Marcia della Pace - Arcidiocesi di Catanzaro

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OMELIA EPIFANIA
6 gennaio 2012
Desiderio e rivelazione
Introduzione
Oggi la Chiesa ci invita a celebrare l’Epifania del Signore, ovvero una delle tre
manifestazioni divine di Gesù, le quali, in questi primi giorni e settimane dell’anno,
impareremo a conoscere e meditare.
La rivelazione di cui si fa memoria nella solennità odierna, sembra immersa in
un’atmosfera fiabesca, tutta avvolta da luci abbaglianti, che rivelano una strada, la
meta da raggiungere, il desiderio di conoscere e la gioia indicibile di trovare per
contemplare. C’è la luce della stella, che illumina il cammino; c’è la luce degli ori e
delle gemme, che si fanno dono; c’è la luce di tessuti sfarzosi, che recano i segni di
un lungo viaggio e si piegano ad una maestà senza splendori; ci sono stuoli di
cammelli e dromedari. Non manca nulla per creare quel atmosfera fiabesca tanto cara
ai bambini di ieri e di oggi.
Fermarci solo alla fiaba sarebbe bello, ma toglierebbe il gusto di scoprire la
densità dei simboli e dei riferimenti teologici che il brano matteano sottende. Così per
capire che senso abbia per noi questa bella immagine di re orientali, che, in splendide
vesti e con ricchi doni, si prostrano davanti ad una umile culla, va fatta sulla scena
una inquadratura diversa. In primo piano non vanno messi i Magi, ma proprio quel
normalissimo cucciolo d’uomo e la domanda che a Lui si accompagna pronunciata
dagli stessi Magi: “Dov’è il re dei Giudei che è nato?”.
Allora, tema fondamentale della solennità di oggi si manifesta chiaramente: la
ricerca di Cristo. Una ricerca di fede, che ha il sapore di un desiderio che spinge a
muoversi per raggiungere una meta preannunciata da segni prodigiosi; una ricerca
che ha il sapore di una rivelazione sorprendente affidata alle maglie di una
quotidianità ordinaria; e, infine, una ricerca che ha il colore di una luce abbagliante,
che non colpisce solo i sensi del corpo, ma ferisce il cuore infiammandolo d’amore:
“Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostatisi lo adorarono”
(Mt 2,11).
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Il desiderio: spinta alla ricerca
Il quadro della visita dei Magi, che Matteo dipinge nella pagina odierna del
Vangelo, da immagine oleografica e folcloristica si trasforma in un’“epifania” del
Cristo, nel suo mistero di Messia e Salvatore.
Un’anomalia però ci colpisce di questo racconto: l’epifania divina del piccolo Gesù
non è riconosciuta dai membri del suo popolo, destinatari della promessa di Dio, ma
da uomini pagani, che di quell’antica promessa di un salvatore avranno avuto un
lontano sentore. Ma soprattutto, che di quell’azione salvifica e protettrice di Dio nei
confronti del suo popolo, hanno avuto conoscenza indiretta, attraverso storie
raccontate da altri popoli. Non hanno perciò sperimentato direttamente quella
Presenza misteriosa che ha protetto e guidato la storia fino ad allora, non hanno
creduto a promesse e profezie lontane. Eppure, si sono messi in cammino: i Magi
hanno avuto il coraggio di una fede inconsapevole.
Ciò che li ha guidati, dunque, non è stata una promessa, ma una sana
inquietudine, un folle desiderio che li ha spinti oltre il loro piccolo orizzonte per
iniziare un viaggio, tra rischi, speranze e domande, verso un oltre ignoto.
Tutta la loro avventura è iniziata scrutando i cieli e riconoscendo fra tante stelle, la
luce di una stella. Una luce diversa dalle altre, una luce che porta lontano dalla
propria terra, che incoraggia a mettersi in cammino, che fa andare non si sa dove,
senza certezze, senza luoghi già stabiliti. C’è solo quella luce certa, c’è solo il loro
desiderio di conoscere, vedere e capire, sicuro.
Certamente i Magi in quella stella avranno visto molte cose: il segno
dell’avverarsi di una antica profezia, la nascita di un re, il sorgere di un giorno
straordinario, un giorno divino. Da tutto ciò è stato nutrito il loro desiderio al punto di
spingerli al movimento, alla ricerca: la stella, il re da trovare, il Dio da cercare sono
stati una passione in grado di farli partire. Il loro, in definitiva, è stato un potente
desiderio, non uno slancio scientifico. Il desiderio li ha resi coraggiosi pellegrini di
strade sconosciute, impavidi ricercatori di una fonte di luce misteriosa. Molti doni i
Magi portarono con sé, per omaggiare la sorgente di tanto splendore, ma sicuramente
il loro dono più bello, il più grande, è stato il loro stesso viaggio: quel lungo desiderio
accarezzato, custodito e inseguito con fermezza, costanza e, soprattutto, con la fede in
un Dio a loro sconosciuto.
Ecco, il primo senso del quadretto matteano, il desiderio di Dio: senza
desiderare il divino non può esserci rivelazione divina. Infatti, se vogliamo
riconoscere nella vita i segni rivelatori della presenza di Dio, è necessario che di Dio
ne abbiamo desiderio. Dio non è un dovere da assolvere, ma un desiderio da nutrire,
coltivare, tenere sempre acceso. Per questo i Magi viaggiano per anni. “fissando gli
abissi del cielo fino a bruciarsi gli occhi del cuore” (D. M. Turoldo), perché sanno
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che alla fine la loro ricerca sarà premiata, il loro sforzo sarà pienamente ripagato, il
loro desiderio pienamente appagato.
Ad un cuore freddo e scettico il finale della storia potrebbe sembrare deludente:
com’è possibile, dopo tanta ricerca, lungo cammino e ostacoli superati, sentirsi
appagati dalla vista di un comunissimo infante! Invasi di gioia, prostrarsi dinnanzi ad
un umile bambino! Per una simile povera ordinarietà si è mobilitato il cielo e
infiammato il desiderio di tre saggi e re?
Un cuore sciocco suggerisce tanta superficialità, un cuore incredulo alimenta tanta
vana perplessità.
A muovere i Magi non è stata la sapienza del mondo, ma la sapienza di un cuore
semplice e puro, per questo la loro ricerca è stata premiata: essi, pur partendo alla
ricerca di un re, hanno saputo riconoscerlo nei panni di un bambino appena nato,
indifeso, debole, bisognoso di tutto. Essi sono stati capaci di cogliere la
straordinarietà di una Presenza nell’ordinarietà della quotidianità.
Noi, invece, a differenza dei Magi, spesso falliamo nella nostra ricerca di Dio, perché
ci ostiniamo a cercare solo un re. Non sappiamo cogliere l’immensa grandezza che si
nasconde in ogni atto umano, fatto con rettitudine, con amore. Siamo tutti, sempre,
alla ricerca di qualcosa di eccezionale.
Noi non abbiamo, dobbiamo riconoscerlo, nemmeno una piccola parte della fede dei
Re magi, di quei saggi che dimenticano ogni loro sapere e si prostrano ad adorare un
bimbo di poche settimane, che dorme in braccio ad una giovane donna stupita.
Quindi, senza il desiderio della ricerca di Dio, senza la sapienza del cuore, che
rende manifeste le verità invisibili agli occhi, Dio resterà per noi un “Dio nascosto”
(Is 45,15).
Invece, la liturgia di oggi ci insegna che l’Epifania è sempre in atto nella storia.
Essa si basa su un fatto certissimo: Cristo è tuttora presente nel mondo. Certo si tratta
di una presenza nascosta, problematica che sfugge ai cronisti di questo mondo. Ma
anche oggi Cristo si rivela, e lo fa come allora: la sua è una manifestazione affidata ai
segni che non si accendono e non diventano eloquenti se non in presenza della fede,
anche se, misteriosamente, sono proprio essi che devono suscitare tale fede.
Per i Magi questi segni, lo abbiamo ascoltato, sono stati una stella e un
bambino avvolto in fasce: entrambi sono stati riconosciuti per fede ed entrambi hanno
germinato fede.
Una stella per ciascuno
“ A quella vista palpiterà e si dilaterà il tuo cuore”, dice Isaia. E così
introduciamo il terzo significato da dare a questa celebrazione: accanto al mistero di
una rivelazione e la celebrazione di un desiderio, l’Epifania è anche la festa del cuore
dilatato, della fede fiorita e raddoppiata.
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È la festa di quanti desiderano e si mettono alla ricerca con cuore sincero e aperto alla
vita e all’uomo. Per questo è la festa di tutti, anche in questo i Magi hanno da
insegnarci parecchio. Perché, a loro pagani, Dio si è rivelato, e questo è stato
possibile, perché il Dio in cui crediamo è Dio di tutti. Egli, infatti, si è incarnato per
l’uomo, per tutta l’umanità: quella che crede e che fa fatica a credere, e per chi non
crede, per chi è regolarmente sposato e per chi ha subito la lacerazione dell’amore e
per chi è solo . Di noi tutti indistintamente, perché in tutti noi Dio ha fatto sorgere una
stella, a volte basta solo scrutare il cielo dentro di noi per seguirne la scia luminosa.
Infine è questo il senso ultimo della ricerca: sapere dove trovare la nostra stella e con
essa la luce che ci condurrà alla meta. Negarne l’esistenza sarebbe inutile, perché
ogni uomo ne ha una che brilla soltanto per lui, che vuole indicargli la strada per
trovare il culmine di ogni pienezza.
E tale culmine, in questi giorni, lo abbiamo ascoltato più volte nella Parola è
Cristo. Nel prologo dell’evangelista Giovanni ciò è chiaro: “In Lui era la vita e la vita
era la luce degli uomini”. Cristo è il luogo della vita e la vita è la stella degli uomini,
quindi Cristo è la stella nascosta dentro il cuore di ciascuno. E se la stella risplende
per portare abbondanza di vita, la rotta da seguire è verso il cuore di ciascuno di noi,
dove si trova la vita.
Se dunque guardiamo a Cristo come stella che illumina il cammino della nostra vita,
la meta sarà raggiunta, lo scopo della vita trovato, la ricerca premiata.
C’è una bella lirica dello scrittore francese A. de St. Exupéry che denuncia la
tragedia di chi non sa cercare il senso profondo della propria storia e della propria
vita, quella stella nascosta che dà senso ad azioni diverse e molteplici, spesso
monotone e apparentemente fatue: “E lavorano nella noia. Nulla manca loro, fuorché
il nodo divino che lega le cose. E tutto manca”. Quel nodo divino di cui parla il
nostro scrittore è deposto nella mangiatoia delle nostre Chiese, basta fermarsi e
contemplarlo per mettere insieme frammenti dispersi di una intera vita. Ed allora tutto
acquisterà sapore, tutto darà serenità, tutto sarà affrontato con coraggio, anche la
persecuzione, anche il “ritorno al proprio paese”, cioè all’esistenza continua e
quotidiana.
Lasciamoci allora trascinare dal fascino misterioso di questa stella nascosta nel
nostro cuore, perché rischiari il buio delle nostre anime, infiammi con il suo calore le
cose che ci accadano, muova i nostri passi, animi la nostra storia.
Conclusione
Carissimi l’augurio che posso farvi oggi è di celebrare questa solennità
dell’Epifania umana e divina con una rinnovata immersione nella luce e nel calore
della nostra stella che è Cristo. il mondo ci può pure abbagliare con le luci sfavillanti
della pubblicità, con le apparenze splendenti del consumismo, con la sua
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superficialità; ma noi Cristiani sappiamo dove trovare la nostra luce, la nostra stella,
la nostra vita.
“Lascia pure – scrive il papa Leone Magno – che le luci esteriori agiscano sui
sensi del tuo corpo, ma con tutto l’amore infiammato dell’anima tua ricevi dentro di
te quella luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo!”, perché
quell’uomo è epifania di Dio
 Vincenzo Bertolone
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