MALATTIE INFETTIVE DEGLI ANIMALI ACQUATICI

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Titolo Poster:
MALATTIE INFETTIVE DEGLI ANIMALI ACQUATICI: INDAGINI EZIOLOGICHE E VALUTAZIONE
DELLA RISPOSTA IMMUNITARIA
Componenti del Team:
Dr. Sara Ciulli, Dr. Enrico Volpe
Università/Centro di Ricerca:
Università di Bologna, Dipartimento Scienze Mediche Veterinarie, sede Cesenatico
Abstract
L’infezione da Betanodavirus è responsabile dell’Encefalo Retinopatia Virale (ERV), una patologia che si
presenta in forma clinica con una tipica sintomatologia nervosa e mortalità anche grave causando ingenti
perdite economiche. La malattia è stata osservata in tutto il mondo in più di 50 specie ittiche,
prevalentemente marine, e costituisce in molte aree geografiche uno dei più gravi problemi sanitari che
affliggono la maricoltura (Munday et al., 2002).
Le specie mediterranee documentate quali più sensibili al patogeno sono: Dicentrarchus labrax, Solea solea,
Umbrina cirrosa, Mugil cephalus, Liza aurata, Diplodus puntazzo ed altre, quali Epinephelus marginatus ed
Epinephelus aeneus, di cui sono stati riportati episodi di mortalità in ambienti naturali. La presenza
dell’agente infettivo è stata inoltre identificata in soggetti selvatici, apparentemente asintomatici, appartenenti
a numerose specie tra cui le principali sono: Sparus aurata (Castric et al., 2001), Liza ramada, Mullus
barbatus, Pagellus acarne, Gobius niger e Trisopterus minutus capelanus (Maltese et al., 2005; Ciulli et al.,
2006; Panzarin et al. 2010; Giacopello et al., 2013) e pesci appartenenti alla famiglia dei labridi (Toffan et al.,
2013).
Lo scopo di questo lavoro è di presentare i dati riguardanti i casi di positività per Betanodavirus, in pesci
selvatici e di allevamento, riscontrati in Italia nel quinquennio 2008-2013.
I dati raccolti sono riferiti ai campioni conferiti al laboratorio di referenza WOAH-OIE (Organizzazione
Mondiale per la Salute Animale) per l’encefalopatia e retinopatia virale presso l’Istituto Zooprofilattico
Sperimentale delle Venezie nel periodo considerato, prelevati sia da pesci allevati che da esemplari di
specie selvatiche, campionati per motivi di ricerca o a seguito di episodi di mortalità. La ricerca del virus è
stata eseguita tramite isolamento virale.
In totale i casi di positività per Betanodavirus sono stati 57, distribuiti nell’area marina di competenza della
Puglia (40%), del Veneto (37%), dell’Emilia Romagna (11%), della Sicilia (7%) e del Friuli Venezia Giulia
(5%). Sul totale dei casi riscontrati in pesci di allevamento (34) il 76% ha coinvolto il branzino (Dicentrarchus
labrax), il 13% l’orata (Sparus aurata) e il restante 11% altre specie come il luccio perca (Sander lucioperca),
il persico trota (Micropterus salmoides), e il persico spigola (Morone saxatilis x Morone chrysops). Tra quelli
riguardanti i pesci selvatici (23) il 35% ha riguardato cernie (Epinephelus spp.), il 27% triglie (Mullus
surmuletus, Mullus barbatus), l’8% ombrine (Umbrina cirrosa) e il restante 31% altre specie tra cui branzino,
orata, barracuda (Sphyraena spp.), suro (Trachurus trachurus), molo (Merlangus merlangus), tordo pavone
(Symphodus tinca) e pesce pettine (Xyrichtyis novacula).
La presenza di sintomatologia e mortalità è stata associata al 56% dei casi riguardanti pesci di allevamento,
prevalentemente branzini. Per quanto riguarda i selvatici non sono disponibili informazioni di tipo
epidemiologico-anamnestico relative all’eventuale sintomatologia/mortalità associate.
Nella maggior parte dei casi il virus è stato rilevato in campioni prelevati nei mesi più caldi, nel periodo
compreso tra luglio e ottobre.
Questo studio preliminare mette in luce l’effettiva presenza di Betanodavirus nei pesci allevati e selvatici dei
mari italiani. Vista l'importanza economico-strategica della produzione italiana di larve ed avannotti di specie
eurialine e l'impatto che possono avere i focolai di ERV sugli stock selvatici, l’applicazione di specifici piani di
monitoraggio sarebbe di particolare interesse per conoscere la reale entità del fenomeno. Inoltre la
strutturazione di una raccolta dati epidemiologico-anamnestico risulterebbe utile per valutare
preliminarmente i possibili fattori in causa correlati alle positività/casi di malattia conclamata ed alle possibili
relazioni fra stato di salute degli animali allevati e selvatici in prossimità degli impianti d’allevamento.
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