La traumatologia dell`estremo cefalico

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La traumatologia dell'estremo cefalico
Autori:
Giuseppe Giudice, Professore associato, Cattedra di Chirugia Plastica Università di Bari,
Responsabile Unità Operativa Complessa di Chirurgia Plastica.
Ha collaborato alla stesura del capitolo: Dott./Dott.ssa Maurizio Cupertino.
Introduzione
I gravi traumatismi cranio-facciali, in particolare quelli conseguenti ad incidenti stradali,
rappresentano la prima causa di disabilità nella popolazione tra (15 e 35 anni), che rappresenta la
fascia di età più produttiva dal punto di vista lavorativo e con più lunga aspettativa di vita.
Proprio in relazione agli incidenti stradali, va sottolineato che questi eventi rappresentano ancora
oggi uno dei problemi sociosanitari ed economici più importanti, in ogni paese del mondo. Nei
paesi industrializzati i traumi della strada costituiscono in genere la prima causa di morte sotto i 40
anni, mentre nei paesi in via di sviluppo, dove la disponibilità dei veicoli è maggiore nell'ambito dei
ceti più abbienti, essi costituiscono una delle principali cause di morte per soggetti particolarmente
qualificati (laureati, tecnici, ecc.).
Il moltiplicarsi delle lesioni cranio-facciali pone notevoli problemi organizzativi dal punto di vista
assistenziale; affinché al traumatizzato si possa praticare una valida terapia, è infatti necessaria una
stretta collaborazione tra vari specialisti chirurghi (Plastico, Maxillo-Facciale, Otorino-Laringoiatra,
Ortopedico, Generale, Oculista), che possono essere chiamati a collaborare in occasione di gravi
traumatismi della strada. In nessun caso appare oggi giustificato un trattamento tardivo delle lesioni
traumatiche facciali, o per mancata o per ritardata diagnosi; non bisogna dimenticare che un
intervento tardivo evolve quasi sempre in gravi danni funzionali di difficile soluzione con
interventi secondari, spesso più complessi e talvolta non coronati da un completo ripristino morfofunzionale ed estetico.
Pertanto quando le condizioni generali lo consentono, è preferibile sottoporre i pazienti, nei centri
specialistici, ad intervento chirurgico immediato entro 24-48 h dal trauma e solo raramente la
ricostruzione viene eseguita più tardivamente (intervento differito).
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Eziologia
Il maggior numero di lesioni ossee a livello del volto si riscontrano nell'ambito di
Incidenti stradali (80%)
Cadute accidentali o provocate
Aggressioni-colluttazioni
Traumi sportivi
Colpi d'arma da fuoco
Estrazioni dentarie complesse
Il sesso più colpito è quello maschile, esposto ad ogni fattore eziopatogenetico in circa l'80% dei
casi.
Nel terzo superiore del volto, è presente l'osso frontale, per la sua conformazione anatomica è molto
resistente alle fratture, invece nel terzo medio del volto più frequentemente coinvolte in un trauma
sono le ossa nasali seguite, in ordine di frequenza, dal complesso malare-zigomatico, dal mascellare
e dall'etmoide.
Inoltre la posizione, la sporgenza e la configurazione anatomica della mandibola rendono quest'osso
particolarmente esposto alla evenienza di una frattura. A causa del numero sempre crescente di
incidenti stradali, la frattura della mandibola è divenuta una delle patologie di più frequente
riscontro nei maggiori centri traumatologici di tutto il mondo.
La presenza di "loci minoris resistentiae" giustifica la differente incidenza delle sedi di frattura:
Collo del condilo ( 35% )
Corpo ( 21% )
Angolo ( 20% )
Regione parasinfisaria ( 14% )
Ramo ( 3% )
Lembo alveolare ( 3% )
Apofisi coronoidea ( 2% )
Altre condizioni predisponenti alla frattura della mandibola sono rappresentate da:
Osteomalacia
Metastasi
Infezione
"Fragilitas ossium"
Tumori benigni/maligni
Cisti-Osteomieliti
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Fisiopatologia
Le fratture dell'osso frontale possono essere:
isolate (squama, seni, tetto o bordo orbitario);
associate a fratture di altri distretti (naso, orbita, etmoide).
Per la sua struttura il frontale è l'osso più resistente dello splancnocranio, per cui una frattura a
questo livello richiede una forza 4-5 volte maggiore rispetto alla forza necessaria a produrre una
frattura a livello dell'osso zigomatico, o delle ossa nasali.
Le fratture della squama frontale sono la conseguenza di un trauma particolarmente violento, che
può comportare il coinvolgimento delle strutture nobili situate in fossa cranica anteriore (lobi
cerebrali frontali).
Le fratture più frequentemente riscontrate si realizano a livello dei "loci minoris resistentiae" quali
il tetto dell'orbita e i seni frontali. Le fratture del tetto orbitario possono verificarsi per meccanismo
diretto (a causa di traumi che coinvolgono direttamente squama, bordo orbitario, seno frontale) o
per meccanismo indiretto (per trasmissione di una forza da zone distanti quali le ossa nasali, l'area
naso-etmoidale, l'osso mascellare).
La frattura dei seni frontali costituisce il 10% circa di tutte le fratture craniche. In 1/3 dei casi il
trauma coinvolge solo la parete anteriore dei seni, nei restanti 2/3 dei casi vi è un interessamento
consensuale del tavolato posteriore e dei dotti. Queste fratture, talvolta clinicamente silenti, devono
essere sospettate in caso di un trauma cranio-facciale e trattate precocemente al fine di evitare
importanti complicanze neurologiche.
Le fratture maxillo-malari-zigomatiche, di rado singole, spesso interessano più punti e più sedi, sì
da realizzare una vera e propria "esplosione" delle strutture ossee. La presenza nel terzo medio di
cavità (orbitarie, nasali, paranasali) importanti dal punto di vista funzionale, fa sì che le strutture
ossee di questo distretto siano molto sottili e particolarmente delicate e fragili, così che un trauma a
livello di questa regione può provocare una grave alterazione dell'euritmia morfologica, funzionale
ed estetica del volto. Per questo motivo la classificazione descritta da Le Fort nel 1943, pur essendo
ancora valida dal punto di vista didattico, necessita, nella pratica clinica, di alcune modifiche.
Attualmente numerosi autori descrivono le fratture in base all'interessamento e coinvolgimento dei
Pilastri Verticali, Orizzontali e Sagittali (Vedi fig. 1) .
1. Pilastri Verticali
o Anteriori o Superficiali (Laterale o Zigomatico-Mascellare; Centrale o Paranasale);
o Posteriore o Profondo (Pterigo-Mascellare).
2. Pilastri Orizzontali o Trasversali
o Barra Sopraorbitaria;
o Barra Sottorbitaria;
o Pomello e arco Zigomatico.
3. Pilastri Sagittale
o Palato.
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Per quanto riguarda la piramide nasale a seconda dell'entità della forza traumatica, il risultato della
frattura può variare da una semplice depressione, allo spostamento di un osso nasale in toto,
associato ad un incurvamento del setto nasale con eventuale frattura dello stesso.
Se la forza traumatica è maggiore, entrambe le ossa nasali possono essere fratturate e dislocate;
questo tipo di frattura si associa costantemente ad una frattura del setto nasale con un dislocamento
dello stesso che provoca una notevole instabilità dell'architettura nasale.
Un grave insulto traumatico diretto al centro del volto, ed in particolare a livello del dorso nasale,
può provocare un arretramento delle ossa nasali e dei processi frontali del mascellare con
sfondamento dello spazio interorbitario e delle cellule etmoidali (fratture naso-etmoidali).
Il contemporaneo interessamento della fronte e della faccia mediale dell'orbita, costituita, nella sua
porzione anteriore, dalla sottile lamina papiracea, causa un ipertelorismo traumatico (aumento della
distanza tra il centro degli occhi) a cui si associa un telecanto come esito del dislocamento dei
ligamenti cantali mediali. Questo è il quadro clinico delle fratture fronto-naso-orbito-etmoidali.
La mandibola, costituita principalmente da osso corticale denso con una piccola quantità di
spongiosa, è un osso molto robusto, ma presenta alcuni "loci minoris resistentiae".
La presenza di un canale che attraversa lo spessore del corpo, terminando a livello del forame
mentoniero, costituisce un punto di debolezza e quindi un frequente sito di frattura. Anche agli
angoli mandibolari, particolarmente sottili ed esposti ai traumi, sono spesso interessati da fratture
soprattutto se, a contribuire alla fragilità della zona, vi è un terzo molare incluso.
Il condilo, in particolare a livello del collo, è la sede più debole di tutta la mandibola. Ciò risponde
allo scopo di difendere il contenuto della fossa cranica media dagli effetti deleteri dell'energia
traumatica trasmessa in questa sede dal condilo in occasione di un trauma.
Difatti, mentre le fratture del condilo rappresentano oltre il 35% di tutte le fratture mandibolari, in
letteratura mondiale sono stati descritti solamente 15 casi di dislocazione endocranica del condilo
mandibolare.
L'edentulia totale o parziale costituisce un ulteriore fattore di indebolimento: con la perdita dei
denti, l'osso alveolare va incontro ad atrofia con gravi alterazioni strutturali della mandibola e
pertanto un paziente edentulo è particolarmente esposto al rischio di fratture.
In base al tipo di trauma le fratture mandibolari possono essere:
dirette: una forza agente sulla mandibola causa una frattura a livello del punto d'impatto.
indirette: l'energia traumatica non si scarica a livello del sito di impatto,ma ad una distanza
variabile da esso o addirittura a livello della zona opposta della mandibola. Un colpo a
livello del mento può provocare la frattura di uno o di entrambi i condili mandibolari; una
frattura del corpo o dell'angolo, risultato di un urto diretto, può essere accompagnata da una
frattura del condilo controlaterale.
La direzione della frattura e il risultato dello spostamento dei frammenti dipendono dal sito di
frattura, dalla direzione della trazione dei muscoli inseriti sulla mandibola e della intensità della
forza di trazione.
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Le fratture mandibolari possono essere dunque classificate come favorevoli e sfavorevoli (Vedi fig.
2) a seconda che i muscoli inseriti sui monconi di frattura tendano ad opporsi o a favorire la
diastasi ossea traumatica.
Favorevoli
o Orizzontali: dirette in basso ed in avanti. Il gruppo muscolare posteriore e quello
anteriore si contraggono in direzioni opposte conferendo stabilità al sito di frattura.
o Verticali: la rima di frattura attraversa la superficie laterale della mandibola
posteriormente e medialmente e dunque la direzione della forza muscolare si oppone
alla dislocazione dei monconi.
Sfavorevoli
o Orizzontali: la direzione della rima di frattura decorre dall'alto verso il basso in
direzione antero posteriore. La contrazione dei due gruppi muscolari antagonisti
scompone la frattura creando diastasi tra i due monconi (Vedi fig. 3) (Vedi fig. 4) .
o Verticali: quando una frattura decorre in direzione postero anteriore e medialmente,
si avrà uno spostamento mediale a causa della trazione mediale dei muscoli elevatori
pterigoidei.
Fig. 1: Pilastri Verticali, Orizzontali e Sagittali del Cranio.
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Fig. 2: Fratture Sfavorevoli (A-C) e Favorevoli (B-D).
Fig. 3: Rx OPT: Frattura scomposta bifocale della mandibola a direzione sfavorevole.
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Fig. 4: Rx OPT: Si noti la riduzione delle fratture mediante placche e viti.
Anatomia della regione
L'osso Frontale
L'osso Frontale è costituito da
una parte verticale: detta squama del frontale, è situata anteriormente alle due ossa parietali,
e si articola con il processo frontale dell'osso zigomatico; presenta le bozze frontali al di
sopra delle arcate sopraccigliari, e tra di esse una superficie leggermente rilevata, la
Glabella;
una parte orizzontale: situata davanti allo sfenoide, forma gran parte del tetto delle cavità
orbitarie. La rimanente parte è formata dalle piccole e grandi ali dello sfenoide.
Posteriormente la parte orizzontale accoglie la lamina cribrosa dell'etmoide. Al limite tra la
faccia esocranica della squama e la porzione orizzontale, si trova sulla linea mediana,
l'incisura frontale che si articola con il margine superiore delle ossa nasali e con il processo
frontale del mascellare. Nella porzione posteriore dell'incisura frontale, in zona mediana, si
reperta la spina frontale che si articola in avanti con le ossa frontali e dietro con la lamina
perpendicolare dell'etmoide.
Al limite tra la faccia esocranica della squama e la porzione orizzontale, si trova sulla linea
mediana, l'incisura frontale che si articola con il margine superiore delle ossa nasali e con il
processo frontale del mascellare. Nella porzione posteriore dell'incisura frontale, in zona mediana,
si reperta la spina frontale che si articola in avanti con le ossa frontali e dietro con la lamina
perpendicolare dell'etmoide.
Ai lati sono presenti i margini sovraorbitari che formano i contorni superiori dell'orbita. Tra i 2/3
laterali e il 1/3 mediale del margine sovraorbitario si trova l'incisura o foro sovraorbitario, che
accoglie l'arteria sovraorbitaria (ramo dell'arteria oftalmica) e il nervo sovraorbitario (ramo della
branca frontale del nervo oftalmico).
Il tetto dell'orbita in zona antero-laterale presenta la fossetta per la ghiandola lacrimale. In zona
antero-mediale si reperta la spina trocleare, inserzione della puleggia di riflessione del tendine
dell'obliquo interno. Medialmente si incontrano le arterie sovratrocleare e dorsale del naso (rami
dell'arteria oftalmica) che perforano il setto orbitario. L'osso frontale presenta una spessa struttura
bicorticale, che lo rende uno delle ossa più resistenti del cranio.
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La porzione centrale inferiore è tuttavia indebolita dalla presenza di due cavità pneumatiche
simmetriche, i seni frontali, la cui ampiezza è variabile. I seni sono tappezzati da epitelio di tipo
respiratorio, che consiste in una membrana monostrato di cellule ciliate e cellule mucosecernenti.
L'osso frontale diviene monocorticale a livello del bordo orbitario, dove si ripiega indietro a
formare il tetto orbitario.
La zona più sottile del tetto orbitario è quella centrale, così come per il pavimento orbitario. Zone di
sottigliezza ossea si rinvengono anche in corrispondenza del pavimento del seno frontale, che forma
la porzione mediale del tetto orbitario. Il periostio del tetto orbitario è fortemente adeso all'osso
anteriormente, ma meno aderente man mano che ci si sposta posteriormente, quindi un'emorragia
sottoperiostea può espandersi questa zona provocando uno spostamento in basso ed in fuori dei
tessuti molli contenuti nella cavità orbitaria.
Il "septum orbitae" si continua nel periostio che ricopre il bordo orbitario superiore, e in basso si
fonde con l'aponevrosi del muscolo elevatore appena al di sopra del tarso. L'osso frontale è
attraversato da "pilastri di resistenza" verticali ed orizzontali che delimitano aree di debolezza (vedi
fig.1, fratture 3° medio: pilastri del cranio).
L'osso Mascellare
E' un osso pari, e contribuisce a delimitare le cavità orbitali, nasali e orali. Le due ossa mascellari si
uniscono in avanti, sotto l'apertura inferiore delle cavità nasali. Il corpo circoscrive un'ampia cavità,
il seno mascellare, che sbocca nel meato medio.
La faccia anteriore prosegue in alto a lato con il processo zigomatico del mascellare, medialmente
con il processo frontale, e in basso con il processo alveolare. Presenta al centro la fossa canina, al di
sopra della quale si reperta il forame infraorbitario, sbocco dell'omonimo canale, attraversato dal
nervo mascellare che poi si divide nei rami terminali.
Il margine anteriore presenta l'incisura nasale che assieme alla controlaterale delimita l'apertura
piriforme delle cavità nasali. Inferiormente e medialmente le due incisure si fondono a formare la
spina nasale anteriore. Il margine superiore o infraorbitario medialmente prosegue nella cresta
lacrimale anteriore del processo frontale e lateralmente nel processo zigomatico.
La faccia mediale forma la maggior parte della parete laterale delle cavità nasali e presenta
un'ampia apertura, lo hiatus mascellare, che immette nel seno mascellare. Davanti allo iato inizia il
canale nasolacrimale che sbocca sotto il cornetto inferiore, cioè nel meato inferiore della cavità
nasale. Nel tratto anteriore della faccia mediale vi è l'incisura lacrimale, che delimita la parete
laterale dell'orifizio d'imbocco del canale nasolacrimale.
La faccia superiore o orbitaria prosegue lateralmente nel processo zigomatico e presenta il solco
infraorbitario che si continua, anteriormente, nel canale infraorbitario. Dal tratto anteriore del canale
infraorbitario si distaccano i canali alveolari anteriori, i quali raggiungono gli alveoli in cui si
articolano gli incisivi e il canino superiori.
Vi decorrono vasi e nervi alveolari anteriori (rami del nervo mascellare). La faccia infratemporale
prosegue in fuori nel processo zigomatico e in basso nella parte posteriore del processo alveolare.
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Nella sua parte inferiore presenta alcuni forami alveolari che immettono nei canali alveolari
posteriori, attraverso i quali passano vasi e nervi alveolari posteriori (rami del n. mascellare)
destinati ai molari.
Il processo frontale presenta una cresta lacrimale anteriore, la quale dirigendosi in basso e in avanti
prosegue nel margine infraorbitario. Dietro la cresta lacrimale c'è una depressione che delimita con
la faccia esterna dell'osso lacrimale la fossa del sacco lacrimale. Questo si prosegue anteriormente
nel canale nasolacrimale. Processo Palatino: forma la maggior parte del palato duro.
La faccia superiore costituisce il pavimento delle cavità nasali; La faccia inferiore trapassa nel
processo alveolare Questo vaso è accolto nel canale pterigopalatino, che si apre nella volta della
cavità buccale. Il margine mediale si congiunge con l'osso controlaterale a formare la sutura
palatina mediana. L'unione dei due processi palatini forma sulla faccia superiore la cresta nasale,
che termina in avanti nella spina nasale anteriore e si articola con il vomere. Il processo alveolare
forma con il controlaterale l'arcata alveolare superiore.
Il Complesso Malare-Zigomatico
E' un osso pari, grossolanamente quadrangolare, che si trova lateralmente al mascellare e si unisce
con il processo zigomatico del temporale formando l'arcata zigomatica. L'osso è attraversato da un
canale ad Y, in cui decorre il nervo zigomatico (ramo del mascellare). Il canale origina dal foro
zigomatico-orbitario (sulla faccia orbitaria dell'osso) e si biforca in due rami, di cui uno si apre sulla
faccia malare, con il foro zigomatico-facciale, l'altro sulla faccia temporale con il foro zigomaticotemporale.
La Piramide Nasale
Il Naso è un rilievo piramidale situato al centro del volto e costituito da cartilagine ed ossa. In esso
si distinguono:
una radice o nasion, posta all'origine del naso tra le due arcate sopraccigliari;
un dorso arrotondato diretto in basso e in avanti che termina con una punta o lobulo;
due facce laterali triangolari, le cui pareti inferiori cartilaginee mobili sono dette ali del
naso;
una faccia inferiore in cui si aprono due orifizi ellittici, le narici.
Lo scheletro nasale esterno è diviso in una volta ossea ed in una volta cartilaginea. La volta ossea è
formata dalle ossa nasali, ossa pari che si articolano l'una con l'altra lungo il dorso e con la spina
nasale del frontale. Lateralmente le ossa nasali si uniscono ai processi frontali del mascellare. La
volta cartilaginea si divide in una parte superiore ed in una inferiore.
Le cartilagini laterali superiori o Triangolari si articolano posteriormente ed in alto con le ossa
nasali. In basso aderiscono all'apertura piriforme tramite una aponeurosi. Lungo il dorso le
cartilagini triangolari sono unite alla cartilagine quadrangolare da un ponte pericondrale.
La volta cartilaginea inferiore è formata dalle cartilagini alari, costituite da una crus mediale e una
crus laterale, unite in un'area chiamata domus. La crus mediale giace immediatamente sotto il sottile
strato di cute della columella.
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La crus laterale è tondeggiante nella sua parte anteriore, formando una concavità verso la faccia
vestibolare delle narici e una convessità esterna. La domus vista dal basso corrisponde all'apice
della narice.
La columella è costituita dalle due Crura mediali, coperte da un sottile strato di cute e sottocute. Le
estremità libere curve delle crura mediali si separano per alloggiare la parte inferiore del setto. Il
setto nasale è costituito da una parte ossea e una parte cartilaginea.
La parte ossea comprende la Lamina Perpendicolare dell'Etmoide cranialmente e il Vomere
caudalmente. La parte cartilaginea è formata dalla Cartilagine Quadrangolare del Setto. Il bordo
anterosuperiore di questa cartilagine è inclinato in basso e in avanti si articola con la Cresta delle
ossa nasali e distalmente con le cartilagini triangolari. Il bordo posterosuperiore si articola con la
lamina perpendicolare dell'etmoide. Il bordo posteroinferiore si articola con il bordo anteriore del
Vomere. Il bordo inferiore si articola con la cresta nasale e con la spina nasale.
L'etmoide
E' un osso impari e mediano, che delimita le cavità orbitarie e nasali. È formato da una lamina
sagittale mediana, la Lamina Perpendicolare o Verticale, incrociata perpendicolarmente da una
Lamina Cribrosa, attraverso la quale passano i filamenti del nervo olfattivo.
La lamina perpendicolare costituisce il segmento superiore del setto osseo, articolandosi in basso
con il vomere. La lamina perpendicolare e il vomere in avanti delimitano una incisura triangolare
che accoglie la cartilagine quadrangolare del setto. Le masse laterali dell'etmoide si trovano tra le
cavità nasali e le orbite, dietro il processo frontale del mascellare; esse contengono le celle o seni
etmoidali, comunicanti con la cavità nasale.
La faccia laterale delle masse etmoidali costituisce la maggior parte della parete mediale dell'orbita
(Lamina Papiracea). I cornetti dividono le cavità nasali in Meati (superiore, medio e inferiore), zone
di sbocco dei seni etmoidali, mascellari e frontali. Il complesso naso-etmoidale è costituito da un
basamento robusto a forma di triangolo ad apice superiore.
Dietro questo triangolo osseo giace lo spazio interorbitario, situato tra le pareti mediali delle orbite
(formate da lamina papiracea e osso lacrimale). Questo spazio contiene il setto nasale e i seni
etmoidali ed è sovrastato dalla lamina cribrosa dell'etmoide (Vedi fig. 5) .
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La Mandibola
E' un osso impari, mediano e simmetrico che si articola con l'osso temporale ed accoglie nell'arcata
alveolare i denti inferiori, è costituita dai seguenti segmenti:
1. Corpo: ha forma di ferro di cavallo con concavità posteriore e presenta:
o una faccia esterna che presenta la sinfisi mentoniera, punto mediano di saldatura di
due primitivi abbozzi ossei che termina in basso con la protuberanza mentoniera. A
livello del secondo dente premolare si osserva il Forame Mentoniero, sbocco del
canale mandibolare, percorso dal Nervo Mentoniero. A livello del secondo e terzo
molare si osserva il Solco Buccinatorio, che dà origine all'omonimo muscolo e segna
il limite tra corpo e ramo;
o una faccia interna che presenta sulla linea mediana in basso la spina mentoniera,
talvolta sostituita dalle Apofisi Geni, quattro rilievi che danno origine ai due
muscoli genioglosso superiormente e ai due muscoli genioioideo inferiormente. Al di
sopra della spina mentoniera si trova la Fossetta Digastrica ove origina il ventre
anteriore del Muscolo Digastrico e in alto e lateralmente la Fossetta per la Ghiandola
Sottolinguale. A livello dei molari c'è una fossetta più grande per la Ghiandola
Sottomandibolare. Al di sopra di quest'ultima si trova la Linea o Cresta Miloioidea,
origine del Muscolo Miloioideo;
o un margine inferiore o base della mandibola, di forma rotondeggiante;
o un margine superiore costituito dal processo alveolare in cui sono scavati gli alveoli
dentari.
2. Rami: si distaccano dalle estremità posteriori del corpo e risalgono formando con queste un
angolo ottuso, presentano:
o una faccia esterna piana, sede di inserzione del Muscolo Massetere;
o una faccia interna, con qualche rilievo per l'inserzione del Muscolo Pterigoideo
Interno. Nel suo mezzo si trova il foro mandibolare che immette nel canale
mandibolare;
o un margine inferiore che è la diretta continuazione del margine inferiore del corpo.
In corrispondenza dell'angolo della mandibola esso si continua nel margine
posteriore, tozzo e rugoso, che risale fino al condilo;
o un margine superiore che presenta due distinti rilievi, il Processo Coronoideo
anteriormente e il Condilo posteriormente, separati dall'incisura della mandibola. Il
Processo Coronoideo ha forma triangolare con l'apice verso l'alto; dà inserzione al
Muscolo Temporale. Il Condilo è un processo articolare formato da Testa e Collo; il
collo presenta sulla superficie interna una fossetta per l'inserzione del Muscolo
Pterigoideo Esterno.
Al fine di comprendere la dinamica degli spostamenti dei monconi ossei in relazione ad un trauma
fratturativo, (Vedi fig. 6) (Vedi fig. 7) è necessario descrivere l'anatomia e la funzione dei
muscoli della mandibola.
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Muscoli Posteriori
Sono comunemente identificati come Muscoli Masticatori. corti e potenti, imprimono alla
mandibola movimenti di sollevamento, protrusione, medializzazione e lateralizzazione.
temporale: si trova nella fossa temporale ed origina dalla cresta temporale inferiore, dalla
parete mediale della fossa temporale, dalla faccia profonda della fascia temporale e dalla
faccia mediale dell'arcata zigomatica. I fasci muscolari convergono su di un robusto tendine
che s'inserisce sul processo coronoideo. La sua contrazione determina spostamento della
mandibola in alto e posteriormente;
massetere: origina dal margine inferiore dell'arco zigomatico e s'inserisce sul margine
inferiore della parete laterale del corpo e del ramo mandibolare; ha la funzione di elevare la
mandibola;
pterigoideo esterno: presenta un capo superiore che origina dalla grande ala dello sfenoide e
un capo inferiore che origina dal processo pterigoideo. I due capi convergono in un unico
muscolo che si porta lateralmente e indietro per inserirsi sulla fossetta pterigoidea del collo
del condilo. Sposta la mandibola in avanti e verso il lato opposto;
pterigoideo interno: origina dalla fossa pterigoidea e s'inserisce sulla faccia mediale
dell'angolo e del ramo mandibolare. Sposta la mandibola in alto e in avanti.
Muscoli Anteriori
Sono preposti all'apertura della bocca e quindi all'abbassamento della mandibola, sono rappresentati
dai Muscoli Sovraioidei.
digastrico, teso tra il processo mastoideo del temporale e la fossetta digastrica della
mandibola. Presenta un ventre anteriore e uno posteriore, connessi da un tendine intermedio;
stiloioideo, al di sopra davanti al ventre posteriore del digastrico. Origina dal processo
stiloioideo e si porta in avanti, in basso e medialmente, inserendosi sul grande corno dello
Ioide;
miloioideo, lamina quadrilatera posta al di sopra del ventre anteriore del Digastrico. Origina
dalla linea miloioidea della mandibola e s'inserisce sulla faccia anteriore dell'osso Ioide;
genioioideo, al di sopra del muscolo miloioideo. Origina dalle apofisi geni o dalla spina
mentoniera e s'inserisce sulla faccia anteriore dell'osso Ioide.
Fig. 5: Triangolo Naso-Etmoidale.
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Fig. 6: Azione muscolare sui monconi di frattura.
Fig. 7: Azione muscolare sui monconi di frattura.
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Anatomia patologica
Le fratture del massiccio facciale possono essere:
semplici, quando la rima di frattura decorre linearmente;
multiple quando sono presenti più rime di frattura;
comminute quando un trauma particolarmente violento provoca una frammentazione ossea;
chiuse quando non vi è soluzione di continuità dei tessuti molli sovrastanti il focolaio di
frattura;
esposte quando il focolaio di frattura è esposto all'esterno dei tegumenti oppure verso la
cavità orale;
parziali quando la linea di frattura non attraversa a tutto spessore il segmento
osseo,frequenti in età pediatrica, ad esempio le fratture a legno verde a carico delle ossa
nasali;
complete quando la rima di frattura divide in due o più parti il segmento osseo;
composte quando i monconi rimangono tra loro ben affrontati;
scomposte quando vi è un dislocamento dei monconi per la dinamica stessa del trauma o a
causa delle forze muscolari antagoniste;
complicate per sovrapposizione di processi infiammatori o di altri processo morbosi.
Clinica
Nelle fratture dell'osso frontale si può osservare clinicamente:
edema della regione frontale e sopraccigliare
aree depresse, soprattutto nel caso di fratture dei seni frontali
ecchimosi e/o ematomi congiuntivali e palpebrali, in particolare in presenza di una frattura
del tetto orbitario
alterazioni del profilo del sopracciglio (reperto poco comune a causa dell'edema dei tessuti
molli, generalmente imponente)
lacerazioni corneali o lesioni del globo oculare la cui valutazione, di estrema importanza ai
fini prognostici, deve essere effettuata da parte dello specialista oftalmologo
dislocamento del globo oculare in basso ed in fuori, con difficoltà alla completa chiusura
dell'occhio e conseguente esposizione corneale; questo segno clinico è caratteristico di una
frattura scomposta del tetto orbitario
ptosi palpebrale conseguente a paralisi del muscolo elevatore della palpebra;
La presenza di frammenti ossei può ostacolare i movimenti dei muscoli elevatore della palpebra e
retto superiore; talvolta vi è un vero e proprio incarceramento dei ventri muscolari tra i monconi di
frattura. La paralisi può essere causata anche da un coinvolgimento del terzo nervo cranico per
compressione esterna (ematoma, frammento osseo) o per danno diretto.
Sindrome della fessura orbitaria superiore: è una concomitanza di segni e sintomi che
evidenziano una frattura del tetto orbitario sino alla fessura orbitaria superiore, canale di
passaggio del III, IV, VI nervo cranico e della branca oftalmica del V nervo cranico. Questa
sindrome è caratterizzata da paralisi dell' elevatore, del retto superiore, del retto
inferiore,dell' obliquo inferiore (innervati dal n. oculomotore), dell'obliquo superiore
(innervato dal n. trocleare), del retto laterale (innervato dal n. abducente). Inoltre il
coinvolgimento della branca oftalmica causa anestesia del sopracciglio, della palpebra
superiore, della glabella e dell'emifronte.
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Sindrome dell'apice orbitario: l'associazione della cecità alla sindrome della Fessura
Orbitaria Superiore implica il coinvolgimento del forame ottico, punto di passaggio del n.
ottico, nel danno fratturativo
Ipoestesia nel territorio di distribuzione del n. sovraorbitario (ramo del n. oftalmico), nel
caso di fratture del margine orbitario superiore che coinvolgano il forame sovraorbitario.
Nella maggior parte dei casi l'ipoestesia è reversibile, essendo causata da una semplice
contusione nervosa o da una compressione ab estrinseco da edema dei tessuti molli
Esoftalmo pulsante: nel caso di fratture del tetto orbitario con grave dislocazione dei
frammenti, il globo oculare, oltre ad essere dislocato in basso e protruso, riflette visibilmente
le pulsazioni cerebrali.
Liquorrea, per comunicazione della fossa cranica anteriore con la cavità orbitaria o con le
cavità nasali e paranasali.
Segni neurologici da interessamento dei lobi frontali, quali alterazioni dello stato di
coscienza, disorientamento spazio-temporale, sino al coma.
Nelle fratture Fronto-Naso-Orbito-Etmoidali, l'osso frontale è spesso coinvolto nell'ambito di un
trauma che colpisce la regione naso-orbitaria. Spesso una frattura di questo genere viene
erroneamente diagnosticata e quindi trattata come una semplice frattura nasale. Per diagnosticare
correttamente una frattura fronto-naso-orbito-etmoidale ci si deve avvalere di un attento esame
clinico volto a valutare la presenza dei seguenti segni clinici che possono associarsi a quelli propri
della frattura del frontale. Clinicamente si può osservare:
depressione della sutura fronto-nasale o di altre aree della regione frontale;
asimmetria dei globi oculari;
ipertelorismo;
liquorrea per sfondamento delle celle etmoidali o dei seni frontali;
epistassi per rottura delle branche anteriori o posteriori dell'arteria etmoidale;
mobilità patologica dei frammenti ossei;
crepitio per sfregamento dei frammenti eo presenza di enfisema sottocutaneo;
dolore spontaneo e/o alla palpazione;
enoftalmo a causa del dislocamento del canto interno dovuto allo spostamento mediale del
processo frontale dell'osso mascellare; i globi oculari vanno incontro ad un abbassamento ed
un arretramento associato a diplopia (visione doppia);
naso a sella tipico delle fratture bilaterali successive ad un impatto a livello del ponte del
naso; la radice del naso è dislocata in basso e/o in dietro e ciò provoca la caratteristica
rotazione all'insù della punta del naso con successiva trazione del filtro del labbro superiore;
telecanto (distanza intercantale maggiore di 35 mm) a causa di una dislocazione del
ligamento cantale mediale che può rimanere attaccato ad un frammento osseo del processo
frontale del mascellare oppure essere totalmente disinserito; questo segno clinico può non
essere visibile subito dopo il trauma poiché mascherato dall'intenso edema dei tessuti molli,
ma può essere rilevato palpatoriamente attraverso il riscontro di un'aumentata tensione della
cute adiacente che provoca un'accentuazione del solco naso-palpebrale;
lesioni oculari sino ad un vero e proprio scoppio del bulbo per traumi particolarmente
intensi;
disgiunzione cranio-facciale (frattura di LeFort III) tipico delle fratture bilaterali, il paziente
presenterà una caratteristica facies allungata.
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Nelle fratture Maxillo-Malare-Zigomatiche si può osservare clinicamente:
diplopia: spesso mascherata subito dopo il trauma dall'edema intra eo periorbitario che può
mantenere per alcuni giorni i globi oculari in asse; si può rilevare invitando il paziente a
guardare verso l'alto e l'esterno, omolateralmente al lato leso;
enoftalmo: conseguente al prolasso nel seno mascellare del contenuto orbitario, compare più
tardivamente causando la falsa ptosi della palpebra superiore;
morso aperto postraumatico: con tale definizione si intende la perdita della normale
occlusione dentaria (malocclusione) successiva alla trazione esercitata indietro dal muscolo
pterigoideo esterno, con un'inversione completa dei rapporti occlusali; è il sintomo più
costante nelle fratture del mascellare;
allungamento e appiattimento della faccia con depressione della piramide nasale e delle
regioni zigomatiche, unitamente alla deformazione della regione orbitaria;
edema ed ecchimosi sottocutanee: possono interessare le palpebre o estendersi a tutto il
volto;
epistassi: conseguente a lacerazione della mucosa del naso o del seno mascellare, e/o a
rottura delle arterie Sfenopalatine;
liquorrea nasale: specie nei casi in cui coesiste una frattura etmoidale. La presenza di
glucosio nella secrezione nasale è segno di certezza della sua provenienza endocranica;
dolore: è il sintomo costante, esso può essere esacerbato dalla palpazione dei focolai di
frattura eo durante i movimenti di deglutizione;
ecchimosi endorali sottomucose;
mobilità patologica: del margine orbitario superiore eo inferiore e della sutura fronto-malare
alla palpazione bimanuale intra- ed extraorale (mentre si afferra tra pollice ed indice il
margine inferiore del mascellare superiore imprimendo a questo delicati movimenti, con
l'altra mano si cerca di apprezzare la mobilità dei singoli focolai di frattura per determinarne
la sede ed il numero).
ostruzione orofaringea: da parte di corpi estranei liquidi (vomito,sangue, saliva) o solidi
(terriccio, denti, protesi dentarie, frammenti di osso);
retroposizione della lingua: soprattutto quando vi è una frattura bifocale parasinfisaria della
mandibola che provoca una retroposizione del mento e dunque una perdita dell'ancoraggio
anteriore della lingua;
occlusione dell'orofaringe: da parte del palato molle per dislocamento posteriore dell'osso
mascellare;
emorragia sottosclerale: d'intensità variabile;
discontinuità dei margini orbitari: alla palpazione;
dislocazione/infossamento del pomello e dell'arco zigomatico;
limitazione dell'apertura della bocca: in caso di frattura con infossamento dell'arco
zigomatico per l'interferenza dello stesso con l'apofisi coronoide della mandibola (Vedi fig.
8) (Vedi fig. 9) .
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Nelle Fratture Nasali si può osservare clinicamente:
Dolore: spontaneo e alla palpazione;
Epistassi: mono- o bilaterale;
Ecchimosi: a livello della palpebra inferiore;
Deformità della piramide: a "C" o a "S";
Edema;
Crepitio: alla palpazione.
L'esame radiografico principale è l'RX delle ossa nasali, seguito da una Rx cranio in triplice
proiezione (P-A, L-L, Vater). Una TAC cranio consente una completa visualizzazione delle fratture.
Nelle fratture mandibolari si può osservare clinicamente:
Malocclusione: con questo termine generico viene indicata qualsiasi condizione di
alterazione della normale occlusione dentaria. La malocclusione può essere ben evidente
presentandosi con vari quadri, oppure può essere semplicemente un sintomo soggettivo del
paziente, che avverte e riferisce di "non chiudere la bocca normalmente, come al solito". Nel
caso di una frattura bicondilare scomposta si realizza una diminuzione dell'altezza verticale
posteriore di ambedue i rami mandibolari, per effetto del dislocamento dei due condili; ciò si
manifesta clinicamente dal punto di vista occlusale con un Morso Aperto Anteriore o Open
Bite e con impossibilità del paziente a chiudere la bocca. Il suddetto quadro occlusale è il
risultato dell'azione dei muscoli pterigoidei, temporali e masseteri sui monconi di frattura.
Un morso aperto traumatico può essere anche il risultato di una frattura bilaterale del corpo
mandibolare, con andamento sfavorevole, poiché i muscoli sovraioidei esercitano una forza
di trazione verso il basso del segmento mandibolare posto medialmente al sito di frattura. In
una frattura Monocondilare l'alterazione strutturale e la disfunzione muscolare si
manifestano a livello occlusale con un morso aperto controlaterale alla lesione, con un
Cross-Bite omolaterale ed una laterodeviazione della linea interincisiva inferiore verso il
lato della lesione, dovuti alla riduzione monolaterale dell'altezza verticale del ramo
mandibolare.
Edema ed Ecchimosi: talvolta le ecchimosi possono lasciare il posto ad un vistoso ematoma
che si estende anche a livello del pavimento della bocca.
Deformità del volto: oltre che per la tumefazione anche imponente dei tessuti molli,
l'alterazione dell'euritmia del volto può essere notevole nel caso di fratture scomposte con
dislocazione dei monconi; i vari quadri occlusali si ripercuotono sulla morfologia del volto
in maniera variabile (bocca aperta, laterodeviazione mandibolare, asimmetria).
Crepitio: dovuto allo sfregamento dei monconi di frattura e alla presenza di bolle
enfisematose a livello dei tessuti molli.
Fetor Oris: causato dalla impossibilità del paziente a deglutire, indice di una emorragia
endorale.
Scialorrea: il paziente evita ogni movimento di deglutizione, che gli provoca vivo dolore; la
secrezione salivare è inoltre aumentata a causa della stimolazione dolorosa delle ghiandole
salivari.
Dolore spontaneo eo alla palpazione.
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L'esame clinico prosegue con la palpazione bimanuale volta al rilevamento della sede di frattura e
della mobilità dei monconi.
Nelle fratture condilari si può osservare clinicamente:
Malocclusione;
Limitazione funzionale nei movimenti di apertura e chiusura della bocca;
Dolore spontaneo e alla palpazione a livello dell'ATM;
Asimmetria del volto per alterazione delle dimensioni verticali e sagittali del terzo inferiore;
Crepitio alla palpazione dei focolai di frattura;
Scialorrea.
Fig. 8: TAC Cranio: Si noti la frattura dell'arco zigomatico con spostamento mediale del
frammento.
Fig. 9: TAC Cranio: Si noti altra scansione della frattura dell'arco zigomatico con spostamento
mediale del frammento.
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Accertamenti preoperatori
La diagnosi strumentale di base delle fratture craniofacciali, consiste in una radiografia del cranio
in triplice proiezione (postero-anteriore, latero-laterale, occipito-naso-mentoniera) volta a
visualizzare strutture quali la squama del frontale, il tetto dell'orbita, lo spazio interorbitario, i
processi frontali del mascellare, il Complesso Orbito-Malare-Zigomatico (COMZ). Di
fondamentale importanza per la diagnosi di queste fratture è la TAC (Vedi fig. 10) (Vedi fig. 11)
(Vedi fig. 12) (Vedi fig. 13) (Vedi fig. 14) (Vedi fig. 15) , con sezioni almeno di 2mm. per le
orbite, in proiezione assiale-coronale rappresenta l'esame strumentale di elezione per
l'individuazione dei siti di frattura e la valutazione del coinvolgimento dei tessuti molli (lobi
frontali, nervi cranici, muscoli oculari, bulbo).
Una corretta diagnosi di frattura mandibolare si basa oltre che su un esame clinico accurato e su
alcuni semplici esami strumentali. L'ortopantomografia (OPT) è il primo accertamento
radiografico da eseguire, in quanto permette l'identificazione della sede, del numero delle fratture e
dello spostamento in senso Verticale dei monconi di frattura. Questo esame fornisce una
panoramica bidimensionale della mandibola ed è spesso affiancato da un Rx cranio in triplice
proiezione che consente di accertare la presenza di dislocazioni ossee anche in senso trasversale eo
sagittale.
Altre metodiche diagnostiche sono costituite dalla stratigrafia dell'ATM e in casi selezionati,
dalla TAC bidimensionale eo tridimensionale (Vedi fig. 16) (Vedi fig. 17) (Vedi fig. 18) e dalla
RMN, che consente di valutare l'eventuale coinvolgimento delle delicate componenti
fibrocartilaginee dell'articolazione temporo-mandibolare.
Fig. 11: Immagine post operatoria, si noti il ripristino morfologico della zona frontale
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Fig. 12: Rx cranio di controllo, si noti la presenza di placche e viti
Fig. 13: Rx cranio di controllo, si noti il ripristino delle dimensioni del seno frontale
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Fig. 14: TAC cranio: fratture multiple e scomposte della regione fronto-nasale;si noti la riduzione
del volume del seno frontale.
Fig. 15: TAC cranio: fratture multiple e scomposte della regione fronto-nasale; si noti la riduzione
del volume del seno frontale.
Fig. 16: TAC 3D: Frattura del condilo mandibolare dx con suo spostamento mediale.
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Fig. 17: TAC Coronale: Frattura del condilo mandibolare dx con suo spostamento mediale.
Fig. 18: Rx OPT di controllo dopo trattamento incruento con bloccaggio intermascellare. Si noti la
riduzione della frattura.
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Principi di terapia chirurgica
Terzo Superiore del Volto
Il trattamento di una frattura dell'osso frontale prevede sempre una riduzione "a cielo aperto"
attraverso una ferita pre-esistente o un'incisione chirurgica. La tecnica che consente un'efficace
esposizione di tutti i siti di frattura è l'approccio coronale.
Questa via d'accesso consente l'approccio terapeutico combinato del Chirurgo Plastico e del
Neurochirurgo, permettendo l'ampia visualizzazione dei loci di frattura, l'esplorazione delle cavità
frontali, il riparo delle eventuali lacerazioni durali, la riduzione delle fratture frontali e la sintesi con
microplacche e viti.
Questa via consente di sollevare lo scalpo, fino all'identificazione dei segmenti ossei fratturati e di
eseguire una dissezione sottoperiostea per isolare interamente i frammenti ossei del margine
orbitario superiore, del processo fronto-zigomtico e del processo zigomatico-temporale. Per non
ledere il ramo frontale del nervo facciale, la dissezione va eseguita tra fascia temporale profonda e
muscolo temporale, avendo cura di sollevare il lembo frontale con una trazione poco traumatizzante
in modo da ridurre i tempi della parestesia peraltro transitoria
Nel caso di fratture intensamente comminute alla rimozione dei frammenti ossei seguirà un innesto
con osso di calvaria a riparo della perdita di sostanza. Una frattura del seno frontale può causare
l'ostruzione del dotto fronto-nasale da parte dei frammenti ossei e conseguente mucocele da
accumulo delle secrezioni della mucosa di rivestimento; il trattamento prevede la rimozione della
mucosa del seno, l'obliterazione dei dotti naso-frontali con materiale autologo (fascia temporale) o
eterologo (idrossiapatite) e la ricostruzione del tavolato osseo frontale (Vedi fig. 19) (Vedi fig.
20) (Vedi fig. 21) (Vedi fig. 22) (Vedi fig. 23) (Vedi fig. 24) (Vedi fig. 25) (Vedi fig. 26)
(Vedi fig. 27) (Vedi fig. 28) (Vedi fig. 29) (Vedi fig. 30) .
Fratture Maxillo-Malare-Zigomatiche
Il trattamento delle fratture maxillo-malare-zigomatiche ha subito nel corso degli anni molteplici
cambiamenti. Il protocollo chirurgico che prevedeva il trattamento isolato delle fratture del
mascellare trascurando la riduzione e la contenzione delle fratture malaro-zigomatiche, provocava
spesso un'alterazione importante dell'eumorfismo facciale con consistente aumento della larghezza
della base ossea e conseguente appiattimento del volto. La peculiare struttura (ossa sottili interposte
a cavità aeree) e la fragilità delle ossa medio facciali, rendono questo distretto estremamente
"dipendente" dalle strutture ossee più resistenti, quali l'osso frontale e la base cranica in alto e la
mandibola in basso. Un accurato riposizionamento di tutte le strutture ossee ed il ripristino dei
pilastri di resistenza e delle dimensioni verticale, sagittale e trasversale è la "chiave" del successo
del trattamento dei queste fratture. A tal fine si rende necessario un protocollo "sequenziale" che
prevede quanto segue (Vedi fig. 31) :
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1. blocco intermascellare e (quando presenti) riduzione e sintesi delle fratture mandibolari, al
fine di ripristinare il diametro sagittale del terzo inferiore e l'occlusione;
2. ampia esposizione delle fratture tramite incisioni coronale, sottopalpebrale ed endorale, in
modo da poter osservare lo stato dell'arco e del corpo zigomatico e le sue relazioni con le
strutture adiacenti. Solo il corretto riposizionamento dell'arco e del corpo zigomatico
permette di ripristinare adeguatamente il diametro trasversale. E' di fondamentale
importanza iniziare la ricostruzione con il riposizionamento dell'arco zigomatico che funge
da guida per la corretta rotazione, proiezione e prominenza del corpo malare-zigomatico.
Qualora siano presenti fratture depiazzate dell'arco con perdita della proiezione anteroposteriore, è possibile far riferimento al corretto allineamento delle rime di frattura a livello
della parete orbitale laterale e sopratutto della sutura fronto-zigomatica (punto chiave), tanto
più che nei traumi centro-facciali questa è meno coinvolta;
3. riduzione e sintesi del piede dello zigomo con il mascellare, (sutura zigomatico-mascellare)
che, specie nei casi di fratture con perdita di sostanza ossea, si trova in posizione arretrata e
provoca l'appiattimento della guancia accompagnato da un lieve enoftalmo. Dopo aver
ridotto e fissato il complesso zigomatico, sarà possibile il riposizionamento del margine
periorbitario nonché dell'altro pilastro verticale centrale o paranasale;
4. riduzione e sintesi delle fratture fronto-naso-orbitarie con riposizionamento dei canti
palpebrali interni.
Tutte le fratture mediofacciali ridotte sono fissate con sistemi di fissazione rigida, solitamente
vengono usate "microplacche" per la sutura-frontozigomatica, il margine laterale dell'orbita e l'arco
zigomatico, e "miniplacche" per il piede del malare (Vedi fig. 32) (Vedi fig. 33) (Vedi fig. 34)
(Vedi fig. 35) (Vedi fig. 36) (Vedi fig. 37) (Vedi fig. 38) (Vedi fig. 39) (Vedi fig. 40) .
Nei casi di fratture maxillo-malare-zigomatiche multiple e comminute associate a lesioni craniofacciali (lesioni fronto-naso-orbitarie, Le Fort III), l'accesso chirurgico migliore, per l'ampia
esposizione delle linee di frattura è quello coronale. Questa via consente di sollevare lo scalpo,
lasciando il periostio adeso all'osso frontale, fino all'identificazione dei segmenti ossei fratturati e di
eseguire una dissezione sottoperiostea per isolare interamente i frammenti ossei del margine
orbitario superiore, del processo fronto-zigomtico e del processo zigomatico-temporale.
Per non ledere il ramo frontale del nervo facciale, la dissezione va eseguita tra fascia temporale
profonda e muscolo temporale, avendo cura di sollevare il lembo frontale con una trazione poco
traumatizzante in modo da ridurre i tempi della parestesia peraltro transitoria.
Nei casi di frattura del margine e/o del pavimento orbitario, un'incisione sottotarsale consente di
revisionare direttamente i siti di frattura, nonché di proteggere in maniera adeguata il globo oculare
durante la fase di ricostruzione, attuata mediante posizionamento di dura madre liofilizzata e/o
innesti di osso autologo (brecce maggiori di 2 o 3 cm2).
Tale via di esposizione chirurgica consente una più facile dissezione delle strutture e l'assenza, nella
nostra esperienza, di edemi post-operatori prolungati e/o ectropion.
Nei casi di fratture del mascellare superiore un'incisione mono o bilaterale del solco vestibolare
superiore, consente previa identificazione del nervo infraorbitario, di isolare completamente i tessuti
molli della faccia dal supporto scheletrico e di esporre completamente i pilastri di resistenza
verticali (paranasali e zigomatico-mascellari) lesionati, riducendo i siti di frattura mediante i sistemi
di fissazione rigida più idonei.
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Ferite a tutto spessore dei tegumenti possono, talvolta, facilitare l'accesso chirurgico alle aree di
frattura, ma raramente possono sostituirsi ai tipi di incisione chirurgica sopra esposti.
I corpi estranei devono essere rimossi tempestivamente. È importante posizionare il paziente in
decubito laterale laddove si sospetti la presenza di liquidi (vomito, sangue) che possono provocare
un blocco laringeo al passaggio dell'aria o un'inondazione dell'albero respiratorio.
La toilette del cavo orale può essere eseguita con l'ausilio di pinze chirurgiche o di un aspiratore,
ma in caso di estrema povertà di mezzi si può ricorrere ad una rimozione manuale. In presenza di
corpi estranei di piccole dimensioni si può procedere ad un lavaggio tracheobronchiale, instillando
50 ml di Soluzione Fisiologica sterile, eliminando così la tosse.
Tale operazione si ripeterà 4/5 volte intervallandola eventualmente con insufflazione di O2 al
100%. In caso di retropulsione del corpo linguale, la lingua dovrà essere risollevata con una pinza
ad anello ed ancorata in modo stabile con un filo di sutura in seta ai denti o alla guancia.In presenza
di una frattura orizzontale scomposta del mascellare con disgiunzione cranio-facciale, tutto il III
medio può essere dislocato indietro ed in basso eo sulla parete posteriore dell'orofaringe, causando
blocco completo della respirazione.
In tal caso si dovrà ricorrere all'intubazione oro-naso-tracheale eo alla tracheotomia. Questa è una
manovra chirurgica (laringostomia) che si effettua in emergenza, al fine di ristabilire la ventilazione
polmonare di un paziente asfittico per ostruzione laringea o sovralaringea.
Con questa procedura si pone la trachea in comunicazione diretta con l'esterno mediante
un'incisione della membrana crico-tiroidea situata tra la cartilagine Tiroidea e la cartilagine
Cricoide. Questa procedura non presenta alcun rischio, in quanto la membrana si trova subito sotto
il piano cutaneo ed è avascolare.
La tracheotomia vera e propria si effettua quando si dispone di tempo maggiore. Si pone il paziente
supino e con il capo iperesteso. S'identificano i primi anelli tracheali e la laringe; si esegue quindi
un'incisione verticale dal margine inferiore della laringe sino al giugulo. Si scollano e si divaricano i
muscoli sottoioidei e l'istmo tiroideo. Si incide il 2° o il 3° anello tracheale. Nella breccia
s'introduce una cannula che viene fissata intorno al collo.
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Fratture Nasali
È possibile ridurre le fratture nasali con una tecnica a cielo coperto, avvalendosi dell'utilizzo di
alcuni strumenti, quali:
pinza di Walsham: per manipolare le ossa proprie del naso e i processi frontali del
mascellare;
pinza di Asch: per manipolare il setto nasale.
La parte piccola della pinza di Walsham è inserita nel naso e la parte larga è applicata esternamente
per sollevare il lato del naso verso il canto medio, parallelamente al processo frontale del
mascellare. La radice del naso dovrebbe essere pinzata tra pollice e indice di una mano e l'altra
mano dovrebbe operare la riduzione con i suddetti strumenti. Per raddrizzare il setto si utilizzano le
pinze di Asch, che vengono applicate a ciascun lato del setto. Una delicata pressione consentirà il
modellamento della cartilagine quadrangolare. Dopo la riduzione delle fratture si applica un
Tamponamento Nasale Anteriore (TNA) per 3|5 giorni circa e un gesso di contenzione per 810
giorni.
In caso di lesione dell'arteria Sfeno-palatina, si dovrà procedere all'esecuzione di un tamponamento
nasale posteriore. Questo viene effettuato passando, un catetere di gomma soffice (sondino di
Nelaton), che procede dalla narice fino all"orofaringe, al disotto del velo molle del palato. Dopo
averlo afferrato con una pinza, lo si estrae dalla bocca e lo si lega a un filo di seta, a sua volta
collegato ad un tamponcino di garza di forma cilindrica. Estraendo la sonda di Nelaton dalla fossa
nasale, il tampone viene introdotto in bocca e fatto passare posteriormente al velo pendulo. In tal
modo il tampone si troverà impegnato nello sbocco coanale e dalla narice emergerà il filo legato al
Nelaton. Si procede poi al tamponamento nasale anteriore bilaterale e, al termine di questo, i due fili
emergenti dalle narici vengono legati tra loro. Anche in questo caso il tamponamento viene
mantenuto per un periodo non superiore a 4/5 giorni.
Fratture Mandibolari
Il trattamento di una frattura mandibolare deve mirare al raggiungimento di 3 obiettivi principali:
Normocclusione;
Funzionalità masticatoria
Euritmia del volto.
Ciò può essere ottenuto solo mediante una corretta riduzione della frattura ed una efficace
contenzione dei monconi ossei riallineati. Il trattamento delle fratture mandibolari può essere
incruento o cruento.
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Trattamento Incruento
Trova indicazione nel caso di fratture caratterizzate da un modesto spostamento dei monconi ossei e
per le fratture del collo del condilo. Tale trattamento consiste in un blocco intermascellare effettuato
dopo aver ripristinato una massima intercuspidazione e dunque una occlusione accettabile. La
durata del blocco suddetto va dalle 2 alle 3 settimane.
Il blocco intermascellare prevede il posizionamento di una ferula su ciascuna arcata dentaria che
viene fissata mediante l'utilizzo di fili metallici passanti attraverso gli spazi interdentali ed escono
con le due estremità, una sopra e l'altra sotto la ferula stessa.
Ogni estremità del filo viene avvolta l'una all'altra, per rendere la ferula saldamente aderente
all'arcata dentaria. È sufficiente fissare ogni ferula a 4 elementi dentari per ogni emiarcata evitando,
se possibile, l'utilizzo degli incisivi.
Questi denti, infatti, tendono ad estrudere se fissati alla ferula a causa della morfologia conica della
loro radice. La ferula superiore e quella inferiore sono fra loro bloccate mediante fili metallici. È
possibile effettuare anche un Blocco intermascellare elastico, utilizzando elastici per collegare tra
loro le due ferule e ponendo sempre particolare attenzione al ripristino della occlusione.
Trattamento Cruento
Tranne che per quelle del condilo, si rende necessario ed indispensabile ogni qualvolta ci si trovi di
fronte ad una frattura scomposta che comporti un disassamento dei monconi ossei. In questi casi
bisogna procedere sempre all'esposizione del focolaio di frattura "a cielo aperto" e alla osteosintesi
mediante placche e viti di varia forma e dimensione. Un blocco intermascellare può, in certi casi,
costituire una fase del trattamento cruento, stabilendo un'ottima intercuspidazione dentaria
intraoperatoria che favorisce nelle fratture comminute un buon allineamento dei monconi ossei.
L'utilizzo dei sistemi di fissazione rigida è particolarmente indicato nei seguenti casi:
Frattura della mandibola in pazienti parzialmente o totalmente edentuli e quindi non
sottoponibili all'esecuzione di un B.I.M.;
Fratture dell'angolo mandibolare con spostamento dei monconi;
Controindicazioni di origine intrinseca al B.I.M. (insuff. respiratoria).
Lo scopo della osteosintesi con placche e viti è quello di ottenere un'efficace riduzione della frattura
evitando un B.I.M. post operatorio prolungato che può causare:
riduzione della funzionalità dell'ATM;
difficoltà nella ripresa delle funzioni di articolazione del linguaggio e della masticazione;
aggravamento delle condizioni respiratorie di pazienti affetti da una broncopneumopatia
cronica ostruttiva o da una diatesi asmatica.
La validità del sistema di fissazione rigida nel trattamento delle fratture mandibolari è supportato
da numerosi studi che dimostrano come l'utilizzo di tale sistema permette di evitare o di rimuovere
precocemente il B.I.M. al fine di favorire il ripristino di una normale funzionalità della mandibola e
dunque un precoce ritorno del paziente alle sue normali attività sociali e lavorative.
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Attualmente il materiale utilizzato per la realizzazione dei sistemi di fissazione rigida è il Titanio,
scelto per la sua malleabilità, resistenza e biocompatibilità. Le placche e le viti possono avere vario
spessore e dimensioni (placche, miniplacche). Alcuni tipi di placche sono denominate "placche a
compressione" poiché, grazie al disegno eccentrico dei fori centrali, permettono un accostamento ed
una spinta compressiva sui monconi durante l'avvitamento.
Questo sistema offre una maggiore rigidità rispetto alle placche non compressive, ma determina con
maggiore frequenza una sofferenza ossea ischemica a livello dell'inserzione delle viti con
conseguente perdita di stabilità.
Il sistema di fissazione in titanio costituisce un impianto stabile e inerte per l'organismo e dunque
una rimozione della placca a distanza non trova un'adeguata giustificazione. Nondimeno, in
letteratura sono stati descritti casi d'infezione del sito d'impianto, con conseguente formazione di un
tramite a livello della mucosa o della cute.
In questi casi si rende necessario la rimozione della placca e delle viti ed una adeguata terapia
antibiotica per via sistemica. Di recente è stato introdotto nelle pratica clinica un sistema di
fissazione rigida costituito da materiale totalmente riassorbibile in Ac. Polilattico.
Nel trattamento cruento di una frattura mandibolare è possibile usare tre tipi di approccio
chirurgico:
1. Extraorale o Transcutaneo. La scelta di quest'approccio è condizionata dalla presenza di
eventuali soluzioni di continuo concomitanti al trauma osseo; naturalmente, dinnanzi ad un
trauma chiuso, sarebbe preferibile evitare di praticare incisioni cutanee che possono dare
luogo ad esiti cicatriziali a livello del profilo inferiore del viso. Tuttavia l'incisione eseguita
al fine di esporre il focolaio di frattura si rende necessaria in caso d'interessamento del ramo
eo angolo mandibolare, essendo complesse e poco agevoli le manovre di esplorazione del
focolaio attraverso la via endorale. Va sottolineato che l'approccio transcutaneo permette di
ottenere una migliore visuale del campo operatorio. Nell'utilizzo dell'aggressione
transcutanea il chirurgo deve tenere presenti i rapporti che il corpo mandibolare ha con la
branca marginale del nervo Facciale e con l'arteria e le vene facciali. Il suddetto nervo è
responsabile della motilità del labbro inferiore e non essendo fornito di rami collaterali, una
volta sezionato, non potrà recuperare la sua funzione. Il decorso del nervo marginale segue il
margine inferiore dell'angolo e del corpo mandibolare e incrocia i vasi facciali a livello
dell'incisura pregoniale. Conoscendo questi particolari anatomici, l'operatore è in grado di
preservare le suddette delicate strutture.
2. Intraorale è considerato l'approccio standard di inserimento delle placche; si ottiene
mediante una incisione della mucosa a livello del fornice vestibolare inferiore, prestando
massima attenzione ad evitare la sezione accidentale del nervo Mentoniero che causerebbe
l'anestesia dell'emilabbro interessato (Vedi fig. 41) (Vedi fig. 42) (Vedi fig. 43) (Vedi
fig. 44) .
3. Combinato indipendentemente dal tipo di approccio, una volta esposto il sito di frattura
dopo un'attenta dieresi dei tessuti molli con l'ausilio dello scollaperiostio, si esegue la
riduzione attraverso manovre combinate intra- ed extraorali specie nelle fratture comminute
(Vedi fig. 45) (Vedi fig. 46) (Vedi fig. 47) (Vedi fig. 48) (Vedi fig. 49) . I monconi
vengono dunque correttamente allineati, talvolta ricorrendo ad un blocco intermascellare
intraoperatorio; si applicano le placche previo accurato modellamento delle stesse, a ponte
tra i due monconi e le si fissano all'osso mediante viti inserite su un trapano.
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Dopo aver eseguito l'osteosintesi si procede ad una sutura a strati. Bisogna tener presente che le
fratture del corpo mandibolare tendono a scomporsi a seconda del tipo e della direzione d'impatto,
della sede di frattura e delle forze di trazione muscolare.
Sotto sforzo fisiologico si sviluppa una forza di tensione lungo il bordo alveolare e forze di
compressione a livello del bordo inferiore. A livello del corpo mandibolare queste forze provocano
essenzialmente un "momento" di flessione che è più forte verso l'angolo e più debole in
corrispondenza della regione premolare. A livello della sinfisi queste forze creano invece un
"momento" di torsione che aumenta di forza verso la linea mediana. Champy et. coll. (1976-78)
hanno analizzato queste forze utilizzando un modello matematico della mandibola e sono stati in
grado di determinare le linee ideali di osteosintesi in grado di neutralizzare le forze di
disallineamento (Vedi fig. 50) (Vedi fig. 51) .
A seconda della sede di frattura si renderà necessario l'utilizzo di una o due placche; nelle fratture
del corpo e del ramo la sintesi si ottiene mediante una solo placca; nelle fratture dell'angolo
mandibolare e della regione sinfisaria sarà necessario utilizzare due placche al fine di contrastare le
forze torsionali alle quali queste zone sono sottoposte.
Fratture Condilari
Il trattamento delle fratture condilari è abitualmente conservativo. Il trattamento chirurgico viene
riservato a casi in cui si possa ottenere una stabilità cranica solo con una sintesi ossea e in altre
situazioni peculiari. Il trattamento conservativo o incruento prevede, come terapia iniziale,
l'applicazione di un bloccaggio intermascellare per 2-3 settimane, al fine di mettere a riposo il
sistema neuromuscolare e di consentire la formazione del callo osseo. Al blocco segue un periodo di
fisioterapia per ripristinare la funzionalità dell'ATM. Il trattamento chirurgico prevede (Vedi fig.
52) la tecnica della fissazione rigida interna, con placche e viti, o della fissazione rigida esterna,
che utilizza un apparecchio ortopedico esterno, in grado di stabilizzare la posizione dei monconi
ossei dopo la riduzione chirurgica della frattura.
Fig. 19: Trauma complesso con frattura scomposte Fronto-naso-orbito-etmoidale e mandibolari
(trauma panfacciale);
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Fig. 20: Tac pre operatorie, si notino le fratture multiple e scomposte del tavolato frontale, del naso,
dell'etmoide e delle pareti laterali delle orbite;
Fig. 21: Tac pre operatorie, si notino le fratture multiple e scomposte del tavolato frontale, del naso,
dell'etmoide e delle pareti laterali delle orbite;
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Fig. 23: Ricostruzione pavimento orbitario mediante placche, viti e patch di Lyodura;
Fig. 24: Ricostruzione tavolato frontale con placche e viti;
Fig. 25: Ricostruzione tavolato frontale con placche e viti;
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Fig. 26: Rx cranio di controllo, si noti la presenza di placche e viti
Fig. 27: Rx cranio di controllo postoperatorio, si noti la presenza di placche e viti.
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Fig. 28: Immagini post operatorie, si noti il ripristino dell'euformismo
Fig. 29: Immagini post operatorie, si noti il ripristino dell'euformismo
Fig. 30: Immagine post operatoria, si noti la buona occlusione.
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Fig. 31: Ordine sequenziale nella riduzione e sintesi delle fratture maxillo-malare-zigomatiche e
mandibolari (Trauma Panfacciale).
Fig. 32: Trauma complesso del III medio e inferiore del volto con fratture maxillo-malarezigomatiche e mandibolari (Trauma Panfacciale).
Fig. 33: TAC craio pre operatorie: si noti lo squasso maxilla-malare.
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Fig. 34: TAC craio pre operatorie: si noti lo squasso maxilla-malare.
Fig. 35: TAC cranio pre operatorie: si noti l'aumento del diametro trasverso e la riduzione del
diametro sagittale con ripiegamento su se stesso del setto nasale.
Fig. 36: TAC cranio pre operatorie: si noti l'aumento del diametro trasverso e la riduzione del
diametro sagittale con ripiegamento su se stesso del setto nasale.
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Fig. 37: Immagine intra operatoria della ricostruzione dei pilastri mascellari e della mandibola
mediante placche e viti.
Fig. 38: Immagine intra operatoria della ricostruzione dei pilastri mascellari e della mandibola
mediante placche e viti.
Fig. 39: Controllo post operatorio: si noti il ripristino dei diametri sagittale e trasversale.
Fig. 40: Controllo post operatorio: si noti il ripristino dei diametri sagittale e trasversale.
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Fig. 41: Frattura mandibolare bifocale; immagine intraoperatoria.
Fig. 42: Frattura mandibolare bifocale; OPT di controllo.
Fig. 44: Controllo a distanza: buona occlusione.
Fig. 45: Frattura sinfisaria mandibolare; immagine intraoperatoria.
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Fig. 46: Rx Cranio di controllo.
Fig. 47: OPT di controllo.
Fig. 48: Controllo a distanza.
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Fig. 49: Controllo a distanza: buona escursione mandibolare.
Fig. 50: Fratture mandibolari multiple e scomposte.
Fig. 51: Sintesi con placche e viti e fili in acciaio.
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Fig. 52: OPT: Riduzione e sintesi mediante fili: si noti la riduzione della dimensione verticale.
Complicanze
FRATTURE FRONTALI
Complicanze immediate
lesioni encefaliche: spesso associate alle fratture fronto-naso-etmoidali, possono realizzarsi
al momento del trauma o successivamente. Le lesioni espansive cerebrali post traumatiche,
come gli ematomi epidurali, sottodurali o intracerebrali, iniziano a svilupparsi già al
momento dell'impatto e vanno quindi considerate nell'ambito del danno primario associate
ad un edema cerebrale intenso. Le lesioni cerebrali secondarie si sviluppano invece nei
minuti, ore e giorni successivi al trauma ed includono: ipossia, shock, ipertensione
intracranica, edema cerebrale ed disturbi del flusso cerebrale.
Complicanze tardive
mucocele: per ostruzione dei dotti frontonasali da parte di frammenti ossei e
accumulo
delle secrezioni all'interno dei seni frontali;
ascessualizzazione: del mucocele e propagazione del processo infettivo all'osso circostante
(osteomielite) o al contenuto cranico (meningite, ascesso intra/ o extradurale). Nel 60% circa
delle fratture dei seni frontali vi è un interessamento della parete posteriore del seno, con
eventuale lacerazione della dura madre; anche in questo caso, l'interruzione ossea provoca
una comunicazione del contenuto cranico con l'esterno, responsabile di gravi complicanze
infettive. È necessario dunque indagare attentamente una lesione dei seni frontali al fine di
un trattamento precoce che preveda la chiusura della breccia ossea di comunicazione;
esoftalmo: a causa del dislocamento di frammenti del tetto all'interno dell'orbita (fratture
blow-in);
depressione dell'osso frontale: per frattura dei seni frontali.
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FRATTURE MALARE-ZIGOMATICO-MASCELLARI
Complicanze immediate
lesioni del bulbo oculare: il coinvolgimento del globo oculare nel contesto di una frattura
orbitaria complessa è un evento non frequente ma determinante perché influisce
pesantemente sulla prognosi quoad valetudinem del paziente: i traumi oculari possono,
infatti, comportare danni anatomici e/o funzionali gravissimi e permanenti. Secondo
l'USEIR (United Stated Eye Injury Registry) il rapporto maschi femmine nella popolazione
con lesioni traumatiche oculari è 4:1 (80% maschi), l'età media è a 29 anni, la più elevata
frequenza si osserva nella seconda e terza decade di vita.
La sede principale dei traumi oculari più gravi è rappresentata dall'ambiente domestico
(41%), seguono gli impianti industriali (14%) e l'ambiente ricreativo o sportivo (13%),
mentre i vari tipi di arma da fuoco sono responsabili del 12% dei traumi. Nel 16% dei casi il
trauma è secondario ad incidente stradale. Nel mondo occidentale si registrano ogni anno
più di 55 milioni di traumi oculari che limitano l'attività lavorativa per più di un giorno e
sono responsabili della cecità permanente di circa 1.6 milioni di persone (Negrel e
Thylefors). Il trauma bulbare viene distinto in:
o a bulbo chiuso in cui la parete bulbare non presenta una ferita a tutto spessore;
pertanto ci si può riferire sia ad una condizione clinica caratterizzata da un assenza di
ferita (contusione) che ad una ferita parziale della parete (lacerazione lamellare);
o a bulbo aperto in cui la cornea e/o la sclera presentano una ferita a tutto spessore.
Nell'ambito dei traumi a bulbo aperto è possibile distinguere una rottura da una lacerazione a
seconda delle caratteristiche dell'oggetto traumatizzante e delle circostanze:
o
o
un oggetto smusso: trasmette energia su di un ampia superficie con repentino
aumento della pressione intraoculare. Tale forza, passando dall'interno all'esterno,
determina la rottura della parete in un punto di maggiore debolezza. Questo tipo di
trauma si associa spesso ad erniazione dei tessuti;
un oggetto appuntito: determina un trasferimento di energia dall'esterno all'interno,
tale ferita viene ulteriormente distinta in:
1. penetrante, caratterizzata dalla presenza di una sola lacerazione d'ingresso;
2. penetrante con ritenzione di corpo estraneo all'interno della parete;
3. perforante, caratterizzata dalla presenza di due lacerazioni, una d'ingresso ed una di
uscita, in genere causate da un unico oggetto appuntito o da un proiettile.
lesioni del nervo ottico: che possono essere:
o reversibili se dovute a compressioni (ematomi, frammentin ossei)
o irreversibili per lesione diretta completa o incompleta causata da un unico oggetto
appuntito o da un proiettile.
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Complicanze tardive
enoftalmo: può comparire a seguito di una frattura malare-zigomatico-mascellare e orbitaria
ed è dovuto alla perdita dell'integrità di una delle pareti orbitarie, di soliti il pavimento. I
segni di dislocamento postero-inferiore del globo, l'accentuazione della piega sopratarsale e
la ptosi del canto interno possono essere accompagnati da una motilità alterata del bulbo e
da diplopia. La concomitanza di quest'ultimo fenomeno all'enoftalmo, costituisce
l'indicazione principale al reintervento;
diplopia: per dislocazione del bulbo nel seno mascellare se vi è una frattura del pavimento
orbitario, o per incarceramento dei muscoli preposti alla motilità oculare estrinseca (retto
inferiore) fra i monconi di frattura;
telecanto: che è determinato da un aumento della distanza intercantale rispetto ai valori
fisiologici (32-34mm) consegue ad un trauma orbitario centro-facciale. Può essere dovuto a
distrazione o avulsione del legamento cantale o a dislocamento del frammento osseo sul
quale lo stesso s'inserisce;
epifora: per danno al drenaggio lacrimale se vi è una frattura che disgiunge o occlude i
canali di drenaggio lacrimale;
depressione dell'arco zigomatico: la mancata riduzione di una frattura depressa dell'arco
zigomatico può limitare i movimenti della mandibola opponendosi alla escursione del
processo coronoideo;
alterazioni della sensibilità: la frattura del COMZ può comportare danni ai nervi che
attraversano il corpo zigomatico, quali il nervo Infraorbitario, lo Zigomatico-Temporale e lo
Zigomatico-Facciale. Ne deriverà ipoanestesia dei territori di distribuzione dei suddetti
nervi: guancia, labbro superiore, narici, arcata dentaria superiore, regione malare;
deformità del Pomello Zigomatico: un"alterata riduzione di una frattura del COMZ, può
causare depressione del pomello zigomatico con distopia del globo oculare;
infezioni dei seni mascellari: i seni possono accogliere e trattenere materiale contaminato in
occasione di una ferita penetrante. L'infezione dovrà essere trattata rimuovendo con cura il
materiale estraneo (vetro, schegge di legno, asfalto) e sottoponendo il paziente ad una
adeguata terapia antibiotica;
malocclusione: così come nel caso delle fratture mandibolari, la malocclusione è un esito di
un'inadeguata riduzione di una frattura mascellare.
FRATTURE MANDIBOLARI
Complicanze immediate
ostruzione delle vie aeree superiori: questo fenomeno si verifica per caduta all'indietro del
corpo linguale, se il paziente è in stato d'incoscienza a causa della caduta del tono
muscolare, o nell'eventualità di una frattura bifocale parasinfisaria che provochi
l'arretramento del moncone centrale di frattura. Il controllo della pervietà delle vie aeree
superiori può essere ottenuto solo con una trazione anteriore della lingua e dell'eventuale
frammento dislocato; più spesso è necessario procedere all'intubazione del paziente e al
trattamento chirurgico d'urgenza (osteosintesi del frammento);
ematoma: quando la frattura della mandibola si accompagna ad un'imponente emorragia, si
deve procedere alla legatura o al clampaggio dei vasi sanguigni. Un ematoma a livello del
pavimento della bocca può comportare l'ostruzione del passaggio dell'aria a livello
dell'orofaringe, dunque sarà necessario ricorrere alla tracheotomia d'urgenza;
enfisema: anche l'aria penetrata nella compagine dei tessuti molli può provocare ostruzione
respiratoria e quindi rendere indispensabile la tracheotomia d'urgenza.
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Complicanze tardive
malocclusione: questo difetto anatomico/funzionale si verifica quando i denti delle due
arcate perdono il loro naturale contatto. L'insorgenza e la persistenza di un morso aperto o di
un cross-bite a distanza dall'intervento chirurgico può comportare la necessità di un
reintervento;
osteonecrosi: la necrosi ossea a distanza dall'intervento chirurgico può essere dovuta ad
infezione o ischemia. L'infezione può essere dovuta a fattori locali (persistenza di corpi
estranei o di denti non vitali nella rima di frattura, contaminazione delle viti metalliche,
gengiviti preesistenti) o a fattori generali (stato cachettico da politrauma);
mobilità patologica: questa evenienza si verifica a causa di una inadeguata riduzione eo
sintesi della frattura ed è un'indicazione al reintervento;
anchilosi dell"ATM: questa temibile complicanza può presentarsi in caso di frattura del
condilo intracapsulare. Il callo osseo può provocare una progressiva saldatura del condilo
alla sua cavità articolare, con graduale alterazione dei movimenti di apertura della bocca e,
in caso di traumi infantili, causare asimmetria del volto. Casi d'anchilosi bilaterale possono
provocare una grave deformità a "faccia d'uccello";
alterazione della sensibilità: la sezione del nervo mentoniero provoca anestesia permanente
dell'emilabbro omolaterale alla lesione.
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