Saval Centro Carraro, 19-12-08 Ai politici e agli amministratori La destra e la sinistra del corpo umano Ho atteso questo incontro e vi sono riconoscente, mentre vi rivolgo un saluto deferente. Ad uno ad uno. Entro in argomento con una premessa che spero condivisa. Eccola. Alla politica compete tracciare le linee guida direzionali, in rapporto ad una nazione, collocata nel contesto europeo e mondiale. I politai, coloro cioè che portano scolpito nei cromosomi il DNA del senso della polis, sono espressione dell’intera cittadinanza nazionale, di cui rappresentano le istanze. L’insieme delle leggi deve corrispondere al sentire corresponsabile dell’insieme dei cittadini intenzionati a vivere una società civile, con principi che garantiscano l’esercizio dei diritti e che obbligano ad assolvere ai doveri, in funzione del bene essere di tutti: non basta il bene essere della maggioranza dell’organismo per assicurare salute sociale; anche solo un mal di unghia inquieta l’organismo. Al governo nazionale e alle amministrazioni compete dare concretezza di applicazione a tali linee guida, in rapporto ai cittadini di una nazione e di un territorio, regionale, provinciale, comunale. I governanti sono coloro che hanno competenza e senso della corresponsabilità nell’amministrare non beni personali ma della polis, ciò che appartiene all’intera cittadinanza. Ai legislatori e ai governanti compete pertanto una visione globale, panoramica e lungimirante, anche quando affrontano questioni parziali. Ora qualche cenno a problematiche su cui discutere: Qual è il senso profondo del governare e amministrare? È solo comandare e far eseguire ordini e ordinanze? Governo evoca il senso del timone e del timoniere; dunque ha in mano la rotta! Da perseguire, affrontando tutti gli ostacoli, da portare in porto, a destinazione il transatlantico senza che si sfasci tra gli scogli o tra gli hicerg. Amministrare evoca il senso dell’essere “minister”, cioè una persona a servizio, a disposizione della realtà di cui è amministratore: un inferiore che mette le sue spalle e le sue risorse a servizio della realtà a lui più grande. Di conseguenza, il Governo deve essere non espressione di una alleanza di partiti, rappresentanti di una parte dell’intera nazione, ma fedele e geniale esecutore delle decisioni del Parlamento, che esprime la globalità della nazione; dev’essere perciò costituito da professionisti di governo, capaci, per professionalità, di dare attuazione pratica alle leggi approvate. Chi ha responsabilità di governo o di amministrazione deve posporre il senso di appartenenza partitica alla competenza. Deve cioè essere veramente competente nel suo ambito. Nell’alternanza poi di governi e di amministrazioni è necessario garantire continuità, evitando cesure e contrapposizioni, con il risultato della matematica del sociale, dove uno più uno fa due, mentre uno meno uno dà sempre come risultato zero. Questi ed altri eventuali interrogativi inducono ad affrontare la questione di fondo? A servizio di chi sono autorizzate ad operare le istituzioni pubbliche, politiche nazionali e amministrative locali? Che cosa le giustifica e le esige? Può una legge essere convalidata se contrasta con il bene comune? Può una delibera amministrativa essere approvata se lede i diritti di alcuni cittadini? Per sua natura un governo e una amministrazione dovrebbero essere sostenuti dall’intera compagine di legislatori e consiglieri, con l’apporto propositivo finalizzato al bene comune. Ed essere al di sopra delle parti. In vista di tale orizzonte, che qualifica la politica e il governare come arte nobile e come amore sublime per il sociale, da poesia, dovremmo magari far i conti con una prosa almeno elegante e non del tutto scadente. Pur tenendo conto del reale, già positivo esistente o fortemente migliorabile, mettiamo a fuoco alcune opportune osservazioni, sulle quali sviluppare qualche confronto, non lasciato ovviamente in balia degli scontri. Tutte le Istituzioni e tutto delle Istituzioni sono funzionali alla crescita armoniosa del corpo sociale civile. Il che significa che riconoscono il ruolo della società civile, come primario e prioritario rispetto alle istituzioni che si identificano con l’insieme dei servizi effettivi finalizzati al bene comune, dell’intero corpo sociale, che giustifica e motiva l’esistenza e la funzionalità delle Istituzioni. Evidenziamo questi concetti riprendendo in considerazione il tema del corpo umano, assumendolo come parametro di analogia di altri sistemi organici. Dal testo della prima ai Corinti di Paolo, particolarmente significativo nel contesto dell’anno bimillenario dedicato a lui, raccogliamo alcune indicazioni probabilmente di feconda attualità. L’immagine del corpo umano è tra le più splendide e suggestive. Che c’è al mondo di più bello? La bellezza del corpo umano sa di eccezionalità. Purché non intervengano deformazioni, menomazioni, alterazioni, o per sviluppo genetico o per malattie o per cause esterne incidentali. Esso va salvaguardato, difeso, curato, alimentato adeguatamente. Dal soggetto stesso ma anche da chiunque gli vuol bene, cioè vuole il suo bene. L’analogia del corpo umano può riferirsi ad una pluralità di realtà, ma soprattutto, con indiscussa puntualità, al corpo sociale, come già fece Menennio Agrippa con il suo famoso apologo. È vero che anche il corpo sociale come quello fisico è dotato di anticorpi e di staminali che lo proteggono al naturale. Tuttavia, quando si espone oltre le normali sfide, occorre un supplemento di antidoti e di precauzioni, di interventi e di terapie. Fuori metafora: il corpo sociale ha in sé in dotazione delle risorse, che ne garantiscono al naturale una certa coesione. Tuttavia, a causa di interessi individuali o di parte la stessa socialità può entrare in corto circuito. Perché ciò non avvenga si rende indispensabile la presenza di qualcuno competente incaricato a presiedere lo sviluppo organico, sano e armonioso, del corpo sociale. Si tratta ovviamente delle Istituzioni democratiche poste a servizio del vivere sociale civile. Ora, perché il vivere sociale sia davvero civile, come esige la stessa terminologia, è necessario mettere i cittadini, tutti, nella condizione migliore di vivere rapporti e relazioni interpersonali improntati al senso civico. Evitando ogni forma di dialettica oppositiva, di rivalità, di disarcionamento dell’altro considerato come avversario. Al contrario, occorre sviluppare una formazione capillare al senso della responsabilità corresponsabile nei confronti dell’intero corpo sociale. L’individualismo arrivista ed egoista è l’insidia più pericolosa dell’oggi sociale: ognuno pensa per sé. Mentre di fatto nessuno sta veramente bene se il corpo sociale, di cui è membro, è ammalato. Sotto questo profilo occorre una educazione, che parte dalla famiglia d’origine alla scuola, alle parrocchie, al volontariato… al senso dell’integrazione delle diversità. Appunto perché l’alterità non significa, né giustifica, rivalità. Alterità richiama complementarietà e organicità. Il testo di 1 Cor 12 ne è una esemplificazione incontestabile. Affascinante! Un solo corpo, molte membra. E quando si dice molte si allude ad un pluralità multipla. Bisognerebbe essere professionisti in anatomia per averne una idea più precisa, benché non ancora esaustiva. Nessun membro è il clone dell’altro. La pluralità differenziata è condizione perché sussista un organismo. Come l’organicità, che garantisce il collegamento tra loro di tutte le membra, anche di quelle più distanziate, è l’habitat delle membra differenziate perché siano vive. Ciò che balza all’evidenza è il fatto che ogni membro sta al suo posto, nella giusta proporzione. Diversamente, ci troviamo in presenza di una situazione tumorale, invasiva. Infatti, ogni organismo tende all’armoniosità, garantita in tutta la fase di crescita dipendente dal metabolismo. Evidenziamo un ulteriore osservazione che sta sotto gli occhi e l’esperienza di tutti, senza eccezioni: la specularità del corpo umano! Rispetto al suo centro, più ideale che cosificato, comunque identificabile nella sua spina dorsale e nel suo sterno, il corpo umano è costituito da una parte destra e da una parte sinistra: con rispettive gambe e piedi, glutei, braccia e mani, occhi, orecchi, narici… Ora, tutto ciò che costituisce la parte destra del corpo, in ogni suo elemento, fino al più minuto e interno al corpo stesso, è sì speculare a tutto ciò che costituisce la parte sinistra, ma non è l’equivalente. È semplicemente complementare. Un corpo umano senza o la destra o la sinistra sarebbe puramente virtuale, inesistente. E per quanto concerne l’operatività: che menomazione subisce un uomo se ha una sola gamba, una sola mano, un solo occhio…? L’organismo esige la completezza di tutte le sue parti, articolate armonicamente. Mai in contrasto una con l’altra. Nessuna è nemica, avversaria dell’altra, schierata contro l’altra. Una dipende dall’altra. La sinistra dipende dalla destra con cui entra in simbiosi, senza dissolvere la propria identità. E la destra dipende dalla sinistra senza la quale non è solo monca, ma come morta, inceppata. Qualche cosa di analogo avviene nei riguardi della società civile. Si potrebbe dire che ognuno è un unicum. Tot capita tot sententia, dicevano i latini; e noi potremmo aggiungere: ognuno, nella sua individualità, è irrepetibile. Risorsa per tutti e limite a tutti. Vi sono tante sensibilità quante sono le persone, raggruppabili in aree di sensibilità. Sicché ad ognuno va il merito di apportare all’insieme quella angolatura di visuale e sensibilità che integra quella espressa dagli altri. Così due occhi hanno un angolo di visuale più ampio di quello riservato ad uno solo. Benché per i 360 gradi occorrano più persone. Il tutto ci conduce ad affermare che nessuno è superfluo e solo un peso per la vita sociale, ma anche una risorsa. Purché si trovi al suo posto e non relegato e segregato in un sottoscala. Come potete avvertire, finora non ho fatto esplicito riferimento ai politici e agli amministratori, se non agli inizi, in forma problematica. Tuttavia l’aver indugiato sulla realtà del vivere sociale, consentiva di vederli ugualmente sul suo orizzonte. Società e responsabili della politica e dell’amministrazione sono un richiamo uno all’altro. Una società civile non può fare a meno, per essere civile, dei politici e degli amministratori, da essa stessa scelti. D’altra parte, come rappresentanti dei cittadini, sono stati eletti per essere a completa disposizione del vivere sociale civile. Orientandone il cammino e risolvendone i problemi più grossi di quelli solubili dai singoli cittadini o da gruppi di appartenenza. Ovviamente, dove i singoli cittadini o i gruppi di appartenenza, qualsiasi essa sia, si mostrano in grado di affrontare positivamente le problematiche interposte, le Istituzioni politiche e amministrative sono ben esonerate dall’intervenire. Ma dove i singoli e le appartenenze si trovano in deficit di risorse, il loro intervento si rende di dovere. Ciò induce a ricordare, semmai ce ne fosse necessità, che le Istituzioni, attraverso i loro protagonisti, sono chiamati ad intercettare le reali condizioni di vita del sociale, sapendo immergervisi con naturalezza e frequenza adeguata. Senza fare distinzione tra chi assicura il sostegno elettorale e chi ha fatto altre scelte. Quando ad un uomo delle Istituzioni è stato riconosciuto da una maggioranza democratica il diritto di governare, nell’atto del governare, praticamente si sveste delle prerogative del partito che ne ha sostenuto la candidatura, per essere l’uomo di tutti, al di sopra delle parti. E se è stato comunque eletto come rappresentante, ha il dovere di tenere in vista le problematiche della parte di cui è rappresentante, senza tuttavia scadere in quella dialettica che vede negli altri, di altre appartenenze politico partitiche, degli avversari da sconfiggere. Tutti i parlamentari sono dei cittadini italiani. Tutti i consiglieri delle Istituzioni locali sono cittadini italiani. Tutti a servizio di tutti i cittadini italiani. In questa ottica ha senso il confronto, anche serrato, motivato per evidenziare le ragioni del proprio intervento, segnato anche dal versante culturale, quello che riassume in sé tutti i valori di riferimento, in favore delle parti sociali a rischio di trascuratezza ed emarginazione; ha senso il dialogo chiarificatore in vista di un cammino da fare insieme; ha senso la presentazione di proposte anche alternative. Non hanno invece senso le diatribe fatue, le controversie estenuanti, i boicottaggi irrazionali, gli scontri preconcetti, la litigiosità irrispettosa. Mi sia consentito una ulteriore precisazione, che potrebbe essere assunta come sintesi del mio intervento: anche la terminologia di destra e sinistra mi pare corretta; e certamente non stanno ad indicare necessariamente scontrosità: la sinistra è l’altra parte della destra rispetto all’intero corpo. Destra e sinistra hanno un preciso valore. Ciò che non rappresenta l’una la rappresenta l’altra nell’ambito del corpo. È evidente che tutto dipende dal concetto che si ha della società: se un corpo organico o un territorio di conquista. Se è vero, come auspico per tutti i presenti, che abbiamo tutti il senso della società come un corpo organico, allora sentiamo come un controsenso l’abbinamento di maggioranza e opposizione, come se compito della minoranza fosse quello di opporsi alla maggioranza e far affondare tutte le sue proposte, e non quello di assicurare quegli apporti specifici di chi rappresenta comunque una fetta di società soggetta a possibile trascuratezza. Specialmente in certi tornanti della storia il superamento della logica delle contrapposizioni è particolarmente esigito. Come nell’oggi. La casa sociale sta bruciando, mettendo a rischio e a repentaglio ampie fette di società civile, per le note cause. Il corpo sociale è oggi ammalato per causa di una epidemia a dimensione mondiale. Si potrebbe andar a caccia dei responsabili; e a bocce ferme converrà che si mettano sul banco degli imputati. Ma ora è il momento di rimboccarsi le maniche. Tutti. A nessuno è lecito fare da censore degli altri, o intralciare l’azione degli altri. Entrare in rete è condizione per uscire dal guado. Per dirla con un termine tecnico, di cui ci è caro riscoprire il valore semantico: destra e sinistra siano in competizione! Etimologicamente: diretti insieme verso il medesimo obiettivo, pur da versanti diversi. Destra e sinistra dimentichino, almeno fino a crisi superata, di essere marchiate destra e sinistra. L’amore alla nostra gente faccia ricuperare la fierezza di essere italiani prima che di destra o di sinistra. E con il genio della politica di servire la gente, di cui godere la fiducia sempre, non solo nelle tornate elettorali. Chi poi si riconosce nell’ispirazione cristiana e guarda al mistero del Natale, tutta immersione nella storia dell’uomo di cui si è fatto carico, per coerenza ha forte il sentire sociale, senza selezioni. Con particolare attenzione verso chi si trova in maggior difficoltà economica, morale, relazionale. Con l’eco di queste riflessioni, auguro a tutti un Buon Natale.