Integratori alimentari in oncologia
Valore e utilità in caso di deficit di microsostanze nutritive
e nella profilassi delle metastasi
Günther Stoll
Medico Chirurgo - Fellbach, Germania
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Sintesi
Gli integratori alimentari non intendono sostituire un’alimentazione ben equilibrata, o una terapia oncologica. Ma
sono in grado di assicurare la funzione di importanti processi biochimici. A questo riguardo rappresentano una valida
componente di una terapia tumorale complementare. Vengono qui discusse la carenza di micronutrienti e di selenio,
il sostegno del sistema immunitario associato all’intestino e le opzioni per il blocco della lectina.
Parole chiave
Integratore alimentare, oncologia complementare, carenza di micronutrienti, deficit di selenio, sistema immunitario
associato all’intestino, arabinogalattano.
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Summary
Food supplements don’t claim to replace a balanced diet or any therapy against cancer.
They have the possibility to assure the function of important biochemical processes and represent a valid component
in the complementary tumoral therapy. In this article it’s discussed the micronutrients and selenium lack, the support
of the immune system associated to intestine and the options for the block of lecithin.
Key-words
Food supplement, complementary oncology, micronutrients lacks, selenium lack, immune system associated to intestin,
arabinogalattano.
Le cause della malnutrizione nei pazienti oncologici sono molteplici. Oltre all’insufficiente apporto nutritivo vi sono delle alterazioni, indotte
da citochine, nel metabolismo delle proteine, dei
grassi e dei carboidrati. Anche gli effetti collaterali della terapia oncologica standard aumentano notevolmente il rischio di un’alimentazione
carente. In questo modo viene pregiudicata non
solo la qualità di vita, ma si favorisce anche l’insorgenza di ulteriori complicanze (ad es. decubito, cattiva guarigione delle ferite, polmonite o
sepsi). Spesso la dinamica del catabolismo è
correlata alla crescita del tumore.
Da queste riflessioni nasce la necessità di
utilizzare microsostanze nutritive in pazienti affetti da tumore: da un lato vi è un maggiore fabbisogno di microsostanze nutritive e
dall’altro una carenza dovuta a deficit alimentare provocato dalle terapie e dalla malattia.
Bisogna inoltre osservare che vi sono anche
determinate interazioni tra microsostanze nutritive e ad esempio particolari chemioterapici;
il cisplatino riduce l’assorbimento renale del
magnesio provocando così ipomagnesiemia. Si
deve quindi considerare anche una maggiore
eliminazione e/o un minore apporto di microsostanze nutritive.
È possibile compensare questi deficit nutritivi
in modo terapeuticamente valido con integratori
alimentari adeguati, in modo da rafforzare anche la necessaria terapia farmacologica? E quali
condizioni generali bisogna osservare?
Esistono fondamentalmente quattro livelli in cui
vi sono possibilità di intervento:
• Carenza generale di microsostanze nutritive
con deficit specifici patologici e/o tumorali
• Particolare carenza di selenio
• Sostegno del sistema immunitario, soprattutto di quello associato all’intestino
• Sostegno dell’organismo nella profilassi per
le metastasi
DEFICIT GENERALE DI
MICROSOSTANZE NUTRIVE
Nelle situazioni patologiche in cui il sistema
immunitario viene particolarmente indebolito
(e ciò vale soprattutto per i pazienti tumorali
prima e durante la terapia riduttiva del tumore ), il fabbisogno di microsostanze nutritive è
molto elevato. In queste circostanze, oltre ad
una alimentazione equilibrata è necessario integrare anche un’adeguata combinazione di
microsostanze nutritive adattata ai particolari
deficit causati dalla malattia. In questo modo
gli stati di carenza individuali vengono compensati, il sistema immunitario si stabilizza (Tab. 1)
e si attiva; a condizione di una galenica adatta,
il maggiore fabbisogno viene coperto nel modo
più corretto.
Gli integratori devono contenere vitamine idroe liposolubili, dove naturalmente la quantità di
vitamina C deve corrispondere solo ad una piccola frazione della dose impiegata nella terapia
complementare ad alto dosaggio di vitamina
C. Nell’ambito di tale combinazione anche il
selenio può essere contenuto ad un basso livello, poichè se ne consiglia l’impiego separato
in quantità sufficientemente elevate. Dall’altra
parte vi sono nuove sostanze con potenziale
anticancerogeno interessanti, come il licopene,
che ha evidenziato il suo valore soprattutto nella
prevenzione primaria, ma anche nella terapia del
carcinoma prostatico.
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I fatti si conoscono già da tempo, vengono continuamente pubblicati e appaiono piuttosto inquietanti: il cancro e l’alimentazione sono in
stretto rapporto tra loro. Questo vale sia per la
prevenzione che per la terapia:
• I fattori di rischio esogeni più significativi per
la formazione delle malattie tumorali sono il
fumo (nel 25-30% dei casi) ed errate abitudini alimentari (ulteriore 20-42%). Attualmente
viene intensivamente discusso anche il ruolo di fattori collaterali quali l’obesità.
• Dopo l’insorgenza di una malattia tumorale,
molto spesso si giunge ad un’alimentazione
carente con esito fatale. Già al momento della diagnosi del tumore il 50% dei pazienti ha
perso peso. Fino al 20% dei casi manifestano una perdita di peso superiore al 10% del
proprio peso di partenza in 6 mesi e questo
corrisponde ad un’alimentazione carente.
Circa il 40% delle pazienti con carcinoma
mammario è soggetto ad una marcata perdita di peso, mentre in caso di carcinoma
bronchiale, gastrico, pancreatico o prostatico il 60-80% dei pazienti viene colpito da
cachessia.
la cui presenza aumenta notevolmente a causa
dell’effetto di citostatici e radioterapia.
Gli studi epidemiologici hanno rilevato che i pazienti
affetti da tumori diversi presentano valori di selenio
ridotti a seconda degli stadi, ad esempio in caso di
carcinoma mammario, ovarico, gastrico e al colon.
Questi stati di carenza possono essere confermati
sulla base dei dati del nostro laboratorio (Fig. 1). La
marcata carenza di selenio già presente in soggetti
sani (o in pazienti non tumorali) viene notevolmente
peggiorata in presenza di alcuni tipi di tumore (ad
es. tumori alla testa, alla gola).
I radicali liberi, rilasciati in misura superiore con
la chemio e radioterapia, sono responsabili degli
effetti tossici indesiderati. L’eliminazione di questi radicali, tramite la selenite inorganica, deve
perciò portare ad una maggiore tollerabilità della
chemio e radioterapia.
Alla domanda se riducendo gli effetti indesiderati dei citostatici ne risulti un’azione meno efficace contro le cellule tumorali oppure un aumento
della resistenza delle cellule tumorali, bisogna
dare risposta negativa. I citostatici agiscono attraverso molteplici meccanismi come l’inibizione
delle topoisomerasi, l’alchilazione del DNA, l’inibizione della timidilato sintasi, ecc. e mai attraverso il rilascio di specie di ossigeno reattivo.
DEFICIT DI SELENIO – COME
BILANCIARE?
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L’importanza clinica del selenio oggi non viene
più messa in discussione. Il selenio è un oligoelemento essenziale che viene assorbito con proteine vegetali o animali oppure come selenite di
sodio inorganica. Le proteine di selenio specifiche contengono selenocisteina. Alle principali
selenoproteine appartengono il glutatione perossidasi (GSH-Px), la deiodasi iodio-tironina, le
selenoproteine P ed M, la tioredossina reduttasi
e le selenoproteine di sperma, prostata e muscolatura scheletrica, le cui singole funzioni non
sono ancora state chiarite. Il selenio fa parte
del sistema di protezione antiossidante endogeno, composto da una gruppo di enzimi per la cui
funzione sono essenziali minerali come Fe, Se,
Zn, Cu e Mn.
L’importanza biologica del selenio diventa chiara
soprattutto in caso di una sua carenza, quando
vengono attivati solo 44 geni, necessari alla riparazione del DNA e utili per la protezione dallo stress ossidativo e per il controllo del ciclo
cellulare. Vengono invece disattivati 24 geni
necessari alla biosintesi delle selenoproteine,
alla sintesi degli enzimi addetti alla depurazione
(citocromo P450, glutatione-S-transferasi, epossido-idrolasi) e degli enzimi del trasporto lipidico, dell’angiogenesi, dell’adesione cellulare e
del controllo del ciclo e della crescita cellulare.
In oncologia il selenio diventa sempre più importante. La selenite di sodio inorganica, sia in
forma libera sia quale componente degli enzimi
di selenio, permette di eliminare i radicali liberi
Le cellule tumorali arricchiscono il glutatione
ridotto e diventano così resistenti alla chemioterapia. L’introduzione di alte dosi di selenite
di sodio porta rapidamente alla formazione di
selenodiglutatione. In questo composto vengono legate al selenio 2 molecole di glutatione, in
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Tab. 1: Effetto di diverse microsostanze nutritive sul sistema immunitario
Effetto
Microsostanza nutritiva
Incremento della formazione e differenziazione
dei linfociti
Vitamina B5, Vitamina E, selenio, zinco
Incremento della formazione di anticorpi
Vitamina A, vitamina E, vitamina B6, magnesio, selenio,
zinco
Migliore regolazione dei linfociti
(cellule T/B)
Biotina, magnesio, selenio, zinco
Aumentata fagocitosi e attività delle cellule killer
Vitamina A, vitamina B6, vitamina C, magnesio, selenio,
zinco
Rafforzata disintossicazione dai radicali
Vitamina A, vitamina C, vitamina E, β-carotene, licopene,
selenio, coenzima Q10
Minore rischio di tumore
Vitamina A, vitamina C, vitamina E, β-carotene, selenio,
zinco
71% Carenti
Fig. 1: La determinazione del livello di selenio nel sangue nei campioni del nostro laboratorio indica che oltre il 70% dei valori corrisponde a meno
di 90 µg/l e quindi a uno stato di carenza. Il campo di riferimento per i soggetti sani viene indicato tra 100 e 140 µg/l; dagli studi ad esempio sulla
prevenzione del carcinoma al colon si sa che si dovrebbero addirittura raggiungere valori di 150 µg/l. Valutazione e rappresentazione Dr. C. Erdmann.
modo che il glutatione non sia più disponibile
alla cellula tumorale come sostanza di crescita.
Le cellule tumorali si impoveriscono di glutatione e così viene impedita e/o eliminata la resistenza multi-drug.
Anche per la funzione del sistema immunitario il
selenio ha un’importanza centrale. La funzione
di difesa, la fagocitosi, la chemotassi, l’attività
battericida e fungicida dipendono dalla concentrazione intracellulare di selenio. Il selenio aumenta l’attività dei recettori di interleuchina 2, il
rilascio di interferone gamma, la reazione DTH e
la sintesi degli anticorpi.
Se però il selenio è così importante, a livello preventivo e terapeutico, in quale forma deve essere
introdotto nell’organismo? Come selenito di sodio
inorganica o come selenio organicamente legato,
quindi soprattutto in forma di selenometionina?
Per rispondere a questa domanda è necessario
un breve excursus nella chimica e nella biochimica del selenio. La Figura 2 illustra schematicamente il metabolismo cellulare del selenio.
selenio legato
organicamente
selenometionina
selenio legato
inorganicamente
selenito di sodio
attiva
(come metionina)
passivo
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ASSORBIMENTO
Membrana cellulare
METABOLISMO
INTERMEDIO
selenometionina
inserimento non specifico
in proteine (ad es. nel muscolo)
riduzione per GSH
e radicali liberi
selenocisteina
inserimento specifico in proteine
H2Se
H-Se-CH3
(CH3)2-Se
(CH3)3-Se+
(idruro
di selenio)
(metilselenio)
(dimetilselenide)
(trimetilselenio-ione)
Fig. 2: Rappresentazione schematica del metabolismo cellulare del selenio
Polmone
Rene
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= selenoproteine
come glutatione perossidasi, iodio-tironina
deiodasi di tipo I, selenoproteina P,
selenoproteina 20 kDa
(nello sperma), tioredossina reduttasi
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1. A favore dell’uso della selenometionina si
indica spesso che il tasso di assorbimento della selenite di sodio è pari solamente
al 92% e quello della selenometionina al
98%. Questo è assolutamente esatto, ma
tuttavia gli autori giungono ad un risultato
completamente diverso: “In generale la
biodisponibilità degli integratori di selenio
analizzati è ordinabile nella seguente maniera: selenio di sodio > SeCys >> SeMet.”
In questo lavoro effettuato in modo accurato si sottolinea che la selenometionina viene sì assorbita più rapidamente, ma scompare in modo non specifico nel pool di zolfo
della cellula, dato che gli aminoacidi per
il selenio e lo zolfo vengono scambiati tra
loro. (Il selenio e lo zolfo si trovano nello
stesso gruppo principale del sistema periodico, sono quindi molto simili per le loro
caratteristiche). Berzelius, lo scopritore del
selenio, lo considerò inizialmente addirittura una modificazione dello zolfo. Il selenio
non è quindi subito disponibile alle vie metaboliche selenio-specifiche, bensì viene
legato al pool di zolfo. Gli autori esprimono
addirittura il sospetto che una gran parte
della tossicità del selenio si basi su questa struttura aspecifica, dato che dove si
lega erroneamente un atomo di selenio non
possono formarsi dei regolari ponti di sulfide e la struttura spaziale delle proteine
viene pregiudicata. A questo proposito si
possono notare le tipiche manifestazioni
da intossicazione di selenio, come unghie
e capelli fragili.
2. La selenometionina non è quindi adatta per
un utilizzo duraturo, dato che non si può
escludere che nel corpo si formino depositi
di selenio fino a limiti di tossicità. Il selenito
di sodio inorganico per contro viene eliminato senza problemi attraverso le vie respiratorie ed i reni e quindi non può accumularsi. Inoltre l’odore di aglio che subentra può
fungere da sistema di allarme preventivo. I
composti di selenio organico a basso peso
molecolare volatili o solubili che si formano
dal selenio inorganico assomigliano ai corrispondenti composti di zolfo.
3. Proprio nelle infezioni acute, ma anche nei
pazienti tumorali, il tempo è un fattore cru-
ciale. Per poter agire il selenio deve essere
subito disponibile. Un lento rilascio attraverso il metabolismo intermedio non soddisfa questo fabbisogno acuto. Il selenito
di sodio per contro è subito disponibile per
l’inserimento specifico negli enzimi di selenio e quindi agisce rapidamente. Questo
è stato il criterio per l’impiego del selenio
inorganico in uno studio per la terapia intensiva di pazienti con sepsi, che ha portato ad
una evidente riduzione della mortalità.
4. Va considerato inoltre che gli aminoacidi
con selenio, come i loro corrispondenti con
zolfo, devono essere assorbiti nella cellula attraverso un trasporto attivo, cioè utilizzando energia in forma di ATP. Il selenio
inorganico invece si diffonde nelle cellule
in modo passivo, rapido e senza dispendio
energetico, rimanendo quindi più facilmente
a disposizione per il metabolismo.
5. Il selenito di sodio inorganico può agire anche come antiossidante e neutralizzare le
sostanze nocive come i radicali liberi (funzione “scavenger”). Ciò è da ricondurre al
fatto che una sostanza inorganica può facilmente scatenare una reazione redox. Questa ulteriore funzione protettiva non è da
attribuirsi al selenio legato organicamente,
dato che non possono aver luogo delle corrispondenti reazioni chimiche.
Allo stato attuale delle conoscenze si possono
trarre le seguenti conclusioni (Tab. 2 e 3) per
quanto riguarda l’ambito della prevenzione e
della terapia:
• Impiego del selenio nel settore preventivo:
Il tempo non è un fattore critico; è possibile usare dosaggi fino a ca. 50 µg al giorno
(dosi nutritizionali, impiego con integratori
alimentari) con selenio legato organicamente, ma sarebbe più sensato usare selenometionina attraverso altre sostanze che
non possono essere interscambiate così
facilmente con aminoacidi proteinogenici.
• Impiego del selenio in campo terapeutico:
Il tempo è un fattore critico, i dosaggi tra
200 e 1000 µg al giorno (dosaggi terapeutici, utilizzo di farmaci di prescrizione) devono
essere effettuati con selenite di sodio.
Tab. 2: Dosaggi di selenio in oncologia
Dosaggio basso: > 50-100 µg al giorno
prevenzione
Dosaggio medio: 200-300 µg al giorno
assistenza in convalescenza (dopo la terapia primaria)
Dosaggio alto: 500-1000 µg al giorno
concomitante con radioterapia, chemioterapia od intervento
Tab. 3: Valori di selenio nel siero riferiti alla malattia
Siero: > 135 µg/l (>1,7 µmol/l)
Carcinoma prostatico
Siero: > 139 µg/l (>1,8 µmol/l)
Carcinoma colorettale
Siero: > 150 µg/l (>1,9 µmol/l)
IMMUNONUTRIZIONE E SISTEMA
IMMUNITARIO ASSOCIATO
ALL’INTESTINO
Nell’ambito di un trattamento oncologico complementare, molto spesso viene effettuata una
immunostimulazione in forma di terapia con
estratto di viscum o con timopeptidi. Purtroppo
in questa stimolazione del sistema immunitario
periferico spesso si trascura il ruolo importante del settore immunitario associato all’intestino.
Il sistema immunitario associato all’intestino consiste in tessuto linfoide associato alla
mucosa (MALT) e in strutture localizzate come
tonsille, placche di Peyer, appendice e linfonodi
esenteriali.
Il tessuto linfoide associato all’intestino (“gut
associated lymphoid tissue”, GALT) e quello
associato al tratto bronchiale (“bronchus associated lymphoid tissue”, BALT) rappresentano
le prime fonti di difesa contro gli agenti patogeni delle infezioni attraverso le mucose. Inoltre
gli strati superficiali delle mucose contengono
numerose cellule antigene che, al contatto con
gli agenti patogeni, danno via alla risposta immunitaria inducendo una risposta anticorporale
T-mediata.
I difetti del sistema immunitario, innati o ereditari, portano ad una minore resistenza alle
infezioni, ma anche ad una maggiore incidenza
dei tumori maligni.
I pentapeptidi derivati dal timo (timopentina:
Arg-Lis-Asp-Val-Tir) e dalla milza (splenopentina: Arg-Lis-Glu-Val-Tir) hanno una notevole
azione immunomodulante, dove le risposte
immunitarie sono in parte diverse ed in parte
uguali: la timopentina induce una differenziazione della cellula-T, una maggiore sintesi IL-2
ed una rafforzata attività della cellula NK; la
splenopentina induce una differenziazione della cellula T e B e stimola la citotossicità della
cellula NK. Anche in vivo, in esperimenti su
animali e uomini, questi peptidi risultano efficaci. La timopentina attiva prevalentemente la
risposta della cellula-T, mentre la splenopentina agisce sulla componente umorale della
risposta immunitaria e/o induce un’attivazione dei macrofagi e delle cellule precursori del
midollo osseo.
Anche se spesso una risposta immunitaria specifica contro i tumori autologhi è difficilmente
dimostrabile, un difetto primario della cellula-T
significa un alto rischio di ammalarsi di tumore
maligno (es. Sindrome di George). Lo stesso
vale per una maggiore probabilità di sindromi
ereditarie di immunodeficienza.
Negli studi clinici effettuati con la timopentina
e la splenopentina, si sono ottenuti effetti clinicamente importanti dei peptidi, sia nelle patologie tumorali che nelle sindromi di immunodeficienza, nelle malattie autoimmuni ed infettive.
Il gran numero delle possibili applicazioni, oltre
alla buona accessibilità sintetica, motiva l’attuale interesse per queste sostanze. Gli aminoacidi contenuti, ad esempio, in un integratore
come KIMUN®, la cui composizione comprende
il timo e la milza, favoriscono l’assorbimento
dei peptidi nell’intestino e rafforzano l’effetto
sulla risposta immunitaria. Un altro vantaggio
del preparato è che esso viene prodotto sinteticamente e quindi non vi sono problemi di
infezione.
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Prevenzione tumorale
UN NUOVO GRUPPO DI SOSTANZE:
GLI ARABINOGALATTANI
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Le metastasi diffuse sono complicazioni temute nelle malattie tumorali e riducono drasticamente l’aspettativa di vita dei pazienti. Il fegato
è particolarmente a rischio a causa della sua
buona irrorazione sanguigna in quanto le cellule tumorali si diffondono nel corpo solitamente
attraverso la circolazione o il sistema linfatico.
Un terzo di tutti i tumori maligni provoca metastasi al fegato, in caso di tumore intestinale
addirittura il 75% delle metastasi si concentra
sul fegato. A questo proposito il legame specifico delle strutture superficiali delle cellule
tumorali contenenti galattosio alla lectina galattosio-specifica è di fondamentale importanza. Questo legame può essere sfruttato per
un nuovo utilizzo ai fini della prevenzione delle
metastasi: l’arabinogalattano, un polisaccaride
contenente galattosio e derivante dal legno di
larice, blocca i recettori e impedisce così il legarsi delle cellule tumorali.
Il fegato porta le cellule danneggiate che presentano galattosio sulla loro superficie, fuori
dal traffico. Le cellule vengono riconosciute
attraverso il legame ai recettori delle cellule
epatiche e quindi eliminate. Le cellule tumorali vengono attivate alla suddivisione tramite il
contatto cellulare. In prove su cavie l’arabinogalattano ha bloccato il legame delle cellule tumorali nel fegato fino al 90%. Inoltre il principio
attivo stimola il sistema immunitario a favore
della prevenzione del carcinoma colorettale.
L’integratore alimentare a base di arabinogalattano GALASYN® riunisce questi tre vantaggi è può essere utilizzato come prevenzione e
coadiuvante nelle terapie. Particolarmente importante è l’intervento prima, durante e dopo
l’intervento programmato all’intestino, quando
eventualmente le cellule tumorali arrivano nel
circolo sanguigno. Nella cura in convalescenza
possono essere utili dei cicli di cura regolari, ad
esempio due volte all’anno.
RIASSUNTO: INTEGRATORI
ALIMENTARI NELLA TERAPIA
ONCOLOGICA
Gli integratori alimentari non sono per definizione un sostitutivo di un’alimentazione equilibrata
né un’alternativa alle terapie standard riduttive
del tumore che vengono effettuate in modo competente ed efficace. Possono tuttavia sostenere
e garantire lo svolgimento di processi funzionali
biochimici, come indicano gli esempi citati. Il loro
impiego deve tuttavia essere utilizzato in misura
ragionevole, da un lato per motivi economici, ma
anche per la compliance del paziente.
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