Capitolo 5 Dinamica generale 5.1 Postulati della Dinamica Classica La dinamica ha un obiettivo più ambizioso rispetto alla cinematica studiata sinora. Infatti, se quest’ultima si limitava a descrivere il moto, la dinamica ha due traguardi: predire il moto di un sistema materiale note le interazioni con tutto ciò che lo circonda o, al contrario, risalire alle interazioni in grado di produrre un moto assegnato. A parte le difficoltà tecniche, occorre superare ostacoli di natura concettuale per raggiungere l’obiettivo dichiarato. Sino a questo punto abbiamo descritto lo stato di moto di un sistema meccanico in riferimenti diversi osservando come le etichette di “assoluto” o “relativo” attribuite agli osservatori fossero interscambiabili. La dinamica parte dall’osservazione che ogni cambiamento nello stato di moto di un punto materiale P è il riflesso di una interazione tra P ed altri punti materiali. Ora, le interazioni tra P ed il mondo esterno non debbono dipendere dall’osservatore scelto, mentre lo stato di moto di P non può prescindere dal riferimento ad un osservatore rispetto al quale le grandezze cinematiche sono misurate. La delicatezza concettuale che sta alla base della dinamica nasce dall’esigenza di rilassare la tensione dovuta a questa dicotomia. Per procedere, bisogna accettare l’idea che ogni descrizione degli effetti sullo stato di moto di un punto materiale delle sue interazioni con altri punti materiali deve essere ambientata in –e per questo limitata ad– un preciso sistema di riferimento. Accettata l’idea che le interazioni di P con altri punti materiali possono alterarne lo stato di moto, appare ragionevole riferire la dinamica ad un sistema di riferimento rispetto al quale un ideale punto P che non interagisce con alcunché (punto isolato) persevera nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme. La prima legge della dinamica postula l’esistenza di un siffatto osservatore. Definizione 5.1 Se l’accelerazione aP di un punto materiale isolato P rispetto ad un osservatore O è identicamente nulla al variare del tempo, l’osservatore O è detto inerziale. 73 74 CAPITOLO 5. DINAMICA GENERALE Postulato 1 Esiste un osservatore inerziale. Osservazione. Accettato il Postulato 1, la cinematica relativa ci assicura l’esistenza di infiniti osservatori inerziali. Infatti, consideriamo un secondo osservatore O′ che sia in moto rettilineo uniforme rispetto ad O. Se O′ è l’origine di O′ , ciò significa che aO′ = 0 ed ω = 0. Come conseguenza, se aP = 0 è l’accelerazione di un punto materiale isolato misurata da O, anche l’accelerazione di P a′P misurata da O′ è nulla, per cui anche O′ è inerziale. Consideriamo ora un sistema isolato composto da due punti materiali P1 e P2 che possono solo interagire mutuamente. Il prossimo Postulato connette il concetto di interazione a quello di accelerazione. Postulato 2 Il rapporto tra i moduli delle accelerazioni a(P1 ) ed a(P2 ) di P1 e P2 misurate rispetto ad un osservatore inerziale è una costante m1,2 che non dipende né dallo stato cinematico dei punti né dall’istante in cui è effettuata la misura. Detto P0 un ulteriore punto di prova, le costanti m1,0 ed m2,0 definite in modo analogo verificano la proprietà m1,2 = m2,0 m1,0 (5.1) La costante m1,2 è la costante di interazione tra P1 e P2 . Definizione 5.2 Fissato il punto di prova P0 , la costante mi := mi,0 si dice massa inerziale di Pi . Per completare il quadro, occorre specificare direzione e verso delle accelerazioni di P1 e P2 causate dalla mutua interazione. Postulato 3 Le accelerazioni a(P1 ) ed a(P2 ) misurate rispetto ad un osservatore inerziale sono dirette come il vettore P1 − P2 ed hanno versi opposti. Osservazione. Combinando il contenuto degli ultimi due Postulati abbiamo che a1 = − m2,0 a2 . m1,0 (5.2) Il prossimo Postulato ci libera dalla restrizione a sistemi isolati composti da due soli punti. Postulato 4 In un riferimento inerziale, l’accelerazione a di un punto materiale P che interagisce con più punti materiali P1 , P2 ,...,Pn è la somma vettoriale delle accelerazioni ai che competerebbero a P se esso interagisse solo con l’iesimo punto Pi . 75 5.2. EQUAZIONI CARDINALI DELLA DINAMICA Definizione 5.3 Il prodotto f := ma della massa inerziale di un punto materiale P per la sua accelerazione misurata in un riferimento inerziale è detto forza agente su P . Grazie a questa definizione possiamo rileggere l’equazione (5.2) nella forma familiare f 12 = −f 21 , dove f ij è la forza esercitata dal j-esimo punto materiale sull’i-esimo. La scelta di riferire le leggi della dinamica alla classe degli osservatori inerziali è ispirata da ragioni di semplicità: per definizione, gli osservatori inerziali vedono un punto materiale isolato in quiete od in moto rettilineo uniforme. Come rileggiamo il comportamento di un punto materiale in un riferimento che non è inerziale? Dalla cinematica relativa sappiamo che le accelerazioni aP ed a′P di uno stesso punto materiale misurate dagli osservatori O ed O′ sono legate dalla relazione aP = a′P + aO′ + ω ∧ (ω ∧ (P − O′ )) + ω̇ ∧ (P − O) + 2ω ∧ v ′P ′ ′ (5.3) ′ dove O è l’origine di O ed ω è la velocità angolare di O rispetto ad O. Supponiamo che O sia inerziale. Moltiplicando ambo i membri dell’equazione (5.3) per la massa inerziale m di P ed utilizzando la definizione di forza, otteniamo ma′P = f − maO′ − mω ∧ (ω ∧ (P − O′ )) − mω̇ ∧ (P − O) − 2mω ∧ v ′P : l’osservatore non inerziale O′ può ancora interpretare il prodotto ma′P come la forza f ′ esercitata su P , a patto di inserire tra le forze, oltre al vettore f che definisce la forza agente su P misurata da tutti gli osservatori inerziali, i vettori −maO′ , −mω ∧ (ω ∧ (P − O′ )) (forza centrifuga) −mω̇ ∧ (P − O) (forza di Eulero) e −2mω ∧ v ′P (forza di Coriolis). Tali termini rientrano un po’ abusivamente nel novero delle forze, in quanto scaturiscono dalla non inerzialità dell’osservatore O′ , anziché dall’effetto di interazioni tra P ed altri sistemi materiali. Grazie a questa estensione del concetto di forza, anche un osservatore non inerziale può scrivere f ′ = ma′P . 5.2 Equazioni cardinali della dinamica Consideriamo un sistema materiale B composto da N punti materiali P1 , P2 ,..., PN . La forza risultante F i agente sul punto Pi contiene contributi di due tipi: le forze derivanti dalle interazioni tra Pi e gli altri punti appartenenti al sistema B e e quelle dovute all’interazione tra Pi e tutto quanto è esterno al sistema B. Forze del primo tipo sono dette forze interne a B, le altre sono dette forze esterne a B. Rispetto ad un riferimento inerziale, il moto di ogni punto Pi è retto dall’equazione Fi + N X j=1 ,j6=i F ij = mi ai i = 1, ..., N . (5.4) 76 CAPITOLO 5. DINAMICA GENERALE Sommiamo le N equazioni vettoriali ed indichiamo con R(ext) := N X Fi i=1 la risultante delle forze esterne agenti su B e con R(int) := N N X X F ij i=1 j=1 ,j6=i la risultante delle forze interne al sistema B. Per definizione, R(int) contiene addendi del tipo F ij , con i 6= j, che esprimono la forza esercitata su Pi da Pj : R(int) = F 12 + F 13 + ... + F 21 + F 23 + ... + F 2N + ... fino ad esaurire tutte le possibili coppie di punti appartenenti a B. Riordinando gli addendi otteniamo R(int) = (F 12 + F 21 ) + (F 13 + F 31 ) + (F 23 + F 23 ) + ... dove entro ogni parentesi figurano termini con indici scambiati di posto. Tuttavia, dai postulati generali della dinamica sappiamo che F ij +F ji = 0, qualunque coppia i, j di indici distinti si consideri. Pertanto R(int) = 0 ed allora N X mi ai = R(ext) . i=1 Ora, siccome N X i=1 mi a i = N X d(mi v i ) i=1 dt d = dt N X i=1 mi v i ! e, ricordando la definizione di quantità di moto Q per un sistema materiale qualsiasi, dQ R(ext) = = Q̇. dt Dunque, R(ext) = Q̇ (5.5) che è detta prima equazione cardinale della dinamica. Osservazioni. • Per ottenere l’equazione (5.5) abbiamo utilizzato l’uguaglianza mi ai = d(mdti v i ) che vale solo quando i punti Pi hanno massa costante. La prima equazione cardinale nella forma (5.5) continua a valere anche per i sistemi a massa variabile e si può ottenere con passaggi simili a quelli appena visti a patto di riformulare i postulati della dinamica in termini di quantità di moto dei punti materiali, 5.2. EQUAZIONI CARDINALI DELLA DINAMICA 77 anziché di accelerazioni. In particolare, occorre ridefinire la forza agente su un dq punto materiale P come F = dt , dove q è la quantità di moto di P . • Sempre limitando l’attenzione a sistemi con massa costante, possiamo scrivere P Q = M v C dove M := N m è la massa complessiva di B e v C la velocità del i i=1 centro di massa C di B e pertanto porre (5.5) nella forma R(ext) = M v̇ C = M aC , (5.6) dove aC è l’accelerazione di C. Analizzando l’equazione (5.6) ci rendiamo conto che, se il risultante R(ext) delle forze esterne agenti su B è nullo, allora Q̇ = 0, per cui la quantità di moto del sistema si conserva, mantiene cioè un valore costante durante il moto del sistema. Se è solamente la componente di R(ext) lungo una direzione individuata da un versore fisso n ad annullarsi, R(ext) · n = 0, moltiplicando l’equazione (5.5) scalarmente per n otteniamo Q̇ · n = (Q · n)· = 0 , dove il passaggio centrale è possibile perché il versore n non dipende dal tempo. Dunque, in questo caso è la componente Q · n della quantità di moto lungo n ad avere un valore costante. Riassumendo quanto mostrato sinora abbiamo queste implicazioni: (ext) R = 0 ⇒ Q =costante (5.7) (ext) R · n = 0 ⇒ Q · n =costante . Osservazione Partendo dall’equazione (5.6) possiamo riformulare le leggi di conservazione (5.7) nella forma (ext) R = 0 ⇒ v C =costante (5.8) (ext) R · n = 0 ⇒ v C · n =costante : Nel primo caso il centro di massa si muove di moto rettilineo uniforme, nel secondo la proiezione della sua velocità lungo n è costante nel tempo. Ripartiamo ora dalle equazioni di moto dei singoli punti materiali Pi PN m1 a1 = F 1 + j=1 ,j6=1 F 1j PN m2 a2 = F 2 + j=1 ,j6=2 F 2j .... m a = F + PN N N N j=1 ,j6=N F N j e moltiplichiamo la i-esima equazione vettorialmente per Pi − O, dove O è un punto mobile arbitrario, ottenendo PN (P1 − O) ∧ m1 a1 = (P1 − O) ∧ F 1 + (P1 − O) ∧ j=1 ,j6=1 F 1j PN (P2 − O) ∧ m1 a1 = (P2 − O) ∧ F 2 + (P2 − O) ∧ j=1 ,j6=2 F 2j .... (P − O) ∧ m a = (P − O) ∧ F + +(P − O) ∧ PN N N N N N N j=1 ,j6=N F N j . 78 CAPITOLO 5. DINAMICA GENERALE Se ora sommiamo tra loro le equazioni, dalla definizione di momento di un vettore rispetto ad un polo O ricaviamo N X i=1 (Pi − O) ∧ mi ai = M O , (5.9) dove M O è il momento delle forze rispetto al polo O . Osserviamo che, detta Ω l’origine del riferimento inerziale rispetto al quale stiamo esprimendo le equazioni di moto, abbiamo vi = d(Pi − Ω) , dt vO = d(O − Ω) . dt Sottraendo la seconda dalla prima di queste equazioni, ricaviamo d(Pi − O) = vi − vO . dt (5.10) Notiamo poi che vale la seguente identità d d(Pi − O) [(Pi − O) ∧ mi v i ] = ∧ mi v i + (Pi − O) ∧ mi ai dt dt da cui, servendoci di (5.10), otteniamo (Pi − O) ∧ mi ai = d [(Pi − O) ∧ mi v i ] − (v i − v O ) ∧ mi v i , dt o ancora, notando che v i ∧ mi v i = 0, (Pi − O) ∧ mi ai = d [(Pi − O) ∧ mi v i ] + v O ∧ mi v i . dt Se sostituiamo questa espressione in (5.9) ricaviamo ! N N X d X [(Pi − O) ∧ mi v i ] + v O ∧ mi v i = M O , dt i=1 i=1 dove ci siamo serviti della linearità dell’operazione di derivazione e dell’indipendenza di v O dall’indice di sommatoria. Ora, per definizione, il primo termine è la derivata temporale di K O , il momento della quantità di moto rispetto ad O; se richiamiamo anche la definizione di quantità di moto, concludiamo che K̇ O + v O ∧ Q = M O . (5.11) Nel momento M O entrano sia le forze esterne che quelle interne al sistema e, (int) (ext) come prima, possiamo scomporre il vettore come M O = M O + M O . Il primo termine ha la struttura seguente (int) MO = (P1 −O)∧[F 12 +F 13 +...+F 1N ]+(P2 −O)∧[F 21 +F 23 +...+F 2N ]+... : 79 5.2. EQUAZIONI CARDINALI DELLA DINAMICA seguendo lo stesso procedimento adottato in precedenza, abbiniamo i termini in cui compaiono forze del tipo F ij o F ji , (int) MO = [(P1 −O)∧F 12 +(P2 −O)∧F 21 ]+[(P1 −O)∧F 13 +(P3 −O)∧F 31 ]+... e notiamo che, siccome F ij = −F ji , possiamo porre ad esempio [(P1 − O) ∧ F 12 + (P2 − O) ∧ F 21 ] = [(P1 − O) − (P2 − O)] ∧ F 12 = 0 , dal momento che (P1 − O) − (P2 − O) = (P1 − P2 ) e F 12 è parallelo a (P1 − P2 ) . (int) In sostanza M O = 0 e l’equazione (5.11) diventa (ext) K̇ O + v O ∧ Q = M O , (5.12) che è detta seconda equazione cardinale della dinamica. Osservazioni. • Se il polo O è fisso, ovvero se O ha velocità istantanea nulla, l’equazione (5.12) diventa (ext) K̇ O = M O (5.13) • Similmente, se O ≡ C, centro di massa del sistema, oppure v O è parallelo a v C , siccome Q = M v C , con M massa complessiva del sistema, l’equazione (5.12) diventa (ext) K̇ C = M C , indipendentemente dallo stato di moto di C. Come già visto per la prima equazione cardinale, è possibile ricavare una legge di conservazione anche a partire dalla (5.12). Infatti, Consideriamo O fisso. (ext) Se M O = 0 vediamo che K̇ O = 0 e dunque il momento della quantità di moto (ext) rispetto ad O si conserva. Similmente, se solo la componente di M O nella direzione fissa n si annulla, ragionando come fatto in precedenza concludiamo che K O ·n si conserva. In altre parole, parafrasando le equazioni (5.8) possiamo affermare che ( (ext) M O = 0 ⇒ K O =costante (5.14) (ext) M O · n = 0 ⇒ K O · n =costante , ferme restando le ipotesi sulla scelta del polo O. Osservazione. Abbiamo visto che l’insieme delle forze interne ad un sistema B è equivalente ad una coppia a braccio nullo e pertanto non figura nelle equazioni cardinali della dinamica. Ciò potrebbe indurre a concludere che tali forze non hanno alcun effetto sulla dinamica dei sistemi. Per convincerci che non è questo il caso, consideriamo il sistema schematizzato in Figura 5.2, composto da due punti materiali P1 e P2 80 CAPITOLO 5. DINAMICA GENERALE P1 b b v1 P2 v2 Figura 5.1: Sistema soggetto a sole forze interne. entrambi di massa m e connessi da una molla di costante elastica k e lunghezza a riposo ℓ0 ma non soggetti ad alcuna altra forza. Se all’istante t = 0 i punti sono in quiete e la molla ha una lunghezza ℓ 6= ℓ0 , il sistema inizierà a muoversi. Ora, poiché le forze elastiche esplicate dalla molla sono interne al sistema, mentre le forze esterne sono assenti, dalle equazioni cardinali ricaviamo che il centro di massa G di P1 e P2 , inizialmente fermo nel punto medio del segmento P1 P2 , rimarrà fermo durante il moto del sistema; inoltre, poiché Q = 2mvG = 0 = mv 1 + mv 2 dove v 1 e v 2 sono le velocità di P1 e P2 , i punti si muovono con velocità opposte. Questo esempio è istruttivo per due motivi, in quanto ci permette di mettere in evidenza una condizione necessaria all’equilibrio di un sistema e ci spinge a riflettere sulle caratteristiche delle forze interne che le rendono parte attiva nel moto di un sistema. Premettiamo una definizione. Definizione 5.4 Se, posti i punti materiali in quiete nella configurazione (Pi0 , mi ) all’istante t = 0, l’evoluzione successiva del sistema è la quiete, cioè se Pi (t) ≡ Pi0 ∀t ≥ 0 risolve le equazioni di moto del sistema, allora la configurazione (Pi0 , mi ) è detta configurazione di equilibrio per il sistema di punti materiali (Pi , mi ). Ora, la quantità di moto ed il momento della quantità di moto rispetto ad un polo O per un sistema in equilibrio rimangono identicamente nulli. Grazie alle equazioni (5.5) e (5.12) vale il seguente teorema Teorema 5.1 Condizione necessaria affinché un sistema sia in equilibrio è che (ext) R =0 (5.15) (ext) M = 0. Le equazioni (5.15) sono dette equazioni cardinali della statica. L’esempio appena illustrato basta a convincerci che le equazioni (5.15) in generale non forniscono delle condizioni sufficienti per l’equilibrio. Se torniamo all’esempio dei due punti materiali, notiamo che la potenza delle forze interne al sistema non è nulla. Appare allora naturale ottenere una equazione che faccia entrare in gioco le forze interne ad un sistema, manipolando la definizione di forza in modo da far comparire la potenza. Questo programma traduce il contenuto del prossimo teorema, detto teorema dell’energia cinetica. 81 5.3. DINAMICA DEL CORPO RIGIDO Teorema 5.2 La derivata temporale dell’energia cinetica T di un sistema materiale B è uguale alla potenza W di tutte le forze agenti sul sistema: dT =W. dt (5.16) Dimostrazione. Moltiplichiamo scalarmente ambo i membri della generica equazione (5.4) per la velocità v i dell’i-esimo punto materiale del sistema e sommiamo le equazioni cosı̀ ottenute, ottenendo N X i=1 mi a i · v i = N X i=1 f i · vi = W , (5.17) per definizione di potenza; ora abbiamo indicato con f i la forza complessiva agente sul punto Pi , senza distinguere tra forze interne od esterne perché l’esempio appena illustrato è sufficiente a chiarire come non ci si possa aspettare per la potenza delle forze interne un fenomeno di elisione simile a quanto avveniva nelle equazioni cardinali della dinamica. Osserviamo ora che dvi2 d(v i · v i ) = = 2vi · ai , dt dt per definizione di accelerazione e per la simmetria del prodotto scalare. Se inseriamo questo risultato nell’equazione (5.17) otteniamo N X i=1 N mi ai · v i = dT 1 X dvi2 mi = =W 2 i=1 dt dt che è l’asserto del teorema. Notiamo che W si suddivide in W = W (ext) +W (int) , come somma della potenza W (ext) delle forze esterne e di quella W (int) delle forze interne al sistema. Ora però non è in generale lecito supporre W (int) = 0. 5.3 Equazioni cardinali e teorema dell’energia cinetica per un corpo rigido Sia le equazioni cardinali della dinamica che il teorema dell’energia cinetica sono risultati generali che non dipendono dalla natura del sistema di punti materiali B cui sono applicati. Supponiamo ora che B compia un moto rigido, ad esempio perché B è un corpo rigido. La prima equazione cardinale della dinamica non subisce cambiamenti mentre per la seconda equazione cardinale possiamo usare l’espressione del momento delle quantità di moto K O = IIO ω + M (G − O) ∧ v O (5.18) purché O sia solidale al moto rigido descritto da B. Ora, Se O ≡ G oppure se O ha velocità istantanea nulla, allora K G = IIG ω K O = IIO ω 82 CAPITOLO 5. DINAMICA GENERALE e possiamo scrivere la seconda equazione cardinale della dinamica nella forma (ext) (IIG ω)· = M G o (ext) (IIO ω)· = M O . Qualora si dovesse considerare un polo O, solidale a B ma che non soddisfi i requisiti precedenti, allora occorre calcolare K O a partire dalla (5.18) e scrivere la seconda equazione cardinale della dinamica nella forma (5.12). Per calcolare la derivata temporale assoluta di K O si può usare la (3.12), assumendo come osservatore relativo quello solidale al moto rigido. In questo caso il tensore di inerzia di B IIO rispetto ad O è costante per l’osservatore solidale e la derivata temporale di ω è la stessa rispetto all’osservatore assoluto ed a quello solidale. Si ha allora K̇O = M (G − O) ∧ aO + Q ∧ vO + IIO ω̇ + ω ∧ IIO ω . (5.19) e dunque la seconda equazione cardinale della dinamica diventa (e) IIO ω̇ + ω ∧ IIO ω + M (G − O) ∧ aO = MO . 5.4 (5.20) Equazioni di Eulero Quando si studia il moto di un corpo rigido B avente un punto fisso O, le proiezioni della seconda equazione cardinale della dinamica lungo la (una) terna principale di inerzia rispetto ad O sono dette equazioni di Eulero. Per ottenerle è sufficiente porre aO ≡ 0 nella (5.20): (e) IIO ω̇ + ω ∧ IIO ω = MO . (5.21) Sia {e1 , e2 , e3 } la terna principale di inerzia di B rispetto ad O, positivamente orientata, ed I1 , I2 e I3 i corrispondenti momenti principali di inerzia. Proiettando l’equazione precedente su questa terna otteniamo il sistema di equazioni scalari (e)1 I1 ω̇1 + (I3 − I2 )ω2 ω3 = MO (e)2 (5.22) I2 ω̇2 + (I1 − I3 )ω1 ω3 = MO (e)3 I3 ω̇3 + (I2 − I1 )ω1 ω2 = MO , dove a secondo membro figurano le componenti del momento M O lungo la terna principale di inerzia: a questo proposito osserviamo che, essendo la terna principale di inerzia un’incognita, dal momento che si muove col corpo rigido, dobbiamo in generale ritenere incognito il secondo membro delle (5.21). Le (5.22)—o la forma vettoriale (5.21)-sono note come equazioni di Eulero per il corpo rigido. Esse costituiscono un sistema di equazioni differenziali non lineari del primo ordine nelle componenti della velocità angolare ed, in generale, una loro esplicita integrazione risulta estremamente complessa. 83 5.4. EQUAZIONI DI EULERO Osservazione. Le equazioni di Eulero mantengono la stessa forma (5.21) anche quando il corpo rigido non è dotato di un punto fisso ma si prende come polo il suo centro di massa G. Quanto al teorema dell’energia cinetica, osserviamo che nei moti rigidi è possibile precisare una formula di struttura della potenza di un sistema arbitrario di forze. Teorema 5.3 Sia M := {(Pi , mi ), i = 1 · · · N } un sistema di punti materiali che compiono un moto rigido e sia f i la forza agente su Pi . La potenza complessiva del sistema di forze {f 1 , f 2 , ..., f N } è W = R · v O + M O · ω, (5.23) dove R è la risultante del sistema di forze considerate, M O il momento risultante di questo sistema di forze rispetto ad un polo O solidale al moto rigido compiuto da M; infine v O ed ω sono la velocità di O e la velocità angolare del moto rigido rispetto ad un osservatore assoluto. Dim. Detta v i la velocità di Pi , inserendo la formula fondamentale della cinematica rigida v i = v O + ω ∧ (Pi − O) nell’espressione W = N X i=1 f i · vi della potenza complessiva, otteniamo W = N X i=1 f i · vO + N X i=1 fi · ω ∧ (Pi − O) : poiché v O non dipende PN dall’indice di sommatoria, possiamo riscrivere il primo addendo come v O · i=1 f i = v O · R. Quanto al secondo addendo, sfruttando l’invarianza del prodotto misto tra tre vettori, possiamo scrivere N X i=1 fi · ω ∧ (Pi − O) = N X i=1 ω · (Pi − O) ∧ fi e quindi, grazie all’indipendenza di ω dall’indice di sommatoria, N X i=1 fi · ω ∧ (Pi − O) = ω · il teorema è dimostrato. N X (Pi − O) ∧ fi = ω · M O i=1 84 CAPITOLO 5. DINAMICA GENERALE Supponiamo di applicare la formula di struttura (5.23) al sistema di forze interne ad M: possiamo allora concludere che, in un moto rigido, la potenza del sistema di forze interne ad M è (int) W (int) = R(int) · v O + M O (int) siccome R(int) ≡ 0 e M O ·ω : ≡ 0, abbiamo che Corollario 5.1 In un moto rigido, la potenza delle forze interne è nulla. Inoltre, il teorema dell’energia cinetica assume la forma semplificata Corollario 5.2 In un moto rigido, la variazione temporale dell’energia cinetica è pari alla potenza delle forze esterne ovvero, dalla (5.23) dT (ext) = W (ext) = R(ext) · v O + M O · ω. dt (5.24) La conseguenza principale di questo corollario è contenuta nel seguente teorema Teorema 5.4 Per un corpo rigido, le equazioni cardinali della statica ( R(ext) = 0 (ext) MO = 0 (5.25) sono condizioni necessarie e sufficienti all’equilibrio. Dim. Già sappiamo che le equazioni (5.25) sono necessarie all’equilibrio. Per dimostrarne la sufficienza osserviamo che, dalla (5.24), segue dT =0 dt e dunque l’energia cinetica del corpo rigido ha lo stesso valore a tutti gli istanti. Se all’istante iniziale essa è nulla, permarrà tale a tutti gli istanti successivi e, dal momento che l’annullarsi dell’energia cinetica è sinonimo di quiete, l’equilibrio del sistema si manterrà sempre. 5.5 Moti alla Poinsot Definizione 5.5 Un corpo rigido B compie un moto alla Poinsot se si verifica una di queste circostanze: (ext) a): B è dotato di un punto fisso O e M O = 0; (ext) b): detto G il centro di massa di B, si ha M G = 0. Dalla definizione 5.5 è semplice ottenere il seguente teorema. 5.5. MOTI ALLA POINSOT 85 Teorema 5.5 In un moto alla Poinsot, il momento della quantità di moto rispetto ad O (caso a) o rispetto al centro di massa del corpo (caso b) si conserva. Dim. È sufficiente applicare la seconda equazione cardinale della dinamica prendendo come polo il punto O, se vale la condizione a) nella (5.5) oppure il centro di massa G, se vale la condizione b). I moti di un corpo rigido libero, non soggetto ad altra forza che alla gravità, sono esempi di moti alla Poinsot rispetto al centro di massa. Vediamo alcune proprietà dei moti alla Poinsot deducibili dalle equazioni di Eulero che, in questo caso, si riscrivono nella forma omogenea I1 ω̇1 + (I3 − I2 )ω2 ω3 = 0 I2 ω̇2 + (I1 − I3 )ω1 ω3 = 0 (5.26) I3 ω̇3 + (I2 − I1 )ω1 ω2 = 0 . Per procedere, conviene introdurre la seguente definizione che individua una classe di corpi rigidi particolarmente importante nelle applicazioni Definizione 5.6 Un corpo rigido B ha struttura giroscopica rispetto ad un punto O se il suo tensore di inerzia IIO rispetto ad O ha due autovalori coincidenti. Un corpo avente struttura giroscopica rispetto al proprio centro di massa è detto giroscopio. In ogni caso, la direzione che individua l’autovettore corrispondente all’autovalore di molteplicità 1 è detta asse giroscopico. Osservazioni. Se {e1 , e2 , e3 } è la terna principale di inerzia per B rispetto ad O ed e3 è associato all’asse giroscopico, allora IIO = I1 (e1 ⊗ e1 + I2 e2 ⊗ e2 ) + I3 e3 ⊗ e3 = I1 I + (I3 − I1 )(I − e3 ⊗ e3 ) (5.27) In quanto segue supporremo sempre che gli autovalori coincidenti di IIO siano sempre due, escludendo il caso degenere in cui tutti gli autovalori sono coincidenti. Se un tensore di inerzia per un corpo B rispetto ad un punto O ha i tre autovalori coincidenti è detto sferico ed ogni retta passante per O è un asse giroscopico. Se torniamo alle equazioni di Eulero (5.26) nel caso di moti alla Poinsot e supponiamo che B abbia struttura giroscopica rispetto ad O e che e3 individui l’asse giroscopico passante per O. Allora abbiamo I1 = I2 e pertanto la componente lungo e3 della velocità angolare è una costante del moto. Definizione 5.7 Un corpo rigido compie una precessione se esistono una direzione e fissa nello spazio ed una direzione u fissa rispetto al corpo che formano tra loro un angolo costante. Ad e si dà il nome di asse di precessione, ad u quello di asse di figura. 86 CAPITOLO 5. DINAMICA GENERALE Teorema 5.6 Un moto rigido è una precessione se e solo se la velocità angolare ω ammette la scomposizione ω = α(t)e + β(t)u , (5.28) per opportune funzioni del tempo α e β. Dim. Se il moto rigido è una precessione dobbiamo avere e · u = cost. Derivando rispetto al tempo, abbiamo e·ω ∧u = 0, (5.29) dove abbiamo sfruttato le proprietà dei vettori e ed u ed abbiamo usato le formule di Poisson. La (5.29) afferma che i vettori ω, e ed u sono coplanari e dunque vale la (5.28). Viceversa, ammessa la (5.29) e percorrendo a ritroso i passaggi, si giunge a mostrare che l’angolo tra e e u è costante. Definizione 5.8 Una precessione si dice regolare se le funzioni α e β che compaiono nella (5.28) sono indipendenti dal tempo. Possiamo ora mostrare un’importante caratterizzazione dei moti alla Poinsot dei corpi a struttura giroscopica. Teorema 5.7 I moti alla Poinsot attorno ad un punto fisso O di un corpo rigido avente struttura giroscopica sono precessioni regolari. Dim. Per la (5.27), il momento della quantità di moto KO è KO = IIO ω = [I1 I + (I3 − I1 )(I − e3 ⊗ e3 )]ω = I3 ω + (I1 − I3 )(e3 · ω)e3 , dove e3 è l’asse giroscopico. La velocità angolare è allora ω= 1 I3 − I1 1 KO I3 − I1 KO + (e3 · ω)e3 = + (e3 · ω) I1 I1 |K O |I1 |K O | I1 O che dimostra il teorema, visto che |K K O | è un vettore fisso nello spazio, e3 è fisso rispetto al corpo ed e3 · ω non dipende dal tempo, come osservato a commento delle (5.26). Definizione 5.9 Una rotazione permanente è una rotazione in cui la velocità angolare è costante nel tempo. Il prossimo teorema caratterizza le rotazioni permanenti nei moti alla Poinsot. Teorema 5.8 (Segner) In un moto alla Poinsot attorno ad un punto fisso O, le rotazioni permanenti sono tutte e sole le rotazioni attorno agli assi principali di inerzia. 87 5.5. MOTI ALLA POINSOT Dim. Scriviamo le equazioni di Eulero nella forma IIO ω̇ + ω ∧ IIO ω = 0 . Se ω è un vettore costante allora ω ∧ IIO ω = 0 ed ω è diretto lungo una direzione principale di inerzia. Viceversa, se all’istante iniziale IIO ω(0) = λω(0) e ω̇(0) = 0, ω(t) ≡ ω(0) è l’unica soluzione delle equazioni di Eulero, a patto che siano garantite le condizioni per l’applicazione dei teoremi di unicità di equazioni differenziali. Supponendo verificate tali condizioni, il teorema è dimostrato. Oltre al momento della quantità di moto, i moti alla Poinsot ammettono un’altra quantità conservata. Teorema 5.9 In un moto alla Poinsot rispetto ad un punto fisso O, l’energia cinetica si conserva. Nel caso in cui il moto alla Poinsot avvenga attorno al centro di massa G si conserva la quantità 21 ω · IIG ω che, in virtù del teorema di König, rappresenta la parte dell’energia cinetica associata alla rotazione di B attorno a G. Dim. Dal teorema dell’energia cinetica (5.24) per un moto rigido, sappiamo che dT (ext) = W (ext) = R(ext) · v O + M O · ω : dt nel caso a), possiamo prendere come punto O il punto fisso attorno a cui avviene (ext) il moto alla Poinsot per cui sia v O che M O si annullano e dunque il teorema segue immediatamente. Nel caso b) conviene assumere come punto di riferimento il centro di massa G e scrivere dT (ext) = W (ext) = R(ext) · v G + M G · ω : dt mentre il secondo membro si annulla ancora, il primo è in generale non nullo. Dalla prima equazione cardinale della dinamica Q̇ = R(ext) e dal fatto che Q = M v G possiamo concludere che dT d M 2 = M v̇ G · v G = v dt dt 2 G per cui abbiamo che d dt M 2 T− vG = 0 2 e dunque, grazie all’espressione dell’energia cinetica in un moto rigido dedotta dal teorema di König, il teorema segue immediatamente. L’espressione delle due quantità conservate consente di dare una elegante descrizione geometrica dei moti alla Poinsot. Teorema 5.10 In un moto alla Poinsot attorno ad un punto fisso O, l’ellissoide di inerzia rispetto ad O rotola senza strisciare su un piano fisso. 88 CAPITOLO 5. DINAMICA GENERALE Dim. Se sviluppiamo il tensore di inerzia IIO lungo i suoi assi principali, l’ellissoide di inerzia IO (4.5) si esprime come superficie di livello corrispondente al valore 0 per la funzione f (ξ) := I1 ξ12 + I2 ξ22 + I3 ξ32 − 1 . La normale ν all’ellissoide è ν= dove ∇ξ f |∇ξ f | ∇ξ f = 2 (I1 ξ1 e1 + I2 ξ2 e2 + I3 ξ3 e3 ) (5.30) Posto ξ = λω, chiediamoci per quali valori dello scalare λ > 0 ξ appartiene ad IO . Dalla definizione (4.5) di ellissoide di inerzia, ciò succede quando λ2 ω · IIO ω = 1 cioè per 1 , λ= √ 2T dove T è l’energia cinetica del corpo rigido. Dall’equazione (5.30) e dall’espressione del momento della quantità di moto rispetto ad O segue che la normale ν ad IO nel punto di intersezione con ξ è ν= KO . |KO | Poiché la normale ad una superficie in un punto determina la giacitura del piano tangente alla superificie in quel punto e KO è un vettore costante, il piano tangente all’ellissoide nel punto di intersezione con λω ha giacitura costante. La distanza d di questo piano da O è √ KO · ω 2T √ = d = ν · λω = |K |KO | 2T O| ed è costante, perché anche T è una quantità che si conserva. Dunque l’ellissoide di inerzia rotola sul piano fisso ora trovato. Inoltre la velocità del punto P di contatto con questo piano è vP = vO + ω ∧ (P − O) = ω ∧ (P − O) = 0 perché O è un punto fisso e P − O è diretto come ω. Quindi il rotolamento avviene senza strisciamento. Osservazione. Nel corso del moto, il punto di contatto tra il piano invariabile e l’ellissoide di inerzia descrive due tracce: quella sul piano invariabile è detta erpolodia, quella sull’ellissoide è detta polodia.