Onde sismiche per studiare la Terra Le discon7nuità Le discon7nuità sono state individuate perché in loro corrispondenza si verificano repen%ni cambiamen% delle velocità di propagazione delle onde sismiche. La velocità dipende dall’elas%cità del corpo in cui si propagano le onde: • Corpi rigidi: velocità elevata liquido • Corpi fluidi: velocità più bassa La prima è la discon7nuità di Mohorovičić, deIa in breve Moho, che si trova, internamente alla porzione silica7ca, alla profondità media di 30 km e delimita la crosta dal mantello. Le onde P e S accelerano bruscamente perché il mantello superiore è cos7tuito da rocce più rigide e dense delle rocce della crosta. Le onde sismiche e gli involucri terrestri 1 2 Crosta, mantello e nucleo La superficie di discon7nuità responsabile della zona d’ombra si trova ad una profondità di 2.900 km ed è chiamata discon7nuità di Gutenberg e separa il mantello dal nucleo. Le onde P diminuiscono la loro velocità, mentre le onde S vengono fermate, poiché il nucleo esternamente è fluido. Le tre discon7nuità dividono l’interno della Terra in gusci concentrici dis7n7 per composizione: L’ul7ma è la discon7nuità di Lehmann che si trova, internamente alla porzione ferrosa, alla profondità di 5100 km e separa nucleo interno da nucleo esterno. Le onde P accelerano nuovamente poiché il nucleo interno è solido. • il nucleo ferroso esterno, fuso; • la crosta, il guscio più esterno di silica7 sialici e femici; • il mantello, il guscio intermedio di densi silica7 ultrafemico; • il nucleo ferroso interno, solido. Crosta, mantello e nucleo Litosfera e astenosfera La variazione della velocità delle onde dimostra che le differenze interne possono riguardare la composizione ma anche le proprietà meccaniche dei materiali presen7. L’interno della Terra, sulla base del comportamento delle onde sismiche, è suddiviso in crosta, mantello e nucleo. La crosta ha spessore medio di 30 km; il mantello arriva fino a 2.900 km di profondità; il nucleo, che occupa lo spazio restante, è suddiviso in una parte esterna liquida e una parte interna solida. Lo strato esterno rigido è chiamato litosfera e comprende la crosta e la parte superiore del mantello. Lo strato compreso tra i 100 km e i 200 km di profondità viene chiamato astenosfera. L’astenosfera, a differenza della litosfera, è formata da materiali par7colarmente plas%ci, perché molto vicini alla fusione. Lo strato del mantello che si trova al di soIo della astenosfera è chiamato mesosfera. 5 La crosta terrestre 6 Cap 17 -­‐ La Terra è un pianeta dinamico Per spiegare le dinamiche endogene della Terra sono state faIe tre teorie: La crosta con7nentale, in corrispondenza dei con%nen%, è spessa e cos7tuita per la gran parte da rocce sialiche intrusive, prevalentemente grani%. 1. La teoria della deriva dei con7nen7 La crosta oceanica, in corrispondenza dei fondi oceanici, è soXle e cos7tuita, soIo gli stra7 sedimentari, da rocce femiche, prevalentemente effusive come i basal%. 2. La teoria dell’espansione dei fondali oceanici 3. La teoria della teIonica a zolle 7 8 1-­‐ La Teoria della Deriva dei Con7nen7 1-­‐ La Teoria della Deriva dei Con7nen7 La deriva dei con7nen7 è una teoria geologica secondo la quale i con7nen7 sarebbero soIopos7 a un movimento di deriva che li farebbe spostare uno • 225 milioni di anni fa le acque erano raggruppate in un unico oceano, Pantalassa e le terre in un unico con7nente Pangéa. • Circa 200 milioni di anni fa la Pangea avrebbe iniziato a frantumarsi in due: a nord la Laurasia e a sud la Gondwana e l’oceano Te7de. rispeIo all’altro. Nel 1911 Wegener trovò documen7 paleontologici che facevano supporre un collegamento tra Brasile e Africa. Secondo la sua ipotesi: La teoria inizialmente non ebbe successo e fu ripresa da Alfred Lothar Wegener nel 1910. • In seguito, dai 65 milioni di anni in poi, iniziarono a frantumarsi in par7 più piccole fino ad arrivare alla situazione aIuale. Wegener 9 1-­‐ La Teoria della Deriva dei Con7nen7 10 1-­‐ La Teoria della Deriva dei Con7nen7 • prove geomorfologiche: complementarietà delle forme dei con7nen7 • prove paleontologiche: reper7 paleontologici in località aIualmente lontane, sono estremamente simili • Prove paleoclima%che: la distribuzione del clima non era come oggi: zone aIualmente tropicali avevano clima freddo. 11 12 2-­‐ Teoria dell’espansione dei fondali oceanici La teoria di Wegener fu fortemente contestata perché sosteneva che Teoria proposta da Hess nel 1962. le forze che causavano la deriva erano la forza centrifuga originata Secondo l’ipotesi dell’espansione dei dalla rotazione terrestre e l’aIrazione luni-­‐solare, forze insufficien7 fondali oceanici, vi sono zone del fondale per spiegare il fenomeno descriIo. in cui si forma nuova litosfera, e altre zone in cui la litosfera è inghioXta e distru'a. Hess Vediamo prima come sono faX i fondali oceanici… 14 Dorsali e fosse oceaniche I bacini oceanici sono aIraversa7 da lunghe catene montuose, le dorsali oceaniche, e sono solca7 da profondissime incisioni lunghe e streIe, solitamente vicine ai con7nen7, le fosse oceaniche. Dorsali e fosse oceaniche Le dorsali oceaniche presentano lungo il loro asse un solco centrale, la rih valley (30-­‐50Km). La rih valley è interroIa da numerose linee di fraIura, le faglie trasformi, che spostano orizzontalmente l’asse della dorsale e determinano un andamento sinuoso. Dorsale oceanica Lo spessore della crosta a livello delle dorsali è di circa 5-­‐7 Km!! Dorsali e fosse oceaniche I fondali degli oceani e i blocchi con7nentali sono separa7 da un dislivello di 2.000÷3.000 m, che cos7tuisce la scarpata con%nentale. 18 17 Le rocce dei fondali oceanici Dorsali e fosse oceaniche La crosta oceanica è cos7tuita da: Il flusso di calore è elevato lungo le dorsali, diminuisce allontanandosi da esse e raggiunge valori minimi in corrispondenza delle fosse. • uno strato di sedimen% (1) • uno strato di basalto (2) • uno strato di gabbro (3) Nei fondali oceanici: • lo spessore dei sedimen7 aumenta via via che ci si allontana dalla dorsale; • l’età della roccia è tanto maggiore quanto più questa si trova lontana dall’asse della dorsale; • le rocce non hanno mai età superiore ai 200 milioni di anni. 19 20 2-­‐ Teoria dell’espansione dei fondali oceanici 2-­‐ Teoria dell’espansione dei fondali oceanici Secondo l’ipotesi dell’espansione dei fondali oceanici, le dorsali sono grandi fraIure aIraverso le quali i matriali risalgono dal mantello. Ques7 fuoriescono e solidficano formando nuova crosta oceanica, che sospinge lateralmente quella vecchia. A livello delle fosse oceaniche invece la crosta si immerge e fonde a una certa profondità tornando a far parte del mantello (fenomeno della subduzione). I fondali oceanici si espandono perché lo spazio creatosi nella rih valley della dorsale è occupato da nuova crosta, con7nuamente prodoIa dal raffreddamento del magma che risale dal mantello. L’espansione dei fondali oceanici lungo le dorsali è compensata dalla scomparsa della litosfera che avviene nelle fosse oceaniche. Formazione e consumo della crosta 22 21 2-­‐ Teoria dell’espansione dei fondali oceanici 2-­‐ Teoria dell’espansione dei fondali oceanici La rih valley che percorre l’asse delle dorsali non è una struIura con7nua. La fenditura assiale è interroIa e dislocata da linee di fraIura, le faglie trasformi, che provocano a volte la formazione di alte e scoscese pare7 soIomarine. Le faglie trasformi rappresentano la conseguenza dell’espansione dei fondali oceanici, avvenuta in modo separato per ciascun troncone di dorsale. La presenza delle faglie trasformi indica che l’espansione dei fondali oceanici avviene per fasce separate. Faglie trasformi 2-­‐ Teoria dell’espansione dei fondali oceanici Confermata dal faIo che: • I fondali non abbiano più di 200 milioni di anni • Il diverso flusso termico che si registra a livello delle dorsali e a livello delle fosse • L’aumento dell’età delle rocce man mano che ci si allontana dalla dorsale • il paleomagne7smo dei fondali 26 25 Prove paleomagne7che dell’espansione dei fondali oceanici Lo studio delle rocce magma7che ha rivelato che negli ul7mi 4 milioni di anni si sono verifica7 oltre 20 episodi di inversione del campo magne7co terrestre. L’aumento dell’età delle rocce e dello spessore dei sedimen7 che si registrano con l’allontanamento dalla dorsale rappresentano un forte sostegno all’idea dell’espansione. 28 Il paleomagne7smo Il paleomagne7smo Il nostro pianeta genera un campo magne7co. In prossimità di una roccia basal7ca, il campo magne7co prodoIo dagli atomi di ferro si somma al campo magne7co terrestre, generando una variazione di intensità chiamata anomalia magne7ca. Il basalto, presente nei fondali oceanici, è una roccia magma7ca ricca di ferro. Durante il processo di raffreddamento delle rocce magma7che, al di soIo di una certa temperatura, gli atomi di ferro, che si comportano come aghi di bussola, si magne7zzano nella direzione del campo magne7co presente al momento del raffreddamento e rimangono stabilmente orienta7 secondo le linee di forza del campo magne7co. La registrazione di anomalie magne7che posi7ve e nega7ve ha permesso di stabilire che le rocce possono avere: Una volta che la roccia si è raffreddata, gli atomi di ferro non possono più cambiare orientamento. • magne7zzazione inversa, se è avvenuta con i poli nord e sud inver77 rispeIo alla magne7zzazione normale. • magne7zzazione normale, se la magne7zzazione è avvenuta in modo conforme al campo magne7co terrestre aIuale; 29 Interroga7vi rimas7 aper7 dalle teorie fino ad ora esposte: 30 3-­‐ La teoria della teIonica delle placche La teoria della teIonica delle placche cos7tuisce il punto di riferimento fondamentale per la comprensione dei fenomeni geologici. • Perché le zone sismiche e vulcaniche si concentrano lungo fasce sottili e allungate, come le catene montuose? Si basa su alcune considerazioni: • Quali sono le cause che scatenano eruzioni vulcaniche e scosse sismiche? • la litosfera, lo strato esterno rigido della Terra, non forma un involucro con7nuo, ma è suddivisa in un certo numero di blocchi rigidi, defini7 placche; • Perché la crosta continentale è così diversa da quella oceanica? • le placche litosferiche, possono spostarsi in senso orizzontale, muovenodosi sopra l’astenosfera. Questa si comporta come uno strato plas7co entro la quale vi sono mo7 conveXvi. Sono ques7 moviemn7 a creare la frantumazione della crosta in zolle: le corren7 ascenden7 e discenden7 creano tensioni nella rigida litosfera ceh si fraIura. 3-­‐ La teoria della teIonica delle placche 3-­‐ La teoria della teIonica delle placche I margini delle zolle corrispondono alle fasce soIoili dove si localizzano l’aXvità vulcanica e i sismi. I margini sono di tre 7pologie: • allontanarsi → margini divergen7 o costruXvi (rosso); • avvicinarsi → margini convergen7 o distruXvi (verde); • spostarsi lateralmente → margini conserva7vi o trasformi (azzurro). 33 3-­‐ La teoria della teIonica delle placche 1-­‐ Margini divergen7 margini convergen% margini divergen% 1 34 2 I margini divergen7 determinano la formazione degli oceani e la loro con7nua espansione. Il movimento di allontanamento delle placche porta alla creazione di nuova litosfera in corrispondenza delle dorsali oceaniche. margini conserva%vi 3 I margini delle placche 35 La formazione di un nuovo oceano Esempi: Rih Valley africana e Mar Rosso Rift Valley africana: la crosta è appena inarcata e si sta fratturando Mar Rosso: oceano in uno stadio giovanile. Il processo è iniziato 20 milioni di anni fa. La litosfera viene inarcata e si assottiglia fino a fratturarsi. Il materiale plastico che risale si fonde nella zona della frattura , generando magma fluido e femico. In parte solidifica in profondità generando gabbri, in parte risale formando le dorsali da cui esce magma basaltico, che solidifica e ostruisce la frattura. Successivamente i moti convettivi esercitano una trazione sui due blocchi di litosfera a lato della frattura. I blocchi si allontanano e la frattura si riapre con nuova produzione di magma. 37 2-­‐ Margini convergen7 e subduzione Due placche che si spostano l’una contro l’altra entrano in collisione lungo un margine convergente. Una litosfera scende in profondità (va in subduzione) e si forma una fossa dove si esercitano spinte e si generano aIri7, che producono terremo7. TuIa l’area è interessata da elevata sismicità. Gli ipocentri dei terremo7 sono dispos7 lungo un piano inclinato, deIo piano di Benioff, che rivela la posizione della placca in subduzione. 38 Margini convergen7 e subduzione Le fosse oceaniche sono la sede in cui avviene la subduzione. La litosfera in subduzione a una certa profondità inizia a fondere e il materiale fuso, meno denso, risale verso la superficie. A una certa distanza dalle fosse (100÷300 km) e parallelamente a esse si trovano allineamen7 di vulcani, spesso dispos7 ad arco e perciò deX archi vulcanici. 2A: tra due litosfere oceaniche 2-­‐ Margini convergen7 e subduzione Una delle due placche con litosfera oceanica (quella più rigida e fredda) va in subduzione soIo l’altra. La risalita di magma produce edifici vulcanici, che spesso dai fondali oceanici emergono in superficie, formando un arco vulcanico insulare (arcipelago di isole vulcaniche). La subduzione può avvenire: • 2A: tra due porzioni di litosfera oceanica (quella più rigida e fredda scorre soIo l’altra); Sistema arco-fossa • 2B: tra litosfera oceanica e una con7nentale (la placca oceanica va in subduzione). • 2C: tra due litosfere con7nentali (non vi è subduzione) 41 Esempi: Giappone e Filippine 42 2B: tra una litosfera oceanica e una con7nentale La placca con litosfera oceanica, più densa, si immerge soIo la placca con litosfera con%nentale, meno densa, e va in subduzione. Lungo il bordo del con7nente si formano archi vulcanici. Sistema arco-fossa Margini convergen7 e orogenesi Margini convergen7 e orogenesi La convergenza di due margini di placca, dei quali almeno uno cos7tuito da litosfera con7nentale, determina il fenomeno dell’orogenesi. La convergenza tra le due placche porta alla subduzione della placca di destra, il cui margine è oceanico. Sul margine della placca di sinistra si forma un arco di rilievi vulcanici. 45 Margini convergen7 e orogenesi Il bacino oceanico si riduce progressivamente. Le spinte compressive portano alla frammentazione e all’accavallamento della litosfera. I sedimen7 oceanici cominciano a subire deformazioni. 46 Margini convergen7 e orogenesi L’oceano è completamente chiuso e la collisione avviene tra i margini con7nentali. Il materiale di provenienza oceanica è sollevato, deformato e metamorfosato. 2C: tra due porzioni di litosfera con7nentale Margini convergen7 e orogenesi Nessuna delle due litosfere va in subduzione perché entrambe poco dense. Le spinte compressive si esauriscono. L’intera regione si solleva per ristabilire l’equilibrio isosta7co turbato dall’ispessimento e dallo sprofondamento della crosta. La collisione tra i margini convergen7 ha prodoIo una catena montuosa. I sedimen7 accumula7 in precedenza si piegano, si fraIurano, scorrono gli uni sugli altri accavallandosi fino a costruire una catena montuosa. / Alpi 49 3-­‐ Margini conserva7vi (trascorren7) 50 Le placche e la distribuzione dei vulcani I margini trascorren7 sono caraIerizza7 dalla frizione tra le masse rocciose delle placche adiacen7, che scorrono l’una contro l’altra in senso orizzontale, ma opposto. Lungo le faglie trasformi si verificano fenomeni sismici ma non Zolla del Nord-America Zolla del pacifico fenomeni vulcanici. Es: faglie trasformi delle dorsali oceaniche 52 Il motore delle placche Il motore delle placche I moti convettivi nel mantello, sostenuti dal flusso di calore interno, provocano il movimento delle placche litosferiche sovrastanti. Uno dei punti di forza della teoria della tettonica delle placche è l’individuazione del motore responsabile del movimento delle placche. Nel mantello esistono lenti movimenti assimilabili ai moti convettivi. I materiali del mantello più caldi si dilatano, salgono e sono sostituiti dai materiali più freddi. All’interno di una cella convettiva, i rami ascendenti dei moti convettivi generano le dorsali oceaniche, mentre le fosse oceaniche segnano la posizione dei rami discendenti. Il flusso di calore che si libera dall’interno del pianeta verso lo spazio mette in moto i cicli convettivi nel mantello, che a loro volta trascinano le rigide placche litosferiche. 53 Punti caldi (Hot Spot) 54 Punti caldi (Hot Spot) Quasi tutti i punti caldi sono zone di vasto sollevamento della crosta; la loro origine va ricercata sotto le placche, nel mantello, dove si trovano i pennacchi. Sono chiamati punti caldi (hot spot) i centri vulcanici isolati, posti all’interno di una placca. La loro posizione è indipendente dai margini di placca. I punti caldi sono caratterizzati da un elevato flusso termico e da una intensa attività. I pennacchi sono correnti cilindriche ascensionali di materiale incandescente del mantello. Se i punti caldi rimangono sempre attivi e immobili nei tempi geologici, il passaggio di una placca litosferica sopra un punto caldo lascia come traccia una serie di coni vulcanici allineati in ordine di età decrescente. Solo i più recenti sono attivi, gli arti si sono raffreddati e spenti. Punti caldi Il futuro del pianeta In una placca oceanica, in corrispondenza di un punto caldo si hanno grandi vulcani sottomarini, che a volte arrivano a formare isole. I vulcani si spostano insieme alla placca litosferica di cui fanno parte, allontanandosi dal punto caldo. La litosfera si raffredda lontano dal punto caldo, le isole diventano vulcani spenti e, successivamente, montagne sottomarine dalla cima piatta (guyot). 57 Il futuro del pianeta L’area mediterranea come potrebbe essere tra 2 (A) e 5 (B) milioni di anni. 58