Invecchiamento: una questione di cuore - 04-02-2014

Invecchiamento: una questione di cuore - 04-02-2014
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Invecchiamento: una questione di cuore
di siciliajournal - 02, apr, 2014
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Regolare attività fisica. Alimentazione corretta. Niente fumo. Colesterolo sotto controllo. Pressione
sanguigna normale. Glicemia nella norma e infine indice di massa corporea entro i parametri. Sono i sette
consigli per “proteggere” la salute cardiovascolare ma, a metterli in pratica, almeno in Italia sono davvero
in pochi.
Nel frattempo, fisiologicamente, il cuore invecchia.
L’interesse della comunità medico-scientifica per lo studio dei meccanismi responsabili
dell’invecchiamento cardiaco è relativamente recente. Com’è noto, l’attività contrattile del cuore
assicura l’apporto d’ossigeno e i necessari substrati energetici ai fini di un normale funzionamento dei
differenti organi del corpo.
Nel corso dell’invecchiamento, però, l’attività contrattile cardiaca può diminuire progressivamente o in
modo accelerato, nel caso si associ a patologie vascolari o metaboliche. E’ il tema della Lezione sulla
Medicina della complessità 2014 proposte da Fondazione sigma-tau il 2 aprile a Catania, in
collaborazione con INRCA Ancona e Università di Catania. Protagonista, il cardiologo Angelo Parini
dell’Università di Tolosa, in Francia. E come lo stesso Parini fa notare, “l’accelerazione del processo
d’invecchiamento e la conseguente perdita progressiva d’autonomia sono all’origine del concetto di
fragilità negli anziani, significativo sul piano statistico. Per esempio, considerando le sole proiezioni al
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2050, il numero totale di persone con più di 65 anni di età salirà a 1 miliardo e mezzo, con un aumento
percentuale dal 7.8 al 16.7 % della popolazione globale. Se dal punto di vista della longevità tutto ciò può
sembrare positivo, ebbene, il suo impatto socio-economico e medico ha conseguenze certamente
preoccupanti ».
In effetti, l’invecchiamento è spesso associato a una o a più malattie croniche invalidanti che limitano
l’autonomia delle persone anziane e le rendono sempre più vulnerabili. Dal punto di vista biologico, la
fragilità e l’invecchiamento accelerato sono dovuti, in gran parte, all’alterazione dell’equilibrio dei
fenomeni di morte e rigenerazione cellulare, responsabile della perdita progressiva di funzione degli
organi. Le cause dell’invecchiamento accelerato sono ancora mal definiti ma sono sicuramente il risultato
di una predisposizione genetica; dell’impatto di fattori ambientali; e dello sviluppo di una o più patologie
croniche associate all’invecchiamento.
A sua volta, la maggior parte degli studi fatti nell’ambito dell’invecchiamento cardiaco si è concentrata
sulle cellule contrattili del cuore, i cardiomiociti. Più recente, invece, è l’interesse per l’invecchiamento
delle cellule non contrattili del cuore, le cellule stromali, e del loro impatto sulla funzione cardiaca.
Queste cellule, localizzate nel tessuto interstiziale cardiaco, rappresentano una popolazione cellulare
eterogenea costituita, fra l’altro, di fibroblasti e progenitori cardiaci e vascolari. Anche se queste cellule
non hanno un’attività contrattile propria, esse hanno un ruolo essenziale nella regolazione dell’attività
cardiaca attraverso diversi meccanismi: il mantenimento della matrice extracellulare e dell’architettura
cardiaca; la secrezione di fattori trofici; e la rigenerazione dei cardiomiociti e delle cellule vascolari. Nel
laboratorio di ricerca a Tolosa dove opera il professor Angelo Parini, per esempio, si dispone di un
approccio globale all’invecchiamento cardiaco che interessa sia i cardiomiociti che le cellule stromali.
Per i cardiomiociti, l’equipe del professor Parini si è focalizzata sulle relazioni fra stress ossidativo e
induzione del programma di senescenza cellulare. Come per altri organi, un aumento dello stress
ossidativo sembra giocare un ruolo di primo piano nell’invecchiamento e morte dei cardiomiociti.
Tuttavia, i meccanismi responsabili dell’aumento dello stress ossidativo nell’invecchiamento cardiaco
non sono ancora ben definiti. Recentemente, è stato identificato un enzima mitocondriale - la monoamino
ossidasi A - quale una delle fonti principali per la produzione dei derivati reattivi dell’ossigeno nel cuore.
Questo enzima è responsabile della degradazione della noradrenalina e della serotonina accompagnata
dalla produzione di perossido d’idrogeno. Il ruolo fisiologico e patologico di questo enzima è stato
studiato principalmente nel sistema nervoso centrale. Il laboratorio del professor Parini ha dimostrato per
la prima volta che la monoamino ossidasi A ha un ruolo di primo piano nei danni cardiaci acuti indotti
dallo stress ossidativo dopo ischemia/riperfusione. E ha anche dimostrato che l’espressione di questo
enzima aumenta considerevolmente nei cardiomiociti durante l’invecchiamento. Queste osservazioni
hanno permesso di emettere l’ipotesi che l’aumento dell’espressione della monoamino ossidasi A e, di
conseguenza, dello stress ossidativo potrebbe essere un fattore di accelerazione dell’invecchiamento
cardiaco. Al fine di verificare l’ipotesi, l’utilizzazione di approcci sperimentali complementari in vitro e
in vivo ha permesso di dimostrare che l’insufficienza cardiaca associata all’aumento della monoamino
ossidasi A è dovuta alla morte dei cardiomiociti in rapporto all’incremento di stress ossidativo e
all’induzione dei fenomeni di senescenza accelerata. Ancora, uno dei risultati più interessanti ottenuti sta
nell’aver dimostrato che la somministrazione d’inibitori della monoamino ossidasi A è capace di
prevenire i fenomeni di senescenza e insufficienza cardiaca. Questi risultati aprono prospettive
particolarmente interessanti per la prevenzione e trattamento dell’insufficienza cardiaca associata
all’invecchiamento, soprattutto perché gli inibitori della monoamino ossidasi A sono già disponibili e
utilizzati per la terapia delle sindromi depressive. L’utilizzazione degli inibitori della monoamino ossidasi
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A in futuri studi clinici potrà determinare l’efficacia di questa classe di farmaci non solamente nel campo
cardiologico ma anche nella prevenzione della fragilità associata all’insufficienza cardiaca.
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Prof. Angelo PARINI, MD, Ph.D.
Direttore dell’Istituto di Malattie Metaboliche e Cardiovascolari I2MC di Tolosa
Aula 2 del Corpo Aule, Biblioteca del Policlinico Universitario di Catania
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