HIV: PIU` VICINO IL VACCINO GRAZIE A UN NUOVO

HIV: PIU’ VICINO IL VACCINO GRAZIE A UN NUOVO MODELLO ANIMALE
Uno dei principali problemi nella ricerca di un vaccino per l’Hiv è che non esistono modelli animali che riproducano
accuratamente la risposta dei tessuti umani al virus, né come questo evolva per evitare questa risposta. Ma nella
settimana della 19esima International Aids Conference, in corso a Washington, arriva una notizia che potrebbe
risolutiva: se tale modello animale in natura non esiste, si può ovviare inserendo elementi del sistema immunitario
umano in un topo immunodeficiente, in modo che questo simuli la risposta dei tessuti del nostro organismo. La
ricerca, condotta da un team che vede al suo interno scienziati del Massachusetts General Hospital, del Mit e di
Harvard e pubblicata su Science Translational Medicine, potrebbe anche essere utile a ridurre tempo e costi dello
sviluppo di un vaccino per l’Hiv.
Di solito come cavia per i test di immunizzazione per il virus si usano i macachi, che possono essere infettati
con il gemello dell’Hiv, il virus di immunodeficienza delle scimmie, o in breve Siv. Il problema è che con questo
approccio si hanno non solo differenze nelle sequenze genetiche virali tra Siv e Hiv, ma anche diverse risposte dei
sistemi di difese degli organismi umani rispetto a quelli dei primati. Dunque per ottenere finalmente un vaccino,
bisogna prima trovare un modello che replichi correttamente quello dell’organismo umano infettato dal virus,
anche in modo da comprendere meglio la risposta stessa del sistema immunitario. “La nostra ricerca non solo ha
dimostrato che queste cavie ‘umanizzate’ simulano la risposta del sistema immunitario al virus, ma anche che
anche la reazione dell’Hiv è la stessa: per evitare le difese del’organismo, infatti, muta le proteine virali target dei
linfociti T CD8 proprio come farebbe l’organismo umano”, ha commentato Todd Allen, coordinatore della ricerca.
“Per la prima volta abbiamo un modello animale che riproduce correttamente le interazioni tra patogeno e ospite, e
ciò potrà aiutarci a sviluppare finalmente un vaccino efficace per l’Hiv”. Soprattutto perché, come è stato
dimostrato da precedenti ricerche, quello che aiuta il virus a rimanere nel corpo è proprio la sua capacità di mutare
in risposta alle difese immunitarie.
In particolare, nello studio su Science Translational Medicine, gli scienziati hanno iniettato a dei topi privi di
sistema immunitario funzionante delle cellule staminali del midollo spinale, insieme ad altri tessuti umani. La cavia
‘umanizzata’ così creata prende il nome di topo Blt. In particolare, i tessuti sono stati presi da donatori umani, e
presentavano diverse versioni (alleli) della molecola Hla del sistema immunitario, che è quella che rende i linfociti
T CD8 target del virus: alcuni di questi alleli, come Hla-B57, sono più comuni nelle persone che hanno la capacità
naturale di controllare l’Hiv. Alcuni di questi, a seguito del trapianto, erano espressi anche nei topi Blt, dimostrando
che anche in questo caso le cavie potrebbero essere adatte alla ricerca per il vaccino: i roditori che presentavano
l’allele protettivo, proprio come gli esseri umani che lo presentano, riuscivano a prevenire le mutazioni virali
contenendo più efficacemente il virus. “Sappiamo dunque che questi topi possono replicare la specificità della
risposta del tessuto cellulare umano all’Hiv, e che questo tenta di evitare i processi di difesa esattamente come
farebbe nel nostro organismo”, ha aggiunto Allen. “Al momento stiamo studiando proprio se e come possiamo
indurre la risposta immunitaria umana specifica all’Hiv in questi animali, tramite la vaccinazione: se fosse possibile
avremmo un modello che replica perfettamente quello umano, ma dai costi e dai tempi di studio ridotti. E in questo
modo lo sviluppo di un vaccino da testare sugli esseri umani sarebbe un passo più vicino”.
Laura Berardi