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MILANO FINANZA
19 Aprile 2008
Salute
RICERCA
La molecola
impedisce
al virus di
integrarsi
nel
patrimonio
genetico
della cellula
Ottimi
risultati in
combinazione con
gli antiretrovirali
di Elena Correggia
Personal
81
Guerra aperta all’Hiv
grazie a raltegravir
U
na molecola innovativa dichiara guerra all’Aids. Si
tratta di raltegravir, il primo farmaco di una nuova classe
appena introdotto in commercio in
Italia, individuato dai ricercatori
dell’Istituto ricerche di biologia
molecolare della Merck & Co. a
Pomezia. La novità è che questa
molecola per la prima volta ha come
bersaglio l’integrasri, uno dei tre
enzimi necessari alla riproduzione e propagazione del virus Hiv
all’interno delle cellule umane. In
particolare raltegravir impedisce al
virus di integrarsi nel patrimonio
genetico della cellula ospite. Un suo
vantaggio è che può essere utilizzato in combinazione con farmaci
attualmente già disponibili, che
hanno come bersaglio fasi differenti del ciclo replicativo dell’Hiv.
Esistono, per esempio, sostanze
che mirano a contrastare la fusione
dell’Hiv alla cellula (inibitori della
fusione) e antagonisti del recettore
di membrana CCR5 il cui obiettivo è impedire al virus di entrare
nei linfociti sani. Gli inibitori della
trascrittasi inversa bloccano invece
l’enzima che il virus utilizza per
tradurre le istruzioni codificate nel
filamento di Rna virale a singola
elica in un Dna virale a doppia elica,
che la cellula può leggere per dare
origine a nuovi virioni. Il Dna di Hiv
viene poi trasportato all’interno del
nucleo della cellula per inserirsi nel
Dna umano grazie all’integrarsi,
l’enzima target contro il quale agisce raltegravir. Gli inibitori della
proteasi intervengono, infine, in
un’ultima fase in cui il Dna di Hiv
può essere utilizzato dall’apparato
cellulare per produrre il materiale
genetico necessario per assemblare
un nuovo virione di Hiv. In pratica, lo scopo dei farmaci in questo
passaggio è quello di contrastare
la capacità della proteasi di processare il materiale genetico di Hiv
affinché i «mattoni» che lo compongono si assemblino in modo adatto
per formare nuovi virioni in grado
di infettare altre cellule. «Raltegravir ha dato prova di grandissima
efficacia», spiega Adriano Lazzarin,
primario della divisione di malattie
infettive dell’Istituto San Raffaele
di Milano, «specie se impiegato insieme con altri farmaci attivi, cioè
che agiscono su altri target cellulari,
diversi dall’integrasi, interferendo
con differenti meccanismi d’azione.
Nella sperimentazione di fase III
la somministrazione della nuova
molecola è quindi avvenuta in associazione a uno o due farmaci antiretrovirali sia a pazienti con Hiv mai
sottoposti a terapia antiretrovirale,
sia a quelli pretrattati. Le prove di
successo sono state particolarmente
evidenti in quei soggetti che hanno un virus multiresistente, ossia
che hanno sviluppato resistenza in
quasi l’80% dei casi». I due studi di
riferimento, uno europeo e uno americano, hanno dimostrato il profilo
di efficacia e sicurezza della molecola. Nel primo caso la percentuale
di pazienti con virulemia negativa,
cioè sotto le 50copie/ml, dopo 48
settimane di terapia era del 31%
nel gruppo placebo, mentre in quello
trattato con raltegravir del 65%.
Nel secondo studio le percentuali
erano del 34% nel gruppo placebo
contro il 60% in quello trattato con
la nuova molecola. Le 50 copie/
ml rappresentano la soglia fissata
dalle linee guida dell’Oms al di sotto
della quale la carica dei virus nel
sangue è indeterminabile, quindi
praticamente assente ed equivale
a un buono stato di salute. Si comprende, dunque, che la sommini-
strazione
di raltegravir raddoppia le probabilità di successo
della cura anti Hiv rispetto a tutte
le terapie sinora somministrate. Un
altro beneficio è che non presenta
gli effetti collaterali normalmente
collegati alle terapie antiretrovirali.
I farmaci infatti per essere efficaci
devono essere metabolizzati. «Uno
dei meccanismi per garantire questo risultato è la loro ossidazione,
demolizione ed eliminazione», afferma Gennaro Ciliberto, direttore
scientifico dell’Irbm di Pomezia. «Il
che comporta la somministrazione
contemporanea del farmaco anti
Aids con un altro farmaco, ritonavir,
per assicurare il mantenimento di
alti livelli plasmatici del medicinale nell’organismo. Se tutto ciò
produce maggiore efficacia della
terapia, provoca tuttavia effetti
collaterali molto seri. Raltegravir,
invece, viene metabolizzato con un
diverso sistema di detossificazione,
meglio tollerato dall’organismo».
(riproduzione riservata)
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