Dispense CHIMICA GENERALE E ORGANICA (STAL) 2010/11 Prof. P. Carloni GLI STATI DELLA MATERIA Le proprietà della materia nei suoi tre stati di aggregazione sono essenzialmente determinate dal tipo e dall’entità delle forze di interazione fra le particelle. Lo stato solido è caratterizzato da una distribuzione ordinata delle particelle, essendo le forze interparticellari molto forti tanto che le particelle hanno soltanto la possibilità di oscillare intorno a posizioni ben definite. Tale oscillazione può essere esaltata per azione della temperatura. I solidi quindi possiedono forma e volume propri e sono considerati incomprimibili. Nello stato liquido le forze intermolecolari sono abbastanza forti ma non a tal punto da impedire il movimento delle particelle. I liquidi sono quindi facilmente deformabili ma anch’essi incomprimibili poiché il loro volume può essere solo minimamente variato con la pressione e la temperatura. Nello stato gassoso le forze intermolecolari sono praticamente trascurabili e le particelle sono disposte in modo del tutto disordinato. I gas non hanno quindi né volume né forma propria. I liquidi ed i gas per la loro capacità di variare la loro forma vengono detti fluidi. FORZE INTERMOLECOLARI Le forze intermolecolari che si possono instaurare tra le molecole sono legami di tipo debole (2-10 kcal/mole) e sono dovute ad interazioni di natura elettrostatica che si formano tra particelle, che possono essere di diverso tipo, che portano cariche elettriche parziali. Tali forze possono prendere il nome di interazioni: - ione - dipolo - dipolo - dipolo - dipolo - dipolo indotto - dipolo temporaneo - dipolo temporaneo Le forze dei primi tre tipi sono dette forze di Van der Waals, mentre quelle dell’ultimo tipo vengono dette interazioni di London. Esse, come abbiamo già detto, sono responsabili dell’esistenza della materia nelle fasi Cap9-1 Dispense CHIMICA GENERALE E ORGANICA (STAL) 2010/11 Prof. P. Carloni condensate e dellla miscibilità relativa delle varie sostanze e per capire in che cosa consistono è indispensabile definire i tipi di particelle tra cui si instaurano: il dipolo, il dipolo indotto ed il dipolo temporaneo. Il dipolo è una molecola polarizzata a causa della diversa elettronegatività degli atomi che si legano per formarla. I legami covalenti che si formano sono dunque polarizzati e possono determinare una polarizzazione dell'intera molecola. Il dipolo indotto è una molecola apolare che viene polarizzata a causa della vicinanza di molecole dipolari. Il dipolo temporaneo invece può essere presente anche in un sistema completamente apolare. Esso si forma a causa della diversa posizione nel tempo degli elettroni negli orbitali. Tali "dipoli" possono quindi interagire tra di loro in quanto ogni carica elettrica, anche parziale, genera un campo elettrico, nel quale si orientano gli altri eventuali dipoli presenti. Questo fa si che si abbia una interazione fra cariche elettriche parziali di segno opposto che è alla base delle interazioni di tipo debole. L'entità di tali forze diminuisce progressivamente passando dalle interazioni dipolo - dipolo alle interazioni dipolo temporaneo - dipolo temporaneo. Legame idrogeno. Un tipo particolare di interazione dipolo - dipolo è il legame idrogeno. Essa si instaura quando il dipolo è una molecola all’interno della quale si trova un atomo di idrogeno legato ad un atomo fortemente elettronegativo. In questo caso si genera un dipolo la cui carica parziale positiva è condensata su un atomo molto piccolo (l’atomo di idrogeno) e che proprio per questo interagisce con gli altri dipoli ad esso adiacenti con una forza particolarmente intensa. Nonostante la bassa energia del legame idrogeno, esso è di grande importanza in quanto influenza profondamente le proprietà fisiche e chimiche delle sostanze nelle quali si instaura. Ad esempio, nell'acqua, la presenza di legami idrogeno tra le molecole fa si che tale sostanza abbia una densità minore allo stato solido che allo stato liquido, cosa che non avviene di solito nelle altre sostanze. I GAS Il fatto che un gas si espanda fino a occupare l'intero volume a sua disposizione ci indica che le deboli forze attrattive tra le sue molecole sono insufficienti per tenerle attaccate l'una all'altra come succede per i liquidi e i solidi molecolari; le molecole, dotate di energia cinetica tanto più elevata quanto più alta è la temperatura, sono libere di muoversi e lo fanno in modo caotico e disordinato, con un movimento a zigzag, urtandosi e cambiando Cap9-2 Dispense CHIMICA GENERALE E ORGANICA (STAL) 2010/11 Prof. P. Carloni direzione e verso in ogni istante: il gran numero di molecole presenti nel volume di gas fa si che quelle deviate in una certa direzione in un certo istante siano statisticamente sostituite in quella direzione da un numero di molecole praticamente uguale e ciò assicura che a una data temperatura si abbia, in qualunque elemento di volume ed in ogni istante, lo stesso numero di molecole. Tale proprietà trova riscontro nel principio di Pascal, che assicura che in un fluido la pressione è la stessa in ogni suo punto. La pressione, in qualunque zona della massa gassosa e sulle pareti del recipiente che la contiene, è dovuta alla forza esercitata dalle molecole che urtano sull'unità di superficie nell'unità di tempo. È di tutta evidenza che si può far aumentare il numero di urti sull'unità di superficie nell'unità di tempo, e quindi la pressione, o aumentando la quantità di gas contenuto in un dato volume, oppure diminuendo il volume a disposizione di una certa quantità di gas: in entrambi i casi aumenta il rapporto tra la massa di gas e il volume occupato e quindi la concentrazione del gas. L'energia cinetica, e quindi la velocità media delle molecole di gas, aumentano con la temperatura: un aumento di temperatura provoca un aumento di pressione per due motivi: le molecole, viaggiando con velocità maggiore, urtano sulla superficie un numero maggiore di volte nell'unità di tempo; ciascun urto è più efficace, perché provoca un impulso maggiore e, quindi, una più elevata variazione della quantità di moto e dunque di pressione. Da quanto fin qui riportato risulta evidente che un gas, o meglio il suo stato termodinamico, deve essere caratterizzato dai quattro parametri massa, volume, temperatura e pressione; non ha senso, infatti, indicare un certo volume di un gas senza specificare le condizioni di temperatura e di pressione: in quel volume può essere contenuta una massa di gas piccolissima (se la pressione è bassa e la temperatura alta) o abbastanza consistente (se la pressione è alta e la temperatura bassa). A rigore, anche per un liquido o un solido si richiede che siano specificati i quattro parametri termodinamici; tuttavia, a causa dei modesti valori dei loro coefficienti di espansione e moduli di compressione, che li rendono poco dilatabili e praticamente incomprimibili, le condizioni di temperatura e di pressione a cui si considera un certo volume di un solido o di un liquido solitamente non vengono espresse: la quantità di acqua contenuta in un recipiente di un litro (1000 g) varia pochissimo con la temperatura e ancora meno con la pressione. I quattro parametri termodinamici, per rappresentare lo stato dei gas, sono stati correlati tra loro in una funzione, detta equazione di stato. Tale equazione di stato dei gas perfetti è universale, vale a dire, i risultati a cui conduce non dipendono dalla natura del gas, bensì dai soli parametri fisici massa, temperatura, pressione e volume. Questa legge, per poter essere applicata a un gas reale, deve essere corretta introducendo parametri tipici del particolare gas che, perciò, fanno perdere ad essa il carattere di universalità. Un gas é detto reale quando non sono trascurabili il “volume proprio" delle molecole rispetto al volume del recipiente che lo contiene e l'energia potenziale, dovuta alle azioni reciproche tra le molecole, rispetto all'energia cinetica. Nelle stesse condizioni, gas reali diversi, a causa dei diversi valori di queste due grandezze, hanno comportamento diverso. Si considerino due gas in recipienti di uguale volume alla stessa temperatura; si supponga Cap9-3 Dispense CHIMICA GENERALE E ORGANICA (STAL) 2010/11 Prof. P. Carloni che il volume proprio del primo sia maggiore di quello del secondo: lo spazio a disposizione per il movimento delle molecole (dato dal volume del recipiente diminuito del volume proprio del gas) è più piccolo per il primo e più grande per il secondo. La diversa intensità con cui le molecole di due gas reali si attraggono si ripercuote sulla loro pressione: infatti l'attrazione provoca un «rallentamento» delle molecole che, di conseguenza, urtano un numero minore di volte nell 'unità di tempo con minor efficacia, e tale rallentamento aumenta con l'intensità della forza di attrazione. Per eliminare le differenze di comportamento dei gas e renderne universali le leggi bisogna rimuovere, o meglio rendere trascurabili, il volume proprio del gas rispetto a quello del recipiente e la sua energia potenziale rispetto all'energia cinetica. Un gas perfetto è quello per il quale si realizzano queste condizioni insieme a una terza, che prevede che gli urti tra le molecole siano considerati elastici, o meglio, che l'energia cinetica prima e dopo ogni urto sia praticamente costante e, quindi, l'energia dissipata per la deformazione di una o entrambe le molecole che si urtano sia trascurabile: è di tutta evidenza che l'energia di un gas perfetto è solo cinetica. Tenendo conto che le forze tra le molecole, di natura elettrostatica, sono molto deboli e si risentono solo se le molecole sono sufficientemente vicine (forze a corto raggio), per renderle trascurabili bisogna aumentare la loro distanza media realizzando un sistema gassoso a bassa concentrazione nel quale è anche trascurabile il volume proprio del gas rispetto a quello del recipiente: un gas a bassa concentrazione è anche a bassa pressione. Considerando che l'energia cinetica aumenta con la temperatura, l'energia potenziale diventa tanto più trascurabile quanto più alta è la temperatura. In definitiva , per essere perfetto un gas deve essere a bassa pressione e alta temperatura, e il suo grado di perfezione è tanto più alto quanto più bassa è la pressione e più alta è la temperatura. È opportuno aggiungere qualche considerazione sul significato di «elevata temperatura». Essa deve essere intesa in relazione al gas che si vuole rendere perfetto: se esso è il vapore ottenuto da un liquido, o da un solido che è stato sublimato (o prima fuso e poi portato all'ebollizione), la temperatura deve essere più alta di quella di ebollizione; viceversa, se si considera un gas che, come l'azoto e l'ossigeno, diventa liquido alla temperatura di circa -180 °C, temperatura alta può essere considerata anche -100 °C. Quindi se il perfetto è un gas realmente esistente portato a bassa pressione e alta temperatura, quello ideale è un modello teorico che deve soddisfare le seguenti condizioni: le molecole devono essere dotate di massa, ma prive di volume; essere, cioè, dei punti materiali; le forze attrattive tra molecole (e, quindi, l'energia potenziale) devono essere nulle a qualunque distanza; gli urti tra le molecole devono essere perfettamente elastici. È evidente che il modello ideale rappresenta il massimo della perfezione e come tale è irrealizzabile in quanto il gas dovrebbe essere comprimibile fino a volume zero senza che i punti materiali esercitino alcuna azione reciproca. La relazione che lega tra loro i quattro parametri termodinamici per descrivere lo stato di un gas perfetto che viene detta equazione di stato dei gas perfetti è: PV =nRT Cap9-4 Dispense CHIMICA GENERALE E ORGANICA (STAL) 2010/11 Prof. P. Carloni Dove R è una costante calcolata sperimentalmente ed ha il valore di 0.08206 atm litri moli-1 K-1, P è la pressione del gas, V il volume, n il numero di moli e T la temperatura del gas in gradi Kelvin. L'equazione di stato dei gas perfetti deriva dalla riunione di diverse leggi estrapolate da osservazioni sperimentali: Se consideriamo un recipiente, contenente una mole di gas, chiuso da un pistone, e applichiamo una certa pressione sul pistone a temperatura costante, vedremo che il volume del gas diminuirà. Il volume varierà in modo inversamente proporzionale alla pressione applicata (Legge di Boyle). P ∝ 1/V Se consideriamo un recipiente chiuso, contenente una mole di gas, e riscaldiamo il gas, aumenterà la pressione all'interno del recipiente. La pressione aumenterà in modo direttamente proporzionale alla temperatura (Legge di Gay-Lussac). T∝P Se consideriamo un recipiente, contenente una mole di gas, chiuso da un pistone, e riscaldiamo il gas, vedremo il pistone sollevarsi con un conseguente aumento del volume del gas. Il volume varierà in modo direttamente proporzionale alla temperatura (Legge di Charles). T∝V Nelle stesse condizioni di P e T, volumi uguali di gas diversi contengono lo stesso numero di moli (Legge di Avogadro). V∝n Più precisamente una mole di un gas alla pressione di 1 atmosfera ed alla temperatura di 0 °C = 273.16 K (condizioni normali) occupa un volume di 22.414 litri. Le miscele gassose. I gas rispondono alle variazioni di pressione, di volume e di temperatura tutti nella stessa maniera e ciò rende ininfluente sapere se le molecole del campione siano uguali oppure no. Una miscela di gas che non reagiscono tra di loro si comporta come un solo gas puro. Se introduciamo quindi in un contenitore di un determinato volume una miscela di gas e misuriamo la pressione esercitata è possibile relazionare tale pressione alla pressione che ognuno dei due singoli gas eserciterebbe se fosse introdotto singolarmente dentro il recipiente. Quest’ultima pressione viene definita come pressione parziale del singolo gas e la pressione totale esercitata dalla miscela dei gas è uguale alla somma delle pressioni parziali dei gas che costituiscono la miscela. Per cui si avrà che: PTOT = Σ Pi che viene detta legge di Dalton. Applicando l'equazione di stato ad un singolo gas e alla miscela di gas si avrà: PA x V = nA x R x T PTOT x V = nTOT x R x T Dividendo membro a membro: PA / PTOT = nA / nTOT Cap9-5 Dispense CHIMICA GENERALE E ORGANICA (STAL) 2010/11 Prof. P. Carloni e quindi: PA = (nA / nTOT) x PTOT Dove nA / nTOT è definita come frazione molare del gas A = xA. LO STATO SOLIDO Un corpo allo stato solido è caratterizzato dall'esistenza in esso di un reticolo cristallino; un solido ha forma propria, ed è praticamente incomprimibile e rigido. Un solido è un cristallo, qualunque sia la sua forma esterna, ed il suo reticolo cristallino risulta dalla ripetizione nelle tre dimensioni dello spazio di una cella elementare che costituisce la più piccola porzione del reticolo stesso che ne possiede tutte le caratteristiche geometriche. Un solido quindi, su scala atomica, è un sistema discontinuo e periodico nelle tre dimensioni dello spazio e ciò gli impartisce quella caratteristica detta anisotropia che non è altro che la differente variabilità delle proprietà fisiche (meccaniche, termiche, ottiche, elettriche) nelle diverse direzioni. Le particelle che costituiscono il reticolo cristallino di un solido pur non essendo libere di muoversi come le particelle che costituiscono un gas o un liquido non sono però immobili: esse sono animate da un moto oscillatorio attorno ad un punto detto nodo reticolare che viene assunto come rappresentativo della posizione media della particella nel reticolo cristallino. Le particelle di un solido sono legate fra loro da legami chimici, la natura dei quali impartisce al solido stesso certe caratteristiche generali. E’ per questo che si usa dividere i solidi in classi a seconda del tipo di legame che tiene unite fra di loro le particelle: solidi covalenti, solidi ionici, solidi molecolari, solidi metallici. Solidi Covalenti Nei solidi covalenti i nodi reticolari sono occupati da atomi legati fra loro da legami covalenti; poiché i valori delle energie di tali legami sono di norma assai elevati, in questa classe si trovano sostanze con elevatissime temperature di fusione, durissime e con notevoli proprietà isolanti, sia termiche che elettriche, perché gli elettroni, tutti impegnati nei legami covalenti fra gli atomi, non sono mobili entro il cristallo. Ogni cristallo covalente può essere considerato una molecola gigante. Esempi di solidi covalenti sono il diamante e la silice. Solidi Ionici Nei composti ionici abbiamo una situazione analoga a quella dei composti covalenti con la differenza che i nodi reticolari sono occupati da ioni che sono mantenuti nelle loro posizioni di equilibrio da forze elettrostatiche, attrattive e repulsive e cioè da legami ionici. Anche i Cap9-6 Dispense CHIMICA GENERALE E ORGANICA (STAL) 2010/11 Prof. P. Carloni solidi ionici hanno quindi punti di fusione abbastanza elevati, sono fragili e sono cattivi conduttori di elettricità, poiché gli ioni che costituiscono il reticolo non sono mobili. Solidi Molecolari Nei solidi molecolari sono le molecole che occupano i nodi reticolari e le forze che le tengono in equilibrio sono deboli forze di Van der Waals. Di conseguenza i solidi molecolari hanno basse temperature di fusione non sono duri e non sono conduttori perché gli elettroni passano assai difficilmente da una molecola all'altra. Molte sostanze organiche ed inorganiche formano solidi molecolari (azoto, acqua, idrazina, urea anidride carbonica, ecc.). Solidi Metallici Nei solidi metallici sono gli atomi dei metalli che occupano i nodi reticolari, tenuti assieme dagli elettroni comuni, di valenza, distribuiti su un grandissimo numero di orbitali metallici che costituiscono i legami fra gli atomi del metallo. Gli elettroni si possono spostare da un orbitale metallico ad un altro con una piccolissima spesa di energia: di conseguenza i metalli sono buoni conduttori dell'elettricità e del calore; il legame metallico inoltre è di tipo non direzionale e ciò rende conto delle proprietà meccaniche dei metalli che sono duttili, malleabili e possono essere stesi in fili o lamine sottilissime. L'energia del legame metallico varia moltissimo e di conseguenza anche i punti di fusione dei vari metalli sono molto diversi. LO STATO LIQUIDO I liquidi costituiscono lo stato della materia intermedio fra quello gassoso e quello solido: nei gas l'energia dei moti di agitazione termica prevale largamente su quella delle forze di coesione determinando una distribuzione del tutto disordinata delle molecole; nei solidi essa è nettamente superata dalle interazioni attrattive tra le singole particelle che restano vincolate in una struttura rigorosamente ordinata; nei liquidi invece l'energia dei moti termici è confrontabile con quella delle forze coesive, con il risultato di una limitata libertà di movimento delle molecole e quindi di una struttura disordinata nel suo insieme che conserva però un certo grado di ordine. Il disordine strutturale determina l'isotropia delle proprietà dei liquidi, la loro tipica fluidità e la facile, reciproca diffusione tra liquidi diversi quando siano portati a contatto l'uno dell'altro. Le più importanti proprietà dei liquidi sono la viscosità, la tensione superficiale e la tensione (o pressione) di vapore. Viscosità La viscosità rappresenta l'attrito interno di un liquido, ed esprime la maggiore o minore facilità di scorrimento di uno strato del liquido rispetto allo strato adiacente; essa di norma diminuisce col crescere della temperatura e dipende essenzialmente dalla forma e dalla grandezza delle molecole e dalla forza delle interazioni fra di esse. Tensione superficiale Cap9-7 Dispense CHIMICA GENERALE E ORGANICA (STAL) 2010/11 Prof. P. Carloni Ciascuna molecola interna alla massa del liquido, circondata da ogni parte da altre molecole che la attraggono, è ugualmente sollecitata in tutte le direzioni e la risultante delle sollecitazioni è statisticamente nulla. Per le molecole che costituiscono lo strato superficiale di un liquido, invece, le sollecitazioni non sono ugualmente distribuite in tutte le direzioni, perché nella fase gassosa il numero di molecole presenti nell'unità di volume è assai minore che nella fase liquida; ciò fa si che le sollecitazioni che agiscono su ciascuna molecola presente in superficie abbiano risultante non nulla, diretta verso l'interno del liquido. Di conseguenza la superficie di un liquido tende a contrarsi, e una qualsiasi massa di liquido tende a ridurre al minimo la sua superficie. E' per questo, ad esempio che una goccia di liquido assume una forma sferica in quanto la sfera è la figura geometrica che a parità di volume ha la superficie minore. Questa proprietà dei liquidi è detta tensione superficiale e rappresenta la forza che tiene unite le particelle alla superficie del liquido: essa dipende dalla superficie del liquido e dalla energia superficiale specifica del liquido che è un parametro che dipende dalla temperatura e dal tipo di liquido. Le forze di attrazione che si instaurano all'interno di un liquido e che determinano la tensione superficiale si chiamano forze di coesione. Se la superficie di un liquido invece di essere a contatto con una fase gassosa è a contatto con un solido si possono avere delle interazioni maggiori che di quelle di coesione che vengono dette forze di adesione. In questo caso la superficie del liquido diventa concava. Se la superficie di un liquido è invece a contatto con un altro liquido con il quale non sia miscibile, le molecole all'interfase sono soggette ad interazioni di entità diversa da parte delle due diverse fasi; in questo caso si parla di tensione interfacciale. Se due liquidi sono miscibili, ciò significa che il valore della loro tensione interfacciale è praticamente nullo. Tensione di vapore Si definisce evaporazione il passaggio allo stato di vapore delle molecole (o atomi) che costituiscono un liquido. I liquidi evaporano in misura maggiore o minore a seconda della entità delle forze che mantengono unite nel liquido le particelle che lo costituiscono. Consideriamo il fenomeno in un certo dettaglio: un liquido è costituito da particelle in moto che, per un dato valore di temperatura, hanno una determinata energia cinetica media; questo significa che nel liquido esistono particelle con energia cinetica maggiore e particelle con energia cinetica minore dell'energia cinetica media. Perché una particella si allontani dalla massa di liquido di cui fa parte, cioè evapori, è necessario che essa abbia energia sufficiente per sottrarsi all'azione attrattiva delle altre particelle: ovviamente sono le particelle con energia cinetica maggiore quelle che hanno la possibilità di passare allo stato di vapore. Immaginiamo ora di riempire parzialmente con un liquido un recipiente chiuso mantenuto a temperatura costante, nel quale sia stato fatto precedentemente il vuoto; inizialmente un certo numero di particelle evaporano e stabiliscono una pressione gassosa al di sopra del liquido, che aumenta proporzionalmente al numero di particelle evaporate; queste particelle gassose, nel loro moto caotico, hanno una certa probabilità di incontrare la superficie del liquido e di tornare a far parte di esso. Poiché a temperatura costante la Cap9-8 Dispense CHIMICA GENERALE E ORGANICA (STAL) 2010/11 Prof. P. Carloni percentuale e quindi il numero di particelle che abbandonano il liquido nell'unità di tempo è costante (è determinato dalla distribuzione dell'energia cinetica fra le molecole) e poiché contemporaneamente le particelle che tornano nel liquido dalla fase vapore aumentano con l'aumentare della pressione gassosa (cioè della loro concentrazione nella fase vapore), si stabilisce dopo un certo tempo un equilibrio dinamico: il numero delle particelle che abbandonano la superficie del liquido diventa uguale al numero delle particelle che nello stesso tempo vi ritornano. La pressione gassosa corrispondente all'equilibrio liquido-vapore alla temperatura T, viene detta tensione di vapore del liquido considerato o pressione di vapor saturo: il suo valore è costante a temperatura costante e varia da liquido a liquido. La tensione di vapore dei liquidi non volatili a temperatura ambiente è di solito minore della pressione atmosferica. Temperatura di ebollizione Quando, aumentando la temperatura di un liquido la sua tensione di vapore raggiunge il valore della pressione esterna, il liquido bolle, cioè si ha la formazione di vapore non soltanto alla superficie del liquido, ma in tutta la massa; la temperatura a cui ciò si verifica è detta temperatura di ebollizione, ed il suo valore, per uno stesso liquido, dipende dalla pressione esterna. L'ebollizione è caratterizzata dalla formazione di bolle all'interno del liquido, e perché ciò avvenga è necessario che la pressione all'interno delle bolle sia uguale (in pratica un po' maggiore perché sulla bolla insiste anche la pressione idrostatica del liquido sovrastante) alla pressione esterna. Un liquido può quindi bollire a varie temperature a seconda del valore della pressione esterna: quando si parla di temperatura di ebollizione di un liquido in generale, si intende, convenzionalmente, che la pressione esterna valga P = 1 atm. PASSAGGI DI STATO Abbiamo già visto come una sostanza possa presentarsi in diversi stati di aggregazione, ciascuno dei quali esiste a determinati valori di pressione e di temperatura: ogni passaggio di stato, implica uno scambio di energia con l'esterno. Non sempre però una specie chimica esiste in tutti e tre gli stati di aggregazione in quanto può ad esempio decomporsi durante la fusione o durante l'evaporazione. Cap9-9 Dispense CHIMICA GENERALE E ORGANICA (STAL) 2010/11 Prof. P. Carloni Diagrammi isobari Comunemente, le transizioni di stato delle sostanze avvengono a pressione costante: prendiamo quindi in esame i fenomeni che avvengono quando si sottopone a riscaldamento un solido a pressione costante. Se forniamo lentamente ed in modo costante calore ad un solido posto in un recipiente chiuso da un pistone (P = cost.) e riportiamo in grafico la sua temperatura in funzione del calore fornito otteniamo un diagramma isobaro del tipo mostrato in figura. TRATTO AF: All’inizio, il calore fornito al solido fa aumentare la sua temperatura da To a Tf e parallelamente aumenta l'energia cinetica delle sue particelle. TRATTO FL: Alla temperatura Tf l'energia cinetica media delle particelle del solido raggiunge il valore necessario per provocare la rottura del reticolo cristallino, ed il solido comincia a fondere: Tf è la temperatura di fusione del solido. Fornendo ulteriormente calore al sistema solido-liquido (da tf a tl), non si ha aumento di temperatura, cioè di energia cinetica, perché l'energia fornita è usata per rompere i legami reticolari del solido, cioè per aumentare l'energia potenziale del sistema. Poiché la quantità di calore fornita al solido nel passaggio di stato solido-liquido non provoca aumento della temperatura del solido, ad essa è attribuito l'aggettivo latente. Si parla quindi di calore latente di fusione, che se riferito ad una mole di solido, prende il nome di calore latente molare di fusione; a pressione costante il calore latente di fusione corrisponde all'entalpia di fusione. Temperatura Te 0 liquido = vapore V te Calore latente di evaporazione tv F solido = liquido L Tf To E A tf Calore latente di fusione tl Tempo (quantità di calore) TRATTO LE: Nelle condizioni sperimentali rappresentate dal punto L tutto il solido è fuso ed il sistema è costituito da solo liquido: continuando a fornire calore si ha un aumento della sua temperatura da Tf a Tv e parallelamente aumenta l'energia cinetica media delle particelle di liquido. TRATTO EV: Alla temperatura Te, che è la temperatura di ebollizione del liquido, corrisponde una energia cinetica media delle particelle tale che la tensione di vapore del liquido, raggiunge il valore della pressione esterna e come conseguenza il liquido bolle. Continuando a fornire calore prosegue l'ebollizione, si mantiene costante la temperatura, evapora sempre nuovo liquido e le particelle che passano nella fase vapore aumentano la loro entropia e la loro energia potenziale ma non quella cinetica (temperatura costante). Il Cap9-10 Dispense CHIMICA GENERALE E ORGANICA (STAL) 2010/11 Prof. P. Carloni calore necessario alla evaporazione di una mole di liquido si chiama calore latente molare di evaporazione e a pressione costante corrisponde alla entalpia di evaporazione. TRATTO V......: Corrispondentemente al punto V tutto il liquido è evaporato ed il tratto successivo a V, tratteggiato nel diagramma, rappresenta l'aumento della temperatura del vapore, conseguente al progressivo riscaldamento, con conseguente aumento dell’energia cinetica delle particelle di gas. DIAGRAMMI DI STATO Le transizioni di stato delle sostanze possono però avvenire anche a pressione variabile; in questo caso i diagrammi che descrivono lo stato delle sostanze pure sono del tipo mostrato in figura e si chiamano diagrammi di stato P/T; tali diagrammi consentono di conoscere, in funzione della temperatura e della pressione, i campi di esistenza di ciascuno stato di aggregazione della specie considerata, e di definire le condizioni di temperatura e di pressione alle quali coesistono in equilibrio più stati di aggregazione di tale specie. Diagramma di stato dell'acqua Esaminiamo il diagramma di stato dell'acqua: in esso troviamo quattro linee AO, OB, OC e CD che separano i diversi stati di aggregazione di questa specie: esaminiamo in dettaglio il significato di tali linee. LINEA AO: Rappresenta la variazione della pressione di sublimazione del ghiaccio con la temperatura; essa ha inizio nei dintorni della temperatura assoluta e termina nel punto in cui si ha fusione del solido. Le coordinate di ciascun punto della linea AO rappresentano i valori della temperatura e della pressione ai quali il sistema costituito da ghiaccio e vapore si trova in equilibrio. La curva AO definisce anche i valori della temperatura e della pressione ai quali il ghiaccio sublima, e il vapore d'acqua brina. LINEA OB: Rappresenta la variazione della pressione di vapore dell'acqua con la temperatura. Ogni punto di tale linea individua una coppia di valori della temperatura e della pressione per i quali possono coesistere in equilibrio la fase liquida e quella vapore. La linea OB termina nel punto critico dell'acqua al di sopra del quale non ha più significato fare distinzione fra liquido e vapore. Al di sopra di questa temperatura, detta temperatura critica, non è più possibile condensare il gas esclusivamente aumentando la pressione. Una specie gassosa si definisce gas al di sopra della sua temperatura critica e vapore al di sotto. La pressione al punto critico si chiama pressione critica. Una sostanza che si trovi Cap9-11 Dispense CHIMICA GENERALE E ORGANICA (STAL) 2010/11 Prof. P. Carloni ad una pressione ed una temperatura maggiori di quelle critiche viene definita fluido supercritico ed essendo un gas molto denso può essere usata come solvente di liquidi e di solidi. Ad esempio l’anidride carbonica supercritica viene usata per estrarre la caffeina dal caffè senza lasciare tracce di solventi nocivi nel caffè stesso. LINEA OCD: Rappresenta la variazione della temperatura di fusione del ghiaccio al variare della pressione esercitata all'esterno sul sistema. Analogamente ai due casi precedenti ogni punto di tale linea individua una coppia di valori della temperatura e della pressione per i quali possono coesistere in equilibrio ghiaccio ed acqua. La diversa pendenza delle linee OC e CD, mostra che la temperatura di fusione del ghiaccio diminuisce con l'aumentare della pressione fino ad un certo punto, al di sopra del quale aumenta con l'aumentare della pressione. Questo comportamento è dovuto al fatto che al di sotto di questo punto l’acqua può formare legami idrogeno che rendono la struttura solida più aperta, meno densa, dello stato liquido. Fino a questo punto il ghiaccio fonde tanto più facilmente quanto maggiore è la pressione a cui è assoggettato. La stessa cosa non succede per la maggior parte delle altre sostanze (vedi CO2) per le quali la pendenza della curva di equilibrio liquido-solido (OC) è la stessa della curva liquido-gas (OB). Vediamo ora il significato del diagramma nel suo insieme: le tre linee AO, OB e OC si incontrano nel punto O, che viene così ad individuare la sola coppia di valori di pressione e di temperatura in corrispondenza dei quali coesistono in equilibrio ghiaccio, acqua e vapore: il punto O viene indicato con il nome di punto triplo. Le porzioni del piano P/T contrassegnate con S, L e V rappresentano i campi di stabilità, rispettivamente, del ghiaccio, dell'acqua e del vapore e lungo ciascuna delle linee OA, OB e OC coesistono in equilibrio le due fasi a ciascuna di esse adiacente. Diagramma di stato dell’anidride carbonica (CO2) Cap9-12