notes clima I

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3
Clima
e parametri climatici
per la progettazione
architettonica
Fabio Peron
Francesca Cappelletti
Materiale didattico per il corso di
Tecnica del Controllo Ambientale
Laboratorio Integrato 1°Anno
Architettura e Innovazione
Università IUAV di Venezia
la proprietà letteraria e i diritti sono riservati agli autori
il presente materiale può essere riprodotto amichevolmente
per scopi didattici e per uso personale
l’uso a scopo di lucro anche solo di parte di esso sarà perseguito a norma di legge
Indice
1.
Introduzione
4
2.
Clima e tempo atmosferico
4
3.
Macroclima, mesoclima, clima locale e microclima
4
4.
Fattori che influenzano il clima
5
5.
La definizione del clima e le grandezze meteorologiche
5.1 Radiazione solare
5.2 Temperatura dell’aria
5.4 Nuvolosità
5.5 Precipitazioni
5.6 Vento
6
6
8
12
12
13
6. I climi e la Classificazione di Köppen
14
7. Il Microclima
7.1 L’altezza sul livello del mare
7.2 L’esposizione
7.3 Il rilievo e l’azione del vento
7.4 Le brezze.
7.5 Masse d’aria fredda.
7.6 Le masse d’acqua e le masse terrrestri
7.7 Copertura del suolo
16
16
17
17
19
19
21
22
8. Parametri climatici utili nella progettazione
8.1 L’anno tipo
8.2 Il giorno medio mensile
8.3 Temperatura invernale di progetto
8.4 Irradiazione solare media giornaliera, irradianza solare massima estiva
8.5 Temperatura sole-aria
8.6 Il vento: direzione prevalente e velocità media, zone di vento
8.7 Gradi giorno
23
23
24
24
25
27
27
29
9. i dati climatici
UNI10349
“Profilo climatico dell’Italia” ENEA
“Dati climatici per la Progettazione edile ed impiantistica” CNR
30
31
31
31
10. L’atmosfera
10.1 L’interazione atmosfera-radiazione solare e il bilancio energetico del pianeta
10.2 L’effetto serra
10.3 La circolazione atmosferica
10.4 Le classi di stabilità atmosferica
31
32
34
35
36
11. Bibliografia
37
Appendice A. Dati climatici
38
A.1 Temperature esterne invernali di progetto UNI 5364
38
A.2 Dati climatici medi stagionali secondo UNI 10379
39
A.3 Dati climatici estivi di progetto secondo UNI 10339 utili per il calcolo dei carichi termici estivi
41
1. INTRODUZIONE
Una progettazione architettonica responsabile ed efficiente da un punto di vista ambientale e
energetico cerca di adattarsi e collaborare con le sollecitazioni climatiche e non si propone di
contrastarle, conformandosi alla natura piuttosto che cercando di stravolgerla (Olgyay 1963). Una
progettazione di questo tipo può essere definita climaticamente bilanciata e un possibile metodo di
lavoro per operare in questo ambito dovrebbe prevedere le seguenti 4 fasi:
1. analisi del clima e delle tradizioni costruttive nel luogo scelto per la realizzazione
dell’edificio;
2. valutazione degli effetti del clima sull’uomo evidenziando l’importanza dei diversi elementi
climatici e le eventuali criticità;
3. individuazione delle soluzioni tecniche passive o attive applicabili per risolvere le eventuali
situazioni critiche, che permettano di sfruttare le sollecitazioni ambientali vantaggiose e di
neutralizzare quelle avverse;
4. combinazione di tali soluzioni in unità architettoniche con la definizione progettuale
dell’edificio.
L’analisi delle condizioni climatiche del luogo scelto per la realizzazione di un edificio costituisce
quindi il punto di partenza per massimizzare il comfort per gli utenti e minimizzare il consumo di
energia.
Nel seguito si cercherà di consolidare la prima fase di questo processo di progettazione fornendo
allo studente gli elementi fondamentali della climatologia applicata all’energetica dell’edificio.
Saranno descritti i principali fenomeni atmosferici che hanno influenza sul bilancio energetico di un
edificio e sulle condizioni di benessere dei suoi occupanti. Verranno messi in luce i meccanismi di
azione e alcune strategie di analisi e di verifica.
2. CLIMA E TEMPO ATMOSFERICO
Nel linguaggio comune i termini “tempo” e “clima” sono spesso usati indifferentemente, mentre in
realtà si tratta di due concetti assai diversi anche se tra loro collegati.
In sostanza gli elementi che caratterizzano il tempo e il clima sono gli stessi (come vedremo meglio
temperatura e umidità dell’aria, pressione atmosferica, precipitazioni, etc.), ma mentre il tempo
atmosferico rappresenta una combinazione locale e momentanea dei fattori meteorologici, il clima
corrisponde all’insieme dei tipi di tempo atmosferico che si succedono abitualmente nel corso
dell’anno in una data regione.
Per poter stabilire il clima di una regione o di una località occorre disporre delle osservazioni
meteorologiche protratte per un lungo periodo (almeno un trentennio). Da questa lunga serie di dati
si può ricavare la serie di condizioni meteorologiche che si verificano con maggior frequenza nei
diversi periodi dell’anno ottenendo appunto il clima di quella regione o località. Si può quindi
affermare che il tempo atmosferico varia di giorno in giorno, il clima varia da luogo a luogo.
La differenza tra tempo atmosferico e clima può essere sintetizzata in modo efficace, anche se un
po’ paradossale, da una battuta anglosassone: “la Gran Bretagna ha un tempo pessimo, ma un clima
ottimo”. Con questo si intende dire che, nonostante i noiosi fenomeni che caratterizzano il tempo
inglese quali le abbondanti precipitazioni, nebbie, venti e foschie, raramente si registrano ondate di
caldo e lunghi periodi di siccità e di gelo che determinerebbero un clima ostile.
3. MACROCLIMA, MESOCLIMA, CLIMA LOCALE E MICROCLIMA
Nel paragrafo precedente si è parlato di clima di una regione, ma con il termine regione si possono
definire zone geografiche di differente ampiezza. Proprio l’estensione della zona considerata viene
indicata come scala climatica e di conseguenza si parla di macroclima, mesoclima, clima locale,
microclima (Tabella I). In genere si definisce macroclima il clima corrispondente a vaste regioni: ad
esempio è possibile parlare di un macroclima per il bacino mediterraneo, per il continente europeo,
per i paesi nordici ecc. E’ evidente che in tal modo la regione cui si fa riferimento viene descritta a
grande scala facendo riferimento ai valori medi dei parametri geografici e meteorologici che le
corrispondono. Un maggiore dettaglio è possibile passando a regioni meno estese caratterizzate da
un proprio mesoclima. All’interno del macroclima che descrive i paesi nordici è possibile
identificare, ad esempio, i mesoclimi che caratterizzano le zone costiere e quelle montane. Quando
poi si voglia scendere ancora più nel dettaglio si farà riferimento al clima locale. Per esempio nelle
zone montane sarà possibile definire un clima locale delle valli ed un clima locale delle vette.
Tabella I. Le diverse scale climatiche e le relative estenzioni orizzontali e verticali.
clima
dimensione orizzontale
dimensione verticale
della zona di studio in m
della zona di studio in m
Macroclima
2 x105 ÷ 5 x 107
1 ÷ 105
Mesoclima
103 ÷ 2 x 105
1 ÷ 6 x 103
Clima locale
102 ÷ 104
10-1 ÷ 103
Microclima
10-2 ÷ 102
10-2 ÷ 101
Scendendo ad una scala ancora inferiore, è possibile caratterizzare singoli siti mediante il
cosiddetto microclima: sono esempi pertinenti le situazioni climatiche che, all’interno del clima
locale di una singola valle, caratterizzano uno dei suoi versanti o una data località, o le particolare
condizioni che si possono riscontrare vicino a un bosco o sul fondo di una dolina. Si parlerà
estesamente di microclimi e dei fattori che li generano in uno dei prossimi paragrafi. Essi sono
molto importanti in relazione al comportamento e al funzionamento degli edifici.
4. FATTORI CHE INFLUENZANO IL CLIMA
I fattori responsabili dell’instaurarsi di un determinato clima in una regione terrestre sono di
carattere astronomico e di carattere geografico. Su di questi agisce poi l’atmosfera terrestre con i
fenomeni che in essa generano come venti, nubi, diffusione della radiazione ecc.. Lasciando una
trattazione dettagliata dei diversi elementi ai testi di geografia fisica (ad esempio H. Straheler,
Geografia Fisica) qui si considerano sinteticamente i principali fattori astronomici e geografici,
mentre in un paragrafo successivo si tratterà specificamente l’atmosfera.
Essenzialmente i fattori astronomici sono responsabili del diverso angolo di incidenza della
radiazione solare in luoghi diversi e in periodi dell’anno diversi. Come è noto, la Terra è una sfera
che percorre un’orbita di rivoluzione ellittica attorno al Sole impiegando 365 giorni 6 ore 9 minuti e
10 secondi (anno sidereo) ruotando nel contempo intorno al proprio asse con un periodo di 23 ore 56
minuti e 4 secondi (giorno sidereo). Il piano dello spazio che comprende l’orbita della Terra attorno
al Sole è detto piano dell’eclittica terrestre e l’asse della Terra mantiene, rispetto a tale piano,
un’inclinazione costante e pari a 66°33’. La forma ellittica dell’orbita terrestre fa sì che la
distanza Terra-Sole vari durante l’anno assumendo il valore medio di 149,5 milioni di chilometri.
I moti terrestri combinati con forma ellittica dell’orbita, inclinazione dell’asse e forma sferica del
pianeta hanno come conseguenze una diversa distribuzione dell’energia solare sulla superficie
terrestre, il cambiamento delle stagioni, la variazione nel corso dell’anno della lunghezza del giorno
e della notte (si rimanda al capitolo Radiazione e geometria solare per una descrizione più
dettagliata di questi aspetti).
La quantità di energia solare che incide in un certo luogo dipende dal momento dell’anno e dalla
latitudine. In generale le zone lungo l’equatore e tra i tropici hanno un surplus energetico mentre
le aree polari presentano un deficit energetico. Inoltre lungo la zona equatoriale-tropicale le
variazioni climatiche nel corso dell’anno più limitate, mano a mano che cresce la latitudine le
variazioni stagionali si accentuano.
La latitudine è il parametro fondamentale che descrive la disponibilità di radiazione solare, ma non
è sufficiente a caratterizzare il clima di un sito. Si osserva infatti che luoghi che hanno la medesima
latitudine, per esempio Napoli e New York, hanno climi fortemente diversi. Di queste diversità sono
responsabili i fattori geografici locali come la presenza di masse d’acqua o di masse terrestri
(esposta alla stessa insolazione, l’acqua si riscalda meno del terreno sia per il più basso calore
specifico sia perché le correnti cui è soggetta fanno partecipare agli scambi termici una maggiore
massa di materia), la presenza di sistemi montuosi e il loro orientamento, l’esposizione topografica
del sito (maggiore o minore protezione rispetto ai venti o alle correnti marine), la natura del
terreno e la copertura vegetale (una zona ricca di vegetazione risponde alla radiazione solare
incidente in modo diverso da una zona arida, un terreno scuro assorbe maggiormente rispetto ad un
terreno chiaro). Infine la deforestazione, l’urbanizzazione, la cementificazione del territorio da
parte dell’uomo ha un impatto non secondario.
Tabella II. Fattori che influenzano il clima.
FATTORI ASTRONOMICI
CONSEGUENZE
Moto di rotazione terrestre
alternarsi giorno notte
Moto di rivoluzione terrestre
alternarsi delle stagioni
Inclinazione asse
alternarsi stagioni
Forma sferica del pianeta
diversa intensità radiazione a latitudini diverse
FATTORI GEOGRAFICI
CONSEGUENZE
Esposizione a correnti marine
o venti prevalenti
Mitigazione o aumento della rigidità del clima
Presenza o meno di masse d’acqua
Maggiore inerzia termiche,
minori oscillazioni di temperatura
Presenza o meno di masse terrestri
Minore inerzia termica, maggiori oscillazioni di
temperatura giornaliere e stagionali (clima continentale)
Topografia dell’area,
Protezione o maggiore esposizione ai venti
presenza di sistemi montuosi
Tipo di copertura
Maggiore o minore assorbimento della radiazione
solare
5. LA DEFINIZIONE DEL CLIMA E LE GRANDEZZE METEOROLOGICHE
Per definire il clima di un luogo si devono considerare i parametri fisici che permettono di definire
le condizioni in cui si trova l’atmosfera in quel sito. I principali parametri utilizzati sono la
temperatura e l’umidità relativa dell’aria, il livello delle precipitazioni, la velocità e la direzione
del vento, l’intensità della radiazione solare. Data la variabilità delle condizioni meteorologiche
per le diverse grandezze si utilizzano valori mediati su lungo periodo in modo da avere una
descrizione statisticamente significativa ossia effettivamente rappresentativa delle condizioni
ambientali. La base temporale deve essere sufficientemente ampia dell’ordine dei 20-30 anni.
5.1 Radiazione solare
La fonte primaria di energia per la Terra è costituita dalla radiazione solare che arriva sulla
superficie terrestre sia direttamente dal sole sia dopo essere stata diffusa dalle particelle (polveri,
molecole gassose, aerosol) presenti nell’atmosfera.
Si parla rispettivamente di radiazione diretta e di radiazione diffusa. La componente diretta arriva
sulla superficie terrestre secondo una direzione ben definita mentre la componente diffusa risulta
omnidirezionale. La somma delle radiazioni diretta e diffusa viene indicata come radiazione
globale. Il rapporto tra radiazione diffusa e radiazione diretta dipende essenzialmente dalla
copertura del cielo e si può andare da valori prossimi a 1 con cielo coperto a solo 0,15-0,20 durante
un giorno sereno. In ogni caso l’energia totale ricevuta dalla superficie terrestre in un giorno
coperto (soprattutto diffusa) risulta molto più bassa di quella ricevuta in un giorno sereno
(diretta+diffusa).
Da un punto di vista quantitativo la radiazione incidente viene espressa in termini di potenza
incidente per unità di superficie [W/m2], oppure di energia incidente per unità di superficie in un
certo intervallo di tempo [J/m2], [Wh/m2]. Si deve ricordare però che l’intensità della radiazione su
di una superficie dipende dall’angolo di incidenza (vedi figura 1) secondo quella che viene chiamata
legge del coseno. La radiazione ha la maggiore intensità su di una superficie perpendicolare alla sua
direzione di propagazione. In genere le stazioni meteo rilevano l’intensità su superficie orizzontale.
n
θ
A
Acos θ
Figura 1. Dipendenza dell’intensità di radiazione dall’angolo di incidenza – Legge del coseno.
In condizioni di cielo sereno il massimo dell’intensità della radiazione in un dato sito si verifica a
mezzogiorno quando i raggi incidono sulla superficie terrestre con l’angolo più elevato della
giornata e quindi al suolo si distribuiscono su un’area più piccola; nelle prime ore del mattino e alla
sera si ha invece una intensità minore. Allo stesso modo su scala annuale la maggiore intensità di
radiazione si ha nella stagione estiva quando il sole traccia sulla volta celeste un cammino diurno
molto alto sull’orizzonte.
Sempre in conseguenza della diversa inclinazione dei raggi solari, l’intensità della radiazione
dipende poi dalla latitudine del luogo considerato: elevate intensità si hanno intorno all’equatore
nella fascia compresa tra i tropici dove il sole rimane sempre vicino allo zenith. Al crescere della
latitudine l’intensità della radiazione sarà più bassa. In figura 2 sono riportati gli andamenti annuali
delle energie che arrivano sulla superficie terrestre giornalmente a diverse latitudini.
800
solistizio estivo - 21 giugno
radiazione su superficie orizzontale [W/m2]
700
equinozi - 23 marzo, 21
settembre
solistizio invernale - 21 dicembre
600
500
400
300
200
100
0
0
2
4
6
8
10
12
14
16
18
20
22
24
ore del giorno
Figura 2. Emisfero boreale. Andamento giornaliero dell’insolazione su superficie orizzontale a livello del
mare per le medie latitudini (sinistra). Andamento annuale dell’insolazione giornaliera su superficie
orizzontale a varie latitudini (destra); il langley corrisponde a 1 cal/cm2.
L’intensità della radiazione su una superficie perpendicolare ai raggi solari ai limiti superiori
dell’atmosfera non varia nel tempo e vale con buona approssimazione 1353 W/m2. Essa viene
chiamata costante solare. I valori di radiazione che si misurano sulla superficie terreste sono
sensibilmente minori a causa dell’assorbimento e della riflessione della radiazione da parte
dell’atmosfera. Quanto maggiore risulta il percorso dei raggi solari attraverso l’atmosfera tanto
minore è l’intensità della radiazione globale che arriva al suolo. La lunghezza di tale percorso varia
infatti con l’inclinazione dei raggi ossia in funzione della latitudine, della stagione, dell’ora del
giorno. L’intensità della radiazione dipende infine dal contenuto di vapore d’acqua e dalla quantità
di polveri, corpuscoli e di gas inquinanti che compongono l’atmosfera locale. L’insieme di queste
particelle (aerosol) determina la torbidità dell’atmosfera: con basse concentrazioni di aerosol
l’atmosfera risulta più limpida e quindi la quota di radiazione diretta è elevata mentre la quota di
radiazione diffusa è ridotta, al contrario quando la concentrazione di aerosol è elevata, la
radiazione diretta viene da questi deviata e quindi diffusa dall’atmosfera: pertanto la quota di
radiazione diretta è ridotta.
5.2 Temperatura dell’aria
La temperatura è una grandezza fondamentale nella definizione dello stato termodinamico dell’aria
atmosferica. Essa è fortemente variabile nello spazio e nel tempo. Pur essendoci una certa
dipendenza anche dalla presenza di vento e pioggia, in un determinato sito si assiste a variazioni
caratteristiche della temperatura su scala giornaliera e annuale conseguenti alle variazioni delle
condizioni di insolazione.
L’entità della variazione diurna della temperatura dipende dalle condizioni di copertura del cielo.
Nei giorni sereni la grande quantità di radiazione disponibile produce una notevole variazione
giornaliera della temperatura, mentre nei giorni coperti la variazione è minore. A livello stagionale
questa affermazione resta valida: in estate i giorni sereni sono più caldi data la grande quantità di
radiazione che arriva sulla superficie terrestre, un giorno sereno in inverno invece risulta di solito
più freddo di uno nuvoloso, in quanto durante la notte si ha una elevata riemissione di energia per
radiazione da parte della superficie terrrestre attraverso l’atmosfera limpida. I tipici giorni di cielo
sereno invernale e estivo rappresentano le condizioni in cui si hanno il massimo guadagno solare e la
massima dispersione radiativi ossia in altre parole descrivono le maggiori criticità climatiche.
In figura 3 è riportato l’andamento giornaliero delle temperature nel periodo estivo e in quello
invernale per l’area di New York. Si noti come il massimo di temperatura si verifichi intorno alle ore
14-15, con un ritardo di circa 2 ore rispetto al massimo di insolazione. L’aria infatti non si riscalda
direttamente per azione della radiazione, ma viene riscaldata per scambio convettivo dal terreno e
dalle altre superfici esposte al sole, quindi con un certo ritardo.
Figura 3. Tipici andamenti giornalieri della temperatura dell’aria con diverse condizioni di
copertura del cielo. Si fa riferimento a New York in periodo estivo (sinistra) e invernale (destra).
La successione dei fenomeni si può schematizzare così: assorbimento della radiazione solare da
parte del suolo, aumento di temperatura del suolo, scambio convettivo di calore con l’aria,
aumento della temperatura dell’aria. E’ chiaro allora che la massima insolazione e il massimo
riscaldamento del suolo precedono il raggiungimento della massima temperatura da parte dell’aria.
Il minimo di temperatura si ha invece durante le ultime ore della notte-prime ore del mattino dopo
che la superficie terrestre ha raggiunto i minimi valori di temperatura a causa del suo
raffreddamento per radiazione verso la volta celeste e i raggi solari non hanno ancora iniziato a
riscaldarla.
Su scala annuale la temperatura ha un andamento che presenta un massimo circa 30-40 giorni dopo
il periodo di massima insolazione corrispondente al solistizio estivo e un minimo circa 30 giorni dopo
il solistizio invernale. Anche in questo caso si deve fare i conti con l’inerzia termica del sistema per
cui l’aria varia la sua temperatura dopo che l’ha variata la superficie terrestre. In figura 4 è
riportato l’andamento annuale della temperatura per Venezia. Di conseguenza il periodo più caldo
dell’anno è quello tra luglio e agosto mentre le temperature più basse si raggiungono in gennaio.
35
35
30
30
T°C Media
25
T°C Media
25
T°C Max
T°C Max
T°C Min
T°C Min
20
temperatura [°C]
temperatura [°C]
20
15
15
10
10
5
5
0
0
-5
Gen
Feb
Mar
Apr
Mag
Giu
Lug
Ago
Set
Ott
Nov
Dic
mese dell'anno
-5
Gen
Feb
Mar
Apr
Mag
Giu
Lug
Ago
Set
Ott
Nov
Dic
mese dell'anno
Figura 4. Tipici andamenti annuali della temperatura per la città di Venezia (sinistra) e Roma (destra). Sono
rappresentate le temperature medie, massime e minime mensili ricavate dai dati misurati durante l’anno 1988
rispettivamente negli aeroporti di Tessera e Roma Urbe.
Un ulteriore variazione della temperatura si ha con la quota. In genere in condizioni normali si ha
una diminuzione di circa 0,5 ÷ 0,8 °C per ogni aumento di 100 m di quota. In altre parole
generalmente gli strati di aria vicini alla superficie terrestre hanno una temperatura maggiore di
quelli superiori. Ciò innesca moti convettivi ascensionali e quindi da origine a una certa instabilità
atmosferica che favorisce il rimescolamento delle masse d’aria. In condizioni particolari si può però
assistere ad una inversione del gradiente di temperatura (aria più calda a quote superiori) detta
anche inversione termica, che porta a stabilità verticale e quindi a scarso rimescolamento degli
strati d’aria vicino al suolo (problemi in aree inquinate).
A partire dai dati istantanei rilevati la descrizione termica di un sito viene fatta utilizzando valori
mediati nel tempo in modo da sintetizzare le informazioni e neutralizzare eventi eccezionali non
rappresentativi del clima locale. A seconda dell’intervallo di tempo nel quale i dati sono mediati, si
definisce la temperatura media annua, temperatura media mensile, temperatura media giornaliera,
temperatura media oraria. In climatologia si utilizzano generalmente le seguenti grandezze:
temperatura media giornaliera, temperatura media mensile, temperatura massima e minima
giornaliera, temperatura massima e minima annuale. La differenza tra la temperatura massima e
quella minima registrate in un certo intervallo di tempo viene detta escursione termica. Essa
descrive in modo sintetico la variabilità della temperatura nel tempo in un dato sito. Anche in
questo caso è necessario fare riferimento a valori medi che, secondo l’intervallo di tempo nel quale
sono valutati, definiscono rispettivamente l’escursione termica media annua, l’escursione termica
media mensile, l’escursione termica media giornaliera. Quando non sia nota la temperatura media
oraria, tmo, essa può essere calcolata in funzione dell’escursione termica giornaliera media mensile,
Etmg, e della temperatura media giornaliera, tmg. Si ha:
per l’estate ore diurne:
tmo= tmg + 0,31 Etmg
per l’inverno ore diurne: tmo= tmg + 0,27 Etmg
per l’estate ore notturne:
tmo= tmg - 0,31 Etmg
per l’inverno ore notturne:
tmo= tmg - 0,27 Etmg
4.3 Umidità relativa. Quando si parla di umidità atmosferica si vuole indicare la quantità di vapor
d’acqua contenuta nell’aria atmosferica. Principalmente il vapore d’acqua entra nella miscela
gassosa che costituisce l’aria atmosferica come conseguenza dell’evaporazione dalle superfici dei
mari e degli oceani. Danno il loro contributo però anche tutte le altre superfici umide, la
vegetazione e i corpi idrici minori come laghi, fiumi. Il vapore è poi distribuito sulla superficie
terrestre dai venti.
Una massa d’aria non può contenere una quantità illimitata di vapore d’acqua, ma esiste una
concentrazione limite funzione della temperatura (maggiore è la temperatura maggiore è la
quantità di vapore che può essere contenuta). Oltre tale concentrazione, detta di saturazione, il
vapore inizia a condensare. Spesso tale concentrazione limite viene espressa in termini di pressione
parziale del vapore nella miscela e si definisce la pressione parziale di saturazione. Il contenuto di
umidità in atmosfera può essere espresso in termini di: 1) umidità assoluta; 2) umidità relativa; 3)
contenuto igrometrico; 4) pressione parziale.
1) L’umidità assoluta è definita come il rapporto tra la massa di vapore contenuta in una
determinata massa d’aria umida e il volume occupato da tale massa d’aria; la sua unità di
misura sarà [g/m3].
2) Il contenuto igrometrico è definito come il rapporto tra la massa di vapore contenuta in un
certo volume e la massa d’aria secca in tale volume, x = mv/mas; la sua unità di misura sarà
quindi [g/kgas].
3) La pressione parziale è la parte di pressione atmosferica sostenuta dal vapore d’acqua,
misurata quindi in pascal [Pa].
4) L’umidità relativa è il rapporto, espresso in %, tra la quantità di vapore realmente presente
nell’aria rispetto alla quantità massima che potrebbe essere presente, nelle medesime
condizioni di pressione atmosferica e di temperatura dell’aria (saturazione). In altri termini è il
rapporto tra pressione parziale del vapore e pressione del vapor d’acqua in condizione di
saturazione alla medesima temperatura.
90
25
80
20
60
15
temperatura [°C]
umidità relativa [%]
70
50
10
umidità relativa
40
temperatura
30
5
0
2
4
6
8
10
12
14
16
18
20
22
24
ore del giorno
Figura 5. Tipico andamento giornaliero dell’umidità relativa in relazione alla variazione della temperatura e
punto di rugiada. Si tratta dei valori medi del mese di maggio a Washington.
Quando l’aria contiene la massima quantità di vapore è detta satura e la sua umidità relativa vale
100%. In tabella sono riportati alcuni valori di pressione di saturazione e di contenuto igrometrico di
saturazione in funzione della temperatura.
Da un punto di vista pratico il parametro più facilmente misurabile è l’umidità relativa ed essa è
quella maggiormente utilizzata per indicare il contenuto di vapor d’acqua in atmosfera. D’altra
parte ad essa sono anche correlati sia le sensazioni fisiologiche umane che stanno alla base dei
meccanismi di termoregolazione sia il comportamento igrometrico di molti materiali da costruzione
e quindi il loro deterioramento.
Sia la pressione parziale di vapore che l’umidità relativa variano moltissimo nel tempo e con il luogo
considerato. La pressione parziale va da valori molto bassi, 100-150 Pa, in regioni fredde e
desertiche a valori elevati in regioni calde e umide, 3000-4000 Pa. La pressione parziale è soggetta
a ampie variazioni stagionali e presenta valori più elevati in estate e più bassi in inverno.
L’escursione giornaliera risulta più contenuta anche se in zone vicine a corpi idrici possono esserci
notevoli variazioni legate all’intensa evaporazione diurna.
Tabella III. Contenuto igrometrico e pressione
parziale di saturazione in funzione della temperatura.
temperatura pressione parziale
contenuto
temperatura pressione parziale contenuto igrometrico
[°C]
[Pa]
igrometrico [g/kg]
[°C]
[Pa]
-20
128
0,66
11
1306
-10
287
1,64
12
1386
-8
320
13
1479
-6
373
14
1586
-4
440
15
1705
-2
520
16
1800
0
611
17
1920
1
653
18
2026
2
707
19
2173
3
760
20
2338
4
813
21
2466
5
872
22
2626
3,77
5,41
[g/kg]
10,46
14,35
6
933
23
2786
7
1000
24
2960
8
1066
25
3168
19,51
9
1133
30
4242
26,23
10
1227
35
5623
36,5
40
7375
49
7,53
L’umidità relativa può variare molto anche rimanendo costante la pressione di vapore in
conseguenza delle variazioni di temperatura giornaliera e stagionale oltre che dell’evaporazione per
effetto dell’insolazione. Ai picchi di temperatura diurni corrispondono minimi della umidità
relativa, anche se durante il giorno l’azione della radiazione solare porta ad aumentare
l’evaporazione dell’acqua presente sulla superficie terrestre contrastando la tendenza alla
diminuzione dell’umidità relativa. Da queste due azioni contrastanti si ottengono andamenti come
quello di figura 5 in cui si riporta, a titolo di esempio, l’umidità relativa media in rapporto a quello
della temperatura media per la città di Washington durante il mese di maggio. L’influenza della
temperatura risulta prevalente, si ha un minimo di umidità relativa durante le ore del primo
pomeriggio, mentre si ha un massimo nelle prime ore del giorno.
Quando la temperatura dell’aria si abbassa si riduce la sua capacità di contenere vapore, mentre
aumenta la sua umidità relativa. La temperatura a cui si raggiungono le condizioni di saturazione
viene detta punto o temperatura di rugiada. Il raffreddamento sotto tale temperatura dell’aria
porta alla condensazione di parte del vapore d’acqua. Il raffreddamento dell’aria può essere la
conseguenza essenzialmente di tre processi: 1) il contatto con superfici più fredde; 1) il
miscelamento con masse d’aria più fredde; 3) l’espansione associata a correnti ascensionali
(raffreddamento adiabatico). I primi due processi sono alla base della formazione di rugiada e
nebbia, il terzo è il meccanismo che sta alla base delle precipitazioni su larga scala.
Il contatto con superfici fredde porta al raffeddamento degli strati d’aria più bassi. Tale
raffreddamento porta alla formazione di rugiada sulle superfici fredde come la superficie terrestre,
i tetti, ….. Quando anche masse d’aria non a diretto contatto con una superficie fredda sono
raffreddate sotto il punto di saturazione si ha la formazione di piccolissime goccioline che
rimangono in sospensione dando origine al fenomeno della nebbia. Il raffreddamento degli strati
d’aria può essere provocato dal mescolamento con l’aria degli strati più bassi. Le condizioni
ambientali che favoriscono la formazione della nebbia sono le seguenti:
•
cielo sereno, che favorisce l’irraggiamento verso lo spazio da parte della superficie
terrestre e quindi il suo raffreddamento;
•
condizioni di inversione termica vicino alla superficie terrestre ossia temperature più basse
vicino alla superfice così che si hanno deboli rimescolamenti degli strati d’aria
verticalmente;
•
assenza di vento che può portare a rimescolamento degli strati.
5.4 Nuvolosità
La copertura nuvolosa di un dato sito ha sensibili ricadute sulla quantità e sulla qualità della
radiazione termica e luminosa del Sole e del cielo. Tuttavia le indicazioni riguardo la nuvolosità,
l’altezza e il tipo di nubi sono per l’Italia decisamente scadenti. Nel migliore dei casi la grandezza
nuvolosità è descritta dal numero di ottavi di cielo coperto. In mancanza di tale dato è possibile
dedurre la presenza di nubi dall’indice di soleggiamento relativo ovvero dal rapporto tra ore di cielo
sereno e lunghezza del giorno. Le ore di cielo sereno sono indicate dall’intervallo di tempo nell’arco
della giornata in cui la radiazione solare raggiunge un certo valore (di solito 200 W/m2) tale da
essere registrata da un apposito strumento detto eliofanomentro.
Il ricorso all’indice di soleggiamento relativo introduce in ogni caso l’approssimazione che la
nuvolosità sia uniformemente distribuita in tutta la giornata e addirittura durante tutto il mese,
poiché questo indice viene in genere fornito come valore medio mensile. I valori dell’indice di
soleggiamento relativo medio mensile per Trapani, Roma, Torino e Milano sono riportati a titolo di
esempio in tabella IV.
Tabella IV. Indice di soleggiamento relativo medio mensile per alcune città italiane.
INDICE DI SOLEGGIAMENTO RELATIVO
mese
TRAPANI
ROMA
TORINO
MILANO
1
.46
.46
.42
.22
2
.49
.45
.44
.33
3
.55
.56
.47
.43
4
.60
.53
.45
.46
5
.67
.60
.46
.49
6
.70
.63
.49
.52
7
.81
.74
.56
.60
8
.78
.72
.53
.59
9
.70
.66
.44
.48
10
.63
.59
.42
.36
11
.54
.42
.31
.18
12
.45
.37
.37
.17
5.5 Precipitazioni
L’entità delle precipitazioni costituisce insieme a temperatura dell’aria e intensità della radiazione
una delle grandezze fondamentali per la meteorologia. L’ammontare delle precipitazioni nelle
diverse forme (pioggia, neve, grandine) viene espresso in millimetri d’acqua per unità di tempo
(ora, giorno, anno), 1 millimetro equivale ad 1 litro d'acqua per m2.
Oltre alle precipitazioni globali mensili o annuali importante è anche l'intensità della precipitazione,
cioè la quantità di acqua caduta nell'unità di tempo (In genere si trova questo parametro espresso in
millimetri al minuto, per ottenere il valore in mm/h è sufficiente moltiplicare per 60). Piogge
intense, anche se di breve durata, possono superare i limiti di portata di canali e scarichi portando
ad allagamenti. In zone prive di copertura vegetale possono provocare frane e smottamenti.
100
140
90
120
80
100
precipitazioni [mm]
precipitazioni [mm]
70
60
50
40
30
80
60
40
20
20
10
0
0
Gen
Feb
Mar
Apr
Mag
Giu
mese
Lug
Ago
Set
Ott
Nov
Dic
Gen
Feb
Mar
Apr
Mag
Giu
Lug
Ago
Set
Ott
Nov
Dic
mese
Figura 6. Andamenti tipici annuali delle precipitazioni per la città di Venezia (sinistra) e Roma (destra).
Sono rappresentati i dati misurati durante l’anno 1988 rispettivamente negli aeroporti di Tessera e
Roma Urbe.
5.6 Vento
Con il termine vento indichiamo degli spostamenti di masse d’aria provocati da differenze di
pressione atmosferica conseguenti ad un diverso riscaldamento della superficie terrestre (gradiente
barico). I parametri che caratterizzano il regime dei venti di un dato sito sono essenzialmente due:
la velocità [m/s] e la direzione. La direzione viene individuata facendo riferimento ai punti cardinali
e alle direzione intermedie ottenendo 8 diverse categorie; in alcuni casi si considerano anche le
ulteriori direzioni intermedie ottenendo 16 diverse categorie.
Figura 7. Rappresentazione attraverso rose dei venti delle caratteristiche del vento in diverse località
australiane alle 9 del mattino durante la primavera.
Si può anche fare riferimento ad una velocità media del vento indipendentemente dalla direzione.
E’ da considerare che la velocità del vento, sia per quanto riguarda il modulo che la direzione, è
molto variabile nel tempo. E’ sempre bene, quindi, riferirsi a valori mediati in opportuni intervalli
di tempo. Utili, nella descrizione della direzione, si rivelano i diagrammi in cui si riporta la
distribuzione percentuale della direzione del vento (figura 7). Tali diagrammi, costituiti da frecce o
barre orientate la cui lunghezza è proporzionale all’incidenza percentuale con cui si riscontra una
data direzione del vento, sono tracciati su di una rosa dei venti nella quale il nord è indicato verso
l’alto. Ciascuna barra è divisa in segmenti di differente larghezza, i quali rappresentano le diverse
classi di velocità. Ad esempio il più sottile indica vento tra 1 e 10 km/h. La lunghezza di ciascun
elemento è proporzionale alla percentuale di incidenza delle diverse classi di velocità del vento che
soffiano in quella particolare direzione. La dimensione del cerchio centrale rappresenta la
percentuale di calma di vento. Per indicare l’intensità del vento si può fare riferimento anche alla
scala dei venti Beaufort, messa a punto nel 1805 per la misura empirica della velocità del vento
dall'Ammiraglio Beaufort, e adottata nel 1874 dal Comitato Meteorologico Mondiale. Può essere utile
anche per stimare la velocità del vento senza strumenti (cfr. tabella V).
Tabella V. Scala di classificazione dell’intensità del vento secondo Beaufort.
Gradi
km/h
Beaufort
0
Denominazione
del vento
Descrizione
Altezza delle
onde in metri
calma
il fumo si alza verticalmente
-
1
1-5
bava di vento
debole deriva di fumo
0,1
2
6-11
brezza leggera
le foglie stormiscono
0,3
3
12-19
brezza tesa
le foglie e i piccoli rami si muovono
continuamente
1,0
4
20-28
vento moderato si muovono i rami, si solleva la carta
e la polvere
1,5
5
29-38
vento teso
incominciano ad oscillare i piccoli
alberi
2,5
6
39-49
vento fresco
si muovono i grossi rami, i fili
metallici sibilano
4,0
7
50-61
vento forte
si muovono i grossi alberi, difficoltà
a camminare controvento
5,5
8
62-74
burrasca
si rompono i rami degli alberi
7,5
9
75-88
burrasca forte
i fabbricati possono subire qualche
danno
10,0
10
89-102
tempesta
gli alberi vengono sradicati, danni
considerevoli ai fabbricati
12,5
11
103-117
tempesta
violenta
danni generali
16,0
12
118-133
uragano
danni ingentissimi
-
6. I CLIMI E LA CLASSIFICAZIONE DI KÖPPEN
La scienza che studia i climi utilizza come grandezze “guida” nella definizione del clima di un
determinato luogo la temperatura e le precipitazioni. Questo perché effettivamente sono grandezze
molto significative, ma anche perché sono quelle per le quali si hanno più dati a disposizione dal
momento che sono rilevate da un numero elevatissimo di stazioni.
Il sistema di classificazione, elaborato all’inizio del secolo dal climatologo russo W. Köppen,
costituisce oggi uno standard mondiale. La classificazione è basata sui valori di temperatura del
mese più freddo e del mese più caldo e sulla temperatura minima annuale in parallelo alle
precipitazioni. Essa individua nella vegetazione spontanea il migliore indicatore della combinazione
climatica di un luogo. Le grandi classi in cui il sistema di Köppen ha suddiviso i climi sono cinque e
vengono simboleggiate con le prime cinque lettere dell’alfabeto. All’interno di ogni grande classe
vengono poi identificate alcune sottoclassi che si distinguono tra di loro per quantità e regime delle
piogge. La suddivisione delle terre emerse sulla base dei cinque tipi di clima è visibile in figura 8.
Figura 8. Distribuzione dei diversi tipi di clima sulla superficie terrestre secondo Koppen.
A CLIMI CALDI UMIDI: sono caratterizzati dal fatto che la temperatura media del mese più freddo
non scende mai sotto i 18 °C, dalla mancanza di inverno, da debole escursione termica annua e
appena più sensibile escursione termica giornaliera. La quantità e il regime delle piogge sono
variabili e determinano i seguenti sottotipi di clima: Af clima equatoriale: caratterizzato da grande
uniformità di regime termico e piovosità abbondante e ben distribuita in tutti i mesi dell’anno (f
indica la mancanza di una stagione secca, feht=senza in tedesco); Aw, As clima tropicale:
caratterizzato da piogge abbondanti concentrate in una stagione umida mentre la restante parte
dell’anno è pressoché arida (w indica che la stagione secca è l’inverno, winter=inverno in tedesco, s
che la stagione secca è l’estate, sommer=estate in tedesco); Am clima monsonico: caratterizzato
da breve stagione arida e mentre l’altra parte dell’anno è molto piovosa.
B CLIMI ARIDI: caratterizzati dal fatto che l’evaporazione supera la precipitazione.
C CLIMI UMIDI TEMPERATI CALDI: la temperatura media del mese più freddo scende sotto i 18 °C
ma è comunque maggiore di -3°C; il ciclo termico stagionale è ben definito; il regime pluviometrico
è vario; vi è grande variabilità del tempo atmosferico. Si distinguono i seguenti sottotipi di clima:
ƒ Cf clima temperato subtropicale umido: con precipitazioni distribuite durante l’anno;
ƒ Cw clima temperato subtropicale con inverno secco: mancanza di piogge nella stagione
invernale;
ƒ Cs clima temperato subtropicale con estate asciutta: tipico esempio il clima mediterraneo.
D CLIMI BOREALI TEMPERATI FREDDI: la temperatura media del mese più freddo scende sotto -3 °C
e quella del mese più caldo supera 10 °C; l’inverno è lungo e freddo con suolo sempre coperto di
neve; l’estate è breve e calda; vi è grande escursione termica che supera spesso 40° o perfino
60°C. Si distinguono i seguenti sottotipi di clima: Df clima continentale con inverni umidi, Dw
clima continentale con inverni secchi.
E CLIMI NIVALI O POLARI: la temperatura media del mese più caldo è sempre minore di 10 °C; vi è
mancanza di un periodo caldo; una caratteristica particolare è data dal lungo giorno e dalla lunga
notte.
La classificazione di Köppen si presta, ovviamente a definire tipi di macroclima e mesoclima. E’
invece meno adatta a definire climi locali. Tuttavia è comunque utile e applicata ai climi locali
della penisola italiana è rappresentata in figura 10. In maniera indicativa in Italia si possono
comunque identificare le seguenti zone climatiche e climi:
•
•
•
•
•
•
Alpi: clima d'alta montagna con estate umida
Bacino padano e costa adriatica settentrionale: temperato fresco sub-oceanico umido
Costa ligure e tirrenica: temperato caldo con inverno umido ed estate secca
Appennini: temperato fresco sub-oceanico umido
Costa adriatica del sud e ionica: temperato caldo localmente arido con inverno umido e
lunga estate secca
Sicilia e Sardegna: da temperato caldo con estate secca ad arido con lunga estate secca.
Figura 10. Climi della penisola italiana secondo la classificazione di Köppen.
7. IL MICROCLIMA
Le grandi carte climatiche ci spingono a considerare il clima come un insieme di condizioni
uniformemente distribuite in una ampia zona. In realtà le condizioni ambientali variano da luogo a
luogo molto velocemente tanto che quando si consideri una zona anche di dimensioni limitate si
possono individuare molti diversi “microclimi” vicini l’uno all’altro. Basti pensare a quanto
differenti possono essere le associazioni vegetali che si trovano sui versanti diversamente esposti di
una stessa collina o alla differenza di temperatura che si ha in ambito urbano durante il periodo
estivo tra un ampio parcheggio e un parco alberato confinanti.
Gli elementi che determinano il microclima di un sito sono: la radiazione solare e l’esposizione al
vento: la radiazione solare porta energia e quindi aumenti di temperatura, il vento può contribuire
a raffreddare. Questi due elementi climatici si combinano con elementi geografici (rilievo,
topografia, presenza di masse d’acqua, tipo di copertura del suolo) per dare lo specifico microclima
di un luogo.
7.1 L’altezza sul livello del mare
Con l’aumentare dell’altezza la temperatura dell’aria diminuisce, quindi mano a mano che si sale
lungo il versante di un rilievo si hanno condizioni climatiche che evolvono verso la microtermia. In
genere in condizioni normali si ha una diminuzione di circa 0,5 ÷ 0,8 °C per ogni aumento di 100 m
di quota. In condizioni particolari si può però assistere ad una inversione del gradiente di
temperatura (aria più calda a quote superiori) detta anche inversione termica, che porta a stabilità
verticale e quindi a scarso rimescolamento degli strati d’aria vicino al suolo (problemi in aree
inquinate). In figura 11 è riportato l’andamento della temperatura lungo il versante ovest della
catena costiera Californiana tra Sacramento al livello del mare e il lago Tahoe ad una altitudine di
circa 1700 metri.
Figura 11. Variazione della temperatura con l’altezza sul livello del mare.
7.2 L’esposizione
La temperatura varia notevolmente con l’esposizione. I versanti inclinati rispetto la radiazione
solare in inverno e durante le stagioni intermedie ricevono una intensità di radiazione maggiore
rispetto al piano (legge del coseno). In generale poi i versanti delle valli esposti a sud-ovest sono più
caldi sia perché la radiazione li colpisce nelle ore del giorno in cui la temperatura è più alta, sia
perché il mattino la radiazione solare viene utilizzata per l’evaporazione dell’acqua nel terreno. La
zona intermedia delle valli in inverno è più calda sia rispetto al fondovalle soggetto a limitata
insolazione, che rispetto alle creste esposte all’azione dei venti. Gli agricoltori e i viticoltori
conoscono bene l’effetto dell’esposizione e sanno che un pendio rivolto a nord può avere un periodo
di coltivazione più breve di diverse settimane rispetto a un pendio alla stessa quota rivolto a sud.
Allo stesso modo i pendii soleggiati esposti a sud sono quelli più indicati per avere produzioni
precoci e di elevata qualità.
Figura 12. Variazione della temperatura con l’esposizione.
7.3 Il rilievo e l’azione del vento
Nelle zone ad orografia complessa i venti vengono rafforzati, indeboliti o deviati. In corrispondenza
di un ostacolo si ha una zona riparata, in “ombra di vento”, i flussi che aggirano l’ostacolo
aumentano invece la loro velocità. Il vento è deviato da una collina sia in senso verticale che
orrizzontale. Si hanno velocità più elevate in corrispondenza della cima e del versante sottovento e
condizioni di relativa calma di vento sul versante non esposto.
Figura 13. Profili di velocità del vento.
Figura 14. Profili di velocità su di una collina.
Figura 15. Condizioni di Stau con precipitazioni sottovento e di Fohn su versante sopravento.
I versanti esposti ai venti sono tendenzialmente più piovosi. Le masse d’aria umida infatti risalendo
i versanti si raffreddano adiabaticamente fino a condensazione provocando pioggie intense.
Viceversa sul versante opposto si ha aria che si riscalda adiabaticamente scendendo (fohn) e scarse
precipitazioni.
7.4 Le brezze.
Nelle valli montane si possono creare le condizioni perché spirino venti da monte a valle o
viceversa, le cosiddette brezze di monte e brezze di valle. Durante le ore del giorno la radiazione
solare colpisce le cime e le parti più alte della valle; l’aria si riscalda e tende a salire richiamando
altra aria e generando un flusso dal fondovalle su per essa fino alle cime. Si parla di brezza di valle.
Nelle ore notturne le parti più alte e più esposte reirradiano calore verso la volta celeste
raffreddandosi e raffreddando l’aria. Questa massa d’aria più densa tende a scendere lungo i
versanti e la valle generando la cosiddetta brezza di monte.
Figura 16. Formazione della brezza di valle e della brezza di monte.
L’acqua ha un calore specifico più elevato del terreno. Le masse d’acqua tendono quindi a rimanere
più calde della terraferma in inverno e più fredde in estate. Allo stesso modo giornalmente tendono
a rimanere più calde del terreno durante la notte e più fredde durante il giorno. A causa di questa
differenza di temperatura le masse d’aria che staziona non sopra il mare e sopra la terraferma
hanno diverse temperature. Si creano delle differenze di pressione che generano venti locali e
periodici detti brezze. Si parla di brezza di terra che spira dalla costa verso il mare e di brezza di
mare in direzione opposta.
Figura 17. Formazione della brezza di mare e della brezza di terra.
7.5 Masse d’aria fredda.
Le masse di aria a diversa temperatura sono entità che al contrario di quello che comunemente si
pensa tendono a mantenere la propria identità e non si mescolano facilmente. In particolare le
masse di aria fredda sono poco dinamiche e tendono a stazionare. Quando l’orografia presenta
variazioni di quota essendo più dense fluiscono verso le quote più basse e rimangono intrappolate in
nicchie come un fluido viscoso.
Tipico è il caso dello stazionamento di aria fredda in depressioni del terreno dopo il raffreddamento
notturno con formazioni di foschie (Es. doline o fondovalle). Un caso tipico è l’altipiano carsico del
Consiglio. La parte più estesa dell’altipiano è costituita da un Polje ossia una estesissima dolina che
è circondata da un rilievo di diverse altezze. Sono molto frequenti nella parte bassa di questo catino
naturale nebbie e foschie, mentre i rilievi poche centinaia di metri più in alto sono completamente
sgombri. In condizioni di cielo sereno le cime esposte allo scambio radiativi con il cielo si
raffreddono e con esse l’aria che scende nel catino rimanendovi intrappolata. Qui l’umidità è alta
per la presenza di vegetazione e per la presenza la saturazione del suolo presente sopra il substrato
carbonatico. Ne consegue la formazione di nebbie durante tutto l'anno, ma con particolare evidenza
nei periodi febbraio - maggio e settembre-ottobre quando le differenze fra le massime e le minime
temperature giornaliere sono maggiori. Queste differenze sono ridotte nel periodo novembre gennaio, che è di conseguenza l'arco di tempo meno nebbioso. L'intensità della nebbia è, poi, tanto
maggiore quanto maggiore è l'escursione giornaliera e pertanto più il tempo è sereno e stabile più
densa e duratura essa è. Il sole dissolve la nebbia, ma spesso con fatica e ad ore avanzate. In
combinazione con la nebbia si ha spesso anche il fenomeno dell'inversione termica, per cui la
temperatura aumenta con l'aumentare della quota. E così accade che nel fondo del gande catino
abbiamo i pascoli, più in alto i boschi di conifere e sopra le latifoglie.
Figura 18. Condensazione con formazione della nebbia nel polje di Pian Consiglio.
Anche barriere naturali come siepi o macchie di alberi possono creare quelle che vengono chiamate
in inglese “frost pocket” ossia zone limitate (radure in un bosco) in cui a causa dell’irraggiamento
notturno verso il cielo l’aria si raffredda restando intrappolata e portando anche alla formazione di
ghiaccio sotto forma di brina (figura 19).
Il movimento di una massa di aria fredda verso il basso in presenza di alcune conformazioni
geomorfologiche, gole strette, possono produrre dei flussi concentrati dando origine a quelli che
vengono chiamati “venti catabatici”. Un esempio su grande scala è nella Francia del sud il Mistral
che scende lungo la valle del Rodano dalle cime alpine con notevole velocità fino al golfo del Leone.
Figura 19. Formazione di una frost pocket.
7.6 Le masse d’acqua e le masse terrrestri
L’acqua ha un calore specifico più elevato del terreno. Le masse d’acqua tendono quindi a rimanere
più calde della terraferma in inverno e più fredde in estate. Allo stesso modo giornalmente tendono
a rimanere più calde del terreno durante la notte e più fredde durante il giorno. La presenza di una
massa d’acqua smorza quindi le oscillazioni di temperatura sia giornaliere che annuali. Quanto più
grande sono le dimensioni del corpo d’acqua tanto maggiore sarà questo effetto di stabilizzazione.
L’atmosfera delle zone costiere è caratterizzata da maggiore torbidità a causa delle microgocce che
si ritrovano in aria. A parità di radiazione globale, la torbidità atmosferica produce un’attenuazione
della diretta ed un aumento della radiazione diffusa.
Un esempio è riportato in figura 20, in cui sono riportate le condizioni di due località, Honolulu –
Hawai 19°N e Timbuctu – Marocco 17°N, che si trovano alla stessa latitudine. La prima si trova in
mezzo alla massa d’acqua dell’Oceano Pacifico, la seconda nella massa terrestre Africana a sud del
deserto del Sahara. Le oscillazioni di temperatura nel primo caso sono molto più limitate.
Figura 20. Diversa relazione con masse d’acqua e di terra: Honolulu e Timbuctù.
Un altro esempio di microclima locale influenzato dalla presenza di masse d’acqua si ha in
corrispondenza dei vari laghi dell’Italia settentrionale (Como, Maggiore, Garda, Lugano) lungo le
cui sponde si ha un clima subtropicale con inverni molto miti con la presenza di piante come la
palma e la bougenvillea, mentre a breve distanza sulle cime prospicienti il clima è tipicamente
alpino. I fattori che si combinano a creare questa situazione climatica oltre alla presenza della
massa d’acqua sono la buona esposizione al sole basso invernale e la presenza frequente di correnti
discendenti calde (Fohn).
Figura 21. Masse d’acqua, buona esposizione, fohn, sono le motivazioni dei microclimi subtropicali
intorno ai laghi dell’Italia settentrionale, i quali si trovano alla stessa latitudine di Quebec City.
7.7 Copertura del suolo
La presenza di una copertura vegetale limita l’insolazione sul terreno e quindi le escursioni di
temperatura. Una parte di energia viene riflessa e una parte assorbita dalle piante e utilizzata per
la fotosintesi.
I fenomeni di evapotraspirazione coinvolti nel metabolismo delle piante portano poi a valori di
umidità relativa tendenzialmente elevati, di solito superiori di 5 - 10 % rispetto a quelli riscontrabili
con scarsa copertura vegetale. L’evapotraspirazione è inoltre responsabile di un certo
raffrescamento durante il periodo estivo (calore latente di vaporizzazione dell’acqua).
Alcune considerazioni particolari debbono essere fatte riguardo agli effetti che gli insediamenti
urbani generano sul clima locale. I grossi insediamenti urbani modificano profondamente il clima
locale per numerosi motivi tra i quali si possono enumerare:
• la costruzione di edifici che con la loro altezza e la loro densità modificano il regime naturale
dei venti;
• la sostituzione del suolo naturale con asfalto o altri materiali impermeabili che riducono
l’evaporazione e l’umidità e aumentano lo scorrimento dell’acqua;
• copertura della superficie terrestre con materiali che modificano i bilanci energetici
provocando un aumento di temperatura negli strati bassi e medi dell’aria;
• produzione di calore dovuto alle attività umane e riduzione degli apporti di energia solare a
causa dei fumi e dei gas che rendono meno trasparente l’atmosfera.
Un fenomeno riscontrabile in numerose città è quello della cosiddetta isola di calore, imputabile
soprattutto alla grande capacità termica della città dovuta, ovviamente, alla presenza degli edifici,
delle strutture viarie e del manto di asfalto: il calore immagazzinato durante il giorno in queste
strutture viene restituito lentamente di notte mantenendo decisamente più alta non solo la
temperatura dell’aria ma anche quella delle superfici che delimitano gli spazi.
In media la temperatura in città è superiore di quella misurata nella campagna circostante fino a un
10%. La campagna inoltre ha minore inerzia termica e si raffredda o si riscalda più rapidamente. La
differenza di temperatura città-campagna è massima qualche ora dopo il tramonto e minima nelle
prime ore del pomeriggio.
Per le precipitazioni si osserva un incremento nelle zone urbane rispetto all’ambiente rurale
circostante a causa dell’inquinamento atmosferico e del relativo materiale particolato sospeso che
funge da nucleo di condensazione per il vapor d’acqua.
Figura 22. Andamento della temperatura per effetto della cosiddetta isola di calore urbana.
8. PARAMETRI CLIMATICI UTILI NELLA PROGETTAZIONE
Le grandezze climatiche utilizzate in campo meteorologico ossia le precipitazioni e specialmente la
temperatura con i suoi valori medi, massimi, minimi mensili e annuali, possono dare un’idea
generale di quelle che sono le sollecitazioni ambientali su di un edificio. D’altra parte però per
poter effettuare analisi dettagliate del sito in fase di progettazione e per la simulazione delle
prestazioni energetiche del sistema edificio-impianto è necessario elaborare in maniera specifica i
dati meteorologici per ottenere ulteriori indicatori climatici. Nel seguito sono descritte le diverse
grandezze e i vari parametri meteorologici che possono essere utilizzati nella progettazione
architettonica.
8.1 L’anno tipo
Nella progettazione dei sistemi che utilizzano l’energia solare, così come nella valutazioni delle
prestazioni energetiche del sistema edificio-impianto si deve considerare il comportamento dei
sistemi in regime dinamico lungo tutto il ciclo climatico annuale considerando le variazioni
giornaliere delle diverse grandezze. Per fare questo è necessario avere a disposizione i valori orari
delle grandezze meteorologiche lungo tutto il ciclo annuale; in particolare sono indispensabili la
temperatura e la radiazione solare. Si individuano le sequenze orarie più probabili elaborando
statisticamente i dati ambientali misurati su lungo periodo (almeno 20 anni) e costruendo quello che
va sotto il nome di “anno tipo”.
In Italia l’elaborazione dell’anno tipo per una serie di località è stata condotta dal Consiglio
Nazionale delle Ricerche nell’ambito del Progetto Finalizzato Energetica negli anni ‘80. Utilizzando
i dati provenienti da 68 stazioni sparse sul territorio nazionale raccolti in maniera praticamente
continua dall’Aeronautica Militare dal 1951 al 1970 si sono fatte le seguenti elaborazioni:
ƒ
per ogni stazione sono state calcolati valore medio e varianza della temperatura
dell’aria per ciascun mese dell’anno, da gennaio a dicembre, utilizzando l’intera
popolazione a disposizione;
ƒ
la stessa operazione è stata ripetuta per ogni singolo mese di ogni singolo anno;
ƒ
si è selezionato quale mese tipo più rappresentativo quello con media e varianza
più prossimi agli stessi valori per quel mese calcolati sull’intera popolazione;
ƒ
alla temperatura dell’aria si sono accompagnate le altre grandezze
meteorologiche relative alla stesso mese: velocità del vento, umidità relativa,
numero di ore di sole.
ƒ
si è costruito l’anno tipo come successione dei mesi tipo così selezionati;
ƒ
per la radiazione si aveva in origine a disposizione solo la radiazione solare
giornaliera sul piano orizzontale e limitatamente a 30 località a partire dal
1958. Alle altre 38 stazioni per le quali non si avevano dati si sono attribuiti i
valori misurati in stazioni il più possibile adiacenti. Infine il valore giornaliero
globale è stato decomposto secondo un modello messo a punto per
l’occasione nelle due componenti diretta e diffusa le quali a loro volta sono
state ripartite ora per ora.
Un limite di tale procedura è che essendo la temperatura il parametro guida i valori degli altri
parametri sono quelli effettivamente verificatesi nei mesi scelti e non sono necessariamente vicini
ai valori medi di lungo periodo.
L’anno tipo così elaborato è costituito da una sequenza di mesi reali (effettivamente rilevati nel sito
considerato) provenienti da anni diversi. Si ottiene una successione di almeno 8760 dati (365x24)
per ciascuna grandezza fisica considerata. In genere i valori numerici messi a disposizione da parte
delle diverse istituzioni che hanno rielaborato i dati meteorologici corrispondono a temperatura,
umidità relativa, velocità e direzione del vento, radiazione globale, radiazione diffusa. Nei files dati
una riga è costituita dai valori di queste grandezze precedute da tre colonne in cui sono riportati
mese, giorno, ora.
8.2 Il giorno medio mensile
Non è sempre necessario utilizzare la descrizione annuale oraria del clima di un sito. Nelle prime
fasi della progettazione ad esempio quando si devono effettuare numerose analisi parametriche per
individuare la tipologia edificio-impianto più adatta utilizzare l’anno tipo porta ad un inutile
dispendio di tempo e denaro. In molti casi è possibile compattare i dati meteorologici in una forma
più sintetica la quale permette comunque di descrivere gli andamenti giornalieri delle grandezze e
le variazioni stagionali; vengono in questo modo elaborati i cosiddetti “giorni medi mensili”.
Si tratta di individuare la media ora per ora delle diverse grandezze per ciascun mese e ottenere
così una successione di 24 valori rappresentativa dell’andamento giornaliero medio per ciascun
mese dell’anno. I valori delle diverse grandezze nei giorni medi mensili per varie località italiane
sono disponibili nel volume elaborato nell’ambito del Piano Finalizzato Edilizia del CNR, Dati per la
progettazione edile e impiantistica. In tabella sono riportati i dati per Venezia.
I dati medi mensili vengono attribuiti a uno specifico giorno di ciascun mese. Questo è utile
Soprattutto per i calcoli relativi alla radiazione solare legata alla declinazione solare e quindi
variabile nel corso di ciascun mese. Il giorno scelto rappresenta quello in cui la declinazione solare
è più vicina a quella media del mese.
Il progettista in questo modo può disporre di valori orari delle grandezze che gli consentono di fare
delle valutazioni sul comportamento giornaliero sistema edificio-impianto. Nel caso si desideri fare
delle valutazioni di tipo annuale, ciascun mese può essere ricostruito con 31 successioni giornaliere
uguali.
Tabella VI. Giorni medi mensili per il sito di Venezia, mesi di gennaio e febbraio.
8.3 Temperatura invernale di progetto
Per il calcolo della potenza di picco dell’impianto di riscaldamento invernale è necessario fare
riferimento alle condizioni più gravose in cui esso è chiamato a operare. Questo ci porterebbe a
considerare la temperatura più bassa tra quelle che stagionalmente si sono verificate nel corso degli
anni nella località in analisi, ossia la temperatura minima assoluta. Solo in questo caso si è sicuri di
dimensionare un impianto in grado di garantire negli ambienti interni la temperatura desiderata di
progetto anche al presentarsi delle sollecitazioni climatiche più avverse. Così facendo però si
sovradimensiona di molto l’impianto dal momento che la temperatura a cui ci si riferisce ha
statisticamente una frequenza estremamente bassa e può non verificarsi di nuovo anche per alcuni
anni consecutivamente. Oltre ad un maggior costo di realizzazione un impianto sovradimensionato
per la maggior parte del tempo viene impiegato per una bassa percenturale della sua potenzialità
con conseguenti basse efficenze e notevole dispendio energetico. Si accetta quindi di mitigare
l’ipotesi delle “condizioni più sfavorevoli” e di costruire un impianto che non sia in grado di
contrastare completamente le condizioni molto gravose che si presentano con incidenza statistica
molto limitati. Si definisce allora come temperatura esterna di progetto la temperatura a cui nei
mesi di dicembre-gennaio-febbraio o comunque nella stagione invernale corrisponde una frequenza
cumulata del 99% per gli edifici con involucro leggero e del 97,5% per gli edifici con involucro
pesante o normale, dove per “frequenza cumulata” s’intende la percentuale dei valori orari di
temperatura che risultano superiori ad un determinato limite. Dire che la frequenza cumulata del
valore Te = –5 °C è del 97,5%, significa dire che nell’arco di un determinato periodo scelto come
rappresentativo del periodo più freddo per quella località c’è solo il 2,5% di possibilità che si
verifichi per la temperatura esterna un valore più basso. Con ciò si ammette implicitamente che nel
2,5% dei giorni di quel periodo possano verificarsi delle condizioni climatiche tali da non permettere
all’impianto di raggiungere la temperatura interna stabilita perché il valore delle dispersioni supera
il carico di picco che l’impianto può fornire.
In figura 15 si riporta un esempio di individuazione della temperatura esterna di progetto Te,p. Nello
specifico essa vale –5 °C e i valori più bassi ignorati entro la banda grigia della figura costituiscono il
2,5% dei valori di temperatura che si possono presentare in realtà in quella località ed in quel
periodo.
Te (τ)
[°C]
10
5
0
Te, p
−5
DIC
GEN
FEB
τ
Figura 23. Temperatura esterna invernale di progetto. La banda grigia evidenzia il 2,5% di valori
sotto alla temperatura di –5°C individuata nel caso specifico come temperatura di progetto.
Le temperature esterne invernali di progetto per le località italiane riportate nella norma UNI 5364
sono state ricavate utilizzando tale metodo statistico. La tabella con i valori delle temperature
esterne invernali di progetto è riportata in Appendice A. La normativa UNI 7357 prevedeva delle
correzioni al valore di temperatura esterna da assumersi con riferimento a tre parametri:
•
•
•
diversa altitudine sul livello del mare: Te resta invariata fino a 200 m s.l.m. e diminuisce
(o aumenta) di 1 °C per ogni 200 m di quota maggiore (o minore).
diversa situazione dell’ambiente esterno: Te resta invariata per edifici in un complesso
urbano, diminuita da 0,5 ad 1 °C in piccoli agglomerati e da 1 a 2 °C in edifici isolati.
vicinanza di edifici: Te può essere diminuita da 1 a 2 °C limitatamente ai piani di altezza
maggiore di quella degli edifici viciniori.
8.4 Irradiazione solare media giornaliera, irradianza solare massima estiva
La radiazione solare è un parametro progettuale essenziale sia nel calcolo in regime estivo del
carico dei sistemi di climatizzazione, sia in regime invernale per valutare la quantità di calore
“gratuito” che l’involucro edilizio è in grado di “captare” attraverso le superfici vetrate, oppure per
analizzare il funzionamento di eventuali sistemi passivi di riscaldamento (serra solare, muro di
Trombe, roof pond) o attivi (solare termico) o ancora nella progettazione dei sistemi fotovoltaici,
ma anche per la valutazione del livello di illuminamento naturale dell’edificio.
La normativa tecnica (UNI10349) fornisce i valori di irradiazione solare media giornaliera per le
principali località italiane distinguendo le componenti diretta e diffusa sul piano orizzontale e
fornendo anche i valori di radiazione globale sul piano verticale per le diverse esposizioni; la stessa
norma riporta i valori di irradianza solare estiva massima in funzione delle ore del giorno e della
latitudine, valori che possono essere utilizzati per il calcolo dei carichi estivi. In figura 16 sono
riportati gli andamenti tipici alle medie latitudini della radiazione globale che ricevono superfici
diversamente orientate e inclinate. Si possono fare le seguenti osservazioni di carattere generale
per l’emisfero settentrionale:
ƒ le pareti verticali ricevano molta meno radiazione delle superfici orizzontali
ƒ anche tetti con inclinazioni fino a 30° ricevono considerevoli quantità di energia che rimane
elevata fino a inclinazioni di 60°.
ƒ le pareti rivolte a nord ricevono poca energia; si tratta quasi solo di diffusa a parte nelle
prime e ultime ore del giorno durante il periodo estivo;
ƒ la parete a sud non è sempre quella investita dalla maggior intensità di radiazione: al
contrario di quanto potrebbe sembrare d’estate le pareti est e ovest ricevono molta più
radiazione. Il sole d’estate infatti investe la parete sud con angoli di incidenza molto elevati
mentre le pareti est e ovest sono investite con piccoli angoli di incidenza.
ƒ di conseguenza si ha anche il fatto che una parete rivolta a sud riceve molta meno energia
d’estate che durante la stagione invernale.
Figura 24. Andamento annuale della radiazione globale su superfici
diversamente orientate (alto) e inclinate (basso).
In mancanza di dati sperimentali, la radiazione solare ricevuta al suolo in un dato sito può essere
calcolata con numerosi metodi di calcolo, il più noto si deve a Liu e Jordan e sarà presentato nel
capitolo riguardante specificamente la radiazione solare. Nell’ambito del Piano Finalizzato Edilizia
del CNR, già nominato nei paragrafi precedenti, riferendosi ai giorni medi mensili, sono stati
elaborati i valori della radiazione solare oraria diretta e diffusa su superficie orizzontale e la globale
oraria per superficie verticale diversamente esposta (sud, sud-ovest, ovest, nord-ovest, nord, nordest, est, sud-est) nonché i valori medi giornalieri. In tabella VI sono riportati i dati per Venezia.
8.5 Temperatura sole-aria
La sollecitazione termica su di una superficie di involucro è il risultato dell’azione degli scambi
convettivi con l’aria esterna (funzione della temperatura dell’aria) e dell’irraggiamento solare. Un
modo sintetico di considerare i diversi contributi di scambio termico è quello di utilizzare il
concetto di temperatura sole-aria, tsolair. Ossia la definizione di una temperatura fittizia che
permette di descrivere il flusso di calore sulla superficie della parete come se fosse totalmente
convettivo. Nella definizione si parte dal bilancio globale degli scambi convettivi e radianti che
interessa la superficie esterna della parete, espresso dalla relazione:
q = A [ asup Gsol − hest ( t sup − t aria )]
Nella quale asup = coefficiente di assorbimento nella banda solare della parete; Gsol = irradiazione
solare; hest = coefficiente di scambio termico convettivo esterno; tsup = temperatura della superficie
esterna; taria = temperatura esterna dell'aria. Nella maggior parte delle situazioni si possono
assumere per asup e hest valori rispettivamente pari a 0,8 e 16 W/(°C m2). Si definisce temperatura
sole-aria, la temperatura fittizia, tale che:
q = Ahest (tsolair − taria)
ovvero:
h est ( t solair − t aria ) = [ a sup G sol − h est ( t sup − t aria )]
Pertanto:
tsolair =
asup
hest
Gsol + taria
Come si è detto precedentemente la temperatura sole-aria è quella temperatura fittizia che
apporterebbe sulla superficie esterna di una parete lo stesso flusso termico che si ha nella realtà
per effetto della radiazione solare e dell'adduzione con l'aria esterna.
Figura 25. Temperatura sole aria.
8.6 Il vento: direzione prevalente e velocità media, zone di vento
Perché considerare il vento come parametro progettuale? Il vento è un parametro climatico che
influenza il comportamento termico dell’edificio in due modi: modifica la resistenza termica
dell’involucro edilizio influenzando i valori dei coefficienti di convezione, influenza il carico per
infiltrazione attraverso l’involucro. Per molte applicazioni edilizie è sufficiente conoscere la
direzione prevalente del vento e la velocità media, dati abbastanza facili da reperire. In tabella IV
sono riportati velocità media e direzione prevalente per alcune località italiane dalla norma UNI
10349.
Tabella VII. Caratteristiche del vento in alcune località italiane secondo la norma UNI 10349.
Altitudine (m)
Zona di vento
Ancona
Aosta
Bari
Bologna
Bolzano
Cagliari
Firenze
Genova
Milano
Napoli
Palermo
Reggio Calabria
Roma
Salerno
Torino
Venezia
Città o Località
16
583
5
54
262
4
40
19
122
17
14
15
20
4
239
1
2
2
2
1
1
3
2
3
1
3
3
3
2
3
1
3
Velocità media (m/s) Direzione prevalente
3
2,6
3,5
1,6
0,9
4,0
1,4
3,8
1,1
2,3
3,6
3,8
2,6
1,8
0,8
2,6
W
N
W
SW
S
NW
NE
NE
SW
NE
SW
N
SW
SW
NE
NE
Verona
59
1
0,9
E
Si deve tenere conto che la velocità del vento a livello della superficie terrestre diminuisce molto
fino a divenire praticamente nulla a contatto con il suolo. Inoltre il regime dei venti di un sito è
molto influenzato dalla topografia locale, presenza di vegetazione o edifici. Il progettista può
reperire nella norma tecnica UNI 10349 i dati di velocità media annuale del vento e direzione
prevalente. L’Italia è stata suddivisa in 5 regioni di vento: la regione A comprende tutta l’Italia a
nord del Po; la regione B comprende la zona tra l’Appennino e il mare Adriatico; la regione C
comprende la zona tra l’Appennino e il mare Tirreno e la Sicilia; le regioni D ed E comprendono la
Sardegna orientale e occidentale (figura 26). Sulla base della regione di vento di appartenenza,
della distanza dalla costa e dell’altitudine è possibile ricavare la velocità media del vento in una
qualsiasi località.
Figura 26. Regioni di vento italiane secondo UNI 10349.
8.7 Gradi giorno
I gradi giorno sono una grandezza, introdotta nel nostro paese con l’emanazione della legge n. 373
del 30 aprile 1976, utile per caratterizzare i siti dal punto di vista delle necessità energetiche
stagionali degli edifici: all’aumentare dei gradi giorno aumenta il fabbisogno energetico. Pur non
essendo una grandezza di carattere tipicamente climatico, in quanto è definita tenendo conto di un
prefissato valore della temperatura interna degli edifici, essa è particolarmente significativa per
definire globalmente le caratteristiche termiche stagionali di un sito.
I gradi giorno di una località sono la somma delle differenze fra la temperatura convenzionale
interna degli edifici e quella esterna media giornaliera di ciascun giorno compreso nell’intervallo
stagionale definito dai limiti iniziale i e finale f, per il periodo invernale o per il periodo estivo. Si
ha cioè:
GG =
f
∑ (t
a
− t em )
i
La Legge 373 considerando le dispersioni invernali ha introdotto i gradi giorno invernali assumendo
una temperatura interna di progetto pari a ta = 20 °C e ha posto come inizio e fine della stagione
invernale i giorni in cui la temperatura media giornaliera scende e sale al di sopra del valore tem =
12 °C. In questo caso si dice che si sono ricavati i GG su base 20 (ta = 20 °C). La figura 15 esemplifica
tre differenti regimi termici e i riflessi che tali regimi hanno sull’entità dei gradi giorno.
Figura 27. Gradi giorno per le città di Milano, Napoli e Catania.
Sulla base dei gradi-giorno del periodo invernale il territorio italiano è stato suddiviso in sei zone
climatiche contraddistinte da lettere alfabetiche:
ƒ
ƒ
ƒ
ƒ
ƒ
ƒ
zona A comuni con meno di 600 gradi-giorno
zona B comuni con più di 600 gradi-giorno ma meno di 900
zona C comuni con più di 900 gradi-giorno ma meno di 1400
zona D comuni con più di 1400 gradi-giorno ma meno di 2100
zona E comuni con più di 2100 gradi-giorno ma meno di 3000
zona F comuni con più di 3000 gradi-giorno
In ambiente anglosassone sono stati introdotti anche i gradi ora considerando non la temperatura
media giornaliera, ma le temperature medie orarie e considerando le ore in cui la temperatura
esterna scende sotto una prefissata temperatura per i periodi di sottoriscaldamento e sale sopra una
prefissata temperatura (condizioni invernali) per i periodi di surriscaldamento (condizioni estive). Si
ottiene un indicatore utile appunto nell’evidenziare in modo semplificato sollecitazioni invernali ed
estive. Un limite dell’applicazione di questi concetti in condizioni estive è quello che i tali
condizioni una parte importante dei carichi è legata alla radiazione solare che non viene con questa
tecnica tenuta in conto. E’ possibile tenerne conto considerando, invece della temperatura esterna,
la temperatura sole-aria e ottenendo i gradi ora solari (Szokolay, 1988); si tratta di un parametro
effettivamente legato ai carichi di raffrescamento di un edificio in quanto legato sia alla
temperatura esterna che alla radiazione incidente.
Figura 28. Esempio di valutazione di gradi ora per un clima australiano (A. Marsh, Square One).
9.
I DATI CLIMATICI
Per il territorio italiano le informazioni sui parametri climatici non sono molto diffuse. Gli enti che
raccolgono i parametri climatici sono molti ma spesso non coordinati tra di loro e con specifiche
esigenze. In linea di massima sono attivi in campo meteo le agenzie per l’ambiente delle diverse
regioni, i servizi agrometeorologici provinciali o regionali, l’aeronautica italiana nei diversi
aeroporti, l’ENEL e gli altri produttori elettrici, presso le proprie centrali e impianti idroelettrici, il
servizio idrografico del Ministero dei Lavori Pubblici, Ufficio Centrale di Meteorologia del Ministero
delle Politiche Agricole, Istituti di ricerca (CNR, ENEA), Osservatori Astronomici o Geofisici,
Università. Spesso i dati disponibili sono quelli direttamente rilevati oppure valori medi mensili dei
principali parametri, ma mancano le elaborazioni e i parametri derivati visti nel paragrafo
precedente e utili in campo edilizio.
Sono fonti preziose di dati per la progettazione il volume edito nell’ambito del Piano Finalizzato
Energetica del CNR “Dati climatici per la progettazione edilizia” e la serie pubblicata dall’ENEA
“Profilo climatico dell’Italia”. A livello normativo l’Ente Italiano Nazionale di Unificazione (UNI)
riunisce nella norma UNI 10349 una serie di dati climatici utili per la progettazione e la verifica sia
degli edifici sia degli impianti. Ulteriori fonti di dati meteorologici degne di nota sono i seguenti:
Dati De Giorgio elaborati da L. Mazzarella. ASHRAE Handbook of Foundamentals. Il codice
Meteonorm, il sito internet Satel Light. Per facilitare il reperimento dei parametri climatici utili per
la progettazione architettonica si riporta qui di seguito un elenco delle informazioni fornite dalle
tre più diffuse pubblicazioni.
UNI10349
• Valori medi mensili della temperatura media giornaliera dell’aria esterna
• Irradiazione solare giornaliera media mensile diretta e diffusa sul piano orizzontale e
globale su superfici verticali
• Media annuale della velocità giornaliera del vento e direzione prevalente
• Valori medi mensili della pressione parziale del vapore d’acqua nell’aria esterna
• Temperatura ed ampiezza massime estive
• Irradianza solare massima estiva incidente su superfici verticali
• Angolo di incidenza dell’irradianza solare massima estiva
• Valori dell’angolo di altezza solare e azimutale massimo estivo
Attenzione però che ai fini degli adempimenti di legge (legge 10/91 per esempio) la normativa
tecnica (UNI 10349 – Riscaldamento degli edifici. Dati climatici) riporta delle tabelle che riportano i
valori medi mensili della temperatura media giornaliera dell’aria esterna per alcune località
italiane. In questo modo il progettista ha in mano un solo dato di temperatura per mese: con tale
dato può fare un bilancio approssimativo del fabbisogno di calore mensile.
“Profilo climatico dell’Italia” ENEA
Contiene i valori medi mensili, per 738 località italiane, delle seguenti grandezze:
• Temperatura dell’aria minima, massima, media
• Radiazione Solare
• Eliofania
• Direzione evelocità del vento
• Numero di giorni piovosi
• Copertura nuvolosa Numero di giorni sereni
• Umidità relativa minima e massima
Inoltre raccoglie i valori estremi mensili di:
• Temperatura dell’aria minima e massima
• Velocità del vento
“Dati climatici per la Progettazione edile ed impiantistica” CNR
• Temperature medie giornaliere per ogni giorno del mese
• Giorni medi mensili (valori orari di temperatura a bulbo secco, umidità relativa, velocità del
vento, direzione prevalente, radiazione diretta e diffusa)
• Radiazione solare oraria per differenti orientazioni
10. L’ATMOSFERA
L’atmosfera è un’insieme di strati gassosi che circonda la Terra e che interagisce in modo rilevante
sia con la massa solida del suolo che con quella liquida dei mari. Lasciando a testi specializzati
l’analisi dei diversi strati e lo studio dei fenomeni più complicati che in essi avvengono, qui ci si
occupa della troposfera ossia dello strato di una decina di chilometri più vicino alla superficie
terrestre il quale è quello che contiene gli edifici e ospita le attività umane (figura 29).
La troposfera è costituita da una miscela di gas come riportato in tabella A.I Diverse specie
chimiche sono presenti in tale miscela ma usualmente tecnicamente si considera il vapore d’acqua
come componente a se stante e l’insieme degli altri viene individuato come un unico secondo
componente detto aria secca. Questo tipo di modello trae origine dal fatto che il vapore d’acqua,
nelle condizioni condizioni di pressione e temperatura generalmente osservate, può condensare
mentre gli altri gas si presentano sempre in fase gassosa. Il vapor d’acqua costituisce una piccola
percentuale del volume totale atmosferico e tuttavia risulta particolarmente importante dal punto
di vista climatico in quanto è la fonte di tutte le forme di condensazione e di precipitazione
(nuvole, piogge, neve ecc.). Il vapor d’acqua è inoltre il principale assorbitore dell’energia irradiata
dal Sole e soprattutto di quella reirradiata dalla Terra; esso è uno dei principali responsabili del
cosiddetto effetto serra ossia, in altre parole, uno dei principali elementi di regolazione della
temperatura della Terra.
Figura 29. Interazione della radiazione solare con l’atmosfera (Straheler 1976).
Tabella VIII. Composizione della troposfera.
Elementi
Concentrazione volumetrica [%]
Concentrazione [ppm]
Azoto
78,084
780840
Ossigeno
20,9476
209460
Argon
0,934
9340
Anidride Carbonica
0,0314
355
0,001818
18
Neon
Elio
Ozono
0,000524
5,2
0,000007 ÷ 0
10-2 ÷ 10-1
10.1 L’interazione atmosfera-radiazione solare e il bilancio energetico del pianeta
L’effetto dell’atmosfera sul clima risulta fondamentale in quanto da una parte essa interagisce con
la radiazione modificando l’intensità di questa al suolo e dall’altra in seguito ai fenomeni convettivi
che si generano a grande scala, essa risulta essere il principale vettore di energia intorno al globo
terrestre. Le molecole gassose, le polveri e gli aerosol presenti in atmosfera interagiscono con la
radiazione riflettendola verso lo spazio, assorbendola e diffondendola (figura 30). Di conseguenza la
radiazione arriva sulla superficie terrestre diminuita di intensità e con una diversa composizione
spettrale a causa dell’assorbimento selettivo di alcune molecole atmosferiche (acqua, ozono, CO2,
CH4, …) come riportato in figura 30. Considerando il sistema Terra e i diversi scambi termici che
avvengono tra la superficie terrestre ed il cosmo e si può sviluppare un bilancio di energia. Gli
scambi di calore sensibile avvengono attraverso i processi di convezione e irraggiamento. Per
irraggiamento il sole riscalda la superficie del suolo e questa, a sua volta, di notte emette energia
sempre per radiazione verso lo spazio. Scambiando calore per convezione la terra, riscaldata dal
sole, cede calore all’aria che a sua volta si riscalda.
Figura 30. Interazione della radiazione solare con l’atmosfera. Sono indicate le diverse frazioni
della radiazione incidente che vengono rispettivamente riflessa dalle nuvole, assorbita, diffusa e
che infine raggiunge direttamente la superficie terrestre.
Gli scambi di calore avvengono anche sotto forma di calore di latente, ovvero di calore connesso ai
cambiamenti di fase dell’acqua. Una percentuale piuttosto grande dell’energia solare che raggiunge
la superficie terrestre viene utilizzata per dar luogo al processo di evaporazione. L’energia
utilizzata per far passare l’acqua dalla fase liquida alla fase gassosa viene successivamente
restituita tutte le volte che il vapore d’acqua condensa, come avviene nelle nubi che generano
pioggia. La condensazione del vapor d’acqua costituisce la principale fonte di riscaldamento
dell’atmosfera.
Figura 31. Interazione della radiazione solare con l’atmosfera: spettro della radiazione solare al
limite superiore dell’atmosfera (1) e sulla superficie terrestre (2).
In condizioni di cielo sereno circa l’80% della radiazione che arriva al limite dell’atmosfera
raggiunge il suolo, mentre il 14% viene assorbito nell’atmosfera e il 6% riflesso e diffuso verso lo
spazio. Le nubi riflettono una percentuale di radiazione dal 30 al 60% e ne assorbono dal 5 al 20%.
Con cielo coperto arriva al suolo al massimo il 45% della radiazione.
Dal bilancio energetico si ottiene che la temperatura di equilibrio della Terra sarebbe pari a circa
13 °C in tali condizioni l’energia assorbita durante l’anno è esattamente uguale all’energia emessa
dalla terra verso lo spazio.
10.2 L’effetto serra
L’atmosfera terreste interagisce come si è visto con la radiazione solare assorbendola in parte, ma
una notevole quantità di energia arriva al suolo e viene da questo assorbita. Nella banda di
emissione solare, a corta lunghezza d’onda con un massimo intorno ai 550 nm, l’atmosfera è
tuttosommato molto trasparente. Il suolo colpito dalla radiazione si scalda e riemette energia verso
il cielo data la sua bassa temperatura (intorno ai 300 K) la radiazione ha lunghezze d’onda molto
elevate con un massimo intorno ai 10 μm (cfr. legge di Wien). Con cielo sereno a queste lunghezze
d’onda (8-13 μm, finesta trasparenza atmosferica IR) l’atmosfera è trasparente e quindi si ha
notevole reirraggiamento verso lo spazio. La presenza di concentrazioni più elevate dei gas
assorbitori di radiazione (vapore d’acqua, metano, anidride carbonica, ozono) o le formazioni
nuvolose rendono l’atmosfera molto meno trasparente. Di conseguenza l’energia viene assorbita
dall’atmosfera e rimane intrappolata in essa. E’ questo fenomeno che fa si che la temperatura di
equilibrio del pianeta sia intorno a 15°C, altrimenti tale temperatura si situerebbe intono ai –30°C
in conseguenza delle maggiori dispersioni radiative verso il cielo.
Il fenomeno è conosciuto e sfruttato dai giardinieri per creare degli ambienti a temperatura elevata
anche durante la stagione invernale, le serre. Si utilizza un materiale che è in grado di esercitare la
funzione di assorbitore-trasmettitore selettivo ancora più dell’atmosfera: il vetro. Questo infatti ha
un coefficiente di trasmissione dell’energia solare intorno al 70, 80%, mentre oltre i 2μm è
praticamente opaco. Di conseguenza la radiazione solare incidente a bassa lunghezza d’onda viene
trasmessa attraverso l’involucro vetrato e colpisce i diversi oggetti presenti all’interno della serra,
il pavimento, le murature opache i quali aumentano la loro temperatura. I diversi oggetti
riemettono energia per radiazione a elevata lunghezza d’onda data la loro bassa temperatura. Il
vetro è però assai poco trasparente in queste condizioni e l’energia viene intrappolata all’interno
della serra.
Figura 32. Effetto serra. Sinistra: interazione della radiazione solare con l’atmosfera e remissione
della superficie terrestre. Destra: serra in vetro con pareti di accumulo.
10.3 La circolazione atmosferica
In conseguenza dell’inclinazione dell’asse terrestre e della sfericità della superficie terrestre le
diverse zone della terra ricevono quantità di radiazione diverse. Pertanto, se non intervenisse
l’azione di venti e correnti oceaniche, si avrebbe un continuo aumento di temperatura in alcune
zone e un continuo raffreddamento in altre. In linea generale si ha un surplus energetico intorno
all’equatore e un deficit ai poli. La dove si ha una forte insolazione la temperatura dell’aria
aumenta e questa si espande e tende a salire verso l’alto lasciando dietro di se un’area di bassa
pressione e richiamando aria dalle zone limitrofe a pressione più alta. Hadley mise per primo mise
in evidenza il tale meccanismo convettivo che porta alla formazione di una “cellula” di circolazione
atmosferica che viene definita appunto Cella di Hadley (figura 32).
Figura 32. Cellula di Hadley equatoriale .
A livello del globo terrestre si vengono a formare delle zone di alta e bassa pressione alcune delle
quali sono permanenti altre stagionali. Sui poli si hanno zone di alta pressione permanente (aria
fredda e secca), mentre in corrispondenza dell’equatore si ha bassa pressione permanente (aria
calda e umida). Alle latitudini tropicali e subtropicali tra i 20° e i 40° si hanno fasce di alt a
pressione che migrano verso il polo in periodo estivo e verso l’equatori in periodo invernale. Tra le
zone a pressione diversa si instaurano venti prevalenti (alisei, venti occidentali, … ). Sono questi
fenomeni convettivi che si generano a grande scala, che insieme con le correnti marine fanno da
vettore di energia intorno al globo terrestre (Figura 33).
Figura 33. Circolazione generale atmosferica. Modello a tre cellule convettive.
10.4 Le classi di stabilità atmosferica
L’atmosfera nei sui diversi strati presenta un tipico andamento della temperatura con un
andamento generale che va da temperature più elevate vicino al suolo a temperature molto più
basse man mano che ci si allontanta da esso.
Anche l’aria atmosferica nella troposfera presenta un tipico grandiente negativo di temperatura. In
conseguenza di tale gradiente le masse d’aria tenderebbero a miscelarsi dato che l’aria meno densa
si trova in basso. In realtà è necessario fare i conti con un ulteriore fenomeno ossia il
raffreddamento adiabatico. Quando una massa d’aria sale la sua pressione diminuisce e quindi si
espande raffreddandosi. L’energia richiesta per l’espansione infatti viene prelevata dalla massa
d’aria stessa che diminuisce la sua energia interna e si raffredda. Il gradiente teorico adiabatico
corrisponde a circa 10°C ogni 1000 m. Questo raffreddamento porta ad una limitazione dei moti
ascensionali.
Figura 34. Gradiente adiabatico verticale e classi di stabilità atmosferica. A tratto sottile è
riportato il gradiente adiabatico secco a tratto ingrossato il gradiente reale. Sono riportati i casi
corrispondenti alle sei classi di stabilità secondo Pasquill.
Nella realtà diverse cause possono portare a un gradiente di temperatura reale in atmosfera diverso
da quello adiabatico (GAS). A seconda del tipo di gradiente si avrà una limitazione o una esaltazione
dei moti verticali delle masse d’aria con minore o maggiore rimescolamento atmosferico. In figura
sono riportati alcuni esempi di gradiente di temperatura negli strati d’aria prossimi alla superficie
terrestre. Ad opera di Pasquill ai gradienti di temperatura sono state fatte corrispondere delle classi
di stabilità atmosferica importanti nella valutazione della possibile formazione di foschie e nebbie,
ma soprattutto per la previsione dei livelli di concentrazione di inquinanti conseguenti alla
dispersione da sorgenti concentrate.
Nel caso A si ha perfetta corrispondenza tra GAS e profilo reale; un eventuale pennacchio si
disperde per sola diffusione non si ha nessun effetto termico. Nel caso B il gradiente reale è
maggiore del GAS il raffreddamento di una massa d’aria per un innalzamento corrispondente ad una
espansione come il riscaldamento conseguente ad un compressione legato ad un abbassamento,
risultano inferiori a quelli corrispondenti nel profilo reale. Nel caso F il raffreddamento per
espansione e il riscaldamento per compressione risultano incompatibili o addirittura di segno
opposto rispetto al profilo reale la dispersione verticale è contrastata.
In generale si hanno condizioni di instabilità quando il gradiente adiabatico secco (GAS) è maggiore
di quello reale. Si ha stabilità atmosferica quando il GAS è inferiore a quello reale o quando il
gradiente è nullo. Se i due gradienti sono uguali si parla di neutralità. Infine quando il gradiente è
positivo (la temperatura aumento con la distanza dalla superficie terrestre) si parla di inversione
termica.
L’inversione causa molti problemi in zone con atmosfera inquinata e presenza di sorgenti di
inquinanti in quanto non si ha dispersione degli inquinanti. Spesso si ha inversione con cielo sereno e
quindi notevole irraggiamento notturno verso la volta celeste e con evaporazione. L’inversione si
autoalimenta in quanto le polveri, gli inquinanti assobono parte della radiazione e quindi
mantengono più freddi gli strati d’aria vicino alla superficie terrestre. In concomitanza con
l’inversione si ha formazione di nebbie e smog.
Figura 35. Inversione termica nella citta di Los Angeles.
11. BIBLIOGRAFIA
AA. VV., Handbook of Foundamental – Climatic Data, ASHRAE, Atlanta (USA), 2001.
AA.VV., Profilo climatico dell’Italia, ENEA, Roma, 1999.
Consiglio Nazionale delle Ricerche, CNR, Dati climatici per la Progettazione edile ed impiantistica,
Pubblicazione Piano Finalizzato Energia, Roma, 1982.
Mennella C., Il clima d'Italia nelle sue caratteristiche e varietà e quale fattore dinamico del
paesaggio, Vol. I, Editrice EDART, Napoli, 1967.
Mennella C., Il clima d'Italia nelle sue caratteristiche e varietà e quale fattore dinamico del
paesaggio, Vol. II, Fratelli Conte Editore, Napoli, 1972.
Olgyay V., Design with Climate, Princeton University Press, New Jersey, 1964.
Pinna M., Climatologia, UTET, Torino, 1977.
Straheler A., Geografia fisica, Piccin Editore, Padova, 1980.
Federici P., Axianas L., Nuovi lineamenti di geografia generale, Bulgarini, Firenze, 1983.
L. Mazzarella, Dati De giorgio, Atti della Giornata di studio in memoria di Gianni Di Giorgio,
Politecnico di Milano, 2002.
Satel-light, dati sulla radiazione solare in Europa, www.satel-light.com.
APPENDICE A. DATI CLIMATICI
A.1 Temperature esterne invernali di progetto UNI 5364
Torino
-8
Reggio Emilia
-5
Alessandria
-8
Ancona
-2
Asti
-8
Ascoli Piceno
-2
Cuneo
-10
Macerata
-2
Alta valle cuneese
-15
Pesaro
-2
Novara
-5
Firenze
0
Vercelli
-7
Arezzo
0
Aosta
-10
Grosseto L.
0
Valle d'Aosta
-15
Livorno
0
Alta valle d'Aosta
-20
Lucca
0
Genova
0
Massa Carrara
0
Imperia
0
Pisa
La Spezia
0
Siena
Savona
0
Perugia
-2
Milano
-5
Terni
-2
Bergamo
-5
Roma
0
Brescia
-7
Frosinone
0
Corno
-5
Latina
2
Provincia di Como
-7
Rieti
-3
Cremona
-5
Viterbo
-2
Mantova
-5
Napoli
Pavia
-5
Avellino
-2
-2
Sondrio
-10
Benevento
Alta Valtellina
0
-2
2
-15
Caserta
0
Varese
-5
Salerno
2
Trento
-12
L'Aquila
-5
Bolzano
-15
Chieti
0
Venezia
-5
Pescara
2
Belluno
-10
Teramo
0
Padova
-5
Campobasso
Rovigo
-5
Bari
Treviso
-5
Brindisi
0
Verona
-5
Foggia
0
-3
Verona (zona lago)
Verona (zona montana)
Vicenza
Vicenza (zona altopiani)
-4
0
Lecce
0
-10
Taranto
0
-5
Potenza
-3
Matera
-2
-10
Trieste
-5
Raggio Calabria
Gorizia
-5
Catanzaro
-2
3
Pordenone
-5
Cosenza
-3
Udine
-5
Palermo
5
Bassa Carnia
-7
Agrigento
3
0
Alta Carnia
-10
Caltanissetta
Tarvisio
-15
Catania
Bologna
-5
Enna
Ferrara
-5
Messina
5
Forlì
-5
Ragusa
0
Modena
-5
Siracusa
5
Parma
-5
Trapani
5
Piacenza
-5
Cagliari
3
5
-3
A.2 Dati climatici medi stagionali secondo UNI 10379
N°
Alt.
Zona
θem
Im
Località
2
[m]
clim.
[°C]
[W/m ]
N
N°
Alt.
Zona
θem
Im
[m]
clim.
[°C]
[W/m ]
Località
2
N
1
Agrigento
230
B
11,5
119
121
52
Massa-Carrara
65
D
9,2
85
166
2
Alessandria
95
E
5,5
78
183
53
Matera
200
D
10,2
99
166
3
Ancona
16
D
9,1
78
166
54
Napoli
17
C
12,0
99
137
4
Aosta
583
E
4,3
84
183
55
Novara
159
E
6,0
77
183
5
Ascoli Piceno
154
D
8,4
85
166
56
Nuoro
546
D
8,6
103
166
6
L'Aquila
714
E
6,3
86
183
57
Oristano
9
C
11,2
112
137
7
Arezzo
246
E
8,5
80
183
58
Palermo
14
B
12,1
110
121
8
Asti
123
E
5,2
83
183
59
Piacenza
61
E
5,4
72
183
9
Avellino
348
D
8,1
94
166
60
Padova
12
E
6,7
76
183
10
Bari
5
C
10,3
98
137
61
Pescara
4
D
9,9
88
166
11
Bergamo
249
E
7,3
73
183
62
Perugia
493
E
7,5
85
183
12
Belluno
383
E
4,9
76
183
63
Pisa
4
D
9,3
83
166
13
Benevento
135
C
8,7
92
137
64
Pordenone
24
E
6,5
74
183
14
Bologna
54
E
7,3
82
183
65
Prato
61
D
8,7
84
166
15
Brindisi
15
C
10,8
101
137
66
Parma
57
E
6,4
76
183
16
Brescia
149
E
6,8
80
183
67
Pesaro-Urbino
11
D
6,9
73
166
17
Bolzano
262
E
6,1
82
183
68
Pistoia
67
D
8,2
64
166
18
Cagliari
4
C
11,9
107
137
69
Pavia
77
E
5,8
70
183
19
Campobasso
701
E
7,1
100
183
70
Potenza
819
E
7,0
94
183
20
Caserta
68
C
10,6
103
137
71
Ravenna
4
E
6,7
79
183
21
Chieti
330
D
8,7
98
166
72
Reggio Calabria
15
B
12,0
111
121
22
Caltanissetta
568
D
9,7
117
166
73
Reggio Emilia
58
E
6,0
87
183
23
Cuneo
534
F
5,8
83
200
74
Ragusa
502
C
10,3
116
137
24
Como
201
E
7,2
73
183
75
Rieti
405
E
7,2
91
183
25
Cremona
45
E
6,0
84
183
76
Roma
20
D
10,3
95
166
26
Cosenza
238
C
9,9
123
137
77
Rimini
5
E
7,6
79
183
27
Catania
7
B
11,8
120
121
78
Rovigo
7
E
6,5
73
183
28
Catanzaro
320
C
9,9
119
137
79
Salerno
4
C
12,4
91
137
29
Enna
931
E
7,7
115
183
80
Siena
322
D
7,5
89
166
30
Ferrara
9
E
6,3
79
183
81
Sondrio
307
E
5,6
88
183
31
Foggia
76
D
9,2
96
166
82
La Spezia
3
D
9,3
95
166
32
Firenze
40
D
8,2
85
166
83
Siracusa
17
B
12,3
124
121
33
Forlì
34
D
6,8
83
166
84
Sassari
225
C
10,2
101
137
34
Frosinone
291
E
7,8
78
183
85
Savona
4
D
9,8
90
166
35
Genova
19
D
10,5
82
166
86
Taranto
15
C
10,8
102
137
36
Gorizia
84
E
7,6
77
183
87
Teramo
265
D
7,9
92
166
37
Grosseto
10
D
9,4
92
166
88
Trento
194
E
6,5
80
183
38
Imperia
10
C
10,1
96
137
89
Torino
239
E
5,6
90
183
A.2 –continua. DATI CLIMATICI MEDI STAGIONALI SECONDO UNI 10379 UTILI PER LA VERIFICA DEL FEN
PRESCRITTA DALLA LEGGE 10/91
39
Isernia
423
D
7,7
95
166
90
Trapani
3
B
12,0
115
121
40
Crotone
8
B
10,5
105
121
91
Terni
130
D
9,0
84
166
41
Lecco
214
E
8,0
74
183
92
Trieste
2
D
8,1
75
166
42
Lodi
87
E
6,0
72
183
93
Treviso
15
E
7,0
74
183
43
Lecce
49
C
10,6
102
137
94
Udine
113
E
7,4
74
183
44
Livorno
3
D
10,1
91
166
95
Varese
382
E
4,6
78
183
45
Latina
21
C
9,9
99
137
96
Verbania
197
E
7,0
81
183
46
Lucca
19
D
8,8
83
166
97
Vercelli
130
E
5,4
75
183
47
Macerata
315
D
7,1
93
166
98
Venezia
1
E
7,6
78
183
48
Messina
3
B
12,6
106
121
99
Vicenza
39
E
6,9
76
183
49
Milano
122
E
6,8
68
183
100
Verona
59
D
6,6
76
166
50
Mantova
19
E
6,3
69
183
101
Viterbo
326
D
8,5
72
166
51
Modena
34
E
6,5
77
183
A.3 Dati climatici estivi di progetto secondo UNI 10339 utili per il calcolo dei carichi
termici estivi
Località
(stazione metereologica)
Tbse
ΔTge
URe
X
H
-3
Mese più caldo
[°C]
[°C]
[%]
10 [kglkg]
[m s.l.m.]
ALESSANDRIA
30,5
11,0
50
13,7
95
luglio
ASTI
32,0
11,0
50
15,0
152
luglio-agosto
CUNEO
29,0
12,0
56
13,7
536
luglio
TORINO CASELLE
30,5
11,0
50
16,4
282
luglio
VERCELLI
32,0
11,0
56
16,4
135
luglio
AOSTA
29,0
13,0
50
12,6
538
luglio
CAPO MELE
29,0
6,0
56
13,7
221
luglio
GENOVA
30,0
6,0
60
16,0
3
luglio
IMPERIA
29,0
6,0
55
13,7
15
luglio
LA SPEZIA
30,0
6,0
60
16,0
50
luglio
SAN REMO
28,0
6,0
55
13,0
9
luglio
SAVONA
29,0
6,0
55
13,?
24
agosto
BERGAMO ORIO
31,0
13,0
50
14,1
243
luglio
BRESCIA GHEDI
32,0
15,0
48
14,4
120
luglio
COMO
32,0
8,0
50
15,0
200
luglio
CREMONA
33,0
12,0
45
14,2
45
luglio
MANTOVA
33,0
12,0
45
14,2
20
luglio
MILANO LINATE
32,0
12,0
48
14,4
103
luglio-agosto
MILANO MALPENSA
30,5
12,0
50
13,7
211
luglio
PAVIA
32,0
12,0
50
15,0
86
luglio
SONDRIO
30,0
14,0
50
13,3
298
luglio
VARESE
29,0
10,0
50
12,6
382
luglio
BOLZANO
31,5
13,0
45
13,0
241
luglio
TRENTO
31,0
12,0
45
12,6
309
luglio
BELLUNO
- 31,0
13,0
45
12,6
400
luglio
PADOVA
32,5
13,0
50
15,4
12
luglio
ROVIGO
31,5
11,0
56
16,0
4
agosto
TREVISO ISTRANA
32,0
13,0
52
15,4
56
luglio
TREVISO S. ANGELO
31,0
10,0
56
15,6
22
luglio
VENEZIA
31,0
9,0
51
14,4
5
luglio
VERONA VILLAFRANCA
31,5
11,0
53
15,4
68
luglio
VICENZA
32,5
12,0
45
13,8
53
luglio
GORIZIA
30,5
11,0
50
13,7
86
luglio-agosto
PORDENONE
33,0
10,0
45
14,2
22
luglio
TRIESTE
31,0
8,0
50
14,1
20
agosto-luglio
UDINE CAMPOFORMIDO
31,5
11,0
52
15,0
92
luglio
BOLOGNA B. PANIGALE
33,0
12,0
43
13,6
49
luglio-agosto
Località
(stazione metereologica)
Tbse
ΔTge
URe
X
H
-3
Mese più caldo
[°C]
[°C]
[%]
10 [kglkg]
[m s.l.m.]
FERRARA
32,0
12,0
45
13,3
41
luglio
FORLI'
32,0
10,0
50
15,0
28
luglio
MARINA DI RAVENNA
31,0
9,0
52
14,5
11
agosto
MODENA
32,0
10,0
50
15,0
76
luglio
PARMA
31,0
10,0
55
15,4
57
luglio-agosto
RAVENNA
31,0
10,0
50
14,1
2
luglio
REGGIO EMILIA
31,5
10,0
56
16,0
60
luglio
RIMINI.
30,0
10,0
60
16,0
13
luglio-agosto
AREZZO
31,5
12,0
50
14,6
247
luglio
FIRENZE PERETOLA
33,5
13,0
45
14,6
48
luglio
GROSSETO
33,0
13,0
42
13,1
7
luglio
LIVORNO
31,0
10,0
56
15,4
3
luglio
LUCCA
32,5
12,0
50
15,4
20
luglio
MASSA CARRARA
32,5
11,0
50
15,4
66
luglio-agosto
PISA S. GIUSTO
31,5
10,0
55
16,0
11
agosto-luglio
PISTOIA
31,5
12,0
50
14,6
88
luglio
SIENA
31,0
13,0
50
14,1
364
luglio
ANCONA
29,5
5,5
63
16,2
105
agosto-luglio
ANCONA FALCONARA
31,0
13,5
58
16,5
9
agosto
ASCOLI PICENO
33,0
10,0
45
14,2
136
agosto-luglio
MACERATA
31,0
12,0
50
14,1
342
luglio-agosto
PESARO
30,5
9,0
60
16,6
14
luglio
PERUGIA
30,5
10,0
40
11,0
213
agosto-luglio
TERNI
32,5
9,0
36
10,6
170
luglio
FROSINONE
31,5
12,0
45
13,0
180
luglio
LATINA
33,0
10,0
40
12,6
45
agosto
PONZA
29,5
5,5
60
15,6
185
luglio-agosto
PRATICA DI MARE
30,5
11,5
60
16,6
17
agosto-luglio
RIETI
29,5
12,0
50
13,0
402
luglio
ROMA CIAMPINO
33,0
11,5
45
14,2
137
luglio-agosto
ROMA FIUMICINO
31,0
10,0
56
15,4
2
luglio-agosto
VITERBO
31,0
12,0
45
12,6
320
agosto-luglio
L'AQUILA
29,0
10,0
50
12,6
735
luglio
PESCARA
31,5
10,0
55
16,0
16
luglio-agosto
TERAMO
32,0
8,0
40
12,0
407
luglio-agosto
CAMPOBASSO
29,0
9,0
50
12,6
793
agosto
ISERNIA
30,0
10,0
45
11,8
402
luglio
AVELLINO
30,0
11,0
50
13,3
370
luglio-agosto
BENEVENTO
32,0
11,0
50
15,0
170
luglio-agosto
CAPO PALINURO
30,0
6,0
60
16,0
185
agosto-luglio
CASERTA
32,0
11,0
50
15,0
90
luglio-agosto
Località
(stazione metereologica)
Tbse
ΔTge
URe
X
H
Mese più caldo
-3
[°C]
[°C]
[%]
10 [kglkg]
[m s.l.m.]
NAPOLI CAPODICHINO
32,0
10,5
45
13,3
72
agosto-luglio
BARI PALESE
32,0
8,0
50
15,0
48
agosto-luglio
BRINDISI
31,5
8,0
60
17,5
10
luglio-agosto
FOGGIA
34,0
13,0
33
11,0
56
luglio-agosto
GIOIA DEL COLLE
33,0
17,0
36
11,0
366
agosto
LECCE
33,0
12,5
40
12,6
51
agosto-luglio
S. MARIA DI LEUCA
31,5
7,0
45
13,0
112
agosto-luglio
TARANTO
33,0
8,5
43
13,6
15
luglio-agosto
MATERA
33,0
10,0
35
11,0
360
agosto
POTENZA
28,5
9,5
40
9,8
843
agosto-luglio
BONIFATI
28,5
9,0
64
15,6
480
agosto
CATANZARO
33,0
10,0
40
12,6
320
agosto
COSENZA
33,5
8,0
40
13,0
256
luglio
CROTONE
33,5
10,0
42
13,6
158
agosto-luglio
REGGIO CALABRIA
34,0
9,0
40
13,4
20
luglio-agosto
AGRIGENTO
32,5
10,0
40
12,3
313
luglio-agosto
CALTANISSETTA
34,0
9,0
36
11,6
570
luglio-agosto
CATANIA
33,5
10,0
48
15,7
16
agosto-luglio
ENNA
29,0
7,0
40
10,0
964
luglio-agosto
MESSINA
32,0
6,0
48
14,4
54
agosto-luglio
PALERMO
32,0
6,5
45
13,3
122
agosto-luglio
PALERMO PUNTA RAISI
31,5
5,0
60
17,6
21
agosto-luglio
PANTELLERIA
30,0
5,0
66
17,3
170
agosto-luglio
RAGUSA
34,0
8,0
40
13,4
515
agosto-luglio
SIRACUSA
33,0
7,0
45
14,2
39
luglio -
TRAPANI BIRGI
31,5
7,5
60
17,6
14
agosto-luglio
USTICA
30,0
5,0
65
17,3
259
agosto-luglio
ALGHERO
30,0
7,5
48
12,8
40
agosto-luglio
CAGLIARI ELMAS
32,0
9,0
52
15,4
18
agosto-luglio
CAPO BELLAVISTA
31,0
6,0
60
17,0
156
agosto-luglio
NUORO
31,0
9,0
50
14,1
545
luglio-agosto
OLBIA
31,0
8,0
52
14,6
2
agosto-luglio
SASSARI
30,5
8,0
50
13,7
224
luglio-agosto
FONTANAROSSA
BOCCADIFALCO
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