4BSA: Relazione

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IV B S.A.
Lecco, Venerdì 06 Giugno 2014
LA GROTTA DEL MONTE CUCCO
1. PRESENTAZIONE DEL MODELLINO PREPARATO
2. INTRODUZIONE DELL’AREA GEOLOGICA VISITATA
Il Monte Cucco (1.566 m sul
livello del mare) è una montagna
italiana situata nella provincia di
Perugia. Fa parte della catena
dell'Appenino umbromarchigiano ed in particolare
segna il confine tra l’Umbria e le
Marche. Si trova all'interno
dell'omonimo parco naturale
regionale a pochi km da
Costacciaro. Dopo i Monti
Sibillini è questa la zona dove
maggiormente si elevano le cime
dell’Appennino umbro-marchigiano, con il Monte Catria che svetta fino a 1707 m di quota, seguito dai
1569 m del Cucco.
Quest’ultimo si è formato dopo l’immane scontro fra zolle continentali
(africana ed eurasiatica) che hanno lacerato la crosta terrestre e fatto
emergere ed innalzare le stratificazioni calcaree più profonde,
producendo, al tempo stesso, delle fratturazioni molto imponenti al
loro interno.
Negli strati calcarei del Parco del Monte Cucco è scritta in modo più
chiaro che altrove la storia dell’emersione della penisola italiana
dall’antico Mar della Tetide.
Il calcare massiccio ed il calcare maiolica, che costituiscono i
principali aggregati naturali di minerali del Monte Cucco, grazie alla
loro permeabilità all'acqua, hanno permesso la formazione di uno tra
i più noti e studiati sistemi ipogei nel mondo e uno tra i più grandi e
profondi dell'Italia centrale: oltre 30 km di lunghezza per 929 m di
profondità.
Le grotte sono conosciute sin dal 1551; le maggiori e più spettacolari
sale che si possono visitare sono La Cattedrale e La Margherita.
3. ORIGINE EPIGENICA DELLA GROTTA
L’area del Monte Cucco è quindi una zona dove
l’intensa e profonda tettonizzazione, ossia la
produzione di rocce con particolari modificazioni
strutturali in seguito a movimenti tettonici, ha
permesso alle acque meteoriche di penetrare fino
alle massime profondità.
Inoltre l’anidride carbonica prodotta dalla
vegetazione a contatto con l’acqua piovana si
scioglie e forma una soluzione acida per la
prevalenza di ioni H+.
Sono questi ioni H+ i responsabili della
solubilizzazione delle rocce.
La soluzione acquosa acida entra nelle fessure
delle rocce calcaree e discioglie il carbonato di
calcio (CaCO3). Le fessure, con l’avanzare degli
anni, si allargano fino a diventare grotte.
Sottoterra l’acqua percola e si organizza
Gruppo composto da: Aldè Davide, Borghetti Francesca, Fascendini Eva, Panzeri Simone e Ronchi Debora.
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formando bacini e corsi d’acqua che trasportano, in soluzione, alle sorgenti grandi quantità di calcare.
pioggia + anidride carbonica (dalla vegetazione) → soluzione acquosa acida (prevalenza di ioni H+)
soluzione acquosa acida + rocce calcaree (carbonato di calcio CaCO3) → soluzione acquosa basica con calcare disciolto
L’azione epigenica è continua dall’alto verso il basso, che varia solamente in relazione alla piovosità dei
vari periodi. Il volume delle rocce corrose è maggiore in superficie e diminuisce man mano che si va in
profondità.
4. ORIGINE IPOGENICA DELLA GROTTA
6 milioni di anni fa è iniziata l’emersione dell’Appennino umbro marchigiano. Da quel momento per
opera delle precipitazioni meteoriche (pioggia e neve) è iniziata anche la corrosione epigenica delle
rocce calcaree, in superficie e in profondità. Anche se molto lentamente, il processo di formazione delle
canalizzazioni sotterranee è andato avanti senza soste, lungo una rete di piccole cavità
intercomunicanti. Ma lo sviluppo del carsismo di Monte Cucco è avvenuto soprattutto in concomitanza
con le attività vulcaniche che, 800.000 e 400.000 anni fa, hanno caratterizzato gran parte dell’Italia
centrale. In quelle occasioni, attraverso l’aggressione del calcare da parte di fluidi ipogenici (fluidi caldi
e ricchi di acidi HF, H2S, H2CO3), sono stati solubilizzati 1.200.000 m2 di roccia, che equivale alla quasi
totalità dell’insieme dei vuoti carsici di Monte Cucco. L’azione di corrosione epigenica è dovuta al
prevalere dello ione H+ in soluzione
Nei periodi di stasi ipogenica e negli ultimi 350.000 anni la carsificazione è andata comunque avanti ma
solo per effetto delle acque percolanti dall’alto e lungo direttrici di drenaggio completamente diverse.
Il risultato di questa successione di azioni corrosive è che nella massa calcarea di Monte Cucco
esistono due distinti sistemi carsici, con diverse caratteristiche morfologiche e attività idriche.
Di pari passo alla carsificazione, ipogenica ed epigenica, è proseguita l’orogenesi che ha portato a
rendere inattivi e in via di fossilizzazione i settori superiori delle grotte.
Nella corrosione dei calcari ad opera dell’acido solfidrico sono coinvolti i solfobatteri, batteri
chemioautotrofi, ossia batteri che non svolgono la fotosintesi, ma normalmente ricavano l’energia
necessaria dall’ossidazione di sostanze inorganiche semplici. Essi forniscono l’energia necessaria nelle
profondità senza luce degli strati della Terra.
I solfobatteri, l’acqua presente nelle falde profonde, l’acido solfidrico H2S e l’ossigeno (per trasformare
parte dell’acido solfidrico in acido solforico H2SO3) attuano una reazione di acidificazione formando
l’agente acido (H+ in soluzione) e lo zolfo (per lo più sottoforma di cristalli).
L’agente acido in seguito agisce con il calcare (carbonato di calcio) in una reazione di corrosione che
produce una soluzione acquosa in cui sono disciolti calcare e gesso.
L’azione ipogenica è un’azione discontinua, dal basso verso l’alto, che si manifesta solo in
corrispondenza di attività vulcaniche regionali e/o pressioni interne anomale. Si attua con fluidi in
risalita sotto pressione e con morfologie esclusivamente freatiche, ossia senza fase gassosa). Tale
azione è in grado di produrre una grande carsificazione, specie in profondità. Si formano così grandi
sale, allungate lungo le faglie, per crolli successivi della volta o per cedimento dei diaframmi rocciosi di
separazione. L’attività idrica è limitata ad un intenso stillicidio nei sistemi esclusivamente ipogenici.
Sia per quanto riguarda l’origine epigenica, sia per l’origine ipogenica, l’agente acido, ossia lo ione
idrogeno (che proviene dall’atmosfera e dalla vegetazione per l’origine epigenica e dagli strati profondi
della Terra per quella ipogenica), e l’acqua sono gli “attori” principali che agiscono nella corrosione della
roccia calcarea.
5. STALATTITI E STALAGMITI
Nelle grotte le gocce d’acqua della pioggia incontrano un ambiente che favorisce la perdita di anidride
carbonica. Il calcare disciolto è costretto a tornare allo stato solido, dando origine alla litogenesi
(stalattiti, stalagmiti).
Le stalattiti e le stalagmiti sono concrezioni, ossia formazioni minerali prodotte dal lento accumularsi del
carbonato di calcio depositato dalle acque sotterranee. Queste concrezioni calcaree sono situate
all’interno delle grotte carsiche, e si sviluppano in forme ardite e bizzarre.
Gruppo composto da: Aldè Davide, Borghetti Francesca, Fascendini Eva, Panzeri Simone e Ronchi Debora.
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Nella vicenda della formazione delle stalattiti giocano un ruolo
determinante le gocce d’acqua, come ricordano le stesse radici greche
dei nomi stalattite estalagmite (stalaktòs «gocciolante» e
stàlagma «goccia»). Le stalattiti e le stalagmiti si formano infatti in
ambienti carsici, soprattutto in grotte e in altri ambienti sotterranei,
quando piccole gocce d’acqua trasudano dalle volte delle cavità dopo
essersi infiltrate nelle microfratture delle rocce, e in assenza di
ventilazione formano un velo d’acqua che rimane in contatto con la
parete il tempo necessario a depositare carbonato di calcio. Infatti, in
queste circostanze la superficie evaporante dell’acqua è sufficiente
perché si liberi l’anidride carbonica contenuta in esse: ciò comporta, per
l’equilibrio fra carbonati e bicarbonati presenti nell’acqua tipico del
carsismo, un aumento di concentrazione dei carbonati, meno solubili, e
quindi una loro precipitazione.
Goccia dopo goccia, in un processo chiamato stillicidio, si realizzano così le stalattiti. In tempi
lunghissimi, le stalattiti si sviluppano verso il basso
(con velocità di circa 2 mm ogni dieci anni), ma
crescono anche di spessore per depositi concentrici
che producono forme grosso modo
cilindriche/coniche.
Ciò si verifica perché il velo d’acqua, prima di
formare la goccia che percola, bagna la parte
esterna della concrezione già depositata.
Le stalagmiti invece si accrescono in altezza dal
pavimento delle cavità carsiche verso l’alto, e si
formano attraverso l’accumulo del carbonato di
calcio contenuto nelle gocce d’acqua che cadono al
suolo. Anche per le stalagmiti l’accrescimento
avviene per stratificazioni successive di livelli, ma in
genere con forme a cupola meno regolari.
Nel momento in cui la stalattite si congiunge con la stalagmite si verifica la formazione di una colonna.
La formazione delle stalattiti e delle stalagmiti
costituisce la fase costruttiva del processo carsico.
Le acque di circolazione sotterranea degli ambienti
carsici portano in soluzione il bicarbonato di calcio
raccolto nel corso della corrosione delle rocce
calcaree attraversate. In questa fase distruttiva si
producono, a causa dell’asportazione chimica di
materia, le forme erosive caratteristiche del carsismo
in quanto l’acqua scioglie la roccia calcarea. Ai vuoti
determinati dall’asportazione del calcare corrisponde
successivamente l’azione di riempimento realizzata
dallo sviluppo delle concrezioni depositate nella fase
costruttiva.
È possibile ricreare delle stalattiti e stalagmiti mediante un piccolo
esperimento. Occorre:
riempire per ¾ due barattoli di vetro o due bicchieri con una
soluzione acquosa satura di bicarbonato di sodio (per formarla
basta aggiungere il bicarbonato all’acqua possibilmente calda finché
non rimangono depositi non disciolti sul fondo);
collegare i due barattoli, contenenti la soluzione, mediante un
filo di lana spesso, immergendo le due estremità del filo nel liquido;
posizionare un piatto di plastica o un cartoncino al di sotto del
filo che non deve toccarlo né essere troppo teso;

la soluzione viene assorbita dal filo in poco meno di
una settimana, al termine della quale è possibile osservare piccole
Gruppo composto da: Aldè Davide, Borghetti Francesca, Fascendini Eva, Panzeri Simone e Ronchi Debora.
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concrezioni in seguito alla lenta evaporazione dell’acqua.
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