Immunoterapia dei tumori Si tratta di una possibilità terapeutica alternativa o sinergica alle terapie tradizionali. Il concetto che ne sta alla base consiste nel fatto che le cellule tumorali, per le modificazioni genetiche che ne determinano l’insorgere, possono esprimere molecole differenti da quelle presenti sulle cellule normali. Il sistema immunitario può essere spinto a riconoscere queste molecole associate specificamente ai tumori (molecole bersaglio) e colpirle con le sue armi. Le armi proprie del sistema immunitario sono: • gli anticorpi • le cellule citotossiche. Le possibilità che si offrono alla immunoterapia sono, quindi, due: • generare anticorpi specifici verso le molecole bersaglio tumorali ed infonderli nei pazienti in modo che vadano ad uccidere le cellule tumorali che esprimono i relativi bersagli molecolari (immunoterapia passiva) • vaccinare i pazienti con le molecole bersaglio in modo che i linfociti citotossici specifici per tali molecole esercitino la loro azione uccidendo le cellule neoplastiche che possiedono quelle molecole (immunoterapia attiva). Immunoterapia con peptidi telomerasici La telomerasi è un enzima che serve alla sintesi delle estremità dei cromosomi, dette appunto telomeri. Questo enzima è presente nelle cellule normali durante la vita embrionale e fetale, ma non viene più espresso dopo la nascita. Le cellule tumorali, di qualunque tipo, hanno bisogno della telomerasi per potersi riprodurre senza limiti. Quindi questa molecola rappresenta una molecola tumore-associata universale: tutte le cellule neoplastiche la presentano, tutte le cellule normali no. Essa costituisce un bersaglio ideale per il sistema immunitario dei pazienti neoplastici al fine di poter specificamente aggredire il tumore lasciando indenni le cellule sane. Pertanto, si è concepito un vaccino costituito da un pool di frammenti della proteina telomerasica, frammenti potenzialmente capaci di indurre risposte immuni specifiche. Questi frammenti telomerasici saranno somministrati ai pazienti con iniezioni sottocutanee associate a due sostanze capaci di garantire una potente attivazione del sistema immunitario. In tal modo si spera di riuscire a indurre delle efficaci risposte immuni contro la telomerasi capaci di aggredire il tumore mediante l’azione dei linfociti citotossici. Carcinoma prostata Il tumore della prostata ha un'alta incidenza e un lungo periodo di latenza, sia nello sviluppo che nella progressione della malattia. In Italia, il tumore della prostata è il primo tumore che colpisce l’uomo, con un’incidenza del 12%, superando il tumore del polmone che arriva circa al 10%. Ogni anno in Italia si registrano 42.804 tumori con 9.070 decessi (dati del reparto di Epidemiologia Tumori - Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute Istituto Superiore di Sanità 2005). Circa 23.000 nuovi casi vengono scoperti ogni anno, di questi il 20% è già allo stadio di metastasi. Il Tasso di Mortalità è di 10/100.000 (15/100.000 negli USA). La rilevanza sociale e sanitaria della malattia è ulteriormente sottolineata dai seguenti dati: • un uomo su sei è destinato a sviluppare tale neoplasia nel corso della sua vita • oltre gli 80 anni di età l’evidenza istologica di tumore è del 60-70% • studi autoptici hanno reso evidente che il cancro della prostata può esistere in forma occulta (cioè non ancora clinicamente rilevante) nel 15-30% di soggetti di età superiore ai 50 anni, nel 34% dei soggetti di età compresa tra 40 e 50 anni, nel 27% di individui di età compresa tra 30 e 40 anni. Ci sono numerosi fattori di rischio conosciuti per lo sviluppo del tumore della prostata, comprendenti l'età, l'area geografica, e la razza. Degli studi eseguiti sugli emigranti negli Stati Uniti provenienti da paesi con una bassa incidenza del tumore della prostata, come il Giappone e la Cina, mostrano che l'incidenza del tumore della prostata aumenta da 3 a 7 volte, indicando che i fattori ambientali sono la chiave determinante nello sviluppo della malattia. Tra i fattori ambientali ritenuti determinanti nello sviluppo del tumore della prostata la nutrizione è quella sospettata di svolgere il maggiore ruolo. Anche la familiarità costituisce un fattore di rischio: l’incidenza del carcinoma della prostata è 2-3 volte maggiore per chi ha un familiare di primo grado affetto dalla stessa malattia. Tale rischio aumenta fino a 10 volte con l’aumentare del numero dei familiari colpiti. A partire dagli anni ’90, con l’utilizzo del PSA (Prostatic Specific Antigen), si e registrato un netto incremento delle diagnosi. Il tumore prostatico si può trattare con la chirurgia, la radioterapia, la terapia ormonale, occasionalmente la chemioterapia, o combinazioni di queste. L'età e lo stato di salute del paziente, così come la diffusione del tumore, l'aspetto microscopico, e la risposta al trattamento iniziale, sono importanti per determinare la prognosi. La elevata incidenza ed il relativo costo sociale di questa patologia spingono la ricerca ad individuare soluzioni terapeutiche ampie, integrabili ed interdisciplinari al fine di abbatterne la rilevanza. Carcinoma rene Il tumore del rene rappresenta il 2-3% di tutte le neoplasie maligne. Circa 30.000 nuovi casi vengono diagnosticati ogni anno negli Stati Uniti e 27.000 in Europa. In Italia, il tumore del rene colpisce ogni anno circa 4000 persone. Si tratta di un tumore difficile da diagnosticare perché, soprattutto nelle prime fasi della malattia, dà pochi segni di sé. Prevale nel sesso maschile (con un rapporto di 2 a 1 fra maschi e femmine) e colpisce soprattutto le persone di età superiore ai 60 anni. A tutt'oggi non è possibile una prevenzione specifica del tumore del rene. Il fumo, come per altri tumori che colpiscono l'uomo, è considerato uno dei maggiori fattori di rischio. Anche l'obesità e l'ipertensione sono stati identificati come fattori di rischio. Esiste una componente del rischio legata a fattori genetici: i parenti di primo grado di pazienti affetti dal carcinoma renale possono avere un rischio 4 volte maggiore di sviluppare lo stesso tumore rispetto alla popolazione generale. La terapia del carcinoma renale è basta sulla chirurgia radicale della malattia volta alla rimozione di tutto il tessuto neoplastico, che in casi di piccole lesioni può permettere anche il risparmio del rene interessato. La chemioterapia e l’immunoterapia sono a oggi armi solo parzialmente efficaci. La relativa scarsa disponibilità di armi terapeutiche, eccettuata la chirurgia, sprona alla ideazione e sperimentazione di nuove soluzioni strategiche quali ad esempio i vaccini terapeutici.