SENTENZA_TAR_LAZIO_SU_DECRETO_SARTANI

T.A.R. Roma Lazio sez. III del 14 marzo 2011 sentenza n. 2238
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso n. 6426/10, proposto da Laboratori G. s.p.a. e M.
Istituto Farmacobiologico s.p.a., in persona dei rispettivi
rappresentanti legali pro tempore, entrambe rappresentate e difese
dagli avv.ti Gaetano Viciconte e Gennaro Terracciano e con questi
elettivamente domiciliata in Roma, Largo Arenula n. 34, presso lo
studio dell'avv. Gennaro Terracciano,
contro
la Regione Lazio, in persona del Presidente pro tempore,
rappresentata e difesa dall'avv. Elena Prezioso e con questa
elettivamente domiciliata presso il proprio ufficio legale in Roma,
via Marcantonio Colonna n. 27, nonché
la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente
pro tempore, non costituita in giudizio, nonché,
nei confronti di
Doc. Generici s.r.l., in persona del legale rappresentante pro
tempore, non costituita in giudizio,
per l'annullamento
del decreto del commissario ad acta 19 marzo 2010 n. 24, recante
"Promozione dell'appropriatezza e razionalizzazione d'uso dei farmaci
che agiscono sul sistema renina-angiotensina", nonché di ogni altro
atto presupposto, connesso e/o conseguente, nonché
per la condanna al risarcimento dei danni subiti per effetto
dell'adozione dell'illegittimo decreto.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Lazio;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 marzo 2011 il cons.
Giulia Ferrari e uditi per le parti i difensori come specificato nel
verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO1. Con ricorso notificato in data 14 giugno 2010 e depositato il successivo 15 luglio 2010 la
Laboratori G. s.p.a. e la M. Istituto Farmacobiologico s.p.a. hanno impugnato il decreto del
commissario ad acta 19 marzo 2010 n. 24, recante "Promozione dell'appropriatezza e
razionalizzazione d'uso dei farmaci che agiscono sul sistema renina-angiotensina".
Parte ricorrente espone, in fatto, di far parte del Gruppo Menarini e di operare nel campo della
ricerca, produzione e commercializzazione di sostanze medicinali. Producono e commercializzano,
per quanto di interesse nel presente gravame, medicinali, tutti brevettati, appartenenti alla Fascia
A, che ricomprende "medicinali impiegati per patologie gravi, croniche e acute". Ai sensi della
delibera CIPE 1 febbraio 2001 n. 3 il prezzo dei farmaci della fascia A non è determinato sulla base
di semplici dinamiche del mercato e attraverso una negoziazione con le imprese farmaceutiche, che
si fonda su parametri predeterminati. Si tiene conto dell'efficacia terapeutica del medicinale, della
presenza sul mercato di prodotti con le stesse indicazioni terapeutiche, degli investimenti che sono
stati necessari per sviluppare il medicinale, del probabile bacino d'utenza a livello nazionale, che
determinerà il quantitativo stimabile di prodotto che sarà acquistato a carico del Servizio sanitario
nazionale. La contrattazione è svolta dall'AIFA (e, prima di questa, dal CUF).
Con l'impugnato decreto del Commissario ad acta del 19 marzo 2010 n. 24 sono state introdotte
limitazioni alla prescrivibilità di alcune categorie di farmaci presenti in fascia A, quali i sartani,
penalizzando le specialità prodotte dalle ricorrenti. È stato stabilito che la percentuale massima di
prescrizioni attinenti una classe di farmaci sul totale delle confezioni di medicinali che agiscono sul
sistema renina-angiotensina non deve superare il 30% per l'anno 2010. Si è aggiunto che,
all'interno di tale categoria, l'incidenza minima delle confezioni del principio attivo losartan deve
essere pari al 40% del totale delle confezioni dei sartani non associati e l'incidenza minima delle
confezioni del principio attivo losartan in associazione deve essere pari al 40% del totale delle
confezioni di sartani associati. Infine, sono fissate le modalità di cura dei pazienti ipertesi: nel
paziente naive (cioè non trattato in precedenza) il trattamento, relativamente alle indicazioni
autorizzate, deve essere iniziato con l'ace-inibitore, prediligendo le molecole a brevetto scaduto e,
laddove ci siano controindicazioni dovute a intolleranza, con il losartan fino alla dose piena di 100
mg.. L'eventuale cambio di terapia (intendendosi per tale la sostituzione della molecola con un'altra
nell'ambito della stessa classe farmacologica) può avvenire solo per casi documentati che non
rispondono dopo un periodo congruo di 8 settimane di trattamento continuativo con il predetto
principio. Tali indicazioni devono essere rispettate sia nel caso del principio attivo non associato che
in associazione.
Con tali prescrizioni si introducono, dunque, limitazioni alla generale prescrivibilità di alcuni tipi di
farmaci.
2. Avverso i predetti provvedimenti la ricorrente è insorta deducendo:
a) Violazione art. 117 Cost. - Violazione art. 3 Cost. - Violazione artt. 32 e 117 Cost. - Violazione e/o
falsa applicazione direttiva 01/83/CE "codice comunitario sui medicinali".
Con l'adozione dell'impugnato decreto il commissario ad acta finisce per costringere i medici a
somministrare i farmaci di costo inferiore, in luogo di quelli ritenuti più adeguati. E ciò nonostante
entrambi facciano parte della classe A del prontuario farmaceutico.
b) Violazione artt. 6 e 7 direttiva 89/105/CEE del Consiglio del 21 dicembre 1988 - Violazione art. 3
L. n. 241 del 1990.
Il decreto commissariale si pone in aperto contrasto con la direttiva europea 89/105/CE del 21
dicembre 1988, perché limita la prescrizione di farmaci a carico del Servizio sanitario nazionale.
c) Violazione del regolamento comunitario n. 1768/1992 - Violazione della direttiva 89/1905/CEE
sotto ulteriore profilo.
Il decreto commissariale impugnato viola la disciplina comunitaria anche perché sacrifica la
proprietà intellettuale sottesa ai brevetti che tutelano le specialità medicinali prodotte dalle
ricorrenti, obbligando i medici a prescrivere prodotti non più tutelati da privativa industriale.
d) Violazione e/o falsa applicazione artt. 5 e 6 D.L. n. 347 del 2001 - Eccesso di potere per illogicità
manifesta, contraddittorietà e disparità di trattamento.
L'impugnato decreto è stato adottato senza la previa consultazione delle associazioni di categoria
interessate ed ha arbitrariamente determinato un decadimento dei livelli essenziali di assistenza.
3. La ricorrente chiede altresì la condanna al risarcimento dei danni subiti per effetto dell'azione
dell'illegittimo decreto commissariale.
4. Si è costituita in giudizio la Regione Lazio, che ha sostenuto l'infondatezza, nel merito, del
ricorso.
5. La Presidenza del Consiglio dei Ministri non si è costituita in giudizio.
6. La Doc. Generici s.r.l. non si è costituita in giudizio.
7. Con memorie depositate alla vigilia dell'udienza di discussione le parti costituite hanno ribadito le
rispettive tesi difensive.
8. Alla Camera di consiglio del 10 settembre 2010, sull'accordo delle parti, l'esame dell'istanza di
sospensione cautelare è stato abbinato al merito.
9. All'udienza del 9 marzo 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO1. In via preliminare alcune considerazioni appaiono necessarie al fine di ricondurre la
materia del contendere nei confini entro i quali è esperibile il sindacato del giudice amministrativo.
Il Collegio richiama i principi enunciati nella recente sentenza n. 1239 dell'8 febbraio 2011 secondo
cui il settore sanitario è uno dei tanti settori di spiccato rilievo sociale nei quali lo Stato è
costituzionalmente obbligato ad intervenire anche con misure di sostegno finanziario che pesano sul
suo bilancio, equamente distribuendole fra gli stessi sulla base di una comparazione dei relativi
bisogni riservata all'esclusiva e responsabile valutazione del legislatore e della competente
Amministrazione, ma con il limite costituito dalle risorse finanziarie in atto disponibili per la
copertura della relativa spesa.
La sede in cui queste vengono accertate, quantificate e distribuite fra i settori interessati è il
bilancio di previsione dello Stato, le cui prescrizioni costituiscono un limite invalicabile e il cui
superamento, qualunque siano le cause che lo hanno determinato (aumento della richiesta da parte
dell'utenza, lievitazione dei costi afferenti le prestazioni dovute, abusi, ecc.), rende doverosi gli
interventi correttivi immediati, che s'impongono a tutti coloro che, a diverso titolo, sono presenti
nello specifico settore (utenti, strutture operative, fornitori di prestazioni).
La necessità di assicurare compatibilità ed equilibrio fra spesa sostenibile e qualità e quantità del
servizio da erogare alla collettività costituisce infatti regola indefettibile, in quanto dettata a tutela
dell'interesse generale, a fronte del quale l'interesse del privato (sia esso utente o fornitore del
servizio) deve ritenersi, nei limiti della ragionevolezza, recessivo.
Questa regola s'impone anche per il settore sanitario, in esso ricomprendendo naturalmente anche
il servizio farmaceutico, che è fra quelli che più pesano sul bilancio dello Stato, con continui aumenti
della spesa conseguenti, in non trascurabile parte, a carenze nella gestione del servizio pubblico,
specie nella parte affidata alla mano privata, e alla mancanza di adeguati controlli sull'attività
speculativa dei produttori di farmaci, sulla pubblicità martellante di prodotti aventi la medesima
efficacia terapeutica ed aventi il solo scopo di acquisire, con un costo che si riflette immediatamente
su quello finale dei singoli prodotti, un uso anomalo di questi ultimi.
Di qui la necessità di intervenire con determinazioni di carattere autoritativo e vincolante, e non
concordata e convenzionale, per la fissazione del tetto massimo annuale di spesa sostenibile con il
fondo sanitario per singola istituzione o per gruppi di istituzioni, nonché per la determinazione dei
preventivi annuali delle prestazioni. (Cons. Stato, Ad. Plen., 3 marzo 2008 n. 1; id., sez. V, 19
novembre 2009 n. 7236; id. 25 gennaio 2002 n. 418). Il carattere autoritativo e vincolante delle
determinazioni in tema di limiti delle spese sanitarie esprime infatti la necessità che l'attività dei
vari soggetti operanti nel relativo sistema si svolga nell'ambito di una pianificazione finanziaria,
tendente a garantire la corretta gestione delle limitate risorse disponibili (Cons. Stato, sez. V, 25
gennaio 2002 n. 418).
Segue da ciò che dette determinazioni sono espressione di un potere discrezionale che, per la sua
necessaria ampiezza, concede solo spazi limitatissimi per gli interventi annullatori e/o correttivi del
giudice della legittimità, dovendo esso bilanciare interessi diversi e confliggenti, quali quelli al
contenimento della spesa, quelli relativi alla pretesa degli assistiti a prestazioni sanitarie e
farmaceutiche adeguate, quelli degli operatori privati, che ancora ritengono di potersi muovere
anche nel sistema sanitario pubblico con la logica imprenditoriale usuale nel libero mercato, quelli
dell'efficienza delle strutture pubbliche che costituiscono un pilastro del sistema sanitario nazionale,
con conseguente necessità per i pubblici poteri di accentuare in una determinata fase storica
l'esigenza di contenimento della spesa ed in un'altra l'esigenza di rafforzamento della tutela
sanitaria, essendo l'atto in esame quello che condiziona l'esercizio del diritto sociale alla salute,
compatibilizzandolo con il suo costo parimenti sociale.
2. Nel caso in esame, come si è detto in narrativa, è contestata dalle ricorrenti la legittimità del
provvedimento commissariale che - in presenza di un nuovo prodotto farmaceutico che, pur avendo
un'efficacia terapeutica "non inferiore" a quella di altri finalizzati alla cura delle medesime patologie
(l'ipertensione nelle sue diverse manifestazioni), ha un prezzo di vendita di gran lunga superiore ha fissato un limite massimo di prescrivilibità e, quindi, di rimborsabilità dello stesso, ma facendo
salvi i casi nei quali, dopo un periodo congruo di trattamento continuativo, i prodotti di minor prezzo
risultino, a giudizio e sotto la responsabilità personale del medico curante, non prescrivibili per
intolleranza, allergia, inefficacia, particolari esigenze terapeutiche per pazienti a rischio e
prosecuzione di terapia.
Al di fuori di questi casi l'impugnato provvedimento impone ai medici prescrittori di far ricorso a
medicinali aventi la medesima o superiore efficacia terapeutica, ma che hanno un prezzo di vendita
inferiore per scadenza o prossima scadenza del brevetto, in quanto soluzione idonea a soddisfare il
rapporto costo-efficacia.
Tale essendo la motivazione a supporto dell'impugnato provvedimento il ricorso deve essere
respinto essendo non pertinenti o palesemente infondate le censure dedotte contro di esso.
3. Prive di pregio sono le censure dedotte con il primo e il secondo motivo di ricorso e volte a
contestare, con richiamo alla normativa nazionale e comunitaria, la competenza della Regione (e
quindi del commissario ad acta regionale) ad adottare provvedimenti intesi ad "impedire la
prescrizione e il rimborso a carico del S.S.N. di farmaci inseriti in classe A".
Premesso in punto di fatto che il deliberato del commissario non impedisce, ma limita la
prescrizione del farmaco prodotto dalle ricorrenti per le ragioni innanzi esposte - e che non sussiste
alcuna violazione del diritto fondamentale alla salute (art. 32 Cost.), atteso che esso è
adeguatamente tutelato dalla prescrivibilità di farmaci di eguale se non superiore e collaudata
efficacia terapeutica, ma di minor costo per la collettività, sulla quale ricade la relativa spesa - la
competenza della Regione non può essere messa in discussione, atteso che essa è il soggetto
"pagatore", obbligato a contenere i costi dell'assistenza farmaceutica entro il limite massimo fissato
dal bilancio di previsione dello Stato e per legge tenuto a rendere compatibile la spesa sostenibile
con le risorse finanziarie disponibili, evitando costi ingiustificati e adottando misure idonee a
scongiurare gli sprechi che, soprattutto nel settore farmaceutico, costituiscono un fenomeno noto e
in larga misura responsabile del dissesto finanziario della sanità pubblica.
Non pertinente al fine del decidere sulla competenza del commissario ad acta regionale è il richiamo
delle ricorrenti alla direttiva comunitaria 89/105/CEE del Consiglio 21 dicembre 1988, atteso che il
suo riferimento allo Stato membro non è finalizzato a individuare in esso il soggetto competente a
intervenire nel settore farmaceutico, ma solo a lasciare ad ogni Stato membro il compito di "definire
i prezzi" delle singole specialità medicinali e la loro "inclusione nei regimi nazionali di assicurazione
malattia" (che è questione del tutto estranea alla materia del contendere), nel rispetto dei principi
generali da essa dettati, ma lasciando alle "autorità competenti di ciascuno Stato membro" il
compito di "decidere l'esclusione di singole specialità medicinali o categorie di specialità medicinali
dalla copertura del proprio regime nazionale di assicurazione malattia".
Con riferimento a dette ipotesi (estranee alla materia del contendere) la direttiva impone ai singoli
Stati membri e, per essi, alle "singole autorità competenti" l'esposizione dei motivi "basati su criteri
obiettivi e verificabili" che hanno determinato l'inclusione di determinati farmaci nei c.d. "elenchi
negativi".
Nel caso in esame, quand'anche si potesse ritenere che si tratta di regole applicabili per analogia
anche ai provvedimenti che fissano la quantità dei prodotti farmaceutici rimborsabili (tesi peraltro
nient'affatto condivisibile, attesa la specialità della prescrizione comunitaria), le stesse sono state
comunque ampiamente rispettate dal commissario ad acta regionale, il quale nel suo provvedimento
ha chiarito le ragioni che l'hanno indotto ad intervenire e che non sono solo ragionevoli, ma anche
obbligatorie nel quadro di un doveroso rispetto della spesa sostenibile e della tutela comunque da
assicurare agli utenti del Sevizio sanitario regionale.
Segue da ciò che l'affermazione delle ricorrenti, secondo cui (pag. 23 dell'atto introduttivo del
giudizio) il provvedimento commissariale sarebbe "atto non solo privo di qualsiasi indicazione di
criterio obiettivo atto giustificare la scelta, ma addirittura privo di una reale motivazione", non è
condivisibile in presenza di un testo letterale dal contenuto inequivocabile.
Lo stesso dicasi per il richiamo a principi enunciati dal giudice delle leggi e dal giudice della
legittimità in ordine ai rapporti fra disciplina comunitaria e disciplina nazionale, che non sono
pertinenti al caso in esame atteso che, come si è dimostrato, non esiste alcuna violazione della
prima ad opera della seconda.
4. Privo di pregio è anche il terzo motivo di doglianza, con il quale si sostiene che l'impugnato
provvedimento si porrebbe in contrasto con la normativa comunitaria e internazionale a tutela del
diritto al normale sfruttamento del brevetto da parte del suo titolare, nel caso in esame pregiudicato
dal limite quantitativo posto alla rimborsabilità del prodotto farmaceutico sul quale detto brevetto è
apposto e dalla dichiarata preferenza per farmaci di eguale efficacia terapeutica per i quali il relativo
brevetto è scaduto.
Ciò che colpisce nell'impostazione generale data dalle ricorrenti alla difesa delle proprie ragioni è
l'implicito rifiuto a prendere consapevolezza che l'operatore economico, che ha chiesto ed ottenuto
di poter operare nel settore sanitario pubblico per ricavare un guadagno dalla vendita in esso dei
suoi prodotti, non è libero di agire secondo le regole proprie di un libero mercato, ma soggiace a
quelle fissate dall'Autorità alla quale è affidato il governo di detto settore e che deve conciliare il
bisogno di assistenza sanitaria da garantire alla collettività con le sempre più ridotte risorse
finanziarie di cui dispone.
In sostanza quello sanitario pubblico non è un mercato nel quale l'operatore economico è libero di
agire secondo le proprie regole, fissando la quantità e il prezzo delle sue prestazioni, ma soggiace a
quelle che fissa il gestore dello stesso, che può contestare solo sotto il profilo della contrarietà a
principi di diritto, della irragionevolezza e della ingiustificata disparità di trattamento.
Nel caso di specie il Commissario ad acta regionale ha messo a raffronto prodotti farmaceutici di
eguale efficacia terapeutica e, preso atto della notevole differenza di prezzo di acquisto fra gli
stessi, ha dato istruzione ai medici di ridurre entro limiti prestabiliti la prescrizione di quello che ha
un costo per la Regione (e, quindi, per collettività) superiore agli altri e che trova giustificazione
solo nell'interesse del produttore a sfruttare il relativo brevetto.
Si tratta di scelta assolutamente legittima, che deve ragionevolmente ritenersi corrispondente a
quella che la ricorrente compie quando acquista sul mercato la materia prima necessaria per la
produzione del farmaco, cioè la migliore qualità al minor prezzo.
Nè è pertinente il richiamo del legislatore comunitario alla necessità per gli Stati membri di
incoraggiare, in sede di determinazione dei prezzi dei farmaci, la ricerca scientifica atteso che
questa va tutelata quando il prodotto farmaceutico è veramente innovativo perché fronteggia una
patologia rispetto alla quale i prodotti esistenti sono inefficaci o non sufficientemente efficaci, e non
quando è finalizzata solo all'individuazione di un principio attivo capace di diversificare il nuovo
prodotto soltanto sotto il profilo dei suoi componenti e di assicurare al produttore la possibilità di
competere con i produttori di altri farmaci di eguale o superiore efficacia, da tempo presenti sul
mercato e già collaudati sotto il profilo della piena efficacia terapeutica.
L'interesse perseguito dalla ricorrente è in effetti solo speculativo, e quindi non assecondabile in un
settore, quale quello sanitario pubblico, nel quale ben altri sono gli interessi che la Regione è
obbligata a tutelare, cioè la salute dei cittadini, rispetto alla quale l'intento della ricorrente di uscire
vittoriosa dalla competizione con altri produttori di farmaci aventi le medesime proprietà
terapeutiche è del tutto recessivo.
Non è neppure pertinente il richiamo alla sentenza della IV sezione del Consiglio di Stato 15 giugno
2004 n. 4004 (pag. 31 dell'atto introduttivo del giudizio), atteso che l'esigenza da essa
rappresentata, cioè di tener conto in sede di determinazione del prezzo di un farmaco con brevetto
scaduto delle sue "peculiarità", è questione che potrebbe essere sollevata dai produttori di farmaci
con prezzo ridotto per la sopravvenuta indisponibilità del brevetto, e quindi non solo non è
pertinente rispetto alla tesi della ricorrente, ma introduce un ulteriore elemento di non
condivisibilità nella parte in cui rivendica un trattamento potiore perché titolare di un brevetto
ancora operativo.
Nel deliberato del commissario ad acta non è quindi ravvisabile una ingiustificata disparità di
trattamento, in ragione delle diverse posizioni dei produttori di farmaci messi a raffronto. D'altro
canto la legittima diversità di trattamento potrebbe essere neutralizzata dalla ricorrente
rinunciando allo sfruttamento economico del brevetto, atteso che da questo non deriva - come
attestato dalla scienza medica - un riconosciuto apprezzabile vantaggio terapeutico per i soggetti
affetti da ipertensione.
5. Manifestamente infondato è l'ultimo motivo di ricorso, in tutte le censure con esso dedotte.
In punto di fatto non esiste alcuna indebita invasione da parte del commissario regionale ad acta
nell'ambito delle competenze assegnate all'AIFA, atteso che quest'ultima ha formalmente
riconosciuto la legittimità dell'impiego di farmaci non coperti più da brevetto, essendo gli stessi in
grado coniugare la piena e collaudata efficacia terapeutica con un doveroso risparmio di spese.
L'impugnato provvedimento non comporta affatto l'esclusione dalla classe A del farmaco prodotto
dalle ricorrenti, ma ne limita la prescrivibilità - oltre il limite quantitativo prefissato - ai casi nei
quali gli altri prodotti non risultino efficaci, il che è del tutto ragionevole e, quindi, legittimo per le
ragioni innanzi esposte.
Non è condivisibile la tesi delle ricorrenti secondo cui il suddetto provvedimento avrebbe leso la
libera scelta degli utenti sul farmaco da utilizzare, atteso che l'individuazione della terapia da
adottare è rimessa al medico curante, e non al malato il quale è libero, ove non condivida la scelta
del sanitario che lo ha preso in cura, di rivolgersi ad altro medico.
Da ultimo è decisamente da disattendere l'affermazione secondo la quale l'impugnato
provvedimento, imponendo ai medici prescrittori determinate regole e sanzionandoli in caso di
inosservanza delle stesse, limiterebbe la loro libertà di scelta della terapia da prescrivere al malato.
È agevole infatti opporre che l'obbligo che si impone al medico, nel caso in cui ritenga essenziale nel
singolo caso di specie di utilizzare il farmaco delle ricorrenti, è solo di motivare adeguatamente la
scelta effettuata.
In secondo luogo il medico, che ha chiesto ed ottenuto di operare a diverso titolo nel sistema
sanitario regionale (dipendente, convenzionato, ecc.), è tenuto a rispettare le regole per esso
prefissate, potendo da esse discostarsi, per quanto attiene ai farmaci da prescrivere, solo se in
scienza e coscienza è convinto che il farmaco più costoso è il solo capace di fronteggiare la patologia
al suo esame, e ne dà adeguata dimostrazione.
La violazione del codice deontologico del medico sussiste invece nel caso in cui, per altre ragioni che
in questa sede non è necessario richiamare e specificare, prescrive il farmaco più costoso pur
essendo adeguati agli effetti terapeutici quelli di minor costo per la collettività, che alla fine è
chiamata a sostenere la spesa farmaceutica senza un apprezzabile vantaggio sul piano terapeutico,
come dimostrato dalle dichiarazioni rese da qualificati esponenti della scienza medica.
6. La riconosciuta legittimità dell'impugnato provvedimento conduce al rigetto dell'istanza di
risarcimento dei danni asseritamene subiti dalle ricorrenti, fra l'altro dalle stesse neppure
specificati, comprovati e quantificati.
7. Il ricorso deve pertanto essere respinto.
Ai sensi dell'art. 16, comma 1, c.p.a. le spese e gli onorari del giudizio seguono la soccombenza e
vengono liquidati in dispositivo in favore della sola Regione Lazio, resistente e costituita.
P.Q.M.Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna, ai sensi dell'art. 26, comma 1, c.p.a., parte ricorrente al pagamento in favore della
resistente e costituita Regione Lazio delle spese e degli onorari del giudizio, che liquida in 3.000,00
(tremila/00).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 marzo 2011 con l'intervento dei
magistrati:
Italo Riggio, Presidente
Maria Luisa De Leoni, Consigliere
Giulia Ferrari, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 14 MAR. 2011.-)