) e una riflessione sull amore per la seconda (il cantabile), indicata da Rossini come andantino ( Premio maggior di questo / da me sperar non lice, / ma allor sarò felice / quando il coroni Amor , I, 1). Il tempo di mezzo e la conclusione vedono infine la partecipazione del coro e di Jago, inserito peraltro già nel cantabile. L esordio parrebbe saldare piano formale e piano drammatico e conseguire i propri scopi su ambo i fronti. In realtà, risponde assai meglio al primo che al secondo: a conti fatti l episodio ha una minima ricaduta sulla storia a cui assisteremo, soprattutto per ciò che riguarda la connotazione di Otello. Dopo la cavatina, il protagonista esce di scena e riappare solo nel finale I. Tuttavia, da quel punto, e praticamente sino alla fine dell opera, la nobiltà d animo e l atteggiamento aperto alla speranza che lo avevano caratterizzato nell esordio sono del tutto assenti: Otello è un uomo completamente diverso, geloso e impulsivo45, pronto a definire Desdemona l ingrata e a dare in escandescenze nel solo vederla accanto a Rodrigo. Cos è accaduto nel frattempo per un così repentino mutamento non ci è dato sapere; certo che Otello, privato del conflitto interiore fra nobiltà d animo, amore e desiderio di vendetta, viene ridotto ad un personaggio che ha un solo proposito: riprendersi con la forza l onore che pensa gli sia stato sottratto (vd. la terza apparizione in scena di Otello, II, 5-6). E se la semplificazione del personaggio ben si sposa con i caratteri stereotipati dell opera seria, essa viene raggiunta comunque in maniera narrativamente brusca. Veniamo adesso al Finale I. Sulla base degli usi formali e delle attese del pubblico, in esso tutti gli elementi della storia dovevano emergere con chiarezza, le conflittualità rivelarsi, un personaggio trovarsi solo contro tutti46. Ecco sinteticamente come si muove Berio: 1. (scena XI) In una sala addobbata a festa una folla festante accoglie Desdemona accompagnata da Elmiro (versi: ottonari) 2. (scena XII) Elmiro informa Desdemona che se ne stanno per festeggiare le Paolo Somigli 48 nozze con Rodrigo (settenari ed endecasillabi sciolti). Desdemona indugia; Rodrigo ed Elmiro aspettano trepidanti (quartine di settenari). Rodrigo ed Elmiro si rivolgono a Desdemona per convincerla ad acconsentire; Desdemona si lamenta del proprio fato ed è sul punto di scoppiare in lacrime (quartine di senari) 3. (scena XIII) Soggiunge Otello che, alla vista di Rodrigo accanto a Desdemona dà in escandescenze. Desdemona non si risolve e Otello ne chiede la mano a Elmiro in virtù di un dato giuramento . Alla richiesta di chiarimenti da parte del padre, Desdemona ammette È ver: giurai 47. Elmiro maledice la figlia (la maledizione nell opera era una scena sempre di notevole presa sul pubblico, destinata a grande diffusione nel periodo romantico: si pensi a Lucia di Lammermoor di Gaetano Donizetti, 1835, o a Rigoletto di Giuseppe Verdi, 1851) e Rodrigo minaccia Otello; costernazione generale (strofe di settenari). I personaggi si isolano nel proprio stato d animo (quartina di quinari); i personaggi escono dal torpore (quartina di settenari), Desdemona è isolata e tutti sono in uno stato di furore (quartina di settenari: Smanio, deliro e fremo/tremo ). Da un punto di vista strettamente contenutistico non sono pochi i punti oscuri della vicenda: il repentino cambiamento di stato d animo di Otello, il giuramento segreto, la gelosia di Otello che si scatena malgrado esso. Ancorché più comprensibile, è assai distante da tutti i modelli (Shakespeare, Ducis, Cosenza) l atteggiamento irresoluto di Desdemona: in quei testi, infatti, la donna dichiara il suo amore verso Otello48. Eppure e la versificazione ne è un indizio da un punto di vista strutturale e nell articolazione degli eventi, il testo di Berio si adatta perfettamente alla struttura composita del Finale I; anzi permette a Rossini un gioco con le convenzioni. Il momento è introdotto da un grande tempo di preparazione a struttura multipla, costruito a sua volta sulla falsariga della solita forma , mentre l inizio vero e proprio si ha con l arrivo di Otello. Quest avvenimento ha carattere di cerniera: così come viene introdotto, potrebbe apparire l evento esterno che introduce il tempo di mezzo, mentre, anziché avviare alla conclusione riapre il discorso daccapo. Vediamo cosa questo comporti a livello musicale dal punto di vista dei passaggi tonali e dell andamento ritmico (utili a cogliere i confini fra le sezioni musicali): - Tempo di preparazione : [Scena] Coro nuziale: Santo Imen! Te guidi Amore : ottonari; Maestoso, 2/4, Do magg. [scena] Recitativo Desdemona, Elmiro, Rodrigo, Emilia : Dove son? Che mai veggio? (settenari ed endecasillabi sciolti) [transizione al] [Tempo di attacco] Spiegazione di Elmiro e indecisione di Desdemona: Nel cuor d un padre amante : quartine di settenari; Allegro, 4/4, Fa magg. [Cantabile] Di fronte all indecisione, ognuno dà sfogo ai propri sentimenti: gli stessi: Ti parli l amore (quartine di senari); Larghetto, 3/4, Si bem. Da Othello di Shakespeare a Otello ossia Il Moro di Venezia di Rossini 49 magg. - (episodio di transizione:) mentre Elmiro incalza la figlia, arriva dal fondo il Moro: L ingrata, ahimè che miro! : settenari; Moderato, 4/4, Re magg. - Tempo di attacco: Otello chiede la mano di Desdemona; lei rivela di aver giurato al Moro infine viene maledetta dal padre; Elmiro: Che brami? , settenari; Allegro, 4/4 (area di Fa) - Concertato di stupore: tutti: Incerta l anima (quartina di quinari); Maestoso, La bem. magg. - [Tempo di mezzo] e Stretta (i due episodi risultano saldati dalla versificazione: due quartine di settenari ABBC DEEC, dal tempo 4/4, e dalla tonalità Do magg.): Elmiro, Rodrigo, Otello, fra loro nemici, sono concordi nelle espressioni di odio per Desdemona finché ognuno di loro ripete il proprio sdegno e il proprio furore. La struttura composita di questo finale indica come l ossequio alla convenzione si arricchisse di un gioco di accenni ed elusioni; in questo caso, il colpo di scena e l effetto di stupore che trova voce nel concertato è amplificato e tradotto in termini strutturali: al pubblico viene fornito un brano che assomiglia in tutto e per tutto ad un vero finale e che quando, soprattutto ad un ascolto superficiale49, dovrebbe condurre alla conclusione si riapre ad un brano nuovo. Ciò amplifica l effetto di attesa determinato dall esitazione di Desdemona e il colpo di scena della rivelazione di lei. Il gioco con la convenzione caratterizza l intero lavoro e nell insieme Otello comporta alcune sorprese per i frequentatori d opera del primo Ottocento: è strutturato in tre atti anziché in due; nel secondo la vicenda e i rapporti fra i personaggi iniziano a chiarirsi mentre nel terzo l approssimarsi dell epilogo è realizzato senza l aperta adesione agli schemi formali che stavano ormai divenendo consueti. Tale allontanamento dalle norme, però, non è raggiunto tutto d un fiato; se ne hanno tracce già nel secondo atto, dove troviamo scelte formali un po meno frequenti, anche se rientranti in un insieme di opzioni possibili: qui per due volte un brano d assieme è introdotto da un episodio che, in teoria, avrebbe potuto svilupparsi per conto proprio (il duo Otello-Rodrigo su cui si innesta il terzetto con Desdemona e il lamento di Desdemona su cui s inserisce il finale)50. Fin dalle prime esecuzioni, il terzo atto è quello che più ha riscosso consensi, soprattutto da parte del pubblico più colto e raffinato (nella Vie de Rossini, Stendhal scrive che esso è molto più a fuoco degli altri due )51. È molto compatto, articolato in quattro episodi fra loro legati: (III, 1): Desdemona confida la propria angoscia ad Emilia che le è vicina, e si lascia poi andare ai cupi pensieri della Canzone del salice appresa dall amica africana Isaura, non più fra i vivi; una tempesta si scatena mentre Desdemona canta; il fortunale spezza i vetri della finestra ed accresce il pathos; (III, 2): Desdemona resta sola e prega; Paolo Somigli 50 (III, 3): Desdemona si è addormenta quando Otello entra nella stanza. Il Moro indugia, combattuto tra l onore tradito e l amore per Desdemona, poi, al termine di un duetto durante il quale la bufera cresce d intensità, uccide l amata; (IV, 4-6): si ode bussare: tutti sono in festa e comunicano che Jago ha confessato la propria macchinazione ed è morto. Distrutto dal rimorso, il Moro si uccide. In questo atto Desdemona è la protagonista incontrastata, con ben due episodi solistici. Il momento destinato a riscuotere maggiori consensi fu la Canzone del salice, la storia d una fanciulla innamorata che muore d amore52. Un espediente drammatico ci introduce a questo episodio di canto nel canto: Desdemona sente dai canali di Venezia un gondoliere che intona i versi danteschi Nessun maggior dolore / Che ricordarsi del tempo felice / Nella miseria (Inferno, V, 121-23). Stendhal scrive che era davvero difficile introdurre meglio quel canto, bisogna pur dirlo a gloria del librettista (il marchese Berio, tanto amabile come uomo di mondo quanto privo di talenti come poeta) 53. Il giudizio cambia se invece si prendono per buone le parole di Rossini: Aveva un bel dirmi il Marchese Berio che i gondolieri non cantano mai Dante, ma tutt al più Tasso [ ]; in quella scena avevo bisogno di versi danteschi 54. A partire da una simile dichiarazione, una tendenza critica attestata ancora in pieno Novecento ha visto nell efficacia drammatica del terzo atto il risultato di una scelta tutta del compositore, che finalmente si sarebbe ribellato alla mediocrità del suo librettista55. A proposito del canto del gondoliere, però, Raffaelli ha evidenziato l esistenza di un antecedente nell Otello di Cosenza e ciò in qualche modo ridimensiona il racconto di Rossini56. La distanza dalle strutture formali consuete e la grande continuità fra gli eventi sono palpabili, ma non devono oscurare gli aspetti dell atto riferibili al sistema di usi e convenzioni teatrali57. In particolare, la centralità di Desdemona è da porre in relazione ad analoghe soluzioni nelle opere napoletane scritte da Rossini per Isabella Colbran; insomma, il finale chiarisce se ce ne fosse bisogno su chi sia la vera star dello spettacolo. Considerato questo, il carattere cupo e riflessivo dell episodio consente di premiare le caratteristiche della Colbran, molto apprezzata per la grande intensità drammatica (ma Stendhal, pur riconoscendole questo merito, ne sottolinea anche i limiti tecnici)58. Una prassi consolidata voleva che nell opera seria anche le più terribili tragedie si risolvessero in un lieto fine. Per Otello¸ un esito felice, alternativo alla fine tragica, era oltretutto rintracciabile già nella versione di Ducis59; l autore francese, però, aveva anche precisato che il finale tragico conveniva molto di più à la nature et à la moralité du sujet 60, sebbene sconvolgesse il Da Othello di Shakespeare a Otello ossia Il Moro di Venezia di Rossini 51 pubblico. A differenza di quanto accade in Ducis e in Cosenza, il libretto di Berio non contempla soluzione positiva: Otello pugnala Desdemona e poi si uccide. In questo, esso riecheggia un altra opera seria di Rossini, Tancredi61; in quel caso però la novità aveva causato un insuccesso e subito il finale tragico era stato eliminato e sostituito secondo l uso corrente. Per Otello il finale tragico non fu d ostacolo al successo; ma dal 1820 esso fu talvolta sostituito da un bizzarro lieto fine (che ebbe peraltro diffusione limitata) d autore anonimo. Rossini non s oppose; anzi, operò come da norma tutte le modifiche necessarie ad adattare la musica al nuovo testo. Però, questo avviene a quattro anni dalla prima esecuzione, e prima di tutto per le esigenze della rappresentazione romana. Michael Collins non ha dubbi: Berio riuscì a imporre quel finale tragico che costituiva pur sempre un atto d audacia nell Italia dell epoca 62. Non si tratta di riabilitare l operazione di Berio, sulla quale non mancano ormai giudizi a carattere assolutamente lusinghiero63. Però, distinguendo il livello drammatico (che investe tutto ciò che è da ritenere interno alla storia: la verisimiglianza o comunque la plausibilità, la coerenza, ecc.) da quello drammaturgico (che riguarda invece tutto ciò che, dall esterno rispetto alla vicenda narrata, contribuisce alla sua formazione e alla sua realizzazione, vale a dire gli usi musicali, scenografici, teatrali e via dicendo) è possibile una lettura del libretto non mortificante e al contempo sensibile ai passaggi illogici e irrisolti che pure vi restano. Al marchese napoletano non mancava l intelligenza drammaturgica, quanto semmai la capacità, la competenza a fondere i due piani e trasformare la necessità drammaturgica in convincente necessità drammatica. Nel dir questo, però, è opportuno ricordare pure che nel primo Ottocento la fruizione del teatro d opera italiano era molto diversa da quella attuale, ed era concentrata sul grande cantante e sul grande episodio, piuttosto che sull organicità e la coerenza della storia64. Rossini sapeva che il pubblico era stimolato dal riconoscere le convenzioni e il gioco che un compositore conduceva con esse: anche questa in definitiva poteva costituire per lui una sorta di convenzione65. In ciò trovò in Berio un preziosissimo collaboratore che rendeva la convenzione del gioco delle convenzioni ancora più scoperta e di conseguenza stimolante. Come ha scritto uno fra i maggiori studiosi rossiniani, Philip Gosset, as an Italian libretto, despite gaps of logic, which with the best of will cannot be ignored, Otello is certainly functional, if not felicitous. Its ambiguous critical reception in English-speaking world reflects failed expectations rather than failed achievement 66. Questo ci introduce dritti dritti al finale del nostro discorso. Lord Byron e molti altri intellettuali non italiani furono scandalizzati dall opera a causa dei primi due atti67, ma il pubblico ottocentesco, a cominciare da quello Paolo Somigli 52 napoletano, gradì l operazione. Assieme a poche altre di quel periodo l opera rimase in repertorio per tutto il secolo, fino a che non venne soppiantata dall Otello di Arrigo Boito e Giuseppe Verdi (1887). Di tale successo lo stesso Berio fu ritenuto senza dubbio corresponsabile. Già ad una settimana dalla prima si poteva leggere sul Giornale delle due Sicilie: Applaudiamo al nostro chiarissimo Signor Marchese Berio, il quale trattando l Otello, tristissimo soggetto del tragico inglese, ci ha felicemente dato un dramma in cui l egregio Signor Rossini ha potuto farci gustare tutta la vera bellezza della musica italiana 68. Nella valutazione di Otello, ma il discorso si potrebbe fare per molta librettistica italiana ottocentesca, sembra si sia ignorato o sottovalutato a lungo anche questo tipo di testimonianza, dimenticando così tutti i fattori e fra questi anche i gusti e le attese del pubblico che indirizzano e giustificano l operato del compositore d opera e, assieme, le scelte e le decisioni del librettista. PAOLO SOMIGLI Libera Università di Bolzano __________ NOTE * Questo articolo, che ora si ristampa in versione leggermente emendata (cfr. Rivista di Studi Italiani XXI, n. 1 dicembre 2003, pp. 58-75, n.d.r.), sviluppa ed aggiorna la relazione che ho presentato al V Congresso Internazionale sulla Significazione Musicale (Bologna, 14-16 novembre 1996). Ringrazio l amico Saverio Lamacchia per aver riletto il manoscritto ed avermi suggerito preziose indicazioni. 1 F. Della Seta, Italia e Francia nell Ottocento, Torino: EDT, 1993, p. 69. 2 B. Cagli, Libretto, voce enciclopedica, in Dizionario Enciclopedico Universale della Musica e dei Musicisti, a cura di A. Basso, Il lessico, Vol. II, Torino: UTET, 1983, pp. 690-706: 690. 3 Ricca la bibliografia sull opera rossiniana e sul complesso rapporto col dramma inglese: cfr. F. Tammaro, Ambivalenza dell Otello rossiniano, ne Il melodramma italiano dell Ottocento. Studi e ricerche per Massimo Mila, a cura di G. Pestelli, Torino, Einaudi, 1977, pp. 187-235; R. Montemorra Marvin, Il libretto di Berio per l Otello di Rossini, in Bollettino del Centro rossiniano di studi XXXI, 1991, 55-76; C. Questa e R. Raffaelli, I due finali di Otello , in Gioachino Rossini 1792-1992. Il testo e la scena. Atti del Convegno di studi 1992, a cura di P. Fabbri, Pesaro: Fondazione Rossini, 1994, pp. 183-203; M. Collins, Prefazione a G. Rossini, Otello ossia Il Moro di Venezia, edizione critica a cura di Id., Pesaro: Fondazione Rossini, 1994, pp. xxi-xl; M. Grondona, Settant anni di Otello : 1816-1887, in Quattro volti di Otello, a cura di G. Paduano e M. Grondona, Milano: Rizzoli, 1996, pp. 59-99; R. Da Othello di Shakespeare a Otello ossia Il Moro di Venezia di Rossini 53 Raffaelli, Da Othello a Desdemona, in Otello a cura di Id., Pesaro: Fondazione Rossini, 1996, pp. 11-112; M. Grondona, Otello , una tragedia napoletana, Lucca: LIM, 1997. Utile anche il numero che Lyrica ha dedicato all opera con contributi di Piero Santi, Francesco Spera, Emilio Sala (Lyrica III, 32, agosto 1996). 4 I rapporti fra il libretto di Berio e le molteplici fonti nonché fra le varie fonti medesime sono analizzati in R. Raffaelli, Da Othello a Desdemona, cit.; ampio spazio è inoltre riservato nel saggio (alle pp. 11-25) all analisi del racconto di Cinthio Giraldi da cui muove lo stesso Shakespeare. 5 Per una rassegna degli adattamenti in teoria o con tutta probabilità disponibili al marchese Berio cfr. R. Montemorra Marvin, Il libretto di Berio, cit., p. 56 e M. Collins, Prefazione, cit., pp. xxiv e xxvi-xxxii. Sulla questione della diffusione del teatro di Shakespeare in Italia, con particolare interesse alle implicazioni in ambito operistico, cfr. F. Vittorini, Shakespeare e il melodramma romantico, Scandicci: La Nuova Italia, 2000 nonché M. Collins, Prefazione, cit., pp. xxvii-xxix. 6 Cfr. R. Montemorra Marvin, Il libretto di Berio, cit.; per R. Raffaelli, Da Othello a Desdemona, cit., pp. 88-93, su Othello di Ducis agisce pure Zaïre di Voltaire (1732). 7 Cfr. R. Montemorra Marvin, Il libretto di Berio, cit., pp. 68-69. 8 Cfr. R. Raffaelli, Da Othello a Desdemona, cit., pp. 67-70; nello stesso saggio (pp. 93-98 e 106-12) Raffaelli suggerisce un ulteriore possibile relazione del libretto di Berio col ballo pantomimo Othello di Louis Henry dato in Napoli nel 1808 e con Tancredi dello stesso Rossini, libretto di Gaetano Rossi (Venezia, 1813). 9 Informazioni biografiche sul marchese in P. Giannantonio, Berio Francesco Maria, voce enciclopedica, in Dizionario biografico degli italiani, IX, Roma: Istituto dell Enciclopedia Italiana, 1967, pp. 106-08; M. Collins, Introduzione, cit., pp. xxiiixxiv. 10 S. Morgan, Italy, London: 1821, più volte citato; seguo qui il testo in M. Collins, Prefazione, cit., p. xxx, corsivo mio. 11 Inventario della Libreria di S. E. il Marchese D. Francesco M.a Berio, in Napoli, per opera dell Ab. L.C.F. l anno 1822 e Catalogue raisonné [sic] of the Berio library (Mss. XVIII, 13-20). 12 I primi due titoli sono annotati alla p. 481 del IV volume del Catalogue raisonné. Belles lettres; l ultimo nell Inventario a c. 149. Ringrazio il personale della Sala Manoscritti della Biblioteca Nazionale di Napoli per aver effettuato la ricerca su mia richiesta. Il dato potrebbe ulteriormente consolidare l ipotesi di un contatto diretto fra il testo di Berio e la tragedia di Shakespeare avanzata da Collins e Raffaelli; Collins inoltre non ha dubbi sulla padronanza dell inglese da parte di Berio (cfr. M. Collins, Prefazione, cit., p. xxx e R. Raffaelli, Da Othello a Desdemona, cit., pp. 55-74). 13 Cfr. M. Collins, Prefazione, cit., pp. xxx-xxxii. 14 In realtà, secondo Raffaelli esiste la possibilità che la scena iniziale risenta in qualche modo della versione di Cosenza (cfr. R. Raffaelli, Da Othello a Desdemona, cit., p. 59), mentre al contrario per Grondona essa amplifica l esordio dell Othello di Ducis, dove il protagonista rientra vincitore da Verona (cfr. M. Grondona, Otello , una tragedia napoletana, cit., p. 23). 15 Sterminata la bibliografia in proposito: oltre al già ricordato F. Della Seta, Italia e Francia nell Ottocento, cit., pp. 69-75, cfr. La drammaturgia musicale, a cura di L. Bianconi, Bologna: il Mulino, 1986; Storia dell opera italiana, Vol. VI, Teorie e Paolo Somigli 54 tecniche, immagini e fantasmi, a cura di L. Bianconi e G. Pestelli, Torino: EDT, 1987; L. Bianconi, Il teatro d opera in Italia, Bologna: il Mulino, 1993; P. Petrobelli, Musica nel teatro¸ Torino: EDT, 1998; G. de Van, L opera italiana, Roma: Carocci, 2002. In una prospettiva incentrata su Rossini si vedano in particolare M. Beghelli, Prefazione a Tutti i libretti di Rossini, a cura di Id., e N. Gallino, Milano: Garzanti, 1991, pp. ix-xxxiii; Id., La retorica del melodramma: Rossini, chiave di volta, in Gioachino Rossini 1792-1992, cit., pp. 47-79; D. Tortora, Drammaturgia del Rossini serio. Le opere della maturità da Tancredi a Semiramide , Roma: Torre d Orfeo, 1996, M. Emanuele, L ultima stagione italiana. Le forme dell opera seria di Rossini da Napoli a Venezia, Firenze: Passigli, 1997; S. Lamacchia, Solita forma del duetto o del numero? L aria in quattro tempi nel melodramma del primo Ottocento, in Il Saggiatore musicale VI (1999), 119-44. 16 Cfr., in part., M. Beghelli, La retorica del melodramma, cit., p. 50. Uno studio sistematico sull aria solistica è S. Lamacchia, Solita forma , cit. 17 Il passo di Basevi è nello Studio sulle opere di Giuseppe Verdi, Firenze: Tofani, 1859, p. 191; esso è citato assai spesso quando si parla della questione (cfr. L. Bianconi, Introduzione a La drammaturgia musicale, cit., pp. 7-51: 40; S. Lamacchia Solita forma , cit., p. 120). 18 L. Bianconi, Introduzione, cit., p. 40. 19 Ibidem. 20 Ivi, pp. 40-41. 21 Cfr. M. Beghelli, Prefazione, cit., p. xviii. 22 Ma sulla questione, invero assai complessa, rinvio nuovamente all importante S. Lamacchia, Solita forma, cit. 23 Su questi ultimi aspetti cfr. comunque S. Durante, Il cantante, in Storia dell opera italiana, a cura di L. Bianconi e G. Pestelli, Vol. IV, Il sistema produttivo e le sue competenze, Torino: EDT, 1987, pp. 347-415 e, in una prospettiva specificamente rossiniana, F. D Amico, Il teatro di Rossini, Bologna: il Mulino, 1992, pp. 47-56. 24 L incremento dei pezzi d insieme e la riduzione dei pezzi solisti si spiega con la tendenza al superamento dell opera come successione di episodi a carattere dinamico (i recitativi) ed episodi a carattere statico e riflessivo (arie, duetti, ecc.). I pezzi d assieme consentivano di far avanzare la vicenda, ed aggiungere informazioni sugli antefatti, evidenziare il carattere di un personaggio grazie all incontro e allo scontro con gli altri. 25 Cfr. ad esempio M. Beghelli, La retorica del melodramma, cit. p. 59 e E. Sala, Eppur mi par d udir la solita forma , in Lyrica 32, III (1996), 52-53. 26 L. Bianconi, Introduzione, cit., p. 42. 27 Cfr. anche G. Paduano, La parola scenica da Shakespeare a Verdi, in Quattro volti di Otello, cit., pp. 7-57: 28. Secondo una lettura interessante, Jago non sarebbe altri che l ultimo rappresentante del Vizio, una figura tipica dei morality plays. Attraverso tale identificazione si spiega infatti la sproporzione dei delitti rispetto alle loro cause: cfr. M. Reese, Shakespeare. Il suo mondo e la sua opera, trad. it. di S. Monari, Bologna: il Mulino, 1989, pp. 65-66. 28 Cfr. R. Montemorra Marvin, Il libretto di Berio, cit., p. 60. 29 J. F. Ducis, Avertissement a Othello ou Le More de Venise, Paris: Maradan, 1794; ristampa anastatica in Otello, a cura di R. Raffaelli, pp. 156-222; nuova ed. moderna Da Othello di Shakespeare a Otello ossia Il Moro di Venezia di Rossini 55 in Quattro volti di Otello, cit., pp. 313-98: 316. 30 Il ruolo di protagonista emerge con chiarezza anche alla luce della distribuzione degli episodi solistici: tre ne ha Desdemona (il brano solistico che fa da preparazione al finale II, la Canzone del salice e la Preghiera), uno solo Otello e Rodrigo, nessuno Jago. 31 Le citazioni dal libretto sono riprese dall edizione curata da Marco Grondona, in Quattro volti di Otello, cit., pp. 231-305. 32 La prima rappresentazione di Otello, il 4 dicembre 1816, non avvenne però al Teatro San Carlo, colpito da un incendio nel febbraio di quell anno, ma al Teatro del Fondo dove fu temporaneamente trasferita l attività del San Carlo. L impresario era il noto Domenico Barbaja. 33 Ad esempio, all inizio del primo atto il Moro trionfatore chiede di divenire cittadino di Venezia; Jago commenta in disparte: Che superba richiesta! (I, 1). 34 Ad esempio: Se quell indegno / dell Africa rifiuto / or qui tant alto ascese [ ] (I, 3); Tu mi sprezzasti / per un vile africano, e ciò ti basti, / ti pentirai, lo giuro (I, 5). Sulla questione si sofferma anche M. Grondona, Otello , una tragedia napoletana, cit., p. 114. 35 Incerto i passi / muove il perfido Jago (I,4); si noti en passant la definizione di incerto , a designarne forse la natura subdola. 36 Scrive Della Seta: Giammai si accoglieranno personaggi d estrazione bassa o media, servi o borghesi, col loro linguaggio quotidiano. [ ] È la persistenza di queste remore a ritardare l accoglimento fra le fonti dell opera italiana di Shakespeare : F. Della Seta, Italia e Francia nell Ottocento, cit., p. 65. 37 Nel primo duetto, strutturato sullo schema della solita forma , Jago mostra a Rodrigo un biglietto di Desdemona per Otello facendolo invece credere rivolto a lui e i due si accordano ai danni del Moro; nel secondo duetto, anch esso nella solita forma , Jago fa maturare i propositi omicidi di Otello presentandogli il solito biglietto e facendolo credere rivolto a Rodrigo (tra parentesi, anche Desdemona fa credere al padre che il biglietto sia per Rodrigo e non per l amato: I, 4). 38 Tale logica è stata ben chiara al librettista e al musicista, considerato, più in generale, l alto numero dei momenti d assieme presenti in quest opera e il poco spazio conferito ai singoli. 39 Cfr. anche P. Santi, Tre tenori e una primadonna, in Lyrica, cit., pp. 45-47. 40 Su Nozzari si veda anche S. Lamacchia, Solita forma , cit., p. 128. 41 Che si fosse drasticamente ridotta l identità dei personaggi anche rispetto a Ducis non era cosa che turbasse, soprattutto se si tiene conto che nell opera seria del primo Ottocento non c è un vero interesse per la caratterizzazione psicologica e vocale dei personaggi, soprattutto quando tenorili, e si punta su figure stereotipate. Cfr. F. D Amico, Il teatro di Rossini, cit., pp. 132-33. 42 Si notino qui sia il cozzare di scale per moto contrario nelle voci dei due sia il piombare con rabbia su una stessa nota contesa, tanto che il Do maggiore viene alla fin fine ad essere assai appropriato perché nasconde quel sapore di trionfo a cui i duellanti ambiscono : F. Tammaro, Ambivalenza dell Otello rossiniano, cit., p. 210. 43 Per una diffusa illustrazione delle valenze del concetto di drammaturgia rinvio al numero monografico Drammaturgia a più mani della rivista Drammaturgia I, 1, (novembre 1994). Paolo Somigli 44 56 Cfr. M. Emanuele, L ultima stagione italiana, cit., p. 86. Numerosi, comunque, i topoi del melodramma in Otello: la lettura della lettera, le parole nel dormiveglia, l eroe innamorato, la simulazione, la festa nuziale. 45 Solo nel grande recitativo che precede l omicidio di Desdemona, infatti, il dubbio riappare nella sua mente per essere subito soffocato, come nei modelli, dalla furia di vendetta. Viceversa, tradiscono l assoluta certezza del tradimento le parole pronunciate in II,5 che, di primo acchito, sembrerebbero invece indizio d un tormento interiore circa la fondatezza dei propri dubbi sulla fedeltà di Desdemona ( Ma che! [ ] Mia non è forse? [ ] In faccia al cielo / fede non mi giurò? [ ] Non diemmi in pegno / la sua destra, il suo cor? [ ] Potrò lasciarla? / Obbliarla potrò? [ ] Potrò soffrire / vederla in braccio ad altri e non morire? ). 46 Nel finale l articolazione del materiale drammatico comporta un organismo complesso, costituito da: un episodio introduttivo d ambientazione, interrotto da uno o più colpi di scena; una reazione di sorpresa di tutti i presenti, che dà luogo ad un pezzo d insieme detto concertato di stupore (collocato in seconda posizione, come l adagio); un evento che spezza l incantesimo; una brusca accelerazione e un estrema complicazione della vicenda, spesso con un personaggio isolato rispetto a tutti gli altri (la stretta ). 47 Il libretto di Berio è particolarmente confuso circa i rapporti che intercorrono fra Desdemona e Otello. Dopo che qui si parla di un giuramento, in II,2 Desdemona si definisce sposa d Otello. Di per sé, nel lessico dell opera ciò può voler dire che i due sono fidanzati: questo è il significato del termine ad esempio nella successiva Lucia di Lammermoor di Gaetano Donizetti. Ma è nel terzo atto che le cose s ingarbugliano: Otello penetra nella stanza di Desdemona per una secreta porta e Desdemona è stupita di trovarselo in camera. Però, prima d addormentarsi, Desdemona prega la divinità e chiede che l amato bene / mi venga a consolar : non dimentichiamo che Desdemona è già in quel momento nella propria camera da letto, che è in vestaglia e che l opera viene rappresentata di fronte al pubblico napoletano del primo Ottocento: una simile preghiera presuppone che Otello con quella stanza abbia una qualche familiarità, familiarità peraltro difficilmente accettabile, data l epoca della rappresentazione, al di fuori dei legami coniugali. Ma se i due fossero sposi, la reazione immediata d Otello del Finale I e soprattutto la richiesta ad Elmiro risulterebbero ancor più fuori luogo. 48 Drammaticamente risibile è l efficace giudizio espresso da Tammaro a proposito del ritorno in scena di Otello e del suo stato d animo. Sempre a proposito di questo finale, nella sua irresolutezza e nella sua tendenza a compiangersi, Desdemona viene a collocarsi nella scia delle eroine patetiche che da circa mezzo secolo (dalla rappresentazione della Cecchina o La buona figliola di Niccolò Piccinni su libretto di Carlo Goldoni 1760 , a sua volta plasmato sulla Pamela di Richardson, che ottenne un successo ed una diffusione clamorosi in tutt Europa) si presentavano con successo al pubblico dell opera italiana: caratteristiche di tali personaggi femminili erano appunto le avversità ingiustamente subite, l incomprensione, l isolamento ed una certa qual tendenza all autocommiserazione. La relazione fra Desdemona e Cecchina è sostenuta anche in F. Tammaro, Ambivalenza dell Otello rossiniano, cit., p. 204, dov è anche il giudizio sopra riportato. 49 Marco Emanuele osserva che gli eventi sono troppo poco significativi perché, fino Da Othello di Shakespeare a Otello ossia Il Moro di Venezia di Rossini 57 all arrivo di Otello, il finale si debba considerare davvero iniziato (cfr. M. Emanuele, L ultima stagione italiana, cit., p. 104). 50 Sul lamento di Desdemona e sulla sua carica innovativa si veda S. Lamacchia, Solita forma , cit. pp. 138-39. Accentua la distanza fra i primi due atti e il terzo Marco Grondona: La differenza del terzo atto, rispetto ad una normale convenzionalità dei primi due, è cosa che balza agli occhi dell ascoltatore e del critico [ ]. I e II atto possiedono una certa topica saldezza che vuole predisporre lo spettatore allo choc del terzo (M. Grondona, Otello , una tragedia napoletana, cit., p. 10). 51 Stendhal, Vita di Rossini, trad. it. di B. Revel, Firenze: Passigli 1990², p. 149. 52 Informazioni sulla fortuna critica del brano in F. Tammaro, Ambivalenza dell Otello rossiniano, cit., pp. 225-27. 53 Stendhal, Vita di Rossini, cit., p. 150. 54 Riprendo la testimonianza di Rossini, usualmente riportata quando si parla di Otello, da L. Rognoni, Gioacchino Rossini, Milano: Guanda, 1956, nuova ed., da cui cito, Torino: Einaudi, 1977, p. 130. 55 Cfr. L. Rognoni, Gioacchino Rossini, cit., p. 130 e F. Tammaro, Ambivalenza dell Otello rossiniano, cit., p. 214. 56 Cfr. R. Raffaelli, Da Othello a Desdemona, cit., pp. 67-74, dove Raffaelli propone un correttivo a quanto asserito da Montemorra Marvin a proposito di una filiazione dell episodio dalla versione di Ducis (cfr. R. Montemorra Marvin, Il libretto di Berio, cit., pp. 70-76). 57 Scrive Emanuele: nell esposizione formale dell unico numero segnato da Rossini in partitura si ravvisa lo schema di una gigantesca solita forma classica dilatata : M. Emanuele, L ultima stagione, cit., p. 149. 58 Cfr. Stendhal, Vita di Rossini, cit., pp. 90 e 103. 59 Cfr. C. Questa e R. Raffaelli, I due finali di Otello , cit., p. 193. 60 J. F. Ducis, Avertissement a Othello, cit., p. 318. 61 Come già osservato, un legame fra Otello e Tancredi è sostenuto in R. Raffaelli, Da Othello a Desdemona, cit., pp. 106-12. 62 M. Collins, Prefazione, cit., p. xxxii. 63 Cfr. ibidem. 64 Ad esempio, le esecuzioni avvenivano a luci accese; il pubblico si intratteneva in amabili conversari; ad uno stesso spettacolo si tornava molte volte. Una ricostruzione storica in J. Rosselli, Sull ali dorate, Bologna: il Mulino, 1992; una testimonianza letteraria in presa diretta in H. de Balzac, Massimilla Doni, trad. it., Palermo: Sellerio, 1990, oltreché in Stendhal, Vita di Rossini, cit. 65 Per quanto inquadrata in schemi ordinati e simmetrici, la musica di Rossini non si lascia interamente ridurre alle categorie neoclassiche perché la sua perfezione formale è ravvivata da un gusto per il calcolato disordine, per le rotture improvvise, che ha fatto addirittura parlare qualche critico di neobarocco . La sorpresa è categoria fondamentale del linguaggio rossiniano : F. Della Seta, Italia e Francia nell Ottocento, cit., p. 82. 66 P. Gosset, Introduction a G. Rossini, Otello ossia Il Moro di Venezia, ed. in facsimile dell autografo rossiniano, New York: Garland, 1979, s.n.p. 67 Le stroncature del libretto di Berio nascono assai presto, e ne furono autori Paolo Somigli 58 personaggi di grande influenza come Lord Byron, Stendhal, Meyerbeer (cfr. ad es. M. Collins, Prefazione, cit., pp. xxvi-xxvii). 68 Il Giornale delle due Sicilie, 11 dicembre 1816 (più volte citato; seguo la lezione dalla ripresa integrale in M. Collins, Prefazione, cit., pp. xxv-xxvi).