Le regole della sicurezza stradale: il codice della strada

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ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ
DIPARTIMENTO AMBIENTE E CONNESSA PREVENZIONE PRIMARIA
REPARTO AMBIENTE E TRAUMI
OSSERVATORIO NAZIONALE AMBIENTE E TRAUMI (ONAT)
Pietro Marturano
Le regole della sicurezza stradale: il codice
della strada
[2007]
Pubblicato in Salute e Sicurezza Stradale: l'Onda Lunga del Trauma, a
cura di Franco Taggi e Pietro Marturano, C.A.F.I. Editore, Roma, 2007,
pp. 43-60
L’ONAT/ISS ringrazia C.A.F.I. Editore (www.cafieditore.com) che ha
generosamente messo a disposizione il presente articolo per una sua
maggiore diffusione ai fini della ricerca e della prevenzione.
Il contenuto di questa pubblicazione può essere utilizzato citando la fonte nel
modo seguente:
Pietro Marturano, “Le regole della sicurezza stradale: il codice della strada“, in
Salute e Sicurezza Stradale: l'Onda Lunga del Trauma, a cura di Franco Taggi e
Pietro Marturano, C.A.F.I. Editore, Roma, 2007, pp. 43-60
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Le regole della sicurezza stradale: Il Codice della Strada
di Pietro Marturano
Abstract
Il Codice della Strada rappresenta la principale norma atta a garantire la regolarità e la sicurezza del traffico veicolare, motorizzato e non. Sebbene più volte
modificatosi, avverte l’esigenza, da più fronti, di un completo rinnovo orientato
alla massima semplicità e fruibilità oltre che ad un inasprimento dell’impianto
sanzionatorio.
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PAROLE CHIAVE: Codice, CdS, premi, sanzioni, strada, circolazione, veicolo,
dovere morale, dovere giuridico, dovere sociale, illecito amministrativo, illecito penale, sanzione, prevenzione, repressione.
Premessa
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Con il decreto legislativo n.285 del 30 aprile 1992, a partire dal 1° gennaio 1993,
entra i vigore in Italia il c.d. “Nuovo Codice della Strada” (CdS). Nuovo in quanto è in effetti l’ultimo strumento legislativo varato in modo organico e “reingegnerizzato” rispetto al passato (il precedente Codice era del 1959), ma in realtà anche “vecchio” in quanto più volte modificato (1) e, a parere di molti già
obsoleto e superato, non più in linea con le attuali esigenze di sicurezza, di semplicità e chiarezza.
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Le ultime modifiche legislative non hanno completato quel processo di riforma
conneso al rapido mutamento del contesto socio-economico del Paese e delle
innumerevoli direttive comunitarie che disciplinano la materia in modo sempre
più dettagliato. Tutti questi cambiamenti e queste correzioni dimostrano da una
parte l’esigenza di stare al passo con i tempi e dall’altra di raggiungere gli ambiziosi obiettivi comunitari sulla sicurezza stradale (2).
L’articolo 1 del CdS, nella versione modificata dal d.lgs. n.9/2002, prevede al
comma 3 la redazione del Piano nazionale della sicurezza stradale a cura del
Ministero dei trasporti (di cui parleremo nel prossimo capitolo), la cui verifica è
demandata alla relazione annuale al Parlamento. La sicurezza stradale, quindi,
assurge a principio primario informatore di tutta la struttura del Codice.
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Le ultime e più importanti modifiche risalgono al biennio 2002-2003 con il d.lgs. 15 gennaio 2002
n.9 e il d.l. n.151 del 27 giugno 2003 convertito con legge 1° agosto 2003 n.214.
Purtroppo corre l’obbligo di evidenziare che sull’obiettivo -50% delle vittime entro il 2010, la
Commissione europea, nel “Rapporto di medio termine” pubblicato nel maggio del 2006, ha
valutato che alle attuali tendenze nel 2010 si raggiungerà una riduzione di vittime di circa il 35%
e non del 50%;
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Salute e sicurezza stradale: l’onda lunga del trauma
La sicurezza degli utenti della strada e dei cittadini rappresenta di fatto la finalità fondamentale di ordine sociale ed economico che lo Stato persegue.
La legge n.214/2003, tra le ultime modifiche apportate al Codice, oltre all’inasprimento delle sanzioni per le violazioni più gravi, ha introdotto importanti novità come ad esempio la rivisitazione delle infrazioni che determinano una decurtazione dei punti associati alla patente di guida e, di contro, un innovativo sistema premiale per i conducenti più virtuosi (3).
In questo capitolo, senza la pretesa di effettuare un commento organico e completo sul Codice della Strada e su come realizzare struttura e contenuti della prossima versione, si vogliono solo evidenziare gli aspetti generali, commentando le
parti o gli articoli che possono riguardare la sicurezza stradale, evidenziando gli
aspetti più interessanti o meno noti.
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Ci riferiamo in particolare al “bonus” previsto al comma 5 dell’articolo 126-bis del CdS che rappresenta una sorta di “premio per buona condotta” dell’utente. Il comma in questione prevede
infatti che:
“Salvo il caso di perdita totale del punteggio di cui al comma 6, la mancanza, per il periodo di
due anni, di violazioni di una norma di comportamento da cui derivi la decurtazione del punteggio, determina l’attribuzione del completo punteggio iniziale, entro il limite dei venti punti. Per i
titolari di patente con almeno venti punti, la mancanza, per il periodo di due anni, della violazione di una norma di comportamento da cui derivi la decurtazione del punteggio, determina l’attribuzione di un credito di due punti, fino a un massimo di dieci punti.”
Su questa forma premiale, molti hanno sollevato dubbi sulla sua opportunità contestando come
non si possa premiare chi fa semplicemente il proprio dovere. Più propriamente, a parere dello
scrivente, la scelta appare invece opportuna per un duplice ordine di motivi. Il primo dovuto al
fatto che le norme incentrate unicamente sulla repressione e sulla punizione dei trasgressori, storicamente, non hanno mai condotto verso il pieno ed assoluto rispetto della norma. In secondo
luogo, un sistema strutturato in modo elastico e basato sul giusto compromesso di premialità e
punizioni, potrebbe spingere anche la frazione degli “irriducibili” verso comportamenti rispettosi
delle norme. In definitiva, rendere “convenienti” dei comportamenti rispetto ad altri può rappresentare la chiave adeguata per ottenere il rispetto delle norme in modo semplice, veloce e conveniente per tutti.
A fronte di questi “premi” lo stesso articolo 126-bis del Codice (articolo che disciplina l’intero
impianto della patente a punti) nella sua ultima versione prevede che: “… ai soggetti che
hanno commesso nell’arco di un anno violazioni per un totale di almeno venti punti è inibita la
guida di veicoli a motore sul territorio italiano per un periodo di due anni. Ove il totale di almeno venti punti sia raggiunto nell’arco di due anni, l’inibizione alla guida è limitata ad un anno.
Ove il totale di almeno venti punti sia raggiunto in un periodo di tempo compreso tra i due e i tre
anni, l’inibizione alla guida è limitata a sei mesi … ”, e che “ … per le patenti rilasciate successivamente al 1º ottobre 2003 a soggetti che non siano già titolari di altra patente di categoria B o
superiore, i punti da sottrarre, per ogni singola violazione, sono raddoppiati qualora le violazioni
siano commesse entro i primi tre anni dal rilascio della patente … ”.
Per concludere, si potrebbe addirittura ipotizzare un sistema premiale che preveda per i conducenti più virtuosi e rispettosi del Codice, uno sconto sui premi delle assicurazioni, sulla tassa di possesso o perfino sulle prestazioni richieste al servizio sanitario nazionale. Naturalmente, questa
forma di premialità nei confronti dei più disciplinati dovrà essere affiancata da un maggiore controllo sulle strade e maggiore certezza sull’effettiva applicazione delle sanzioni. Un siffatto apparato, dosando con equilibrio e saggezza premi e sanzioni, potrebbe anche essere applicato alle
amministrazioni e agli enti poprietari/gestori di strade al fine di stimolare una corretta gestione e
manutenzione dell’infrastruttura. In questo caso il premio potrebbe essere rappresentato dalla
possibilità di accedere ai finanziamenti statali in caso di documentata riduzione dell’incidentalità nell’ambito territoriale di competenza, mentre la sanzione potrebbe essere rappresentata dall’impossibilità di accesso a tali fonti finanziarie.
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L’importanza sociale dei trasporti automobilistici
I trasporti in genere hanno sempre avuto una grande importanza nell’economia
di un Paese, sia per il numero di lavoratori occupati sia per l’influenza che essi
determinano sugli altri comparti. È noto infatti che i prezzi delle merci sono direttamente proporzionali al costo del trasporto. Un ulteriore legame molto stretto
esiste tra le varie modalità di trasporto: gomma, ferro, aria, acqua. Nella logica
di sistema complesso, meglio specificata nel prossimo capitolo, un peggioramento o un miglioramento in una di queste modalità determina, inevitabilmente, forti ripercussioni sulle altre e quindi sull’intero sistema. Se per esempio spostassimo una quota del trasporto merci sulle vie d’acqua, si ridurrebbe il traffico
veicolare su gomma e il traffico su ferro, ma, dovremmo anche tener presente
che l’aumento dei tempi medi di percorrenza delle merci, potrebbe avere possibili ripercussioni logistiche e sui costi del trasporto.
I rapporti di interconnessione fra i trasporti e territorio sono molteplici e articolati. Il territorio è la base di tutte le attività dell’uomo. In particolare la mobilità si
sviluppa secondo percorsi preferenziali che tengono conto delle attitudini, dei
desideri ma anche dei vincoli ambientali ed economici. Non è un caso che le
grandi città sono nate sulle rive del mare o di grandi fiumi, in zone pianeggianti
e facilmente raggiungibili.
Più ampie sono le dimensioni geografiche di un Paese, maggiori saranno i flussi
di traffico sulle lunghe distanze, e di conseguenza maggiori saranno i trasporti su
ferrovia (in Canada o negli Stati Uniti, per esempio, dove sebbene vi sia stato un
forte sviluppo della motorizzazione, i trasporti su ferrovia hanno comunque
un’importanza predominante).
Nei Paesi di minore estensione territoriale, invece, le reti ferroviarie non hanno
mai avuto un forte sviluppo. Se consideriamo anche che la conformazione prevalentemente montuosa di un territorio non favorisce questo tipo di modalità di
trasporto, ecco che emerge il profilo dell’Italia, dove i trasporti automobilistici
sono predominanti su tutti gli altri (4).
Ad oggi circa l’80% delle merci circola su strada e le ferrovie trasportano quasi
esclusivamente merci con un basso valore del rapporto prezzo/volume in quanto queste non richiedono grande elasticità nei tempi e nella capillarità della
consegna.
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Viaggiare in Italia è sempre stato difficile, in passato come ancora oggi. La montuosità e la frammentazione fisica del territorio hanno sempre costituito un ostacolo per i trasporti e le comunicazioni. Queste difficoltà sono state incontrate nella realizzazione delle reti ferroviarie, ma anche
per la costruzione di importanti assi viari autostradali. Prima dell’unità d’Italia l’ostacolo era rappresentato dalla frammentazione politica del Paese che imponeva d’imperio delle soluzioni di
continuità nei percorsi. Ad aggravare la situazione, specialmente nel meridione, vi era anche il
“brigantaggio”, problema di non trascurabile rilievo per i viaggiatori dell’epoca e più volte
denunciato dai giovanotti dell’aristocrazia britannica durante le loro escursioni italiane del
“grand tour” nel XVIII secolo.
Un grosso impulso alla costruzione di strade, avvenne solo nei primi anni del 1800, in età napoleonica, proprio quando stavano per nascere le prime ferrovie, ma la carrozza a cavalli (la diligenza) rimase il principale mezzo di trasporto fino ai primi anni del 1900.
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Salute e sicurezza stradale: l’onda lunga del trauma
La lentezza e la poca flessibilità dei trasporti ferroviari portarono, dopo la seconda Guerra mondiale, verso scelte politiche che privilegiarono la costruzione della
rete autostradale, ma destinata prevalentemente al trasporto di persone (5).
Questa scelta strategica fu da più fronti criticata e a volte osteggiata, tanto che
negli anni ’70 si giunse ad una drastica riduzione dei finanziamenti.
Al contempo però, non furono neanche destinati fondi per lo sviluppo ed il
miglioramento delle ferrovie, con la conseguenza che i flussi di traffico di persone e cose continuarono il loro percorso di crescita sulle strade (6) non trovando
altre strutture in grado di assorbili in modo sicuro ed adeguato.
Contemporaneamente, lo sviluppo economico della Nazione e il conseguente
arricchimento della popolazione, portò ineluttabilmente ad uno sviluppo grandioso della motorizzazione del Paese, con l’uso anche spropositato del mezzo
privato rispetto a quello pubblico e con le ulteriori conseguenze negative dovute alla congestione, all’inquinamento, all’incremento dei consumi e dell’impatto ambientale.
Per porre un freno a questa situazione, almeno in ambito urbano, il legislatore ha
proposto una soluzione prescrivendo l’obbligatorietà della redazione dei piani
urbani del traffico e dei piani provinciali (art. 36 CdS e 73 Reg.), ma purtroppo,
non sembrano aver risolto completamente il problema.
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Introduzione al Codice della Strada
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Tutti i cittadini hanno il diritto, garantito dalla Costituzione, alla sicurezza e a
muoversi liberamente sul territorio della Nazione. Tali spostamenti possono avvenire utilizzando modalità di trasporto diverse.
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Il mezzo di trasporto che attualmente esprime al meglio la possibilità di movimento delle persone è senza dubbio l’autoveicolo. Di conseguenza, il traffico
indotto dalla moltitudine di veicoli in circolazione (quasi quarantanove milioni)
deve comunque avvenire in piena sicurezza e nel rispetto delle regole.
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Per quanto riguarda la costruzione delle autostrade, l’Italia dell’epoca si collocò tra i Paesi pionieri in questo settore. L’idea di costruire una rete viaria con caratteristiche di eccellenza, venne
fatta propria dal regime fascista per motivi di prestigio e di impatto sulla popolazione e venne
portata avanti fin da allora con il metodo della concessione a società private. Nel 1924 venne
costruita la Milano-Laghi, nel 1932 la tratta Milano-Bergamo-Brescia e nel 1933 la Firenze-Roma.
Nella metà degli anni ’30 si sfiorano i 500 Km di rete autostradale in servizio e, pavimentate con
lastroni di cemento, avevano solo due corsie con larghezza di 10-15 metri. Nel 1955 viene avviato un programma intensivo di ampliamento della rete che, rallentato solo negli anni ’60, subì una
ripresa nel 1965 con un totale di 1700 Km in servizio, per arrivare ai 5100 Km del 1973 ed ai quasi
6000 degli anni ’80 (e da allora lo sviluppo si è praticamente arrestato. Oggi si contano infatti
circa 6200 Km di autostrade). Questo sviluppo imprimette un forte impulso all’uso degli autoveicoli sia per i viaggi delle persone sia per il trasporto delle merci.
Dopo la seconda Guerra mondiale lo sviluppo delle autovetture è cresciuto continuamente e
senza soste. Nel 1938 nella penisola si potevano contare 300.000 autoveicoli e un milione nel
1956. Da allora lo sviluppo assunse le dimensioni di fenomeno di massa: 2 milioni nel 1960, 5 milioni nel 1965, 10 nel 1970 e 15 milioni di automobili nel 1975. Al 31 gennaio 2007 risultano circolanti
sul territorio 35 milioni di autovetture e quasi 49 milioni di veicoli.
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Questo rispetto deve avvenire nella piena consapevolezza dei rischi (7) naturalmente connessi con l’attività del movimento.
Secondo il nostro Codice, per garantire la sicurezza dei trasporti stradali e per
mantenere il più basso livello di pericolosità in ogni situazione, i conducenti dei
veicoli hanno tre tipi di doveri: giuridico, morale e sociale.
Il dovere giuridico, è rappresentato dal rispetto delle norme e delle regole dettate dal Codice e dalle leggi.
Il conducente è anche tenuto al rispetto delle norme della comune prudenza
anche se non vi è un preciso riferimento nell’articolato del Codice della Strada.
Ci riferiamo in particolare agli articoli 140 del CdS e 2054 del Codice Civile. Il
primo afferma che “gli utenti devono comporarsi in modo da non costituire pericolo o intralcio per la circolazione ed in modo che sia in ogni caso salvaguardata la sicurezza stradale”. Il secondo, invece, pone a carico del conducente
la responsabilità oggettiva dell’onere di provare di aver fatto tutto il possibile per
evitare il danno, in caso di incidente (8).
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Il concetto di rischio è assai vario. Genericamente si può affermare che il rischio è un fattore connesso alle aspettative di chi lo valuta o di chi lo percepisce. Il rischio indica un potenziale effetto (negativo) sulle persone o sulle cose determinato da particolari situazioni. Nella usuale accezione del termine, il rischio è usato come sinonimo di pericolo o meglio come probabilità che un
determinato effetto negativo si verifichi realmente. Ingegneristicamente, il rischio (R) è dato dal
prodotto tra la probabilità che un certo evento si verifichi (cioè la frequenza (f) stimabile di accadimento di quell’evento) e l’entità del danno che l’evento stesso potrebbe procurare (magnitudo (M)). In formule: R = f•M. Si può anche distinguere tra due tipi di rischio: il primo basato su stime
tecnico-scientifiche (rischio teorico), il secondo, dipendente dalla percezione umana del rischio
(rischio percepito o rischio reale). Su quest’ultimo aspetto si veda il capitolo: “La percezione del
richio e il rischio della percezione”.
Nel caso in cui per una violazione ad una norma dl Codice derivi un reato contro una persona,
l’articolo 220 CdS prevede che l’organo accertatore deve dare notizia dell’accaduto, senza
ritardo, all’autorità giudiziaria, ai sensi dell’art.347 cpp. In questo caso, inoltre, viene informata la
Prefettura competente per l’adozione di eventuali provvedimenti cautelativi di sospensione
della patente del reo o presunto tale.
Dopo la depenalizzazione delle ipotesi contravvenzionali previste dal CdS, la repressione penale rimane comunque affidata a quanto previsto dagli articoli 589 e 590 del Codice Penale.
Art. 589 - Omicidio colposo:
“Chiunque cagiona per colpa la morte di una persona è punito con la reclusione da sei mesi a
cinque anni. Se il fatto È commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione
stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena è della reclusione da uno
a cinque anni. Nel caso di morte di piu’ persone, ovvero di morte di una o piu’ persone e di lesioni di una o piu’ persone, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la piu’ grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma la pena non puo’ superare gli anni dodici”.
Art. 590 - Lesioni personali colpose:
“Chiunque cagiona ad altri, per colpa, una lesione personale è punito con la reclusione fino a
tre mesi o con la multa fino a lire seicentomila. Se la lesione è grave la pena è della reclusione
da uno a sei mesi o della multa da lire duecentoquarantamila a un milione duecentomila; se è
gravissima, della reclusione da tre mesi a due anni o della multa da lire seicentomila a due milioni quattrocentomila. Se i fatti di cui al precedente capoverso sono commessi con violazione
delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, la pena per le lesioni gravi è della reclusione da due a sei mesi o della multa da
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L’importanza del combinato disposto di questi due articoli è molto chiara. Si
potrà attribuire al conducente la colpa di un determinato sinistro anche se
egli non ha violato espressamente un articolo del Codice o altra legge applicabile.
Al conducente è imposto di adeguare la sua condotta di guida alle supreme
esigenze della sicurezza, anche, se del caso, prevedendo eventuali manovre
errate di altri conducenti, al fine di scongiurare un possibile incidente.
Non siamo di fronte ad una normativa oppressiva, ingiustamente punitiva o
eccessivamente persecutoria nei confronti dei conducenti, bensì siamo al
cospetto di una norma lungimirante, sapientemente elastica e giustamente
rigorosa che, se rispettata da tutti, porterebbe in tempi brevi ad una significativa riduzione degli incidenti stradali.
In definitiva, l’interesse della sicurezza deve ritenersi prevalente rispetto ai singoli interessi tutelati dalle altre norme di condotta specifica previste dal Codice.
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Il dovere civile (o morale). Nell’ambito della circolazione stradale, questo
dovere è connesso al rispetto degli altri utenti, indipendentemente dalla cogenza di legge. Vi sono infatti delle “norme morali” accettate e condivise dalla
maggioranza delle persone che dipendono o derivano in gran parte da principi filosofici o religiosi. Pensiamo ad esempio ai tristi fatti di cronaca come il lancio di sassi dai cavalcavia o le gare di velocità notturne su strade cittadine.
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Tali folli comportamenti, che mettono a repentaglio la vita delle persone, in
grado di ferire le coscienze per il cinismo e l’assoluta dissennatezza, sono esempi lampanti di scarso (o assente) rispetto dei doveri morali. Fortunatamente si
tratta di casi isolati, ma purtroppo dobbiamo rilevare che troppe persone, alla
guida di un veicolo, dimenticano questo tipo di dovere mettendo in pericolo la
sicurezza propria ed altrui.
Questi comportamenti hanno diverse motivazioni rientranti nella sfera socio-psicologica e saranno trattati nei prossimi capitoli.
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Il terzo dovere è di tipo sociale. La formazione di una coscienza sociale dovrebbe consentire ad ogni utente di frenare gli istinti egoistici e collaborare con il
prossimo. Questa coscienza parte dalla famiglia e prosegue nella scuola, dove
il bambino comincia ad imparare le prime regole sociali e di convivenza civile,
lire quattrocentottantamila a un milione duecentomila; e la pena per lesioni gravissime è della
reclusione da sei mesi a due anni o della multa da lire un milione duecentomila a due milioni
quattrocentomila. Nel caso di lesioni di più persone si applica la pena che dovrebbe infliggersi
per la più grave delle violazioni commesse, aumentata fino al triplo; ma la pena della reclusione
non può superare gli anni cinque.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo nei casi previsti nel primo e secondo
capoverso, limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli
infortuni sul lavoro o relative all’igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale”. (Comma cosi’ sostituito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689).
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apprendendo l’abitudine a seguire le regole basilari per vivere all’interno di un
sistema che prevede la contemporanea presenza degli altri, con i propri diritti e
i propri doveri.
Purtroppo, con l’aumento del numero di individui nella società, la famiglia e la
scuola, da sole, non sono più in grado di assolvere a questi difficili compiti. Deve
quindi intervenire lo Stato con le sue regole e le sue leggi.
La circolazione del singolo deve sempre essere subordinata alle esigenze della
circolazione in generale (che costituisce il superiore interesse della società).
Inoltre, ogni conducente è tenuto ad utilizzare tutte le sue capacità e la sua prudenza in modo da sopperire anche ad eventuali errori od imprudenze degli altri
utenti della strada.
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Fin dalla sua redazione del 1959, il CdS è stato impostato sulla base di alcuni
principi fondamentali, che sintetizzano i doveri sociali e morali di cui abbiamo
accennato ed ai quali, tutti gli utenti della strada dovrebbero sempre adeguarsi. Cerchiamo di riassumerli brevemente qui di seguito (9, 10) :
! Libertà di circolazione. La circolazione stradale è libera ma subordinatamente
al rispetto delle norme di legge e di quelle della comune prudenza.
! Uso della strada. La strada è un patrimonio comune da rispettare. Nessuno
deve occuparla in misura eccedente le proprie esigenze. L’uso della strada
deve essere compatibile alla natura dei mezzi adoperati.
! Solidarietà. Chiunque usa la strada deve, quando possibile, segnalare agli
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9 Si vedano in particolare gli articoli nn. 1,5,6,7,9,15,140 e 141 del CdS.
10 In particolare gli utenti della strada hanno il dovere di ripettare: le norme che regolano la circolazione, gli altri utenti della strada, le infrastrutture e l’ambiente. Essi hanno inoltre il dovere di
rispettare i seguenti principi:
! osservare i comportamenti imposti dalla segnaletica stradale, dagli agenti del traffico e dalle
Forze dell’Ordine;
! adottare comportamenti e stili di guida prudenti e difensivi, atti a garantire una circolazione il
più sicuro possibile;
! non costituire intralcio o pericolo per la circolazione;
! mettere in atto ogni azione possibile al fine di scongiurare situazioni pericolose, tamponamenti e incidenti in genere;
! non utilizzare apparecchi elettronici e radiotrasmittenti il cui uso preveda l’utilizzo delle mani
(telefonini, videofonini, TV-fonini, lettori MP3, lettori CD-ROM e DVD, palmari e simili) e che
comunque possano intralciare il libero uso delle mani e/o arrecare disturbo o pericolo per una
guida corretta e prudente;
! rispettare gli eventuali obblighi e prescrizioni riportate sulla patente di guida (lenti, protesi,
adattamenti particolari, ausili ecc.);
! utilizzare per sé e far indossare gli altri occupanti il veicolo i prescritti dispositivi di sicurezza passiva (es. cinture, casco);
e inoltre:
! essere tolleranti nei confronti degli altri utenti, non avere dei comportamenti aggressivi o di
competizione ed aiutare chi eventualmente si trova in difficoltà e prestare soccorso in caso di
incidente;
! sforzarsi, per quanto possibile, di prevedere i comportamenti degli altri utenti;
! non abusare della potenza, delle dimensioni e della massa del proprio veicolo, cercando anzi
di percepire e riconoscere il rischio che l’uso del proprio mezzo rappresenta per gli utenti più
deboli.
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altri utenti i pericoli che questi non sono in grado di percepire, prestando,
anche al di là degli obblighi di legge, il soccorso necessario.
Idoneità soggettiva. Chiunque fa uso della strada deve aver la consapevolezza degli obblighi che gli incombono, capacità e coscienza di poterli assolvere.
Educazione degli utenti. Gli utenti della strada devono astenersi dal compiere azioni che, anche se non espressamente vietato per legge, dentro e fuori
dai centri abitati, possano arrecare disturbo o disagio alla quiete pubblica.
Segnalazioni stradali. È un dovere fondamentale di tutti gli utenti della strada
il rispetto della segnaletica stradale verticale ed orizzontale, permanente o
temporanea. Il rispetto della segnaletica è considerata una imprescindibile
esigenza di sicurezza che va oltre i limiti imposti per legge.
Atti emulativi. Chi usa la strada deve astenersi dal compiere atti che, anche
se non espressamente vietati dalla legge, possano produrre danno o molestia ad altri, evitando ogni azione che possa incitare il prossimo a comportarsi imprudentemente, astenendosi dal raccogliere analoghi incitamenti.
Manifestazione sulle strade. La circolazione stradale è una esigenza della collettività, pertanto, ogni manifestazione pubblica da effettuarsi sulle strade
dovrà essere svolta in modo da non ostacolare, oltre i limiti indispensabili, il
suo regolare svolgimento.
Prevenzione dell’irregolare comportamento altrui. Chiunque usa la strada
pubblica ha il dovere di comportarsi in modo da prevenire, quando possibile, le conseguenze dell’altrui comportamento se pericoloso.
Prestazione dei conducenti. L’utente della strada che esige una prestazione
eccedente i limiti di resisteza fisica o psichica, per sé o per gli altri, commette
una grave violazione di un dovere verso sé stesso e verso la sicurezza della
collettività.
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I principi informatori
e l’ambito di applicazione del Codice della Strada
L’articolo 16 della Costituzione sancisce il diritto alla libera circolazione sul territorio nazionale (11).
Il 10 dicembre 1948, con l’articolo 3 della Dichiarazione Universale dei Diritti
dell’Uomo, venivano sanciti altri diritti fondamentali tra i quali quello alla libertà
e alla sicurezza (12).
Lo stesso Codice della Strada, all’articolo 1, evidenzia chiaramente che la sicurezza è alla base della sua struttura e di quella del Regolamento di attuazione.
11 “Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per ragioni di sanità e sicurezza” (1
gennaio 1948).
12 “Tutti gli individui hanno diritto alla vita, alla libertà, alla sicurezza personale”, articolo 3 della
Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni
Unite il 10 Dicembre 1948.
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Codice e Regolamento, con i loro 240 e 408 articoli, sono ispirati e tesi alla sicurezza delle persone e delle cose coinvolte nella circolazione stradale. La priorità di sicurezza quindi, che tra l’altro rientra nelle finalità fondamentali di ordine
sociale ed etico che deve perseguire lo Stato, è alla base di tutto l’articolato.
Attenzione però: il CdS non si applica solo ai veicoli stradali in senso stretto, il suo
ambito è molto più ampio, dovendosi applicare invero alla più generale circolazione, e cioè ai veicoli, ma anche ai pedoni, alle biciclette (velocipedi), agli
animali, purchè in movimento sulle strade pubbliche (13).
Vi sono luoghi dove l’applicazione del Codice è assolutamente cogente.
Pensiamo alle autostrade, le superstrade, le strade statali, provinciali e comunali. Il Codice vige anche sulle strade vicinali aperte al pubblico, le strade private
con transito libero e non regolamentato, parcheggi pubblici e privati non sbarrati o non preclusi al libero passaggio o alla sosta, le strade interrotte in cui è
comunque consentito il traffico locale o dei residenti (14).
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Al contrario, in altri luoghi, il Codice non è applicabile. Per esempio sulle strade
private, nelle aree di rifornimento (15), nei cortili interni alla scuole, condomini,
ospedali, impianti sportivi ecc, chiusi da recinti e cancelli anche se temporaneamente aperti, zone militari con accesso inibito, caserme, parcheggi privati
su aree private, parcheggi pubblici con accesso regolamentato, autodromi e
piste sportive, aree interne a stabilimenti industriali e magazzini con accesso non
libero, cantieri di lavoro (16), aree portuali ed interportuali, aeroporti dove è possibile accedere solo con autorizzazione specifica.
Per quanto attiene i luoghi esclusivamente privati, dove abbiamo visto che il
CdS non trova applicazione, facciamo qualche ulteriore considerazione.
In particolare è lecito chiedersi se l’utente sia tenuto o meno a rispettare le
norme di comportamento previste dal CdS (articoli 140-193) quando, con il proprio mezzo si trova a circolare in tali aree.
Per quanto sopra possiamo escludere che il mancato rispetto di tali norme
possa comportare l’applicazione di sanzioni amministrative o penali, tuttavia è
altresì da rilevare come le norme di comportamento previste dal Codice
dovranno in ogni caso essere rispettate. Infatti, esse costituiscono “regole di
ordinaria prudenza e diligenza” quindi, nell’ipotesi di incidente in una di queste
“zone franche” la novella del Codice potrà essere utilizzata dall’autorità giudiziaria per stabilire le responsabilità oggettive.
L’investimento di un pedone in un’area privata, ad esempio, non esonera il conducente da tutte le responsabilità civili e penali (v. nota n.8).
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13 Si pensi al pedone che non attraversa la strada sulle apposite strisce pedonali o non attende la
segnalazione semaforica di via libera, o al ciclista che si sente esonerato dal rispettare la segnaletica o la mano da tenere.
14 Anche questo elenco deve considerarsi esemplificativo e non esaustivo.
15 Si veda la sentenza della Corte di cassazione n.8058 del 1.6.1990.
16 Si veda la sentenza della Corte di Cassazione n.4705 del 27.4.1991.
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Salute e sicurezza stradale: l’onda lunga del trauma
In definitiva possiamo concludere dicendo che le considerazioni fin qui fatte si
basano sul generale principio della consuetudine e dell’avvalimento di terzi, per
i quali, un utente si aspetta dall’altro il rispetto delle regole della circolazione a
prescindere dal luogo in cui ci si trova (17).
Concludendo, rispettare sempre e ovunque il Codice è la via migliore da seguire.
La nozione di strada
Lo stesso articolo 1 del Codice, limitandone espressamente l’applicabilità alla
“circolazione stradale”, definisce il termine “strada” come area o porzione di
territorio soggetto ad uso pubblico (anche se privato in termini di proprietà),
quindi, per una corretta definizione del termine “strada” devono sussistere due
requisiti contemporanei: deve essere un’area ad uso pubblico ed aperta alla
circolazione.
Una porzione di territorio potrà essere considerata soggetta al pubblico passaggio solo quando, indiscriminatamente, chiunque vi possa liberamente transitare. Qualora infatti l’accesso all’area sia precluso o impedito alla generalità degli
utenti allora non saremo in presenza di strada soggetta a pubblico passaggio.
La nozione di veicolo
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Ai sensi del Codice della strada, per veicoli si intendono: “… tutte le macchine,
di qualsiasi specie, che circolano sulle strade guidate dall’uomo” (art.46).
La precedente definizione ci permette di considerare “veicolo” anche una
macchina priva di motore. Ne consegue che sono considerati veicoli anche
una carriola, un carro o una carrozza col suo cavallo.
Infatti, il Codice suddivide i veicoli, sia con motore che senza, in “classi”: velocipedi, veicoli a braccia, veicoli a trazione animale, slitte, ciclomotori, motoveicoli, autoveicoli, autobus, autocarri, autotreni, autosnodati, autoarticolati, rimorchi, filoveicoli, macchine operatrici, macchine agricole e veicoli con caratteristiche atipiche (18).
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Inoltre, dall’art. 82 al 91, il Codice prevede un ulteriore classificazione dei veicoli
nei riguardi delle possibili utilizazioni in base alle caratteristiche tecniche (destinazione del veicolo)(19) ed alle possibili utilizzazioni economiche (uso del veicolo) (20).
Infine, gli articoli del Codice che classificano i veicoli devono coordinarsi con le
norme di livello comunitario, come direttive o regolamenti, che classificano
però solo i veicoli a motore e loro rimorchi (escluse le macchine agricole e le
macchine operatrici). Le categorie internazionali sono quattro:
17 Si veda in proposito la sentenza della Corte di Cassazione n.12148 del 9.12.1993.
18 Artt. 47-60 CdS. Nelle definizioni dei veicoli stradali del CdS non sono presenti termini come “pullman” o “camion” anche se usualmente utilizzati per indicare rispettivamente l’autobus e l’autocarro.
19 I veicoli possono essere adibiti al trasporto di sole persone o di sole cose, o entrambi, oppure possono essere adibiti per usi speciali (es. spazzatrici stradali).
20 I veicoli possono essere immatricolati per uso proprio o per uso in conto terzi.
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– “L”, ciclomotori e motoveicoli con due, tre o quattro ruote;
– “M”, veicoli a motore destinati al trasporto di persone, con almeno quattro ruote;
– “N”, veicoli a motore destinati al trasporto di merci, con almeno quattro ruote;
– “O”, rimorchi e semirimorchi;
Questa classificazione internazionale, utilizzata a livello europeo fin dagli anni
’70, è stata recepita dalla norma nazionale (art.47 CdS). Conseguentemente, i
veicoli a motore sono soggetti alle norme nazionali ed a quelle comunitarie,
mentre i veicoli privi di motore sono soggetti solo alle norme nazionali, quando
non in contrasto con le prime.
La nozione di circolazione
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Per l’attuale Codice della strada, con il termine “circolazione” o “circolazione
stradale” si intende non solo lo spostamento di un veicolo, di un pedone o di un
animale da un punto ad un altro, ma anche la fermata e la sosta, come casi
particolari (statici) della circolazione. L’atto della circolazione si esaurisce solo
nel momento in cui il veicolo non insiste più sulla strada, finendo in un’area privata (autorimessa, capannone, cortile, ecc.) o quando il pedone rientra nella
propria abitazione o l’animale è condotto nella sua stalla.
Se il pedone, l’animale o il veicolo si muovono su strada o in aperta campagna
autonomamente allora si può parlare di circolazione sradale.
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Facciamo un esempio: quando un veicolo o un pedone attraversa una strada,
siamo in presenza di circolazione stradale. Se un veicolo viene guidato o spinto
a mano sulla strada, siamo in presenza di circolazione stradale. Quando un veicolo fa una sosta o una fermata (o è parcheggiato), anche in questo caso
siamo in presenza di circolazione stradale.
Se invece il pedone sale su un autobus, l’animale su un autocarro, o il veicolo è
caricato su una bisarca, allora solo il mezzo trasportante è da considerare in circolazione e quindi soggetto alle relative norme del Codice (21).
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Cenni di diritto della circolazione stradale
In generale, sono fonti del diritto tutti gli atti giuridici da cui trae origine una disciplina normativa (22).
21 Un ciclista che conduce a mano la sua bicicletta è assimilato ad un pedone (art.182 CdS).
Il CdS disciplina, comunque, anche i passeggeri e la merce trasportata.
22 Dopo la riforma dell’articolo 117 della Costituzione, sono sorti dei dubbi sul fatto che il diritto della
circolazione stradale dovesse ancora essere di competenza dello Stato in via esclusiva o concorrente oppure dovesse rientrare nelle competenze delle Regioni e Provincia autonome. Su tale questione si è espressa la Corte costituzionale con la sentenza n.428/2004 ribadendo che la materia
della sicurezza stradale deve rimanere di competenza esclusiva delo Stato. La suprema Corte ha
ritenuto che, in ragione della capillare diffusione dei veicoli a motore su tutto il territorio della
Nazione, il sistema della mobilità automobilistica conta incisivamente sul piano economico, sociale e culturale dell’attuale stadio di sviluppo della società il che comporta che la circolazione stra-
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Salute e sicurezza stradale: l’onda lunga del trauma
In particolare, tra le principali fonti del diritto della circolazione stradale in ordine non gerarchico citiamo:
! l’art.16 della Costituzione;
! il Codice della strada;
! il regolamento di esecuzione del CdS (23);
! le leggi speciali (24);
! i regolamenti comunitari, direttive e decisioni (25);
! i decreti ministeriali (26);
! le Convenzioni internazionali (27, 28).
Non sono fonti del diritto della circolazione stradale:
! le circolari ministeriali (29);
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dale esprima una delle più rilevanti modalità di esercizio della libertà di movimento da un luogo ad
un altro del territorio nazionale. Per questi motivi, la circolazione stradale, pur non espressamente
menzionata all’art.117 della Costituzione, può essere collocata nell’ambito residuale ascritto alla
potestà legislativa esclusiva delle Regioni, e deve rimanere nelle competenze statali esclusive in
quanto funzionale alla tutela dell’incolumità personale dei cittadini ed all’ordine pubblico.
Il regolamento di esecuzione del CdS è una norma secondaria che ha la funzione di specificare
ed ampliare concetti riportati nel Codice. Eventuali disposizioni contrastanti sono da considerarsi non applicabili o illegittime al cospetto di quelle del Codice che prevalgono in ogni caso. In
particolare, la violazione di norme di comportamento novellate dal regolamento e non dal codice, non costituenti quindi attuazione di una norma del CdS non possono comportare sanzioni
ammministrative o penali a carico dei trasgressori.
A partire dall’entrata in vigore del CdS del 1959 ad oggi, si sono succedute diverse leggi che
hanno modificato ed integrato il testo originario del CdS in base alle mutate esigenze della circolazione e della sicurezza.
Con il recepimento delle direttive comunitarie si determina automaticamente la disapplicazione
di tutte le norme nazionali che dovessero essere in contrasto.
I decreti ministeriali emessi dai competenti ministri in materia di circolazione stradale hanno efficacia pari a quella del CdS o del Regolamento, solo nell’ipotesi in cui sono emanati in attuazione di norme del CdS o delle leggi speciali nelle quali le legge stessa abbia esplicitamente previsto l’emanazione di un tale atto (il DM) al fine di integrare o meglio specificare l’articolato. Per
esempio, l’articolo 35 del CdS prevede che il Ministro dei trasporti può adeguare con propri
decreti le norme del Regolamento di esecuzione per adeguarle al recepimento delle direttive
comunitarie. In ogni caso, il DM è una fonte secondaria e pertanto rimane sempre subordinata
alla legge che prevale sempre in caso di contrasto.
Una Convenzione internazionale cui l’Italia ha aderito, una volta ratificata con apposita legge,
è da considerarsi equivalente ad una norma del CdS ed addirittura prevalente in caso di contrasto. Diversi aspetti della circolazione stradale sono stati oggetto di Convenzioni internazionali
ratificate in Italia con leggi ordinarie. In particolare gli aspetti sui veicoli e sui documenti necessari per la circolazione sono stati spesso oggetto di tali Convenzioni, ma anche l’armonizzazione
della segnaletica e delle regole di comportamento. Con la Convenzione di Strasburgo del 30
novembre 1964, ad esempio, sono state regolamentate le operazioni di repressione delle infrazioni e le notifiche all’estero delle violazioni amministrative. Con la Convenzione di Vienna
dell’8.11.1968, ratificata in Italia con legge n.308/1995 è stata disciplinata la circolazione internazionale dei veicoli.
Una delle prime Convenzioni internazionali sulla circolazione stradale è quella siglata a Ginevra
il 19 settembre 1949, successivamente superata e sostituita da quella di Vienna del 1968.
Le circolari, tranne alcune particolari tipologie, sono atti interni alla pubblica amministrazione e
pertanto non hanno effetto nei confronti dei cittadini ma unicamente nei confronti degli uffici
subordinati. La circolare è quindi un mezzo di comunicazione tra organi o uffici dello Stato senza
riflessi immediati sui terzi interessati (Corte cassazione, sent. n.3699 del 19.11.1974).
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! le direttive o i regolamenti ECE-ONU (30);
! la giurisprudenza (31);
Terminiamo questo paragrafo con un breve cenno sul “diritto di precedenza”.
È a tutti noto che, in prossimità delle intersezioni i conducenti devono usare la
massima prudenza e, salva diversa segnalazione (segnale di “dare precedenza” o “stop”), essi devono dare la precedenza a chi proviene da destra
(art.145). Ma vi sono delle eccezioni. Uscendo da un luogo privato e immettendosi sulla strada pubblica, in fase di retromarcia o di inversione, o nei confronti
di particolari tipi di veicoli (mezzi di soccorso, tram, metropolitane leggere e veicoli su rotaia), si deve dare la precedenza sia a destra che a sinistra.
La regola fondamentale del Codice in materia di precedenza, però, non è
quella che disciplina la priorità di un conducente sugli altri, bensì è quella relativa al comportamento che tutti gli utenti indistintamente sono tenuti a tenere in
prossimità degli incroci, secondo la quale essi “devono usare la massima prudenza al fine di evitare incidenti”.
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La particolare pericolosità di questa situazione, merita un approfondimento. Nel
caso di incrocio a raso, il legislatore ha imposto al conducente l’uso di una diligenza assoluta. Infatti, in caso di incidente, il conducente, per poter essere
esente da colpe dovrà dimostrare concretamente di aver usato una prudenza
superiore al normale e di aver fatto tutto il possibile per evitare il sinistro. Proprio
agli incroci, infatti, dove vi è l’ intersezione delle traiettorie di due o più veicoli,
c’è una situazione di reale maggior rischio dovuta alla mancanza di prudenza
o diligenza dell’utente. Le statistiche e gli studi sugli incidenti agli incroci dimostrano la particolare pericolosità della circolazione in questi punti dell’infrastruttura stradale.
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Per quanto sopra, l’espressione “diritto di precedenza” andrebbe rivista e possibilmente sostituita in favore di una più sfumata del tipo “conducente favorito” o
“conducente che può passare per primo”, in modo da non generare la convinzione, neppure nell’utente più spavaldo, che il suo diritto di passare possa superare le supreme esigenze della sicurezza della circolazione.
30 Queste sono norme internazionali che per poter diventare vincolanti per l’utente, devono essere rese esecutive da apposite leggi di recepimento.
31 Con il termine giurisprudenza in genere si indica l’insieme delle sentenze emesse dagli organi giudicanti su una determinata questione. Questa non è fonte immediata di diritto, nel senso che le
sue determinazioni non vincolano i cittadini ma solo le parti in causa. L’art.2909 c.c. afferma in
tal senso che la sentenza ha efficacia esclusivamente tra le parti in giudizio e non rispetto a terzi.
In via del tutto generale pertanto, i giudici non sono tenuti ad uniformarsi ad altre sentenze già
emesse, purtuttavia, una giurisprudenza consolidata ed ampiamente condivisa, può avere
influenza su successivi organi giudicanti.
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Salute e sicurezza stradale: l’onda lunga del trauma
La violazione dei doveri, la prevenzione e la repressione
L’inosservanza dei doveri di cui abbiamo discusso in un precedente paragrafo,
costituisce, anche in assenza di incidente, un colpa morale indipendentemente dal danno che essa produce. Le trasgressioni delle norme di comportamento e la negligenza dell’utente meno attento possono procurare seri danni per
tutti e, nella maggior parte dei casi, sarà molto difficile se non impossibile rimediare: meglio pensarci prima che trovare il rimedio dopo.
Per prevenzione stradale si intende lo studio e l’attuazione dei provvedimenti
sulle persone, sulle strade e sul veicolo, per consentire di conoscere, prevenire o
ridurre i rischi sulle strade. La prevenzione può farsi con l’educazione stradale, le
campagne di comunicazione, gli interventi sulle strade e sulla segnaletica,
migliorando la sicurezza dei veicoli, prevedendo la presenza massiccia delle
Forze dell’ordine sulle strade, ed infine, anche con le sanzioni per le trasgressioni.
La repressione, invece, deve essere vista come l’estrema ratio, l’ultimo fase da
applicare, nel caso di insuccesso delle azioni di prevenzione e nella speranza
che possa scoraggiare il ripetersi di altre infrazioni.
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Gli illeciti e le sanzioni previste dal Codice
L’illecito, in via generale, è un atto di violazione di una norma giuridica.
L’illecito amministrativo si può invece definire come una violazione di doveri
generali alla quale consegue il pagamento di una somma in denaro (sanzione
amministrativa).
Formalmente possiamo distinguere l’illecito amministrativo da quello penale,
proprio in virtù della sanzione applicata: per l’illecito amministrativo si paga una
sanzione amministrativa (quella che erroneamente viene usualmente definita
“multa”), per l’illecito penale è previsto invece l’arresto, la reclusione, l’ammenda o la multa (32).
Dal punto di vista sostanziale, invece, l’illecito penale è da considerare più
grave di quello amministrativo (un illecito penale è considerato un comportamento socialmente più pericoloso) ed infatti generalmente sono previste pene
più severe. La sanzioni amministrative, invece, dovendo punire un comportamento considerato meno pericoloso, non incidono sul godimento dei diritti politici del reo (come invece accade per le sanzioni penali) e non risultano annotate nel casellario giudiziario e negli archivi della Polizia.
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Le infrazioni alle norme del CdS che prevedono una sanzione amministrativa
pecuniaria sono contenute oltre che nello stesso Codice (artt.194-219), anche
nella legge n.689/1981 e nel d.lgs. n.507/1999.
32 Nonostante le varie teorie esistenti, non sembra ad oggi esserci una ulteriore possibilità di definizione tra illecito amministrativo e penale, che non sia relativo alla sanzione applicabile ed all’autorità deputata a comminare le relative sanzioni (autorità amministrativa in un caso, es.
Comando di Polizia municipale e autorità giudiziaria nell’altro, es. il Tribunale).
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Il nostro CdS prevede anche delle sanzioni accessorie, cioè delle sanzioni che si
aggiungono di diritto a quelle amministrative pecuniarie, in caso di particolari
tipologie di infrazioni (as esempio il ritiro della patente da uno a tre anni e la confisca dei veicoli, nel caso di gare di velocità ex art.9-bis, oppure il fermo amministrativo del veicolo per tre mesi, in caso di circolazione con targa contraffatta, etc.). La sanzione accesoria più conosciuta è certamente la sottrazione dei
punti sulla patente di guida.
A seguito della depenalizzazione di alcuni reati, prevista dal d.lgs. n.507/99, ad
oggi sono rimasti illeciti penali solo le seguenti violazioni:
! Art. 9 bis, c.1 e 4 e art.9 ter - Organizzazione di competizioni non autorizzate
in velocità con veicoli a motore e partecipazione alle gare ovvero gareggiare in velocità con veicoli a motore;
! Art.100, c.14 – Falsificare, manomettere o alterare targhe automobilistiche
ovvero fare uso delle stesse;
! Art.186, c.2 e 6 – Guida sotto effetto di alcol;
! Art.187, c.7 e 8 – Guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti;
! Art.189, c.6 e 7 – Non fermarsi in occasione di incidente stradale, con lesioni
alla persona, comunque ricollegabile al proprio comportamento e non prestare assistenza occorrente alle persone ferite a seguito di incidente stradale,
comunque ricollegabile al proprio comportamento;
! Art.212, comma 4 – Non eseguire l’obbligo di sospendere una determinata
attività nei termini stabiliti (reato punito con le sanzioni previste dall’art.650 del
Codice Penale).
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Un cenno infine merita il principio di solidarietà (art.196 CdS). Secondo questo
principio, il proprietario del veicolo non può sottrarsi alle proprie responsabilità
anche se il suo veicolo viene condotto da terze persone, quindi, egli è “obbligato in solido”con l’autore della violazione, nel caso di illeciti commessi con il suo
veicolo e puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria, a meno che non
dimostri che la circolazione è avvenuta contro la sua volontà.
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Obiettivi ed efficacia delle sanzioni
Il Codice della Strada, come tutte le altre leggi, sarà tanto più efficace quanto
maggiore sarà la possibilità che la sanzione venga realmente applicata. In altre
parole, le norme vengono disattese quando c’è la possibilità per il cittadino di
evitare la sanzione.
Negli ultimi anni si è determinata una perdita di chiarezza sulla reale funzione
delle sanzioni. Si è diffusa l’errata percezione che le sanzioni amministrative
pecuniarie, specialmente quelle comminate da alcune Forze di Polizia municipali, siano guidate non solo dalla volontà di fare prevenzione e di “fare sicurezza”, come è giusto che sia, ma anche e soprattutto dalla esigenza di “fare
cassa” (33).
33 I bilanci preventivi di alcune amministrazioni comunali che prevedono forti introiti alla voce “sanzioni
per violazioni al Codice della strada” sono un esempio di assenza o fallimento delle strategie di prevenzione, palese intenzione di strumentalizzare l’attività di funzionamento verso finalità di bilancio.
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Salute e sicurezza stradale: l’onda lunga del trauma
A tal fine, appare necessario definire dei criteri guida per le attività di sanzionatorie per far sì che i cittadini abbiano la chiara e netta consapevolezza che tali
azioni hanno come unico obiettivo la sicurezza dei cittadini, e che non rispettare le regole significa mettere in pericolo la propria vita e quella degli altri. Si
dovrebbe chiaramente percepire che condurre un veicolo in stato di ebrezza
alcolica o parlare al cellulare durante la guida non è una banale leggerezza
ma un vero atto di irresponsabilità da consegnare alla riprovazione sociale.
Dovrebbe infine essere chiaro a tutti che l’attività di sanzionamento è totalmente estranea a qualunque finalità di bilancio.
Tenuto conto, infine, del gran numero di incidenti e di vittime e che gran parte
dei sinistri sono da imputare alla negligenza e all’imprudenza, ne deriva che l’attuale capacità deterrente del sistema sanzionatorio è assai modesta. Le azioni
repressive dovrebbero rappresentare l’ultima fase di un più ampio progetto di
prevenzione.
L’effetto preventivo della repressione è noto dipendere dalla probabilità con la
quale le sanzioni vengono realmente comminate (ed espiate).
Concludendo, l’inasprimento delle sanzioni può essere un buon mezzo per
comunicare la pericolosità sociale di quel comportamento ma, se non sarà
affiancata dall’effettiva applicazione, gli effetti non saranno mai quelli sperati.
Per riuscire in questo intento sono necessari innanzi tutto più uomini delle Forze
dell’ordine sulle strade (rappresentando loro stessi una forma di prevenzione),
con maggiori dotazioni (etilometri, precursori e test per l’uso di sostanze stupefacenti).
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Il futuro del Codice
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Nell’ultimo decennio, le diverse stratificazioni dovute agli interventi del legislatore per modificare il Codice, assieme alle varie sforbiciate della Suprema Corte,
hanno portato ad una versione che evidenzia da un lato precarietà e dall’altro
obsolescenza.
Per quanto sopra, la riforma complessiva dell’attuale Codice della Strada è
ormai alle porte, è già pronto infatti un disegno di legge delega al Governo (ddl
“Nicolais”) per una completa revisione.
Le intenzioni sono delle migliori: elaborare un Codice con un articolato più semplice e snello, di non oltre 60-70 articoli, che contenga tutti i principi di carattere generale, la disciplina delle norme di comportamento ed il sistema sanzionatorio. Nel contempo, la disciplina di numerosi procedimenti amministrativi, tra i
quali ad esempio quelli riferibili ai contenuti più tecnici e che attualmente sono
irrigiditi in un contesto normativo pesante e poco elastico, potranno essere rinviati a norme regolamentari subordinate.
Una maggiore leggibilità e versatilità del testo potrà consentire, quando necessario, le modifiche in tempi rapidi ed in coerenza con l’esigenza di mantenersi
al passo con l’evoluzione tecnica e tecnologica del settore.
In questa ottica di miglioramento speriamo che il nuovo Codice possa rappre-
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sentare un vero e proprio “manuale dell’utente della strada” magari con una
sezione specifica dedicata alla sicurezza stradale, e, infine, che non venga utilizzato solo come un prontuario per l’applicazione di sanzioni pecuniarie.
Bibliografia
– Codice della strada commentato, di Giandomenico Protospataro (a cura di), Ed.
EGAF, 2006;
– Codice della Strada e regolamento, di Chiara Ambrosio (a cura di), Ed. Il Sole 24 ore,
i Codici di Guida al Diritto, 2004;
– L’istruttore e l’insegnante di autoscuola, di V. D’Anzi – G.C. Schiavo, Ed. EGAF, 2005.
– Prevenzione e Sicurezza Stradale, a cura di N. A. De Carlo, S. Di Nuovo, Franco Angeli
Ed.
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