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Comunicato stampa
Ecco cosa si nasconde dietro il mal di schiena:
scoperta molecola responsabile dell’invecchiamento
della colonna vertebrale
Il risultato è di ricercatori dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma
(UCSC). La molecola è coinvolta nella degenerazione dei dischi intervertebrali, i
cuscinetti che ammortizzano le vertebre. Gli esperti hanno sviluppato una nuova
terapia mirata capace di rallentare il processo di invecchiamento della colonna.
Roma, 13 marzo 2012 – Scoperta una molecola che ha un ruolo chiave nel classico “colpo
della strega”, la lombalgia e anche in altri dolori acuti (come la cervicalgia) tutti dovuti al
fisiologico invecchiamento della colonna vertebrale. Infatti, ricercatori dell’Università
Cattolica-Policlinico universitario “Agostino Gemelli” di Roma hanno scovato una
molecola, “NF-kB”, responsabile della degenerazione dei dischi intervertebrali, che inizia
già a 30 anni, soprattutto se si adotta uno stile di vita sedentario. È emerso che quando
NF-kB diventa iperattiva all’interno delle cellule dei dischi intervertebrali, innesca una
serie di reazioni deleterie che finiscono per alterare la struttura fisiologica della colonna.
Ma non è tutto, i ricercatori hanno visto che “spegnendo” NF-kB con un “farmaco
sperimentale”, è possibile rallentare la degenerazione dei dischi intervertebrali.
Il risultato, che sarà pubblicato sulla rivista Spine, è merito del professore aggregato Enrico
Pola, e del dottor Luigi Aurelio Nasto, specializzando in Ortopedia e Traumatologia presso il
Dipartimento di Ortopedia e Traumatologia dell’Università Cattolica – Policlinico Gemelli di Roma,
diretto dal Professor Carlo Fabbriciani. Lo studio è stato realizzato in collaborazione con il
gruppo di ricerca dell’Università di Pittsburgh diretto dal professor Paul Robbins e dal
professor James Kang. I risultati del lavoro saranno presentati e premiati con l'ISSLS
Award il 31 Maggio ad Amsterdam presso l'Auditorium dell'Amsterdam RAI Congress and
Exhibition Venue. Lo studio, inoltre, ha vinto in Italia la prima Edizione del Premio Biospina per
la migliore ricerca di base della Società Italiana di Chirurgia Vertebrale (assegnato al dott. Nasto
e al prof. Pola).
Quando gli anni passano, ma anche nei giovani adulti magari in sovrappeso e sedentari, i dischi
intervertebrali (i cuscinetti che dividono e ammortizzano le vertebre) degenerano determinando
un progressivo irrigidimento della colonna vertebrale. La degenerazione dei dischi intervertebrali
è responsabile di sindromi dolorose come lombalgie o cervicalgie croniche che colpiscono una
grande fetta della popolazione adulta. Basti pensare che lombalgie, cervicalgie e altre sindromi
dolorose della colonna sono causa frequente di consulto medico-specialistico. Si stima che l’80%
della popolazione abbia sofferto di lombalgia o di cervicalgia almeno una volta nella vita. Il 32%
della popolazione italiana (circa 19 milioni) ne è affetto almeno una volta l’anno, e l’8,2% (circa 5
milioni) cronicamente. Lombalgie e cervicalgie sono patologie annoverate tra le principali cause
di perdita di ore lavorative nella nostra popolazione adulta attiva.
Ebbene, gli esperti hanno scoperto i meccanismi che innescano questi processi
degenerativi della colonna. Lo studio è stato condotto su particolari topi di laboratorio affetti da
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“sindrome progeroide”, ovvero animali geneticamente programmati per invecchiare rapidamente.
I topi normali invecchiano lentamente e muoiono a circa 2 anni di età. “I topi progeroidi che
abbiamo utilizzato – spiegano i ricercatori Pola e Nasto - invecchiano più rapidamente (anche se
in modo del tutto simile ai topi normali) e muoiono a circa 8 mesi di vita. Questi topi, quindi,
permettono di studiare i meccanismi dell'invecchiamento in tempi più brevi e con costi ridotti. I
topi progeroidi mimano perfettamente il processo di degenerazione della colonna vertebrale e dei
dischi intervertebrali, che si verificano nei pazienti anziani e permettono quindi di sperimentare
nuove terapie in modo più semplice ed efficace”.
I ricercatori dell’Università Cattolica hanno scoperto che NF-kB ha un ruolo nella
degenerazione della colonna vertebrale. NF-kB è un fattore di trascrizione, la sua funzione
dunque è indurre l'attivazione di geni bersaglio specifici. Insomma NF-kB funziona un po' come
un direttore d'orchestra che decide quali geni accendere in un determinato momento,
quali spegnere. I ricercatori hanno dimostrato che nei dischi intervertebrali NF-kB attiva molti
geni legati all'infiammazione e spegne geni protettivi anti-infiammatori. Inoltre hanno osservato
che NF-kB è iperattivo nei dischi di topi anziani, cosa che già in precedenza è stata osservata
nella colonna vertebrale di persone anziane.
Il risultato finale che con l’invecchiamento NF-kB favorisce l’innesco di deleteri processi
infiammatori a danno dei meccanismi anti-infiammatori. “Abbiamo dimostrato con il nostro studio
che inibendo NF-kB è possibile bloccare l’effetto negativo di questa molecola sulla
degenerazione dei dischi intervertebrali” – spiega il dottor Nasto. “Farmaci che spengano o
disattivino anche solo parzialmente questa molecola potrebbero essere utilizzati per prevenire la
degenerazione dei dischi intervertebrali nei nostri pazienti”.
Esistono già molti farmaci che interagiscono in qualche modo con NF-kB, spiega il professor
Pola, sebbene nessun farmaco specifico pro- o anti-NF-kB sia ancora stato reso disponibile per
l'applicazione clinica. “Nel nostro studio abbiamo sviluppato un farmaco specifico,
chiamato peptide NBD, che è capace di inibire specificamente l'attivazione di NF-kB –
afferma il ricercatore. Questo stesso peptide è stato già utilizzato con successo da un
altro gruppo di ricerca USA a Pittsburgh per rallentare lo sviluppo della distrofia
muscolare in un modello animale (NF-kB è coinvolto anche in questa malattia). Dall'anno
prossimo, infatti, questo peptide verrà utilizzato in un primo trial clinico su pazienti affetti
da distrofia”.
Stando alla ricerca di Nasto e Pola, dunque, il peptide NBD potrebbe anche essere usato per
contrastare l’invecchiamento fisiologico della colonna vertebrale. “Ovviamente le ricadute di
questo studio – conclude Pola - sono correlate alla possibilità di sviluppare altri farmaci inibitori
selettivi di NF-kB (per via sistemica e/o locale) che permettano di rallentare la degenerazione dei
dischi intervertebrali”, ma anche altre patologie che siano collegate all’iperattivazione di NF-kB.
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