Anno LXXIX - N. 3 LUGLIO/SETTEMBRE 2015 ISSN 0392 3592 - Notiziario della Provincia Lombardo-Veneta dell’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio Poste Italiane s.p.a. spedizione in abbonamento postale d. L. 353/2003 (Conv. In legge 27/02/2004 N.46) Art. 1 - Comma 1, LO/MI taxe perçue In caso di mancato recapito inviare al CMP di Milano Roserio per la restituzione al mittente previo pagamento resi UNO SGUARDO AL FUTURO DEGLI OSPEDALI RELIGIOSI Intervista ad Elio Borgonovi pag. 36 Piccoli gesti per cambiare il mondo 3/2015 1 I FATEBENEFRATELLI ITALIANI NEL MONDO I Fatebenefratelli sono oggi presenti in 52 nazioni con circa 319 opere ospedaliere. ERBA (CO) Ospedale Sacra Famiglia Via Fatebenefratelli, 20 - Cap. 22036 Tel. 031638111 - Fax 031640316 E-mail: [email protected] www.fatebenefratelli.eu www.ohsjd.org www.provinciaromanafbf.it CURIA GENERALE GORIZIA Casa di Riposo Villa San Giusto ROMA Curia Generale - Centro Internazionale Fatebenefratelli ISRAELE-Holy Family Hospital [email protected] Corso Italia, 244 - Cap. 34170 Tel. 0481596911 - Fax 0481596988 E-mail: [email protected] Via della Nocetta, 263 - Cap. 00164 Tel. 066604981 - Fax 066637102 P.O. Box 8 - 16100 Nazareth Tel. 00972/4/6508900 Fax 00972/4/6576101 Ospedale San Giovanni Calibita Isola Tiberina, 39 - Cap. 00186 Tel. 0668371 - Fax 066834001 E-mail: [email protected] Sede della Scuola Infermieri Professionali “Fatebenefratelli” Fondazione Internazionale Fatebenefratelli - F.I.F. Via della Luce, 15 - Cap. 00153 Tel. 065818895 - Fax 065818308 E-mail: [email protected] CITTÀ DEL VATICANO Farmacia Vaticana Cap. 00120 Tel. 0669883422 - Fax 0669885361 PROVINCIA ROMANA [email protected] ROMA Ospedale San Pietro Curia Provinciale Via Cassia, 600 - Cap. 00189 Tel. 0633581 - Fax 0633251424 Curia Tel. 063355906 - Fax 0633269794 Sede del Centro Studi e della Scuola Infermieri Professionali “San Giovanni di Dio”. Sede dello Scolasticato della Provincia BENEVENTO Ospedale Sacro Cuore di Gesù FILIPPINE St. John of God Social and Health Center 1126 R. Hidalgo Street, Quiapo, 1001 Manila Tel. 0063/2/7362935 Fax 0063/2/7339918 E-mail: [email protected] Sede del Postulantato e Scolasticato St. Richard Pampuri Rehabilitation Center 26 Barrio Salaban, Amadeo, 4119 Cavite Tel. 0063/46/4131737 Sede del Noviziato E-mail: [email protected] PROVINCIA LOMBARDO-VENETA [email protected] Sede Legale: Brescia Via Pilastroni, 4 - Cap 25125 BRESCIA Centro San Giovanni di Dio Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico Via Pilastroni, 4 - Cap. 25125 Tel. 03035011 - Fax 030348255 E-mail: centro.sangiovanni.di.dio@ fatebenefratelli.eu Sede del Centro Pastorale Provinciale Asilo Notturno San Riccardo Pampuri Fatebenefratelli onlus Viale Principe di Napoli, 16 - Cap. 82100 Tel. 0824771111- Fax 082447935 Via Corsica, 341 - Cap. 25123 Tel. 0303530386 E-mail: [email protected] GENZANO Dl ROMA Istituto San Giovanni di Dio CERNUSCO SUL NAVIGLIO (Ml) Curia Provinciale Via Fatebenefratelli, 2 - Cap. 00045 Tel. 06937381 - Fax 069390052 E-mail: [email protected] Sede Noviziato Interprovinciale NAPOLI Ospedale Madonna del Buon Consiglio Via Manzoni, 220 - Cap. 80123 Tel. 0815981111 - Fax 0815757643 PALERMO Ospedale Buccheri - La Ferla Via Messina Marine, 197 - Cap. 90123 Tel. 091479111 - Fax 091477625 Via Cavour, 2 - Cap. 20063 Tel. 0292761 - Fax 029241285 E-mail: [email protected] Sede del Centro Studi e Formazione Centro Sant’Ambrogio Via Cavour, 22 - Cap. 20063 Tel. 02924161 - Fax 0292416332 E-mail: [email protected] CROAZIA-Bolnica Sv. Rafael Milsrdna Braca Sv. Ivana od Boga Sumetlica 87 - 35404 Cernik Tel. 0038535386731 / 0038535386730 Fax 0038535386702 E-mail:[email protected] MONGUZZO (CO) Centro Studi Fatebenefratelli Cap. 22040 Tel. 031650118 Fax 031617948 E-mail: [email protected] ROMANO D’EZZELINO (Vl) Casa di Riposo San Pio X Via Ca’ Cornaro, 5 - Cap. 36060 Tel. 042433705 - Fax 0424512153 E-mail: [email protected] SAN COLOMBANO AL LAMBRO (Ml) Centro Sacro Cuore di Gesù Viale San Giovanni di Dio, 54 - Cap. 20078 Tel. 03712071 - Fax 0371897384 E-mail: [email protected] SAN MAURIZIO CANAVESE (TO) Beata Vergine della Consolata Via Fatebenefratelli, 70 - Cap. 10077 Tel. 0119263811 - Fax 0119278175 E-mail: [email protected] Comunità di accoglienza vocazionale SOLBIATE (CO) Residenza Sanitaria Assistenziale S. Carlo Borromeo Via Como, 2 - Cap. 22070 Tel. 031802211 - Fax 031800434 E-mail: [email protected] TRIVOLZIO (PV) Residenza Sanitaria Assistenziale San Riccardo Pampuri Via Sesia, 23 - Cap. 27020 Tel. 038293671 - Fax 0382920088 E-mail: [email protected] VARAZZE (SV) Casa Religiosa di Ospitalità Beata Vergine della Guardia Largo Fatebenefratelli - Cap. 17019 Tel. 01993511 - Fax 01998735 E-mail: [email protected] VENEZIA Ospedale San Raffaele Arcangelo Madonna dell’Orto, 3458 - Cap. 30121 Tel. 041783111 - Fax 041718063 E-mail: [email protected] Sede del Postulantato e dello Scolasticato della Provincia Edizioni Fatebenefratelli [email protected] 3/2015· Centro Studi e Formazione > [email protected] · Centro Pastorale Provinciale [email protected] 2 Sommario In copertina Papa Francesco nel viaggio in America si mostra semplice, accogliente e determinato: «pace, lavoro, libertà e terra per tutti» questo il suo invito all’ONU. 15 10 5 Editoriale L a “500 L”... Marco Fabello o.h. 6 13 6 Parole di Ospitalità Ser vizio e gratuità, ma prima di tutto ascoltare Aldo Maria Valli 10 Ospitalità e Consacrazione L’inter vista impossibile di Giovanni Cervellera 13 Meeting dei giovani europei ad Avila e Ospitalità 15 Etica Bioetica quotidiana: il rapporto con gli animali Carlo Bresciani 18 Pastorale e Ospitalità a cura di Laura Maria Zorzella Condividere l’Ospitalità insieme alle ragazze con disturbi alimentari Laura Alaimo e ricerca 22 Pastorale Miriam Ciani 3/2015 3 Sommario 39 24 Filosofia di vita e Ospitalità 27 Psichiatria e Ospitalità Marco Fabello o.h. CAPO REDATTORE: Elvio Frigerio 72 Rosmini: Carità e Cultura Maurizio Schoepf lin a cura di Rosaria Pioli Cosa pensiamo della malattia di Alzheimer? Eugenio Borgna Un’alternativa al carcere: l’unità forense “S. Riccardo Pampuri” Vanda Braida 36 Ospitalità e Sanità Uno sguardo al futuro degli ospedali religiosi L’intervista di Paolo Viana 39 44 47 50 84 27 Dalle nostre case ____________ Fede e Ospitalità San Riccardo Pampuri: eucaristicamente pio 53 San Colombano Luca Beato o.h. al Lambro 56 Erba Ospitalità nel tempo Corsi e ricorsi storici 58 Venezia Giusi Assi 59 Brescia 63 San Maurizio Erbe e Salute Canavese Orti rialzati... come farli e renderli accessibili a tutti 63 Cernusco Lorenzo Cammelli sul Naviglio Recensioni Elvio Frigerio 52 Dalle nostre case a cura di Elvio Frigerio 72 Ospitalità al femminile 64 Solbiate 65 Romano d’Ezzelino 68 Varazze 69 Ricordiamoli Chiara Lubich: il suo cammino con Maria Florence Gillet 4 3/2015 Anno LXXIX n. 3 LUGLIO/SETTEMBRE 2015 Direttore RESPONSABILE: 36 24 30 44 ISSN: 0392 - 3592 FATEBENEFRATELLI NOTIZIARIO Rivista trimestrale degli Istituti e Ospedali della Provincia Lombardo - Veneta dell’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio. Registro Stampa tribunale di Milano n. 206 del 16.6.1979 - Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (convertito in Legge 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LO/MI COLLABORATORI: Giusi Assi, Luca Beato o.h., Eugenio Borgna, Carlo Bresciani, Lorenzo Cammelli, Gianni Cervellera, Florence Gillet, Maurizio Schoepflin, Aldo Maria Valli, Paolo Viana, Laura Zorzella. CORRISPONDENTI: Erba: Silvia Simoncin; Venezia: Barbara Cini; S. Colombano al Lambro: Serafino Acernozzi o.h.; Cernusco sul Naviglio: Gianni Cervellera; S. Maurizio Canavese: M. Elena Boero; Solbiate: Anna Marchitto; Gorizia: Fulvia Marangon; Varazze: Agostino Giuliani; Romano d’Ezzelino: Lavinia Testolin; Croazia: Kristijan Sinkovic’ o.h. REDAZIONE - PUBBLICITà SEGRETERIA E ABBONAMENTI: 20063 Cernusco sul Naviglio - Via Cavour, 2 Tel. 02.9276322 Fax. 02.9230673 e-mail [email protected] Abbonamento euro 13,00 C. C. Postale n. 29398203 Padri Fatebenefratelli Via S. Vittore 12 - 20123 Milano PROPRIETARIO - EDITORE: Provincia Lombardo-Veneta Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio Fatebenefratelli Via Pilastroni 4 25125 Brescia Iscrizione al R.O.C. n. 25605 del 12/05/2015 grafica e impaginazione: Filmafir srl di Franco Ilardo Lungotevere de’ Cenci, 5 00186 Roma Tel. 06.68.37.301 [email protected] [email protected] STAMPA: Arti Grafiche Bianca & Volta srl Via del Santuario, 2 20060 - Truccazzano (Mi) foto: Archivio Fatebenefratelli - Lorenzo Cammelli CSC Audiovisivi - Archivio Filmafir Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana nel Signore Visto del Superiore Provinciale Massimo Villa o.h. il 30 settembre 2015 EDITORIALE LA “500 L”... Marco Fabello o.h. E’ quasi impossibile aprire il numero 3 della nostra rivista senza lasciarsi trascinare dall’immagine di Papa Francesco a Cuba e negli Stati Uniti. Ma ancora di più dal suo arrivo a Washington, scendere dall’aereo e infilarsi nella macchina, una “Fiat 500 L”. Un messaggio chiaro e inequivocabile fin dal suo arrivo: povertà, semplicità, fraternità, accoglienza. E poi: basta guerre, via la pena di morte, la vita è il valore, le armi per fare soldi, gli incontri con la gente, con i bambini profughi, e altro ancora e il discorso all’ONU: «pace, lavoro, libertà e terra per tutti». Ma Papa Francesco parlando agli Stati Uniti, si è rivolto a tutti gli uomini e le donne, e nell’incontro con i Vescovi si è rivolto a tutta la Chiesa. Siamo tutti un po’ responsabili della violenza che c’è nel mondo, del degrado delle famiglie. Tutti abbiamo qualche responsabilità sul degrado della terra, del suo inquinamento anche con i nostri gesti quotidiani sulle piccole cose che potremmo e dovremmo fare e non facciamo. Siamo un po’ tutti responsabili di quell’amore universale che viene a mancare, di quella incapacità di accoglienza e di Ospitalità che lascia nella sofferenza milioni di persone tra il disinteresse e l’ostilità di tanti, anche credenti. La “Fiat 500 L” porta dentro di sé un carico enorme di responsabilità, acquista il significato che con i piccoli gesti di bontà si può cambiare il mondo, che con strumenti modesti e poche risorse si può aiutare il prossimo in difficoltà. La “500” cammina tra la gente, anche tra i messicani che tentano di raggiungere gli Stati Uniti. Forse anche Francesco ne porta quattro per volta in salvo, forse fa ancora tanti viaggi per ricongiugere le famiglie, i genitori coi bambini ancora piccoli, come quella bambina che sfugge alla sorveglianza e consegna al Papa una lettera che chiede aiuto per i suoi genitori. La domanda che deve tormentarci fino ad una riposta che ci impegni è: io, cristiano, laico, religioso, uomo vero, cosa faccio perché il mondo sia migliore? Se lo vogliamo ci sarà sempre una ideale “500 L” che ci attende per frequentare percorsi di carità. 3/2015 5 Parole di Ospitalità Servizio e gratuità, ma prima di tutto ascoltare Aldo Maria Valli È triste quando si trovano comunità cristiane, siano parrocchie, congregazioni religiose, diocesi, che si dimenticano della gratuità, perché dietro c’è l’inganno di presumere che la salvezza viene dalle ricchezze, dal potere umano… Francesco porta come esempio la figura di Teresa di Calcutta, la piccola grande suora che «sentiva la voce del Signore: non parlava e nel silenzio ha saputo ascoltare» e quindi agire. F ra le tante omelie tenute da Papa Francesco nelle messe del mattino a Santa Marta ce ne sono alcune che risuonano come ammonimenti speciali per chi è chiamato a dedicarsi ai fratelli attraverso l’accoglienza e l’assistenza. Sebbene la forma scritta non sia la migliore per restituire la freschezza del suo stile, pieno di invenzioni linguistiche, vale allora la pena di ripercorrere le riflessioni proposte da Francesco, a partire dal 26 giugno 2015, quando, puntando l’attenzione sulla vicinanza, spiega che i cristiani sono senz’altro chiamati ad avvicinarsi concretamente a coloro che il resto della società tende a escludere, ma avvicinarsi in realtà non basta. Bisogna anche porgere la mano in un gesto di affetto e di condivisione. Ed è proprio questo che rende la Chiesa una vera comunità. 6 3/2015 bene: “Essendo uguale a Dio, La Chiesa è comunità se non stimò un bene irrinunciabile questa divinità; annientò si avvicina agli ultimi se stesso”. E poi Paolo va olPapa Francesco ricorda l’e- tre: “Si fece peccato”. Gesù sempio di Gesù. È stato lui il si è fatto peccato. Gesù si è primo a «sporcarsi le mani». escluso, ha preso su di sé l’imLo ha fatto toccando i lebbro- purità per avvicinarsi a noi». si e guarendoli. E insegnando così alla Chiesa «che non si Gesù include può fare comunità senza vicinanza». Certo, occorre an- Nel Vangelo troviamo anche che l’iniziativa del malato di l’invito che Gesù rivolge al lebbra, che si fa coraggio, si lebbroso guarito: «Guàrdati prostra davanti a Gesù e lo bene dal dirlo a qualcuno; va’ interpella: «Signore, se vuoi, invece a mostrarti al sacerdote puoi purificarmi». E di fronte e presenta l’offerta prescritta a questa richiesta Gesù non si da Mosè come testimoniantira indietro, né si limita a un za per loro». Che significa? discorso di circostanza. Gesù Vuol dire, spiega Francesco, che per Gesù è fondamentale tocca il lebbroso e lo risana. non solo la prossimità, ma anIl bene non si fa da lontano che l’inclusione. Il lebbroso è riammesso nel consesso sociaIl miracolo, nota il Papa, av- le, gli è attribuita di nuovo una viene sotto gli occhi dei dot- cittadinanza. tori della legge, che restano «Tante volte penso che sia scandalizzati, perché per loro non dico impossibile, ma molil lebbroso è un impuro. La to difficile fare del bene senlebbra, osserva Francesco, era za sporcarsi le mani. E Gesù veramente una condanna a si sporcò. Vicinanza. E poi vita e «guarire un lebbroso era va oltre. Gli disse: “Vai dai tanto difficile quanto resuscita- sacerdoti e fa quello che si re un morto». I lebbrosi erano deve fare quando un lebbroin effetti morti viventi, total- so viene guarito”. Quello che mente emarginati dal contesto era escluso dalla vita sociale, sociale. Gesù invece tende la Gesù lo include: include nelmano all’escluso, all’ultimo fra la Chiesa, include nella sociegli ultimi, indicando così, con tà. “Vai, perché tutte le cose un gesto più eloquente di tante siano come devono essere”. parole, che cosa significa «vici- Gesù non emargina mai alcuno, mai. Emargina sé stesso, nanza». «Non si può fare comunità per includere gli emarginati, senza vicinanza. Non si può per includere noi, peccatori, fare pace senza vicinanza. Non emarginati, con la sua vita». si può fare il bene senza avvicinarsi. Gesù ben poteva dirgli: Io so avvicinarmi? “Sii guarito!”. No: si avvicinò e lo toccò. Di più! Nel momen- Francesco sottolinea lo sconto che Gesù toccò l’impuro, certo suscitato da Gesù con le divenne impuro. E questo è il sue parole e soprattutto con i mistero di Gesù: prende su di suoi gesti. Sconcerto e stuposé le nostre sporcizie, le nostre re che spesso troviamo anche cose impure. Paolo lo dice oggi e che tuttavia, a volte, conquistano: «Quanta gente seguì Gesù in quel momento» e quanta gente «segue Gesù nella storia perché è stupita di come parla». «Quanta gente guarda da lontano e non capisce, non le interessa. Quanta gente guarda da lontano ma con cuore cattivo, per mettere Gesù alla prova, per criticarlo, per condannarlo. E quanta gente guarda da lontano perché non ha il coraggio che lui ha avuto, ma ha tanta voglia di avvicinarsi!». «Vicinanza», conclude Francesco, è una bella parola, ricca di significato per ogni cristiano, anche perché invita a un esame di coscienza: «Io so avvicinarmi?». Ho «animo, ho forza, ho coraggio di toccare gli emarginati?». È una domanda che riguarda anche «la Chiesa, le parrocchie, le comunità, i consacrati, i vescovi, i preti, tutti». Prima di tutto ascoltare Vicinanza vuol dire anche ascoltare, e proprio all’ascolto Papa Francesco dedica l’omelia a Santa Marta del 25 giugno 2015. Il passo evangelico commentato è quello della casa costruita sulla roccia, e Francesco prima di tutto nota che il brano di Matteo (7, 21-29) arrivi al termine di «una sequela di catechesi che Gesù fa al popolo», un popolo che resta ancora una volta stupito e segue il Signore perché egli insegna «come uno che ha autorità, e non come i loro scribi», il che dà un insegnamento anche a noi: «La gente sa quando un sacerdote, un vescovo, un catechista, un cristiano, ha quella coerenza che gli dà autorità, sa discernere bene». Del resto, lo stesso Gesù, in un passo precedente, «ammo3/2015 7 Parole di Ospitalità nisce i suoi discepoli, la gente, tutti: “Guardatevi dai falsi profeti”». L’espressione giusta sarebbe «pseudoprofeti». Questi pseudoprofeti «sembrano pecorelle, pecore buone, ma sono lupi rapaci». E il Vangelo riporta proprio il brano in cui Gesù spiega come discernere «dove sono i veri predicatori del Vangelo e dove sono quelli che predicano un Vangelo che non è Vangelo». Ci sono, spiega il Papa, «tre parole chiave per capire questo: parlare, fare e ascoltare». Si parte dal «parlare». Afferma Gesù: «Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei Cieli». E continua: «In quel giorno molti mi diranno: “Signore, Signore, non abbiamo fatto profezie nel tuo nome? E nel tuo nome non abbiamo forse scacciato demoni? E nel tuo nome non abbiamo forse compiuto molti prodigi?”». Ma a costoro risponderà: «Non vi ho mai conosciuti, allontanatevi da me voi che operate l’iniquità». I falsi profeti Perché questa durezza di Gesù nei confronti di chi, dopo tutto, ha fatto tanto? Perché, dice Francesco, «questi parlano, fanno», ma manca loro «un altro atteggiamento, che è proprio la base, che è proprio il fondamento del parlare, del fare»: manca «l’ascoltare». Infatti Gesù continua: «Chi ascolta queste mie parole e le mette in pratica...». Dunque «il binomio parlare-fare non è sufficiente», e addirittura può risultare ingannevole. Il binomio corretto è un altro: è «ascoltare e fare, mettere in 8 3/2015 pratica». Infatti Gesù ci dice: vero cristiano, e alla fine crol«Chiunque ascolta queste mie lerà tutto», perché «non è sulla parole e le mette in pratica roccia dell’amore di Dio, non sarà simile a un uomo saggio è “roccioso”». Invece «uno che ha costruito la sua casa sul- che sa ascoltare e dall’ascolto la roccia. Poi viene la pioggia, fa, con la forza della parola di soffiano i venti ma la casa ri- un altro, non della propria», mane salda perché è una casa costui «rimane saldo come la rocciosa, fatta sulla roccia». In- roccia: benché sia una persona vece «quello che ascolta le pa- umile, che non sembra imporrole ma non le fa sue, le lascia tante», è grande. passare, cioè non ascolta sul E «quanti di questi grandi ci serio e non le mette in pratica, sono nella Chiesa! Quanti vesarà come quello che edifica la scovi grandi, quanti sacerdoti sua casa sulla sabbia». grandi, quanti fedeli grandi che Ecco quindi la chiave per ri- sanno ascoltare e dall’ascolto conoscere i falsi profeti: «Dai fanno!». loro frutti li conoscerete». Ovvero «dal loro atteggiamento: L’esempio di Teresa tante parole, parlano, fanno di Calcutta prodigi, fanno cose grandi, ma non hanno il cuore aperto per Francesco porta come esemascoltare la parola di Dio, han- pio la figura di Teresa di Calno paura del silenzio della pa- cutta, la piccola grande suora rola di Dio». Sono questi «gli che «sentiva la voce del Signopseudocristiani, gli pseudopa- re: non parlava e nel silenzio stori», che «fanno cose buo- ha saputo ascoltare» e quindi ne», ma «gli manca la roccia». agire. «Ha fatto tanto» e, come A questi «pseudocristiani» la casa costruita sulla roccia, manca proprio «la roccia «non è crollata né lei né la sua dell’amore di Dio, la roccia opera». Dalla sua testimoniandella parola di Dio». za si capisce che «i E, aggiunge Francesco, «Tante volte grandi sanno ascolpenso che «senza questa roccia tare e dall’ascolto sia molto non possono profetizfanno, perché la difficile zare, non possono loro fiducia e la loro fare costruire: fanno finta, forza» sono «sulla del bene perché alla fine tutto roccia dell’amore di senza sporcarsi crolla». Gesù Cristo». le mani» Questi «pseudopastoAvvicinarsi, includeri» sono «i pastori mondani, i re, ascoltare. Ma per il cristiapastori o i cristiani che parlano no ci sono altre tre parole che troppo», forse perché «hanno non possono mai essere dipaura del silenzio», e che «fan- menticate. Esse sono «cammino forse troppo». Incapaci di no, servizio e gratuità». Papa agire a partire «dall’ascolto», Francesco lo dice l’11 giugno operano a partire da loro stes- 2015 quando, nell’omelia a si, «non da Dio». Santa Marta, commenta il Quindi, ricordiamo: «Uno brano evangelico in cui Gesù che parla e fa, solamente, non invia i discepoli ad annunciaè un vero profeta, non è un re la buona notizia. Gesù, dice Francesco, invia i discepoli a compiere un cammino che non è certamente una passeggiata, ma è un invio con un messaggio: «Annunciare il Vangelo, uscire per portare la salvezza, il Vangelo della salvezza». Portare la buona notizia Ecco «il compito che Gesù dà ai suoi discepoli. Se un discepolo rimane fermo e non esce, non dà quello che ha ricevuto nel battesimo agli altri, non è un vero discepolo di Gesù: gli manca la missionarietà, gli manca uscire da se stesso per portare qualcosa di bene agli altri». «Il percorso del discepolo di Gesù è andare oltre per portare questa buona notizia. Ma c’è un altro percorso del discepolo di Gesù: il percorso interiore, il percorso dentro di sé, il percorso del discepolo che cerca il Signore tutti i giorni, nella preghiera, nella meditazione. Anche quel percorso il discepolo deve farlo perché, se non cerca sempre Dio, il Vangelo che porta agli altri sarà un Vangelo debole, annacquato, senza forza». va la tentazione dell’egoismo: “Sì, io sono cristiano, per me sono in pace, mi confesso, vado a Messa, compio i comandamenti”. Ma il servizio agli altri? Il servizio a Gesù nell’ammalato, nel carcerato, nell’affamato, nel nudo. Quello che Gesù ci ha detto che dobbiamo fare perché Lui è lì! Il servizio a Cristo negli altri». Servire gratuitamente La terza parola è gratuità. «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date», è il monito di Gesù. «Il cammino del servizio è gratuito – sottolinea Francesco – perché noi abbiamo ricevuto la salvezza gratuitamente, pura grazia: nessuno di noi ha comprato la salvezza, nessuno di noi l’ha meritata. È pura grazia del Padre in Gesù Cristo, nel sacrificio di Gesù Cristo». «È triste quando si trovano cristiani che dimenticano questa Parola di Gesù: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. È triste quando si trovano comunità cristiane, siano parrocchie, congregazioni religiose, diocesi, che si dimenticano della gratuità, perché dietro di questo e sotto questo c’è l’inganno (di presumere) che la salvezza viene dalle ricchezze, dal potere umano». La nostra speranza è in Gesù Cristo che ci dona «una speranza che non delude mai». Ma «quando la speranza è nella propria comodità» o è «nell’egoismo di cercare le cose per sé e non per servire gli altri, o quando la speranza è nelle ricchezze o nelle piccole sicurezze mondane, tutto questo crolla. Il Signore stesso lo fa crollare». Un discepolo di Gesù che non serve non è cristiano «Questo doppio percorso è il doppio cammino che Gesù vuole dai suoi discepoli». E c’è poi la seconda parola: servire. «Un discepolo che non serve gli altri non è cristiano. Se un discepolo non cammina per servire non serve per camminare. Se la sua vita non è per il servizio, non serve per vivere, come cristiano. E lì si tro- LA GENTE SA QUANDO UN SACERDOTE, UN VESCOVO, UN CATECHISTA, UN CRISTIANO HA QUELLA COERENZA CHE GLI Dà AUTORITà 3/2015 9 Ospitalità E CONSACRAZIONE L’intervista impossibile Giovanni Cervellera Mi piacerebbe fare una cosa impossibile: intervistare San Giovanni di Dio. Provo a collegarmi via etere, come si farebbe con una telefonata e dopo qualche tentativo riesco ad agganciare un filo diretto con il santo. B uongiorno Giovanni, quaggiù stiamo vivendo un anno dedicato alla Vita Consacrata. Sono tempi difficili per questo tipo di scelta. Le vocazioni si riducono, i monasteri chiudono e molte congregazioni sono costrette a vendere o abbandonare le loro opere. La crisi economica degli ultimi anni non ha certo aiutato, anzi ha fatto emergere nuove e più pesanti difficoltà. Tu che hai fondato un ordine religioso che cosa pensi di questa situazione? 10 3/2015 Anzitutto, grazie per questo Papa di essere costituiti in un colloquio. Da qualche tempo, Gruppo ospedaliero. Tant’è non è così frequente che le per- che io non avevo lasciato nulla sone si rivolgano al cielo. Poi, di scritto sulla nostra vita insievorrei precisare che io non ho me, nessuna regola e il Papa pensato principalmente a fon- dette ai primi frati la regola di dare un ordine religioso. Io ho S. Agostino. avuto un’idea, qualcuno mi ha ispirato. Ho incominciato a cu- Quindi, non volevi fondarare i malati come pensavo fos- re un ordine? se giusto e ho cercato di convincere altri ad accompagnami Non è proprio così. La mia fu in questo servizio. Ecco quello anzitutto una scelta di consacrache ho fatto: ho seguizione totale. In seguito «Dovete to quella che pensavo alla mia conversione obbedire fosse una strada digniricevetti un abito e un a lavorare tosa per la cura degli nome nuovo, come infermi. Negli ultimi molto e perdere si fa con i religiosi, e il sonno dieci anni della mia sono molto felice che nella cura vita sulla terra non ho dei poveri» altri durante la mia vita avuto altro pensiero se e dopo abbiano fatto la non quello di dedicarmi anima stessa scelta. Se fossi vissuto ane corpo alla cura. Alcuni anni cora qualche anno, penso che dopo la mia morte, ho saputo mi sarei deciso io stesso a chieche un gruppo di amici ha con- dere la costituzione di un orditinuato a seguire le mie orme, ne religioso, ma era talmente fondando ospedali e facendo grande l’ansia di curare i malati vita comune e hanno chiesto al che non vedevo altro. Quando avvenne la tua avuto la fortuna di conoscere conversione? e che mi ha seguito in tutto il mio percorso. Era da tempo che cercavo il Sono stato fortunato, perché mio posto nel mondo. lui ha guidato molti grandi Ho fatto di tutto: il pastore, il santi: Ignazio di Loyola, Tesoldato per molto tempo, il resa d’Avila, solo per dirne tagliapietre, il libraio… qualcuno. Pochi anni fa, abbiamo fatto festa anche in Ah, sì, questo lo so per- Cielo perché è stato proclaché ancora oggi esiste in mato addirittura dottore della Italia un premio lettera- Chiesa. E pensare che in vita rio che porta la tua im- fu accusato di eresia. Insommagine di libraio, è… il ma, quella predica sconvolse premio Bancarella. la mia vita. Era il Signore che mi aspettava in quel passagMa in tutto questo non ero gio. Fu tanta la gioia che mi soddisfatto. Poi un giorno presero per pazzo e fui rinmi sono ritrovato in Chiesa chiuso nell’Ospedale Reale. ad ascoltare una predica di Qui mi accorsi subito che i Giovanni d’Avila: un grande malati non erano curati con uomo, un vero santo, che ho rispetto e presi una decisione: «voglio aprire un ospedale secondo la mia volontà, dove ci siano cure per il corpo e per lo spirito». E cosi feci. LA Mi misi subito COMUNITà ad aiutare gli PUò infermieri ad ESSERE assistere i malati più pericoIL LUOGO losi e quando CHE fui dimesso, PERMETTE dopo pochi DI mesi, aprii un piccolo ospeSUPERARE dale secondo I PROBLEMI il mio desiderio. Non fu facile, ma la volontà era ferma. Nella prima domanda accennavi alle difficoltà che avete oggi. 3/2015 11 Ospitalità E CONSACRAZIONE Non pensare che nel cinquecento le cose fossero molto diverse. Certo non mancavano le vocazioni, ma bisognava essere accorti. Ho sempre avuto grande ammirazione per i religiosi, però la vocazione deve essere ben valutata per non rischiare che sia una scelta di comodo per avere il pane assicurato. Anche tra i miei primi collaboratori, nonostante avessi bisogno di aiuto, non ho risparmiato di dire loro che stavano per intraprendere una strada difficile. 12 3/2015 Ricordo che a Luigi Battista, un giovane alquanto tentennante che voleva venire in mio soccorso, ho dovuto dire: «ma se venite qui, dovete obbedire molto e lavorare molto più di quanto abbiate lavorato, e tutto assorto nelle cose di Dio e perdere il sonno nella cura dei poveri». Ero sempre pieno di debiti, i soldi non bastavano mai… mi pare che a debiti anche voi avete conservato buone tradizioni. Io avevo un piccolo segreto, che poi tanto segreto non è. Ogni volta che mi si presentava un problema, lo affidavo al Signore. Ogni cosa che facevo; quando scrivevo una lettera, quando dovevo dare una risposta, quando non c’erano più soldi… sempre. E devo dire che pur in mezzo a mille tribolazioni, la provvidenza non è mai mancata. Poi facevo tutto quanto era nelle mie possibilità perché le cose andassero per il meglio. Pregavo molto quando dovevo scegliere un mio collaboratore. Questo mi incuriosisce. Come facevi a scegliere le persone più adatte? Non è mai stato semplice. Mi fidavo e pregavo. Bisogna vedere nelle persone la parte buona e soprattutto dare tanta fiducia, è quella che fa crescere. Poi, bisogna osare: dove tutti si arrendono, bisogna insistere. Il mio primo collaboratore fu un uomo assetato di vendetta: Anton Martin. Gli avevano ucciso il fratello. Io mi avvicinai a lui e gli chiesi di perdonare l’assassino. Il Signore si servì delle mie parole per aprire il cuore di quell’uomo. Non solo perdonò, ma rimase così colpito che decise di aiutarmi nel mio lavoro. In seguito la persona che era stata perdonata, Pedro Velasco, chiese di vestire lo stesso abito. Così due uomini che si odiavano divennero i miei compagni più fidati. Il Signore aveva aperto i loro cuori, ma io li ho sempre seguiti, non li ho mai abbandonati, li ammaestravo con buone parole, con testimonianze. In questo mi facevo aiutare dal mio maestro Giovanni d’Avila che non ha mai lesinato consigli per me. Devo dire che lui mi ha sempre aiutato anche nella ricerca di denaro. Non basta mai e va cercato dove si trova. Se ricordo bene, i tuoi figli spirituali sono nati come ordine mendicante… Sì, e di questo sono sempre stato orgoglioso. Non vi è nulla di male nel chiedere i soldi per fare del bene. E mi piace proprio che in Italia i miei figli spirituali siano conosciuti come fatebenefratelli, perché è proprio vero che facendo del bene agli altri, si fa del bene anche a se stessi. Dall’alto vedo che cosa sta succedendo nelle vostre nazioni europee. C’è questo fenomeno enorme dei migranti, che sembra destinato a non finire. Penso che accogliendo loro si accoglie Cristo e si fa del bene a se stessi. In qualche modo si rende giustizia per quello che tante popolazioni hanno subito nei secoli. Al tempo stesso vi aiuta, perché se è vero che ai miei tempi c’erano ancora gli schiavi, penso che anche da voi tante forme di schiavitù siano rimaste o ne sono nate di nuove. Vorrei tornare per qualche istante alla vita religiosa. Dicevamo che attraversa una crisi di cambiamento radicale dalla quale si intravede a malapena la via d’uscita. Cos’è che si è perso e che cosa non riesce più a convincere i giovani a dedicare la vita a Dio? Beh, io non sono un esperto di fenomeni ecclesiali e tantomeno sociali. Posso solo dare la mia testimonianza. Non ho mai perso di vista l’ispirazione originaria, quella in cui lo Spirito mi ha fatto capire la mia scelta. Forse le crisi economiche sono anzitutto crisi spirituali. Per quanto riguarda la vita religiosa poi, esiste in essa una grande risorsa che è la vita comune. La comunità può essere il luogo che permette di superare i problemi. I giovani hanno sempre avuto bisogno di ideali forti, e hanno bisogno di vederli realizzati, almeno in parte, e di respirare l’armonia che ci può essere in una comunità. Sono anche convinto che non bisogna cercare modelli ideali di vita religiosa, se si è attenti a ciò che il Signore ci mette davanti, lì si capisce quale risposta vuole lo Spirito da noi. I vari ospedali che sono stati aperti nel tempo erano una risposta ad un bisogno che si manifestava in quel momento. Nei miei occhi, quando guardavo un malato, avevo l’im- magine del crocifisso che contemplavo durante la preghiera. Ho sempre cercato di rispondere al crocifisso che mi chiedeva aiuto e per questo che gli ultimi istanti della mia vita li ho trascorsi abbracciato a quel crocifisso. E così mi trovarono in ginocchio… Meeting dei Giovani europei ad Avila 5 - 9 AGOSTO 2015 S i è tenuto ad Avila, dal 5 al 9 agosto 2015, il Meeting dei Giovani europei, in occasione del V Centenario della nascita di Santa Teresa di Gesù, organizzato dal Dipartimento di Pastorale Giovanile della Conferenza Episcopale Spagnola, dalla Diocesi di Avila e dai Carmelitani Scalzi. Ávila ha raccolto più di 6.000 giovani europei in questo evento ecclesiale, con il motto: «In tempi duri, forti amici di Dio». L’incontro è stato caratterizzato da attività spirituali, educative, culturali e ricreative, aiutando a comprendere più profondamente la figura e la spiritualità di Santa Teresa di Gesù. Uno dei momenti più significativi e profondi è stata la Veglia di preghiera che ha 3/2015 13 » Ospitalità E CONSACRAZIONE » avuto luogo la notte dell’8 agosto, nella quale i giovani raccolti in una preghiera profonda e silenziosa hanno sentito il dovere di ringraziare Dio per il dono della fede. Significativa è stata la riflessione del Vescovo Xavier Novell, responsabile per il Dipartimento della Gioventù della Conferenza Episcopale spagnola. L’incontro si è concluso con la Celebrazione Eucaristica, di domenica 10 agosto, presieduta dal Presidente della Conferenza Episcopale Spagnola. Bello ed emozionante vedere questa folla di giovani che, portando la loro gioia con entusiasmo e spontaneità, andavano sempre correndo e cantando lungo le strade di Avila annunciando a tutti la bellezza di stare con Cristo. La lingua non è stato un ostacolo nella comunicazione. Anzi… Tutti cercavano di parlare la lingua degli altri paesi per far sentire l’altro accolto ed amato. Una vera testimonianza evangelica e di fratellanza si è potuto constatare in questi giorni. Prima dell’incontro ad Avila, la nostra Provincia religiosa con i suoi due Postulanti e i due Confratelli Vietnamiti accompagnati da fra Angelo Sala si sono recati a Granada e insieme hanno fatto il cammino di Giovanni di Dio. Dopo questo pellegrinaggio sulle strade di Granada si sono recati a Madrid per partecipare all’incontro Giovani Europei dell’Ordine, organizzato dai Confratelli della Pastorale Giovanile Spagnola dove erano presenti, oltre alle due Province Italiane e la Provincia Spagnola, la Provincia Austriaca e Bavarese. 14 3/2015 L’incontro si è svolto all’Albergue Santa Maria de la Paz di Madrid, un centro di accoglienza per senza fissa dimora gestito dai confratelli della Provincia Spagnola. Molto bella l’accoglienza fatta dal Padre Priore, fra Juan Antonio, e dai confratelli della casa. Un’esperienza caratterizzata dalla preghiera, dalla condivisione e dal servizio ai poveri che dimoravano nella casa. Ci si è lasciati con l’intenzione di poter ripetere tale esperienza per consolidare sempre più i legami fraterni e per portare in tutto il mondo lo spirito del nostro Fondatore, San Giovanni di Dio. INCONTRI VOCAZIONALI FATEBENEFRATELLI Continuano gli appuntamenti vocazionali per informazioni chiama fra Angelo Sala telefono 0119263811 SOLBIATE: 6-8 novembre 2015 «Il Padre Misericordioso» SAN MAURIZIO CANAVESE: 4-6 dicembre 2015 «Chi è il mio prossimo» ETICA E Ospitalità Bioetica quotidiana: Carlo Bresciani il rapporto con gli animali L’essere umano non può che rimanere al centro di ogni approccio etico, e quindi è la sua vita e il suo benessere che in primo luogo vanno promossi e difesi, se non altro perché spetta all’essere umano, e solo lui lo può fare, farsi carico del benessere dell’animale. N egli ultimi decenni è cresciuta in tutto il mondo occidentale una attenzione particolare per gli animali, soprattutto per quelli domestici: gatti e cani in modo speciale, ma non esclusivamente. Non c’è che da rallegrarsi di questa nuova coscienza e senso di responsabilità nei confronti di creature di Dio che, benché non umane, contribuiscono a quell’ecosistema in cui la vita umana è inserita e di cui partecipa. I motivi di questa accresciuta sensibilità sono da attribuire a una generale maggior attenzione all’ambiente, a un rifiuto di ogni forma di crudeltà anche nei confronti degli animali, ma anche alla crescente soli- tudine di molte persone, non solo anziane, che trovano nella compagnia dell’animale domestico una risposta alla mancanza di relazioni affettive di cui l’essere umano ha molto bisogno. L’animale domestico toglie un po’ dalla completa solitudine, sa affezionarsi alle persone, si presta a scambi affettivi e le cure che richiede danno un senso e una occupazione alla vita di chi altrimenti sarebbe completamente solo. Questa solitudine è molto diffusa, basta dare una veloce occhiata alle statistiche che mostrano un progressivo e deciso aumento dei nuclei familiari unipersonali (sarebbero 7,3 milioni solo in Italia). Questo fatto meriterebbe una profonda riflessione, ma non è questo il momento di affrontarla. 3/2015 15 ETICA E Ospitalità LA BIOETICA ANIMALISTA DEVE EVITARE IL RISCHIO DI GENERARE NELLA GENTE UNA SENSIBILITà MAGGIORE VERSO I MALTRATTAMENTI DELL’ANIMALE CHE DELL’ESSERE UMANO Non a caso spesso vengono chiamati anche ‘animali da compagnia’. Se Dio ci ha dato gli animali come aiuto, se aiutano chi è solo o chi è ammalato si pensi, per esempio, al cieco accompagnato dal cane o a quella che viene chiamata la pet-therapy (terapia attraverso la relazione con un animale) non c’è che da rallegrarsi di questa accresciuta attenzione a quanto l’animale può dare all’essere umano. I cani vengono addestrati per tante funzioni in aiuto prezioso all’essere umano, non solo come guide per i ciechi, ma come aiuto alla polizia nell’identificazione di sostanze, nella ricerca di persone, e per tanti altri utilissimi servizi. L’animale domestico non solo ha benefici terapeutici per coloro che avessero particolari disturbi psichici, ma esercita anche un ruolo non secondario come compagno di gioco dei bambini, soprattutto quan16 3/2015 do si tratta di figli unici, cosa purtroppo oggi molto diffusa. Insomma, per molti e validissimi motivi è cresciuta una reazione sociale nei confronti di qualsiasi maltrattamento degli animali. Non c’è che da rallegrarsi se questa sensibilità si estende non solo agli animali domestici, ma a tutto il mondo animale. Maltrattamenti e crudeltà sono sempre da riprovare in quanto espressione di un cuore cattivo e, quindi, teologicamente vanno considerati sotto la categoria di peccato. Dio ha affidato la creazione all’essere umano perché la coltivasse, non perché esercitasse su di essa maltrattamenti e crudeltà. Coltivare significa prendersene cura, non distruggere o maltrattare. Per una bioetica animalista Mi pare ovvio che ogni sofferenza inflitta all’animale, a meno che si dimostri strettamente necessaria, deve essere evitata e, quindi, da condannare. Qualora, onde evitare di far fare da cavia all’essere umano, sia dimostrato che sia effettivamente necessario ricorrere all’animale come cavia (ma bisogna fare tutto il ragionevolmente possibile perché questa necessità sia superata), ciò deve comportare un’attenzione scrupolosa ad evitargli ogni sofferenza o danno inutili e gratuiti. Se l’essere umano deve cibarsi di carne animale, e quindi è costretto ad uccidere l’animale, questo deve essere fatto senza infliggere una morte dolorosa all’animale stesso. Se si devono allevare animali in grande quantità per rispondere alle esigenze alimentari della popolazione, questi allevamenti devono essere organizzati in modo tale da non comportare per l’animale ambienti di vita che impongano sofferenze. E così via. La bioetica animalista è giustamente molto attenta alle sofferenze dell’animale e chiede che lo si tuteli da esse. Detto e tenuto ben fermo tutto questo, bisogna però evitare di finire ad estremi opposti a quelli del passato, oscillando da un estremo all’altro come fa il pendolo e qualche volta fa anche il pendolo della storia. Un compito di una bioetica animale dovrebbe essere quello di evitare queste oscillazioni, guidate più dall’emotività che dalla razionalità, pericolose per lo stesso animale oltre che per l’essere umano. Si tratta di oscillazioni pericolose attualmente presenti sia nella pubblicistica bioetica, e alcune pubblicazioni di P. Singer – la sua bioetica animalista e il suo approccio bioetico, invocando il superamento dello specismo e mettendo al centro la capacità di soffrire, pone sullo stesso piano essere umano e animale, anzi talora (quando la sofferenza dell’animale sarebbe superiore a quella dell’essere umano) lo mette su un piano inferiore rispetto all’animale – e di altri autori ne sono testimonianza, sia nei comportamenti e nella reazione della gente comune, con il rischio di una sensibilità maggiore verso maltrattamenti dell’animale (ripeto: sensibilità giusta) che verso maltrattamenti dell’essere umano. Intendo qui riferirmi non solo alla poca TRASCURARE sensibilità nei I GENITORI confronti delle ANZIANI grandi questioni E LASCIARLI SOLI, bioetiche quali quelle riguardanPER DEDICARE ti il trattamento TEMPO d e l l ’ e m b r i o n e E RISORSE umano e l’aborAL PROPRIO CANE to, o altre simili. NON è CERTO Vorrei, invece, il DA ELOGIARE sottolineare rilievo esagerato (e a mio modo di vedere sbagliato) che gli organi di stampa stanno dando sempre più ad alcune vicende che riguardano gli animali o a certe manifestazioni di piazza in reazione a maltrattamenti animali (cosa certamente da biasimare) e alla non altrettanta reazione quando si tratta di maltrattamenti umani. Viene dato grande rilievo quando si tratta di notizie riguardanti grandi donazioni in denaro per degli animali (magari lasciati eredi di patrimoni ingenti) quando poi si tace sul notevolissimo numero di persone che bussano alle caritas o ai centri di assistenza per avere anche solo un panino per saziare una fame che non trova altri modi per essere tacitata. Si può comprendere, anche se non l’approvo, la reazione emotiva di singoli che a ricordo del loro cane o gatto morto destinano magari decine di migliaia di Euro, comprendo meno le posizioni politically correct degli organi di comunicazione che anziché stigmatizzare questi comportamenti, li esaltano, creando così mentalità distorte. Comprendo pure meno quegli amministratori del bene pubblico che destinano risorse a beneficio di chi adotta un animale e poi sostengono di non avere alcuna risorsa per i molti che sono nell’indigenza pressoché assoluta e non sanno dove andare a dormire la notte quando fa freddo. Non sempre è facile andare contro il politically correct, perché si paga in termini di consenso o di copie di giornali vendute, ma si perde però in termini di eticità e di dignità personale. è certamente pericoloso dal punto di vista etico dimenticare la differenza qualitativa tra l’animale e l’essere umano e confondere le priorità. Anche gli affetti verso gli animali vanno disciplinati e rettamente orientati, se non vogliamo avere nuovi Caligola che finiscono per creare senatore il proprio cavallo. L’essere umano non può che rimanere al centro di ogni approccio etico, e quindi è la sua vita e il suo benessere che in primo luogo vanno promossi e difesi, se non altro perché spetta all’essere umano, e solo lui lo può fare, farsi carico del benessere dell’animale. Questo non significa che non ci si debba prendere cura dell’animale domestico, del proprio cane o del proprio gatto; significa, invece, che c’è un limite a questo prendersi cura, c’è un limite da porre alle spese per l’animale (anche domestico), significa che la sensibilità verso il proprio animale domestico non deve rendere insensibili verso le necessità del prossimo, a partire dai propri familiari. Trascurare i genitori anziani e lasciarli soli, per dedicare il proprio tempo e le proprie risorse al proprio cane non è certo da elogiare. Preferire adottare un animale domestico piuttosto che prendersi cura delle relazioni interpersonali, formarsi una famiglia o mettere al mondo un figlio non è certo ciò che esalta la dignità dell’essere umano. Amiamo gli animali, cerchiamo di trattarli sempre bene, ma preferiamo ad essi sempre le relazioni umane e diamo a queste la prevalenza. Saremo meno soli e avremo sempre meno gente che soffre di solitudine. 3/2015 17 PASTORALE E Ospitalità a cura di LAURA MARIA ZORZELLA Condividere l’Ospitalità insieme alle ragazze con disturbi alimentari Laura Alaimo Non si tratta di riabilitare, ma di condividere con le ragazze il vivere quotidiano attraverso alcune attività per impedire il loro rimuginìo mentale attorno al cibo… gli aspetti religiosi possono essere il punto di partenza per individuare i bisogni spirituali e riprendere un cammino di fede finalizzato a recuperare un rapporto con Dio e un conseguente benessere psicologico e spirituale N ei precedenti numeri abbiamo intrapreso un percorso per provare a comprendere come, nei “luoghi” dove ci si occupa di malati, ci si prende cura della persona in modo integrale, cioè cogliendo e rispondendo a tutti i suoi bisogni: fisici, psicologici, sociali e spirituali. In questo spazio, infatti, ci occupiamo di pastorale e della dimensione spirituale, spesso poco considerata dalle equipe di cura. Abbiamo attraversato la sofferenza dei malati di Alzheimer, ci siamo addentrati nella psichiatria e questa volta, attraverso la testimonianza di una educatrice, entriamo a piccoli passi nella realtà di chi soffre di disturbi alimentari. 18 3/2015 Occuparsi della dimensione spirituale di chi è malato oggi più che mai non può che essere il primo passo per avvicinare persone sofferenti, spesso lontane da percorsi di fede, talvolta di altre culture e credenze. È il primo passo per tutti coloro che occupandosi di pastorale tentano di dare testimonianza della costante presenza di un Dio misericordioso, che attraverso di noi si prende cura e attraverso noi chiede si possa ristabilire una “relazione uomoDio” che, anche attraverso i Sacramenti, porti a recuperare la speranza e un benessere spirituale che aiuta ad affrontare i momenti più difficili della propria esistenza e a risignificare la propria vita. CENTRO DIVINO “LA CASA DI BIANCA” DI CERNUSCO SUL NAVIGLIO PER IL TRATTAMENTO DEI DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE Lavorare in comunità Da anni lavoro in campo sociale – ci racconta Laura Alaimo, educatrice presso “La Casa di Bianca” nell’Istituto Sant’Ambrogio a Cernusco sul Naviglio, periferia di Milano – e da anni, quindi, mi ritrovo ad affiancare un disagio sociale ed una sofferenza, o meglio tante sofferenze… sì perché ogni sofferenza ha la sua unicità e particolarità. Con i minori stranieri prima, poi con i pazienti psichiatrici ed oggi con le ragazze con disturbi alimentari. Non nego le difficoltà iniziali di assestamento personale e familiare rispetto ad un lavoro con i turni, ma gradatamente mi sono ritrovata a conoscere un’utenza che non avrei mai scelto e che un po’ alla volta ho cominciato ad apprezzare. Negli anni precedenti passati in psichiatria, buona parte del lavoro svolto con il paziente era finalizzato ad affiancarlo nelle pratiche quotidiane, affinché riprendesse la capacità della cura di sé, del proprio spazio, della gestione economica e degli acquisti personali; della capacità di prepararsi da mangiare e quindi anche fare la spesa per un eventuale rientro a domicilio. Infine c’era tutto il lavoro risocializzante sul territorio attraverso le uscite (pranzi, gite e vacanze). Il fine ultimo era aiutare a recuperare la dignità personale in persone frammentate e spesso ridotte ad una esistenza “poco umana”. Accettando di lavorare alla Casa di Bianca tutta questa prospettiva di lavoro era da ribaltare: non si trattava di riabilitare (se non in campo alimentare e nel rapporto con il cibo), ma di condividere, con le ragazze via via inserite, il quotidiano attraverso alcune attività che impedissero il loro “rimuginìo” mentale attorno al cibo e un quotidiano, per la maggior parte del tempo, vissuto all’interno della comunità. Per questo motivo il programma settimanale della comunità è molto strutturato: dai quattro pasti giornalieri assistiti alle numerose attività proposte (ascolto musica e testi; attività manuale espressiva; giochi di società e spazio ludico; scrittura creativa, cineforum, eccetera…) la maggior parte delle quali svolte con la nostra presenza. Non mi soffermo tanto sul lavoro, fondamentale, fatto per queste ragazze, rispetto alla preparazione dei piatti per i pasti (poiché il cibo è terapia, ogni cibo è pesato con la grammatura decisa con la nutrizionista), tenuto presente anche tutto il lavoro fatto per la preparazione delle diverse attività e delle riunioni d’equipe. Qui vorrei soffermarmi in particolare su cosa ha significato e significa per me condividere la quotidianità con queste ragazze. Relazionarmi con loro mi ha fatto toccare con mano quanta sofferenza portano con sé, “divorate” non solo fisicamente, ma anche mentalmente dal disturbo alimentare. Ogni mio gesto ed ogni parola che usciva dalla mia bocca doveva essere “calibrato” alla nuova realtà. Da subito ho avuto la percezione che su alcuni aspetti si dovesse considerare anche la loro dimensione spirituale, rispetto al senso che davano alla propria esistenza; difficile capire quale canale seguire per fare emergere ed esprimere questo bisogno e come eventualmente inserirlo nel programma riabilitativo. 3/2015 19 PASTORALE E Ospitalità Esserci, fidarsi e affidarsi L’impatto iniziale è stato molto forte, non solo rispetto ad alcuni comportamenti tipici di questo disturbo, ma anche l’incontro di una estrema fragilità e sofferenza. Mi trovavo ad impattare con un dolore profondo che non coinvolgeva solo la dimensione emotiva ma anche quella spirituale. Un dolore non sempre espresso con le parole, a volte con agiti aggressivi verso gli oggetti o verso sé stessi facendosi del SI PRIVILEGIA male. Di fronte a tale L’ESSERCI CON sofferenza, diventa importante esserci, DISCREZIONE non solo fisicamenNEL PIENO te, ma anche con il RISPETTO cuore: talvolta è solo DELLA stare lì in silenzio. Far capire loro che possoPERSONA no fidarsi ed affidarsi per il loro percorso di cura. Esserci anche per dire un NO, per ricordarti una regola, perché è proprio quella regola, quell’indicazione che ti può aiutare: ma anche essere presenti condividendo le loro fatiche e le loro piccole conquiste. Queste piccole conquiste possono essere banali forse agli occhi di qualcuno, ma non per loro, come quando si concedono di guardare il proprio corpo con un nuovo sguardo o quando riescono a terminare tutto il vassoio senza la fatica iniziale, ma anzi quasi apprezzando e gustando, senza avere più il pensiero di restrizione o eliminazione. Esserci è anche cercare di viveESISTONO STUDI CHE EVIDENZIANO IL BENEFICIO PER QUESTI PAZIENTI DI OCCUPARSI DELLA SPIRITUALITà 20 3/2015 re il mio lavoro con passione, nel senso di stare con loro con tutta me stessa, con tutte le mie emozioni, cogliendo ogni incontro, ogni attività e colloquio come occasione di relazione. Esserci con un certo grado di ottimismo e serenità con queste ragazze, spesso depresse e tristi, ma anche tra noi colleghi, aiutandoci reciprocamente nel rendere più piacevole il lavoro e per superare insieme alcune fatiche. Con tutte le mie difficoltà e limiti (ed ancora in formazione in questo ambito) cerco e cerchiamo di creare relazioni significative. Ricercare i bisogni spirituali Sono educatrice, ma anche referente per la comunità del servizio di attenzione spirituale e religioso, che cerca il più possibile di rispondere al modello assistenziale dell’Ordine dei Fatebenefratelli che è un modello di cura integrale della persona, accompagnando gli ospiti in tutti i suoi bisogni, da quelli materiali a quelli spirituali. In questa comunità, con queste ragazze spesso ho ripreso alcuni atteggiamenti ed indicazioni del dialogo e relazione d’aiuto (nei diversi corsi offerti dalla struttura) che vanno ad integrare la relazione significativa. Le ragazze che lo desiderano possono partecipare alla S. Messa domenicale (eccetto coloro che hanno una grave compromissione fisica), non possono invece partecipare alla S. Messa feriale del giovedì e ad altri momenti di spiritualità offerti dal Centro perché in orari incompatibili con il programma di cura. Alcune ragazze mantengono la propria religiosità anche in un momento così difficile della loro vita, trovando conforto nella preghiera e nella partecipazione ai sacramenti. In questo senso nel tempo ho compreso che gli aspetti reli- riflessione. Alcune tematiche giosi possono essere il punto potrebbero essere: significato di partenza per individuare i dell’esistenza, quale spiritualibisogni spirituali sottesi e po- tà c’è in me…; accogliere me ter riprendere un cammino per accogliere gli altri; ospitadi fede finalizzato a recupera- lità; la sofferenza… quale spere un adeguato e significativo ranza nella sofferenza; perdorapporto con Dio e un conse- narmi e perdonare; la fiducia; guente benessere psicologico e la solitudine; l’umiltà; l’amore, spirituale. Nella maggior parte ed altre eventuali proposte dei casi ho incontrato pazien- delle stesse ragazze. ti che erano credenti Questi incontri poe che hanno perso la Alcune ragazze trebbero essere aperloro fede proprio con mantengono ti, a partecipazione lila propria le difficoltà della loro bera, condotti e gestiti religiosità vita: incolpando Dio dalle educatrici che si trovando per ciò che è a loro occupano anche di conforto nella accaduto. pastorale (nell’équipe preghiera Spesso si chiedono siamo quattro, ma dov’è Dio… perché permette turniste) in collaborazione loro questa sofferenza… Allo- con la presenza costante del ra non mi resta che star loro Responsabile del Servizio di vicino, e provo a ricordare Assistenza Spirituale e Revicendevolmente che Dio è ligiosa del Centro. Un’altra sempre vicino a noi e che è proposta, più di carattere un Dio che ama e non un religioso, cioè per le ragazze Dio che punisce o invia sof- credenti, potrebbe essere utiferenze… e così, a volte, ci si le pensare a dei momenti di ritrova a pregare insieme, sen- preghiera nei momenti “forti” za dimenticarci che ciascuno liturgici, come l’Avvento e la deve mettere le proprie forze Quaresima. nel proprio percorso di cura Non so se queste proposte rie per ridare senso alla propria usciremo a concretizzarle, ma esistenza. Talvolta, invece, re- credo sia utile ricordarmi e rista loro dentro tanta rabbia: in cordarci di continuare a prenquesti casi cerchi di stare loro derci cura delle nostre ospiti vicino, si privilegia l’Esserci ponendo al centro la persona con discrezione nel pieno ri- con tutte le sue dimensioni: spetto e comprensione della corporea, intellettuale, emotipersona e dei suoi tempi. va, sociale e anche spirituale. Pensare per il futuro Attualmente, non esistono gruppi di spiritualità strutturati, ma potrebbe essere utile proporre alcuni incontri con tematiche molto aperte, con la finalità e l’obiettivo di offrire uno spazio per le ospiti di conoscenza, condivisione e Due spunti a sostegno… Anche in ambito scientifico esistono studi che hanno evidenziato il beneficio di occuparsi della spiritualità in pazienti affetti da tali patologie. Ne cito due che mi hanno colpito in particolare. 3/2015 21 PASTORALE E Ospitalità Pasto er LA CASA DI BIANCA ACCOGLIE PAZIENTI MAGGIORENNI AFFETTI DA DISTURBI SPECIFICI DELL’ALIMENTAZIONE (ANORESSIA, BULIMIA, OBESITà PSICOGENA, DISTURBI ALIMENTARI NON ALTRIMENTI SPECIFICATI). Uno studio (Marsden P., Karagianni E., Morgan JF., 2007, Spirituality and clinical care in eating disorders: a qualitative study su International Journal of Eating Disorders) evidenziava come, in pazienti credenti, non si possono ignorare i costrutti teologici legati alla malattia (connotazioni morali rispetto all’immagine del proprio corpo, l’idea di sacrificio, eccetera). La ristrutturazione di tali credenze con l’aiuto anche della preghiera ha aiutato il processo di guarigione. Altri studi hanno evidenziato come ricorrere alla medicina narrativa e in particolare all’inserimento di gruppi di Spiritualità nei percorsi di cura rivolti a pazienti ricoverati in strutture riabilitative, 22 3/2015 porti alla crescita della propria spiritualità e un ritrovato benessere globale della persona, con una diminuzione dei sintomi di disturbo psicologico ed emotivo (ansia, depressione, conflitti, ecc.) causa di stress (vedi Eating Disorders, 2006 Comparative efficacy of spirituality, cognitive, and emotional support groups for treating eating disorder inpatients, Richards PS., Berrett ME., Hardman RK., Eggett DL.). Rispetto a tali evidenze, ma soprattutto per ciò che quotidianamente vivo accanto alle “ragazze”, penso si possa considerare utile occuparsi anche dei bisogni spirituali per realizzare un recupero globale, o meglio, completare il percorso di cura di chi è affetto da tali disturbi. C arol Gustav Jung, uno dei più noti e influenti seguaci di Freud, afferma a proposito della scienza e, di riflesso, della ricerca: «Ogni scienza termina nell’inconoscibile ma non sarebbe scienza se considerasse definitivo il suo confine, momentaneo e provvisorio, e negasse l’esistenza di ciò che oltrepassa quel punto». Noi ricercatori, che ogni giorno ci confrontiamo con la complessità della ricerca, sappiamo bene quanto questa definizione traduca orale ricerca perfettamente la realtà del nostro lavoro sul piano più strettamente tecnico-professionale. Ma essa dice poco di quello che, a livello più profondo, noi proviamo come operatori del settore. Considerare sempre “provvisorio” un “confine” raggiunto, ammettere sempre “l’esistenza di ciò che oltrepassa quel punto’’ ci espone continuamente a vissuti fatti di emozioni forti, instabili, sostenute spesso da tanti dubbi. Se consideriamo questi vissuti interni, la necessità di una Pastorale specifica per la ri- DOTTOR CRISTIAN BONVICINI, RICERCATORE DEL LABORATORIO DI GENETICA cerca è senz’altro espressione del nostro bisogno percepito, interiore e profondo, di un supporto sicuro e continuo che miri a prendersi cura dei diversi livelli della nostra umanità di operatori, come quello affettivo, etico, morale e religioso. Nello specifico, per il progetto pastorale 2015 tutte le unità operative del settore Ricerca dell’IRCCS Centro San Giovanni di Dio – Fatebenefratelli di Brescia, hanno deciso di effettuare un viaggio indietro nel tempo con l’obiettivo di descrivere i tratti più salienti di tutte quelle figure dell’Ordine, quali Fra Ottavio Ferrario, San Riccardo Pampuri, Fra Pierluigi Marchesi, che sono risultate particolarmente importanti per l’apporto personale donato al mondo scientifico, espressione forte e indiscutibile del carisma dell’Ospitalità di San Giovanni di Dio. L’incontro «Le testimonianze del passato: i Fatebenefratelli nella storia della medicina» è avvenuto il 2 luglio 2015 a Brescia e ha quindi rappresentato l’opportunità di “tornare alle radici” e di conoscere più profondamente lo spirito che anima e guida il nostro lavoro all’interno dell’IRCCS dei Fatebenefratelli. Tutto questo ha permesso di sentirsi più forti, saldi e motivati in un gruppo che tappa per tappa cresce insieme, costruendo la propria identità e affidando la propria stabilità proprio a quelle radici robuste, sicure e conosciute. A quest’ottica formativa sono da ricondursi anche gli incontri scientifici tenuti in Sala Fra Prosdocimo Salerio con una cadenza periodica (vedi il calendario aggiornato sul sito internet: www.fatebenefratelli.eu) in cui si riuniscono i diversi gruppi di ricerca per un confronto continuo fatto di momenti di condivisione non solo informativa, ma anche emozionale. Tutto questo per avere una visione globale di tutto ciò per cui la ricerca lavoro giorno dopo giorno, con l’obiettivo di una crescita non solo più completa, ma soprattutto collettiva di tutti gli operatori del servizio. Miriam Ciani 3/2015 23 FILOSOFIA DI VITA E Ospitalità Rosmini: Carità e Cultura Maurizio Schoepflin Uomo dalla cultura amplissima e poliedrica, Antonio Rosmini scrisse molto, spaziando nei campi più diversi e occupandosi di logica, metafisica, etica, pedagogia, diritto, politica, teologia e ascetica. Egli definisce l’attività conoscitiva come una sintesi tra l’idea a priori, oggettiva perché ha in Dio il suo fondamento, e la materia, che deriva dai sensi. I l 18 novembre 2007, in occasione della celebrazione della Santa Messa per la beatificazione di Antonio Rosmini Serbati, il cardinale José Saraiva Martins tenne una bella omelia, nella quale mise in luce i due tratti fondamentali della personalità del grande sacerdote e pensatore trentino: l’alacre attività caritativa e il forte impegno culturale. «All’esclusivo servizio di questa Chiesa – sottolineò Fede e carità l’alto prelato riferendosi si uniscono all’azione assistenziale e besino a fondersi, così che nefica del Beato - che con il l’amore Cristo forma il ‘Cristo totache da Dio le’ (Christus totus), Rosmini proviene fondò l’Istituto della Caria Dio tà (Rosminiani) e le Suore ritorna della Provvidenza (Rosminiane), istituti ai quali diede come fine unico quello che è lo scopo primario della vita religiosa stessa: la ricerca incessante della propria salvezza e santità. Totalmente per la Chiesa. Si tratta di un aspetto che Rosmini ha pagato a caro prezzo e che brilla in maniera altamente significativa ed esemplare nella vita del Beato: appunto il suo inossi24 3/2015 dabile e tenacissimo amore alla Chiesa». Circa poi l’attività intellettuale del pensatore di Rovereto, Saraiva Martins affermò: «Se il beato Antonio Rosmini, oltre che alla guida della famiglia religiosa da lui fondata, dedicò le sue molte energie all’impegno culturale, principalmente nel campo della filosofia, della pedagogia e della teologia, lo fece in risposta alla chiamata dei Papi del suo tempo, che nelle doti intellettuali del Roveretano videro la chiara indicazione che egli avrebbe dovuto servire la Chiesa e l’uomo nell’elaborare un sistema di pensiero che fosse di fondamento alla fede». Antonio Rosmini è senza dubbio una delle più alte figure del panorama filosofico e della spiritualità cattolica dell’Italia moderna. ANTONIO ROSMINI SERBATI (1797 - 1855) FU BEATIFICATO IL 18 NOVEMBRE 2007 Nato a Rovereto, in una nobile famiglia, nel 1797, divenne sacerdote nel 1821, e nel 1823 fu lo stesso papa Pio VII a incoraggiarlo a continuare con impegno gli studi di filosofia per i quali mostrava una straordinaria inclinazione. Tale incoraggiamento verrà confermato qualche anno più tardi dal nuovo pontefice Pio VIII, che ne avallò pure la volontà di dar vita a un Istituto religioso maschile. Nel 1838 furono approvate da papa Gregorio XVI le costituzioni dell’Istituto della Carità, la nuova famiglia religiosa voluta da Rosmini con ardore profondo. Qualche anno più tardi, nel 1841, il pensatore roveretano fu fatto oggetto di aspre criti- che. ca, pedagogia, diritto, politica, Iniziò così una polemica che teologia e ascetica. Egli definidurerà molto a lungo (addi- sce l’attività conoscitiva come rittura fin dopo la sua morte) una sintesi tra l’idea a priori, e che condizionerà pesante- oggettiva perché ha in Dio il mente una corretta e serena ri- suo fondamento, e la matecezione delle idee rosminiane. ria, che deriva dai sensi. In tal Nel 1848, Pio IX voleva farlo modo, ritiene di aver trovato cardinale e nominarlo Segre- quell’elemento universale, cotario di Stato, ma la cosa non mune a tutti gli uomini, che si realizzò. Anzi, poco tempo mette al riparo la conoscenza dopo, il suo celebre scritto dal rischio del soggettivismo e Delle cinque piaghe della San- che permette di elaborare una ta Chiesa venne condannato, filosofia non più invischiata a motivo delle critiche da lui nell’empirismo e nel sensirivolte all’istituzione ecclesia- smo, che avevano finito per stica e dettate esclusicondurla lontano dalla vamente da un amore verità che ha il suo culIL DIO DI sconfinato per la Spo- GESù CRISTO mine nel cristianesimo. sa di Cristo. Rosmini Su questa base, Rosmini è UN DIO si sottomise al giudizio AMANTE CHE costruisce il suo edificio e si ritirò a Stresa, ove SCEGLIE DI speculativo, sottolineancontinuò a impegnar- RIVELARSI do in modo particolasi assiduamente nello ALL’UOMO re l’inalienabile valore studio e nella preghiera PROPRIO COME della persona umana, fino alla morte, avvenudetentrice di due fonAMORE ta nel 1855. Uomo daldamentali diritti, quello la cultura amplissima e alla libertà e quello alla poliedrica, Antonio Rosmini proprietà, che implicano il scrisse molto, spaziando nei netto rifiuto di qualsiasi teoria campi più diversi e occupan- politica che pone l’individuo dosi di logica, metafisica, eti- in secondo piano rispetto allo 3/2015 25 FILOSOFIA DI VITA E Ospitalità Stato. Il pensatore roveretano de due momenti ugualmente fu pure, come si è detto, teo- importanti: il rifiuto dell’erlogo e asceta, e nei suoi scritti rore e la proposta della veriè rintracciabile anche una pro- tà, nella certezza che non v’è fonda e suggestiva riflessione carità più bella di quella che sul tema dell’amore che testi- svela la verità e fa un tutt’uno monia una sicura fedeltà all’i- con essa. È la carità che ha per spirazione evangelica, la quale, unico scopo Dio e che a Lui peraltro, anima tutto il sistema vuole indirizzare gli uomini. rosminiano. Per Rosmini l’a- Un tema che occupò in misumore di Dio e per Dio è il ra significativa la riflessione rocuore della fede cristiana, e sminiana, collegato anche alle ad esso egli riconosce un pri- sue vicissitudini personali, fu mato assoluto: è dall’amore di quello del sacrificio riassunto Dio che scaturisce l’amore del nel suo significato più autenprossimo ed è ancora l’amore tico dal sacrificio eucaristico: a fungere da fondamento di le infermità, le ostilità, le vultutta l’etica. Sulla scorta del nerabilità umane sono espemessaggio evangelico e della rienze nobili, nelle quali può grande tradizione del emergere in tutta la pensiero di ispiraziosua forza e purezza Rosmini ne cristiana, Rosmila potenza di Dio. ripete spesso che l’amore ni identifica l’amore Come ha ricordato ama l’amore, con l’Essere e ravvisa il Cardinale Saraiva dando vita in esso la realtà sulMartins nella sua a un costante la quale si fonda la omelia, per Rosmini scambio persona umana. Seil valore della carità di ruoli condo il filosofo di sta a fondamento tra l’amante Rovereto, il Dio di dell’intera vita crie l’amato Gesù Cristo è sopratstiana, e secondo le tutto un Dio amante sue intenzioni «i reche sceglie di rivelarsi all’uo- ligiosi e le religiose, nel cammo proprio come amore: fede minare verso l’unica meta dele carità, dunque, si uniscono la santità sarebbero stati aperti intimamente sino a fondersi, a qualunque opera di carità il così che, come Gesù ha te- Signore, principalmente attrastimoniato in modo perfetto, verso i Pastori della Chiesa e l’amore che da Dio proviene le circostanze dei tempi e dei a Dio ritorna. luoghi, avesse loro indicato: A questo proposito, Rosmini alle opere della carità spirituaripete spesso che l’amore ama le, che si riferiscono immedial’amore, dando vita a un co- tamente alla salvezza eterna stante scambio di ruoli tra l’a- dell’uomo (l’annuncio della mante e l’amato, e suggerisce fede, i sacramenti), a quelle pure alcune modalità concrete della carità intellettuale, con le secondo cui attuare tale amore quali si vuole liberare la mente caritativo. Tra queste, egli attri- dell’uomo dalle tenebre dell’ibuisce un valore del tutto par- gnoranza e illuminarla con la ticolare alla carità intellettuale luce della verità e a quelle delche si realizza mediante l’im- la carità temporale, che sono pegno della mente e attraverso rivolte ai bisogni del corpo, lo stesso filosofare, che preve- quali la fame e la salute». 26 3/2015 In una lettera che Rosmini scrisse il 26 gennaio 1833 a un amico, che gli aveva prospettato un coinvolgimento da parte sua nel progetto di costruzione di un ricovero per i poveri, il Beato risponde che sarà ben lieto di dare il proprio contributo, anche economico, ma desidera altresì mettere in guardia l’amico su una questione di fondamentale importanza: l’iniziativa filantropica dovrà rispondere a un principio cristianamente motivato. A tale proposito, Rosmini fa alcune affermazioni ancora oggi attuali e scrive: «Un altro timore mio è che questi istituti […] non siano già effetti di una vera carità cristiana, ma piuttosto del sottile egoismo e della mollezza del secolo nostro, il quale contraffà la stessa carità, e veste i vizi da virtù, facendo servire con una perpetua finzione e con la più indegna ipocrisia le cose tutte al proprio interesse. In vero né Gesù né gli apostoli ci hanno mai insegnato a non poter sopportare sotto gli occhi nostri i poverelli e ad allontanare il loro aspetto da noi: Gesù Cristo e gli apostoli non ci hanno mai insegnato ad essere tanto insofferenti che ci riesca di una noia insopportabile il sentirci domandare un pezzo di pane, talora più con le lacrime che con le parole». PSICHIATRIA E Ospitalità a cura di ROSARIA PIOLI Cosa pensiamo della malattia di Alzheimer? Eugenio Borgna Il nostro atteggiamento, le nostre idee sulla vecchiaia, le nostre parole sbagliate, possono accrescere drammaticamente, lo si voglia o non lo si voglia, la sofferenza e la disperazione nei cuori delle persone anziane, malate o non ancora malate; e di questo saremmo responsabili. U n cammino lungo i sentieri che portano all’interno della nostra vita: dei nostri sentimenti e delle nostre emozioni. Una domanda: quali abitudini abbiamo ad analizzare i nostri pensieri e le nostre emozioni? Cosa fatica farlo, ma quante dissonanze eviteremmo se avessimo voglia e tempo di immedesimarci nei pensieri e nelle emozioni degli altri; ma, in ogni caso, questo cammino verso la nostra interiorità, e quella degli altri, si compie solo se è reciproco. Le cose si complicano drammaticamente quando abbiamo a che fare con una persona anziana, e ancora di più ovviamente dinanzi ad un malato di Alzheimer. Cosa proviamo dentro di noi, dentro la nostra vita interiore, quando questo avviene? Ci rendiamo conto del fatto che la nostra reazione alla malattia possa essere condizionata, prima ancora di analizzare quello che proviamo, dal filo spinato dei nostri pregiudizi? 3/2015 27 PSICHIATRIA E Ospitalità Nel contesto di una radicale sottrazione di valore e di significato alla condizione anziana rinasce, e si consolida, la tesi che giustifica il gerontocidio. Lo chiamano “liberarli dalle loro pene”; e lo mascherano con parole ambigue come “evitare l’accanimento terapeutico”, eutanasia, accelerazione della morte, e suicidio assistito. Come dice Umberto Galimberti, non si invecchia solo per degenerazione biologica ma anche, e soprattutto, per ragioni culturali, e cioè per l’idea, che la nostra cultura si è fatta della vecchiaia, come di un tempo che ha nella morte la sua fine, e nell’attesa della morte, e grazie alla medicina e ai servizi sociali, sopravvive la schiera di mummie animate che sono le persone anziane: paradossi sospesi nel crepuscolo della vita. A cosa mai servono, e quale fine hanno? Conosciamo bene i nostri pensieri, e i nostri sentimenti? Siamo sicuri che questi pensieri, e questi sentimenti, in ordine alla condizione anziana non vivano in noi? Se fosse così, sarebbe molto meglio non occuparsi né di persone anziane né di persone malate di Alzheimer che non sopporteremmo nella loro malattia, e nella loro vecchiaia. La premessa alla cura e alla assistenza non può non essere subordinata alla nostra disposizione alla ricerca e alla analisi di quello che siamo, e di quello che proviamo emozionalmente, dinanzi a chi soffra di malattia di Alzheimer. Come non dovremmo confrontarci con una persona la28 3/2015 è così difficile dire la verità senza mentire cerata dalla malattia di Alzheimer? Ci sono alcune modalità radicalmente antiterapeutiche che sono queste: invece di guardare negli occhi, e invece di colloqui, somministrare test, invece di narrazioni calcolare punteggi ai test, invece di stringere la mano tenere il malato lontano da sé: rendendolo crudelmente oggetto di osservazione. Ma, ancora, non sondare la memoria cronologica, la memoria dei fatti, che hanno a che fare con il tempo della clessidra, e sondare invece la memoria vissuta dalla quale rinascano i ricordi, le schegge dei ricordi, che hanno dato un senso alla vita: alla propria vita e a quella delle persone amate. Ascoltare insomma, e dare luogo a narrazioni, che rinascano dal passato, e ne facciano sgorgare brandelli di ricordi vissuti. Cosa proviamo interiormente quando incontriamo una persona con malattia di Alzheimer: una volta che si sia superata la fase iniziale di lontananza emotiva, e di rifiuto? La nostra angoscia si accresce, e si dilata, oscurando i nostri occhi, non consentendoci di entrare in relazione con lei, e generando in lei una angoscia ancora più lancinante? Certo, l’angoscia è l’angoscia della morte: della morte dell’altro tire, al malato significa non di rado immergerlo nell’angoscia e nella disperazione da noi, e della nostra morte; e dilaga in chi sta male, e in noi; ma ad essa non possono non accompagnarsi esperienze di tristezza che nascono contestualmente nei pazienti, e in noi. Non si dimentichi che la tristezza dell’anima, la depressione, è uno dei sintomi iniziali della malattia di Alzheimer ma è anche una normale esperienza emozionale di ogni persona anziana: non confondiamo l’una con l’altra. Non è facile immedesimarci nelle condizioni psicologiche e umane di chi abbia a sentirsi immerso, come avviene nella malattia di Alzheimer, nel vortice e negli abissi di emozioni e di pensieri frantumati; e allora come consegnare, e ridare, un senso ad incontri che rischiano continuamente di trasformarsi in sequenze di gesti sempre uguali, e di parole sempre vuote? Non muoia nondimeno in noi la speranza: solo per chi non ha più speranza ci è data la speranza che non è la speranza-illusione ma la speranza che mantenga aperta in chi sta male e in noi una scintilla, o una goccia, di speranza contro ogni speranza. Cosa dire ad una persona, che si tema, o si sappia, malata di Alzheimer, e cosa dire ai suoi familiari? Come indicare parole che non si possono insegnare, e si possono solo sentire in noi, nella nostra interiorità e nella nostra immaginazione? Non vorrei se non dire che non possa non essere salvaguardato il diritto di non sapere, e il dovere di non dire sempre la verità, quella che talora è solo la verità apparente; non dimenticando mai che, come diceva Hugo von Hofmannsthal, il grande scrittore austriaco, è così difficile dire la verità senza mentire, e ancora che dire la verità, quando questa sia tale, al malato significa non di rado immergerlo nell’angoscia e nella disperazione. Ma non è facile, e forse è impossibile, valutare la soglia di tolleranza al dolore, certo, e anche alla conoscenza della verità clinica, che sia in noi, e negli altri da noi. Il problema, e il mistero, della comunicazione: quali parole dire ad ogni incontro con una persona anziana immersa negli abissi della malattia di Alzheimer? Come ritrovare in noi parole bianche, parole a noi leggere, parole che nascano dal silenzio e dal cuore, parole che non spengano la speranza, parole fragili come vetri, e nondimeno luminose, e temerarie: alte, e arcane? Ripensiamo insomma senza fine ai pensieri e agli stati d’animo con cui guardiamo alla condizione anziana, alla vecchiaia, e in particolare alla sua estrema radicalizzazione che è la malattia di Alzheimer; e non dimentichiamoci mai che il nostro atteggiamento, le nostre idee sulla vecchiaia, le nostre parole sbagliate, possono accrescere drammaticamente, lo si voglia o non lo si voglia, la sofferenza e la disperazione nei cuori delle persone anziane, malate o non ancora malate; e di questo saremmo responsabili. Se in noi, consapevoli o inconsapevoli, si nascondono idee, che considerano la vecchiaia la età inutile, come potremmo mai anche solo dare una mano nella assistenza a persone che non siano solo anziane ma che presentino i primi segni di una malattia di Alzheimer? Certo, ci vuole coraggio, ci vogliono pazienza e forza d’animo, per fare attenzione ai nostri pensieri e soprattutto ai nostri sentimenti, e per cambiarli se non sono animati dalla carità, e dalla speranza; ma questa è la sola strada che ci consenta di trovare le parole e i gesti che possano essere di un qualche aiuto alla angoscia di chi sta male, e tema di non essere lontano dalla malattia di Alzheimer. 3/2015 29 PSICHIATRIA E Ospitalità Un’alternativa al carcere: l’unità forense «S. Riccardo Pampuri» Nell’unità forense del nostro Presidio ospedaliero riabilitativo «Beata Vergine della Consolata» di Vanda Braida San Maurizio Canavese, in provincia di Torino, l’obiettivo principale del percorso riabilitativo è quello di offrire una valida alternativa al carcere per soggetti con problematiche psichiatriche, attraverso un percorso riabilitativo che prevede interventi su vari livelli, ma soprattutto il recupero della “persona” indipendentemente dal reato commesso, nello spirito del nostro fondatore San Giovanni di Dio. I l nostro approccio alla persona ammalata è in piena sintonia con le linee guida della nostra Carta d’Identità dell’Ordine che prevede un’assistenza che consideri tutte le dimensioni della persona umana: fisica, psichica, sociale e spirituale. «Soltanto un’attenzione che consideri tutte queste dimensioni, almeno come criterio di lavoro e come obiettivo da raggiungere, potrà considerarsi come assistenza integrata». (C.I. 5.1) La nostra struttura rappresenta una fase intermedia tra il carcere e il territorio LA PRESA IN CARICO DA PARTE DEI SERVIZI è FONDAMENTALE PER I SOGGETTI CARCERATI CON PROBLEMI PSICHIATRICI 30 3/2015 DA ANNI CI OCCUPIAMO DEL SERVIZIO CATERING IN OCCASIONE DELLE FESTE DELLA CASA E DI CONVEGNI e tra l’O.P.G. (ospedale psichiatrico giudiziario) e il territorio. Durante il ricovero il paziente può sperimentarsi costruttivamente diventando parte attiva del progetto riabilitativo, acquisendo e consolidando abilità e comportamenti che gli permettano di rielaborare, ritrovare, reintegrare la propria identità, riscoprendo in se stesso le risorse LAVORARE personali per riSULLA proporsi costrutPARTE tivamente nel SANA contesto sociale e DI CIASCUNO familiare. ATTRAVERSO Una parte fondamentale del IL RECUPERO nostro lavoro è DELLA quello di attivare SUA un lavoro di rete DIGNITà attraverso il quale realizzare una concreta presa in carico da parte dei servizi territoriali (CSM - Ser.T Significa Servizio per le Tossicodipendenze - Servizio Sociali Territoriali. Servizio Sociale del Ministero di Giustizia UEPE, Avvocati difensori, Perito d’Ufficio e di parte e Famiglia). Il lavoro di rete ci permette una presa in carico del soggetto sin dall’inizio del ricovero, al fine di programmare un intervento terapeutico-riabilitativo personalizzato, che tenga conto delle risorse del territorio e che possa continuare anche dopo il ricovero e dopo che il paziente è uscito dai circuiti penali. Abbiamo avuto modo di sperimentare, nei corso degli anni, che, ad esempio, i pazienti che provenivano dall’OPG hanno potuto essere recuperati e reinseriti più facilmente sul territorio attraverso questo percorso. La presa in carico da parte dei servizi è fondamentale affinchè i soggetti con doppia problematica giuridica e psichiatrica non vengano abbandonati a se stessi. Il nostro obiettivo è anche quello di pensare a soluzioni post-ricovero per pazienti che hanno fatto un buon percorso riabilitativo, ma che non possono usufruire né di risorse personali né da parte del territorio. A tal fine, nel contesto del progetto per le “Nuove Povertà” che coinvolge tutte le strutture della Provincia Lombardo Veneta FBF, è stata costituita a S. Maurizio l’Associazione “Dr. Luigi Fiori Fatebenefratelli per le Nuove Povertà Onlus”, che rappresenta una risorsa anche per i nostri utenti. L’associazione, con l’aiuto dei volontari, ha messo a disposizione un appartamento in cui alcuni ospiti hanno potuto proseguire il loro percorso riabilitativo. L’utente che è inserito nel gruppo alloggio ha una attività lavorativa strutturata: borsa lavoro o tirocinio lavoro che gli permette di contribuire al suo mantenimento e alla conduzione della casa. Un aspetto importante è quello del lavoro in gruppo, nella gestione del quotidiano, ad esempio fare la spesa, cucinare, fare le pulizie giornaliere, come stimolo alla cooperazione e all’auto-aiuto. Il lavoro è inteso non solo per “occupare il tempo”, ma ha una precisa collocazione terapeutica ed educativa. Questa fase è importante in quanto l’obiettivo finale è il reinserimento dell’ospite sul territorio. 3/2015 31 PSICHIATRIA E Ospitalità Caratteristiche dei nostri ospiti I pazienti sono prevalentemente di sesso maschile, autori di reato con doppia problematica giuridica e psichiatrica. Le diagnosi prevalenti sono disturbi di personalità, disturbi dell’adattamento e disturbo antisociale, schizofrenia e disturbi psicotici, disturbi correlati ad abuso di sostanze, disturbi dell’umore. Provengono dal carcere, dagli ospedali giudiziari - REMS, dai repartini SPDC o dal domicilio e possono essere agli arresti domiciliari, in regime di detenzione domiciliare, in libertà vigilata. Le tipologie di reato prevalenti sono contro la persona, contro il patrimonio oppure contro la persona e il patrimonio insieme. Prenotazioni ed invio Possono accedere alla nostra unità solo con l’ordinanza di ricovero del giudice o del magistrato di sorveglianza, a seconda della posizione giuridica del soggetto. Le richieste possono venire dagli stessi magistrati, dagli avvocati difensori, dai periti d’ufficio e di parte, dai servizi territoriali (CSM, SERT, UEPE o assistenti sociali del ministero, servizi sociali del territorio). Progetto riabilitativo Per ciascun paziente è previsto un progetto terapeutico riabilitativo personalizzato mirato 32 3/2015 IL NOSTRO OBIETTIVO è ANCHE QUELLO DI PENSARE A SOLUZIONI POST-RICOVERO RIABILITATIVO ai bisogni e attitudini indivi- rio psichiatrico, SerT, serviduali; per questo gli obiettivi zi sociali territoriali, servizio e i tempi sono costantemente sociale UEPE (Ministero di monitorati nei diversi momen- Giustizia), avvocato difensore, ti del percorso riabilitativo. familiari. La definizione degli scopi del La condivisione di un proprogramma vede, inoltre, la getto terapeutico riabilitativo partecipazione attiva e diretta personalizzato, attraverso un lavoro di rete ed una presa in dell’utente stesso. Alla base di tutto il progetto carico del soggetto durante il riabilitativo c’è la necessità di ricovero, dopo la dimissione e dopo che il pazienlavorare sulla parte «La cosa te è uscito dal circuisana di ciascuno, atpiù bella to penale è indispentraverso il recupero della sua dignità di è stata, ancora sabile per evitare una volta, la reiterazione del persona e della sua di essermi reato, anche perché autostima. All’ingresso, dopo sentito uguale una buona parte dei a tutti pazienti che transital’accoglienza del pagli altri» no presso la nostra ziente, si effettua una valutazione in équipe multidi- unità hanno commesso il resciplinare con osservazione e ato perché scoperti di terapia approfondimenti psicodiagno- farmacologica e non seguiti stici; si stende poi un proget- dai servizi territoriali. to riabilitativo personalizzato Una particolare attenzione viecentrato sui bisogni e sulle atti- ne posta al recupero dei rapporti con i familiari in quanto tudini individuali. Il progetto riabilitativo avvie- molto spesso sono stati essi ne attraverso un lavoro di rete stessi vittime e oggetto di malche coinvolge gli operatori dei trattamenti da parte dei nostri servizi territoriali (ambulato- utenti. Una delle caratteristiche più significative delle attività nell’U.O. è di un’attenzione agli aspetti della spiritualità, con particolare rispetto della religione e del credo di ognuno, favorendo per ognuno i loro rituali e la loro alimentazione, i loro momenti di preghiera. scrizioni mediche rispetto alla dieta da seguire. Un altro aspetto importante del nostro percorso riabilitativo è l’attivita lavorativa, attraverso la quale il soggetto riacquista la sua dignità e l’autonomia economica. Durante il ricovero, qualora il soggetto abbia già un lavoro e la sua occupiamo del servizio catering in occasione delle feste della casa o di convegni che si svolgono nel nostro presidio. Questa attività è molto gradita perché coinvolge attivamente sia gli ospiti sia gli operatori. Di solito si crea una bellissima alchimia tra tutti, ospiti e operatori, sen- Saper cogliere i talenti di ognuno è una prerogativa che favorisce il percorso riabilitativo e si manifesta in percorsi psicoeducazionali, attività riabilitative quali l’arteterapia, il laboratorio di lettura, il laboratorio di cucina, il corso di educazione alimentare. Quest’ultimo, gestito in collaborazione con la nostra dietista, permette ai pazienti che arrivano dal carcere e che in genere soffrono di problematiche dismetaboliche, di acquisire maggior consapevolezza rispetto agli alimenti, imparando ad alimentarsi in modo corretto, accettando facilmente le pre- posizione giudica lo permetta, si cerca di conciliare il progetto riabilitativo con una ripresa dell’attivita lavorativa. Per altri soggetti si cerca di attivare un percorso di tirocinio lavorativo o formativo che permetta al soggetto un reinserimento costruttivo nel territorio dopo la dimissione. Una delle ospiti che ha potuto trovare un nuovo lavoro dice: «Attraverso le attività che si svolgono, si cerca di dare la giusta spinta ad ogni singolo ospite a voler ottenere il meglio». Per cercare di fare aggregazione e stimolare i soggetti a integrarsi nei gruppi di lavoro, da anni ci za differenza di ruolo: tutti svolgono il proprio compito in piena sinergia. Ciò ha permesso di recupare all’interno del Presidio un’Immagine positiva della nostra unità forense; operatori e ospiti hanno imparato ad apprezzarci e valorizzarci per la professionalità con cui svolgiamo l’attivita del catering. Un paziente testimonia che «la cosa più bella è stata, ancora una volta, di essermi sentito uguale a tutti gli altri. La cosa che più mi ha colpito è stata l’armonia tra tutti i presenti. Anche se non sono credente vorrei dire che si percepiva tutta la bontà di Gesù Cristo». 3/2015 33 PSICHIATRIA E Ospitalità L’équipe multidisciplinare La funzione dell’équipe multidisciplinare è quella di permettere un confronto continuo attraverso la riflessione condivisa, l’esplicazione di finalità e obiettivi comuni. La collaborazione all’interno dell’équipe permette di gestire le situazioni problematiche, soprattutto di gestire costruttivamente l’aggressività e l’impulsività che caratterizza questo tipo di pazienti. Pertanto l’équipe multidisciplinare, insieme alla formazione continua, rappresenta un supporto fondamentale per l’operatore che deve gestire le situazioni di crisi. Il costante confronto in équipe evita che l’operatore sia implicato in un eccessivo coinvolgimento o in conflitti etici o valoriali che necessitano di ulteriori punti di vista, di osservazioni più oggettive e meno influenzate dal livello emotivo. Il lavoro in équipe è anche un valido supporto che permette di tollerare le frustrazioni o il fallimento quando non si raggiungono i macro obiettivi prefissati; esso favorisce inoltre la capacità di trarre soddisfazione ed orgoglio dai piccoli passi e dalle piccole conquiste. L’operatore deve sapersi proporre come modello, nel tentativo di ridurre i comportamenti aggressivi e fornire nuovi modi per relazionarsi ed affrontare situazioni spiacevoli e frustranti. Per evitare di sommare predica su predica, punizione su 34 3/2015 punizione per indurre al cambiamento, schivando così ogni possibilità di coinvolgersi ed esporsi, occorre passare del tempo ad ascoltare, osservare, procedere per ipotesi, ricercare il significato di ciò che sta accadendo all’altro e a sé. Un reale interesse per un investimento emotivo ed affettivo da parte dell’operatore facilita il paziente a credere che valga veramente la pena investire su se stesso. L’operatore, prima di essere tale, è una persona «ATTRAVERSO LE ATTIVITà CHE SI SVOLGONO, SI CERCA DI DARE LA GIUSTA SPINTA AD OGNI SINGOLO OSPITE A VOLER OTTENERE IL MEGLIO» non perfetta con i propri bisogni e sentimenti, con una propria visione del mondo e una singolare capacità di interpretazione della realtà. L’operatore coinvolto nella relazione interpersonale con un paziente con scarso controllo dell’aggressività deve cercare di avvicinarsi alla visione dell’altro attraverso uno sforzo di decentramento e di coinvolgimento personale sospendendo il proprio giudizio e distaccandosi da ogni pregiudizio e preconcetto, soprattutto per certe tipologie di reato quali pedofilia, violenze sessuali o infanticidi. È necessaria una continua formazione da parte degli operatori, dove l’équipe multidisciplinare ha un ruolo fondamentale. da parte dei servizi territoriali. Ultimamente la situazione è ulteriormente peggiorata a causa della crisi economica e dalla conseguente mancanza di risorse economiche dei servizi. Per supportare la validità del percorso riabilitativo è stata effettuata una ricerca con l’obiettivo di valutare l’esito clinico e sociale di un intervento riabilitativo con pazienti con doppia problematica, psichiatrica e giuridica. Gli outcome da verificare erano la riduzione dell’aggressività e il controllo dell’impulsività, l’eventuale miglioramento nella assertività e nel tono dell’umore. L’articolo prosegue con una serie di dati e di tabelle, certamente significativi per chi opera nel settore ma che rischierebbero di essere incomprensibili per i nostri lettori, pertanto li omettiamo lasciandoli ad una eventuale rivista scientifica. Criticità Una delle maggiori criticità è costituita dalla doppia problematica psichiatrica e giuridica dei pazienti che accedono all’unità. I tempi clinici non sempre corrispondono ai tempi giudiziari. Può succedere infatti che un buon percorso riabilitativo venga interrotto a causa di un procedimento giudiziario emesso da un magistrato. Questo può creare difficoltà nella programmazione dei ricoveri, oltre a problemi legati al percorso riabilitativo dello stesso paziente. Una delle problematiche maggiori di cui soffrono gli ospiti sono i disturbi comportamentali, ad esempio l’aggressività, lo scarso controllo dell’impulsività, la tendenza a riproporre le stesse modalità relazionali e comportamentali del carcere che gli operatori devono saper gestire. Ci sono poi reali fatiche degli operatori nel gestire soggetti che hanno commesso reati quali la pedofilia, le violenze sessuali o gli infanticidi. Un’altra criticità forte è la fatica nel far prendere in carico questi soggetti 3/2015 35 Ospitalità e SANITà INTERVISTA Uno sguardo al futuro degli ospedali religiosi Paolo Viana La prevedibile riduzione del finanziamento pubblico deve diventare stimolo al miglioramento e non motivo di riduzione dei servizi. Bisogna mettere in campo strategie di aggregazioni, di fusioni e azioni per la messa in comune dei servizi generali ecco alcuni suggerimenti di Borgonovi. L’ economista Elio Borgonovi è uno dei massimi esperti internazionali di management e di politiche della sanità. Tra l’altro, nel 1978 ha fondato il Cergas (Centro di Ricerche sulla Gestione dell’Assistenza Sanitaria e Sociale) di cui è presidente e che rappresenta un osservatorio privilegiato per analizzare i problemi attuali e spingere lo sguardo nel futuro del nostro settore. È quello che fa in quest’in36 3/2015 tervista esclusiva che ci ha concesso. Il Patto della Salute è al centro di nuove polemiche: secondo Lei sarà tagliato per finanziare la riduzione della pressione fiscale? L’esperienza del passato anche recente ci dice che i patti interistituzionali tra Stato e Regioni sono spesso disattesi a causa di vincoli finanziari. È già accaduto per il finan- a Elio Borgonovi, economista ziamento previsto per 2015 tagliato di 2,35 miliardi, è probabile che accada anche per il 2016 per il quale è prevedibile un finanziamento di 112-113 miliardi invece dei 115 previsti nel patto per la salute sottoscritto a luglio 2014. Quale ruolo (e risorse) avranno nei prossimi anni gli ospedali religiosi classificati? Come per tutte le istituzioni il ruolo dipende da politiche generali di sistema sanitario ma anche dalla capacità che questi ospedali dimostreranno difronte alle nuove condizioni. Per quanto riguarda le politiche generali è prevedibile che le Regioni avvieranno processi di rinegoziazione con tutto il privato accreditato. Per quanto riguarda gli spazi di autonomia che dipendono da proprie scelte, anche gli ospedali privati religiosi dovranno attivare strategie di riorganizzazione interna per migliorare il valore dell’assistenza garantita-costi e per fare in modo che la prevedibile riduzione del finanziamento pubblico produca stimoli al miglioramento dell’efficienza e non riduzioni dei livelli dei servizi. Inoltre gli ospedali privati religiosi dovranno realizzare velocemente strategie di aggregazioni addirittura fusioni al fine di aumentare le loro dimensioni, non che azioni per la messa in comune di servizi generali (acquisti congiunti di beni di consumo e di tecnologie, gestione contabile, manutenzioni del patrimonio immobiliare e tecnologico, servizi logistici eccetera). Infine anche questi ospedali dovranno attivare strategie di qualificazione e formazione dei dirigenti di diverso livello e del personale di supporto a medici infermieri e altro personale direttamente impegnato nell’erogazione di prestazioni di salute. MOLTE VOLTE NON BASTANO LE EVIDENZE PER CONVINCERE CHI DEVE FARE LE POLITICHE 3/2015 37 Ospitalità e SANITà GLI OSPEDALI PRIVATI RELIGIOSI DOVRANNO REALIZZARE VELOCEMENTE STRATEGIE DI AGGREGAZIONI E DI FUSIONI E quale ruolo prevede per gli Irccs religiosi? Gli Irccs dovranno rafforzare la loro capacità di fare una politica comune con tutti gli Irccs sia privati che pubblici. In particolare dovranno individuare bene i propri punti di forza e di debolezza, potenziare i primi e cercare di eliminare i secondi. La metodologia da adottare è la SWOT analysis (Strengths, Weaknesses, Opportunities and Threats) e diventare centri di riferimento (HUB) per reti di altri ospedali. In definitiva dovranno chiarire meglio come intendono collocarsi difronte alla evoluzione dei bisogni sanitari e quale visione hanno su questo futuro. hanno un impatto sociale Fino a quando? sempre più forte? Devo rispondere come ho Purtroppo no. risposto alla domanda preceUno dei problemi della socie- dente, ma posso aggiungere tà moderna è quello che molte un elemento positivo. volte non bastano le evidenze Esistono nel nostro Paese una per convincere chi deve fare serie di esperienze positive le politiche (in questo caso su di politiche attive in questo questa grave situazione) fino settore tramite le quali con a quando le evidenze non di- interventi a costi limitati ma ventano emergenze, come di- integrati tra diversi soggetti, è mostra anche la situazione dei possibile ottenere ottimi risultati anche di recupero di paIl nuovo rapporto mon- migranti. diale sull’Alzheimer ha Ciò che si può fare invece è zienti con queste patologie. confermato l’emergenza, utilizzare questi dati per una Si tratta di attivare azioni di con un caso di demenza forte e mirata azione di sensi- mappatura di queste esperienbilizzazione che porti ad anti- ze e di diffusione nel paese. ogni tre secondi. Basteranno questi nu- cipare politiche attive anche in Se si farà ciò, tra l’altro con costi limitati, sarà possibile aiumeri a convincere il go- questo campo. tare la cenerentola ad essere verno sull’importanza di meno derelitta anche se forse investire nella ricerca di patologie che, con l’au- La psichiatria è la cene- non potrà diventare la sposa mento della vita media, rentola della medicina. del principe. 38 3/2015 FEDE E Ospitalità San Riccardo Pampuri: Luca Beato o.h. N Eucaristicamente pio San Riccardo, pur vivendo l’Eucaristia secondo la vecchia Liturgia, aveva recepito l’insegnamento di Gesù dall’Eucaristia traeva la forza della sua premurosa carità verso i malati. oi siamo abituati ad andare in Chiesa, vedere il presbiterio senza balaustre, l’altare come una mensa, il prete rivolto al popolo che guarda in faccia la gente e parla in italiano, la gente che canta diverse volte durante la Messa, viene coinvolta nelle Letture, nella Preghiera dei fedeli, porta le offerte all’altare e poi va processionalmente a fare la S. Comunione. Si sta normalmente in piedi, ci si siede durante le Letture e l’omelia e ci si inginocchia solo al momento Prima si parlava in latino, la balaustra segnava la separadella consacrazione. zione tra i fedeli e il sacerdote, il quale voltava le spalle Un po’ di storia alla gente e faceva come da Ma non è sempre stato così. ponte tra la gente e Dio, reciC’è voluto il Concilio Vatica- tando le preghiere prescritte no II (1961-1964) per fare la in latino che solo pochi capivano. Riforma Liturgica. Il popolo, in gran parte analfabeta, durante la celebrazione della S. Messa pregava per conto suo in ginocchio, oppure ripiegava sulla recitazione comunitaria del Santo Rosario, anch’esso in latino. Anch’io ho visto questa procedura quand’ero ragazzo al 3/2015 39 FEDE E Ospitalità mio paese e quand’ero giovane religioso a San Colombano al Lambro (Milano). Qui c’era un religioso, diventato quasi una istituzione, fra Raffaele Poggi, che diceva il rosario in latino, ma un po’ in fretta per stare dentro il tempo, per cui finiva col dire: «Ave Maria, sti è, sti è, sti Jesu» a cui i malati mentali rispondevano: «Santa Maria, sti è, sti è, sti. Amen». Questa era la situazione al tempo di San Riccardo Pampuri. Ma egli era un privilegiato perché aveva studiato e quindi conosceva il latino. E poi si era procurato il messalino per cui poteva seguire il celebrante in tutta la celebrazione stando in silenzio e in ginocchio, come facevamo noi religiosi. A monte della riforma liturgica ci sta un nuova impostazione teologica della S. Messa e della S. Comunione. Qui è necessario fare un po’ di storia. San Paolo celebrava l’Eucaristia nel contesto di un cena di solidarietà dei ricchi verso i poveri. Ma l’Eucaristia non veniva conservata. Poi si è pensato di portarla anche ai malati e di conservarla anche a casa loro. La complicazione è avvenuta dopo il 1000 con il sorgere di eresie che negavano la presenza reale di Cristo nell’Eucaristia. Da una parte si sono moltiplicate le iniziative per affermare la presenza reale: l’uso delle torce in chiesa durante la consacrazione, adorazioni eucaristiche, processioni. D’altra parte si è sviluppato un senso di indegnità di 40 3/2015 che ho studiato all’Università Gregoriana di Roma, distingueva ancora: la S. Messa come Sacrificio e la Santa Comunione come Sacramento, che poteva essere amministrato autonomamente. Tante volte anche noi religiosi, se non potevamo partecipare alla S. Messa, ci si premurava di fare almeno la S. Comunione. Un buon praticante UN APPUNTAMENTO DEL PAMPURI ERA LA VISITA AL SS. SACRAMENTO VERSO SERA DOPO AVER FINITO L’IMPEGNO PROFESSIONALE DELLE VISITE AI MALATI noi cristiani nei confronti dell’Eucaristia, definita “tremendum mysterium”, da adorare ma stando a debita distanza. Per conseguenza tanti cristiani andavano a Messa, ma non facevano la Santa Comunione. Ho letto da qualche parte che un prete si gloriava di non avere aperto il tabernacolo per un anno intero! La Teologia preconciliare, Veramente un secolo prima di San Riccardo era cominciato un movimento spirituale per portare i cristiani alla pratica della Santa Comunione da lungo trascurata: la famosa pratica dei primi nove Venerdì del mese. Era sottointeso che se un cristiano, invece di fare la comunione solo a Pasqua, la faceva una volta al mese per nove mesi di seguito, forse poi gli rimaneva la voglia di continuare a comunicarsi di frequente. San Riccardo si comporta fin da piccolo come un buon cristiano praticante. Quando a nove anni fa la Prima Comunione, vi giun- ge così bene preparato, che prende l’abitudine di confessarsi ogni giovedì e di comunicarsi ogni domenica. Quando poi frequentava l’Università di Pavia per prendere la Laurea in medicina e chirurgia, era capace di stare a digiuno dalla mezzanotte fino alle 11.00 del mattino per fare la Santa comunione nella Chiesa di S. Maria Canepanova. I frati Francescani che lo conoscevano qualche volta si impietosivano di lui e gli offrivano qualcosa da mangiare. Divenuto medico condotto a Morimondo ha preso abitazione con la sorella Margherita vicino all’antica abbazia. Così trovava comodo l’accesso alla Chiesa per la S. Messa quotidiana al mattino e per la visita al SS. Sacramento verso sera dopo aver finito l’impegno professionale delle visite ai malati. La visita si prolungava parecchio e spesso la sorella doveva andare a chiamarlo per la cena. Dopo il Concilio Vaticano II Con il Concilio Vaticano II la Teologia ha messo in rilievo il legame stretto tra S. Messa e S. Comunione, affermando che la S. Messa è il Sacramento del Sacrificio di Cristo, come è stata l’ultima cena di Gesù con il mandato: «Fate questo in memoria di me». La Liturgia ha recepito il messaggio dell’esegesi più recente che l’istituzione dell’Eucaristia è avvenuta in un clima conviviale (celebrazione della Pasqua ebraica e cena di addio) per cui anche la celebrazione della S. Messa deve conservare l’idea della partecipazione a un pranzo, anzi a un pranzo di nozze, le nozze tra Cristo e la Chiesa sua Sposa. L’Eucaristia è dunque un banchetto al quale siamo invitati dal Signore, il quale ci spezza personalmente il pane della parola, il pane eucaristico e il pane della carità. Il pane della parola Gesù spezza il pane dalla parola (per farci crescere nella fede viva). La Liturgia della parola, molto valorizzata nella riforma liturgica, è importantissima. Non di solo pane vive l’uomo. La parola di DALL’EUCARISTIA SAN RICCARDO TRAEVA LA FORZA DELLA SUA PREMUROSA CARITà VERSO I MALATI riconoscere gesù cristo come pane vivo disceso dal cielo per nutrire la nostra vita nel tempo e per l’eternità 3/2015 41 FEDE E Ospitalità Dio che alimenta la nostra fede è più importante anche del pane quotidiano. Per la nostra salvezza è indispensabile riconoscere Gesù Cristo come il pane vivo disceso dal cielo per nutrire la nostra vita nel tempo e per l’eternità (Discorso eucaristico del Vangelo di Giovanni, cap. 6). Ma non si può riconoscere il Cristo risorto, quando spezza il pane, se prima non si capisce in base alle Scritture il Cristo che soffre la passione e la morte di croce (Cfr. Discepoli di Emmaus, Lc 24, 25 ss). Il pane eucaristico Gesù spezza il pane eucaristico (comunione con Cristo e con i fratelli). È propriamente la comunione sacramentale, che tutti i partecipanti alla Santa Messa sono invitati a fare. Chi partecipa alla Santa Messa e non fa la Comunione è come un invitato a pranzo che non mangia. Tutti si preoccupano di lui, perché, poveretto, deve proprio star male. La comunione sacramentale non ci mette in comunione soltanto con Cristo, ma anche tra di noi, che siamo il Corpo di Cristo. Parecchi gesti della liturgia indicano questa realtà: - il simbolismo del pane ricavato dalla macinatura di molti grani e del vino ricavato dalla pigiatura di molti acini. - L’invocazione del canone: “...per la comunione al Corpo e al Sangue di Cristo, lo Spirito Santo ci riunisca in un solo Corpo”. 42 3/2015 LA CHIESA VERA, AUTENTICA, EVANGELICA VOLUTA DA GESù è QUELLA DELL’UMILTà E DEL SERVIZIO: è LA CHIESA DEL GREMBIULE - Il gesto di pace prima della Santa Comunione. - Il cibarsi del medesimo pane alla stessa mensa. Il pane della carità Gesù spezza il pane della carità (o meglio: agàpe = solidarietà) La comunione (koinonìa) porta alla diaconìa, al servizio degli altri, alla condivisione dei nostri beni con chi ne ha di bisogno. È chiaro che la colletta (= raccolta di offerte) che si fa all’offertorio è solo un gesto simbolico. Quello che Gesù vuole da noi è che mettiamo a servizio del prossimo non solo i nostri beni economici, ma tutta la nostra persona, i talenti, i carismi che abbiamo ricevuto (1Cor 12-14). A imitazione di Gesù, la cui vita è stata definita dal Papa Beato Paolo VI una pro-esistenza, un’esistenza a favore degli uomini. L’atteggiamento di fondo del cristiano è quello del servizio reciproco, simboleggiato dalla lavanda dei piedi che Gesù ha fatto agli apostoli. La Chiesa vera, autentica, evangelica, voluta da Gesù non è quella del potere economico, politico, religioso: (queste sono le tentazioni che Gesù ha vinto e che anche noi dobbiamo respingere); non è quella del trionfalismo, ma quella dell’umiltà e del servizio; è la Chiesa del grembiule. Si capisce a questo punto perché il Concilio ha parlato dell’Eucaristia come culmine e fonte della vita cristiana. Chi vive bene la sua vita cristiana con fede viva, speranza certa e carità operosa ha tutti i presupposti per celebrare bene l’Eucaristia, la veste adatta per partecipare al banchetto (Mt 22, 11), la carta d’identità per essere riconosciuto davanti al Padre e collocato tra gli eletti (Mt 25, 31 ss) e così partecipare alle nozze eterne del Cristo glorioso con la Chiesa sua sposa. Chi celebra bene l’Eucaristia (leiturghìa) cresce progressivamente nella fede e sotto l’influsso dello Spirito Santo, lo Spirito dell’amore, lavora per creare la comunione fraterna (koinonìa) e impegna la sua vita nel servizio verso il prossimo (diakonìa): compie gesti di solidarietà, lavora per la giustizia e per la pace al fine di costruire un mondo nuovo, più giusto, più umano e più solidale. Tutti i fedeli, uniti al Presidente dell’Eucaristia, devono fare proprie le parole di Cristo e condividerne l’atteggiamento interiore. Per cui quando il Sacerdote dice: «Questo è il mio corpo offerto in sacrifico per voi», devono esprimere l’intenzione: «Questa è la mia vita messa a sevizio dei fratelli». E quando dice: «Questo è il mio sangue versato per voi e per tutti…» devono intendere: «Questa è la mia vita, che sono disposto a sacrificare per il bene dei fratelli». La forza dell’Eucaristia A che serve che la tavola eucaristica sia sovraccarica di calici San Riccardo Pampuri, pur vi- d’oro, quando lui muore di vendo l’Eucaristia secondo la fame? ...». vecchia Liturgia aveva recepito Dall’Eucaristia San Riccardo l’insegnamento di Gesù datoci traeva la forza della sua prenell’ultima cena con l’istituzio- murosa carità verso i malati, ne dell’Eucaristia e con la la- per cui non pensava solo a vanda dei piedi agli apostoli. E fare delle belle diagnosi, ma conosceva pure l’insegnamen- ai poveri dava i soldi per proto di San Giovanni curarsi le medicine Fin da piccolo Crisostomo: «Vuoi e sovente faceva prende onorare il Corpo di arrivare da qualche l’abitudine Cristo? Non trascuparte anche il pollo di confessarsi rarlo quando si trova per la ricostituzione ogni giovedì nudo. Non rendergli fisica. di comunicarsi onore qui nel tem- eogni Nei malati, poveri domenica pio con stoffe di seta e affamati, vedeva per poi trascurarlo fuori, dove Cristo da soccorrere, da curapatisce freddo e nudità. Infatti re e da consolare. I L“QuestoMè ilU Tutto S Equesto O faceva con sponcolui che ha detto mio corpo” è il medesimo che taneità e con gioia, come esiha detto “Voi mi avete visto af- genza profonda del suo essere famato e mi avete nutrito” ... cristiano. San Riccardo Pampuri San Riccardo Pampuri San Riccardo Pampuri I L M U S E O I L M U S E O aperto il Sabato dalle 15,30 alle 17,30 aperto il Sabato dalle 15,30 aperto il alle 17,30 appuntamento Sabato dalleo preVio 15,30 alle 17,30 tel. 0382.93671 email: [email protected] Via Sesia, 23 - Trivolzio (pV) o preVio appuntamento tel. 0382.93671 o preVio appuntamento3/2015 email: [email protected] tel. 0382.93671 43 Ospitalità NEL TEMPO Giusi Assi Corsi e ricorsi storici Un anno fa l’ebola ha fatto irruzione negli ospedali Fatebenefratelli in Liberia e Sierra Leone, uccidendo 18 persone della Famiglia Ospedaliera S embrava destinato ad insabbiarsi della storia, insieme ai fatti terribili accaduti in secoli passati, l’articolo «Sarà peste?» pubblicato lo scorso anno proprio sul n.3 di questa rivista, invece il fluire del tempo ha ingigantito il mare della memoria risucchiando, nella sua risacca, le vite di nuove persone impegnate ad affrontare l’ondata di una tremenda epidemia: l’ebola. Questo virus, che ha investito l’Africa come uno tsunami, ha trascinato con sé migliaia di vite e chi si è prodigato per salvarle è entrato ormai nei libri di storia. Le situazioni negli anni si ripresentano come le maree: sta a noi scoprire e ricordare il modo migliore per affrontarle. I Fatebenefratelli possono ritenersi fortunati; i 44 3/2015 religiosi e loro collaboratori hanno trovato da tempo la soluzione contro l’imperversare delle tempeste nel mondo della sofferenza: esserci. Essere di fianco ai malati e sostenerli, farli approdare nel porto sicuro dell’accoglienza, dell’assistenza, dell’ospitalità, a qualsiasi costo e a proprio rischio e pericolo: questa è la testimonianza giusta per tutte le calamità. Veniamo ora al capitolo, appena ultimato, sull’ospitalità nel tempo. La cronaca diventa storia «In questi giorni ricorre il primo anniversario di un’ultima tragedia, che ha portato il virus ebola nell’Ospedale St. Joseph a Monrovia, capitale della Liberia, provocando la morte di tre religiosi Fatebenefratelli, una suora delle Missionarie dell’Immacolata Concezione ed altri cinque collaboratori. Un mese dopo queste morti, è deceduto anche fra Manuel Garcia Viejo, che ha contratto il virus nell’ospedale San Juan de Dios a Lunsar, in Sierra Leone, che ha anche ucciso otto dipendenti»: così ha ricordato Ellen Johnson Sirleaf, presidente della Liberia, consegnando il più alto riconoscimento ufficiale (Grado di Cavaliere Ufficiale) all’ospedale St. Joseph a Monrovia per il grande lavoro umanitario nella lotta contro ebola, riconoscendo l’enorme contributo che l’ospedale (Religiosi e Collaboratori) ha reso a favore della società liberiana. Il presidente Johnson Sirleaf ha inoltre concesso – postumo – il titolo LA SOLUZIONE CONTRO L’IMPERVERsARE DELLE TEMPESTE NEL MONDO DELLA SOFFERENZA: ESSERCI FRA MIGUEL PAJARES è MORTO DI EBOLA IL 12 AGOSTO 2014 DOPO ESSERE STATO RIMPATRIATO IN SPAGNA di Gran Maestro nell’Ordi- agosto dello scorso anno, ed ne di Distinzione della Re- il 5 dello stesso mese anche pubblica della Liberia a fra il Superiore dell’ospedale, fra Patrick Nshamdze, direttore Miguel Pajares, ha contratto il dell’ospedale, morto virus. Rimpatriato in In Liberia e il 2 agosto 2014, agSpagna con suor Jugiungendo il conferi- Sierra Leone liana Bonoha MIC, l’Ordine ha mento del Grado di anch’essa contagiata, i perso a causa Gran Commendatore due sono stati ricovenell’Ordine della Stel- dell’ebola 18 rati all’ospedale Carpersone, tra la d’Africa. los III di Madrid il 7 collaboratori e A seguito della reagosto. Fra Pajares è confratelli pentina diffusione del morto cinque giorni morbo e del contapiù tardi. gio di fra Patrick, l’Ospedale In quel periodo il contagio St. Joseph è stato chiuso il 1° dell’ebola è stato riscontrato in diverse persone all’ospedale di St. Joseph a Monrovia. Il 9 agosto è morta suor Chantal Mutwameme, supervisore generale e l’11 fra Giorgio Combey, assistente di farmacia. Suor Paciencia Melgar è invece sopravvissuta e, dopo aver combattuto la malattia presso il Centro ELWA (sempre a Monrovia), si è recata in Spagna il mese successivo, per donare il plasma a fra Manuel Garcia Viejo, rimpatriato in Spagna il 21 settembre, dove è morto quattro giorni dopo, nonostante l’arrivo della suora. Agosto 2014 è stato un mese molto difficile, poiché la situazione in Africa occidentale è passata da “critica” a vedersi dichiarare, dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), «Emergenza Internazionale»: fatto davvero eccezionale ma sopraggiunto in ritardo, dato che l’epidemia di ebola era stata segnalata nel mese di marzo 2014 e in poche settimane era ormai fuori da qualsiasi controllo. Pertanto, quando l’epidemia si è manifestata la scorsa estate con la sua massima virulenza, i pochi sistemi sanitari della Guinea Conakry, Liberia e Sierra Leone, sono collassati così come sono stati severamente colpiti il trasporto, il commercio e la formazione, considerate anche le drastiche misure adottate: chiusura delle frontiere e coprifuoco. 3/2015 45 Ospitalità NEL TEMPO Campagna “Stop Ebola iN Africa occidentale” L’Ordine Ospedaliero ha perso a causa dell’ebola in totale 18 persone, tra confratelli e collaboratori negli ospedali della Liberia e della Sierra Leone, ed ha compiuto grandi sforzi per ristrutturare gli ospedali e per la formazione del personale nei protocolli di triage e la protezione contro il virus, con la finalità di continuare a fornire servizi sanitari sicuri per la popolazione in questi paesi. Tutto questo ha richiesto un grande sforzo per l’Ordine, che è intervenuto da paesi diversi così come le risorse umane e finanziarie che sono stati erogati attraverso la campagna “Stop Ebola in Africa occidentale”. Questa campagna di solidarietà, che ha ricevuto il sostegno di numerosi individui e istituzioni, è stata lanciata a livello globale dalla Curia Generale mentre il coordinamento degli interventi è stato affidato all’Organizzazione Non Governativa Juan Ciudad (JCONGD), che ha sede in Spagna. Ultimi dati dell’OMS La peggiore epidemia di ebola nella storia è ancora attiva in Africa occidentale, anche se la situazione è molto cambiata rispetto ad un anno fa. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità dalla fine di luglio all’inizio del mese di agosto 2015 ha registrato il minor numero di infezioni, con solo sette nuovi casi in Sierra Leone e nella Guinea Conakry. 46 3/2015 Alcuni dati incoraggianti che si aggiungono ai risultati ottimistici diffusi dall’OMS il 31 luglio, affermando che le prove di un vaccino sperimentale per l’ebola offre un risultato preliminare di immunizzazione pari al 100%, tuttavia, il rischio di un focolaio è reale fino a quando il virus non sarà completamente sparito, quindi è necessario continuare prevenzione e controllo nei paesi della regione africana. Ad oggi l’ebola ha contagiato 27.784 persone e causato 11.294 morti, per lo più in Liberia. Ci sono tuttavia molte altre malattie che causano una mortalità elevata, come malaria e infezioni delle vie respiratorie, malattie che non sono affrontati con sufficiente attenzione e capacità della popolazione, che per lo più vive in povertà. IL PRESIDENTE DELLA LIBERIA HA ASSEGNATO IL GRADO DI CAVALIERE UFFICIALE ALL’OSPEDALE ST. JOSEPH DI MONROVIA E ALTRE ONORIFICENZE AL DIRETTORE FRA PATRICK MORTO DI EBOLA Al di là dei numeri Oltre a quanto possono dire le statistiche, abbiamo le impressioni del direttore dell’Organizzazione spagnola che ha coordinato il lavoro, José Maria Viadero, che ha dichiarato: «Abbiamo provato sentimenti contrastanti di fallimento, da un lato per la perdita dei nostri fratelli e collaboratori, e dall’altra per la significava sofferenza delle popolazioni dei paesi colpiti, che erano già molto deboli e che si sono visti coinvolti in una epidemia così tremenda e letale come l’ebola». Il Viadero aggiunge: «Nonostante il dolore e le difficoltà ci sentiamo anche incoraggiati, perché abbiamo superato questi difficili momenti grazie alla generosità e all’impegno di molti. Alcune persone hanno addirittura deciso di collaborare sul campo nonostante questo rappresentasse un grande rischio per la loro vita, dimostrando ancora una volta che quando c’è la volontà non c’è ostacolo insormontabile». ERBE E SALUTE O RTI RIALZATI... Foto 1. Orto rialzato in giardino È possibile coltivare verdure nel modo più naturale possibile anche se si vive in città e si dispone solo di un balcone, di un terrazzo o di un piccolo orto. Ma c’è un segreto: per ottenere buoni risultati bisogna scegliere sia il tipo di orto rialzato da realizzare sia le specie più adatte da coltivare. Perché utilizzare gli orti rialzati in giardino, orto e terrazzo? Poiché i contenitori hanno altezze diverse possono essere utilizzati per piantare le specie a maggior sviluppo in quelli più bassi e viceversa e dare un effetto estetico più dinamico. I contenitori di più facile costruzione sono a forma di parallelepipedo o cilindrici, ma è possibile creare contenitori curvilinei e dall’effetto più morbido. COME FARLI E RENDERLI ACCESSIBILI A TUTTI Lorenzo Cammelli Perché e come realizzare un orto rialzato in terrazzo/giardino. Trucchi e consigli per scegliere le consociazioni tra gli ortaggi L’orto rialzato è una soluzione ideale… In giardino (Foto 1): per sperimentare le specie nuove da introdurre o da coltivare; i cassoni sono privi di fondo e il substrato di coltivazione è in diretto contatto col terreno: il drenaggio è sempre garantito, non c’ è pericolo di ristagno di acqua. Nell’orto (Foto 2): i cassoni possono essere ricoperti con film plastico trasparente o con plexiglas in modo da creare un tunnel adatto a piccole serre o semenzai per le specie più esigenti; il substrato fuori terra assorbe il calore in superficie e dalle pareti verticali esposte al sole: la temperatura è più alta rispetto a quella in piena terra; in questa maniera si ottiene una precocità nella raccolta degli ortaggi. In terrazzo (Foto 3): per coltivare ortaggi o piante officinali utili in cucina. Sul balcone: per avere specie da taglio da utilizzare come ornamento della casa con mazzi e composizioni floreali nelle diverse stagioni. Foto 2. Orto rialzato nell’orto Foto 3. Orto rialzato in terrazzo 3/2015 47 ERBE E SALUTE Materiale da utilizzare Il contenitore in legno (Foto 4): se non è trattato (in autoclave), deve essere rivestito internamente con catrame liquido per diventare più durevole pur rimanendo la struttura smontabile. Il contenitore in tufo: è solido, durevole e facilmente modificabile. Il contenitore in pietra (Foto 5): necessita di cemento e malta per essere solido; è il più durevole, ma la costruzione è difficilmente modificabile Vantaggi riguardo a... Foto 4. Orto rialzato in legno Foto 5. Orto rialzato in pietra Vantaggi rispetto alle... cure colturali La manutenzione: viene ese- La bagnatura: è mirata per guita su misura per ogni specie ogni cassone e per ogni essenza vegetale coltivata e diffecoltivata nei diversi cassoni. Il substrato di coltivazione: renziata grazie all’irrigazione è mirato per ogni cassone e per a goccia o con nebulizzatori. ogni essenza vegetale coltivata. La bagnatura è modificabile La concimazione: è mirata anche manualmente con un per ogni cassone e per ogni es- opportuno rubinetto applicato ad ogni cassone rialzato. senza vegetale coltivata. Le regole generali per coltivare l’orto in terrazzo/balcone Nei cataloghi dei vivaisti, i semi di molte specie sono elencati alla voce miniortaggi. Si tratta di varietà particolari adatte a crescere e fruttificare in vaso. Il raccolto è abbondante e prolungato, gli ortaggi sono di dimensioni ridotte ma dal sapore squisito. Nella coltura in cassetta sono da preferire: In terrazzo: destinando all’orto la zona più assolata e riparata dal vento, si coltivano prezzemolo nano riccio, sedano da taglio, basilico, lattuga, fagioli nani, carote, ravanelli, pomodori, erba cipollina, fagioli e piselli nani, peperoncino piccante, erbe aromatiche in genere. Sul balcone bisogna rinunciare agli ortaggi che hanno bisogno di espandere le radici in profondità (zucchine, fagioli o piselli di normale statura, pomodori a frutto grosso, peperoni). Le buone scelte Le migliori tipologie di ortaggi da utilizzare nell’orto/ terrazzo, rispettando le distanze indicate per il trapianto, sono: Tipologia Cipolla Distanza sulla fila cm 15-20 Distanza tra le file cm 20-40 Prezzemolo Rapa cm 05-10 cm 15-20 cm 15-25 cm 25-35 Rucola cm 05-10 cm 20-30 Scalogno cm 15-20 cm 20-40 Spinacio Valeriana cm 10-15 cm 15-20 cm 30-35 (Foto 6) (Foto 7) (Foto 8) (Foto 9) (Foto 10) Foto 8. Rucola 48 3/2015 Comodità: non occorre piegarsi né inginocchiarsi, c’è ordine e pulizia in tutte le stagioni. Utilizzo degli spazi: consente di sfruttare al meglio lo spazio a disposizione grazie a materiali edili conformi agli elementi costruttivi già esistenti. Estetica: ortaggi, aromatiche e fiori da taglio sono coltivati per creare un angolo di giardino/terrazzo sempre gradevole e non da nascondere. Sbalzi termici: riduce gli sbalzi termici stagionali per esempio con l’utilizzo del legno che ha una notevole capacità isolante. Realizzazione: è posto in opera da artigiani ma è realizzabile anche dallo stesso proprietario se ha il piacere del bricolage. Foto 6. Cipolla Foto 7. Rapa Foto 9. Scalogno Foto 10. Valeriana Le cassette ideali Si ottengono ottimi risultati, rispettando il calendario delle semine che va da aprile a settembre. È consigliabile utilizzare contenitori in materiale plastico o in terracotta che devono avere l’altezza minima di 25 centimetri e la lunghezza di mezzo metro, sessanta centimetri. In una cassetta di queste dimensioni possono trovare posto due o tre piante di fagioli nani, di pomodori, di piselli e peperoncino oppure ravanelli e lattuga da taglio sufficiente per un’abbondante insalata, basilico per molti sughi e prezzemolo per minestroni. Il tipo di terreno È buona regola, nella fase di preparazione del letto di semina, aggiungere terriccio ammendante: migliora la struttura chimico fisica del terreno esistente, si crea un ambiente ottimale per la crescita degli ortaggi e si aumenta la capacità di ritenzione idrica del suolo: mediamente 20 litri ogni 10 mq. Se il terreno è argilloso (compatto e difficile da lavorare) va corretto con sabbia (10/15 kg /mq), torba (10/15 litri/mq) e letame. Se il terreno è sabbioso (leggero e facile da lavorare, non trattiene l’acqua e gli elementi nutritivi) va corretto con torba e letame in ragione di 4-5 kg./mq Se il terreno è acido (“ph” 5/5,5) spargere 0,5 kg di calce viva ogni 2 mq. Se il terreno è alcalino (“ph “ 6/6,5) spargere 0,5 kg di gesso ogni 2 mq. Concimazione Gli ortaggi hanno bisogno di abbondanti concimazioni i concimi migliori sono quelli di natura organica, misti a sali minerali. Da preferire sono i “concimi granulari”, arricchiti di magnesio, a base di materie prime di origine vegetale: sono specifici per le concimazioni di mantenimento delle principali colture da orto, rendono fertile il terreno ricostruendone le riserve: la dose media è di 75/100 gr/mq da ripetere a distanza di 2/3 mesi. Le consociazioni nell’orto... le 4 regole da rispettare 1. Mai della stessa famiglia Le consociazioni tra ortaggi della stessa famiglia sono da evitare perché: hanno le stesse esigenze nutritive e sfruttano il terreno allo stesso modo; attirano gli stessi parassiti e sono contagiati più facilmente. Non accostare mai tra di loro cetrioli, zucche, zucchine, meloni (famiglia delle cucurbitacee Foto 11) o melanzane, peperoni, pomodori e patate (famiglia delle solanacee Foto 12) Irrigazione L’ideale è installare un impianto automatico “a goccia” costituito da un tubo flessibile forato ad intervalli regolari, da collegare a un rubinetto e a un timer. Foto 11. Ortaggi famiglia Cucurbitacee modo nel giro di poco tempo si raccolgono verdure “rapide” prima che quelle “lente” siano diventate grandi. • piselli, fagioli, pomodori e cavoli, se riprodotte per seme, hanno bisogno di 2-3 mesi per arrivare a maturazione. • lattuga, spinaci e ravanelli, invece, invece si raccolgono dopo 1-2 mesi. 3. I legumi sono preziosi Hanno la proprietà di fissare l’azoto presente nell’aria e di liberarlo nel terreno a mano a mano che avanza la decomposizione 2. I più lenti con i più veloci delle radici. Il trucco sta nell’affiancare or- Per questo sono un ottimo fertitaggi a crescita lenta a ortaggi lizzante naturale per gli ortaggi a a crescita veloce. In questo foglia (lattughe, cavoli, cavolfiori, spinaci). Foto 12. Ortaggi famiglia Solanacee 4. Le piante aromatiche sono insetticidi naturali È buona regola piantare basilico, aglio, timo, santoreggia, rosmarino e salvia. Il rosmarino, per esempio, è quasi immune dagli attacchi parassitari mentre l’aglio è utile nella preparazione di macerati da spruzzare su afidi ed altri parassiti. 3/2015 49 RECENSIONI Salvino Leone IL RAPPORTO MEDICO-PAZIENTE PER LA SALUTE DELLA DONNA. NARRATIVE BASED MEDICINE Elvio Frigerio CIC Edizioni internazionali, 2015, pagine 114, ISBN: 978-8871419787, € 20,00 BENEDETTA BIANCHI PORRO NELLA FEDE LA GIOIA La Medicina narrativa, o meglio la Narrative Based Medicine (NBM) – scrive l’autore – non deve essere confusa con la medicina narrata, cioè al racconto di storie di malati e o di malattie, la NBM costituisce un metodo di approccio clinico… un diverso modo di intendere globalmente la relazione col paziente. Un approccio metodologico già applicato a diverse discipline, Salvino Leone lo applica nell’ambito ostetrico ginecologico. «In tal Edizioni Messaggero Padova, 2014, pagine 134, ISBN: 978-8825035674, € 9,50 Elena Salem Andrea Vena Nel 50° anniversario della morte, gli scritti più intensi e significativi per conoscere l’esperienza umana e il cammino di fede di Benedetta Bianchi Porro, un cammino umano e cristiano che scopriamo nei sui diari e attraverso le sue lettere. Una maturazione verso il suo Signore che le chiede tutto «fino a tre mesi fa godevo ancora della vista: ora è notte. Però nel mio calvario non sono disperata. Io so, che in fondo alla via, Gesù mi aspetta…». Il 23 gennaio 1964 muore a 28 anni, rivolgendo a Dio un’ultima parola: «Grazie». Nel 1993 sono state riconosciute le virtù eroiche di Benedetta e si stanno ora vagliando i “presunti miracoli” per la sua beatificazione. 50 3/2015 senso –leggiamo nella prefazione– questo libro vuole costituire una sorta di primo manuale per tutti coloro che vogliono approfondire o intraprendere fruttuosamente un cammino che mette in gioco anche il medico e non solo la donna». Dopo aver dettato le linee teoriche e la prassi della Medicina narrativa nella seconda parte del libro vengono illustrate le principali applicazioni cliniche per la salute della donna. PUNTINI NELL’UNIVERSO Ibis Xenia Edizioni, 2014, pagine 274, ISBN: 978-8869040023, € 14,50 Un libro “coraggioso” lo definisce nella prefazione Umberto Veronesi perché Elena Salem giornalista milanese al suo primo libro «sceglie come fil rouge il tema della vita in relazione alla morte... il lettore non troverà risposte ai dilemmi posti dalla fine dell’esistenza, ma sarà condotto con grazia a rifletterci». Un libro ben scritto che coinvolge il lettore attraverso dieci storie di persone –puntini nell’universo– con una loro vita unica e irripetibile. Ogni racconto provoca i nostri sentimenti: ci fa pensare, ci emoziona, ci stimola ad essere noi stessi e ci interpella sul senso della vita e della morte, perché, come scrive l’autrice, «se vivere non è facile, lo è ancora meno morire, se non si è accompagnati dall’affetto di persone care». Carmine Arice a cura di L’AMORE CHE SALVA. EDUCATI ALLA VITA BUONA DEL VANGELO DAL MISTERO DELLA SOFFERENZA Edizioni Dehoniane Bologna, 2015, pagine 256, ISBN: 978-8810203781, € 9,00 Promuovere eventi formativi su temi della salute, della sofferenza, della malattia, dell’invecchiamento e della morte: queste le richieste dell’episcopato italiano all’Ufficio nazionale per la pastorale della salute della CEI che ha risposto organizzando alcuni seminari. Questo volume raccoglie le relazioni di carattere biblico, teologico e pastorale tenute nei seminari organizzati è suddiviso in cinque i capitoli: Imparò l’obbedienza dalle cose che patì: riflessione biblico-teologica di Andrzej S. Wodka. Fragilità umana e processo educativo di Alessandro Partini. Salvifici doloris: attualità di una riflessione a trent’anni Silvano Fayenz L’UOMO E L’UNIVERSO. IL MISTERO DELL’ESSERE UMANO. LA TEORIA UNIFICANTE DELL’UNIVERSO Edizioni della Laguna, 2015, pagine 256, ISBN: 978-8883453960, € 20,00 Per comprendere il mistero dell’Essere umano e dell’Universo – leggiamo nella prefazione – è indispensabile conoscere l’uomo, un vero e proprio universo in miniatura. Avevamo già presentato in queste pagine dalla sua pubblicazione di Carmine Arice. Il grido di Gesù in croce: riflessione alla luce dell’esperienza di Chiara Lubich di Florence Gillet. Pedagogia del dolore innocente: riflessione alla luce dell’esperienza del beato Carlo Gnocchi di Angelo Bazzari. «L’umano soffrire è un tema – leggiamo nella presentazione di Nunzio Galantino, segretario generale della CEI – che può essere affrontato da molteplici angolature. Siamo consci però che il dolore rimane sempre un mistero e consapevoli della insufficienza e inadeguatezza delle nostre spiegazioni. Il cristiano sa che la sofferenza non può essere eliminata, ma può diventare atto di amore, affidamento alle mani di Dio che non ci abbandona». Un volume da leggere e meditare da parte di ogni credente, specialmente da chi opera e vive accanto ai malati e ai sofferenti. due volumi di Silvano Fayenz sul mistero dell’essere umano, il presente libro è il compendio dei lavori precedenti una restrizione e semplificazione richiesta dal Lion Club di Gorizia. Il volume si presenta certamente più scorrevole nella lettura anche se i temi trattati sono scientifici – la relazione cibernetica cervello-mente, verso il microcosmo e il macrocosmo, la teoria unificante dell’universo e la natura della mente – argomenti adatti ad un pubblico di studiosi interessati ad approfondire e gustare la bellezza e la profondità del nostro esistere. Pierluigi Pizzimiglio ECCLESIASTICO CATTOLICI SCIENZIATI Educatt, 2015, pagine 228, ISBN: 9788867807697, € 11,00 Una raccolta interessante e ricca di ecclesiastici cattolici coinvolti in studi nelle scienze logico-matematiche e fisiche. Tra i tanti studiosi viene citato anche Ottavio Ferrario, farmacista Fatebenefratello, che nel 1821 scoprì lo iodoformio usato come disinfettante. L’autore è sacerdote e docente di Storia della Matematiche oltre che direttore scientifico della Biblioteca delle scienze Carlo Viganò nella sede bresciana dell’Università cattolica, con questo lavoro ha voluto donarci la sua esperienza maturata in tanti anni di insegnamento «ho deciso –scrive don Pizzamiglio– di riordinare le mie carte e darle alle stampe per far conoscere i tanti ecclesiastici cattolici e i notevoli risvolti storici, epistemologici e teologi del loro impegno nelle discipline fisico-matematiche». 3/2015 51 a cura di elvio frigerio _______________________ San Colombano al Lambro 53 Erba 56 Venezia 58 Brescia 59 San Maurizio Canavese 63 Cernusco sul Naviglio 63 Solbiate 64 Romano d’Ezzelino 65 Varazze 68 Ricordiamoli nel Signore 69 52 3/2015 Dalle nostre case... SAN COLOMBANO AL LAMBRO Serafino Acernozzi oh che Cristo ha recato e mostrato agli uomini, e qui è FESTA PER 15 COLLABORATORI dell’amore ben rappresentato nel mosaico di questa Chiesa, e E PER L’ARRIVO DELLE SUORE nell’abside richiama la donazione radicale L a Chiesa del nostro Centro è gremita di ospiti, collaboratori, fedeli del vicinato, autorità civili e religiose per celebrare, venerdì 12 giugno, l’Eucarestia nel giorno della solennità del Sacro Cuore di Gesù a cui è dedicata la struttura. La concelebrazione è stata presieduta dal Superiore Provinciale fra Massimo Villa con il cappellano don Gino Muttathupadath, dal Parroco di San Colombano e alcuni sacerdoti del Vicariato. Il Superiore, fra Gennaro Simarò, ha dato il cordiale “Benvenuto” con profonda gratitudine, a tutti i presenti, in particolare a fra Massimo Villa, e alla madre Amabile Galatà, Superiora Generale delle Suore Francescane dei Sacri Cuori, per essere oggi tra noi, dicendo che: «…il nostro incontro oggi è segnato in questa solennità, da due eventi particolari: la consegna delle medaglie a quindici collaboratori per il 25° anniversario di servizio, e l’ingresso delle Suore Francescane dei Sacri Cuori nel nostro Centro, qui accompagnate dalla loro Madre Generale, la quale ci ha fatto dono di quattro religiose: suor Jessy, suor Sofia, suor Divya e suor Lurlin, che diventano nostre collaboratrici», augura loro di svolgere con entusiasmo e grande frutto la missione ospedaliera che il Signore ha loro affidato. La loro presenza è un segno di conforto e di grande speranza per tutta la Famiglia ospedaliera come pure la testimonianza dei festeggiati per i venticinque anni di servizio nell’ospitalità. Fra Massimo all’omelia ha commentato le letture della solennità: «…Il cuore del Redentore è qui simbolo che Gesù fa di se stesso nella concretezza storica della sua libertà e della stessa sua componente affettiva: “Ecco il cuore che tanto ha amato gli uomini ed è da loro così poco amato”…», ha poi espresso la gioia di condividere coi collaboratori il carisma di San Giovanni di Dio nell’assistere e nel curare gli ospiti, con sapienza e generosità, desiderosi di compiere il bene e di condividerlo con gli altri: ha poi ringraziato le Suore Francescane per aver accettato di condividere con noi il Carisma ospedaliero nel servizio agli ultimi. All’offertorio sono state portate le tradizionali offerte e un quadro realizzato dai nostri ospiti, nell’atelier del Centro, che rappresenta San Riccardo Pampuri all’insegna dell’ospitalità. TRADIZIONALE FOTO RICORDO CON LE SUORE E I COLLABORATORI FESTEGGIATI 3/2015 53 Dalle nostre case... SAN COLOMBANO AL LAMBRO » La corale del Centro con l’organista Paolo ha animato la festa coinvolgendo nel canto gli ospiti e i fedeli. Infine il Superiore Provinciale ha consegnato ai collaboratori festeggiati: Bollani Stefano, Cesarini Riccardo, Daccò Paolo, De Simone Ernesto, D’Isola Marco, Dossena Cristina, Fraschini Roberto, Luppo Giuseppe, Mancin Pierluigi, Mariolu Giuseppe, Mbandakasa Malonga Leon, Montanari Antonio, Motti Mario Giuseppe, Strozzi Ginetto Paolo e Vincenti Maria Gabriella le medaglie, ricordo del venticinquesimo, e gli attestati, l’entusiasmo per questo riconoscimento, ha fatto esplodere la gioia dei presenti manifesata con un lungo e caloroso applauso. A fine cerimonia con la benedizione e il taglio dal nastro, alla presenza di tutte le autorità e numerosi pazienti, la biblioteca è stata ufficialmente aperta. Buona lettura Quindi ci siamo spostati nel giardino per piantare due alberi molto significativi (foto sopra): un melograno, inter54 3/2015 rato da fra Massimo, i suoi frutti sono il simbolo dello stemma dei Fatebenefratelli; un ulivo, interrato dalla madre Amabile, simbolo di pace, a ricordo della “Pax Francescana” e della fondazione di una nuova comunità delle Suore Francescane dei Sacri Cuori. Nuova attività di Biblioteca I n occasione della festa del 12 giugno, è stata inaugarata la Biblioteca per gli ospiti, progetto realizzato dalla Comunità di Sant’Agostino; così l’ha presentata il Direttore Sanitario dott. Giobbio: «... la Biblioteca è un’altra terapia per i nostri ospiti i quali si possono occupare nella lettura per rilassarsi nella mente e per condividere nuove idee e comportamenti». Hanno preso la parola anche gli animatori, Alessio e Emanuela, e un ospite. Una nuova attività di Biblioteca che definire nuova non è corretto, già in passato in questo Centro hanno funzionato alcune biblioteche che hanno sempre incontrato il favore degli ospiti e non solo, dai registri dai vecchi prestiti è emerso che anche gli operatori usufruivano del servizio, ciò testimonia che il luogo era veramente di tutti e per tutti. In questo solco è stata aperta questa nuova biblioteca nella bellissima sala polivalente al primo piano del Blocco V inizialmente la Biblioteca sarà aperta solo al mattino. Questa stanza dovrà essere un punto di riferimento anche per tutti quei tipi di attività già presenti, o da creare, che sono affini alla lettura (lettura del quotidiano, gruppi di discussione, gruppo racconta favole, gruppi di lettura) la Biblioteca verrà inoltre usata per il gruppo Motivazionale trasversale sulle dipendenze del giovedì e del venerdì. Andrea, ospite del San Vincenzo, ha raccontato brevemente l’attività che già si svolgono sottolineando come la lettura e la discussione guidata su argomenti di attualità incontrano già l’interesse di molti ospiti. Dalle nostre case... In biblioteca sarà presente sempre un educatore che cercherà con modalità interattive di favorire la lettura avendo ben presente che la lettura ha aspetti terapeutici, riabilitativi, relazionali e comunicativi importanti e ben noti. Ma è prima di tutto un piacere personale, una abitudine da imparare per coltivarla nei vari momenti durante il percorso di cura, ma anche una volta dimesso come una “medicina” per tutta la vita. I pazienti insieme all’educatore potranno fermarsi a leggere in questo spazio luminoso, tranquillo un po’ isolato dal resto delle Comunità. Per questo motivo nella biblioteca sono stati appesi tanti fogli colorati con molte frasi legate alla lettura e al piacere della lettura. È stato fatto un doveroso ringraziamento agli ospiti del S. Agostino che negli ultimi mesi hanno recuperato nelle varie comunità i libri, sparsi e abbandonati, usati per aprire la nuova biblioteca. In ultima istanza abbiamo ricordato un ospite il sig. Giorgio Cairati, da molti conosciuto, che in passato ha curato la prima biblioteca, in suo onore è stata letta una sua breve poesia dal titolo: Haiku del fiore. Sagra del Sacro Cuore S i è celebrata, domenica 14 giugno, la Sagra del Sacro Cuore, un “open day” del nostro Centro, aperto a tutti: ospiti, parenti, collaboratori e cittadini di San Colombano, di Campagna ed altri Paesi vicini. Momento importante la solenne Eucarestia, celebrata dal cappellano; una Messa davvero partecipata che ha entusiasmato e commosso grazie alla presenza della Corale di Camporinaldo. È seguito un buffet all’aperto e un pomeriggio musicale e danzante, allietato da due gruppi musicali i Dual Sound con Elisabetta e Gabriele e il B-folk di Gino e Danilo, purtroppo un improvviso temporale ha costretto tutti a ripararsi al coperto per continuare la festa. Il nostro Centro, ormai ultracentenario, è una cittadella in cui gli ospiti sono amati, curati, e si sentono a casa loro; riacquistano la dignità di persone aiutati dal personale e dai numerosi laboratori e servizi attivi che valorizzano ogni ospite. «Varie Falci si incontrano nella vita Solo superandole si vive a pieno Incontri tra gioie e prove». 3/2015 55 Dalle nostre case... ERBA Silvia Simoncin La «Corsa dell’Ospitalità»: una corsa per la vita L’ ospedale Sacra Famiglia lancia la sua prima edizione della “Corsa dell’Ospitalità”, una giornata, quella di domenica 6 giugno, dedicata allo sport, alla musica, allo spettacolo e molti altri intrattenimenti presso il parco Majnoni di Erba. Una vera e propria giornata di beneficienza per raccogliere fondi in vista della realizzazione di una nuova sala parti cesarei, un progetto già presentato e accolto da Regione Lombardia, ma non ancora finanziato. Il Direttore Amministrativo, Nicola Antonicelli, spera di poter partire con i lavori entro la fine dell’anno e precisa che iniziative come queste sono di grande aiuto non solo dal punto di vista finanziario, ma è anche un modo per farsi conoscere e far 56 3/2015 partecipare i cittadini alle iniziative dell’ospedale. Milleduecento erbesi, e non solo, hanno sfidato il caldo per percorrere nove chilometri di corsa; molti i rappresentanti dell’Ordine religioso di San Giovanni di Dio e gli ospiti dell’asilo notturno San Riccardo Pampuri di Brescia presenti, senza dimenticare tutta la partecipazione e il coinvolgimento, sia per l’organizzazione che per interventi di aiuto durante l’evento, di dipendenti e delle loro famiglie. «Tanti corridori – dice Antonicelli – e ancor più biglietti venduti: abbiamo raccolto più di 11 mila euro ed è stata una bellissima festa per tutti i partecipanti». Il dr. Alberto Zanini, Responsabile del reparto di ostetricia e ginecologia ha rimarcato le sue emozioni con queste parole: «Una corsa, un grande segno di appartenenza che il personale del nostro ospedale e la popolazione hanno voluto fare in favore dell’Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia. La solidarietà oggi giorno è anche questa: organizzare una manifestazione cittadina nei ritagli di tempo del lavoro, sfidare una giornata caldissima portando transenne, montando gazebo e stando ore sotto il sole a fare assistenza. La causa era molto importante: contribuire alla ristrutturazione della sala operatoria per l’Ostetricia, annessa al blocco parto così da incrementare il livello di sicurezza per le donne e i neonati che nasceranno in ospedale. La nuova sala operatoria sarà infatti più grande di quella attuale e dotata dei più moderni standard assistenziali. Il punto nascita di Erba negli ultimi anni ha riscontrato una lieve flessione delle nascite, con attualmente una media di 800 parti/anni. Il ricorso al taglio cesareo negli ultimi tre anni è stato pari al 14%. L’Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia dal 2004 ha conseguito la Certificazione di Qualità ISO 9001/2000, dal 2009 un bollino rosa come Ospedale Donna e sempre dal 2009 la Certificazione Ospedale amico del bambino (Baby Friendly Hospital). Punto di forza è rappresentato dalla gestione da parte dell’ostetrica, in piena autonomia, del travaglio, parto e puerperio fisiologico; garantendo il più possibile un rapporto Dalle nostre case... empatico e uno a uno con la donna. Il Superiore Locale fra Guido Zorzi e la comunità religiosa sono stati coinvolti attivamente in tutta l’organizzazione dell’evento e sono rimasti emotivamente colpiti dal sostegno della popolazione, soprattutto in un momento così critico per il nostro Ospedale e per tutta la sanità. Anche fra Massimo Villa, Superiore Provinciale, non è Nel camminare per le strade mancato all’evento, queste le della città di Erba, partecipando alla “camminata dell’ospitalità”, ho avuto la chiara sensazione che tutte quelle centinaia di persone che correvano e camminavano in nome dell’ospitalità, stavano ripetendo in “forma moderna” quella antica tradizione dell’Ordine chiamata “Elemosina”. Molti i partecipanti che in serenità, senza spirito di compesue emozioni: «Camminare tizione, ma in clima di fraterper le strade della città di Gra- nità con la loro partecipazione nada era una delle attività del hanno “riempito la sporta della nostro fondatore San Giovanni carità” di San Giovanni di Dio di Dio, che ogni giorno lasciava che oggi serve a dare vita ad la sua casa e al grido “fate bene una iniziativa importante per fratelli a voi stessi per amor di l’ospedale di Erba e cioè la Dio” bussava di casa in casa realizzazione della sala parto per raccogliere ciò che la gene- dell’ostetricia. Iniziative come rosità della gente offriva per i queste rallegrano il cuore non solo per la grande generosità suoi poveri. che abbiamo potuto toccare con mano, ma anche perché ancora una volta sentiamo forte quello “spirito di famiglia” che da sempre ha contraddistinto il nostro Ordine Ospedaliero e che oggi ancora di più va rinnovato e alimentato per essere sempre pronti a servire con attenzione, professionalità e amore l’uomo sofferente». A tagliare il traguardo per primo è stato Massimo Beretta, secondo Paolo Pirovano e terzo Alfredo Monastero. Ma sono stati predisposti anche altri riconoscimenti: alla prima donna vincitrice Maria Cortina, al primo bambino Francesco Cugnaschi di sette anni e al reparto di ostetricia ginecologia che ha venduto più biglietti, all’associazione AVO e a due infermiere Marina Dalla Zanna e Annalisa Di Caprio. Madrina della manifestazione che ha accompagnato il pomeriggio e la serata è stata Emanuela Folliero, conduttrice televisiva invitata dalla direzione dell’ospedale. Insieme a lei hanno contribuito all’animazione della giornata il gruppo giovanile Punk dei Pancake, gli Stamilano e la cantante Simona Pulici. E per non farsi mancare nulla è stato messo a disposizione un maxischermo per la finale di Champions League. È stata una iniziativa emozionante e coinvolgente per tutti i dipendenti che hanno visto la volontà di amici di aiutare l’ospedale in questa fase sociale molto delicata. FRA MASSIMO (A SX) FRA GUIDO E FRA GIANCARLO HANNO PARTECIPATO ALLA CORSA 3/2015 57 Dalle nostre case... ERBA Anche la Direzione Ospedaliera si ritiene soddisfatta e commossa di fronte agli aiuti ricevuti e a tal proposito ringrazia il Comune di Erba, la protezione Civile, i Volontari Ospedalieri (AVO, ABIO), il Lario Soccorso, i dipendenti dell’ospedale e non per ultimo tutti gli sponsor che hanno contribuito con le loro donazioni ad avviare questo progetto: Also Oculisti, ditta Biasi utensileria, Hospital Solutions, Longoni Studio Medico, Ortopedia Castagna, Impresa Ruggeri, Impresa Rizzi VENEZIA Imbianchino, Ditta Rusconi Ferramenta, Elsa Automatismi, Società Microdisegno, Falegnameria Minoretti, Azienda Metalfar, Azienda Technè, Imaging Service, Erba Ambiente, Cicli Pozzi, Ditta Inservio, BCS, Ditta Carlo Bianchi, Serist Ristorazione, Impresa Terraneo, Associazione La Sorgente, Enervit, Asilo Notturno San Riccardo Pampuri FBF. Un ringraziamento particolare al vero promotore e organizzatore dell’evento l’ingegner Paolo Oliva, Ingegneria clinica dell’ospedale Sacra Famiglia. Barbara Cini La chiesa si colora N ell’anniversario della presenza dei Fatebenefratelli a Venezia, la nostra chiesa si è arricchita di otto nuove vetrate artistiche. Esse raccontano, con discrezione ma incisività, una presen- 58 3/2015 za di Ospitalità che dal 1715 è presente, attraverso i Fatebenefratelli (Melograno) nella città lagunare sullo stile di San Giovanni di Dio (Sporta, bastone e firma). Con semplicità e colore, esse, vogliono attesta- re che l’Ospedale San Raffaele Arcangelo (Angelo), fedele alla sua missione, rimane porzione di Chiesa che, a nome di Gesù Cristo (Simboli Eucaristici), continua a parlare di Carità all’uomo malato ancora oggi. Dalle nostre case... BRESCIA IRCCS Michela Facchinetti MOMPIANO: APERTA UNA NUOVA VIA NEL BOSCO A ppena fuori dal lieve caos della città di Brescia, esattamente nella valle di Mompiano in zona ex polveriera militare, alcuni intrepidi ospiti della comunità Pampuri del Fatebenefratelli hanno dato sfogo al loro istinto operaio creando in un bosco selvaggio un nuovo passaggio. È stato costruito un nuovo sentiero in questa zona bresciana di verde incolto, faticando estirpando rovi ed erbacce, zappando per smuovere la terra, raccogliendo ed utilizzando esclusivamente materiale reperito in loco come ad esempio sassi, rami e tronchi per realizzare l’opera; con il grande aiuto di due generosi pensionati, Gabriele e Franco, mercoledì dopo mercoledì, in circa mezzo anno di tempo, il sentiero di Seth, questo è il suo nome, ha preso forma ed è percorribile a piedi. È un camminamento in salita lungo circa 150 metri ed è piuttosto ripido, il tempo passato al lavoro lì in valle a Mompiano è utile per staccare dalla routine giornaliera della comunità, appaga sia lo spirito che la carne perché ci si stanca lavorando in buona compagnia e alla fine ci si ritrova contenti e soddisfatti di quello fatto. È bello pure consumare un pasto a base di pane formaggio e insaccati seduti all’ombra degli alberi e nella tranquillità di quella zona di verde. Quando uno di noi si sente affaticato ha sempre tutto il tempo e l’agio di riposare. Utilizzando zappe, vanghe, cesoie, forbici, rastrelli, roncole, mazzuoli, segacci a mano, chiodi, guanti, stivali di gomma ed inoltre con l’aiuto di Franco e Gabriele e della loro motosega, siamo riusciti a dare vita ad un comodo percorso in mezzo agli alberi del bosco, una simpatica esperienza, un giusto motivo per utilizzare le nostre energie e ridare spolvero al nostro corpo non più in forma smagliante, ma ancora capace di gioire di piccoli gesti lavorativi. Questo progetto implica la connessione di sensazioni, pensieri, informazioni, memoria, esperienza e coinvolge diversi piani di interesse: In relazione all’associazione «Gnari de Mompia’» si è dato un valore a questo territorio, appartenente ai cittadini bresciani, rendendolo pratico per le escur- sioni o il tempo libero ed inoltre si è dato vita ad un’opera di memoria storica dal motivo che in questo posto furono effettuati dei bombardamenti in epoca della seconda guerra mondiale, 31 gennaio 1945. Abbiamo ritrovato un pezzo tutto arrugginito di ordigno bellico e questo è stato fissato ad una roccia sporgente dal terreno, quindi visibile per poter ricordare, per poter pensare a cosa è stato vissuto in questo posto. L’associazione «Il sasso nello stagno» con la sua valenza artistica culturale ha costruito un luogo cercando di far sì che questo possa essere d’aiuto ad un processo di identificazione tra la comunità cittadina e il vissuto appunto del posto anche creando opere d’arte installate poi tra gli alberi del bosco. Il fare questo sentiero nel bosco ha uno scopo terapeutico-riabilitativo: bisogna pensare a cosa fare e si passa dalla teoria del 3/2015 59 Dalle nostre case... » BRESCIA progetto alla pratica realizzazione, si vive questo appuntamento in compagnia quindi si favorisce la socializzazione, può stimolare la voglia e l’interesse in noi pazienti di scoprire e visitare nuovi posti e si possono sperimentare alcune abilità come la costanza della partecipazione, le modalità organizzative della trasferta giornaliera, il lavoro in generale e l’utilizzo e la cura degli attrezzi. È stata inoltre fatta da noi una simpatica scoperta perché lavorando l’ambiente boschivo per la realizzazione del sentiero è venuto alla luce un tratto di vecchia mulattiera, un acciottolato appartenente a chissà quali anni indietro, evidentemente poi passato in disuso e occultato completamente dalla vegetazione spontanea ma ora riportato a respirare e atto ad impreziosire ancora di più il nostro operato. Guido Pozzoni e gli amici Luigi, Luca, Eros, Francesco FESTA AL RESIDENCE PAMPURI P resso le Comunità del Residence S. Riccardo Pampuri si è svolta, lo scorso maggio, una festa per commemorare il Santo a cui le tre comunità sono dedicate. Il clima di festa, quasi di “sagra del paese” ha contagiato tutti nei preparativi del momento conviviale, ogni gruppo casa è stato coinvolto nella preparazione di un piatto per la festa. Tanti i presenti coinvolti: ospiti con qualche familiare ed operatori hanno partecipato con attenzione ed interesse all’incontro di approfondimento tenuto da fra Marco Fabello sui valori 60 3/2015 e i messaggi positivi che si possono cogliere nella vita di San Riccardo, giovane medico in carriera che decide di farsi frate: una bella testimonianza di impegno con i più deboli. La Festa è continuata, come ci mostra la foto, con un momento conviviale sotto il portico del Residence di fronte al mosaico. Gli operatori si sono messi “a servizio” degli ospiti e familiari preparando “pane e salamina”. Una giornata di festa e amicizia nel nome di San Riccardo. Elena Bertocchi Dalle nostre case... LA MOSTRA DI GRAZIELLA «I mmagini e aforismi» questo il titolo della mostra di Graziella Lavo inaugurata nel pomeriggio del 7 settembre e aperta fino al 13 presso l’Oratorio di S. Giacinto, in via Lamarmora a Brescia Ma lasciamo spazio alle parole pronunciate da Graziella all’apertura della mostra: «Molte volte ci chiediamo che senso può avere la nostra vita che cambia, così come cambia la nostra realtà… se facciamo delle scelte o delle altre. Avere avuto la possibilità di fare questa mostra mi ha provocato dei coinvolgimenti emotivi molto forti… A volte persecutori. Nonostante tutto sono riuscita a mettere su carta forme e colori con l’aiuto della mia fantasia. Cercare un mondo al di fuori di noi, cercare un mondo fatto di fantasia che si concretizza sui fogli e ci fa scegliere forme e colori diversi, sperando che chi guarda percepisca il vissuto e il messaggio che si vorrebbe fosse recepito. Ognuno vede ciò che può vedere e non ciò che vuole vedere, perché molte sono le limitazioni e perché molta è la differenza di come una persona riesce a scegliere l’attimo, e cioè nel momento in cui pone lo sguardo sulle tele viene colpito più da una, anziché da un’altra. Spero, con queste poche righe, di far capire il motivo per cui ho deciso di allestire questa mostra». INCONTRO PER NEOASSUNTI S i inizia dai nuovi assunti con l’intento poi di raggiungere ogni operatore, si vuole capire e recuperare, la conoscenza della nostra storia e della nostra identità per aiutarci a dare un senso e uno stile al nostro essere e al nostro operare. Si propone un breve incontro che tocchi ogni aspetto della cura alla persona e la conoscenza di alcune realtà e Sevizi istituzionali: la direzione, la ricerca, il servizio di atten- zione spirituale/religiosa attraverso i valori espressi nella Carta di Identità dell’Ordine una attenzione particolare ai nuovi assunti. è stato un momento importante quello di venerdì 18 settembre che ha visto impegnati i vertici del Centro; l’incontro, durato l’intera mattinata, è stato aperto dal Direttore Generale, fra Marco Fabello che ha esposto la storia da San Giovanni di Dio ai giorni nostri. La presentazione dell’or- ganizzazione, le attività del centro e i rapporti Istituzionali i temi trattati dal Direttore Amministrativo dott.ssa Mariagrazia Ardissone; ha continuato il Vice Direttore Scientifico dott.ssa Roberta Ghidoni col tema La ricerca traslazionale all’IRCCS Fatebenefratelli; ultimo aspetto il Servizio di attenzione spirituale e religiosa tenuto dalla dott.ssa Michela Facchinetti, Referente del Servizio di attenzione spirituale e religiosa. 3/2015 61 Dalle nostre case... BRESCIA IL NOSTRO CENTRO: TEATRO LIRICO PER UN GIORNO S i è tenuto, sabato 19 settembre, presso i giardini dell’IRCCS San Giovanni di Dio, un concerto di musica lirica organizzato dalla Fondazione Teatro Grande in collaborazione con l’Associazione Il sasso nello Stagno, nell’ambito dell’ormai consolidato appuntamento cittadino della Festa dell’Opera, un’iniziativa che vuole portare l’Opera, con i suoi colori e con i suoi suoni, non solo negli spazi noti e deputati ma anche nei luoghi di vita quotidiana. L’evento presentato nel nostro centro, aperto agli ospiti e ai loro familiari e a tutta la cittadinanza, è stato uno degli oltre 60 eventi proposti nella giornata e che hanno visto più di 50 luoghi della Città “trasformarsi” in un palcoscenico. è una festa popolare che per il quarto anno consecutivo porta fuori dai luoghi canonici ad esso tradizionalmente adibiti: nelle strade e nelle piazze, nelle chiese e nelle fabbriche, nei luoghi del sociale. In un bel pomeriggio di sole, 62 3/2015 un soprano, un baritono ed un tenore (Alessia Pintossi, Marco Tomasoni, Domenico Lombardi), accompagnati al pianoforte dal maestro Luca Capoferri, hanno proposto arie tratte dal Don Giovanni, da La Boheme, da La Traviata e da altre famosissime opere, creando un momento di grande suggestione. Promuovere salute mentale vuol dire anche creare, favorire o ripristinare i collegamenti tra “il dentro” e il “fuori”, favorire lo scambio e l’integrazione con le reti istituzionali territoriali e la cittadinanza per creare “polis”. Finora la maggior parte delle iniziative dell’Associazione è stata realizzata nei luoghi della Città, questa volta l’Istituto ha aperto le sue porte per fare entrare un’iniziativa che ben si sposa con l’idea di favorire uno scambio con il territorio, contro quell’immagine stereotipata di malattia mentale che troppo spesso ancora oggi si ritrova nei contesti più diversi. INCONTRO NETWORK JCI Nello scorso numero della Rivista (pagina 84) avevamo annunciato l’ottenimento della certificazione d’eccellenza della Joint Commission International, un riconoscimento importante che implica un impegno da parte di tutti gli operatori. Nella mattina di martedì 22 settembre ci siamo incontrati per confrontarci rispetto alla personale esperienza relativamente all’ultima visita ispettiva dello scorso aprile che ci ha portato al riaccreditamento e per discutere la proposta di fare rete (network) con il dott. Filippo Azzali della società Progea, gli operatori delle strutture riabilitative di Albese, Villa San Benedetto Menni, e di Cavedine, Residenza Valle dei laghi. Dopo la pausa pranzo si è svolta una breve visita alla struttura, alle 16 la conclusione dell’incontro. Dalle nostre case... SAN MAURIZIO CANAVESE Maria Elena Boero FESTA DELLA CONSOLATA «L a messe è molta ma gli operai sono pochi. Preghiamo perché il Signore mandi operai alla sua messe». Mt 9, 35-38 Alla luce di queste parole, il Provinciale fra Massimo Villa ha salutato coloro che festeggiano quest’anno i venticinque anni di lavoro, definendoli come parte della “nidiata di Fra Marchesi”(Superiore del Presidio in quegli anni), augurando loro di fare della professione una vera vocazione, che porti il sigillo dell’ospitalità, con gli stessi gesti di comprensione e condivisione di S. Giovanni di Dio. I festeggiati sono: Rosa Affinito, Teresa Audasso, Paola Bolo, Rinuccia Chiadò Fiorio, Laura Gorgerino, Franco Guerra, Laura Marchetti, Aldo Origlia, Emanuela Pitzanti, Daniela Rigodanza. Un ringraziamento va agli ospi- ti e operatori all’U.O. Forense che in uno spirito di vera cooperazione, hanno lavorato per fornire il servizio di catering. CERNUSCO SUL NAVIGLIO Giovanni Cervellera Torneo di calcetto 2015 S i è svolta, lunedì 27 luglio, la premiazione del VI torneo di calcio al Centro S. Ambrogio dei Fatebenefratelli di Cernusco sul Naviglio. Il torneo si è svolto nei mesi di maggio e giugno e ha visto coinvolte tutte le comunità presenti all’interno della struttura: CRA S. Riccardo, CRA Fabello. S. Raf- faele, Villette, S. Vincenzo, S. Francesco. La numerosa partecipazione e il coinvolgimento di diversi ospiti ha fatto in modo che il torneo negli anni prendesse corpo in maniera massiccia e con un entusiasmo crescente. Le combattute partite hanno visto infine la vittoria della Comunità Riabilitativa Alta Assistenza San Riccardo con nessuna sconfitta e una sola rete subita su sei partite giocate! Vittoria schiacciante quest’anno per i nostri ragazzi del San Riccardo che oltre a portarsi a casa una splendida coppa posta al centro della comunità, hanno avuto anche il privilegio di avere la coppa del miglior marcatore: Sabino Luisi con 21 gol fatti! In classifica segue il CRA Fabello con a pari merito la comunità San Francesco. Infine, San Vincenzo, Le Villette e le squadre del San Raffaele! Un grande grazie a tutti i partecipanti, ai vincitori, ai nostri splendidi organizzatori psicomotricisti Leonardo e Alberto per la loro disponibilità ed entusiasmo, alla sempre più agguerrita tifoseria, a Marco per le impareggiabili foto che hanno immortalato momenti emozionanti delle diverse partite e a tutti gli operatori che si sono preoccupati di organizzare la squadra all’interno delle comunità. Un grazie e un arrivederci all’anno prossimo! 3/2015 63 Dalle nostre case... SOLBIATE Anna Marchitto Speranza e libertà: una insolita uscita R itrovo martedì 2 settembre 2015 ore 13.15. Wow si parte per un gelato in un agriturismo! Così potrebbe cominciare il racconto di una gitarella scolastica…; la realtà è un po’ di diversa, forse un po’ strana agli occhi di chi non la “vive” tutti i giorni, perché i ragazzini sono quelli che non ti aspetteresti mai: gli ospiti del gruppo Alzheimer. Nessuna differenza: l’entusiasmo degli animatori, la felicità dei partecipanti e lo stupore di chi vi sta scrivendo ha accompagnato dall’inizio alla fine due ore di spensieratezza. Un pulmino e due macchine… e via verso l’agriturismo. Una bella struttura che si perde in mezzo al verde, un piccolo “paradiso” di pace e tranquillità dove abbiamo assaporato panna e nocciola, un 64 3/2015 gelato che con i suoi gusti ha coccolato i partecipanti. La natura, specialmente gli alberi, hanno suscitato l’interesse, l’ammirazione e il divertimento degli ospiti; il tutto “immortalato”: «Che bello fare le foto di gruppo!». Riposati e rifocillati, siamo risaliti sui mezzi e ci siamo recati alla Chiesa di San Giuseppe a Somazzo. Sembrava di essere tornati indietro nel tempo quando il “Don” dopo il divertimento ci portava al momento di preghiera. Scherzi a parte, la Chiesetta, tanto carina quanto accogliente, ha fatto da corollario regalandoci ancora un momento di serenità. Poi rientro in struttura, stanchi ma sicuramente soddisfatti di una magnifica avventura, certamente non tradizionale. Sui volti dei “ragazzi” sono passate tante emozioni e sorrisi, colti in gesti non comuni, con occhi che parlano quando non si possono esprimere parole. Grazie agli animatori e a tutti quelli che hanno reso possibile tutto questo e credono che ogni evento non sia un traguardo, ma un punto di partenza. Chi vi sta scrivendo è la moglie di un ospite, che mai avrebbe pensato nella sua vita di partecipare ad una tale avventura (e non intendo solo la gita!). Avventura che se fosse un film intitolerei “speranza e libertà”. Speranza per un presente che non è finito e libertà di poter “evadere” non solo da quattro mura ma da uno stereotipo di malattia che ci vorrebbe “non persone”. Un abbraccio Coly Dalle nostre case... ROMANO D’EZZELINO Lavinia Testolin Festa di S. Pio X F esta solenne per festeggiare i sessanta anni di presenza dei Fatebenefratelli in Romano d’Ezzelino nella casa dedicata a San Pio X. «Difendere, unificare e animare» sono elementi che hanno segnato e costituito la base della vita di San Pio X. Con l’esposizione della reliquia del Santo fatta pervenire da mons. Antonio Mattiazzo, emerito vescovo di Padova, si è dato inizio al triduo dì preparazione sviluppando gli elementi sopracitati costitutivi e utili nel far conoscere l’ampiezza della santità nel mettere in evidenza il programma di vita del Santo, le sue virtù, in particolare la sua mitezza, la sua profonda fede nell’Eucaristia e il rinnovamento che ha prodotto nella Chiesa. La festa del 21 agosto non è stata caratterizzata da grandi eventi folcloristici o sfarzo, si è voluto privilegiare il ringraziamento al Signore per i doni ricevuti in questi 60 anni di presenza in Paese. La festa è iniziata con la celebrazione della S. Messa solenne presieduta da fra Anselmo Parma, superiore dell’opera, durante l’Eucaristia ha voluto ricordare con gratitudine gli ospiti, uno per uno, i confratelli defunti e i confratelli che hanno contribuito, e tuttora lo fanno, all’edificazione, allo sviluppo della Casa di Riposo ripercorrendo nella memoria questi sessanta anni: non sono mancati momenti di emozione e un alto senso di gratitudine. Durante l’omelia è stato messo in risalto il motto di S. Pio X del servire nell’essere fedeli a ciò che siamo e a ciò che si dona nell’amare fino all’estremo in quanto il potere è servizio e questo per il bene di tutti. Anche Papa Francesco ci dice: «il servizio è l’inchino di fronte al bisogno dell’altro, che, piegandomi, scopro, nel bisogno, come mio fratello» Una gioia a tutto campo ha caratterizzato la giornata, facendo dimenticare agli anziani la solitudine e il distacco, grazie anche all’animazione dei collaboratori della Cooperativa “La Goccia” che ha saputo far rivivere emozioni e sapori del passato, dei bei giorni vissuti facendoci assaporare delizie durante l’agape festosa. API 3/2015 65 Dalle nostre case... ROMANO D’EZZELINO BACK TO AFRICA Decimo Anniversario A nche quest’anno, nella nostra struttura a Ca’ Cornaro di Romano d’Ezzelino, si è svolta da venerdì 17 a domenica 19 luglio la manifestazione a sostegno delle attività africane dei Fatebenefratelli. Back 2 Africa un insieme di manifestazioni artistico-culturali multietniche. Nei saloni della Villa Mostra fotografica degli Ospedali africani dei Fatebenefratelli di Afagnan (Togo) e di Tanguiéta (Benin) del fotografo Matteo Biatta. È continuata, come tradizione, la realizzazione e soprattutto la vendita delle magliette di diversi colori e misure uomo e donna. Per saperne di più vai al link http://www. back2africa.it/t-shirts/ Inoltre nel 10° anniversario della sua esistenza il Gruppo Back 2 Africa ha deciso di costituirsi giuridicamente in Associazione benefica Back 2 Africa in sigla B 2 A: il presidente è Massimo Bernardi e il vicepresidente è Nicola Farronato. Il progetto Back2Africa #10 raccoglierà fondi a favore del reparto di neonatologia dell’ospedale St. Jean de Dieu di Tanguiéta (Benin). Sostenendo ancora una volta l’opera di fra Fiorenzo Priuli. La sfida futura – dicono Nicola Farronato e Francesco Perin – è quella di coinvolgere in Back 2 Africa, oltre a volontari, musicisti, imprenditori e istituzioni, pure aziende desiderose di sviluppare un’innovativa imprenditoria etica (anche in un momento, come quello attuale, di oggettiva difficoltà economica… Un’idea ulteriore, da mettere definitivamente a fuoco, prevede il coinvolgimento di alcuni importanti Istituti di credito. 111 DA ROMANO 6279 KM A TANGUIETÀ 12000 2500 500 1 ANNI DI STAFF 8 200 PERSONE POZZO SCAVATO 1A 80MT IN BENIN 190 B 2 1 2 PAROLE NELLA POESIA B2A WWW. BACK2AFRICA.IT 100% T-SHIRTS ACQUISTATE CON OFFERTE DEI MASCHI SPOGLIATI NEI WARM UP GIORNI DALLA 1^ EDIZIONE ORE DI CD STUDIO DI REGISTRAZIONE 19-20-21 LUGLIO 2013 IN BAMBINI ADOTTATI A DISTANZA INCUBATRICI NUOVE PER I NEONATI PROGRAMMA NUTRIZIONALE PER MAMME E BAMBINI +di20000 VISITATORI HANNO COLLABORATO + di 70 PARTNERS +di30 GRUPPI MUSICALI LIVE +di3000 A SPILLE COLORATE APPESE +di15 WARM-UP PARTIES MASSIMO BERNARDI CON NICOLA FARRONATO E FRA LUCA 66 3/2015 Origine, finalità e storia decennale Il Back 2 Africa non nasce improvvisamente come un fungo in una umida notte d’autunno. I prodromi li troviamo nella famiglia Farronato, una famiglia tutta d’oro. I coniugi Gianni ed Ester sono state delle persone innamorate dell’UTAonlus fin dalle sue origini ed hanno sempre partecipato attivamente alla vita associativa e alle sue manifestazione per la raccolta di fondi a favore degli ospedali africani dei Fatebenefratelli: Afagnan nel Togo e Tanguiéta nel Benin. Naturalmente anche i figli Nicola e Valentina hanno respirato in casa fin da piccoli il profumo dell’UTA e man mano che sono cresciuti si sono associati ai genitori nelle iniziative a sostegno dell’Associazione benefica. Nel 2006, quando l’associazione celebrava i 10 anni della sua esistenza, e pubblicava il libro “Africa nel cuore” celebrativo dell’avvenimento, Nicola Farronato insieme con il suo amico Francesco Perin, decidono di intraprendere una iniziativa capace di coinvolgere i giovani a favore della solidarietà verso i bambini africani denutriti, a rischio di morire di fame. Dalle nostre case... » E allora, ecco l’idea di fare delle serate di musica, canti, gastronomia etnica economica, con grande varietà di bevande, mercatini vari, espressioni artistiche e folcloristiche e chi più ne ha più ne metta! Parte così, nel 2006, l’iniziativa che viene lanciata con il nome di Bassano in Africa, si appoggia per sicurezza alla Pro loco di Romano d’Ezzelino e si svolge a Villa Negri, che è proprietà del Comune. Il successo è andato al di là di ogni aspettativa per la partecipazione di tanti giovani. Visto il successo iniziale, si decide di continuare, anno dopo anno, si migliora, si acquista visibilità e si amplia l’offerta di festa mettendo in- sieme cultura, divertimento e solidarietà con i malati poveri dell’Africa coinvolgendo i giovani che rappresentano il futuro della nostra società. I giovani organizzatori, nel 2008, hanno deciso di fare la manifestazione a Ca’ Cornaro dei Fatebenefratelli e di darle il titolo più significativo di Back to Africa, adottando il logo Back 2 Africa, seguendo la moda dei messaggini telefonici. Ma la vera novità è l’introduzione (2009) della vendita delle magliette del Back 2 Africa. L’anno successivo si passa, per dar spazio al numeroso pubblico, da una a due serate. Ecco come ne parlano i due protago- nisti Nicola e Francesco: «E la novità c’è stata: “Back 2 Africa”, una due giorni no-stop che alterna cultura, musica, spettacolo e divertimento. Un piccolo festival destinato all’intrattenimento, al relax e alla socializzazione in un week-end gioioso all’insegna di emozioni, sapori e suoni africani. Di anno in anno il nostro impegno è cresciuto a dismisura coinvolgendo numerose persone» Nel 2013 gli organizzatori del Back 2 Africa hanno deciso di estendere la manifestazione a tre serate da venerdì a domenica facendo anche delle Warm up, cioè delle manifestazioni preparatorie poi è storia attuale. Luca Beato, o.h. UNITI PER TANGUIETA E AFAGNAN ONLUS Avviso importante dall’associazione Con la crisi economica la Banca popolare di Marostica, di cui si serve la nostra Associazione UTAONLUS, è stata assorbita dalla Volksbank di Bolzano. La conseguenza per i nostri benefattori è la necessità di cambiare l’IBAN nei versamenti. ATTENZIONE AL NUOVO IBAN: Banca popolare di Marostica –Volksbank, Agenzia di Romano d’Ezzelino VI IBAN: IT64E0585660900166570004248 In concomitanza, per ragioni di maggior presenza nel territorio, il Consiglio dell’UTAONLUS ha deciso di aprire un conto corrente presso un’altra Banca: Banca popolare di Romano e Santa Caterina, Ag. di Romano d’Ezzelino VI IBAN: IT79T0830960900000000027744 FRA TADDEO IN ITALIA Nella seduta del Consiglio Direttivo del 22 luglio c’è stata la presenza assai gradita del missionario di Romano d’Ezzelino fra Taddeo Carlesso, a casa per un breve riposo, che ci ha aggiornato sui problemi dell’Ospedale di Afagnan (Togo). Persiste il problema del tratto di strada da Anecho ad Afagnan talmente mal ridotta e piena di buche che scoraggia chiunque voglia andare all’Ospedale. Persiste il malumore del personale infermieristico per l’incentivo economico dato dal Governo ai dipendenti degli Ospedali statali e non all’Ospedale di Afagnan. Fra Taddeo ha fatto richiesta alla nostra associazione di acquisto di medicinali e di materiale sanitario per oltre centomila euro in modo da fare un container per Afagnan. È poi seguita la richiesta di pagare le bollette della luce di luglio e agosto per circa 12.000 euro. Uniti per Tanguiéta e Afagnan – Via Ca’ Cornaro, 5 – 36060 Romano D’Ezzelino C.F. 91011380242 E-mail [email protected] sito: www.uta96.it 3/2015 67 Dalle nostre case... VARAZZE Agostino Giuliani ESTATE INSIEME E state ricca di iniziative quella vissuta nella nostra casa di ospitalità di Varazze. A parte le serate settimanali di musica jukebox, alla tastiera il nostro Giovanni, le serate di liscio con il trio capitanato da Gigino, “liscio per sempre”, e le serate di concerto lirico con il duo Canepa, gli appuntamenti salienti sono stati: Domenica 19 luglio con la festa dedicata alla vocazione dell’ospitalità, sia laica che religiosa, con l’invito rivolto oltre che agli ospiti a tutti i collaboratori, agli ex- collaboratori con le loro famiglie per una suggestiva funzione religiosa e successiva bellissima cena sulla terrazza a mare. Il tutto preceduto da un fraterno e franco scambio di riflessioni sul significato profondo della nostra presenza al fianco dell’ospite, del malato del fratello del familiare che dà il senso vero dell’ospitalità come atteggiamento, tenuto dal Padre Priore sulla terrazza al mare. Domenica 2 agosto, con il ricordo per il 118 anniversario della nascita di San Riccardo Pampuri, con relativo e tradizionale “apericena” con sottofondo di musica. Sabato 15 agosto, serata di ferragosto e per chiudere la festa patronale della Casa, Beata Vergine della Guardia alla presenza del nostro Vescovo Diocesano monsignor Vittorio Lupi. ESERCIZI SPIRITUALI prossimi appuntamenti Novembre 2015 dal 15 al 20 Mons. Luciano Pacomio «Cristo, nostra gioia» da lettera ai Filippesi Febbraio 2016 dal 14 al 19 PadreDanieleMazzolenio.p. «Misericordia e verità si incontreranno» Inizio Esercizi con la cena della Domenica sera, termine con il pranzo del Venerdì successivo. Costo individuale 58 euro al gg. + 30 euro di quota di iscrizione Nuovo sito: www.casaperferiefatebenefratelli.it R iconosciuta come struttura ricettiva “Casa per ferie” nell’ambito della classificazione turistica regionale, affiliata all’Associazioni Albergatori di Varazze, nel rispetto delle proprie origini quale struttura di ospitalità Fatebenefratelli, la nostra casa di Va68 3/2015 razze si rifà il look per aumentare la propria visibilità sul web e rendere più accattivanti e conosciuti i servizi già offerti. Visita il sito, tra le tante novità: contenuti in ben quattro lingue e nuove immagini che ne esaltano l’attrattiva. Nuova mail: [email protected] RICORDIAMOLI NEL SIGNORE Fra Cirillo Ceron N ella serata di sabato 11 luglio, festa liturgica di san Benedetto abate, fra Cirillo Ceron, in età di anni 77 e 59 di Professione religiosa, ha compiuto il suo personale “passaggio” da questa vita terrena alla vita immortale, nella pace del regno di Dio, quel luogo, identificato con la Gerusalemme celeste, descritto nel libro dell’apocalisse di san Giovanni apostolo con queste consolanti parole: «Ecco la dimora di Dio con gli uomini! Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno suo popolo ed egli sarà il “Dio-conloro”. E tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno» (21, 3s). Ora Fra Cirillo – continua la lettera inviata ai confratelli da fra Massimo Villa Superiore Provinciale – che negli ultimi anni ha conosciuto l’esperienza e sopportato il peso della malattia e della sofferenza, può sperimentare la verità di queste parole ispirate, contemplando il volto mite e misericordioso di Cristo, che lui stesso ha servito nei fratelli ammalati, constatando che essere con Dio dona pienezza di vita, di gioia, di serenità. Sono convinto che in questa celeste dimora il nostro confratello potrà anche incontrare san Giovanni di Dio, Santo che egli ha sinceramente amato ed insegnato ad amare, ad imitare e a pregare, tutto ciò originato dalla felice coincidenza dell’essere lui nato il giorno della solennità liturgica del nostro Fondatore. Fra Cirillo, infatti, era nato a Fratte di Santa Giustina in Colle (Padova) il giorno 8 marzo 1938; il successivo 19 marzo, nella solennità di san Giuseppe, fu battezzato con il nome di Ivone Giovanni. Pochi anni dopo, durante il secondo conflitto mondiale, con la sua famiglia lasciò il paese natale e si trasferì in Lombardia, stabilendosi a Saronno, in provincia di Varese. L’11 marzo 1947 ricevette il sacramento della Confermazione dal beato cardinale Ildefonso Schuster nella chiesa parrocchiale di Uboldo (Varese), impegnandosi poi, come attesterà il suo parroco, nell’animazione liturgica e nel servizio di sacrestia. Ancora adolescente seguì il fratello infermiere, che lavorava presso l’ospedale “San Giuseppe” di Milano, stabilendosi qui e compiendo il lavoro di lift, come addetto ad accompagnare parenti e malati in ascensore. Più volte Fra Cirillo ricordava, con un sorriso compiaciuto, come il fascino della divisa, il giovanile aspetto e la sua bionda chioma attiravano lo sguardo di molte ragazze e giovani donne. Eppure il suo futuro era ben altro. A 15 anni inizia il suo percorso di postulandato e due anni dopo il Noviziato a San Colombano al Lambro (era il 14 agosto 1955) e l’anno successivo, il 26 agosto 1956, emise la prima Professione sempre nel Centro Assistenziale banino. Durante il periodo formativo dello Scolasticato, operò nei nostri ospedali di Milano, Gorizia, Brescia e Varese, finché il 15 agosto 1962, solennità dell’Assunzione della B.V. Maria, presso l’ospedale “San Giuseppe” in Milano si consacrò definitivamente al Signore con la Professione Solenne. Da Varese, il 2 febbraio 1962, festa della Purificazione della B.V. Maria, Fra Cirillo indirizzò al Priore Provinciale, Fra Mosè Bonardi, la richiesta di emettere la professione solenne, usando espressioni di stima per la vita religiosa e di sincero affetto per l’Ordine; egli scriveva: «In questi anni di vita religiosa ho potuto conoscere e sperimentare tutta la bellezza e l’importanza della nostra vocazione a favore degli infermi e, nello stesso tempo, tutti i sacrifici, le rinunce e la 3/2015 69 » » RICORDIAMOLI NEL SIGNORE dedizione che essa comporta. (…) Ringrazio il Signore per avermi tanto amato e chiamato a un così grande e sublime stato di perfezione. Ringrazio con vero cuore filiale l’Ordine nostro per avermi partecipato, e accolto in questi anni, della sua spiritualità, delle sue regole e nobilissima missione di carità». Fra Cirillo si è sforzato di vivere con fedeltà la sua scelta di vita a favore delle persone ammalate e bisognose, come infermiere e caposala, compiendo il suo servizio di Ospitalità anche a Venezia, a San Colombano al Lambro, ad Erba, e a Solbiate; per due anni, dal 1972 al 1974, operò in terra di missione, presso l’ospedale “San Giovanni di Dio” di Afagnan (Togo), conservando di questa intensa esperienza un felice ricordo. Rientrato in Italia, dopo un’attività assistenziale a Brescia e a Milano, fu nominato, per un triennio, Priore della casa di ospitalità a Varazze, finché nel 1985 fu inviato a Cernusco sul Naviglio e qui vi rimase fino al giorno della sua morte. Nei quasi 60 anni della sua vita religiosa, fra Cirillo si è fatto apprezzare ed amare da molte persone, per il suo tratto gentile, generoso e premuroso, per il suo sincero interessamento alle vicende personali e famigliari di ammalati e collaboratori, per la sua creativa intraprendenza, per la sua affabilità, per il suo spiccato senso di accoglienza e per il modo 70 3/2015 cordiale di intrattenere gli ospiti. Si dimostrava molto affettuoso, grato e riconoscente con coloro che andavano a fargli visita; ai volontari che si alternavano nell’accompagnarlo al trattamento della dialisi dedicava espressioni di cordiale apprezzamento e di incoraggiamento per proseguire un’attività così importante e benefica per molte persone; ai sacerdoti, spesso oggetto delle sue invettive, chiedeva la preghiera ed una benedizione, quale spirituale sostegno nella sofferenza e preparazione all’incontro con il Signore. Tutto ciò è stato testimoniato dalle numerose persone che hanno partecipato al rito funebre del nostro confratello, celebrato nella mattinata di martedì 14 luglio, presso la chiesa del centro “Sant’Ambrogio” gremita da quanti hanno conosciuto e stimato fra Cirillo: i suoi famigliari, che l’hanno sempre seguito e sostenuto anche nel tempo della malattia, molti ospiti, collaboratori ed ex collaboratori provenienti anche da Brescia e altri Centri, nonché religiosi e sacerdoti. «IL SIGNORE CI GIUDICHERà QUALI CI TROVERà, SARà BENE EMENDARCI PER TEMPO E NON FARE COME QUELLI CHE DICONO DOMANI, DOMANI, E NON COMINCIANO MAI» San Giovanni di Dio Il ricordo di un confratello Il mio primo incontro con fra Cirillo e la sua conoscenza, avvenne proprio in terra di missione, nel nostro ospedale missionario “Saint Jean de Dieu” d’Afagnan (Togo); era il mese missionario dell’ottobre 1974 quando arrivai la prima volta in terra africana grazie alla fiducia dei miei Superiori che, dopo le decisioni prese dal nostro Capitolo Provinciale, celebrato a Monguzzo nel marzo dello stesso anno, mi inviavano in Africa Occidentale, come maestro dei novizi, come strumento di penetrazione evangelica e di promozione umana. Era gioioso del mio arrivo perché vedeva l’avvicendarsi dei confratelli italiani nel nostro ospedale missionario di Afagnan. Parlammo della lontananza dalla madre patria e della vita in terra di missione, sorretti, come Abramo, dalla fede, spinti dall’amore di Cristo, dall’amore dei fratelli amati da Cristo. Era entusiasmante sentirlo parlare della nostra missione, dei primi confratelli fondatori e raccontare le loro peripezie, le avventure, le realizzazioni di carattere sociale, le opere di carità, gli impegni apostolici, e i sacrifici da loro affrontati. Di fra Cirillo, per quel poco di tempo che siamo stati assieme di comunità, mi è caro ricordare la sua bontà, il suo sorriso. Il primo a donarsi senza mai nulla chiedere. Bontà e disponibilità hanno caratterizzato la sua vita religiosa e missionaria, verso tutte le persone che lo hanno accostato. Ammirevole è stata la sua sollecitudine al bene degli ammalati e poveri africani che ha servito e curato negli ambulatori dei Villaggi e nei vari reparti dell’Ospedale missionario con autentica carità, fedele interprete del carisma di San Giovanni di Dio. Ora dal cielo continua ad intercedere da Dio grazie speciali per il nostro cammino verso l’incontro col Signore, il dono di nuove vocazioni alla Chiesa e alla nostra famiglia religiosa ospedaliera. Grazie Fra Cirillo! fra Serafino Acernozzi, o.h. Gianna Marrone Un sorriso sulle sue labbra lo potevi sempre vedere, anche quando era un po’ tirato per qualche sofferenza che si portava dentro. Curata nell’aspetto, non amava presentarsi senza essere sistemata a dovere e dalla sua eleganza capivi che era disposta a dare il suo tempo per chiunque si presentasse. Nell’associazione Amicizia, che opera nel Centro S. Ambrogio di Cernusco sul Naviglio, fin dagli inizi, ha sempre dato il suo contributo per il buon andamento del gruppo e per tanti anni nel consiglio direttivo ha offerto le sue migliori energie. Non creava mai contrasti tra i volontari, e questa è una grande dote per chi deve organizzare un gruppo. Sapeva creare un clima cordiale e la sua vivacità si abbinava ad una profonda sensibilità. Mancherà al gruppo, soprattutto alle amiche che le erano affezionate. È scomparsa in poco tempo, senza clamori, semplicemente, senza dare disturbo. Ora gode certamente della luce che ha cercato nella vita, insieme alle persone care che avrà ritrovato. Maurizio Felisati Il 26 luglio 2015 è scomparso il nostro collaboratore Maurizio Felisati. Ha lavorato al Centro S. Ambrogio di Cernusco sul Naviglio dal 1985. È stato tra i primissimi animatori, poi diventati educatori, che hanno arricchito il personale di cura nell’ambito della salute mentale. È stato pioniere insieme ad altri della comunità Arcobaleno, che fu il primo tentativo a Cernusco di staccarsi dall’idea del grande reparto per costruire un ambiente più a misura d’uomo. Per anni si è impegnato nel sindacato, portando dentro la sua passione sociale, che all’esterno si esprimeva anche nell’intenso impegno teatrale. Gli ultimi anni sono stati segnati da una sofferenza che non gli ha permesso di dedicarsi ai suoi impegni con intensità, ma restano positive le tante azioni del passato, mentre rimane nel ricordo di chi lo ha conosciuto per le idee originali che spesso condivideva generosamente. 3/2015 71 OSPITALITà aL FEMMINILE Chiara Lubich: Florence Gillet il suo cammino con Maria Meditando davanti alla pietà di Michelangelo, Chiara scrisse: «Stai, Madonna bella di Michelangelo, in quella cappella di San Pietro, e ogni volta che ti guardo sembri più bella. [...] Quando le tragedie del vivere umano mi incupiscono [...], quando il dolore mi morde nell’anima e nel corpo, ti guardo e mi sollevo». Non dobbiamo tanto aspettarci amore quaggiù, ma donarlo e lo riceviamo nella misura in cui lo doniamo... Come Maria, possiamo avere verso i nostri fratelli un cuore di madre che scusa tutto, crede tutto, spera tutto, sopporta tutto i sono momenti nella vita in cui sentiamo il bisogno di essere compresi da chi è capace, con la sua sola presenza, il suo sguardo, il suo sorriso, di portare con noi un peso che ci opprime. Qualcuno che, senza parole, riesce a volte persino a rivelarci il senso di quel dolore. Sentiamo, in realtà, il bisogno di una madre che ci comprende e allevia così dolori fisici o morali, a volte strazianti. Una madre. Anche Chiara Lubich ne ha avuto bisogno nei dolori – acutissimi e durati lunghi anni – vissuti come fondatrice. Non poteva andare diversamente. Una ragazza che coinvolge nel suo Movimento non solo persone del popolo, ma anche professionisti, parlamentari, non può non incontrare contrasti, ricevere calunnie e forse persecuzioni. Più ancora: una ragazza cattolica che parla di unità in un’epoca in cui, in Italia, l’unità era la principale rivendicazione dei comunisti; che pretende leggere e vivere la Parola di Dio, quando essa era, da secoli, appannaggio dei protestanti; tutto questo non poteva non suscitare perplessità e preoccupazioni pastorali nella gerarchia della Chiesa. C 72 3/2015 Chiara sapendo che la sua vita cristiana era frutto dell’amore di Gesù, ma anche di quello DI Maria ai piedi della croce, voleva aprire gli occhi ogni mattina su quest’immagine per conformarsi a Lei. Ci si chiedeva giustamente se quelle giovani fossero in linea con la Tradizione... Inoltre, il gruppo animato da quella ragazza usciva dai canoni tradizionali delle associazioni di laici attirando anche sacerdoti, religiosi e religiose... Per Chiara, che aveva sempre avuto a cuore la parola di Gesù: «Chi ascolta voi ascolta me» (Lc 10, 16), essere sotto l’occhio vigile ed indagatore della Chiesa istituzionale rappresentava una prova terribile. Era forse lo Sposo che, in questa sospensione, sconfessava il suo operato? A questa prova Chiara ha detto il suo sì incondizionato, durante lunghi anni di sospensione. Lo sa bene chi soffre: la sospensione, l’attesa di un verdetto, è una sorte di morte: «Era veramente – commenta – il momento in cui il chicco di grano, gettato in terra, doveva morire per moltiplicarsi. Morire. Questo era chiaro per noi» (Il grido, 2000, p. 65). Non senza un aiuto divino, Chiara ha scoperto in Maria che perde suo Figlio, Maria Desolata, l’icona compiuta di chi ridona a Dio, senza lamento, il dono che Dio le ha fatto. Ai piedi della croce deve ridare a Dio il dono della maternità divina. Perde in un modo raccapricciante il Figlio del quale era stato detto: «Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine» (Lc 1, 32-33). È il più crudele abbandono che una creatura possa soffrire. Suo figlio era il suo Dio e il suo tutto, la luce della sua vita, la sua ragione di essere e di sperare. Perdendo lui, ha perso veramente tutto. Eppure non si è disperata, ella ha creduto e ha accettato un’altra maternità: «Donna, ecco tuo figlio» (Gv 19, 26). Non è rimasta chiusa nel suo dolore ma è uscita da se stessa per dire un secondo sì, un secondo “fiat”, molto più difficile da dirsi di quello dell’annunciazione. Accogliendo Giovanni, accoglieva la Chiesa e l’umanità in se stessa e se ne faceva carico. Così è diventata nostra madre! Chiara comprende che può conformarsi a lei, la discepola di Gesù per eccellenza, che ci ha preceduti nel portare dietro a Lui la sua croce, che può imitarla. Trovata lei, ha trovato il senso del suo dolore: «Maria ai piedi della croce, nello straziante “stabat” che fa di lei un mare amaro di angoscia, è l’espressione più alta, in umana creatura, dell’eroicità di ogni virtù. Ella è la mansueta per eccellenza, la mite, la povera fino alla perdita del suo Figlio che è Dio, la giusta che non si lamenta di essere privata di ciò che le appartiene per pura elezione; la pura nel distacco affettivo a tutta prova dal suo Figlio Dio. In Maria Desolata è il trionfo delle virtù della fede e della speranza per la carità che l’accese durante tutta la vita, e qui la infiammò nella partecipazione così viva alla Redenzione. Maria ci insegna nella sua desolazione, che l’ammanta di ogni COME virtù, a coprirci di MARIA umiltà e di pazienza, di pru- POSSIAMO denza e di perseveranza, di CREDERE semplicità e di ALL’AMORE silenzio perché DI DIO nella notte di noi, dell’uma- CHE CI HA no che è in SCELTO noi, brilli per il mondo la luce di Dio che abita in noi. Maria addolorata è la Santa per eccellenza, un monumento di santità cui tutti gli uomini che sono e saranno possono guardare per imparare a rivestirsi di quella mortificazione che la Chiesa da secoli insegna e che i santi, con note diverse, hanno in tutti i tempi riecheggiato» (Frammenti, 1992, pp. 72-73). L’amore di Chiara per Maria 3/2015 73 OSPITALITà aL FEMMINILE le ha fatto intuire non solo la sua Desolazione ai piedi della croce, ma altri aspetti della sua vita, della sua persona: l’ha compresa come “tutta rivestita della Parola di Dio”, ha colto l’abisso che c’è sotto la prerogativa di essere “Madre di Dio”. Non si è accontentata di amarla e di lodarla, ha capito che una madre vuol essere imitata e che era perfino possibile riviverla. Sì, riviverla, essere un’altra piccola Maria con i lineamenti della madre. L’episodio che segna questa grazia di luce risale al dicembre 1957. Nel maggio di quell’anno Chiara era stata vittima di un grave incidente d’auto e, alle sofferenze fisiche, si erano aggiunte prove spirituali così profonde che ella riusciva a restare in vita – diceva – solamente tenendo gli occhi fissi su Gesù Crocifisso e Abbandonato. Un giorno, entrata nella cappella della sua casa, improvvisamente chiede a Gesù presente nel tabernacolo non la grazia della guarigione, non di essere alleviata nei suoi dolori, ma di spiegarle come mai non ha lasciato Maria sulla terra: «Perché volesti rimanere sulla terra, su tutti i punti della terra, nella dolcissima Eucaristia, e non hai trovato, Tu che sei Dio, una forma per portar- Quando soggiornava in Svizzera, alcuni mesi all’anno, Chiara Lubich si recava nella chiesa di Leuk, nel Vallese, e dopo una visita al Santissimo Sacramento, amava fermarsi presso questa Desolata per portarle i dolori, le gioie, e tutta l’Opera di Maria. Qui nel 2002. 74 3/2015 vi e lasciarvi anche Maria, la Mamma di tutti noi che viaggiamo?». La risposta interiore che le viene data da Gesù, la sconvolge tanto è inaspettata: «Nel silenzio sembrava rispondesse: “Non l’ho portata perché la voglio rivedere in te. Anche se non siete immacolati, il mio amore vi verginizzerà e tu, voi, aprirete braccia e cuori di madri all’umanità, che, come allora, ha sete del suo Dio e della Madre di lui. A voi ora lenire i dolori, le piaghe, asciugare le lacrime.” » (Meditazioni, (1959), 200826 pp. 47-48) Chiara coglie subito la lezione che le dà Gesù: non dobbiamo tanto aspettarci amore quaggiù, ma donarlo e lo riceviamo nella misura in cui lo doniamo. Aderisce subito a questa spiegazione perché le parole interiori di Gesù sono fin troppo eloquenti: anche noi possiamo rivivere Maria, ritrovare l’innocenza primitiva. Come Maria, possiamo credere all’amore di Dio che ci ha scelto, possiamo credere che «tutto concorre al bene per quelli che amano Dio» (Rm 8, 28), convinti che Dio è così grande da ricavare il bene anche dal male. Come lei, possiamo essere Parola viva ed essere madri di Gesù, il quale ha detto: «Mia madre e miei fratelli sono questi: coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica» (Lc 8, 21). Come lei, possiamo avere verso i nostri fratelli un cuore di madre che scusa tutto, crede tutto, spera tutto, sopporta tutto (cf. 1 Cor 13). Questo uno dei segreti di Chiara Lubich: anche nelle situazioni di grande dolore, dimentichi del nostro, prendere su di noi quello degli altri e comportarci nei loro confronti come fossimo realmente la loro madre. «Non ho lasciato Maria sulla terra perché la voglio rivedere in te». IBAN IT02 J076 0101 6000 0002 9398 203 ABBONAMENTO Gentile lettore, rinnova l’abbonamento alla Rivista, euro 13,00, utilizzando il bollettino postale allegato in tal modo contribuisci anche a sostenere gli ospedali missionari dei religiosi Fatebenefratelli del Togo e del Benin. CONTO CORRENTE POSTALE NUMERO 29398203 Adami Giancarlo Sacerdote Roma 10,00 Albanese Antonio 60,00 Opera (Mi) Baldo Lino Padova 180,00 Bianchi Alda 25,00 Casalpusterlengo (Lo) Biso Carlo Arcola (Sp) 12,00 Bonamico Marai Adriana 20,00 Verona Brangani Maria 15,00 Botticino Sera (Bs) Cappellano Ospedale 13,00 Camerino (Mc) N.N. Pegognaga (Mn) 30,00 Casagrande Mario 20,00 San Donà di Piave (Ve) Cogo Maria 20,00 Caronno Pertusella (Va) Di Benedetto Nanda Cirillo 15,00 Pescara Emilia Angela, a ricordo fra Ireneo 20,00 Erba (Co) Ercoli Andrea - Franchilino Maria Brembio (Lo) 10,00 Ferrari Evelina Brescia 50,00 Fondazione Giovanni Carlo Rota Almenno S. Salvatore (Bg) 150,00 Fratini Fabio e Patrizia 25,00 Citerna (Pg) Ghilardi Arno Gorle (Bg) 50,00 Giuliani Antonella 15,00 Ladispoli (Rm) L.E.P. Erba (Co) 30,00 La Corte Franca 5,00 Comacchio (Fe) Leone Giuseppe Palermo 26,00 Liberni Giovanni 13,00 Monselice (Pd) Liotta Anna Giuseppe Milano 15,00 Locatelli Mario 13,00 Almenno San Salvatore (Bg) Lucci Bruno 25,00 Moggio Udinese (Ud) Maffeis Maria Opera (Mi) 13,00 Manca Teresa e Claudia 60,00 Guspini (Vs) Mascherin Otelio Bertiolo (Ud) 20,00 Masciarelli Gianna 10,00 Taranta Peligna (Ch) Messeri Loretta Bandinelli 10,00 Impruneta (Fi) Molinari Debortoli Annamaria Villafranca (Vr) 20,00 Molinari mons. Giuseppe 50,00 Belgioioso (Pv) Nicora Angela Milano 10,00 Nocivelli Bruna 300,00 Verolanuova (Bs) Granelli don Rodolfo 10,00 Pre’ Saint Didier (Ao) Pecchio Umberto Pavia 10,00 Pedroni Marina 20,00 Trarego Viggiona (Vb) Pogolotti Anna Giaveno (To) 20,00 Prandini Maria Vittoria Milano 20,00 Purini Pia Muggia (Ts) 10,00 Raio Mario Burolo (To) 20,00 Roberti Walter 25,00 Puegnago sul Garda (Bs) Rumi Tina 50,00 Palazzolo sull’Oglio (Bs) Sgarbossa Luciano 30,00 Cittadella (Pd) Spinelli Andrea 30,00 Cusano Milanino (Mi) Stival Lino 13,00 Magnano in Riviera (Ud) Tacconi Maria Pia 20,00 Bereguardo (Pv) Tessari Giuseppe e Luchesi Luigina Mira (Ve) 10,00 Tortella Gaetana Falconi 15,00 Peschiera del Garda (Vr) Ucci Roberto Treviso 20,00 Vai Alvaro Buccinasco (Mi) 50,00 Verzotto Malvina 50,00 S. Giustina in Colle (Pd) Vizzarro Giuseppina Carosino (Ta) 20,00 ::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::: TOTALE 1.803,00 OFFERTE A FAVORE DELLE OPERE MISSIONARIE 3/2015 75 76 3/2015