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MILANO FINANZA
Salute
MEDICINA
II
Personal
3 Febbraio 2007
Studi su nuove molecole, impianti di staminali, farmaci
di ultima generazione. Obiettivo? Sconfiggere Alzheimer
e Parkinson. E arrivare alla diagnosi col prelievo ematico
Cervelli
sempreverdi
di Cristina Cimato
S
tanare la malattia con un
semplice prelievo di sangue,
scoprire i geni responsabili
della sua formazione,utilizzare le
cellule staminali come neuroprotettori ed eseguire trial preventivi. Le armi sfoderate per sconfiggere le malattie neurodegenerative ad alta incidenza epidemiologica come l’Alzheimer (600 mila persone solo in Italia) e il
Parkinson (200 mila) sono numerose e mirano a individuare molecole in grado di bloccare i processi di morte neuronale e a mettere a punto farmaci e vaccini risolutivi.
Marcatori periferici
e trial preventivi
tante intervenire appena iniziano i primi disturbi. Le linee di ricerca più avanzate stanno studiando un imaging diretto della
beta amiloide e cercano di individuare sostanze che nel liquido cefalorachidiano o, meglio ancora
nel sangue, indichino l’accumulo
di beta amiloide nel cervello».
Mentre già oggi si riesce a rilevarne l’esubero con una puntura
lombare, l’obiettivo della ricerca
è quello di vedere attraverso un
semplice prelievo ematico se il
meccanismo si è attivato oppure
no. In questo modo si potrebbe individuare meglio la malattia e
pensare a una diagnosi veramente precoce.Altri studi puntano alla definizione di marker che individuino la presenza di placche
(depositi) nel cervello, attraverso
traccianti sensibili. «La formazione della beta amiloide provoca
alterazioni strutturali, funzionali e biochimiche sul cervello, come
per esempio la riduzione del tessuto cerebrale in alcune zone specifiche come l’ippocampo», continua
Fr i s o n i ,
«quindi si sta cercando di visualizzare questi depositi con una
diagnostica per immagini di ultima generazione come l’Rm (risonanza magnetica) e la Pet (tomografia a emissione di positroni)».
Nell’ambito degli studi sulla massa cerebrale all’università di Siena è già stato attivato e standardizzato un software che studia il
tessuto cerebrale correlando lo
spessore della corteccia con dati
di capacità funzionale dell’organismo.«Uno degli elementi più interessanti», esordisce Giancarlo
Comi, direttore dell’Istituto di
neurologia sperimentale del San
Raffaele e ordinario di neurologia
all’Università Vita-Salute, «è di
passare a trial preventivi e mettere in atto terapie con anti infiammatori e anti radicali liberi
in età molto precoce per lungo
tempo, a partire dai 40-45 anni».
Recenti studi condotti al Policlinico di Milano testimoniano infatti che le molecole infiammatorie nel liquido cerebrospinale sono presenti solo
nei sogget-
ti in fase iniziale di malattia, e
scompaiono quando il paziente
entra in una fase più avanzata.
Va in questa direzione di prevenzione un progetto pilota europeo,
coordinato dall’Istituto Fatebenefratelli di Brescia e finanziato
dall’Associazione Alzheimer americana che prevede la realizzazione di un sistema integrato per
la diagnosi della malattia e delle
altre demenze. L’obiettivo è quello di uniformare procedure, esami e referti.
Vaccini e geni
migliorano la memoria
Si era gridato alla vittoria. La
sperimentazione sui primi vaccini contro l’Alzheimer aveva dato ottimi risultati sull’animale.
Ma il trial clinico è stato bloccato perché si erano verificati alcuni, e non sporadici, casi di encefalite. Ora si stanno mettendo
a punto a livello internazionale
vaccini che non inducono una risposta abnorme dell’organismo,
ma che conservano la capacità
(peraltro dimostrata anche nel
primo studio) di togliere le tracce delle placche e allo stesso tempo di ri-
Nello studio dell’Alzheimer, infatti, uno degli obiettivi è quello
di riuscire a intervenire quando
iniziano lievi disturbi di memoria, quindi molto prima che si manifesti una forma grave di disabilità. La malattia si sviluppa
perché nel cervello inizia ad accumularsi la beta amiloide (ossia
una parte della proteina APP
coinvolta nella trasmissione delPer far sì che il
l’impulso nervoso). Per smaltimorbo di Parkinson ralre l’eccessivo accumulo di
lenti la sua corsa verso la degenerazione dei neuroni sono in corso in Itaquesta proteina il cervello
lia e nei centri specializzati europei studi di fase III su molecole che potenziano
la spezzetta e uno di quel’azione della levodopa (farmaco precursore della dopamina che ne imita l’azione)
sti «frammenti» è tossico
modulando la trasmissione di serotonina, adenosina e glutammato. All’università
per i neuroni. «Il prodi Cagliari, per esempio, si sta testando l’efficacia di farmaci che agiscono sull’acesso inizia già intordenosina bloccando gli effetti di questo trasmettitore che agisce su vari recettori; uno
no ai 40-45 anni, ma
di questi, l’A2, infatti, se stimolato, inibisce il movimento. «Si è scoperto di recente»,
si manifesta tardivasostiene Micaela Morelli, professore ordinario di farmacologia, «che alcuni recettori
mente», commenta
Giovanni B.Frisoni,
ai quali si lega l’adenosina sono gli stessi ai quali si lega la caffeina con un ruolo di
responsabile dell’Uantagonista. Studi epidemiologici eseguiti negli Usa hanno dimostrato che i grandi
nità Operativa di
bevitori di caffè (almeno cinque tazze al giorno) mostrano una ridotta incidenza di
Psicogeriatria e DiParkinson rispetto a coloro che non lo consumano o ne bevono modeste quantità. In
rigente di Ricerca
realtà lo studio era nato per testare gli effetti cardiovascolari della caffeina su circa 8
dell’Istituto di ricomila persone». L’adenosina, come tutti i neurotrasmettitori, mette in comunicazione i
vero e cura Fatebeneuroni nel cervello, ma svolge numerose altre attività come, per esempio, il controllo del
nefratelli di Brescia,
movimento e la regolazione del sonno e della veglia. «Non va poi dimenticata la validità,
«e per moltissimo
testata a livello sperimentale su modelli animali, dell’attività motoria per combattere la
tempo il cervello preprogressione della malattia, contrastare la morte dei neuroni e facilitare il movimento»,
senta una forma asinconclude Morelli, «e comunque stimo che questi nuovi farmaci che paiono promettenti
tomatica di malattia.
saranno disponibili fra non più di un paio di anni».
Sarebbe quindi impor-
Il caffè mette
il Parkinson ko
pristinare la
funzionalità
del paziente.
In Italia sono
in corso studi
in fase III su
alcune molecole che
agiscono
in modo
diverso
sulla produzione o sull’aggregazione di beta amiloide. «I vaccini che provocano l’attivazione immunitaria sono di due tipi e fan sì che
le cellule all’interno del cervello
siano stimolate per togliere la beta protezione», afferma Gianluigi Forloni, direttore del dipartimento di Neuroscienze dell’Istituto Mario Negri di Milano, «uno
degli studi che stiamo conducendo intende proprio ridurre la
produzione di beta proteine, ossia il rifornimento che dà luogo
alle placche». Uno studio recente ha dimostrato inoltre che la
stimolazione generica delle cellule del sistema immunitario è
in grado di produrre effetti positivi a livello neuronale. Una strategia innovativa, anche
se invasiva arriva dalla California,
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dove un gruppo di ricercatori ha
impiantato nel cervello fibroblasti (ossia cellule del tessuto connettivo) ingegnerizzati. Questi
sono stati attivati per produrre
il fattore di crescita NGF e sono
stati reiniettati in una zona specifica del cervello. «Con un esame di imaging», aggiunge Frisoni, «si è visto che grazie a questo
impianto c’è stato un enorme aumento del metabolismo corticale. Dopo che un paziente è deceduto per cause non legate all’Alzheimer, gli è stato studiato
il cervello e si è visto che nelle
zone in prossimità dell’impianto c’è stata proliferazione dendritica e assonale. I neuroni hanno iniziato a ricrescere». Parallelamente allo studio di nuove
molecole si sta cercando di scoprire quali geni sono coinvolti
nella malattia. Di recente un’équipe internazionale ha studiato la sortilina 1, ossia un
recettore dell’APP. «Analizzando il gene», afferma Amalia Bruni, direttore del centro regionale di neurogenetica di Lamezia
Terme e coautore
dello studio appena pubblicato su
Nature Genetics,
«abbiamo visto che
ci sono due varianti di esso che
rappresentano un
fattore di rischio
Alzheimer. La casistica studiata è vastissima, circa 6 mila persone,
e l’aspetto più interessante
è che queste varianti non sono
presenti nelle famiglie a esordio
precoce (ossia nei pochi casi in
cui la malattia si presenta con il
carattere di malattia genetica
dominante e colpisce le persone
giovani)». Il fine ultimo degli studi sui geni, comunque, è quello
di identificare un profilo che sia
predittivo della malattia. «Di recente abbiamo individuato diverse variazioni chiamate polimorfismi nella sequenza di geni
che codificano per molecole infiammatorie», spiega Elio Scarpini, professore associato di neurologia all’Università degli studi di Milano - Ospedale Maggiore Policlinico, «che aumentano la
suscettibilità allo sviluppo della
malattia di Alzheimer. Questi
studi ci condu-
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cono verso l’identificazione di «ora invece ci si sta preoccupan- minali, però, non mancano le no- a rilascio lento e costante duranuna mappa genica che indichi chi do di avere localmente cellule che vità in ambito terapeutico, so- te l’arco della giornata. L’obiettivo
è a rischio e chi no». Altri studi non solo producano dopamina,os- prattutto per quanto riguarda le è quello di ridurre il più possibile
in corso percorrono strade di- sia una sorta di olio che fa fun- modalità di somministrazione dei le somministrazioni (fino a una
verse. «Uno di questi, in fase con- zionare bene i circuiti cerebrali, farmaci. «È appena arrivato sul ogni tre giorni) per migliorare la
clusiva, sta testando l’efficacia ma che abbiano anche funzione di mercato un nuovo inibitore Mao qualità della vita dei pazienti»,agdella enoxoparina nella riduzio- protezione del danno tissutale. B (monoaminossidasi di tipo B) giunge Ruggieri, «la soluzione più
ne delle placche di amiloide at- Questo si ottiene attraverso che prevede un’unica sommini- valida dal punto di vista medico è
traverso lo studio nel liquor dei un’opportuna ingegnerizzazione strazione giornaliera rispetto al- però la pompa sottocutanea,granpazienti», aggiunge Scarpini, delle staminali neuronali. Entro le tre necessarie finora», com- de come un telefonino da appenmenta Stefano Ruggieri, dere al collo e collegata con un pic«un altro sta verificando gli ef- il 2007 è proprofessore ordina- colissimo ago posto sottocute. In
fetti di un farmaco inibitore del b a rio di neurolo- questo modo si può predefinire
recettore dei cannabinoidi. Quegia all’U- ogni volta il dosaggio e fare in mosta sostanza è attualmente utido che il rilascio sia più stabile.Ma
lizzata nel trattamento delquesta soluzione non è molto ben
l’obesità ma ha dimoUna delle
accetta dal paziente». Per aumenstrato effetti positivi
vie percorse dalla
tare i livelli di dopamina sono in
sulle capacità coricerca è quella di trovare meatto sperimentazioni, già in fase
gnitive nei motodiche di somministrazione sempre
III, su molecole studiate appodelli sperimenmeno
invasive.
In
questa
direzione
è
ansta per rallentare la progrestali animali».
dato un gruppo di ricercatori del dipartimento di psichiatria della University of South
sione della malattia e sconFlorida che ha realizzato un cerotto transdermico per la riduzione delle placche
figgere la depressione. «Il
di beta amiloide. I test sull’animale hanno dato buoni risultati e ora il team
20-40% dei parkinsoniainizierà nuovi studi per vedere se il vaccino sia anche in grado di ostaconi soffre di stati depreslare la perdita di memoria. «Se questi studi mostreranno benefici cosivi», afferma Vincenzo
gnitivi», commenta Jun Tan, coordinatore della ricerca, «credo che i
Bonavita, direttore del
trial clinici saranno garantiti». Dalla pelle agli occhi. Sono trascorCentro Parkinson
si 50 anni dalla sua scoperta, ma di recente sta vivendo una nuova
presso il dipartimenprimavera. Il fattore di crescita nervoso (Ngf, identificato da Rita
to di Scienze Neurologiche dell’UniverLevi-Montalcini) è infatti oggetto di studio ultimamente come
sità Federico II di Naagente terapeutico nella malattia di Alzheimer. «Si sa già che quepoli,«stiamo testando
sta molecola svolge un ruolo protettivo sui neuroni che vanno inl’efficacia
degli agonicontro a morte in questa malattia»,dice Luigi Aloe, dirigente delsti dopaminergici e
l’Istituto di neurobiologia e medicina molecolare del Cnr, «ma
degli antagonisti del
fino ad ora era problematico l’utilizzo dell’Ngf perché l’unico
recettore glutammametodo di somministrazione prevedeva una puntura intracetergico. Questo recettorebrale. Abbiamo però osservato in laboratorio che la molecore infatti è coinvolto nel
la data come un collirio raggiunge il cervello grazie alla conprocesso degenerativo cenessione anatomica tra quest’ultimo e il sistema oculare».
rebrale. La fine dei test è
Questa nuova metodica apre numerose strade all’utilizzo
prevista per il 2008».
non invasivo della molecola. Ovviamente la terapia potrà
dare buoni effetti se somministrata nelle prime fasi della
malattia per ridurne o bloccarne l’evoluzione». Il collirio,
Le nuove terapie
che dev’essere ancora studiato sull’uomo», conclude Aloe,
senza
farmaci
«verrà ora testato su modelli animali con lesioni cerebrali
gravi per capire se la protezione ha luogo anche in
Una recente novità riguarda inuna fase più avanzata».
n i - vece la stimolazione cerebrale
Staminali e cerotti
v e r s i t à profonda, da anni utilizzata come
La Sapienza terapia della malattia di Parkincontro il tremore
di Roma, «questo son e che consiste nell’impianto
farmaco blocca la degrada- di elettrodi per stimolare alcune
È la più frequente malattia neu- bile che alrodegenerativa dopo l’Alzheimer cuni centri inizino la procedura di zione della dopamina, mima in zone del cervello che controllano
e colpisce le cellule cerebrali che impianto sull’uomo». L’obiettivo è pratica quello che fa in condizio- il movimento. Il dipartimento di
producono la dopamina, una so- quindi quello di portare nel cer- ni normali il cervello. Con gli al- Scienze neurologiche dell’Unistanza chimica fondamentale per vello un tessuto in grado di con- tri farmaci l’efficacia era troppo al- versità di Milano all’Irccs Policliil controllo preciso dei movimen- trastare la degenerazione della talenante e si verificavano alter- nico ha brevettato un nuovo siti. Accanto ad alcuni nuovi far- malattia.«Nonostante gli sforzi la nativamente picchi di stimolazio- stema che consentirà di adattare
maci che svolgono una funzione strada è ancora lunga», avvisa ne e fasi in cui questa non era suf- il tipo di stimolazione e la sede in
neuroprotettiva si sta facendo Mario Manfredi, presidente della ficiente. Ora si può sperare di ave- tempo reale. «Entro breve è prestrada il trattamento con le cel- Società italiana di neurologia, «le re un effetto benefico più costan- visto l’inizio della sperimentaziolule staminali. «È stato fatto un cellule neuronali presentano una te sull’attività motoria». Il target ne di questo nuovo sistema sui paprimo tentativo che però aveva complessità estrema, il processo di questi nuovi farmaci è il pa- zienti», suggerisce Alberto Priori,
l’unico obiettivo di rimpiazzare neurodinamico per far sì che va- ziente che presenta sì un danno, coordinatore del gruppo che ha
con cellule sane quelle neuronali dano nel punto giusto e che svol- ma che non è ancora a uno stadio eseguito il brevetto. Uno dei camalate», spiega Giancarlo Comi, gano il loro ruolo in modo corret- avanzato della malattia. Per colo- pisaldi rimane comunque la diaro invece che sono in una fase ini- gnosi tempestiva della malattia,
to è molto complicato».
In attesa degli im- ziale si punta principalmente sui che troppo spesso viene indivipianti di sta- dopamina-agonisti, ossia farmaci duata tardi, quando i neuroni soche hanno solo il compito di ga- no già molto danneggiati. «La rerantire la presenza della dopami- gione Lombardia», esordisce Giuna a livello cerebrale. Spesso però seppe Nappi, direttore scientifico
la somministrazione è un proble- dell’Istituto Neurologico Mondima, perché i neuroni morenti fun- no, «si è impegnata in tal senso
gono da tampone e non veicolano creando un network che dia la
il neurormone, e il sovradosaggio, possibilità a tutti i medici, spespesso necessario per mantenere cialisti e non, di condividere cola mobilità del paziente, talvolta noscenze ed esperienze e di rediprovoca movimenti involontari si- gere linee guida diagnostico-temili ai tic. «Un’altra novità ri- rapeutiche per procedere con vaguarda la commercializzazione a lutazioni uniformi». (riproduziobreve di un cerotto transdermico ne riservata)
Pelle e occhi
per dire addio
all’Alzheimer