MICRO News U.O. di Microbiologia, Policlinico S.Orsola-Malpighi, Università di Bologna Direttore: Prof. Maria Paola Landini Vol. 9 n. 5, Maggio 2016, a cura di Maria Paola Landini e Angela Chiereghin _____________________________________________________________________________ Herpesvirus umano 6 (HHV-6) nei bulbi piliferi: perché e quando cercarlo Conosciamo 2 tipi di HHV-6: HHV-6A e HHV-6B che si distinguono solo con metodi molecolari e non sierologici. L’infezione da HHV-6, la cui trasmissione avviene attraverso la saliva, è estremamente diffusa con sieroprevalenza nella popolazione adulta superiore al 95%. HHV6B è l’agente eziologico dell’esantema subitum o roseola infantum, una delle malattie esantematiche tipiche della prima infanzia ed è implicato nella maggior parte delle infezioni che avvengono nei primi due anni di vita. HHV-6A, invece, viene acquisito più tardivamente e l’infezione decorre in maniera asintomatica. Come per tutti i virus erpetici, anche per HHV6 l’ infezione attiva termina con l’ instaurarsi della infezione latente. La riattivazione del virus in età adulta sembra essere frequente e, saltuariamente, causare una sindrome similmononucleosica. Nei pazienti trapiantati la riattivazione di HHV-6 ha una incidenza del 30-50%, con il picco a 2-4 settimane dal trapianto, sebbene si possano verificare riattivazioni anche dopo mesi o anni dall’ intervento. In questi pazienti l’infezione è solitamente asintomatica, tuttavia HHV-6B può causare diverse manifestazioni cliniche tra cui encefalite, mielosoppressione e polmonite. HHV-6A si riscontra nel 0-3% degli episodi di riattivazione post-trapianto e le caratteristiche cliniche dell’infezione rimangono poco definite. Entrambi i virus presentano una peculiarità unica tra gli herpesvirus: l’intero genoma virale latente è integrato a livello delle regioni subtelomeriche dei cromosomi 9, 17, 18, 19 e 22 della cellula ospite (linea somatica e linea germinale). Circa il 2% della popolazione presenta ciHHV-6 (chromosomally-integrated HHV-6) in ogni cellula nucleata, ereditato in maniera mendeliana. Questo fatto può portare ad una errata diagnosi molecolare di infezione attiva da HHV-6. Questi soggetti, infatti, presentano alti carichi di genomi virali nel sangue (> 6.0log10HHV6 DNA copie/ml di sangue intero) che persistono nel tempo. Altri liquidi corporei ( ad es. il liquido cefalorachidiano) che, a differenza del sangue, contengono poche cellule, hanno numeri di copie di genomi virali più bassi. Poiché nei pazienti trapiantati con riattivazione da HHV-6 e nei bambini con infezione primaria sono stati osservati carichi virali compresi tra 1.5 e 5.0 log10 HHV6 DNA copie/ml di sangue intero, la presenza di > 5.5 log10 HHV6 DNA copie/ml di sangue intero fa sorgere il sospetto di integrazione. In questi casi, quindi, è necessario effettuare un test di conferma, che consiste nella ricerca del DNA virale nel bulbo pilifero, materiale nel quale si può escludere la contaminazione ematica. Solo negli individui con ciHHV-6, il genoma virale è rilevabile nel bulbo. Presso la U.O. di Microbiologia - Laboratorio di Virologia viene eseguita la diagnosi virologica per i sospetti casi di infezione da HHV6. Nello specifico, viene effettuata la ricerca e la quantificazione del genoma virale mediante test di PCR Real-Time su diversi materiali quali ad esempio il sangue, il liquido cefalorachidiano, materiale bioptici, etc. Inoltre, previo accordo telefonico, può essere effettuata la ricerca di ciHHV-6. Il materiale da inviare alla Microbiologia per l’esecuzione del test consiste in 4-5 bulbi piliferi del paziente.