il treno veloce - Istituto Grandi Infrastrutture

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DA MARE A MARE, LA VIA DEL FERRO
Proposta: il “treno veloce” dal Tirreno all’Adriatico
Un’opera di respiro nazionale, per lo sviluppo dell’Abruzzo e le nuove esigenze
di Roma
L’attuale linea Pescara-Roma, lunga 240 Km, è una realizzazione per alcuni versi
datata e dalla vocazione prevalentemente locale, come dimostra la particolare
tortuosità del tracciato, su 36 stazioni e 15 fermate. L’opera è anche una pur nobile
testimonianza dei limiti dell’ingegneria ferroviaria ottocentesca sui percorsi di
montagna: 21,047 km. di sviluppo in galleria e 3,849 in viadotto contro 215,478
all’aperto, con 101 passaggi a livello. Ma non solo questo, se si pensa alla ovvia
resistenza “geopolitica” suscitata dall’idea della “variante di Sulmona”, che
accorcerebbe il percorso di ben 46 chilometri di tornanti particolarmente ardui, ma al
prezzo di un “isolamento” di questa città dal tronco principale della linea.
Se tali considerazioni sulla presente situazione non giustificano un forte disegno
innovatore, neppure sorretto dai dati relativi al movimento sulla linea (circa 3100
viaggiatori al giorno) per altri versi sono proprio le analisi concernenti il nuovo ruolo
geopolitico del Paese – sommate alle esigenze di sviluppo delle regioni del Centro e
alle nuove esigenze di espansione della Capitale - a ben motivare l’investimento
indispensabile ad un nuovo e veloce collegamento tra i due mari, attraverso la
costruzione di una variante per il tratto Guidonia-Manoppello, per complessivi 140
Km. .
Il parametro per compiere scelte oculate deve essere infatti ricercato in una cornice
nazionale, oltre che calato nella dimensione locale di un’opera destinata ad assumere
un ruolo cruciale per le due regioni direttamente coinvolte ed una importante
funzione di buon governo e canalizzazione dell’espansione di Roma, pena il
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moltiplicarsi di ulteriore degrado urbano e viabilità caotica, fenomeni che già così
intensamente affliggono la capitale.
A seconda che si consideri un semplice binario o un doppio binario, l’investimento
necessario dovrebbe essere rispettivamente di circa 2.900 o 4.400 milioni di Euro, da
accrescere ulteriormente in caso di linea ad alta velocità. Naturalmente, poi, lo stesso
concetto di alta velocità in senso stretto, accentrando le comunicazioni tra il polo
romano e il polo pescarese, potrebbe essere in sé inadeguato all’idea di un
avvicinamento tra Roma e l’Abruzzo, anche se resterebbe comunque possibile
ragionare in termini di Pescara come nuovo grande quartiere “esterno” di Roma, o
come sbocco di Roma sull’Adriatico (e di Roma come sbocco del conglomerato
Pescara-Chieti verso il Tirreno). In senso negativo potrebbe anche giocare l’ipotesi
che questa nuova megalopoli Roma-Pescara, pur in linea con certe tendenze di
espansione degli agglomerati urbani moderni, finisca per incentivare ulteriormente lo
spopolamento dell’Abruzzo Interno, con gravi problemi di natura demografica ed
ecologica. Problemi dei quali è invece doveroso e possibile farsi carico con la nuova
opera, nel momento in cui si ragiona in termini non di sola Roma-Pescara, ma di una
ridondanza di tre, quattro o cinque linee trasversali da realizzare lungo l’asse EstOvest (Adriatico-Tirreno) in modo da alleggerire l’attuale pressione sul collegamento
Nord-Sud (Milano-Bologna-Firenze-Roma-Napoli), dove oggi il minimo incidente
induce i mass-media a drammatici rendiconto sull’ ”Italia tagliata in due”.
La forte valenza nazionale dell’opera consiste anche in una nuova consapevolezza dei
collegamenti est-ovest, delle nuove direttrici orizzontali necessarie allo sviluppo della
Penisola. Un piano certo ambizioso e costoso, ma il cui impatto positivo potrebbe
essere altrettanto epocale per lo sviluppo di quanto non lo fu nell’800 la scelta di
riempire di linee ridondanti la Val Padana.
Il concetto di alta velocità andrebbe dunque risolto in quello di alta capacità, con il
contemporaneo sviluppo di tutto il trasporto intermodale regionale da e verso
Pescara. Il che però, ovviamente, farebbe ulteriormente lievitare i costi. Non a caso,
dunque, nel dibattito si inserisce la proposta di effettivo miglioramento della linea
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esistente, rinnovando in profondità il materiale rotabile e razionalizzando
radicalmente il tracciato. Se si pensa a quello che è in concreto il rallentamento del
traffico in prossimità dell’immissione su Roma nelle ore di punta, non appare
davvero impossibile rendere competitiva l’offerta su una linea che oggi è di una
lentezza effettivamente inadeguata e tale da non poter essere che migliorabile.
Queste valutazioni dovrebbero perciò indurre a riconsiderare quell’atteggiamento
conservativo, ai limiti dell’immobilismo, che ha sin qui ostacolato un’innovazione
che pure tutti giudicano auspicabile.
Attualmente, di fronte all’ora e 35 minuti necessari a coprire i 280 Km della RomaFirenze in Eurostar e all’ora e 45 minuti sui 220 Km di linea veloce tra Roma e
Napoli occorrono ben 3 ore e 35 minuti per i 205 Km della Roma-Pescara in
Intercity, e 3 ore e 20 minuti sui 200 Km tra Roma e Chieti. Tra Roma e L’Aquila
occorrono 2 ore e 40 minuti per 110 chilometri, e tra Roma e Teramo 4 ore e 40
minuti su 175 Km. Per fare un raffronto, gli autobus dell’Arpa coprono la tratta
Roma-Pescara in 2 ore e 55 minuti, Roma-l’Aquila in un’ora e 40 minuti, e a costi
per giunta nettamente concorrenziali: 15 Euro di biglietto contro i 22,22 di prima
classe e i 17,46 della seconda per la Roma-Pescara; 8,70 contro 14,22 e 17,73 per la
Roma-L’Aquila, ulteriormente resa meno accessibile dalla necessità di passare da un
Eurostar a un regionale.
Non c’è dunque da stupirsi se nelle diverse tratte la percentuale di mobilità su
ferrovia, rispetto alla mobilità generale, oscilli tra il 12 e il 26%. Il dato sulla
mobilità complessiva sembra dimostrare che tra mobilità su ferro e mobilità su strada
c’è oggi uno squilibrio generale che chiede di essere colmato. E’ frutto anche di
questo squilibrio il rallentamento dell’economia abruzzese nell’ultimo decennio del
XX secolo? Nel 2001 i veicoli pesanti hanno rappresentato il 12,5% del volume
complessivo del traffico dell’Autostrada dei Parchi, con un aumento rispetto all’anno
precedente del 2,1%. E se le esternalità negative in termini di inquinamento e traffico
sono difficilmente misurabili, c’è però un dato eloquentemente emblematico negli
incidenti registrati in territorio abruzzese sulle autostrade, strade statali e provinciali:
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nel 2000 sono 1269, di cui 340 in autostrada, con 99 morti e 2087 feriti. E’ vero che
il tasso di incidenti mortali per 100 milioni di veicoli-km sull’Autostrada dei Parchi è
diminuito tra 1999 e 2000: nel 1999 era di 0,93 nel ramo per Pescara e di 0,91 in
quello verso Teramo, contro lo 0,81 nazionale; nel 2000 si è abbassato
rispettivamente a 0,54 e 0,29, contro un indice nazionale dello 0,67. E tuttavia nel
primo ramo dei due tratti autostradali, tra Roma e Torano, l’andamento degli
incidenti totali tende invece a peggiorare: +5,5% tra 1999 e 2000, rispetto al –2,5%
dell’intera Italia. Ciò significa due cose precise. Primo: che sebbene rendendosi conto
del pericolo gli automobilisti cerchino di essere più prudenti, e riducano quindi gli
errori irreparabili, il rischio è comunque reso fisiologico dall’affollamento. Secondo:
che la situazione diventa più insostenibile man mano che ci si avvicina a Roma, dove
la quota più rilevante degli spostamenti giornalieri sistematici di scala interregionale
in uscita è costituita da spostamenti diretti in Abruzzo e Molise. Perciò, anche il
decisivo decongestionamento del Grande Raccordo Anulare dovrebbe essere messo
nel conto complessivo. Ed in conclusione se il Paese vuole ridefinire la propria
mobilità e la propria funzione anche lungo la linea Est-Ovest, se occorre potenziare
un’economia storicamente sinergica quale quella abruzzese-laziale, se è necessario
avviare un’espansione ordinata della capitale verso il proprio naturale polmone ed
entroterra, non è avveniristico bensì è prudente esercizio di realismo il ragionare su
un veloce e nuovo collegamento fra i due mari e le due regioni, fondato
evidentemente su ferro.
Sviluppo interno e internazionale: la Via del Ferro
La stessa geografia che da una parte avvicina Roma all’Abruzzo, infatti, sotto il
profilo fisico ha posto tra loro la barriera dell’Appennino, che ostacola le relazioni tra
il versante Adriatico e quello Tirrenico della Penisola. Se dal punto di vista mediatico
questa partizione Est-Ovest è molto meno enfatizzata dell’altra tra Nord e Sud, dal
punto di vista storico essa è stata altrettanto importante per il Paese.
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Il collegamento rapido con Roma attraverso le montagne ha avuto un ruolo centrale
nello sviluppo abruzzese. Se era stata dovuta a un’iniziativa del governo borbonico la
bonifica del Fucino tra 1854 e 1857, fu la rimozione della frontiera di Stato e la
successiva costruzione della linea Roma-Avezzano a permettere l’incanalamento
della ricca agricoltura marsicana verso il nuovo mercato romano. Un secolo dopo, è
stata la realizzazione dell’autostrada ad accompagnare il nuovo salto di qualità
dell’economia abruzzese, affrancatasi al punto da finire fuori dalle zone bisognose di
interventi strutturali. Anzi, dal primo gennaio 1999 l’ Abruzzo è uscito anche dal
gruppo delle regioni comprese nel regime comunitario di aiuti legati all’Obiettivo
Uno.
Tuttavia il tasso di crescita delle attività imprenditoriali nel periodo 1991-2000
appare nullo, di fronte alla crescita dello 0,7% del Sud e dello 0,4% nazionale. Se
tutti gli indici economici dimostrano che l’Abruzzo sta al di sopra del resto del
Mezzogiorno, gli stessi dati confermano anche che questo sviluppo nell’ultimo
decennio del millennio si è in qualche modo frenato.
Questo stallo è inoltre complicato dalle gravi sperequazione nello sviluppo all’interno
del territorio regionale. Da una parte, infatti, Teramo e Pescara rappresentano due
poli si sviluppo in cui il tasso di imprese attive per 1000 abitanti, pur anch’esso
tendenzialmente stagnante, appare addirittura superiore alla media nazionale: 74,5
imprese per 1000 abitanti a Pescara e 73,3 a Teramo contro il 65,5 italiano. Dall’altra,
però, le province di Chieti e L’Aquila, in condizioni meno brillanti.
E’ una dicotomia riconosciuta anche da pubblicazioni ufficiali della Regione
Abruzzo: “Da un lato vi è l’Abruzzo costiero e subappenninico, più popolato, ricco e
dinamico, con una piccola metropoli, Pescara, conurbata con la vicina Chieti, e
dall’altro lato, al di là del bastione formato dal Gran Sasso e dalla Maiella, vi è
l’Abruzzo interno, storicamente, culturalmente e artisticamente importante, con il
capoluogo regionale, L’Aquila, che stenta però a trattenere i suoi abitanti e
rappresenta economicamente un’area depressa”.
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Lazio-Abruzzo. La “Relazione Speciale”.
L’intasamento dei collegamenti con Roma ha presumibilmente un ruolo centrale in
questa stasi, per i rapporti particolari che tra Roma e Abuzzo intercorrono. Fin
dall’inizio del ’900, ad esempio, gli oriundi dell’Abruzzo rappresentarono una delle
componenti principali del grande flusso di “nuovi romani” attratti dallo sviluppo della
nuova capitale del Regno d’Italia dopo il 1870. Un flusso accresciutosi poi ad ogni
generazione, grazie alla vic inanza tra la città e la terra d’origine che ha permesso di
mantenere saldi rapporti con il tessuto sociale dei luoghi d’origine.
Agli emigranti si sono andati così aggiungendo i pendolari che mantengono in
Abruzzo la propria residenza, ma si spostano a Roma per lavoro o studio, anche se
con lo sviluppo dei poli universitari locali il numero degli studenti abruzzesi nella
capitale è diminuito. A questo punto, però, hanno iniziato ad essere alcuni studenti
romani a compiere il percorso pendolare inverso, per recarsi verso i meno
congestionati e più tranquilli atenei abruzzesi. Un legame particolare è poi
rappresentato dai ricoveri ospedalieri, in cui il Lazio è secondo solo alle Marche tra le
destinazioni fuori regione dei pazienti abruzzesi.
Impossibile infine non sottolineare il ruolo dei tre parchi nazionali d’Abruzzo che
rappresentano un autentico polmone verde del centro Italia: il Gran Sasso-Monti della
Laga, il parco della Majella-Morrone, il parco regionale Sirente-Velino oltre alle
numerose riserve naturali, statali e regionali.
L’importanza relativa che l’agricoltura mantiene nell’ambito dell’economia
abruzzese continua a rendere il mercato romano particolarmente importante. E in
futuro questa relazione è destinata ad accentuarsi, per la voga crescente da un lato
dell’agriturismo, e dall’altro del cibo biologico, che sulle montagne abruzzesi trova
alcune nicchie particolarmente caratteristiche. La crescita dell’agriturismo abruzzese
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può rappresentare a sua volta un incentivo alla permanenza in grado di fare da
correttivo a un turismo che, decollato grazie alle autostrade, tende però a stabilizzarsi
sul modulo “mordi e fuggi”, con permanenza da week-end mattina-sera, senza
pernottamento. I riferimenti ai tempi antichi o alle dimensioni contemporanee delle
sinergie economiche non debbono tuttavia impedire uno sguardo di insieme sul
futuro. Non appare improprio evocare anche la New Economy, con lo scenario di un
Abruzzo trasformato in entroterra telematico, vasto e tranquillo sobborgo distaccato
di una grande Roma infine decongestionata attraverso il ricorso massiccio al
telelavoro. E’ ben vero che entriamo in tal modo in una dimensione futuribile, così
come è sicuramente avveniristica l’ipotesi di un Abruzzo concepito come eventuale
prolungamento di Roma verso l’Adriatico in vista di un auspicato boom economico
dell’Est europeo. Ma, evidentemente, anche i progetti di autostrade che
scommettevano su un boom economico che in Abruzzo sarebbe esploso solo a partire
degli anni ’70 apparivano futuribili al momento del loro concepimento. In un certo
modo, anzi, sono state proprio queste infrastrutture a favorire il boom, assieme alla
particolare posizione strategica dell’Abruzzo all’interno degli interventi della Cassa
del Mezzogiorno, come “Nord del Sud”. Insomma l’opera pubblica intorno alla quale
si intende avviare un’analisi, ossia un veloce e nuovo collegamento su ferro tra
l’Abruzzo e la Capitale, non solo non è concepibile al di fuori di un preciso disegno
strategico di sviluppo dell’area centrale del Paese e di espansione di Roma, ma ne
rappresenta l’architrave obbligata, l’indispensabile presupposto.
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