Storia del Futuro (História do Futuro)

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Storia del Futuro
un film Caucaso
diretto da Enrico Masi
Caucaso soc. coop.
Via dè Poeti, 1/6 - 40124 - Bologna, Italia
[email protected]
Studio: +39 051 095 08 23
Mobile: +39 349 29 02 672
in copertina: Vista do Outeiro da Gloria, Autore Sconosciuto.
História do Futuro
Racconti di utopia dal Brasile olimpico
Storia del Futuro (História do Futuro)
Documentario, Italia/Brasile 2016
La dispersione della comunità di Vila Autodromo e la rimozione
dell’Università Indigena all’interno di Aldeia Maracanà, diventano il
pretesto per comprendere l’impatto dei Grandi Eventi nel Brasile
contemporaneo.
Le prime Olimpiadi dell’America del sud avvengono a Rio de Janeiro,
metropoli simbolo del turismo, a due anni di distanza dai discussi mondiali di calcio, alla vigilia dei quali grandi manifestazioni di protesta
avevano scosso la società brasiliana.
Il documentario prende il nome da un antico libro del millenarista
Antonio Vieira, gesuita portoghese (1608-1697), che dedicò gran parte
della propria vita per catechizzare i nativi brasiliani. Il gesuita visse a
Roma per lunghi anni, dove produsse una grande quantità di sermoni
e opere di evangelizzazione.
Vieira dovette difendersi nei confronti dell’inquisizione a fronte
dell’accusa di eresia. L’opera, considerata uno dei capitoli più
inquietanti della cultura barocca, venne pubblicata postuma nel 1718.
Racconta la storia a venire di un impero, che dominerà il mondo e
sbalordirà per il proprio prestigio. Questo impero, secondo l’autore, si
sarebbe avverato al di là dell’Atlantico, in Brasile.
Nell’Immagine: Una donna tra i resti di Vila Autodromo,
nel quartiere di Jacarepaguà.
Vila Autódromo è una comunità utopica di Rio de Janeiro.
Nata come colonia di pescatori stanziati vicino alla laguna di Jacarepaguà, grazie alla
quale si alimentavano, alle spalle del nuovo quartiere residenziale della Barra da Tijuca. Ai pescatori si unirono gruppi di sindacalisti perseguiti dalla dittatura, giunti qui
durante gli anni del regime militare (1964-1985).
La comunità è oggi in stato di demolizione, a causa della nascita del parco olimpico,
nato sulle macerie dell’autodromo storico. Oggi l’area di Jacarepaguà è protagonista
di un piano di rigenerazione urbana che coinvolge un ampio complesso di servizi
commerciali e infrastrutture, oltre ad una possibile bonifica della laguna stessa; le
Olimpiadi sono un acceleratore di questo processo.
Inalva Mendes Brito giunse qui con la propria famiglia e qui decise di restare, insegnando e promuovendo uno sviluppo differente della comunità. Oggi Vila Autodromo
non esiste quasi più. La casa di Inalva è stata demolita nel giugno 2013, mentre lei si è
trasferita a 150 chilometri nell’interno dello stato di Rio de Janeiro, dove si è inserita
in una comunità rurale. Controverso il processo di espropriazione, compensazione e
successiva rimozione, avvenuto dopo la vittoria di un premio come miglior progetto
di adattamento alla pianificazione spaziale delle Olimpiadi. Robson, descrive quel che
resta della propria comunità, paragonandola ad una zona di guerra. Racconta del giorno in cui sono intervenute le ruspe; ammette l’impossibilità di studiare tra le macerie
e di essere pronto ad affrontare, insieme alla madre, la demolizione definitiva.
Nell’Immagine: Un bambino gioca
tra le case di Vila Autodromo.
Aldeia Maracana è una esperienza unica di resistenza culturale, sviluppata all’interno dell’Antico Museo do Indio, edificio coloniale attiguo allo stadio Maracana,
dove ha avuto sede una Università indipendente ed interamente dedicata alla cultura
dei nativi brasiliani.
Urutau Guajajara è uno dei leader dell’Università. Ha vissuto con la propria famiglia all’interno del palazzo, attivando laboratori linguistici, coordinando le attività
di scambio e studio; il ruolo di Aldeia Maracana è stato esemplare nella promozione
della cultura indigena e del suo significato simbolico incalcolabile.
Oggi l’Università è stata rimossa; Urutau si è spostato a nord, nel quartiere di
Tomas Coelho, dove ha ricreato uno spazio comunitario all’interno di una ex stazione dell’elettricità, in cui vive insieme ad altre cinque famiglie. Urutau ha dedicato
questo stabile alla memoria di suo padre, istituendo di fatto un nuovo punto di
riferimento nell’area di conflitto in cui sorge.
Il suo racconto ci consegna la testimonianza dello sterminio in atto nei confronti
delle popolazioni indigene, che passa attraverso la cancellazione delle lingue native.
Esiste un nuovo Museo do Indio nell’area centrale di Botafogo. Josè Carlos Levinho è
il direttore di questo ente, il quale concentra i propri sforzi nella salvaguardia della
cultura dei nativi, riproducendo in forma scritta lingue che corrono il rischio di estinguersi insieme alla scomparsa dei suoi ultimi parlanti. Il concetto di futuro, per
alcune popolazioni autoctone, non prevede un termine di traduzione.
Nell’Immagine: Antico Museo do Indio,
sullo sfondo dello Stadio Maracana.
Il progetto
The Golden Temple - Olympic Regeneration of East London, presentato in
anteprima mondiale alle Giornate degli Autori nel 2012, è un documentario
di ricerca ambientato a Londra durante l’ultimo anno prima delle Olimpiadi.
Percorrendo il perimetro del villaggio olimpico, nascono un film e un
metodo di lavoro che il gruppo Caucaso ha portato avanti negli anni,
un’esplorazione sistematica che diventa indagine filmica, utilizzando gli
strumenti dell’antropologia visuale. Ora è il momento del Brasile,
che nell’arco di due anni ospita Mondiali di Calcio e Giochi Olimpici.
La natura del film si appoggia su due ricerche: la prima condotta dalla sociologa
urbana Alessandra Maisani nel 2009 sul reparto speciale Choque de Ordem, e la
seconda a partire dal viaggio del regista Enrico Masi nel 2013, durante gli studi
per il dottorato in Scienze Pedagogiche, indagando sul tema della resistenza
abitativa e dell’impatto dei grandi eventi sulla realtà urbana.
Storia del Futuro affronta il tema della neutralizzazione, intervenendo nel dibattito sull’autenticità e sullo sfruttamento delle risorse in relazione alla questione
indigena, la cui progressiva scomparsa, oltre ad un inestimabile danno culturale, lascia un vuoto pericoloso anche in termini ambientali, essendo il popolo
indigeno custode designato dell’ambiente tropicale. Per farlo individua nelle
popolazioni indigene urbanizzate e nelle comunità che subiscono l’urto derivato dalla costruzione del cantiere olimpico, i nuovi oppressi freireiani.
Quella di Paulo Freire è stata una delle voci più importanti nella Pedagogia del
XX secolo. Il suo libro La Pedagogia degli Oppressi, scritto in esilio e pubblicato
nel 1968, è stato diffuso e tradotto in tutto il mondo. Nel 1989, il filosofo nordestino, tenne a Bologna una importante serie di interventi pubblici, in occasione
delle celebrazioni per l’VIII centenario di quella che viene considerata l’Università più antica del mondo: Alma Mater Studiorum.
Il ritrovamento di alcune videocassette che contengono gli interventi di Freire,
all’interno degli archivi del Dipartimento di Scienze dell’Educazione, ha contribuito alla valorizzazione di una testimonianza unica, e allo sviluppo dell’impianto drammaturgico di questo documentario.
Nell’Immagine a destra: Quartieri settentrionali di Rio.
Approccio Visuale e Teoretico
Il documentario utilizza diversi formati, che raggiungono una coerenza confrontandosi con un tema complesso come può essere quello della
realtà brasiliana. La ricerca primaria nasce da un reportage fotografico,
realizzato interamente in analogico con Rolleiflex medio formato 6x6 e
Canon piccolo formato, con ottiche Zeiss.
Le immagini in movimento sono state realizzate utilizzando il nastro
magnetico, pellicola 16mm a varia sensibilità (250 e 500 asa) con una
cinepresa Bolex-Paillard, oltre a vari formati digitali.
Lo studio della realtà metropolitana di una città come Rio de Janeiro
prevede il confronto con una luce tropicale, oltre alla presenza dell’oceano Atlantico e dei grandi vulcani primordiali, monumenti naturali imprescindibili, archetipo e stereotipo dell’immaginario carioca. Ho cercato di
raccontare la realtà di Rio privilegiando punti di vista nati dall’osservazione degli immensi margini urbani, che sono diventati protagonisti della
narrazione.
Le parole del filosofo Paulo Freire trasformano l’immaginario brasiliano
in una grande metafora che ci permette di parlare dell’attualità e delle
ripercussioni che un evento come le Olimpiadi provoca sugli abitanti e
sulla città che le riceve. L’immagine del film è anche un discorso, che a sua
volta possiede precise caratteristiche narrative, talvolta fiabesche, talvolta critiche. Le parole dei personaggi in parte ricostruiscono la propria storia personale, in parte partecipano all’avverarsi di un racconto collettivo,
che vorrei definire magico.
Nel suo essere specchio di una trasformazione globale, la realtà conflittuale di Rio de Janeiro trasmette quella battaglia per la conservazione
della lingua, che significa mantenimento e perpetuazione della cultura
autoctona degli Indios, che ancora abitano questa terra promessa, questo
gigante sconosciuto.
Pagina precedente: Operaio al lavoro nell’ampliamento della panoramica Niemeyer.
Nell’Immagine a destra: Central do Brasil
Gli Autori
Caucaso è un gruppo di autori attivo nel cinema di ricerca. Collabora stabilmente con Università di Bologna e altre istituzioni, producendo filmati e documentari, utilizzando gli strumenti dell’antropologia visuale. Nel 2015 Caucaso
è riconsciuta come spin-off accreditata di Alma Mater Studiorum - Università di
Bologna, in qualità di centro studi operativo nella produzione cinematografica
e nella formazione, mantenendo aperta la ricerca di un linguaggio espressivo
trasversale, con un focus particolare sul tema delle contaminazioni nella Postmodernità.
Enrico Masi (1983) è un musicista e regista italiano. Fondatore di Caucaso nel
2004, con cui ha scritto, diretto e realizzato film, eventi e performance tra l’Italia e l’Europa. Dal 2008 lavora come regista e ricercatore nel Dipartimento di
Scienze dell’Educazione dell’Università degli Studi di Bologna, utilizzando l’antropologia visuale come metodologia di ricerca. Attualmente impegnato nella
fase conclusiva della ricerca di dottorato dal titolo Impatto pedagogico e sociale
dei grandi eventi.
Stefano Migliore (1984) è giornalista radiofonico, musicista e autore.
Dal 2008 è ideatore e conduttore di trasmissioni radiofoniche, dal reportage di
approfondimento a rubriche culturali. Dal 2009 è presidente di Associazione
Culturale Caucaso, con cui scrive e produce documentari di ricerca slezionati
nei principali festival italiani ed internazionali. Nel 2013 è curatore del sito educazioneantimafia.unibo.it, da cui nasce il documentario Muro Basso, trasmesso
da Rai Storia e RSI. Dal 2015 è presidente di Caucaso Società Cooperativa.
Nell’Immagine a destra: Costa da Vidigal.
Pagina precedente: Praça Tiradentes nel quartiere di Lapa,
monumento che rappresenta i quattro principali fiumi del Brasile.
Credits
Documentario, Italia/Brasile - 55’ - 2016
una produzione Caucaso
soggetto Alessandra Maisani, Enrico Masi
sceneggiatura Enrico Masi, Stefano Migliore
regia Enrico Masi
interpreti Inalva Mendes Brito, Urutau Guajajara
Robson Santos, Fernando Mauà, Josè Carlos Levinho
con il contributo speciale di Paulo Freire
liberamente ispirato a Historia do Futuro, Antonio Vieira (Lisbona, 1718)
supervisione Stefano Croci
assistente alla regia Joao Pedro Amorim
operatori Simone Gambelli, Paolo Muran, Anna Sandrini
montaggio Anna Sandrini, Enrico Masi
edizione Margherita Squaiella
suono presa diretta Stefano Migliore
fonico di mix Jacopo Bonora
produttore Stefano Migliore
assistenti di produzione Davide Rabacchin, Sebastian Sachetti
graphic design assistant Tomas Rigoni
traduzioni Sandra Biondo, Mauro Furlan, Tino Bromme
Milçe Ramalho, Eugenia Valderrama
contributi scientifici Paolo Demuru, Manuela Gallerani, Paulo Thiago de Mello
supervisione scientifica Luigi Guerra, Raffaele Milani, Alfredo Mela
Laura Corazza, Nicoletta Vallorani, Roberto Vecchi
in collaborazione con Università di Bologna
Centro Studi Amilcar Cabral, America Filmes
Caucaso soc. coop.
Via dè Poeti, 1/6 - 40124 - Bologna, Italia
[email protected]
Studio: +39 051 095 08 23
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