La qualità inizia dalla potatura: tecniche e suggerimenti per l`actinidia

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DAI FRUTTETI PIEMONTESI
Un’operazione che comporta un impegno di 120-140 ore per ettaro
La qualità inizia dalla potatura:
tecniche e suggerimenti per l’actinidia
L
a superficie che un’azienda riserva alla coltivazione
dell’actinidia ha ormai assunto una parte rilevante
nell’ambito dell’ordinamento colturale piemontese
giungendo a coprire anche il 30-40% della superficie di
ogni singola azienda. Naturalmente, ciò ha influito sull’espansione regionale delle superfici destinate a questa coltura, ponendo il Piemonte fra i maggiori produttori di kiwi
in Italia e richiedendo a livello aziendale un impegno sempre più rilevante nel tempo da dedicare alle cure colturali.
Fra queste, la potatura invernale che comporta un impegno di tempo fra le 120 e le 140 ore/ha. Da ciò consegue
che anche il periodo dedicato a questa pratica si è dilatato
e oggi mediamente va dalla caduta foglie a tutto il periodo
di dormienza delle piante, prima, cioè, che inizi il movimento linfatico che determina il cosiddetto “pianto”.
Questo per dire che in taluni casi si tende a velocizzare la potatura invernale spesso evitando le necessarie legature dei tralci lasciandone sovente un numero
troppo elevato (Fig. 1). Una tal gestione va a scapito
della regolare impollinazione, la quale viene impedita
dall’infittimento della vegetazione. Non si dimentichi
che è proprio dalla potatura secca che si inizia a fare la
qualità della produzione.
Infatti, può succedere che la stessa impollinazione
di supporto – operata sia con attrezzatura portata dalla
trattrice, sia con quella più semplice a spalla – può produrre risultati insoddisfacenti proprio a causa di impianti mal gestiti dal punto di vista della potatura.
È proprio per questo motivo che il Creso ha voluto
dedicare un ampio spazio alla trattazione delle tecniche di potatura nel volume Frutticoltura Sostenibile in
Piemonte dal quale, in via sintetica, vengono desunti
alcuni punti essenziali.
Potatura di allevamento
Considerando che nella realtà piemontese la forma di gran lunga preferita è la pergoletta doppia, è di
fondamentale importanza avere le condizioni per for-
5 Fig. 2 - Corretta legatura dei rami.
mare e mantenere due cordoni di egual vigoria o, come sta avvenendo oggi in alcuni casi, un solo cordone
per pianta. Allo scopo di favorire lo sviluppo del cordone si dovranno, nei primi tre anni, eliminare i tralci
che sono troppo vigorosi (di diametro maggiore o
uguale al cordone) e disporre quelli idonei sui fili laterali (possibilmente a 90° rispetto al cordone). Naturalmente, si dovranno altresì eliminare i ricacci che si
trovano al di sotto del punto di origine del cordone
per evitare la concorrenza al regolare sviluppo di quest’ultimo.
Potatura di produzione
5 Fig. 1 - Pianta con eccessiva e disordinata quantità di rami.
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Innanzitutto si deve abbandonare la consuetudine
abbastanza diffusa di accorciare i rami dopo la raccolta.
Tale operazione, infatti, potrebbe privare la pianta
di quelle formazioni legnose utili per questo tipo di potatura e provocherebbe l’errata cimatura di rami con
gemma apicale a frutto i quali, invece, dovranno essere
lasciati integri. La potatura consiste nell’eliminazione
di rami troppo vigorosi e di quelli che, con la loro disposizione, ombreggerebbero il cordone. Se si dovesse
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5 Fig. 3 - Ramo fruttifero tipo “spur”.
5 Fig. 4 - Ramo affetto da “carie”.
raso vicino al cordone. Se nello sviluppo della branchetta si trovassero dei rami tipo “spur” (Fig. 3), il taglio
può essere effettuato in corrispondenza di questi.
Calcolo delle gemme
Per evitare spiacevoli sorprese finali procedere, dopo la potatura delle prime piante, al conteggio delle
gemme rimaste. Verranno lasciate, come nella norma,
100 gemme per metro lineare corrispondenti a 450 per
pianta (con un sesto di 4,5 x 4,5 m); considerando una
fertilità delle gemme del 50% (nella realtà piemontese)
e una produzione di 3 frutti per gemma, la produzione
risulterà essere di 70-80 kg per pianta, pari a 290 q/ha.
Produzioni superiori e, dunque, maggior numero di
gemme, possono essere pregiudizievoli per una pezzatura soddisfacente.
Potatura delle piante staminifere
5 Fig. 5 - Protezione della ferita da potatura.
comunque mantenere qualche ramo vigoroso (ramo
lungo) per assicurare un certo rinnovo, è necessario
conservare i rami misti che già hanno prodotto e che
costituiscono il suo prolungamento naturale; questi ultimi potranno eventualmente essere raccorciati.
Come avviene nella potatura tradizionale, si provvederà alla legatura dei rami al filo, disponendoli uno
ad uno, dando loro uno spazio di 20 30 cm (Fig. 2). Tale operazione consentirà di mantenere più branchette
senza sovrapposizione, rendendo più agevole l’impollinazione. La piegatura può essere attuata solo in casi eccezionali (fase di riconversione) ed ovviamente solo per
i rami più vigorosi.
Rinnovo
Per evitare l’invecchiamento precoce della struttura
produttiva della pianta occorre mantenere un rinnovo
vegetativo costante tutti gli anni, avendo cura di eliminare alcune branchette di 3 4 anni a favore di rami lunghi; le branchette devono essere eliminate con taglio
Anche la potatura delle piante maschili deve essere
attuata con operazioni più razionali, tendenti, cioè, al
raggiungimento di un buon equilibrio della pianta. Si
procederà cercando di portare la struttura su due cordoni ben sviluppati, evitando i raccorciamenti dei rami
e lasciando una certa quantità di rami misti su legno,
cioè di 1 o 2 anni, in modo da consentire uno sviluppo
della pianta più equilibrato a beneficio dell’impollinazione ed eliminando i succhioni.
Disinfezione dei tagli
In questi ultimi anni anche negli impianti del Piemonte viene segnalata una recrudescenza di piante affette da carie del legno: questa patologia, che si manifesta a carico dei rami (Fig. 4) e, nei casi più gravi del
tronco stesso, è causata dalla diffusione di alcuni funghi
(Phaeoacremonium sp., Cadophora malorum ecc.) che
penetrano nel legno a seguito delle ferite provocate dai
tagli di potatura e che successivamente si sviluppano in
senso basitono nel legno.
Allo scopo di limitarne la diffusione si raccomanda
di contenere l’esecuzione di grossi tagli che, se necessari, dovranno essere immediatamente protetti da mastici protettivi (Fig. 5).
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Allevamento di un solo cordone
Recentemente, in alcuni impianti si tende ad allevare un solo cordone per pianta. La distanza fra le piante
può in questo caso venir ridotta a 4 metri o, nel caso di
piante da meristema, a 3.5 metri. Questo sistema, che si
ottiene lasciando sviluppare il futuro cordone verso l’alto, sostenuto da una canna di 4 metri e a fine stagione
piegato in modo permanente sul filo centrale (Fig. 6),
evita di effettuare tagli importanti i quali risultano essere
poi fra i potenziali responsabili della carie del legno.
Piante da meristema
Molto diffusa in altre regioni italiane, nel nostro
areale questa tipologia di pianta ha iniziato ad incontrare un certo favore solo negli ultimi anni. Si ottiene attraverso la tecnica della micropropagazione, o “moltiplicazione in vitro” che consente la propagazione su
vasta scala ottenendo un elevato numero di piante che
possono essere prodotte in poco tempo.
Il materiale di partenza può essere di vario tipo: segmenti di ramo o di radice, apici meristematici ecc., da
cui si ottengono micro talee. Le piante da meristema sono riconoscibili facilmente nei primi 2 anni di vegetazione perché presentano foglie allungate e vellutate,
caratteristiche della “fase giovanile”. Per quanto riguarda la potatura di produzione, l’adozione di una tipologia di potatura tendente a stimolare un miglior rinnovo
vegetativo rispetto alle piante da talea; lasciando troppo legno vecchio, infatti, si otterrebbe un peggioramento qualitativo dei frutti.
Graziano Vittone
5 Fig. 6 - Forma ad un solo cordone dopo la piegatura.
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CReSO - Consorzio di Ricerca e Sperimentazione
per l’Ortofrutticoltura Piemontese