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Seminari di drammaturgia
“Drammaturgia e meccanica quantistica”
Onde di pensiero
di Giorgio Taffon
Ritengo indispensabile riportare testualmente il résumé dell’incontro
tenuto da Roberto Cavosi da lui stesso preparato. Il tema è risultato di
grande interesse, suscitando diversi interrogativi ed interventi dei
numerosi presenti. Ci si è accordati sulla necessità di riprendere quanto
prima la materia così brillantemente affrontata da Cavosi, che viene
calorosamente ringraziato.
"L'esistere del mondo è uno stupore infinito"
( Coro, primo stasimo, dall' Antigone di Sofocle)
"Nessuno ha motivo di scindere lo spirito dalla materia, dato che, forse lo stesso
spirito è un insieme di atomi materiali " E' stato leggendo questa battuta del
maestro Medvèdenko nel Gabbiano di Čechov che ho cominciato ad avvicinarmi
alla meccanica quantistica. Io ho una preparazione scientifica molto elementare
per cui non sono capace di valutare gli aspetti strettamente tecnici e
matematici della quantistica, ma ho abbastanza fantasia e spirito d'avventura per
afferrarne invece le prospettive più filosofiche se non "metafisiche". La quantistica ha
rivelato "volti" della materia assolutamente sconvolgenti, di una portata superiore
anche alla rivoluzione copernicana: innanzi tutto il doppio aspetto degli elettroni, sia
particelle che onde, poi l'assenza di "mattoni" elementari in favore di continue relazioni
di forze probabilistiche che nascono e muoiono di continuo formando campi
d'energia, e non ultimo il considerare il vuoto come parte integrante della materia
stessa. Tutto ciò porta ad un dinamismo continuo di onde d'energia che scardinano
qualsiasi concezione della fisica classica e che ci mettono in relazione continua
con l'Universo intero. L'essenza della materia, di noi, si muove libera da qui a Vega,
da qui all'infinito, dove l'io probabilmente è strettamente parte di un Tutto e dove
vita e morte si combinano continuamente e dialetticamente fra loro. L e particelle
elementari infatti quando
decadono o "muoiono", scontrandosi con altre,
scompaiono ma per crearne altre anche della loro stessa grandezza: una danza
continua e irrefrenabile di relazioni e connessioni. Di pari passo a queste scoperte,
cominciate a codificarsi dalla fine dell'Ottocento, anche il teatro, ha .subito delle
trasformazioni molto simili. Di Čechov abbiamo già detto, ma come non pensare a
tutte le avanguardie del '900, come non pensare anche ai Vaudeville dove i
personaggi si muovono "eccitati" c.ome elettroni; come non pensare ai can can di
Offenbach, o alle "porte" di Tardieu? Naturalmente il nostro '900 è stato anche un
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secolo di tiranni, di guerre, è stato un secolo dove la scomposizione dell’io simile a
quella della materia, ha provocato in noi un percorso di acuto pessimismo che
teatralmente ci ha accompagnati da Pirandello al Teatro dell’Assurdo. Tutta la
poetica di Pirandello si può riassumere in un solo concetto, il relativismo, e il
relativismo corrisponde alla frantumazione dell'io: l'uomo non è una sola .persona ma
si suddivide in tante persone. Da ciò deriva che non esistono delle verità e dei valori
assoluti: ognuno percepisce la realtà non per quello che è ma per come la vede in un
determinato momento, a seconda anche della propria educazione (religione, famiglia,
ecc...). Da ciò scaturiscono importanti conseguenze sul piano conoscitivo: se la realtà
è in perpetuo divenire, essa non si può fissare in schemi e moduli d'ordine totalìzzanti
ed onnicomprensivi. Non solo, ma “ non esiste neanche una prospettiva privilegiata da
cui osservare il reale, le prospettive possibili sono infinite e tutte equivalenti". Frase che
sembra una sintesi della poetica pirandelliana ed invece è di Albert Einstein quando
tracciò le sue teorie. La quantistica ci ha anche mostrato come il tempo non esista se
non come quarta dimensione, ma esso non ha uno scorrere come lo intendiamo
normalmente. Non ci sono né futuro né passato, c’è solo un “presente” continuo,
oltretutto curvo in quanto anche il tempo come lo spazio è soggetto alla forza di
gravità. Ed allora come non pensare ad Aspettando Godot di Beckett, dove il tempo
non scorre mai e dove i personaggi girano in cerchio attorno ad un albero,
simbolicamente fulcro di una gravità coercitiva?
"Il mio sposo è quaggiù in terra, la fede che io gli ho giurato è sù in cielo; come
potrà quella fede ritornare in terra, a meno che il mio sposo non me la rimandi
giù dal cielo abbandonando la terra?" (Shakespeare) E' Giulietta che parla
pensando all'esiliato Romeo, e il suo sperare, la sua fede, il suo amore sembrano
fotoni che attraversano lo spazio con la stessa intensità e con lo stesso carico di
"energia\emozione" . E' evidente che il teatro come la scienza non sia arrivato alle
attuali soluzioni da un giorno all'altro, ed è quindi meraviglioso voltare indietro lo
sguardo alla ricerca di quelle intuizioni squisitamente poetiche ma intrinsecamente
foriere di prodromi "quantistici". Shakespeare, le sue metafore, sono uno scrigno
infinito dì visoni "future". Il saggio iniziale sulla virtù in Misura per Misura, che si
"estende" come l'energia in un campo quantistico; o il mondo magico del tutto
simile ad un acceleratore atomico di Prospero ne' La tempesta, sono solo alcuni
degli innumerevoli esempi che possiamo trovare nelle opere del Bardo. Lo stesso si
può dire del suo contemporaneo Marlowe e in particolare ne' Il dottor Faust:
"Occhio lieto della Natura, sorgi, e sorgi di nuovo e fai un giorno eterno, (..) che
Faust possa salvarsi!" Un’invocazione che sembra anticipare la quarta dimensione
addirittura anelandola come possibile Salvezza!
Ma gli esempi potrebbero non finire mai: da Molière a Goethe, da Seneca, all'eccentrico
Grabbe, dal teatro Medioevale (come ne' Il Miracolo di Teofilo) a Goldoni, nelle cui
commedie b e z z i e zaletti girano vorticosamente sulla scena come fossero onde
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di particelle tese a collegare i personaggi fra loro.
La dimensione di onda della materia è certamente la più soprendente
ed è per noi quasi inconcepibile. Pensare che onde continue come un
grande mare, una schiuma elettrica ci attraversino e ci colleghino ad ogni
minimo "evento"' dell'universo sembra più fantasia che realtà, più sogno che scienza.
Eppure è così ed è una verità talmente sconvolgente che ogni volta che la afferriamo
avvertiamo un senso di colpa, come se dovessimo pagare pegno ad alzare i veli
della Natura: almeno questo ci indica il teatro fin dalle sue origini da Prometeo ad
Edipo, da Elettra ad Antigone. Personaggi\archetipi che hanno pagato caramente la
ricerca della verità.
E pensare che in tutto J'occidente nessuno ,come .i filosofi presocratici era mai arrivato
tanto v1cmo alle conclusioni della meccanica quantistica: Anassimandro,
Anassimene,, Talete, Eraclito, immediati predecessori dei grandi tragici. Filosofi che
vedevano nell'energia il fulcro di tutto e nel movimento incessante la caratteristica
prima dell'Universo, come nel famoso "tutto scorre" eracliteo che battezzò il mondo a
vista di un continuo flusso perenne.
A conclusione di queste brevi riflessioni, queste piccole onde di pensiero, vorrei citare
alcune note di Strindberg riguardanti la sua opera Rappresentazione di un sogno.
Ebbene sembrano un compendio quantistico, dove il sogno sembra essere per
l'essere umano il solo modo di vedere la
materia esattamente com’è e senza
sentirne il “peso”:
“ […] ho cercato di imitare le forme del sogno, che pur essendo sprovviste d'ogni
coerenza, possiedono tuttavia un nesso logico. Tutto può accadere, tutto è
verosimile; senonché non esiste né tempo né spazio. Con un tenue filo partente dalla
realtà, la fantasia intreccia e tesse nuove vicende. E' un miscuglio di ricordi di vita
vissuta, di concetti slegati, di assurdità e d'improvvisazioni. Le persone del dramma
si scindono, si moltiplicano, si sdoppiano, si attenuano, riprendono. consistenza,
svaniscono, si raggruppano. C'è però una coscienza direttiva: quella di chi sogna; e,
per essa, non esistono segreti, non vi sono incoerenze e neanche scrupoli né leggi.
Egli non giudica, e, pertanto, non condanna, né assolve: si limita a riferire. "
Una posizione sorprendentemente da scienziato quantistico che considera anche se
stesso, il suo indagare, parte integrante della materia stessa che sta osservando al
microscopio. Un'ennesima rivelazione quantistica che indica coscienza e materia come
un tutt'uno, esattamente come ci aveva suggerito Čechov.
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