P S I C O L O G I A D E i consu m i Le trappole I processi cognitivi che influenzano “ gennaio-febbraio 2013 L’insieme delle attività che mirano ad influenzare una scelta del consumatore”: è questa la definizione di marketing che ha dato Russel Winer, professore alla Stern School of Business di New York (Winer, 2002). Affinché il marketing abbia successo deve necessariamente agire sulla nostra mente e sui nostri processi cognitivi. Come sosteneva Herbert Simon, psicologo e premio Nobel per l’economia, il nostro comportamento è limitatamente 10 razionale. Una prospettiva confermata dagli studi dei colleghi Amos Tversky e Daniel Kahneman (1974): durante la nostra vita ci affidiamo spesso a processi cognitivi attraverso cui rappresentiamo la realtà in maniera rapida e intuitiva, ma anche approssimativa e potenzialmente fuorviante (Tvesky e Kahneman, 1974). Viviamo nell’incertezza, il nostro tempo per riflettere è limitato. Proviamo gioia, demotivazione, rabbia, eccitazione, speranza, stanchezza, emozioni di cui spesso non riusciamo ad essere padroni e che condizionano le nostre decisioni in modo imprevedibile. Gabriele Giacomini del marketing le nostre scelte d’acquisto Se fossimo perfetti calcolatori razionali, se riuscissimo in ogni situazione ad essere pienamente consapevoli delle nostre esigenze e delle nostre preferenze, allora saremmo al riparo anche dal più smaliziato esperto di marketing. Ma non è questa la realtà gennaio-febbraio 2013 Insomma: le nostre scelte nascono dall’interazione fra due sistemi cognitivi di diversa natura. Non sempre ci affidiamo a quello riflessivo, controllato, meditato, deduttivo, lento, consapevole, ligio alle regole. Spesso a farla da padrone è un secondo sistema di pensiero: quello impulsivo, incontrollato, spontaneo, associativo, rapido, inconsapevole (Kahneman, 2002). Diceva bene il filosofo Pascal: il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce. Ed è proprio il cuore, con le sue impulsività e le sue emozioni, l’elemento su cui fanno leva gli esperti di marketing per influenzare le nostre scelte d’acquisto. 11 Una buona strategia di marketing è concentrare i propri sforzi sul titolo di punta, cercando di innescare un effetto alone Effetto alone U n caso lampante è quello che i professionisti di marketing chiamano “effetto alone”. Se una persona ha una caratteristica eccezionale, sostiene lo psicologo Edward Thorndike, tendiamo ad assumere automaticamente che sia eccezionale anche in altri aspetti della sua personalità. Allo stesso modo, se un’azienda possiede un pro- dotto di gran successo, i consumatori tendono ad assumere che siano molto buoni anche gli altri prodotti. È il caso dell’iPhone di Apple: le caratteristiche di successo di un prodotto si sono estese nell’immaginario del consumatore a tutta l’azienda, in una sorta di catena emotiva reputazionale. Una buona strategia di marketing, quindi, è concentrare i propri sforzi sul titolo di punta, cercando di innescare un effetto alone che induca gli individui a giudicare altrettanto buoni anche gli altri prodotti del marchio. È stato riscontrato, per esempio, che l’emozione suscitata da una singola caratteristica di un vino, per esempio, il prezzo di vendita, può essere tanto potente da sovrastare anche la percezione del gusto (Box “Vi piace il Cabernet Sauvignon?”). Le trappole dei supermercati I l supermercato è il luogo per eccellenza in cui si incontrano i desideri dei consumatori, i loro processi cognitivi, i prezzi, le marche e le trappole del marketing. Dobbiamo decidere Vi piace il Cabernet Sauvignon da 90 dollari? gennaio-febbraio 2013 J 12 ohn O’Doherty, con i suoi colleghi del California Institute of Technology, ha sottoposto alcune persone a un curioso esperimento (O’Doherty et al., 2008). Ai soggetti è stato spiegato che avrebbero assaggiato alcuni Cabernet Sauvignon, di qualità e prezzi differenti, e che avrebbero dovuto fare attenzione al piacere suscitato dal loro sapore. Mentre assaporavano il vino, ai soggetti ve- niva mostrato il prezzo della bottiglia corrispondente. In realtà, la stessa qualità di vino è stata offerta diverse volte, ma ogni volta è stata presentata con un prezzo diverso. Un vino il cui prezzo di commercio era di 90 dollari è stato presentato prima con il suo prezzo reale, poi al prezzo di 10 dollari. Un altro, dal valore commerciale di 5 dollari, è stato presentato prima con il suo prezzo reale, poi con quel- lo gonfiato di 45 dollari. Ebbene, i partecipanti a questo esperimento hanno giudicato migliore il vino a cui gli sperimentatori avevano associato il prezzo maggiore. Non solo: i soggetti hanno dichiarato di provare minore piacere quando assaggiavano il prodotto da 5 dollari al suo prezzo reale rispetto a quando lo assaporavano al prezzo gonfiato di 45 dollari. Potenza delle rappresentazioni mentali. Se fossimo in grado di discernere con chiarezza tutte le variabili in questione, allora ci faremmo influenzare solo dai nostri bisogni gioranza dei soggetti a scegliere la bibita dal prezzo intermedio. Come mai? Il terzo prodotto, quello più costoso, fissa un punto di riferimento che il consumatore considera inconsapevolmente e che fa apparire gli altri due prodotti meno costosi di quanto sembrerebbero se quel riferimento non ci fosse e fossero considerati da soli. Insomma, la presenza del prodotto caro è una vera e propria esca, che porta i consumatori a preferire prodotti in media più costosi. Un’esca a cui abbocchiamo spesso e volentieri In fondo, non è una novità che il modo in cui sono distribuite le merci possa influenzare il nostro comportamento d’acquisto. Mettiamoci nei panni di un qualunque responsabile alle vendite che intenda favorire l’acquisto di un prodotto piuttosto che di un altro. La presentazione dell’assortimento delle merci è imprescindibile: alcune verran- gennaio-febbraio 2013 quale bibita acquistare al supermercato? Se fossimo in grado di discernere con chiarezza tutte le variabili in questione, se sapessimo dare con sicurezza ad ognuna di esse un valore in base alle nostre esigenze, allora ci faremmo influenzare solo dai nostri bisogni. Noi e il professionista di marketing giocheremmo alla pari. Ma nel momento in cui la psicologia cognitiva mette in dubbio la nostra razionalità, diventa evidente la nostra sensibilità al modo in cui le merci sono disposte o confezionate. A tal proposito Matteo Motterlini, professore di economia cognitiva al San Raffaele di Milano, suggerisce un esempio che può essere eloquente (Motterlini, 2006). Su uno scaffale di un supermercato ci sono due bibite: la prima costa 1 euro, la seconda 1,20. Il prezzo è equo e i clienti scelgono indifferentemente le due bibite, dividendosi al 50%. In un supermercato vicino, accanto alle due bibite ce n’è una terza, che costa 1,50. Per quante persone optino per la bibita più cara, in questo supermercato la scelta di tutti i restanti clienti dovrebbe ripartirsi equamente sempre sulle prime due bibite. Invece non è così: si è scoperto che la presenza di una terza bibita sullo scaffale spinge la mag- 13 Coppette di gelato traboccanti È gennaio-febbraio 2013 Con la semplice riorganizzazione della disposizione, è possibile aumentare o diminuire il consumo di molti alimenti 14 no piazzate per prime, altre per ultime, altre ancora in uno scaffale speciale. Alcune saranno disposte in alto, altre in basso, altre ancora all’altezza degli occhi. Secondo uno studio, con la semplice riorganizzazione della disposizione, è possibile aumentare o diminuire il consumo di molti alimenti addirittura del 25 per cento (Thaler e Sunstein 2008). In Italia, la frutta e la verdura non si consumano all’inizio del pasto. Eppure, quando si entra in un supermercato, si incontrano sempre per prime. Ipotizziamo di incontrare per primi i dolci: saremmo in pochi ad avere la forza di volontà per acquistare prodotti meno “golosi” come frutta e verdura. Seguendo lo stesso ragionamento, non è un caso se i giocattoli o i dolciumi sono spesso a portata di mano dei bambini. stato già accennato che, oltre alla disposizione delle merci, anche il packaging, ovvero la scienza di confezionare i prodotti, può influenzare i nostri comportamenti. Ad esempio, quante volte avete comprato un gelato? E quante volte il gelato si è squagliato finendo per uscire dal contenitore? Oltre al caldo estivo, la responsabilità è anche di alcune regole del marketing che si adeguano ai nostri processi cognitivi. Immaginiamo di passeggiare in centro città e di incontrare due gelaterie. La prima ci offre due palline del nostro gusto preferito in una coppetta piccola: il gelato deborda dal suo contenitore. La seconda gelateria, invece, ci presenta una confezione con due palline di dimensioni più abbondanti: in questo caso la coppetta è grande e contiene il gelato comodamente. Se il gelato ci piace davvero, non avremmo esitazioni ad acquistare la seconda opzione: la quantità di gelato è più abbondante. Tuttavia, un interessante studio di Christopher Hsee (1998), docente di Scienza comportamentale presso l’Università di Chicago, indica che le persone generalmente preferiscono la coppa piccola e traboccante a quella più grande ma mezza vuota. Per quale motivo? Evidentemente comprare una coppetta traboccante di gelato ci procura una sensazione positiva, mentre se ci viene offerta una coppetta mezza vuota la percezione immediata è negativa, anche se la quantità del nostro gelato preferito è maggiore. Nella valutazione ciò che conta non è la quantità di gelato, bensì la quantità in relazione alla capienza del contenitore. Questo esempio la dice lunga sull’importanza che per un professionista di marketing riveste giocare con le proporzioni: nelle vesti di consumatori ci facciamo facilmente guidare dal loro potere. C ome possiamo difenderci dai professionisti del marketing e dai nostri processi cognitivi? L’informazione e la conoscenza possono essere la base per un comportamento dei consumatori più consapevole. Ma c’è di più: per la famosa legge del contrappasso, è possibile utilizzare a proprio vantaggio gli stessi meccanismi cognitivi che ci possono danneggiare. L’obesità, per esempio, è un problema molto diffuso nella nostra società, è un disturbo che può portare problemi di salute anche gravi. Tutti sappiamo quanto sia psicologicamente faticoso portare a termine un percorso che risolva il disturbo. Ebbene, le persone obese possono utilizzare alcuni meccanismi cognitivi sfruttati dal marketing a proprio vantaggio. In che modo? L’importanza che diamo alle proporzioni può spingerci, per esempio, ad adottare piatti non troppo grandi da utilizzare durante i pranzi: anche se cedessimo alla gola, mangiando piatti colmi di cibo, limiteremmo i danni. Anche le istituzioni pubbliche possono aiutarci a migliorare le nostre decisioni sulla salute. Pensiamo alla mensa di un sistema scolastico: il responsabile, senza cambiare in alcun modo il menu, può influire sulle scelte di bambini ed insegnanti modificando la maniera di distribuire e presentare gli alimenti. La frutta e la verdura possono essere situate nelle pri- Conoscendolo, il nostro sistema di pensiero spontaneo ed emotivo può trasformarsi in un prezioso alleato me posizioni, e al posto delle patatine fritte possono essere messe, ad altezza d’occhi, i bastoncini di carote (Thaler e Sunstein, 2008). In questo modo l’“influenza del marketing” viene essere esercitata per scopi positivi, inducendo gli individui a consumare più alimenti sani e meno alimenti nocivi. Insomma: non tutti i mali vengono per nuocere, compresi i limiti della nostra razionalità. Conoscendolo, il nostro sistema di pensiero spontaneo ed emotivo può trasformarsi in un prezioso alleato. Riferimenti bibliografici Hsee C. K. (1998), «Less is better: When low-value options are judged more highly than high-value options», Journal of Behavioural Decision Making, 11, 107-21. Kahneman D. (2002), Maps of bounded rationality: A perspective on intuitive judgement and choice, Prize Lecture. Motterlini M. (2006), Economia emotiva, Rizzoli, Milano. Motterlini M. (2008), Trappole mentali, Rizzoli, Milano. Plassmann H., O’Doherty J., Shiv B., Rangel A. (2008), «Marketing actions can modulate neural representation of experienced pleasantess», Proceedings of the National Academy of Science, 105 (3), 1050-54. Thaler R., Sunstein C. (2009), La spinta gentile, Feltrinelli, Milano. Tversky A., Kahneman D. (1974), «Judgement under uncertainty: Heuristics and biases», Science, 185, 1124-31. Winer R. (2000), Marketing management, Prentice Hall, New York. Gabriele Giacomini è specializzato in Filosofia della Mente, della Persona, della Città e della Storia presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Collabora con il CRESA, Centro di ricerca in epistemologia sperimentale e applicata di Milano. gennaio-febbraio 2013 Come difendersi dalle trappole del marketing 15