COMUNE DI GEMMANO
Provincia di Rimini
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RISERVA NATURALE
ORIENTATA DI ONFERNO
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CENTRO di EDUCAZIONE AMBIENTALE in collaborazione con il progetto
IL PROGETTO “BOMBINA”
BOMBINA: CHI È’ E DOVE VIVE
L’Ululone appenninico [Bombina pachypus (Bonaparte, 1838)] è un anfibio anuro della
famiglia dei Discoglossidi endemico dell’Appennino, quindi diffuso unicamente dalla Liguria
orientale alla Sicilia nord orientale. In Emilia-Romagna la specie è distribuita con maggiore
frequenza nel settore orientale (Province di Forlì e Rimini) e con preferenza per la media ed alta
collina (400-600 m).
Gli adulti sono piccoli anfibi dall’aspetto di rospetto che
raggiungono dimensioni massime di 5-6 cm (dall’apice del
muso alla cloaca). La pupilla è a forma di cuore o triangolo
con apice inferiore; la pelle del dorso fortemente verrucosa,
con un colore di fondo grigio brunastro e macchie più scure.
Le parti ventrali sono invece gialle, più o meno estesamente
macchiate di blu-grigiastro e nero.
Nel periodi di attività (da marzo a novembre) gli ululoni frequentano specchi d’acqua di
regola poco profondi e di limitata estensione, che possono asciugarsi completamente durante i mesi
estivi: torrentelli e rivoletti debolmente correnti (anche ai lati delle strade), pozze di esondazione
che si formano a lato dei torrenti, stagni, impaludamenti ecc.
In marzo-aprile gli adulti si recano all’acqua dove si accoppiano 2-3 volte tra maggio ed
ottobre, con amplesso lombare. Il canto che il maschio emette durante la fregola per attirare la
femmina, solitamente la sera o di notte, consiste in due hu-hu ripetuti a breve distanza, ottenuti
gonfiando la gola, da cui deriva il nome volgare italiano “ululone”. La femmina depone, attaccate
alle piante sommerse, 40-100 uova isolate o in gruppetti di non più di 10, del diametro di circa 1
cm, dalle quali si schiudono i girini dopo una settimana. Questi misurano, a completo sviluppo, 4-5
cm, presentano le parti superiori di colore bruno e quelle inferiori bianco-grigiastre e si distinguono
per avere lo spiracolo (cioè l’apertura che mette in comunicazione la camera branchiale con
l’esterno) situato in posizione mediana ventrale, invece che sul lato sinistro del corpo come nei
girini di tutte le altre specie di anuri italiane.
La metamorfosi avviene di regola dopo due o tre mesi dalla schiusa.
Gli adulti si nutrono a spese di Invertebrati di taglia adeguata, soprattutto Artropodi, che
vengono catturati anche sott’acqua, mentre i girini si cibano, oltre che di sostanze vegetali,
soprattutto di microrganismi viventi sul fondo e di sostanza animale morta o in decomposizione.
L’ibernazione ha luogo sotto terra, poco distante dai luoghi di riproduzione verso i quali la
specie dimostra una certa fedeltà.
Quando sono disturbati gli ululoni secernono dalla pelle una sostanza schiumosa biancastra molto
irritante per le mucose e a volte si inarcano per mostrare all’aggressore la viva colorazione delle
parti inferiori. Quest’ultimo peculiare comportamento, di chiaro significato aposematico, è detto
riflesso-ululone o Unkenreflex (termine tedesco ormai di uso internazionale).
L’ULULONE A ONFERNO
La presenza delle specie ad Onferno fu segnalata per la prima volta da Casini (1993). Dopo
diversi anni, durante i quali l’ululone non era più stato avvistato all’interno del territorio della
riserva, la specie fu ritrovata nella primavera del 1999 da Paolo Laghi e Christian Pastorelli, in
alcune pozze formate dal fosso di drenaggio del calanco che si trova a NW dell’abitato di Arcella, la
stessa località della prima segnalazione.
IL PROGETTO “BOMBINA”
Dal 1999 la Riserva di Onferno ha avviato un progetto di monitoraggio finalizzato
all’approfondimento dell’ecologia di questo interessante anfibio ed alla valutazione della
consistenza delle sue popolazioni all’interno dell’area protetta e della provincia di Rimini.
Per ogni individuo di Bombina catturato vengono registrati: data, località di cattura, sesso e
peso corporeo. Inoltre la colorazione ventrale di ognuno viene inoltre acquisita tramite scansione; la
combinazione delle macchie, infatti, cambia da individuo a individuo e può essere utilizzata come
un’impronta digitale, permettendo di stabilire esattamente, per confronto, di quale individuo si
tratta.
Non appena le ricerche, prima occasionali, si sono fatte più serrate i risultati non si sono fatti
attendere: Francesca Ramberti che sta qui svolgendo la propria tesi, ha censito la presenza in riserva
di due nuove metapopolazioni di ululoni. La prima gravita attorno al fosso che raccoglie le acque di
un calanco situato a NW di quello sopra ricordato, la seconda ha colonizzato le pozze d’abbeverata
per il bestiame recentemente costruite sul Monte Croce grazie al Progetto LIFE “I chirotteri di
Onferno”, al confine sud della riserva. Lo stesso progetto ha oggi creato due pozze in fondo al
calanco di Arcella sperando non solo di assicurare un luogo per l’abbeverata e la accia agli insetti ai
Chirotteri ma anche rendere disponibili ambienti per la riproduzione più stabili e diversificati.
Mediante sopralluoghi notturni nelle pozze è stato inoltre possibile registrare il canto del
maschio di ululone in fregola, che potrà essere successivamente analizzato al fine di evidenziare
eventuali differenze, dal punto di vista bioacustico e di comunicazione, tra l’Ululone appenninico
(B. pachypus) e l’Ululone dal ventre giallo [B. variegata (Linnaeus, 1758)], quest’ultimo diffuso in
Italia limitatamente alle Alpi centrali ed orientali.
Sempre grazie al progetto LIFE è stato infine avviato un progetto di riproduzione ex situ finalizzato
a scopi di reintroduzione. Partendo da uova raccolte nei siti di riproduzione all’interno dell’area
protetta sono stati ottenuti un buon numero di giovani ululoni che potranno essere reinseriti
nell’ambiente naturale per aumentare la consistenza delle popolazioni in pericolo. A carico di B.
pachypus è stato infatti rilevato un sensibile calo delle popolazioni, soprattutto nell’area occidentale
dell’Emilia Romagna, spesso con estinzione della specie a livello locale. Causa principale di questo
declino è sicuramente la scomparsa dell’habitat riproduttivo. Recenti studi hanno individuato nel
fungo Batrachochytrium dendrobatidis, il possibile responsabile dell’elevata mortalità riscontrata in
neometamorfosati di Ululone appenninico allevati in cattività a scopi di reintroduzione,
limitatamente al materiale proveniente da stazioni riproduttive in provincia di Bologna.
Potete partecipare attivamente alle ricerche rivolgendovi al Centro Studi Cà Gessi
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