La sfida della novità Di Gesù Cristo nel contesto del

PARAPPALLY, J.
La sfida della novità di Gesù Cristo nel contesto
del pluralismo religioso
Dehoniana 2001/1, 67-73
Per la citazione: DEH2001-08-IT
La sfida della novità Di Gesù Cristo
nel contesto del pluralismo religioso
Congresso Missiologico Internazionale
Roma 17-20 ottobre 2000
Jacob Parapally, M.S.F.S.
1 La parola di Dio non è incatenata (2Tim, 2,9). Questa verità è
confermata dai modi infiniti nei quali la Parola di Dio trova la sua espressione
nel mondo. Soprattutto, è vero, in Cristo Gesù, il mistero della Parola di Dio
si è rivelato nella storia. Egli ha superato tutto quello che lo legava, perfino
la morte. I primi teologi della Chiesa hanno visto in Gesù Cristo il Messia
atteso dagli Ebrei e insieme il compimento della speranza, accarezzato dai
Gentili di tutti i tempi. Ignazio di Antiochia (Anno Domini 110), per esempio,
proclamava Gesù Cristo come il «fondamento per sperare che [tutta
l'umanità] potrà essere convertita e potrà trovare la propria strada verso Dio».
Inoltre, affermava che quel Gesù era «il nostro nome comune e la nostra
speranza comune».1
2 I seguaci di Gesù Cristo credono che egli è davvero il nome comune e
la speranza comune per l'intera umanità. Essi lo incontrano come la Via, la
Verità e la Vita. Essi lo esperimentano come l'inizio e la fine della loro vita,
e perciò come il senso ultimo della loro vita. Lo confessano come il Signore
della storia e dell'universo dove visse e morì in un momento particolare della
storia ed ora è vivo dopo la sua morte, mentre conduce tutti alla pienezza
della vita. Da questa esperienza trasformante di Gesù Cristo è nata la
necessità di condividerla, di proclamarla in forma comprensibile in modo che
Gesù Cristo potesse esser incontrato dai popoli di ogni lingua e di ogni
cultura. È assolutamente imperativo per la Chiesa che «vive, si muove e ha il
1
IGNAZIO DI ANTIOCHIA, Ephesians: 10.1; 1.2.
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suo essere» in Cristo Gesù proclamarlo in un modo che le altre persone
realmente possano «sentire» la parola.
3 Nella società multi-religiosa dell'Impero romano, la Chiesa primitiva
trovò modi creativi per proclamare la teologia del senso universale di Gesù
Cristo. Quando l'Impero romano accettò Gesù Cristo come suo Signore e
Salvatore, il Cristianesimo divenne una cultura mono-religiosa senza alcuna
sfida dall'esterno alla sua proclamazione di Gesù Cristo. Aveva da affrontare
solamente le sfide interne che riguardavano le interpretazioni errate della
persona di Cristo che furono affrontate dai primi concili, specialmente il
concilio di Calcedonia. La Chiesa definì «chi è Cristo Gesù» in dialogo col
Giudaismo ed il mondo Greco-romano. Questa cristologia ben definita, con
una immagine preconfezionata di Cristo, non ebbe molto impatto sui popoli
dell'Asia negli ultimi venti secoli perché gli asiatici hanno culture diverse e
una loro visione del mondo che non riesce a capire la «lingua» delle
definizioni cristiane. Per di più, le religioni dell'Asia si vantano di avere i loro
mediatori, dei redentori che mostrano la via della salvezza. Essi possono
vedere «Cristo come una figura esotica che li attira più o meno, oppure una
struttura sospetta associata con la conquista e l'invasione di stranieri», 2 una
minaccia per le loro religioni e culture tradizionali. Quest'ultima
interpretazione di Cristo e del Cristianesimo, come una minaccia, sta
crescendo sempre di più in India ed altrove in Asia. Questo si vede
chiaramente nella propaganda anti-cristiana dei fondamentalisti indù in India
che ha portato al martirio di alcuni missionari nei mesi recenti. In questo
contesto, quali sono i modi di proclamare Gesù Cristo in un linguaggio
significativo per le persone di altre religioni così che esse possano incontrarlo
come la “pienezza della vita” e non come una minaccia alle loro culture e
tradizioni autentiche?
4 Nella sua opera, «L'Unicità di Gesù Cristo nella Riflessione Teologica
indiana», Giorgio Karakunnel chiaramente ha mostrato che nel contesto
indiano del pluralismo religioso e della povertà delle masse si deve presentare
un'immagine di Gesù Cristo che sia inclusiva e relazionale, profetica e
liberante, spirituale e cosmica, espressione di un amore kenotico e di servizio.
Qui vorrei sottolineare quanto detto sopra e mostrare come un tale approccio
alla cristologia sia imperativo nel contesto indiano se vogliamo fare nostro
seriamente il «comando della missione» (Mt 28,18-20) di Gesù Cristo.
Inoltre, nel contesto del pluralismo religioso dell'India suggerirei un
approccio alla proclamazione di Gesù Cristo che sia una sfida e non una
minaccia, rispettosa e non aggressiva, relazionale e non relativa.
2 R. PANIKKAR, "A Christophany for our Times", the Thirty-fifth Annual Robert cardinal
Bellarmine Lecture, Theology Digest 39:1(1992), p. 4.
2
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1. VERSO UNA CRISTOLOGIA INDIANA SIGNIFICATIVA:
PROBLEMI E PROSPETTIVE
5 Noi dobbiamo proclamare Gesù Cristo. Dobbiamo invitare le persone a
sperimentare la sua presenza che dona la vita attraverso il suo Spirito nella
Chiesa. Ma è proprio necessario continuare a ripetere certe affermazioni della
cristologia, articolate in un linguaggio che non solo non è significativo per
nostri ascoltatori, ma ha anche tale impatto negativo su di loro che essi
rifiutano la nostra comunicazione? Dobbiamo usare espressioni esclusive ed
assolutistiche per proclamare la centralità di Gesù Cristo nel piano salvifico
universale di Dio (1Tm 2,4-5) da impedire alle persone di altre religioni di
sentire la Buona Notizia della salvezza? Dobbiamo fare asserzioni assolute
sulle altre religioni, i loro fondatori e le loro esperienze religiose, talvolta
persino denigrandoli, come se noi conoscessimo tutto delle vie misteriose di
Dio che «conosce tutto» e al quale «chi lo teme e pratica la giustizia, a
qualunque popolo appartenga, è a lui accetto» (Atti 10,34-35)? La storia della
proclamazione cristiana nell'era coloniale era stata, in larga misura,
aggressiva, esclusiva e trionfalistica, in contraddizione perfino con
l'esortazione dell’apostolo Pietro: “pronti sempre a rispondere a chiunque vi
domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con
dolcezza e rispetto” (1Pt 3,15).
6 I colonizzatori non potevano scoprire la presenza di Cristo, attraverso il
suo Spirito, nei valori positivi delle tradizioni religiose dei loro soggetti come
probabilmente sarebbe stata impedita la loro richiesta di superiorità, non solo
per forza militare ma anche per la religione e la cultura. Nell’era coloniale e
post-coloniale in Asia e particolarmente in India, la pretesa cristiana di essere
l'unica vera religione che possiede la verità assoluta, l'unicità di Gesù Cristo
e della sua Chiesa per la salvezza ecc. non solo non furono capite dai seguaci
di altre religioni, ma anche portarono all'opposto di quello che volevano far
intendere. Quelli che hanno una concezione inclusiva e relazionale, una
pretesa assoluta e esclusiva a riguardo di Gesù Cristo e della sua Chiesa in
vista della salvezza, riducono Cristo Gesù ad un dio tribale e la sua Chiesa
ad una setta. In questo modo Gesù Cristo viene ad essere uno fra i fondatori
di religioni o uno delle incarnazioni o un grande Guru o un profeta o uno che
ha raggiunto il culmine della auto realizzazione. Sarebbe considerato come
una fra le molte manifestazioni storiche dell'Assoluto. Come può succedere
questo? La nostra proclamazione non è chiara e univoca? Effettivamente lo
è! Ma è significativa solo per quelli che condividono il modo di pensare
Giudeo-cristiano. Per quelli che partono dal punto di vista del principio
epistemiologico dell'identità e non dal principio della contraddizione e che
considerano le verità trans-storiche più reali dei fatti storici, la liberazione
dall’ignoranza è più importante della liberazione dal peccato, le espressioni
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religiose simboliche sono più evocative ed esperienziali delle professioni di
fede o delle formule dogmatiche e ogni formulazione esclusiva sulle verità
religiose fallisce se fatta entrare negli schemi delle cose. Per cui la difficoltà
del teologo cristiano indiano è di tradurre le affermazioni di fede della
Chiesa, circa la persona e missione di Gesù Cristo, in un linguaggio
significativo per le persone così che possano rispondere a lui con tutto il
cuore e tutta la mente.
7 Presentare una cristologia significativa nel contesto indiano non è facile.
Infatti, la molteplicità e la complessità delle situazioni esigono una
molteplicità di cristologie in dialogo con le “grandi tradizioni” e le “piccole
tradizioni”3 che hanno il loro modo di pensare e insieme elementi liberanti
ed oppressivi. L'esperienza cristiana di Gesù Cristo come la pienezza della
vita può sfidare gli elementi disumanizzanti di queste culture e religioni.
L’apertura agli elementi positivi delle altre tradizioni religiose può arricchire
la comprensione cristiana del mistero di Gesù Cristo. Ma la prospettiva di
arricchire solamente la nostra comprensione presente del mistero di Cristo è
possibile solo se noi rinunciamo alla richiesta di avere esaurito tutte le pretese
di capire il mistero di Gesù Cristo. Vuole dire anche che noi dobbiamo
rinunciare alla presunzione che le nostre affermazioni cosiddette
universalmente valide, a-temporali, a priori su Gesù Cristo siano intelligibili
per le persone di tutte le culture e di tutti i modi di vedere.
8 È chiaro, per quelli che incontrano Gesù Cristo nella tradizione vivente
della Chiesa e capiscono le sfide della loro concezione indiana del mondo
che essi hanno ereditata, che le loro affermazioni di fede non sono
comprensibili ai loro ascoltatori. Perciò, i teologi indiani sono convinti del
bisogno di presentare le verità di fede cristiana in un modo significativo nel
contesto indiano. I loro tentativi possono essere costruiti come
relativizzazioni delle verità fondamentali della rivelazione cristiana. A volte
essi sono accusati anche di non affermare Cristo come l'unico salvatore. È
comprensibile come alcuni possono fare tali accuse, non avendo rettamente
compreso i metodi pedagogici assunti dai teologi indiani, per non aver vissuto
l’esperienza del contesto della riflessione teologica indiana.
9 La proclamazione di Gesù Cristo, in dialogo col contesto indiano del
pluralismo religioso e con la situazione socio-culturale ed economica
disumanizzante, convince gli annunciatori del Vangelo che:
10 1. La presenza cosmica e trans-storica di Gesù Cristo, come pure la sua
presenza attraverso il suo Spirito in tutto ciò che è buono, bello e perfetto,
3 Gli antropologisti, come M.N. Srinivas usano i termini "Grande Tradizione" e "Piccola
tradizione" per mostrare la distinzione tra la tradizione classica Indù e la religiosità popolare
della gente semplice. Si veda M.N. Srinivas, Religion and Society among the Coorgs in South
India, London 1952.
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deve essere il punto di partenza, mentre la sua presenza storica deve essere il
punto di arrivo nella proclamazione del Vangelo. Il sottolineare
eccessivamente la storicità di Gesù all'inizio della proclamazione del
Vangelo, lo riduce ad uno fra i fondatori storici di religione.
11 2. Gesù Cristo non può essere proclamato significativamente nel
contesto indiano in forma isolata o separato dai “molti e diversi modi con cui
Dio ha parlato ai nostri padri" (Eb 1,1). Altri fondatori di religioni e altri modi
di salvezza non devono essere capiti come paralleli o complementari alla
rivelazione di Dio attraverso Gesù Cristo che è “una volta per tutte”. Non c'è
neppure bisogno di considerarli come partecipanti alla mediazione di Gesù
Cristo. Secondo le Sacre Scritture possono essere considerati come modi di
Dio nel trattare con l’umanità in particolari culture e nazioni del passato (Eb
1,1f) e è ragionevole concludere che la vecchia economia di Dio continua con
quei popoli che non hanno incontrato ancora Gesù Cristo. Tale comprensione
non riduce lo zelo missionario nel proclamare la Buona Notizia, come alcuni
temono, ma lo migliora con una riverenza più profonda del mistero della
volontà di Dio che rispetta le persone umane, le culture e le tradizioni
religiose autentiche.
12 3. La rivelazione in Gesù Cristo è nuova, perché richiede una risposta
libera e un impegno totale. Dio salverà tutte le creature umane per mezzo di
lui (1Tim 2,4-5). Credo che questa sia la ragione sufficiente e improrogabile
per la missione della Chiesa. Non c'è quindi nessun bisogno di catalogare le
mediazioni e i mediatori delle altre religiose come vie imperfette alla
salvezza per mostrare la centralità di Gesù Cristo nell'economia della
salvezza. Tale approccio creerebbe solo difficoltà insormontabili nella
proclamazione del Vangelo. La novità della rivelazione di Dio in Gesù Cristo
è potente abbastanza per sfidare e trasformare persone e società.
13 4. Lo Spirito di Dio, presente nei valori autentici delle altre religioni e
culture, non può essere separato da Gesù Cristo. Secondo lo spirito del
Vaticano II, specialmente di Gaudium et Spes, Papa Giovanni Paolo II, nella
sua lettera enciclica Redemptoris missio sottolinea la coscienza della Chiesa
della presenza ed dell’azione dello Spirito oltre i confini della Chiesa.
Afferma che «la presenza e l'azione dello Spirito non solo interessano gli
individui ma anche la società e la storia, i popoli, le culture, e le religioni». 4
L'indiano e l’asiatico che tentano di riconoscere la ‘presenza nascosta’ di
Cristo attraverso il suo Spirito nelle tradizioni religiose e culturali autentiche,
in nessun modo disgiungono Gesù Cristo dal suo Spirito ma promuovono le
4
GIOVANNI PAOLO II, Redemptoris missio, 28.
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possibilità meravigliose di proclamare la centralità di Gesù Cristo. Scoprire
la presenza e l’azione dello Spirito nelle realtà complesse dell’India/Asia
porta all'incontro con Gesù Cristo e al suo Spirito che è lui stesso. Nella sua
esortazione Apostolica, Ecclesia in Asia Papa Giovanni Paolo II sottolinea
l'inseparabilità dell'azione dello Spirito Santo e la salvezza universale in
Cristo con l'impegno della Chiesa nell’adempiere la sua missione.5
14 5. La proclamazione del regno di Dio, attraverso il dialogo con tutti
quelli che sono impegnati a creare una società giusta, in nessun modo diluisce
l’adesione a Cristo e l’edificazione della Chiesa ma li facilita. Nell'impegno
di svuotamento del Cristiano per la trasformazione della società ingiusta e
nel coraggio per difendere i valori del regno così pure nel sopportarne le
conseguenze, le persone di altre tradizioni religiose scoprono l’immagine
della kenosis liberante di Cristo.
15 La ricerca per un'immagine o delle immagini di Gesù Cristo che tengano
conto dell’impegno detto sopra, senza rinunciare ad alcune delle affermazioni
fondamentali della fede cristiana, costringe i teologi indiani a scoprire modi
creativi di comunicare la rivelazione di Dio in Gesù Cristo.
2. LA SFIDA DELLA NOVITÀ DI GESÙ CRISTO
16 Nel XIX secolo alcuni indù e alcuni convertiti indù al Cristianesimo
fecero dei tentativi di presentare Gesù Cristo in un linguaggio significativo
per gli indù. Scoprirono la difficile novità della rivelazione di Dio in Gesù
Cristo per portare la liberazione integrante alle creature umane. Mentre un
riformatore indù come Ram Mohan Roy (1772-1833) presentava Gesù come
la Guida Suprema alla Felicità, Keshub Chunder Sen (1838-1884),
rimanendo sul confine tra Induismo e Cristianesimo, mostrava Gesù come il
compimento o l'Induismo, l'apice dell'evoluzione organica. Cit
(Consapevolezza) di un Dio Trinitario (Sat-Cit-Atianda = Beatitudine della
Coscienza). Per Brahmabandhav Upadhyaya (1861-1907), un Bramino
convertito al Cristianesimo ed il cosiddetto padre della Teologia Cristiana
Indiana, Gesù Cristo era l'Immagine Trascendente del Supremo Brahaman e
Nara-Hari (il Dio-uomo). Seguendo questa linea di interpretazione di Gesù
Cristo secondo la Cultura e tradizione religiosa indiana, alcuni hanno tentato
di presentare Gesù come l'unica Avatara (Incarnazione), Isvara (aspetto
Personale del supra-personale Assoluto), Adi Purusha (La Persona
Primordiale), Prajapati (il Dio delle creature), Vimochakan (il liberatore)
Satyagrahi, Yoghi ecc. Stranamente, questi tentativi di interpretare Cristo nel
5
GIOVANNI PAOLO II, Ecclesia in Asia, 17-18.
6
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contesto indiano non avevano influenza seria sull'annuncio cristiano e la sua
prassi perché la Chiesa vedeva questi tentativi con sospetto.
17 Negli anni '80, i teologi del Terzo Mondo giudicarono i diversi modelli
cristologici nel contesto asiatico e li trovarono inadeguati a rispondere alla
molteplicità di religioni e alla povertà che pervade l'Asia.6 Il 'fulfillment
theology' del 1930 col suo riconoscimento del Cristo-delle-religioni, era
un'iniziativa che contrastava la 'civilisation theology' dei missionari
Occidentali e colonizzatori. Ma non riuscì a riconoscere il Cristo-dei-poveri.
Il Cristo ashramic dei tardi anni '60 era una protesta contro la “development
theology” dei neo-colonialisti. Il movimento ashramic riconosceva
nell’avidità di denaro il nemico da combattere con la povertà volontaria e la
semplicità, ma non riuscì a smascherare i sistemi e le strutture ingiuste e a
partecipare attivamente alle lotte per la liberazione dei poveri. Così la
“inculturation Christology” della fine anni ’70, sviluppata in opposizione alla
“liberation Christology”, ha fallito nel ricercare il collegamento tra religione
e liberazione. In India/Asia, ci sono molte culture e classi in una religione e
molte religioni in una cultura. Vi sono elementi liberanti ed oppressivi, nelle
religioni così come nelle culture. La consapevolezza di tale situazione
complessa è stata la forza irresistibile che ha motivato i teologi
indiani/asiatici a cercare di presentare un'immagine di Gesù Cristo che sia il
Cristo-delle-religioni e dei-poveri.
18 Nel contesto di tante religioni, che pretendono di essere modi di
liberazione dalla miseria dell’esistenza umana, e con la presenza di milioni
di poveri che cercano la liberazione socio-economica e politica, che cosa
porta di nuovo la persona e il messaggio di Gesù Cristo? Questa novità deve
essere comunicata attraverso parole significative, azioni e stile di vita
piuttosto che ripetendo termini che sono inintelligibili, esclusivi ed offensivi
delle persone di altre religioni. Tutta la testimonianza e la prassi apostolica
ha presentato la novità dell'azione di Dio nella storia nella persona di Gesù
Cristo che è diventato il Nuovo Testamento. La relazione di alleanza che Dio
ha stabilito attraverso di lui fu interpretata e proclamata come la Nuova
Alleanza. Fino al compimento del nuovo cielo e della terra nuova questo
nuovo messaggio deve essere proclamato. Diversamente dagli esclusivi e
univoci termini che noi preferiamo usare per spiegare chi è Gesù Cristo, la
novità difficile di Gesù Cristo, se comunicata in modo giusto, può portare
molti ad incontrarlo. Questo, io credo, è il compito della teologia nel contesto
indiano/asiatico.
6 "The Irruption of the Third World. Challenge to theology" Fifth Conference of the
Ecumenical Association of Third World Theologians (New Delhi, 17-29 agosto 1981),
Documento, Vidyajyoti 46 (1982), p. 92. Si veda anche Aloysius Pieris, "Non Christian
Religions and Cultures in Third World Theology", Vidyajyoti, 46 (1982), pp. 166-170.
7
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19 Possiamo identificare alcuni degli elementi che possono comunicare la
novità della rivelazione di Dio in Gesù Cristo, capaci di rispondere
adeguatamente alla preoccupazione soteriologica delle persone di altre
religioni, la loro ricerca per la liberazione integrale e la loro ansia per
l'armonia fra gli uomini, Dio e il cosmo? Credo che ciò sia possibile e
necessario per entrare in un dialogo significativo con le persone di altre
religioni e portarli ad un’esperienza di Gesù Cristo. Alcuni degli elementi di
questa novità della rivelazione di Cristo possono essere sottolineati come
segue:
20 1. In Gesù Cristo si può incontrare lo svuotamento di Dio, ignoto finora
nella storia della rivelazione. In lui l’Assoluto è diventato Relativo, l’Infinito
è diventato limitato, Dio è diventato uomo, Parola si è fatta carne (Gv 1,14).
In lui Dio venuto a servire e non essere servito (Mc 10,45). Così il Cristo
umiliato (Fil 2,7) può essere incontrato come il servo di tutto ciò che è
perfetto, buono, vero, bello ed autenticamente liberante in tutte le tradizioni
religiose, Grande o Piccolo, Meta-cosmico o cosmico, unitivo o messianico.
Egli non solo non è contro il potenziale liberante delle tradizioni religiose
asiatiche, ma ha il potere di renderle realtà vive.
21 2. Se Gesù Cristo è vero Dio e vero uomo, come il Concilio di
Calcedonia professa e proclama, non può rivelarsi, nella storia, che il servo
di Dio, dell’umanità e del cosmo. In lui vi è la piena rivelazione di Dio, che
non è solo Dio, ma anche il servo di tutti e di tutto. Questa è il kenosis
integrale, il paradosso della rivelazione di Cristo, lo scandalo per gli ebrei e
la follia per i gentili, ma, davvero, la potenza e la sapienza di Dio (1Cor 1,25).
Lo svuotamento è l'essenza dell'Unicità Trinitaria. “Non c'è altro nome" (At
4,12) che riveli questo mistero del Dio come l’auto-svuotamento di Dio che
diviene il servitore della propria creazione. La novità, la norma risolutiva e
la validità universale di Gesù Cristo consistono nel suo servizio di tutto quello
che è autenticamente umano sia esso la cultura, i sistemi di religione o le
strutture. Questo auto-svuotamento di servizio è espresso nella lavanda dei
piedi dei discepoli all'Ultima Cena (Gv 13,3-15). Questa rivelazione sovverte
tutte le categorie umane della discriminazione: superiorità e l'inferiorità,
classe più alta e classe più bassa, tra casta e casta, casta bassa ed alta ed
intoccabili, patriarcato e matriarcato, maschio e femmina, Cristiano e
Pagano, credente e non-credente, civilizzato ed incivile ecc. sfida preconcetti
religiosi e strutture secolari che perpetuano i sistemi della discriminazione e
disumanizzazione mentre stimola le forze della liberazione sia religiose che
secolari.
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22 3. L'immagine dello svuotamento di Gesù Cristo può rivelare il potere
dei deboli, farne risaltare l'identità e stimolarli a lottare per una vita umana
piena e nello stesso tempo li libera dalle forze dell'alienazione al proprio
interno come all'interno delle strutture e dei sistemi che li asserviscono. Gesù
Cristo rivela il dolore di Dio che soffre quando le creature umane soffrono
essendo amore in se stesso. Questa nuova rivelazione di Gesù Cristo ha
l'influenza tremenda sulle persone che soffrono per le immagini oppressive
di Dio.
23 4. La kenosis di Cristo può colmare l’ansia delle popolazioni asiatiche
per la liberazione dall'avidità di denaro, dal possesso dei beni, dall'egoismo e
dalla frammentazione della realtà. Può rivelare la necessità di una religiosità
etica per la liberazione integrante dal vuoto cultuale e dalla religiosità
Gnostica. Gesù di Nazareth ha rivelato un Dio che è antropocentrico e
cosmocentrico (Gv 3,16) e non egocentrico perché lui è per natura un Dio
che svuota se stesso. Il Cristo della kenosis può compiere la sua funzione
profetica nel contesto asiatico sfidando tutte le tradizioni religiose incluso un
Cristianesimo che voglia essere autenticamente antropocentrico e si prenda
cura della creazione intera. Egli rivela l’intima relazione tra Dio, le creature
umane ed il mondo.
24 5. La kenosis di Cristo può stimolare tutti quelli che l'incontrano a
promuovere tutto ciò che è autenticamente umano e liberante nelle varie
tradizioni religiose, culture, e sistemi socio-politici ed economici con
rispetto, amore e atteggiamento di servizio. Tale incontro con la kenosis di
Cristo conferirebbe loro il potere per identificarsi con quelli che sono
impegnati a lottare contro le forze della schiavitù per costruire il Regno di
Dio dove lo stesso svuotamento di Dio è la fonte e il modello per la
comunione per far crescere comunità di giustizia, di amore, di compassione,
di amicizia, di pace, di riconciliazione e, in realtà, di tutto.
CONCLUSIONE
25 La proclamazione cristiana dell'unicità di Gesù Cristo è incompresa e
rifiutata da persone di altre religioni. Pensano che provenga dal senso della
superiorità dei cristiani, dalla loro arroganza e da una mentalità coloniale. È
nell'interesse della vocazione della Chiesa e del suo impegno per la sua
missione che parli un linguaggio che promuova una comunicazione effettiva
della suo messaggio su Gesù Cristo. Ciò significa che la Chiesa dovrebbe
avere costantemente un atteggiamento positivo verso le altre tradizioni
religiose che devono essere servite con la rivelazione di Gesù Cristo. Le altre
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tradizioni religiose hanno diritto a sentire il messaggio del Vangelo e perciò
la Chiesa ha un dovere di proclamarlo in una lingua intelligibile a loro.
26 Le Sacre Scritture ci rivelano l’auto-svuotamento di Dio che è venuto a
servire. Questa è la novità della rivelazione di Dio in Gesù Cristo. Questa
nuova rivelazione nella storia di ciò che trascende la storia non distrugge tutto
ciò che è vero e bello nelle altre tradizioni e culture religiose. Questa verità
può essere comunicata credibilmente solamente da quelli che fanno
esperienza della presenza nascosta di Gesù Cristo in loro attraverso il suo
Spirito. La sua presenza e azione nascosta possono essere riconosciute anche
da quelli che sono impegnati a portare avanti tutti i valori autentici del Regno.
In ogni caso, una cristologia tribale ed esclusiva impedisce il dialogo coi
membri di altre religioni e impedisce il loro incontro con Gesù Cristo.
27 La missione di Gesù è stata quella di proclamare e stabilire relazioni
giuste fra e con le creature umane, con Dio ed il cosmo. La proclamazione di
Gesù del “Regno di Dio” o “Regno dei cieli” ha sottolineato la relazione
verticale e orizzontale della Creatura umana per lo stabilimento di una società
nuova. Seguendo lo svuotamento di Gesù, ai discepoli è dato la grazia e
l’obbligo di “raccogliere i frammenti perché nulla vada perduto” (Gv 6,12)
delle tradizioni religiose Indiano/asiatiche ed dei movimenti che lavorano per
la costruzione di una società nuova.
28 Il significato di Gesù Cristo per India/Asia, in ordine alla sua liberazione
integrante, sarà riconosciuto quando le persone di altre religioni e gli oppressi
ed emarginati sapranno vedere l’immagine della kenosis di Gesù Cristo nel
servizio della sua Chiesa che lotta con e per gli altri per costruire una società
nuova dove prevalga un'armonia basata sul riconoscimento della sovranità di
Dio, della giustizia, dell'uguaglianza e della “co-esistenza” delle religioni e
delle culture. La novità della rivelazione di Dio in Gesù Cristo diviene
visibile, sfidante ed effettiva quando i discepoli si impegnano a questo
servizio unico per l’umanità e per il mondo.
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