QUARANTESIMO DELLA MORTE DI HENRI LE SAUX PIONIERE DEL DIALOGO INTERRELIGIOSO Il benedettino Henri Le Saux (Saint Briac 1910 - Indore 1973), pioniere del dialogo interreligioso di cui il 7 dicembre ricorre il quarantesimo anniversario della morte, ha prodotto per tutta la vita uno sforzo incessante e profondo per cercare di coniugare il cristianesimo con l’induismo. Monaco bretone, con alle spalle una solida formazione teologica e vent’anni di tranquilla vita monastica in Bretagna, partì per l’India nel luglio del 1948 allo scopo di dare fondazione al primo monastero rispettoso delle tradizioni ascetiche e religiose locali costruito sul modello di un āśram indiano: l’āśram di Saccidānanda, nome sanscrito con il quale indicava la Trinità: sat (essere), cit (coscienza), ānanda (beatitudine). I principi programmatici di questo cenobio, che fondò col sacerdote lionese Jules Monchanin (1895-1957) erano una vita ritirata dal mondo, votata esclusivamente alla contemplazione ed una fedeltà sincera agli usi ascetici ed alle tradizioni religiose dell’India: ad esempio indossarono la Kāvi, veste di colore arancione dei rinuncianti indù, iniziarono una vita poverissima del tutto simile a quella dei monaci indiani ed assunsero un nome monastico sanscrito, che per Le Saux fu Abhiṣiktānanda («Beatitudine dell’Uno consacrato, il Signore»). Ebbero dal loro Vescovo mons. Mendoça anche il permesso, per l’epoca eccezionale, di costruire una cappella in stile indiano e di soggiornare presso gli āśram indù, concessione che permise al benedettino di incontrare alcuni grandi guru con i quali costruì un intenso rapporto spirituale che lo avvicinò all’Advaita Vedānta, la corrente basata su un non-dualismo rigoroso che lo affascinò e che scelse come principale interlocutore nel suo incontro con l’induismo. Con questa filosofia si confrontò non solo da un punto di vista teologico ma anche esistenziale, fino ad arrivare a sperimentare in prima persona nel 1973, da prete cattolico, l’esperienza mistica dell’advaita , che definì anche «Risveglio» o «scoperta del Graal». Questa corrente filosofica influenzò fortemente il suo modo di concepire l’inculturazione del cristianesimo in India, anche nella sua concezione teologica della Trinità-Saccidānanda e nella sua concezione cristologica influenzata dal Vedānta. Certamente il modo eclettico con cui Abhiṣiktānanda visse la propria vocazione monastica: cenobitica in Bretagna, semieremitica nell’ āśram di Saccidānanda, eremitica ad Aruṇācala, ed itinerante da saṃnyāsin,1 è una delle ragioni del grande interesse che la sua vicenda ha suscitato nel DIM (Dialogo Interreligioso Monastico), che considera il suo āśram un modello prototipo e ideale di cristianesimo in dialogo e riconosce nel benedettino francese un ispiratore e un precursore. L’esperienza di Le Saux ispirò anche le riflessioni di alcuni eminenti teologi contemporanei, quali, ad esempio, J. Dupuis e R. Panikkar con i quali intrattenne un rapporto di grande stima ed amicizia. La decisione che il benedettino prese nel 1957 di allontanarsi dall’āśram e divenire saṃnyāsin, non comportò la fine dell’esperienza monastica in quanto chiese ad un monaco camaldolese, Bede Griffiths, di prendere la direzione del monastero. Abhiṣiktānanda da questo momento fino alla fino alla fine della sua vita alternò periodi nei quali viaggiò moltissimo, ad altri nei quali condusse vita eremitica nelle grotte della montagna sacra agli indù Aruṇācala o in una capanna sulle rive del Gange costruita con l’aiuto dell’amico Panikkar, con il quale compì anche un pellegrinaggi fino alle sorgenti del Gange per 1 Monaco itinerante nella tradizione indù. 1 celebrarvi l’eucarestia al fine di «condurre tutti i segni alla realtà che Lui è!», dove il fiume rappresenta il simbolo di una Realtà che è tale, piena e definitiva, solo in Cristo. Nel suo rapporto con l’induismo, Le Saux percorse un tragitto a spirale, vivendo fasi alterne, nelle quali passò dall’iniziale ottimismo al suo arrivo in India, al pessimismo disperato degli anni Cinquanta, salvo poi vivere un periodo nuovamente ottimistico con la stesura negli anni Sessanta del Saggio Sagesse hindoue, mystique chretienne: du Vedānta à la Trinité nel quale trovò una sintesi armonica con il non dualismo assoluto dell’Advaita attraverso il pensiero di teologi quali Teilhard de Chardin, Gregorio di Nissa, Eckart e Ruysbroeck. A questa fase, però, fece ancora una volta seguito un certo scetticismo dopo il «Risveglio», che però non era più drammatico, ma mistico-apofatico. Questo percorso dimostra quanto sia stata tormentata la genesi della sua teologia e come egli abbia svolto non un avanzamento lineare, ma un itinerario a spirale, che lo ha condotto continuamente a mettere in discussione le posizioni precedenti salvo poi ritornarvi per dare ad esse espressioni nuove, in una vita caratterizzata da grande onestà intellettuale e coerenza esistenziale. In conclusione, il dialogo teologico e spirituale che Le Saux ha condotto è di estrema vitalità; leggendo i suoi scritti, pare di respirare ampi orizzonti, ed «ogni sprazzo è un colpo d’ala che mira alle grandi visioni globali»2; proprio per il suo essere precursore che batte sentieri nuovi, il suo pensiero spesso non è lineare o coerente, ma nonostante i decenni passati dalla sua morte, il monaco bretone continua ad essere un pioniere, un apripista, un seme dal quale possono prendere ispirazione e germogliare nuove comprensioni del mistero trinitario illuminate dall’India, in un dialogo interreligioso che è auspicato anche dallo stimato teologo Luigi Sartori: Non basta più, per essere pienamente cattolico, interpretare Gesù, la Trinità, l’identità, attingendo solo alla tradizione cattolica. Non basta più quello che ho dalla mia storia, devo dire ormai: aiutami anche tu caro islamico, indiano o buddista, a capire meglio chi sono e quali tesori nascosti ancora devo scoprire della mia fede3. BIBLIOGRAFIA HENRI LE SAUX, Intériorité et révélation, Prèsence, Sisteron 1982. —,Tradizione indù e mistero trinitario, EMI, Bologna 1988. —, Diario spirituale di un monaco cristiano-saṃnyāsin hindū 1948-1973, Mondadori, Milano 2002. P. TRIANNI, Henri Le Saux. Monaco, mistico e profeta del dialogo con l’induismo, Cittadella, Assisi 2013. Claudia Zani 2 3 L. SARTORI, «Dom Le Saux e il ruolo dei mistici», in L. SARTORI, Teologia ecumenica. Saggi, Gregoriana, Padova 1987, p. 311. L. SARTORI, Il Dio di tutti, Edizioni la Meridiana, Molfetta 2007, pp. 45-46. 2