Lettera Enciclica CARITAS IN VERITATE del Sommo Pontefice BENEDETTO XVI Dato in Roma, presso S. Pietro, il 29 giugno, solennità dei SS. Apostoli Pietro e Paolo, dell’anno 2009, quinto del Pontificato. (Breve presentazione dell’Autore) 1927: Joseph Alois Ratzinger nasce il 16 Aprile 1927, Sabato Santo alle 4,15 a Marktl am Inn. I genitori sono il Commissario di Polizia Joseph Ratzinger e Maria Paintner. Joseph è il terzo ed ultimo figlio dopo Maria Theogonae e Georg. 1937: Joseph comincia a frequentare il Ginnasio a Traunstein e nel 1939 entra nel Seminario Arcivescovile di St. Micheal sempre ma Traunstein. 1943-1945: presta servizio militare come ausiliare nei servizi antiaerei, nei servizi di lavoro e in fanteria. 1945: da Maggio a Giugno è prigioniero degli americani a Neu-Ulm. Sempre nello stesso anno consegue il diploma di maturità nel Liceo di Chiemgau vicino a Traunstein. Da Dicembre e fino all’estate del 1947 studia Filosofia, in seguito studia Teologia presso l’Università di Monaco di Baviera. 1950: fino al 1951 frequenta il Seminario di Frisinga preparandosi all’ordinazione sacerdotale. 1951: il 29 giugno è nominato sacerdote a Frisinga insieme al fratello Georg. Nel luglio del 1953 si laurea in Teologia presso l’Università di Monaco (tesi “Popolo e Casa di Dio nella dottrina della Chiesa di Sant’Agostino”). 1954-1959 è docente di Dogmatica e Teologia Fondamentale. 1959-1963: Professore ordinario di Teologia Fondamentale presso l’Università di Bonn. 1962-1965: E’ consultore teologico dell’Arcivescovo di Colonia e teologo ufficiale del Concilio (Peritus) in occasione del Concilio Vaticano II, è membro della Commissione Teologica dei Vescovi Tedeschi e della Pontificia Commissione Teologica Internazionale a Roma. 1963-1966: Diviene professore ordinario di Dogmatica e Storia dei Dogmi presso l’Università di Munster (prolusione: Rivelazione e Tradizione) e successivamente anche presso l’Università di Tubinga. Nel 1968 viene pubblicata la sua opera “Introduzione al Cristianesimo”. 1969-1977: Professore ordinario di Dogmatica e Storia dei Dogmi presso l’Università di Ratisbona e successivamente Vicedirettore della medesima Università. Nel 1972 insieme con Hans Urs von Balthasar, Henri de Lubac e altri fonda la rivista cattolica internazionale “Communio”. 1978: Partecipa al Conclave per l’elezione di Albino Luciani che diventa Papa Giovanni Paolo I; dopo la morte di Luciani (28 Settembre) prende parte al Conclave e contribuisce in modo determinante all’elezione di Papa Giovanni Paolo II, al secolo Karol Wojtila, Arcivescovo di Cracovia, primo Papa non italiano dal 1523. 1981-2005: Il 25 Novembre 1981 viene nominato da Giovanni Paolo II Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, e quindi anche della Pontificia Commissione Biblica e della Pontificia Commissione Teologica Internazionale. 1993: Viene consacrato Vescovo e gli viene assegnata la sede suburbicaria di Velletri-Segni. 1998: Viene eletto Vice Decano del Collegio Cardinalizio; viene nominato Comandante della Legion d’Onore dal Presidente della Repubblica francese. 2000: dal 13 novembre è Membro Onorario della Pontificia Accademia delle Scienze. 2005: 2 aprile, morte di Giovanni Paolo II. 8 aprile, quale Decano del Collegio Cardinalizio il cardinale Ratzinger officia le Esequie del Papa e presiede il successivo Conclave. Cinque milioni di persone assistono alla liturgia funebre in suffragio di Giovanni Paolo II rendendola verosimilmente la più imponente manifestazione religiosa nella storia dell’umanità. 18 aprile, inizio del Conclave con l’ingresso nella Cappella Sistina dei 115 Cardinali Elettori, Ratzinger pronuncia il Discorso di apertura parlando del “Relativismo”. 19 aprile, da un Conclave straordinariamente breve, durato solo 26 ore, Joseph Ratzinger emerge come 265° successore al Soglio di Pietro nella storia della Chiesa Cattolica Romana. Il nuovo Pontefice assume il nome di Benedetto rifacendosi al fondatore dell’Ordine Benedetto da Norcia ma anche al Pontefice Benedetto XV per le sue iniziative a favore della pace durante la Prima guerra mondiale e per questo chiamato anche il “Papa della Pace”. Benedetto XVI è il primo Papa dell’era moderna che nello stemma rinuncia alla tiara sostituendola con una più sobria mitria. Ma sarà anche il primo ad inserire nello stemma pontificio il pallium, la stola dei vescovi metropolitani. 24 aprile, Santa Messa per l’elevazione al Soglio Pontificio in Piazza San Pietro, alla quale partecipano 500.000 pellegrini e autorità. Benedetto XVI porta il pallio secondo il rito ortodosso un messaggio di apertura e un riferimento al periodo antecedente lo Scisma della Chiesa d’Oriente del 1054, quando la Chiese d’Oriente e la Chiesa d’Occidente erano unite. Lauree ad honorem: College of St. Thomas and Paul, U.S.A. (1984), Università Cattolica di Lima (1986), Università Cattolica di Eichstatt (1987), Università Cattolica di Lublino, Polonia (1988), Università della Navarra a Pamplona (1998), Libera Università “Maria Santissima Assunta” (LUMSA) a Roma (1999), Università di Breslavia (2000). Indice del testo e contenuti più rilevanti del Documento. Introduzione. Cap. 1: Il messaggio della Populorum Progressio. Cap. 2: Lo sviluppo umano nel nostro tempo. Cap. 3: Fraternità, sviluppo economico e società civile. Cap. 4: Sviluppo dei popoli, diritti e doveri, ambiente. Cap. 5: La collaborazione della famiglia umana. Cap. 6: Lo sviluppo dei popoli e la tecnica. Conclusione. 1 (Introduzione) La CARITA’ NELLA VERITA’, di cui Gesù Cristo si è fatto testimone con la sua vita terrena e, soprattutto, con la sua morte e risurrezione, è la principale forza propulsiva per il vero sviluppo di ogni persona e dell’umanità intera. L’amore “Caritas” è una forza straordinaria, che spinge le persone a impegnarsi con coraggio e generosità nel campo della giustizia e della pace. E’ una forza che ha la sua origine in Dio, Amore eterno e Verità assoluta. Aderendo al progetto che Dio ha su di lui, ogni persona umana trova la verità nella quale egli diventa libero. Difendere la verità, proporla con umiltà e convinzione e testimoniarla nella vita, sono forme esigenti di carità. Questa infatti si compiace della verità (1Cor. 13,6). In Cristo, la carità nella verità diventa il volto della sua persona. La carità è la via maestra della dottrina sociale della Chiesa. Per la Chiesa ammaestrata dal Vangelo, la carità è tutto perché, come insegna S. Giovanni, Dio è carità. La carità è il dono più grande che Dio abbia dato agli uomini, è sua promessa e nostra speranza. Dal bisogno di coniugare la carità con la verità non solo nella direzione segnata da S. Paolo, della veritas in caritate (Ef. 4,15), ma anche in quella inversa e complementare della “caritas in veritate”. La verità va cercata ed espressa nell’economia della carità. Solo nella verità la carità risplende perché la verità è luce che dà senso al valore della carità. L’adesione ai valori del Cristianesimo è elemento indispensabile per la costruzione di una buona società e di un vero sviluppo umano integrale. La carità è amore ricevuto e donato. Lo sviluppo, il benessere sociale, una adeguata soluzione dei gravi problemi socioeconomici che affliggono l’umanità, hanno bisogno della verità. Chi ama con carità gli altri è innanzi tutto giusto verso di loro; la giustizia è inseparabile dalla carità. Accanto al bene individuale c’è il bene comune, il bene di noi tutti che formiamo la comunità sociale. La Chiesa non ha soluzioni tecniche da offrire e non può intromettersi nella politica degli stati, ha però una missione da compiere, in ogni tempo e evenienza, per una società a misura d’uomo, della sua dignità e della sua vocazione. Questa missione di verità è per la Chiesa irrinunciabile. Cap. 1 (Messaggio della Populorum Progressio) Dopo la conclusione del Concilio Ecumenico Vaticano II, il sommo Pontefice PaoloVI, ci comunicò due grandi verità. La prima è che tutta la Chiesa, quando annuncia, celebra e opera nella carità, è tesa a promuovere lo sviluppo integrale dell’uomo; la seconda è che l’autentico sviluppo dell’uomo riguarda unitariamente la totalità della persona in ogni sua dimensione. In questo sviluppo le istituzioni da sole non bastano, perché lo sviluppo umano integrale è anzitutto vocazione. La dottrina sociale è costruita sopra il fondamento trasmesso dagli Apostoli ai Padri della Chiesa e poi accolto e approfondito dai grandi Dottori cristiani. Non vi è umanesimo vero se non è aperto verso l’Assoluto. Lo sviluppo umano integrale suppone la libertà responsabile della persona e dei popoli, nessuna struttura può garantire tale sviluppo al di fuori e al di sopra della responsabilità umana. Ciascuno rimane, qualunque siano le influenze che si esercitano su di lui, l’artefice della sua riuscita o del suo fallimento. Le situazioni di sottosviluppo non sono frutto del caso ma dipendono dalla responsabilità umana. E’ per questo che “i popoli della fame interpellano oggi in maniera drammatica i popoli della opulenza”. Il Vangelo è elemento fondamentale dello sviluppo; ammaestrata dal suo Signore, la Chiesa scruta i segni dei tempi, li interpreta ed offre al mondo una visione globale dell’uomo e dell’umanità. Se non è di tutto l’uomo e di ogni uomo, lo sviluppo non è vero sviluppo. Questo è il messaggio centrale della Populorum Progressio, valido oggi e sempre. Il sottosviluppo ha una causa ancora più importante della carenza di pensiero, è la mancanza di fraternità tra gli uomini e tra i popoli. La società globalizzata ci rende vicini ma non ci rende fratelli. La Populorum Progressio sottolinea l’urgenza delle riforme. Questa urgenza sui grandi problemi dell’ingiustizia e dello sviluppo dei popoli, è dettata anche dalla carità nella verità. Cap. 2 (Lo sviluppo umano nel nostro tempo) Il profitto è utile se, in quanto mezzo, è orientato ad un fine che gli fornisca un senso tanto sul come produrlo quanto sul come utilizzarlo. L’esclusivo obiettivo del profitto, se mal prodotto e senza il bene comune come fine ultimo, rischia di distruggere ricchezza e creare povertà. Un’attività finanziaria mal utilizzata e per lo più speculativa, gli imponenti flussi migratori, spesso solo provocati e non poi adeguatamente gestiti, lo sfruttamento sregolato delle risorse della terra, ci inducono a riflettere sulle misure necessarie per dare soluzione a problemi non solo nuovi ma anche di impatto decisivo per il bene presente e futuro dell’umanità. L’attuale crisi economica mondiale ci obbliga a riprogettare il nostro cammino, a darci nuove regole e a trovare nuove formule di impegno, la crisi diventa così una occasione di discernimento e di nuove progettualità. Va ricordato che nei paesi ricchi nuove categorie sociali si impoveriscono e nascono nuove povertà. La corruzione e l’illegalità sono presenti sia nei soggetti economici e politici dei paesi ricchi sia in quelli poveri. La delocalizzazione e la deregolamentazione del mondo del lavoro hanno comportato la riduzione della sicurezza sociale in cambio di maggiori vantaggi competitivi nel mercato globale, con grave pericolo per i diritti fondamentali dei lavoratori. L’incertezza delle condizioni di lavoro porta anche a forme di instabilità psicologica, a difficoltà a costruire il proprio percorso di vita, compreso quello del matrimonio, conseguenza di ciò è il formarsi di situazioni di degrado umano oltre che di spreco sociale, e l’attuale crisi può solo peggiorare tale situazione. Il primo capitale da salvaguardare e valorizzare è l’uomo, la sua persona nella sua integrità, l’uomo infatti è l’autore e il centro di tutta la vita economica e sociale. 2 La fame ad esempio, non dipende tanto da scarsità materiali, quanto piuttosto da scarsità di risorse sociali, la più importante delle quali è di natura istituzionale. Il problema dell’insicurezza alimentare va affrontato in una prospettiva di lungo periodo, eliminando le cause strutturali che lo provocano e promuovendo lo sviluppo agricolo dei paesi più poveri mediante investimenti in infrastrutture e organizzazione dei mercati. Il diritto all’alimentazione è diritto primario alla vita. L’apertura alla vita è al centro del vero sviluppo. L’uomo non è un atomo sperduto in un universo casuale, ma è una creatura di Dio, a cui Egli ha voluto dare un’anima immortale e che ha da sempre amato. Il sapere umano non basta e le conclusioni delle scienze non potranno indicare da sole la via verso lo sviluppo integrale dell’uomo. Questo significa che le valutazioni morali e la ricerca scientifica devono crescere insieme e che la carità deve animarle in un tutto armonico interdisciplinare fatto di unità e distinzione. Oltre quarant’anni dopo la Populorum progressio, il suo tema di fondo, il progresso, resta ancora un problema aperto, reso più acuto e impellente dalla crisi economico-finanziaria in atto. Dopo quarant’anni assistiamo ancora a nuove forme di colonialismo dovute spesso a gravi irresponsabilità degli stessi paesi resisi indipendenti; la novità principale è stata l’esplosione dell’interdipendenza planetaria, ormai comunemente nota come globalizzazione. Cap.3 (Fraternità, sviluppo economico e società civile) Talvolta l’uomo moderno è erroneamente convinto di essere il solo autore di se stesso, della sua vita e della società. E’ questa una presunzione conseguenza alla chiusura egoistica in se stessi. Senza forme di solidarietà e fiducia reciproca, anche il mercato non può pienamente espletare la propria funzione economica. Ed oggi questa fiducia è venuta a mancare, e la perdita della fiducia è una perdita grave. I poveri non sono da considerarsi un “fardello”, bensì una risorsa anche dal punto di vista strettamente economico. L’attività economica non può risolvere tutti i problemi sociali mediante la logica mercantile, pertanto l’agire economico non va separato da quello politico a cui spetta l’importante compito del perseguimento della giustizia nella ridistribuzione della ricchezza. La sfera economica non è di sua natura né disumana né antisociale, essa appartiene all’attività dell’uomo e, proprio perché umana, deve essere strutturata e istituzionalizzata eticamente. La giustizia riguarda tutte le fasi dell’attività economica e ogni decisione economica ha una conseguenza di carattere morale. La solidarietà è anzitutto sentirsi tutti responsabili di “tutti”, quindi non può essere delegata solo allo Stato, anche se l’ordine civile per reggersi ha bisogno dell’intervento ridistributivo dello Stato. L’impresa economica non può ridurre la sua valenza sociale, rinunciare alla sua responsabilità sociale; Giovanni Paolo II avvertiva che investire ha sempre un significato morale, oltre che economico. Non è nemmeno lecito delocalizzare solo per godere di particolari condizioni di favore, o peggio per sfruttamento, senza apportare alla società locale un vero contributo per la nascita di un robusto sistema produttivo, fattore imprescindibile per un reale sviluppo sociale. L’imprenditorialità, prima di avere un significato professionale, ne ha uno umano. La stessa globalizzazione, a priori non è né buona né cattiva, sarà ciò che le persone ne faranno. Cap. 4 (Sviluppo dei popoli, diritti e doveri, ambiente) Molte persone oggi tendono a pensare di non dovere niente a nessuno, tranne che a se stesse, occorre ricordare che gli stessi diritti presuppongono dei doveri senza i quali si trasformano in arbitrio. La condivisione dei doveri reciproci mobilita assai più della sola rivendicazione dei diritti. L’economia ha bisogno dell’etica per il suo corretto funzionamento, occorre adoperarsi affinchè nascano non solamente settori o segmenti etici, ma che l’intera economia e l’intera finanza siano etiche. Il profitto va concepito come strumento per raggiungere finalità di umanizzazione del mercato e della società. Negli interventi di sviluppo va fatto salvo il principio della centralità della persona umana. Nel tema dello sviluppo va inoltre considerato il rapporto dell’uomo con l’ambiente naturale. La natura è espressione di un disegno di amore e di verità, essa ci è data da Dio come ambiente di vita. I progetti per lo sviluppo umano non possono ignorare le generazioni future, devono essere quindi improntati a solidarietà e a giustizia intergenerazionali. Il creato non lo possiamo lasciare alle nuove generazioni depauperato delle sue risorse. C’è spazio per tutti su questa terra, ma dobbiamo avvertire come dovere importantissimo quello di consegnare la terra alle future generazioni in uno stato tale che anch’esse possano degnamente abitarla e ulteriormente coltivarla. Uno dei maggiori compiti dell’economia è proprio il più efficiente uso delle risorse e non il loro abuso. La Chiesa ha una responsabilità per il creato e deve far valere questa responsabilità anche in pubblico, deve soprattutto proteggere l’uomo contro la distruzione di se stesso. Cap. 5 (La collaborazione della famiglia umana) Una delle più profonde povertà che l’uomo può sperimentare è la solitudine. Questa porta a una chiusura in se stesso e a una alienazione che lo costringe a credere di non aver bisogno di nessuno e a non credere ad alcun fondamento. Lo sviluppo dei popoli 3 dipende soprattutto da riconoscimento di essere una sola famiglia. Non è isolandosi che l’uomo valorizza se stesso, ma ponendosi in relazione con gli altri e con Dio. La religione cristiana, religione del “Dio dal volto umano”, ma anche altre religioni, possono dare il loro apporto allo sviluppo solo se Dio trova un posto anche nella sfera pubblica, con specifico riferimento alle dimensioni culturale, sociale, economica e, in particolare, politica. La dottrina sociale della Chiesa è nata per rivendicare questo “statuto di cittadinanza” della religione cristiana. L’esclusione della religione dall’ambito pubblico come, per altro verso, il fondamentalismo religioso, impediscono l’incontro tra le persone e la loro collaborazione per il progresso dell’umanità. La vita pubblica si impoverisce e la politica assume un volto opprimente e aggressivo. Per i credenti, il mondo non è frutto del caso, ma di un progetto di Dio. Il governo della globalizzazione deve essere di tipo sussidiario, articolato su più livelli e su piani diversi che collaborino reciprocamente. Il principio di sussidiarietà va mantenuto connesso con il principio di solidarietà e viceversa, perché se la sussidiarietà senza la solidarietà scade nel particolarismo sociale, è altrettanto vero che la solidarietà senza la sussidiarietà scade nell’assistenzialismo che umilia il portatore di bisogno. Gli aiuti economici per essere veramente tali, non devono perseguire secondi fini. Occorre comunque ricordare che la maggior risorsa da valorizzare nei paesi da assistere è la risorsa umana, questo è il vero capitale da sviluppare per assicurare ai paesi poveri un vero avvenire autonomo. L’aiuto allo sviluppo dei paesi poveri deve essere considerato come vero strumento di creazione di ricchezza per tutti. Un altro aspetto meritevole di attenzione è il fenomeno delle migrazioni che pone sfide drammatiche alle comunità nazionali e internazionali per il suo aspetto sociale ed epocale e che richiede una forte e lungimirante politica di cooperazione internazionale per essere adeguatamente affrontato. Nessun paese da solo può ritenersi in grado di far fronte ai problemi migratori del nostro tempo. Ogni migrante è una persona umana che possiede diritti fondamentali inalienabili che vanno rispettati da tutti e in ogni situazione. Nella considerazione dei problemi dello sviluppo occorre mettere in evidenza il nesso diretto tra povertà e disoccupazione. I poveri in molti casi sono il risultato della violazione della dignità del lavoro umano, in questi casi è opportuno un richiamo urgente alle organizzazioni sindacali dei lavoratori, da sempre sostenute dalla Chiesa che ricorda comunque sempre, la distinzione dei ruoli e delle funzioni tra sindacato e politica. Per quanto poi riguarda la finanza, deve ritornare ad essere uno strumento finalizzato alla migliore produzione di ricchezza ed allo sviluppo. Tutta l’economia e tutta la finanza, devono, in quanto strumenti, essere utilizzati in modo etico così da creare le condizioni adeguate per lo sviluppo dell’uomo e dei popoli. Gli operatori della finanza devono riscoprire il fondamento etico della loro attività e non abusare di quegli strumenti sofisticati che possono tradire i risparmiatori. Inoltre i soggetti più deboli vanno educati a difendersi dai rischi dell’usura e della disperazione. Cap. 6 (Lo sviluppo dei popoli e la tecnica) Lo sviluppo oggi è strettamente congiunto con il progresso tecnologico e le sue strabilianti applicazioni in campo biologico. La tecnica permette di dominare la materia, di ridurre i rischi, di risparmiare fatica, di migliorare le condizioni di vita. La tecnica è l’aspetto oggettivo dell’agire umano, pertanto si inserisce nel mandato di “coltivare e custodire la terra” (Gn 2,15). Pertanto la libertà umana è propriamente se stessa solo quando risponde al fascino della tecnica con decisioni che siano frutto di responsabilità morale. Lo sviluppo umano è impossibile senza uomini retti, senza operatori economici e uomini politici che vivano fortemente nelle loro coscienze l’appello del bene comune. Un campo cruciale è oggi quello della bioetica in cui si gioca realmente la possibilità stessa di uno sviluppo umano integrale. Si tratta di un ambito delicatissimo e decisivo in cui emerge con drammatica forza la questione fondamentale: se l’uomo si sia prodotto da se stesso o se egli dipenda da Dio. Si è di fronte a un aut aut decisivo. Attratta dal puro fare tecnico, la ragione senza la fede è destinata a perdersi nell’illusione della propria onnipotenza. La fede senza la ragione, rischia l’estraniamento dalla vita concreta delle persone. Il problema dello sviluppo è strettamente collegato anche alla nostra concezione dell’anima dell’uomo, dal momento che il nostro io viene spesso ridotto alla psiche e la salute dell’anima è confusa con il benessere emotivo. Lo sviluppo deve comprendere una crescita spirituale oltre che materiale, perché la persona umana è una “unità di anima e corpo” nata dall’amore creatore di Dio e destinata a vivere eternamente. L’alienazione sociale e psicologica e le tante nevrosi che caratterizzano le società opulente rimandano anche a cause di ordine spirituale. Le nuove forme di schiavitù della droga e la disperazione in cui cadono tante persone trovano una spiegazione non solo sociologica e psicologica, ma essenzialmente spirituale. Non ci sono sviluppo plenario e bene comune universale senza il bene spirituale e morale delle persone, considerate nella loro interezza di anima e corpo. (Conclusione) Senza Dio l’uomo non sa dove andare e non riesce nemmeno a comprendere chi egli sia. La parola del Signore Gesù Cristo che ci fa consapevoli: “Senza di me non potete far nulla” (Gv15,5) e ci incoraggia: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20). La maggior forza a servizio dello sviluppo è quindi un umanesimo cristiano, che ravvivi la carità e si faccia guidare dalla verità, accogliendo l’una e l’altra come dono permanente di Dio. 4 Al contrario, la chiusura ideologica a Dio e l’ateismo dell’indifferenza, che dimenticano il Creatore e rischiano di dimenticare anche i valori umani, si presentano oggi tra i maggiori ostacoli allo sviluppo. L’umanesimo che esclude Dio è un umanesimo disumano. Lo sviluppo ha bisogno di cristiani con le braccia alzate verso Dio nel gesto della preghiera, cristiani mossi dalla consapevolezza che l’amore pieno di verità, caritas in veritate, da cui procede l’autentico sviluppo, non è da noi prodotto ma ci viene donato. L’uomo è soggetto della propria esistenza ed insieme è di Dio perché Dio è al principio e alla fine di tutto ciò che vale e redime: “Il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro: tutto è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio” (1 Cor 3,22-23). (Materiali di riferimento) Benedetto XVI “Caritas in Veritate” Libreria Editrice Vaticana. Benedetto XVI “Luce del Mondo” Libreria Editrice Vaticana. CARITAS IN VERITATE BENEDETTO XVI Dato in Roma, presso S. Pietro, il 29 giugno, solennità dei SS. Apostoli Pietro e Paolo, dell’anno 2009, quinto del Pontificato. Joseph Ratzinger è nato a Marktl am Inn, in Germania il 16 aprile 1927 diocesi di Passau (Germania). Ordinato sacerdote nel 1951, divenuto arcivescovo di Monaco e Frisinga e creato cardinale nel 1977, nel 1981 è stato nominato da Giovanni Paolo II, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Il 19 aprile 2005 è stato eletto Papa, assumendo il nome di Benedetto XVI. Nel 2006 ha pubblicato la sua prima Enciclica, Deus Caritas Est e l’anno seguente la seconda Enciclica Spe salvi. La sua opera teologica e pastorale comprende oltre seicento articoli e un centinaio di libri tradotti in tutte le lingue. La nuova Enciclica vuole essere una presentazione aggiornata della Dottrina sociale della Chiesa e si ispira soprattutto alla Populorum progressio di Paolo VI. La Caritas in veritate si occupa della situazione sociale dell’umanità nel mondo di oggi e tratta quindi molti dei temi connessi con essa. La Caritas in veritate è rivolta a tutti gli uomini di buona volontà, è un documento che pretende di rinnovare i rapporti tra Chiesa e politica lavorando da dentro la società e rilanciando quanto già scritto nel “Compendio della Dottrina sociale della Chiesa”. Essa è al servizio della famiglia umana. L’Enciclica non ha mai un tono declamatorio ma propone un pacato disegno argomentato. E’ una riflessione tenace che tesse pazientemente la trama di un arazzo di dimensioni mondiali. Essa si suddivide nei seguenti sei capitoli: Cap. 1: Il messaggio della Populorum Progressio. Cap. 2: Lo sviluppo umano nel nostro tempo. Cap. 3: Fraternità, sviluppo economico e società civile. Cap. 4: Sviluppo dei popoli, diritti e doveri, ambiente. Cap. 5: La collaborazione della famiglia umana. Cap. 6: Lo sviluppo dei popoli e la tecnica. L’amore nella verità è il criterio fondamentale per valutare gli eventi sociali e, insieme per proporre vie di uno sviluppo umano integrale. Il principio amore nella verità non offre le soluzioni già pronte ma conduce a trovarle. L’Enciclica apre alla speranza della possibilità di uno sviluppo secondo il disegno di Dio, che fa appello alla libertà-responsabilità personale e collettiva. Le risorse umane e materiali sono immense, occorre valorizzarle contrastando e neutralizzando le spinte al negativo, si rende perciò necessaria una conversione culturale di tipo etico, una conversione appunto all’amore nella verità che viene da Dio ed è iscritto nel cuore di ogni essere umano. Da questa sorgente nasce l’impegno per la giustizia e il bene comune e prendono avvio le iniziative per creare un futuro sostenibile per tutti. Se il mondo è globale, deve esserlo anche il pensiero. Benedetto XVI afferma che la Carità è la via maestra della Dottrina sociale della Chiesa e ogni responsabilità e impegno delineati da tale dottrina sono attinti alla Carità che secondo l’insegnamento di Gesù, è la sintesi di tutta la Legge. La Carità va però coniugata con la verità, essa va cercata ed espressa nella “economia” della Carità; la Carità a sua volta va compresa, avvalorata e praticata alla luce della Verità. La Carità purifica la giustizia. Il modello economico che si è venuto affermando negli ultimi quarant’anni ha prodotto paradossi teorici e lacerazioni sociali. Mettendo al centro il profitto e l’efficienza, ha diffuso quelle idee che stanno alla radice dell’attuale crisi economica. I sostenitori del liberismo economico hanno accolto tiepidamente l’Enciclica Caritas in veritate. Essi riconoscono il suo positivo sostegno al profitto, all’economia di mercato, alla globalizzazione della tecnologia e al commercio internazionale. Alcuni la considerano tuttavia un miscuglio di cose buone e cattive, perché esorta a maggiori aiuti internazionali, al rafforzamento del potere dei sindacati e alla gestione della globalizzazione da parte di istituzioni internazionali. Altri argomentano che, essendo le questioni sociali ed economiche divenute così complesse, il tempo delle encicliche papali che propugnano la Dottrina sociale della Chiesa è ormai finito. Occorre sovvertire questi principi e tornare alle radici, là dove sono sorte le idee di mercato e di bene comune. Questa Enciclica è un documento straordinariamente incisivo, ha posto con fermezza nell’agenda internazionale la Fede Cristiana quale visione del mondo. Affronta tutte le questioni chiave del nostro tempo, la crisi finanziaria, la povertà globale, l’ambiente, la globalizzazione, la tecnologia, e dimostra che la Fede Cristiana può offrire una risposta e una prospettiva unica su ognuna di esse. Il 9 luglio 2009 l’allora governatore della Banca d’Italia Mario Draghi, commentando l’Enciclica, ha osservato che per la Chiesa se non è più mezzo per il raggiungimento del fine ultimo “il bene comune”, il profitto rischia di generare povertà. Il banchiere Gotti Tedeschi aggiunse che Benedetto XVI meritava il premio Nobel per l’economia. Mi piace chiudere questa breve sintesi dell’ultima Enciclica di Benedetto XVI, con le parole dell’Apostolo delle genti nella sua Lettera ai Romani: “La Carità non sia ipocrita: detestate il male, attaccatevi al bene; amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda” (12,9-10). Italo Tomasini 5