LA POLARIZZAZIONE DI UN’ONDA LA LEZIONE CAMPO ELETTRICO E POLARIZZAZIONE Impiegando occhiali aventi lenti polaroid e un display a cristalli liquidi (di un tablet o di un computer) è facile osservare le proprietà vettoriali della luce. Ruotando gli occhiali in due posizioni complementari si ha il massimo del passaggio di luce, per lo schermo di un televisore, quando l’asse y dello schermo (disposto come un rettangolo in un piano xy con il lato di dimensioni maggiori lungo x) è nella stessa direzione dell’asse di simmetria degli occhiali e il minimo quando il vettore della luce è perpendicolare all’asse di trasmissione del filtro polarizzatore (con iPad si scambiano le due posizioni). Con inclinazioni intermedie gli occhiali oscureranno parzialmente l’immagine. Anche i vecchi telefonini emettevano luce polarizzata linearmente, seppure a 45° rispetto agli schermi degli iPad e dei televisori, mentre i nuovi smartphone se guardati attraverso le lenti polaroid mostrano invece dei cambiamenti dei colori. fig.1 Effetti di occhiali polaroid sulla luce proveniente da un iPad nei due casi limite ortogonali tra di loro; fig.2 I campi elettrici sono perpendicolari alla direzione di propagazione della luce. Ciascuno di essi può essere pensato come derivante da un atto elementare di emissione; fig.3 Rappresentazione di una polarizzazione lineare La descrizione fisica della luce può essere fatta attraverso l’uso di grandezze vettoriali e la polarizzazione è il capitolo dell’ottica dove si affronta tale questione. Dal punto di vista della teoria elettromagnetica la luce è un’onda trasversale. Fissata la direzione di propagazione del fascetto di luce (raggio) si definisce un piano perpendicolare a esso dove si può trovare il vettore caratteristico dell’onda: il campo elettrico E. La comprensione fisica delle onde elettromagnetiche tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento avvenne ipotizzando che le cariche accelerate fossero responsabili della generazione di campi che si allontanavano dalle sorgenti. La potenza irradiata per unità di superficie è allora uguale a ε0c <E2>, con 1/4πε0 uguale alla costante che compare nella legge di Coulomb, c velocità della luce, media dei valori dei quadrati del campo elettrico. Il reciproco di ε0c, avente l’unità di misura di una resistenza, è chiamato impedenza del vuoto (il suo valore è prossimo a 377 Ω) per indicare che anche cariche accelerate in un conduttore perfetto diminuiscono la loro energia cinetica a causa dell’irradiazione. Se un’onda elettromagnetica si allontana dall’antenna, si può pensare il fenomeno dal punto di vista circuitale come una perdita, una dissipazione di energia dovuta a una resistenza (indipendentemente dal fatto che l’effetto Joule sia in questo caso trascurabile). Anche i fenomeni dell’ottica (diffusione, riflessione e rifrazione) sono reinterpretati in termini d’interazione tra cariche e campi. Le sorgenti luminose (atomi eccitati) emettono onde in un breve intervallo temporale (dell'ordine di 10-8 s) e solo dopo l’avvento della tecnologia laser si è avuta a disposizione una luce (monocromatica) con tempi caratteristici più alti. L’emissione di più onde in genere non determina un campo con una direzione privilegiata. Considerando invece un singolo vettore E ideale nel piano perpendicolare alla direzione di propagazione, associato a luce perfettamente monocromatica (stessa frequenza), si può pensare sempre che esso sia dovuto alla combinazione di Ex ed Ey. A una particolare differenza di fase tra le componenti è associata un’onda sinusoidale il cui campo vibra sempre nella stessa direzione oppure descrive una specie di danza regolare (in senso orario o antiorario) elicoidale, seguendo un cerchio o un ellisse nella proiezione su un piano fisso. Si parla così di polarizzazione lineare, circolare o ellittica, quando la differenza di fase tra le componenti rimane costante nel tempo. POLARIZZAZIONE DELLA LUCE NATURALE (DIFFUSIONE, RIFLESSIONE E RIFRAZIONE) Con il termine luce naturale s’intende una luce non polarizzata, frutto di atti di emissione elementari non aventi una correlazione l’uno con l’altro e quindi privi di una precisa relazione di fase. Poiché i tempi di osservazione sono lunghi se confrontati con i 10 ns della singola emissione, tutte le possibili direzioni di E fissano un insieme caotico che varia rapidamente. La luce solare ne è un esempio. Eppure basta osservare il cielo azzurro o un’immagine riflessa dal vetro di una finestra attraverso il filtro polaroid dei soliti occhiali per rendersi conto che la diffusione e la riflessione trasformano la luce naturale in un’onda parzialmente o completamente polarizzata. fig.4 Polarizzazione della luce diffusa Nell’esempio della diffusione, il campo elettrico associato alla luce tende a vibrare in una direzione particolare. Consideriamo una molecola che, raggiunta dalla luce naturale non polarizzata, diffonde. Solo se l’angolo tra la direzione del fascio incidente e di quello diffuso è 90° si ha una polarizzazione perfettamente lineare (l’insieme dei fasci diffusi a 90° definiscono un piano). Se si immagina un osservatore dotato di un filtro fotografico polaroid che guarda uno spicchio di cielo azzurro ruotando il polarizzatore le uniche posizioni che non permettono variazioni significative sono quelle per angolo di diffusione pari a zero (Sole alle spalle o posto di fronte all’osservatore). Invece con il Sole di fianco si ha il massimo dell’attenuazione della luce disponendo l’asse del polaroid parallelamente a quella dei raggi solari (filtrando così la componente diffusa polarizzata linearmente). A mezzogiorno il filtro deve essere disposto con asse quasi verticale verso il Sole per eliminare la luce diffusa che vibra orizzontalmente. All’alba o al tramonto il polaroid deve avere l'asse orizzontale per eliminare il campo E che vibra nella direzione verticale. In generale si può sempre pensare che il cielo azzurro appare più scuro quando l’asse ottico del polarizzatore è orientato verso il Sole. fig.5 Confronto di un’immagine del cielo osservata attraverso un filtro fotografico polarizzatore facendo ruotare l’asse del polaroid Anche nel caso della rifrazione è possibile modificare la luce solare per ottenere un’unica direzione privilegiata. Per farlo basta studiare la luce riflessa da un materiale trasparente. fig.6 Schematizzazione del fenomeno di polarizzazione lineare della luce che avviene quando questa è riflessa da una superficie trasparente Ponendo per semplicità l’indice di rifrazione dell’aria uguale a uno, per la legge di Snell l’indice di rifrazione del mezzo n sarà allora uguale al rapporto sen(i)/sen(r), con i e r rispettivamente angolo di incidenza e di rifrazione. Il raggio riflesso è polarizzato linearmente quando la somma degli angoli di incidenza e di rifrazione forma 90°, vale allora l’espressione: tg(i)=n. Nell’esempio in figura il mezzo ha un indice di rifrazione n prossimo a 1,5, quindi i=56,3°. Il valore dell’angolo i che soddisfa tale relazione è associato al nome del fisico David Brewster. In tali condizioni, la luce rifratta è parzialmente polarizzata in una direzione perpendicolare a quella del raggio riflesso. Interponendo un polarizzatore sul raggio riflesso, la luce è notevolmente attenuata. Viceversa, utilizzando un filtro lineare sulla luce incidente non si osserva alcun raggio riflesso, se non nel caso in cui E sia polarizzato perpendicolarmente al piano d’incidenza, in modo da fare vibrare le cariche nella direzione trasversale rispetto al piano della figura. Nella tecnologia laser, per esempio, varie superfici riflettenti all’angolo di Brewster definiscono la polarizzazione del fascio uscente. fig.7 Angolo di Brewster (somma degli angoli di riflessione e rifrazione uguali a 90°): solo la luce polarizzata linearmente con E perpendicolare al piano d’incidenza determina un fascio riflesso polarizzato linearmente; fig.8 Confronto di due foto: la prima senza filtro, la seconda con un polarizzatore che attenua la luce riflessa BIRIFRANGENZA Nelle pagine precedenti si è data per scontata la possibilità di avere un filtro polarizzatore, capace di polarizzare linearmente la luce solare o di analizzare la luce diffusa o riflessa. Lastre polaroid hanno un asse caratteristico è sono molto comuni in ottica e fotografia. Esse nel recentemente passato erano realizzate con cristalli microscopici equiorientati su un foglio di plastica, oggi si riesce con lastre di celluloide sempre più sottili a disporre parallelamente, tramite “stiramento”, gli assi di lunghe molecole aventi a disposizione degli elettroni di conduzione. La storia dei polarizzatori si può far risalire al Seicento con le prime osservazioni del matematico Rasmus Bartholin delle proprietà di birifrangenza dello spato d’Islanda. Guardando attraverso il cristallo trasparente di calcite si vedono due immagini. Ruotando lo spato una delle due immagini segue la rotazione, mentre l’altra non subisce variazioni. La birifrangenza portò il matematico a distinguere un raggio ordinario e uno straordinario. Se si usa un filtro polaroid e un cristallo di calcite si capisce immediatamente che il raggio straordinario rifratto è polarizzato linearmente. fig.9 Birifrangenza di un cristallo di calcite ; fig.10 Dimostrazione della polarizzazione del raggio straordinario; fig.11 Prisma di Nicol ricavato dalla lavorazione dello spato d’Islanda che impedisce al raggio ordinario di fuoriuscire da esso e funziona quindi come un polarizzatore lineare Christiaan Huygens fu il primo a intuire che l’onda straordinaria si propagava in funzione dell’orientazione degli assi del cristallo e considerò come superficie di riferimento per le onde rimesse non più una sfera, ma un ellissoide di rotazione. Inoltre esaminò gli effetti del passaggio di luce attraverso due cristalli con facce parallele o perpendicolari, notando, nel primo caso, la formazione di soli due fasci uscenti, e nel secondo, la formazione di quattro zone luminose di diversa intensità. Fu solo nell’Ottocento, con William Nicol, che lo spato d’Islanda, tagliato in due parti, lavorato e infine riunito, divenne un prisma capace di rifrangere il solo raggio straordinario polarizzato linearmente. Il “Nicol” fu per molti anni il principale analizzatore-polarizzatore. L’avvento dell’herapatite portò a un modo diverso di polarizzare la luce nei laboratori, alternativo a quello dei prismi; non del tutto equivalente, vista l’impossibilità dei cristalli di Herapath (nome del chimico e medico inglese William Bird Herapath che per la prima volta, a partire da una soluzione alcolica di chinina, otteneva cristalli iridescenti e dicroici) di polarizzare l’intero intervallo spettrale della luce bianca. In verità, altre sostanze birifrangenti, come la tormalina, hanno la capacità di assorbire quasi completamente il raggio ordinario funzionando da polarizzatori; ma l’effetto sulla luce bianca della tormalina è anche quello di filtrare le frequenze dal giallo al verde. Tutte le sostanze birifrangenti presentano il fenomeno, più o meno accentuato, di pleocroismo o policroismo, per cui l’assorbimento della luce dipende oltre che dalla lunghezza d’onda, dalle direzione di propagazione e dalla sua eventuale polarizzazione. La iolite (cristalli di cordierite molto trasparenti) ruotata e attraversata da luce diffusa varia il colore da blu a viola. Il polarizzatore ideale e indipendente dalle condizioni d’illuminazione è in realtà un’astrazione molto utile nella trattazione teorica. Se tra due polarizzatori ideali con assi perpendicolari si dispone un sottile foglio di cellofan o delle lamine sottili di cristalli, l’effetto risultante è una tenue luce che riesce a oltrepassare il secondo polarizzatore. Ruotando il foglio si hanno però due posizioni (l’una perpendicolare all’altra) in cui la luce trasmessa è trascurabile. Anche il cellofan è birifrangente. Per un particolare spessore a 45° tra questi due assi si ha la posizione in cui la luce in uscita ha la massima intensità. La spiegazione di ciò rimanda alle lamine a mezza lunghezza d’onda che riescono a trasformare una luce polarizzata verticalmente in un’altra inclinata. fig.12 Rotazione della polarizzazione lineare della luce monocromatica che attraversa una pellicola di cellofan avente spessore pari a mezza lunghezza d’onda Con una lavagna luminosa, due polaroid e il foglio di cellofan o di altre pellicole polarizzatrici, si osservano alcuni colori predominanti che dipendono dallo spessore del materiale trasparente attraversato. Impiegando alcune lenti si può realizzare un microscopio polarizzatore. Oggetti birifrangenti con spessori diversi come lamine di cristalli di mica o selenite appariranno colorate in modi diversi a causa del percorso effettuato dalla luce polarizzata. Inoltre confrontando le immagini con polaroid aventi assi paralleli si osserveranno colori complementari. In uno schermo LCD è l’applicazione di campi elettrici sulle diverse zone dello strato (dell’ordine di 1 μm) di cristalli liquidi, sempre tra due polaroid con assi perpendicolari, a produrre le immagini a colori. fig.13 Confronto dei colori complementari di due foto di lamine di selenite. Nell’immagine a sinistra i prismi Nicol hanno assi perpendicolari, mentre, in quella a destra, paralleli BUSSOLA A POLARIZZAZIONE (API E NAVIGATORI) L’analisi della navigazione animale negli ultimi decenni ha compiuto notevoli progressi. Tra le molteplici bussole biologiche grande importanza riveste la visione polarizzata, molto studiata nel caso delle formiche e delle api. Per fissare alcune nozioni base è utile dare alcune definizioni astronomiche. fig.14 Sfera celeste; fig.15 Mappa della luce diffusa polarizzata A causa della rotazione terrestre intorno al proprio asse la superficie di raggio indefinito, centrata nell’occhio di un osservatore, che ha l’orizzonte come cerchio di base, appare ruotare, insieme alle stelle fisse, da est vero ovest. L’intersezione della verticale passante per l’osservatore con la sfera celeste è lo zenit. Il meridiano solare è invece l’arco di circonferenza massima occupato dal Sole nei punti che definiscono il mezzogiorno locale. Sulla sfera celeste, si può, fissato il Sole in una determinata altezza e prendendolo come riferimento, disegnare la mappa della polarizzazione del cielo. Negli intorni immediati dell’astro, il cielo non appare polarizzato. I valori crescono allontanandosi da esso fino a un massimo definito dall’angolo formato tra i raggi solari e il raggio CP (C è il centro della sfera, P il generico punto) pari a 90°. La polarizzazione lineare (indicata con segmenti oppure con frecce corte a doppia punta) sarà sempre perpendicolare al piano individuato dal centro della sfera, dal Sole e dal punto P. Le intersezioni di questi piani con la calotta forma circonferenze in cui le polarizzazioni hanno la stessa intensità (stesso grado). La direzione della polarizzazione è tangente a queste circonferenze. Nei casi limite del Sole a mezzogiorno la banda di polarizzazione lineare massima sarà intorno all’orizzonte, all’alba (o al tramonto) la circonferenza di polarizzazione lineare massima coinciderà con il meridiano solare. fig.16 Pattern di polarizzazione del cielo. A) Banda di polarizzazione massima all’orizzonte con il Sole a mezzogiorno; B) Polarizzazione massima nel meridiano solare all’alba Dal punto di vista dell’osservatore la mappa della polarizzazione del cielo risulterà leggermente più complessa perché i vettori E non sono più tangenti alle circonferenze di riferimento. fig.17 Modalità di rappresentazione delle polarizzazioni del cielo al variare del riferimento Inoltre la rappresentazione tridimensionale deve essere ridotta a una proiezione bidimensionale sul piano per simulare l’ipotetico osservatore con “vista polarizzata”. Egli vedrà il cielo con diverse gradazioni come un fotografo con un obiettivo (ultra)grandangolare con un filtro polaroid. L’immagine del pattern di polarizzazione cambierà ovviamente, nel corso della giornata, a causa dell’altezza del Sole. fig.18 Mappe bidimensionali di polarizzazione con il Sole a diverse altezze fig.19 Schema del funzionamento della bussola di polarizzazione posseduta dalle api Formiche, api e altri animali rilevano la polarizzazione, osservando e scansionando una parte della volta celeste, tramite specifici fotorecettori (nei casi degli artropodi è essenziale la diposizione di questi in una specifica area degli occhi compositi). Molti studi sul campo e ricerche fanno pensare che gli animali non possiedano una rappresentazione del pattern di polarizzazione corrispondente alle diverse ore della giornata, ma una sola mappa caratteristica del Sole all’orizzonte. L’interpretazione della posizione del Sole anche quando esso non è visibile avviene con un confronto tra la mappa semplificata e gli stimoli che esso riceve durante l’esame di varie porzioni di cielo. Eventuali ambiguità nella provenienza dei raggi solari sono risolte dalle api prendendo in considerazione altre caratteristiche della luce. In analogia si può pensare a un modellino composto da una rosa di filtri polarizzatori che vengono fatti ruotare mentre si osserva la luce diffusa in uno spicchio di cielo. La direzione lungo la quale si realizza l’assorbimento massimo determina i raggi solari nascosti. Dopo aver trattato la navigazione animale non si può fare a meno di accennare alle ricerche attuali sulle navigazioni vichinghe. fig.20 Insieme di polarizzatori che ruotati determinano la direzione del Sole nella posizione di massimo assorbimento; fig.21 Le principali rotte vichinghe Senza bussola magnetica, intorno all’anno Mille, nei viaggi tra luglio e agosto, intorno ai 61° di latitudine Nord, tra la Norvegia e il Sud della Groenlandia, i vichinghi utilizzarono il Sole come riferimento principale. Il ritrovamento di un piccolo manufatto individuato in Groenlandia ha permesso di ricostruire una sorta di meridiana-bussola capace di guidarli. Per l’orientazione nell’Oceano con la nebbia o con il cielo nuvoloso è stata invece ipotizzato, sulla base di un riferimento alle pietre solari, che fossero impiegati come polarizzatori cristalli birifrangenti, come la iolite che cambia colore al variare dell’incidenza della luce diffusa dal violaceo al blu intenso, oppure il cristallo di calcite che solo in determinate condizioni presenta un’unica immagine (uso come depolarizzatore). Capire se effettivamente i popoli del Nord abbiano usato un cristallo è difficile stabilirlo. Piace comunque pensare che lo spato d’Islanda, l’oggetto più citato nella storia delle proprietà direzionali della luce per il periodo che intercorre tra le analisi della birifrangenza di Huygens fino al prisma di Nicol, sia servito, già nell’anno Mille, a tracciare le rotte dei vichinghi. fig.22 Manufatto che ha fatto ipotizzare l’utilizzo nella navigazione vichinga di una bussola solare; fig.23 Ricostruzione della bussola solare vichinga e del suo impiego; fig.24 Variante più complessa della bussola solare vichinga