Il Tao della Fisica
“E’ probabilmente vero in linea di massima che della storia del pensiero umano gli sviluppi più
fruttuosi si verificano spesso ai punti d’intersezione tra due diverse linee di pensiero”.
Werner Heisenberg
Nella fisica moderna, con lo sviluppo della meccanica quantistica e della teoria della relatività,
l’universo appare come un tutt’uno dinamico, inseparabile, che comprende sempre l’osservatore in
modo essenziale; i concetti tradizionali di spazio e di tempo, di oggetti isolati, e di causa ed effetto
perdono il loro significato. Questi cambiamenti, rispetto alla fisica classica, hanno aperto dibattiti e
discussioni nell’ambiente intellettuale, tra fisici e filosofi, che rare volte si sono resi conto
dell’apparente confluire di questi aspetti verso una visione del mondo molto simile alle concezioni
del misticismo orientale. Soprattutto, pare evidenti un rapporto tra le idee filosofiche contenute
nelle tradizioni dell’Estremo Oriente e la teoria dei quanti.
Si può suddividere l’orizzonte del misticismo orientale nelle sue correnti di Induismo, Buddismo,
Taoismo e Zen. Il messaggio spirituale di tutto l’Induismo è l’idea che la moltitudine di eventi e
oggetti che ci circondano sono differenti manifestazioni della stessa realtà ultima, detto Brahman, il
grande mago che si trasforma nel mondo. Confondere le diverse forme in cui questi si presenta,
senza percepire un’unità alla loro base, significa ricadere nel cosiddetto incantesimo di Maya,
nell’illusione di pensare le forme e le strutture attorno a noi come realtà della natura, anziché frutti
della mente umana, la quale misura e classifica. Il Buddismo ha invece un orientamento prettamente
psicologico, in quanto si preoccupa unicamente della condizione umana, della sofferenza in essa
contenuta. L’intelletto viene visto come strumento, come tramite che apre la strada all’esperienza
mistica diretta, chiamata ‘risveglio’, sperimentato dallo stesso Buddha. Esiste un concetto comune
allo Brahman induista, detto Dharmakaya, che descrive la realtà come essa appare alla coscienza
religiosa dei buddisti.
Sulla stessa convinzione si basa il Taoismo, che chiama tale realtà soggiacente alle cose Tao,
caratterizzata da un mutamento costante e ciclico, di andata e ritorno tra due polarità opposte, lo yin
e lo yang. Questa caratteristica dinamica è rappresentata dal simbolo cinese chiamato T’ai - Chi. I
due punti nel diagramma corrispondono all’idea che ogni volta una delle due forze arriva al suo
massimo, contiene già in se il seme del suo opposto. Come il Buddismo, lo Zen è incentrato
sull’esperienza dell’illuminazione. Non è interessata ad alcun genere di astrazione o
concettualizzazione, non ha né una dottrina né una filosofia specifica, libertà che lo rende
autenticamente spirituale. La scuola Zen è convinta che le parole non possano esprimere la verità
ultima, pertanto adopera largamente storie o frasi paradossali, i Koan, usate per aiutare la
meditazione e risvegliare una natura più profonda.
Malgrado queste tradizioni spirituali differiscano in numerosi particolari, hanno quindi tutte alla
base l’esperienza mistica e diretta della realtà, e due fondamentali connotati: in primo luogo sono
caratterizzate dalla consapevolezza dell’unità e della mutua intercorrelazione di tutte le cose e di
tutti gli eventi; inoltre nella sua vita ordinaria l’uomo non è consapevole di tale unità, e divide il
mondo in oggetti ed eventi separati, azione utile e necessaria per muoversi nell’ambiente
quotidiano. Credere che i frutti di tale suddivisione, i concetti astratti dell’uomo, siano realtà della
natura è un’illusione. Lo scopo delle tradizioni mistiche orientali si prefigura quindi di rimettere in
ordine le cose attraverso la meditazione.
L’unicità dell’universo non è solo una componenti delle filosofie orientali ma è anche una delle più
grandi rivelazioni sella fisica moderna. Emerge con a livello subatomico e si basa sul rapporto
reciproco dei costituenti della materia, impossibili dunque da comprendere come entità isolate. Il
mondo appare di conseguenza come un complicato tessuto di eventi, una rete cosmica di
connessione reciproche, in accordo con le filosofie orientali, nelle quali all’ultimo anello di tale
catena appare la coscienza dell’uomo. A livello atomico le proprietà di un oggetto hanno senso solo
nel contesto dell’interrelazione con l’osservatore. Come disse Heisenberg “ciò che osserviamo non
è la natura in se stessa ma la natura esposta ai nostri metodi di indagine”. Avviene una
trasformazione del ruolo umano, da osservato e ‘partecipatore’. Il misticismo osa spingersi più a
fondo, abbattendo la distinzione tra osservatore e osservato, portando alla fusione del soggetto e
dell’oggetto.
Percepire tutte le cose come unicità non significa però affermare che esse siano tutte uguali. I
mistici orientali riconoscono l’individualità delle cose, convinti però che le opposizioni e i contrasti
sono relativi all’interno della unità che tutto comprende. Gli opposti infatti sono concetti astratti che
appartengono al pensiero umano, categorie apparenti, in realtà estremi di un tutto. Poiché tutti gli
opposti sono interdipendenti, il loro conflitto non può risolversi nella vittoria di un polo sull’altro,
ma sarà caratterizzato dall’azione reciproca, un equilibri dinamico, che trova il suo simbolo negli
archetipi di yin e yang.
Per capire tale correlazione pensiamo di proiettare su uno schermo il moto circolare di un punto.
Esso apparirà come un oscillazione tra un limite superiore e un limite inferiore, un movimento in
cui il punto rallenta in prossimità degli estremi, inverte il suo moto e procede in direzione opposta.
Nel movimento reale però, questi due punti opposti sono invece unificati. Allo stesso modo yin e
yang sono estremi apparenti di un’unità soggiacente.
Nella fisica moderna unificazioni di concetti opposti si possono trovare nel subatomico, dove le
particella sono sia distribuite sia indistribuite, dove la materia è continua e discontinua, dove forza e
materia sono solo aspetti diversi dello stesso fenomeno. La risoluzione di tali opposti avviene
tramite l’innalzamento ad una dimensione superiore, lo spazio-tempo quadridimensionale (tale
processo può essere facilmente compreso analizzando il passaggio tra due a tre dimensioni, come
nell’esempio del moto circolare prima riportato). Anche la via dei mistici prevede una
multidimensionalità, percepita in modo diretto e concreto attraverso uno stato di profonda
meditazione. Quando questi provano ad esprimere la loro esperienza attraverso le parole incorrono
nelle stesse problematiche dei fisici moderni nel riferire di una realtà a quattro dimensioni.
Una caso esemplare dell’unificazione tra concetti opposti è sicuramente la duplice natura della
materia come onda e come particella, a seconda delle situazioni. Un’onda è estesa nello spazio, è la
propagazione di una perturbazione, mentre la particella sottintende una posizione spaziale precisa e
definita. Nella meccanica quantistica si ha un una concezione di onda ancora più astratta, legata alla
natura statistica dei fenomeni atomici, che possono essere descritti solo mediante la probabilità. Tali
informazioni compongono la funzione di probabilità che a livello matematico viene rappresentata
con formule analoghe a quelle per la descrizione di altri tipi di onde. Questa introduzione pone in un
contesto totalmente nuovo il problema confrontando due concetti ancora più radicali: l’esistenza e
la non-esistenza. La particella ha una tendenza probabilistica ad esistere in diversi luoghi, e quindi
si manifesta in uno stato fisico ibrido tra esistenza e non-esistenza. Per permettere una più facile
comprensione di questa relazione tra coppie di opposti classici, Niels Bohr introdusse l’idea di
complementarietà. Egli considerò le due rappresentazioni come descrizioni complementari della
realtà, ciascuna delle quali solo parzialmente corrette e valide per un campo ristretto di
applicazione. Durante il suo viaggio in Cina, avvenuto successivamente all’elaborazione della sua
teoria, lo scienziato fu colpito profondamente dall’analogia tra la propria intuizione e l’idea cinese
di opposti polari. Da allora conservò un profondo interesse per la tradizione mistica, tanto da
inserire il T’hai Chi all’interno del suo stemma nobiliare, assieme al motto Contraria sunt
complementa.
Accanto alla corrispondenza tra la concezione del mondo dei mistici e quello dei fisici moderni
appaiono le numerose altre analogie tra queste due categorie. Il metodo per esempio, empirico in
entrambi i casi, ovvero basato su osservazioni riconosciute come l’unica fonte di conoscenza.
L’oggetto di tali osservazioni è molto diverso: il mistico guarda dentro la propria coscienza e i suoi
livelli, giungendo al corpo come manifestazione fisica della mente; il fisico parte dallo studio del
mondo materiale e giunge alla consapevolezza dell’unità di tutte le cose e di tutti gli eventi
penetrando negli strati più profondi di essa. Un’altra somiglianza risiede nel fatto che le
osservazioni di entrambi sono condotte in ambiti inaccessibili ai sensi comuni, dal mondo
subatomico agli stati di coscienza non ordinari. Scienza e misticismo hanno molte cose in comune,
ma sarebbe sbagliato ipotizzate una possibile sintesi. Semplicemente rappresentano aspetti
complementari della mente umana e della sua facoltà di indagine, completamente differenti ma
necessarie entrambe, per comprendere il mondo: i mistici conoscono le radici del Tao, ma non i suoi
rami; i fisici al contrario conoscono i rami ma non le radici.