Apparato per la misura dell’effetto Hall in un semiconduttore drogato P a varie temperature Introduzione L'effetto Hall è importante nello studio delle caratteristche dei materiali perchè permette di misurare direttamente la concentrazione dei portatori di carica liberi ed il segno della loro carica sia nei metalli che nei semiconduttori. E’ altresì tecnologicamente importante perchè sta alla base del funzionamento dei moderni sensori per misure di campo magnetico. L’effetto Hall è essenzialmente una manifestazione della forza di Lorentz F che agisce su ogni carica elettrica q che si muova con v in un campo magnetico B. ! velocità ! ! F = qv ! B 1 Consideriamo un tratto di conduttore di forma parallelepipeda (figura 1) immerso in un campo magnetico B uniforme diretto secondo l’asse z, percorso da una corrente elettrica di intensità Ix secondo x. Nei metalli la corrente elettrica è trasportata solo da elettroni. Nei semiconduttori invece i portatori di carica elettrica possono essere sia elettroni che lacune. In un semiconduttore puro la densità di elettroni n e di lacune p è la stessa, nei semiconduttori drogati invece si ha n>>p (in materiale di tipo N) oppure p>>n (in materiale di tipo P). Nel caso di metalli o semiconduttori drogati quindi è importante solo un tipo di portatori di carica (per elettroni q=-e , e per lacune q=+e). Figura 1: Geometria dell’effetto Hall: la forza di Lorentz FL sulle cariche in moto (sia di segno positivo che negativo) si sviluppa nella direzione indicata Gli elettroni acquistano una velocità di deriva vd = µ Ex sotto l’effetto del campo elettrico Ex (e nel verso contrario ad esso). La forza di Lorentz FL = q vd B, agisce sugli elettroni nel verso delle y negative e quindi essi tendono ad accumularsi sulla faccia del campione perpendicolare all’asse y e posta verso chi guarda la figura 1. Questo accumulo di cariche porta alla formazione di una differenza di potenziale VH fra le due facce del campione perpendicolari all’asse y, e quindi di un campo elettrico EH (campo di Hall) tale che la forza elettrica qEH sia uguale ed opposta alla forza di Lorentz: EH = vd B. Conviene perciò definire il coefficiente di Hall come RH = EH/(JxB). Ricordando che Jx = -envd (oppure Jx = +epvd)si ha : RH = vdB/(Jx B) = -1/(en) [oppure = +1/(ep)] [1] a seconda che si tratti di lacune o di elettroni. 2 In conclusione la misura di RH ci dà direttamente la concentrazione n dei portatori liberi ! ! ! ed il loro segno (se si è in grado di stabilire la direzione dei vettori B, J, E H . Nel ricavare la formula (1) si è assunto che le velocità di tutti i portatori siano identiche. Se si tiene conto che in realtà c’è una distribuzione statistica delle velocità e dei tempi medi di collisione si arriva ad una espressione che differisce dalla (1) per un fattore numerico r che può assumere valori da 3π/8 ≈ 1.18 a ≈ 2 : RH = r /(n q) Il coefficiente di Hall dei semiconduttori è di molti ordini di grandezza maggiore di quello dei metalli, dato il numero molto minore dei portatori di carica liberi. Per questo motivo l'esperimento con i semiconduttori è più facile: richiede correnti di polarizzazione dei campioni solo dell'ordine dei mA e dà tensioni di Hall già dell'ordine dei mV misurabili direttamente senza la necessità di grande amplificazione. Per ottenere RH occorre misurare VH, Ix , B e lo spessore t del campione dato che : RH = EH/(BJx) = (VH/s)/(BIx/ts) = VH t/(B Ix) [2] E’ importante notare che il verso della forza di Lorentz Lorentz non dipende dal segno del portatore e agisce quindi nello stesso verso sia per portatori negativi che per portatori positivi. L'espressione generale di RH, valida nel caso generale (cfr. Appendice) in cui si abbiano sia elettroni che lacune con concentrazioni rispettivamente n e p e mobilità µe e µh è: pµ 2h ! nµ 2e [3] RH = r e( pµ h + nµ e )2 che si riduce alla [1] non appena p>>n o n>>p. Per un semiconduttore abbastanza drogato µH coincide, a meno del fattore numerico r, con la mobilità di deriva dei portatori maggioritari µ H = R H σ ≈ r (e p µh) = r µh pe Poiché aumentando la temperatura si creano molti portatori intrinseci, cioè coppie elettrone-lacuna, un campione drogato P, che a temperatura ambiente dà un RH positivo, a temperature più alte dà un RH decrescente che può diventare zero e cambiare di segno, dal momento che il rapporto tra le mobilità b=µe /µh è maggiore di 1 (vale circa 1.5). Ciò non avviene con un campione drogato N. Dalle misure di RH e della resistenza in funzione di T si possono ottenere stime di molti parametri. Dai valori di R si passa facilmente alla conducibilità elettrica: σ = l/(RS), dove l è la lunghezza ed S la sezione del campione, ed al coefficiente di Hall Il prodotto RHσ, noto come mobilità di Hall, coincide col valore µh = 0.19 m2V-1s-1 della mobilità di deriva delle lacune a temperatura ambiente moltiplicato per r ≈ 1.2. 3 Dalla relazione [3] si vede che quando RH =0 (“punto di inversione”, che avviene in zona intrinseca) si ha nb2=p, ove p=Na+N e n=N, indicando con N la densità di coppie in zona intrinseca. La conducibilità al punto di inversione vale σo = e(nµe+pµh ) = e(Nµe+[Na+N]µh)= e[N(µe+µh)+ Naµh] = eµh [N(b+1)+ Na]. Se invece si estrapola la conducibilità dalla regione estrinseca (ove la densità di portatori è costante N= Na) si ottiene il valore σe = e pµh = eNa µh. Per estrapolare la conducibilità (o il suo reciproco, resistività ρ) si può assumere una legge di potenza per la mobilità del tipo µ(T)= cost Tα, con esponente α negativo, da determinarsi sperimentalmente. Il valore della conducibilità σe estrapolato dalla zona estrinseca, una volta stimata µh, fornisce una stima di Na = σe/eµh . Inoltre si ha Na/N= b2-1. Con qualche rielaborazione si ottiene per il rapporto σo/σe=ρe/ρo = b/(b-1) , relazione che consente di ricavare dai dati sperimentali il valore di b=Re/(Re-Ro). Dal valore di b si ottiene poi una stima della densità N di portatori intrinseci al punto di inversione (zona intrinseca) N = Na /(b2-1). Campioni e disposizione dei contatti Conviene operare con campioni di Ge (in forma di lamina parallelepipeda) perchè sul Ge si possono saldare a stagno i contatti necessari. Il campione di semiconduttore è posto entro una scatola di rame (cella di misura = ambiente isotermo) che può essere inserita fra le espansioni polari di un magnete. Sul campione sono saldati 7 fili nella configurazione mostrata in figura 2. I contatti 1 e 2 (le cui tensioni sono misurabili alle boccole indicate con TP1 e TP2) servono per misurare la d.d.p. V=RI ai capi del campione (tecnica di misura a quattro fili) in modo da poter ottenere la resistenza elettrica R. (è necessario usare un amplificatore con ingresso differenziale la cui uscita è riferita a massa e può quindi essere letta da qualsiasi interfaccia). 4 Figura 2: Schema a blocchi I contatti 3 e 4 (TP3 e TP4) servono a far passare la corrente prodotta dal circuito generatore di corrente costante descritto in figura 3. Figura 3: Schema del generatore di corrente costante e degli amplificatori differenziali Il contatto 7 (TP5) è il punto di riferimento per la misura della d.d.p. di Hall ed i punti 5 e 6 sul lato opposto vanno ad un potenziometro P il cui cursore centrale (TP6) viene usato per ottenere il bilanciamento della d.d.p. di Hall in assenza di campo magnetico. Per minimizzare gli offset degli amplificatori OP07 si cortocircuitano gli ingressi e si minimizzano le tensioni in uscita (VR VH) mediante i trimmer R28 e R38. Quindi, posto 5 il campione lontano dal campo magnetico, si minimizza l’uscita del canale VH aggiustando il potenziometro “Balance” (Figura 3). Inserendo il campione nel campo magnetico si può valutare (ed eventualmente cambiare) il valore del guadagno di entrambi i canali di amplificazione, confrontando la tensione VH con la d.d.p. tra TP5 e TP6. Figura 4: Frontale della scatola di controllo Il guadagno dei due canali (VR e VH) può essere variato agendo sia sulla resistenza che controlla il guadagno del differenziale (INA114: G=1+50k/RG) e che può essere dimezzata mediante i commutatori (jumpers) J1 e J3, sia agendo sui potenziometri R22 e R32, che controllano il guadagno del secondo stadio non invertente (OP07). Il guadagno complessivo di ciascun canale può variare tra 4 e 135. L’accesso ai vari potenziometri è consentito da fori nella lastra in plexiglass sul coperchio della scatola di controllo (figura 5). Figura 5: La scheda del circuito di controllo: l’accesso ai potenziometri è consentito da fori nella protezione in plexiglass La corrente è misurabile come caduta di tensione ai capi della resistenza Ri da 100 ohm: Vi = I Ri. Questa è la tensione ad una estremità del campione, misurabile al test point TP3. L’altra estremità si porta alla tensione Vo = -I Rx= -(Rx/Ri)Vi (misurabile al test point TP4): essa deve restare (in modulo) minore della tensione di alimentazione (15V), altrimenti l’operazionale AD841 satura e smette di regolare la corrente. 6 Il valore ottimale della corrente di polarizzazione è un compromesso tra la necessità di generare segnali (VR e VH sono proporzionali a I) non troppo piccoli, e quella di non eccedere nella dissipazione sul campione per effetto Joule (proporzionale a I2). La necessità di usare una configurazione a 4 contatti per una corretta misura della resistenza del campione può essere evidenziata misurando la caduta di potenziale tra i contatti 3 e 4 (TP3 e TP4) (come si farebbe con un normale ohmetro che opera con soli due contatti) e tra i contatti 1 e 2 (TP1 e TP2) (come si fa in questo apparato): si noterà che il secondo valore è notevolmente inferiore al primo (nel quale la caduta di tensione attraverso i contatti non è trascurabile, dato che i contatti 3 e 4 sono percorsi dalla corrente di polarizzazione).Dato che la differenza di potenziale tra i contatti 1 e 2 è misurata da un voltmetro ad alta impedenza (INA114) , la corrente attraverso i contatti è trascurabile e di conseguenza anche la caduta di tensione attraverso di essi). Misure di VH e di resistenza In presenza di campo, ruotando il campione di 180 gradi (che equivale a invertire la direzione di B) si deve trovare per VH un valore uguale in modulo ma di segno opposto. Il valore del campo magnetico prodotto da due magneti permanenti montati su supporto a “C” può essere variato cambiando la lunghezza del traferro (uno dei dischi magnetizzati è su supporto scorrevole), e misurato mediante gaussmetro in funzione della lunghezza del traferro (figura 6). Figura 6: Il dispositivo a vite per variare la lunghezza del traferro In mancanza di un gaussmetro si può usare la curva di calibrazione data in figura 6, insieme al polinomio interpolante. Si può verificare che la tensione di Hall VH è proporzionale a I e a B (figura 4), e calcolare il coefficiente di Hall RH = VH t/ (I B) (t è lo spessore del campione) e da questo la concentrazione dei portatori liberi. 7 Utilizzando l’interfaccia LabPro con software LoggerPro, si possono registrare coppie di valori in modalità semi-automatica (“Events with entry Mode”): fissata la corrente I nel campione, si può variare la distanza tra i magneti agendo sulla vite (e si legge il valore di B con il gaussmetro) l’interfaccia acquisisce il valore di VH e chiede di digitare il valore letto di B. Invece a valore fisso di B si può acquisire normalmente in funzione del tempo la coppia di valori I e VH, mentre si agisce sul potenziometro R29 (prelevando con una sonda la tensione Vi alla boccola TP3 e registrandone il valore diviso per 100 su una colonna calcolata e con una seconda sonda la tensione VH e registrandone il valore diviso per il guadagno in una seconda colonna calcolata) . Piccole deviazioni dalla linearità che si possono osservare per i valori più elevati della corrente di polarizzazione possono essere dovute all'autoriscaldamento del campione ed al fatto che RH diminuisce rapidamente al crescere della temperatura. Deviazioni dalla linearità a valori di campo magnetico elevato sono invece spiegabili derivando una approssimazione al secondo ordine di RH (Appendice 1) . Figura 7: Tensione di Hall in funzione di I (B=4.5 kGauss), e di B (I=3 mA). L'acquisizione dati, a corrente e campo magnetico costanti, al variare della temperatura può essere fatta usando un canale per leggere la d.d.p. ai capi del campione, un secondo per leggere la d.d.p. di Hall ed il terzo per leggere la tensione della termocoppia, La temperatura della cella di misura deve essere variata lentamente nel tempo in modo da poter registrare i valori di VH e di V=RI in condizioni di quasi equilibrio. Inizialmente la si raffredda immergendo in un dewar di azoto liquido il gambo di alluminio avvitato sotto la cella di misura. Raggiunta la temperatura di circa -120 oC si toglie l'azoto liquido residuo e si eseguono misure campionate mentre la temperatura cresce. Quando la temperatura del campione si avvicina alla temperatura ambiente si comincia a scaldare facendo passare corrente nella resistenza elettrica avvolta attorno alla base in alluminio della cella di misura. 8 La corrente di riscaldamento va fatta crescere lentamente, fino ad un massimo di circa 200 gradi centigradi, mediante il circuito di controllo (figura 8). Tutta l’escursione termica richiede un tempo dell'ordine di un’ora. E’ opportuno iniziare a scaldare ad erogando una piccola corrente al riscaldatore (potenziometro di controllo ruotato tutto in senso antiorario), per evitare che l’accensione del riscaldatore possa disturbare l’amplificatore contenuto nel sensore a termocoppia: un LED rosso, posto sulla scatola fissata al giogo che porta i magneti, in tal caso si accende, e si deve spegnere il riscaldatore e riaccenderlo con piccola corrente. Il LED si accende anche in caso si interrompa la giunzione di termocoppia. Figura 8: Regolatore di corrente del riscaldatore La temperatura si misura mediante una termocoppia Fe-Costantana (tipo J, standard americano) amplificata mediante l'integrato AD594. Questo è un amplificatore dotato anche di circuito di compensazione delle variazioni di temperatura ambiente (in sostituzione della giunzione fredda in ghiaccio fondente) che dà in uscita una tensione all'incirca proporzionale alla temperatura centigrada con costante di proporzionalità di ≈10 mV/oC La curva di risposta di AD594 è presentata in figura 9 insieme al polinomio di 5 grado che meglio la interpola. Figura 9: taratura AD594 con polinomio del V ordine 9 Risultati tipici Il campione utilizzato ha uno spessore t= 0.5 mm , larghezza w= 10mm e lunghezza l= 15mm. Un esempio dell'andamento della d.d.p. di Hall e della resistenza, in un campione polarizzato con corrente di 3 mA ed immerso in un campo di 0.42T, è riportato in figura 10. (La resistenza è calcolata tenendo conto che il guadagno del canale VR è stato settato al valore Gr=20). Figura 10: VH e R in funzione della temperatura In figura 11 è riportato l’andamento del parametro RH in funzione di T, ricavato dai dati di figura 10. Figura 11: RH in funzione della temperatura Il logaritmo della resistenza in funzione di 1/2kT (ove k=8.617x10-5 eV/K è la costante di Boltzmann) è riportato in figura 12. Dalla pendenza di questo grafico nella zona intrinseca si ricava il valore dell'ampiezza della banda proibita (energy gap) estrapolato linearmente a T=0 K, da confrontare con il valore noto per il Ge (Ego = 0.78 eV, cfr. Appendice 2). 10 Figura 12: log(R) vs. 1/2kT Appendice 1: RH nel caso di cristalli poco drogati e campi magnetici elevati L’equazione del moto dei portatori di carica (F=ma) si può scrivere: " dv v % ! ! m$ + ' = qE + qv ( B # dt ! & ove la carica q vale ±e per lacune o elettroni e si tiene conto del tempo medio tra due collisioni (τ) e della forza di Lorentz. In condizioni stazionarie l’accelerazione è nulla e di conseguenza per le componenti di velocità lungo l’asse x (direzione della corrente Ix e campo di spazzolamento Ex) si ha rispettivamente per elettroni e lacune (B è diretto lungo l’asse z): e" e" ! ! v e x = ! Ex ! v # B = !µ e Ex ! µ ev e yB m m v hx = µ h Ex + µ hv h x B (A1) dove µ=eτ/m è la mobilità (con indice e per elettroni e h per lacune), e per le componenti lungo l’asse y si hanno analoghe relazioni: ve y = !µ e Ey ! µ eve x B (A2) vh y = µ h E y + µ h vh x B La densità di corrente lungo x (Jx = e vhxp –evexn ) può quindi essere scritta: ( ) J x ! e( pµ h + nµ e ) Ex + e pµ hv hy " nµ e vey B ! ( ) ! e( pµ h + nµ e )E x + e pµ 2h " nµ 2e BE y (A3) dove abbiamo approssimato le velocità nella direzione y solo come vy≈ µyEy , trascurando qui cioè la componente dovuta alla forza di Lorentz. Tenendo conto che Ey<<Ex, per piccoli valori del campo magnetico B la (A3) è approssimabile come: J x ! e( pµ h + nµ e ) E x (A4) 11 In condizioni di densità di corrente trascurabile lungo y (impedenza elevata dello strumento che legge la tensione di Hall Vy) vale la relazione : J y = epvh y ! enve y = 0 che, introducendo le definizioni delle velocità vhx e vex , diventa: J y = ep µ h E y + µ h vh x B ! en(!µ e Ey ! µ ev e x B) = 0 ( ( ) ) e( pµh + nµe )E y + e pµ h vh x + nµ ev ex B = 0 Qui, esplicitando Ey si ottiene: Ey = B ( pµ v h hx + nµ ev e x ( pµ h + nµ e ) ) (A5) Questa relazione si semplifica, nell’ipotesi che si possano ancora approssimare le velocità solo come vx≈ µxEx (cioè trascurando la correzione di Lorentz per piccoli valori del campo magnetico B) in: Ey ( pµ !B 2 h " nµ 2e ) ( pµ h + nµ e ) (A6) Ex e il coefficiente di Hall RH risulta allora essere: Ey pµ 2h ! nµ 2e RH = ! " J x Bz e ( pµ h + nµ e ) 2 (A7) L’espressione (A7) vale solo per piccoli valori di B. Altrimenti si deve tener conto di termini del secondo ordine, ad esempio introducendo la dipendenza da B della densità di corrente lungo x, utilizzando nella (A7) la definizione (A3) per Jx invece che la (A4). In tal caso il coefficiente di Hall, diventa dipendente dal valore di B , e tende a saturare a valori elevati : 2& # # 2 2 & 2 2 pµ " nµ E y % pµh " nµe % ( h e ( RH (B) = ! %B E x ( / Be %( pµ h + nµe ) + B 2 ( Ex = BJ x %$ ( pµ h + nµ e ) (' pµh + nµe ) ( ( % $ ' ( = ( pµ e ( pµ h + nµ e ) 2 2 h ) " nµ2e ) ( 2& # pµ 2h " nµ2e ( % 2 %1+ B 2( % ( pµ + nµ ( ) h e $ ' ( ) = ) RH (B = 0) 1 + kB 2 12 Appendice 2: Andamento di Eg con la temperatura L’ampiezza della banda proibita dipende dalla temperatura, e per il germanio i dati sperimentali in letteratura sono bene interpolati dalla seguente funzione: Eg (T)= 0.742- 4.8·10-4·T2/(T+235) (eV) Questa funzione può essere approssimata, nella regione di alte temperature, da una relazione lineare del tipo Eg (T)= A+BT, ove la costante A è il valore di Eg estrapolato linearmente a T=0: Eg0 = A = 0.78 eV Dato che nella zona intrinseca (alte temperature) in un semiconduttore drogato la resistenza dipende dalla temperatura come exp{+Eg/(2kT)}, il grafico di ln(R) vs. 1/2kT è una retta di pendenza Eg0 Cenni storici Edwin Herbert Hall scoprì quello che poi venne chiamato “effetto Hall” nel 1879 mentre lavorava alla sua tesi di dottorato in fisica. Il dottor Hall cercava di capire se la resistenza elettrica di una bobina fosse influenzata dalla presenza di un magnete. Dopo mille tentativi e fallimenti alla fine scoprì che il campo magnetico modifica le linee equipotenziali in un conduttore che trasporta corrente. Questo effetto corrisponde alla tensione (VH) perpendicolare alla direzione della corrente elettrica nel conduttore. I sensori di campo magnetico ad effetto Hall L’effetto Hall rimase una curiosità di laboratorio fino a metà del secolo scorso, dato il piccolo valore di RH per i materiali fino ad allora conosciuti. Con l’avvento della 13 tecnologia dei semiconduttori (in particolare dei composti III-V) divenne facile misurare tensioni di Hall con valori molti ordini di grandezza superiori rispetto ai valori ottenibili con i metalli, e comparvero così i primi sensori magnetici ad effetto Hall. I materiali più usati a questo scopo sono stati antimoniuro di indio (InSb), arseniuro di indio (InAs) e arseniuro di gallio (GaAs). I sensori GaAs hanno grande sensibilità ma anche elevato rumore. I sensori InSb hanno grande sensibilità, basso rumore ma coefficiente termico dell’ordine 1%/°C. I sensori InAs hanno sensibilità inferiore ma piccolo coefficiente termico e basso rumore. Per questo motivo la maggior parte dei moderni sensori Hall sono fatti di InAs. Precauzioni L’uso di campi magnetici elevati, come quelli prodotti dai potenti magneti permanenti in dotazione richiede qualche precauzione. Si deve evitare di avvicinare troppo ai magneti qualsiasi oggetto magnetizzabile (orologi, cellulari, cacciaviti…), pena la magnetizzazione permanente dell’oggetto in questione. Evitare di svitare completamente la ghiera di regolazione del traferro: quando i due magneti permanenti vengono a contatto risulta difficile staccarli, data la grande forza con cui essi si attraggono. Riferimenti bibliografici C.L.Chin e C.R.Westgate, The Hall Effect and Its Applications, Plenum Press, NY, 1979 http://www.ioffe.rssi.ru/SVA/NSM/Semicond/Ge/reference.html A. C Melissinos , J. Napolitano, Experiments in Modern Physics, Academic Press, 2003 14