I generi musicali di Davide Walder

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Davide, IIIE
I generi musicali
La mia passione è senza dubbio la musica: da quando, verso la fine della quinta elementare, mi
ha iniziato ad appassionarmi, passo la maggior parte del mio tempo a ascoltarla o a suonare la
mia chitarra. Per questo ho deciso di farne l’oggetto del mio tema.
La musica, soprattutto nell’ultimo secolo si è diversificata molto: si va dalla classica al jazz
all’hard rock. Si sono generati un sacco di generi e sottogeneri, sono emersi tantissimi talenti
e pure tutta la strumentazione ha goduto di molte innovazioni tra le quali la più importante è
di sicuro l’elettrificazione, che ha permesso di allargare molto il campo delle sonorità. Visto
che l’argomento si estende a perdita d’occhio mi limiterò a descrivere le parti principali.
Parto dagli inizi: il blues. Ha avuto origine negli Stati Uniti, più precisamente nel
Mississippi Delta, all’inizio del secolo scorso dai neri che lavoravano nelle piantagioni di cotone;
per questo ha un sound molto malinconico e dei testi dove si parla di amore e di sofferenza.
Gli strumenti usati variano molto: si va dalla chitarra all’armonica, dal pianoforte alla tromba.
Tanti sono anche i sottogeneri: il blues ha generato il rock‘n’roll, il rock in generale, ispirato il
country e molti altri. Citerò anche qualcuno tra i maggiori esponenti del genere: BB King e
Buddy Guy per il Chicago blues, i Free e Rory Gallagher per quello inglese o Robert Johnson o
Son House per il Delta. Nella cultura del blues, più specificamente in quello delle origini, il
Delta blues, è incredibile la vicinanza che si nota con la musica dell’Africa: tuttora nei canti
popolari del Mali e della Costa d’Avorio si riconoscono facilmente motivi molto simili ai blues di
inizio Novecento. Queste somiglianze sono dovute al fatto che gli schiavi che venivano messi a
lavorare nei campi di cotone americani si sono portati dietro la loro cultura e i loro canti che
verso la metà dell’Ottocento, con l’abolizione della schiavitù, furono liberi di esprimersi
liberamente. La vicinanza del blues con l’Africa la si vede anche nel folklore che lo circonda,
basti pensare ai patti col diavolo. In pratica si vendeva la propria anima al diavolo in cambio di
qualcosa che poteva per esempio essere la capacità di suonare come nessuno aveva mai fatto
o la fortuna in amore e frequentemente questo ricorre nei testi delle canzoni. Tradizione
vuole che per incontrare Satana si andasse agli incroci e questo lo si riscontra anche nella
cultura del continente nero dove per comunicare con il dio Exù (il tramite fra gli umani e gli
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dei) bisognava recarsi proprio ai crocicchi e il contatto lo si aveva tramite le vibrazioni della
musica: più le vibrazioni erano intense più il contatto era profondo. La Chiesa ha poi
etichettato le preghiere ad Exù come “patto col diavolo” e questo poi è rimasto
nell’immaginario di tutti.
Una piccola parentesi va dedicata al blues rock che, anche se sarebbe da classificare
come un sottogenere del blues più che come una corrente indipendente, è comunque un genere
che ha acquistato molta importanza. Certamente il più grande nel genere è Jimi Hendrix,
seguono poi Steve Rai Vaughan (molto spesso indicato solo con SRV), l’inglese Eric Clapton (con
i Cream e poi nella carriera da solista), i rurali ZZtop, i Foghat con “Slow Ride” e tantissimi
altri. La strumentazione è la solita del blues elettrico ma c’è da dire che qui a troneggiare è la
stratocaster, una chitarra dotata di una grande versatilità e particolarmente indicata appunto
per quel che è blues rock. La corrente ha cominciato a svilupparsi a metà degli anni Sessanta
negli States e contemporaneamente nel Regno Unito.
Assieme al blues è arrivato il jazz, che però è nato nelle vie di New Orleans per le quali
ancora oggi si aggirano piccole bande di ottoni a ricordare a tutti che quella è la capitale
indiscussa del genere. Il jazz è caratterizzato principalmente da suoni molto caldi, ovattati e
allo stesso tempo coloriti. Si passa dai ragtime e gli swing adatti al ballo a brani profondi e
tristi. Gli strumenti usuali sono tromba, contrabbasso, chitarra e piano. Quando non si tratta
di jazz strumentale i testi variano molto, ma generalmente sono molto simili a quelli che si
trovano nel blues essendo i due generi molto vicini. Restano comunque meno pesanti e più
rilassati, più adatti al ballo. Il jazz comprende molti sottogeneri: il fusion, l’electric jazz, il
jazz progressivo, ecc… Come “ambasciatori” del genere potrei citare Louis Armstrong uno dei
primi, e all’innovativo Path Methini fino al grande Chet Atkins e il geniale Django Reinherdt
che pur avendo perso due dita in un incidente ha rivoluzionato la tecnica jazzistica nell’ambito
della chitarra.
Predecessore del rock è il rock’n’roll che nasce a Memphis tra gli anni Quaranta e
Cinquanta quando ci si accorse che in qualche modo bisognava portare il blues all’orecchio della
gente bianca dal momento che fino ad allora era cantato solo dai neri per i neri. Bisogna
sapere che a quell’epoca, specialmente negli stati del sud c’era un forte razzismo che impediva
alle culture bianche e nere di mischiarsi, pertanto il blues era visto dalla maggior parte dei
bianchi con diffidenza e come insieme di canti volgari e primitivi. Per diffondere il blues tra i
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bianchi un certo Sam Phillips decise di farlo cantare ad un bianco e dopo lunghe ricerche
finalmente trovò i grandi Elvis Presley, Carl Perkins, Johnny Cash e Jerry Lee Lewis. Assieme
formarono il “Million Dollar Quartet” che seppe mischiare gospel e blues creando un genere
nuovo che avrebbe fatto ballare ben più di una generazione! In quanto a sound il rock’n’roll è
praticamente blues suonato più velocemente e urbanizzato prendendo in prestito l’aria
frenetica delle grandi città come appunto Memphis che gli conferisce un’aria meno rurale, più
elettrica e più frizzante. Anche gli strumenti restano gli stessi del blues ma si tende sempre
di più a preferire le chitarre elettriche alle acustiche, difatti da allora ci fu un vero e proprio
bum delle sold-body (chitarre con il corpo pieno). Poco dopo ai quattro di Memphis si unirono
star come Little Richard, Chuck Berry, Ike Turner e il neworlense Fats Domino.
Saltiamo un paio di decenni e cambiamo zona: nei primi anni Settanta inglesi (anche se
ne erano presenti delle tracce già a Woodstock, nel ’69) nasce un derivato del rock’n’roll:
l’hard rock. È caratterizzato principalmente da chitarre distorte, voci graffianti, charleston
esuberanti e una buona dose di birra! I gruppi più influenti sono i Led Zeppelin, i Deep Purple;
più tardi sono nati tanti altri gruppi tra cui AC/DC, i truccatissimi KISS e più tardi ancora i
Guns’n’Roses e per andare proprio alle origini dei primi movimenti dei pub londinesi posso
indicare i mitici SLADE! Personalmente trovo però molto più interessanti i primi gruppi che
considero più geniali: basti pensare a “Kashmir” (Led Zeppelin), un pezzo che contiene molte
tracce orientali che gli danno un tocco di raffinatezza difficile da trovare nella produzione di
altri gruppi.
Sempre in Inghilterra, ma questa volta a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta si
sviluppa il metal prendendo spunto dall’hard rock per quanto riguarda la strumentazione e le
sonorità, ma musicalmente potremmo definirlo un derivato in chiave distorta della classica: un
ascolto più attento lo conferma. I generi finora descritti si basano principalmente su scale
pentatoniche (scale molto semplici, formate appunto da sole cinque note) che nella musica
classica sono assenti e che nel metal scarseggiano al contrario delle maggiori che
costituiscono la base di entrambi. Il testo e il sound sono generalmente molto violenti, la
maggior parte dei pezzi parla di sangue, morte e per accentuare questi caratteri spesso il
cantante adotta la tecnica del growl che consiste essenzialmente nel gridare con un tono
molto grave e chiuso (per conto mio è poco più che un gridare a squarciagola!). Elencherò gli
artisti più famosi partendo da quelli che ritengo qualitativamente migliori: per rimanere
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nell’heavy cito i Children of Bodom e gli Iron Maiden e per qualcosa di alto livello Steve Vai e
Yngwie Malmsteen. Per la serie thrash metal (che io correggerei con “trash metal”!) Marilin
Manson e Slayer e per il nu-metal, che consiste in un miscuglio tra rap e metal (anch’esso non
rientra nelle mie preferenze), gli Slip-Note e i Linkinpark. Oltre a questi naturamente ci sono
molti altri sottogeneri: il gothic metal, il glam metal, il death metal, il dark, ecc… Tranne
qualche eccezione elencata sopra non sono un particolare amante del genere, tra l’altro trovo
che negli ultimi anni sia diventato un po’ troppo commerciale (vedi gruppi come i Bullet For My
Valentine e Ramstein).
Un altro tipo di musica sviluppatosi in Europa negli anni Settanta è l’elettronica.
Facendo parte della musica sperimentale ha avuto origini indipendenti dal resto della musica e
particolare influenza sul genere l’ha avuta la Germania con gruppi come i Tangerine Dream e i
più leggeri Kraftwerk. Altro gruppo importante sono gli americani Depeche Mode autori di
“Personal Jesus”. La musica elettronica di solito non presenta una struttura comune per tutti i
brani come d’altronde la strumentazione: immancabili sono il sintetizzatore ed il vocoder
(strumento che permette di modificare la voce aggiungendone diversi effetti). È raro che
compaiano anche strumenti acustici, anche la batteria è quasi sempre sintetizzata dalle
tastiere. Solitamente l’elettronica conserva un sound freddo, dovuto anche alla scelta degli
strumenti e più o meno dinamico a dipendenza del pezzo. Molto spesso si tratta di musica
strumentale ma quando è contata di solito le parole sono più elaborati rispetto al resto dei
testi, si trovano frequentemente anche testi senza senso. Purtroppo oggi a differenza di
quelle poche eccezioni l’elettronica si è ridotta a commercialità simili all’house...
Diamo uno spazio alla black music parlando del sensuale Soul (“anima” in inglese)! Arriva
prinipalmente dal gospel, e dall’R&B difatti nei primi testi spesso compare la figura del
Signore e dei propri peccati. Per il resto gli argomenti delle canzoni sono molto simili a quelli
del blues ma solitamente meno malinconiche e meno improntate sulla discriminazione raziale.
Nel novanta percento dei casi è composto e cantato da neri ed è sicuramente la musica che
trasmette più emozioni grazie ai suoi suoni caldi ed espressivi e più o meno movimentati a
seconda del brano. Non cambiano molto gli strumenti: chitarra per la maggior parte pulite,
basso, batteria o percussioni, tastiere e spesso vengono usati anche gli ottoni come trombe e
saxofoni anche se agli inizi bastava il battito delle mani come accompagnamento. Il soul è
personalmente tra i miei generi preferiti in quanto, come ho già detto, trasmettere
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espressività ed emozioni. Gli artisti che stimo di più sono: Marvin Gaye con la sua “What’s
Goin’On”, Al Green, Otis Redding con “Sitting On The Dock Of The Bay”, Sam Cook, il
georgiano Ray Charles e la carismatica Aretha Franklin. Dal soul derivano la disco, il funk e
molti altri generi degli anni Settanta e Ottanta.
Non vorrei tralasciare i ritmi in levare jamaicani come il reggae e lo ska che si sono
originati rispettivamente a metà degli anni Sessanta e all’inizio degli anni Settanta assieme
alla diffusione in tutto il mondo della cultura rasta caratterizzata dalla famosa capigliatura
dreadlocks. Si identifica in un sound leggero, spesso allegro e oltre a chitarra, batteria e
basso vengono anche usate altre percussioni come i congas. Anche in questo genere le parole
sono i più variati ma generalmente gli spunti arrivano dal soul. Solitamente, in particolare negli
album di Bob Marley, parlano della discriminazione raziale e delle ingiustizie che ci sono in
Jamaica. Il musicista sicuramente più famoso del genere è Bob Marley. Altri jamaicani sono
Jimmy Cliff con “I can see clearly now” e Bobby McFerrin con “Don’t worry be happy”. Per la
scena ska inglese posso citare invece i Police con pezzi come “Roxanne” e i fantastici Madness
autori di “Our House”; tutti e tre formatisi a metà degli anni Settanta.
Sempre nei primi anni Sessanta nasce a Rio de Janeiro una nuova corrente, derivata
dalla samba, sotto il nome di “bossa nova” che nel gergo brasiliano vuol dire appunto
“movimento nuovo”. Le sonorità ovattate e la struttura la fanno spesso assomigliare al jazz ma
in generale la bossa nova è più tranquilla, più semplice e lenta (difficilmente supera le ottanta
battute al minuto). Spesso gli unici strumenti sono voce e chitarra (acustica o classica),
suonata pizzicando le corde con le dita per conferirle un suono più morbido. Oltre alla chitarra
di tanto in tanto si incontrano alcune percussioni. Potremmo definire gli “inventori” della bossa
nova il musicista Antonio Carlos Jobim e il poeta Vinicius de Moraes che nell’inverno del 1962
scrissero la canzone brasiliana per eccellenza: “Garota de Ipanema” (in italiano “Ragazza di
Ipanema”). La sua genesi è la seguente: i due compositori si trovavano spesso nello stesso bar
in cui una bellissima ragazza che abitava lì vicino andava sempre a comprare le sigarette,
rimasero così colpiti dalla sua bellezza che decisero di dedicarle quel pezzo (in seguito di
successo mondiale!) e così nacque il genere. Come in questo caso i testi parlano quasi sempre di
amore e di solito vengono cantati in portoghese, a volte anche in inglese (che personalmete
trovo molto più musicale).
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Cambiamo completamente ramo e diamo una rapida occhiata a quel che è la musica
classica. A differenza di tutto quel che ho citato sinora la classica ha una storia che si
estende su diversi secoli in cui si è differenziata nei diversi stili quali il medievale, il
rinascimentale, il barocco e altri ancora. Periodi questi dove sono emersi talenti tra i quali
Beethoven, Mozart, Händel e Vivaldi. Gli strumenti utilizzati ormai li conosciamo, sono quelli
da orchestra che variano dal violino al contrabbasso, dai timpani al triangolo, dai tromboni ai
flauti, ecc... Personalmente vedo la classica sempre con un certo distacco, non mi dà le stesse
emozioni del rock e del blues. Trovo anche che in generale la gente conservi un rapporto
troppo serio con questo genere di musica...
Entriamo ora i un altro filone: il rap. Di solito non necessita di molti strumenti. Una
tastiera è sufficente per creare una base su cui il cantante possa improvvisare un testo che
parli della mafia e della violenza quotidiana che la circonda. Oggi l’industria discografica è
riuscita purtroppo a trasformare anche quello in un genere puramente commerciale: se si
vuole respirare la vera aria di oppressione dei neri bisogna andare nel luogo d’origine di questa
corrente: i quartieri malfamati di New York. Gli artisti americani attualmente più conosciuti
sono sicuramente 50 Cent e Eminem, entrambi americani. Oggi parti di canzoni cantate in stile
rap si trovano un po’ ovunque. Personalmente trovo interessanti i testi che parlano di come sia
la vita ma il genere in sè non mi entusiasma molto. La tecnica del rap consiste nel cantare
molto velocemente delle strofe in rima dando un suono duro e compatto.
La mia passione rimane sempre per la musica nera, il blues in particolare che trovo tra i
generi più interessanti pur essendo tra i più semplici. Sa trasmettere emozioni che comunque,
anche se magari il pezzo è degli anni Venti, si possono sempre riportare alla realtà odierna.
Tutto ciò comunque non significa che disdegni il rock e il resto della musica “bianca”.
Naturalmente sto fuori da circuiti commerciali come l’house e affini che stanno impoverendo
tantissimo la musica. Negli ultimi anni sembra quasi che ci sia un accanimento nel produrre,
produrre, produrre senza un fine artistico ma a puro scopo commerciale. Si cerca il successo
immediato, senza essersi prima evoluti musicalmente con altri gruppi. Si vedano per esempio i
Beatles, i primi album erano abbastanza leggeri, niente di speciale insomma, andando avanti,
verso la metà dei Sessanta con “Sergent Pepper” si raffinano sempre di più fino al “White
Album”, molto più interressante. I quattro di Liverpool sono un esempio lampante di evoluzione
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ma potrei citare i Deep Purple o i Led Zeppelin il cui primo album è più semplice e comunque,
anche se ben fatto, non caratterizzerà il gruppo. Con queste poche righe ho tentato di dare
un’idea generale sulla musica in modo da potersi fare un’idea di ciò che ci circonda e
cominciare a sviluppare un senso critico su quello che ascoltiamo.
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