Avishay Gal-Yam ha conseguito il Ph.D. in astrofisica nel 2004 all’Università di Tel Aviv ed è stato Hubble Postdoctoral Fellow al California Institute of Technology. Attualmente è senior scientist al Weizmann Institute di Rehovot, in Israele. astrofisica Super supernove Alcune stelle muoiono con esplosioni di potenza superiore a quanto si ritenesse possibile, alimentate anche dalla produzione di antimateria di Avishay Gal-Yam Illustrazione di Ron Miller A Una supernova di altissima energia apparirebbe davvero spettacolare se vista da un pianeta in orbita intorno alla stella che esplode, ma provocherebbe l’annientamento di ogni forma di vita. metà del 2005 è stato completato l’aggiornamento di uno dei giganteschi telescopi gemelli del Keck Observatory sul Mauna Kea, alle Hawaii. Grazie all’introduzione di correzioni automatiche per eliminare gli effetti della turbolenza atmosferica, ora lo strumento può produrre immagini di nitidezza confrontabile a quelle dello Hubble Space Telescope. Shrinivas Kulkarni del California Institute of Technology (Caltech) aveva suggerito ai ricercatori dell’istituto, me compreso, di chiedere tempo di osservazione, avvertendoci che la competizione per ottenere un turno di osservazione sarebbe diventata molto intensa. Seguendo il suo consiglio, avevo formato un gruppo con gli allora colleghi di post-dottorato Derek Fox e Doug Leonard per un tipo di studio che fino a quel momento era stato effettuato quasi solamente con Hubble: la ricerca delle stelle progenitrici delle supernove. In altri termini, volevamo scoprire quali siano le caratteristiche delle stelle che stanno per esplodere. Da decenni i teorici possono prevedere quali corpi celesti daranno origine a supernove: per esempio, sanno che le stelle blu molto brillanti sono destinate a esplodere a breve termine. Ma per un astronomo «breve» significa qualche milione di anni. Quindi, anche se osservare l’intero processo nel suo svolgimento ci permetterebbe di capirlo meglio, limitarsi a tenere pazientemente sotto controllo una singola stella non è certo la strategia ideale. Eravamo convinti che il Keck potesse aiutarci, e avevamo ottenuto una sola notte di osservazione, nel novembre 2005. Durante il volo ero ansioso per le condizioni meteorologiche, dato che avevamo solo una possibilità per tentare il nuovo approccio. Fortunatamente Giove Pluvio ci è stato favorevole. Da quella notte di osservazione è iniziato un percorso di studio che ci ha condotti a smentire le convinzioni tradizionali su come nascono e muoiono queste stelle giganti. All’epoca gli esperti sostenevano che le stelle molto grandi non esplodono, ma riducono gradualmente le proprie dimensioni perdendo massa con il vento stellare. In effetti, la maggior parte degli astrofisici teorici era convinta che, proprio a causa di questi poderosi venti, le stel- Le Scienze 51 le nell’universo attuale non riescano neppure a raggiungere dimensioni colossali, diciamo superiori a circa 100 masse solari. Dopo la nostra avventura alle Hawaii, però, abbiamo capito che in realtà oggi nell’universo ci sono stelle di almeno 200 masse solari, che terminano la propria vita con le esplosioni più energetiche in assoluto. Non meno sorprendente è stata la scoperta che alcune di queste stelle esplodono con un processo mai osservato prima, che coinvolge la generazione di antimateria nel cuore della stella. Questi astri giganti, e probabilmente altri ancora più grandi, sono stati i primi corpi celesti a formarsi dal gas primordiale agli inizi della storia dell’universo. Il modo in cui esplodono ci rivela quindi come gli elementi che hanno sintetizzato si siano diffusi nel cosmo determinando la comparsa di altre stelle, pianeti ed esseri viventi. M I S U R A Z I O N I I N C RE D I B I L I Un’altra strana esplosione Anche se il risultato non era conclusivo, mi sono interessato sempre di più alla ricerca di prove osservative che rivelassero il destino delle stelle più massicce. Ma raramente nella scienza il percorso tra domanda e risposta è semplice e diretto. Stavo considerando esplosioni stellari di tipo diverso, i lampi di raggi gamma, quando, nel 2006, una combinazione di eventi ha portato a un’altra scoperta sorprendente, suggerendo non solo che le stelle giganti possono arrivare a esplosioni di supernova, ma anche che il meccanismo esplosivo può essere del tutto inatteso. Questo nuovo capitolo è iniziato nel 2006, ancora una volta al Keck Observatory. In quell’occasione, però, la sorte sembrava meno propizia: il tempo era pessimo. Ero al computer di controllo e attendevo. Proprio quando cominciavo a chiedermi se il lungo Un azzardo vincente viaggio fosse stato inutile, le nubi si sono disperse. Il cielo non era Fox, Leonard e io speravamo di osservare una supernova atti- diventato del tutto sereno, ma si vedevano alcune stelle. Ho deciva durante il nostro turno e poi, analizzando l’archivio di Hubble, so di osservare la più brillante supernova visibile in quel momento, un evento insolitamente luminoso battezzato trovare un’immagine che mostrasse la stella prima SN 2006gy, che Robert Quimby, dell’Università del dell’esplosione. Quindi abbiamo cercato una suLe supernove a Houston, aveva scoperto otto giorni prima pernova in una delle numerose galassie fotograrivelano come Texas con un telescopio grande meno di un ventesimo fate in passato da Hubble. La parte difficile nell’identificare il nostro bersaglio d’archivio era capire si sono diffusi dei giganteschi riflettori di Keck. Ho fatto osservaper 15 minuti prima che le nubi coprissero di quale fosse la stella esplosa, tra i miliardi che afgli elementi che zioni nuovo il cielo, questa volta definitivamente. Semfollano una galassia. A questo scopo dovevamo hanno formato brava che la notte fosse stata uno spreco di tempo. misurare con estrema precisione la posizione della In seguito però un gruppo diretto da un mio supernova. Prima dell’avvento dei sistemi di ottipianeti, stelle collega del Caltech, Eran Ofek, ha analizzato i dache adattive come quelle del Keck, questo era possibile solo con Hubble, ma si trattava comunque ed esseri viventi ti che avevo ottenuto e SN 2006gy si è rivelata la più luminosa esplosione di supernova mai osserdi un compito così arduo che fino a quel momento erano state identificate con certezza solo tre progenitrici stella- vata. Uno studio parallelo condotto da Nathan Smith, allora all’Uri. Tra le supernove attive in quel momento ne avevamo scelta una niversità della California a Berkeley, era giunto a una conclusione chiamata SN 2005gl. Altri gruppi non l’avrebbero considerata una simile. Ma sembrava tutto insensato. Nessuno dei tipi di supernova scelta ideale, e per una buona ragione: gli scienziati che cercano conosciuti poteva generare così tanta luce. SN 2006gy si trovava progenitrici di supernove limitano tipicamente l’osservazione a un in una galassia non fotografata da Hubble, quindi non c’era modo raggio di circa 60 milioni di anni luce dalla Terra; la nostra super- di studiare in dettaglio la stella progenitrice. A giudicare dalla vionova era oltre tre volte più lontana, circa 200 milioni di anni luce. lenza dell’esplosione, però, probabilmente la massa della progeniPer trovarla nelle immagini di Hubble, la progenitrice di SN 2005gl trice era almeno 100 volte quella solare. Abbiamo elaborato diverse ipotesi per spiegare una luminosiavrebbe dovuto essere tra gli astri più luminosi mai osservati. La probabilità di successo era ridotta, ma eravamo convinti che a vol- tà così estrema, due delle quali sembravano le meno improbabili. Nella prima, l’intensissima emissione luminosa era dovuta alte solo rischiando grosso si possono ottenere grandi risultati. Il nostro azzardo si è rivelato vincente. Dopo aver misurato la la radiazione termica prodotta da un’onda d’urto formatasi quando posizione di SN 2005gl con i dati del Keck, abbiamo osservato una la materia espulsa nell’esplosione di supernova aveva raggiunto il fotografia di Hubble della stessa zona del cielo e abbiamo notato vento stellare, più lento, che la stella stessa aveva generato prima qualcosa che somigliava a una stella, sebbene non ne fossimo cer- di esplodere, e lo aveva spazzato via. La seconda opzione che abti. Se era una sola stella, la sua luminosità (forse un milione di vol- biamo considerato era la radioattività. Nelle supernove avviene la te quella del Sole) indicava una massa molto grande, intorno a 100 sintesi di nuovi elementi, soprattutto come isotopi radioattivi che masse solari. Ma, data l’opinione prevalente secondo cui un simi- poi decadono in isotopi stabili. Ci siamo chiesti se quella colossale «peso massimo» non dovrebbe esplodere, la maggior parte de- le esplosione potesse aver generato una quantità enorme di mategli astronomi avrebbe ritenuto più plausibile che il puntino di luce ria radioattiva, il cui lento decadimento aveva fornito energia alla nell’immagine di Hubble corrispondesse a un ammasso di stelle più nube di gas stellare in espansione e l’aveva fatta splendere di luce piccole e deboli, che tutte insieme producevano la luminosità osser- fluorescente. Ma quale processo poteva produrre abbastanza materia radioattiva da spiegare una luminosità tanto eccezionale? vata. E i nostri dati non potevano escludere questa possibilità. Luminosità intrinseca Le più brillanti in assoluto 52 Le Scienze le stelle da cui hanno origine alcune di queste supernove erano 100 volte più massicce del Sole: secondo le teorie più accreditate, stelle così grandi non dovrebbero esplodere. Alcune supernove potrebbero essere esplosioni termonucleari innescate dalla creazione di coppie di particelle di materia e di antimateria. La prima generazione di stelle dell’universo, che hanno sintetizzato la materia che in seguito ha formato i pianeti, potrebbero essere esplose con un meccanismo di questo tipo. 528 agosto 2012 Fonte: Avishay Gal-Yam In breve Di recente sono state scoperte diverse supernove più potenti e durature rispetto a quelle osservate in precedenza. Immagini d’archivio mostrano che massa ed energia, E = mc2, due fotoni molto energetici possono, in caso di collisione, convertirsi spontaneamente in coppie di altre particelle; possono trasformarsi in una coppia costituita da un elettrone e dalla sua Le esplosioni di supernova studiate dall’autore e dai suoi collaboratori negli ultimi anni sono risultaantiparticella, il positrone. La maggior parte le più potenti mai osservate. Un evento iniziato nel 2006 ha raggiunto una luminosità record (in te dell’energia dei fotoni è così sequestrata rosa), ma è stato superato da un altro nel 2009 (in arancione). Queste due supernove sono scomsotto forma di materia. Elettroni e positroni parse in tempi relativamente veloci. Un’altra, nel 2007, non ha raggiunto un picco di luminosità alesercitano una pressione molto inferiore a trettanto elevato, ma complessivamente ha emesso la quantità maggiore di energia (in giallo). Quequella dei fotoni da cui hanno avuto orista supernova è stata il primo esempio di un nuovo tipo di esplosione, che si ritiene avvenga nelle gine. Se il nucleo di una stella ipermassicstelle molto massicce (si veda il box nelle due pagine successive). cia raggiunge queste condizioni la pressione nel suo interno crolla improvvisamente, Osservazione di supernove quasi come se l’astro avesse una valvola –22 PTF09cnd di sfiato. Prima la pressione impediva alla stella di collassare per effetto del proprio SN 2006gy –20 peso; ora il nucleo diventa instabile e coSN 2007bi mincia a contrarsi rapidamente. –18 L’aumento della densità innesca la fusione dell’ossigeno. E dato che la soglia oltre Supernove cui si verifica questa fusione è superata in dei tipi –16 un nucleo non stabile, ma in fase di collaspiù comuni so, il processo è esplosivo: la fusione libera Previsione teorica per un nuovo tipo di esplosione energia nucleare che riscalda ulteriormen–14 te la materia e questo a sua volta accelera la fusione, in una reazione incontrollabile. 100 200 600 500 –100 400 300 Picco Giorni di massima luminosità La stella può bruciare una tale quantità di ossigeno in brevissimo tempo, pochi minuti, che l’energia liberata è superiore alla sua Quest’ultima domanda ha monopolizzato il nostro interesse. Per energia gravitazionale totale. Quindi, mentre le supernove tipiche cercare una risposta abbiamo consultato studi teorici già pubbli- lasciano resti come una stella di neutroni o un buco nero, in quecati. Così abbiamo trovato vecchi e polverosi lavori della fine de- sta esplosione l’oggetto si distrugge completamente. Rimane solo gli anni sessanta a firma di tre giovani astrofisici – Gideon Rakavy, una nube in rapida espansione, composta in gran parte dagli eleGiora Shaviv e Zalman Barkat – i quali avevano proposto un nuo- menti sintetizzati nella furia della deflagrazione. vo meccanismo per le esplosioni stellari. I teorici avevano previsto che questo evento – chiamato superLe stelle splendono perché il loro nucleo è sufficientemente den- nova a instabilità di coppia perché destabilizza la stella mediante so e caldo da provocare la fusione dell’idrogeno in elio ed elementi la formazione di coppie particella-antiparticella – debba produrre più pesanti, con produzione di energia. Densità e temperatura con- una rilevante quantità di nichel-56 in aggiunta ad altri elementrollano i processi fisici nel nucleo di una stella massiccia e la lo- ti relativamente pesanti. Il nichel-56 è un isotopo con un nucleo ro evoluzione. In generale, con il passare del tempo il nucleo diven- strettamente legato, ma comunque radioattivo, e il suo decadimenta più denso e più caldo. Il superamento di una serie di valori soglia to produce ferro non radioattivo. Se questo era lo scenario verificainnesca la fusione di elementi sempre più pesanti: prima elio in car- tosi nella progenitrice di SN 2006gy, il decadimento del nichel-56 bonio, poi carbonio in ossigeno e così via. Ciascun intervallo tra avrebbe potuto spiegare la luminosità della supernova. due soglie può durare da alcune migliaia ad alcuni miliardi di anSebbene la teoria dei tre astrofisici fosse corretta, per decenni si ni, in funzione della velocità con cui la combustione nucleare della è ritenuto che il processo da loro ipotizzato non avvenga in natustella influenza temperatura e pressione del nucleo. ra. I teorici che si occupano di formazione ed evoluzione dei corIl gruppo di Rakavy ha calcolato che cosa accadrebbe quando pi stellari pensavano che stelle così massicce non possano nascere, una stella molto massiccia, anche centinaia di volte più del Sole, almeno non nell’universo attuale. E anche se avvenisse questi ograggiunge lo stadio in cui il nucleo è costituito in gran parte da os- getti produrrebbero venti stellari così intensi da disperdere rapidasigeno. Nelle stelle più piccole sappiamo che cosa succede: la stella mente la maggior parte della propria massa; sarebbero incapaci di si contrae e il nucleo si riscalda fino a raggiungere condizioni che formare nuclei abbastanza massicci per raggiungere le condizioni permettono la fusione nucleare dell’ossigeno in silicio. Ma in una in cui si ha instabilità di coppia. Meno di un miliardo di anni dopo stella ipergigante, secondo la teoria, il nucleo si contrae per effetto il big bang la situazione era differente: le prime stelle potevano esdella gravità e si riscalda senza diventare molto denso. Quindi in- sere abbastanza massicce produrre esplosioni di supernova da invece della fusione dell’ossigeno accade qualcosa di diverso: la pro- stabilità di coppia. Forse. duzione di coppie particella-antiparticella. Nel frattempo la supernova che aveva infranto tutti i record, SN Nella materia sufficientemente calda, le particelle energetiche 2006gy, aveva riscosso enorme successo tra gli astronomi, divecome nuclei ed elettroni emettono radiazione molto intensa: questi nendo oggetto di ulteriori studi osservativi e teorici. Per ironia delfotoni sono così ricchi di energia da ricadere nello spettro dei raggi la sorte, sebbene SN 2006gy abbia indotto noi e altri studiosi delgamma. In base alla famosa equazione di Albert Einstein che lega le supernove a rispolverare il modello dell’instabilità di coppia, il www.lescienze.it Le Scienze 53 S U P ERN O VE A C O N F R O N T O Bassa La stella massiccia esplode BIL STA A IN T N E V I D O IL NUCLEO DI FERR + Neon + Ossigeno + Silicio + Ferro SUPERNOVA ORDINARIA La stella gigante esplode SUPERNOVA A INSTABILITÀ DI COPPIA Punto di partenza: stella gigante (160 masse solari) Stella gigante alla nascita Stella massiccia alla nascita Bassa È proprio lei, finalmente? Qualche mese dopo l’osservazione alle Hawaii sono stato contattato da Peter Nugent, del Lawrence Berkeley National Laboratory. Con Nugent avevamo iniziato la fase preliminare di un progetto di individuazione di supernove, e mi segnalava una supernova dallo spettro molto strano. Non avevo mai visto niente di simile. Poiché gli atomi di ciascun elemento assorbono ed emettono radiazione di particolari lunghezze d’onda, lo spettro di una sorgente astronomica fornisce informazioni sulla composizione della materia che emette la radiazione. Lo spettro dell’oggetto rilevato da Nugent, SN 2007bi, suggeriva che gli elementi che lo costituivano avevano percentuali insolite e che l’oggetto fosse molto caldo. Dal Caltech ho seguito l’evoluzione dell’evento. La radiazione emessa era circa dieci volte quella di una tipica supernova. E la luminosità diminuiva lentamente: i giorni diventavano settimane e le settimane mesi, come se la sorgente non volesse sparire. Ero sempre più convinto di aver trovato un esempio di supernova a instabilità di coppia. Era scomparsa dalla vista dopo più di un anno, ma avevo bisogno di ulteriori dati per sentirmi sicuro. Le Scienze + Carbonio Punto di partenza: stella massiccia (20 masse solari) INSTABILITÀ DI COPPIA proseguimento delle ricerche sembra indicare che questo particolare evento non mostri la «firma» del decadimento radioattivo del nichel, cioè uno specifico andamento nel tempo della riduzione della luminosità. In una supernova da instabilità di coppia la maggior parte della radiazione dovrebbe essere emessa non dall’esplosione, ma dal nichel-56 e dagli altri isotopi radioattivi sintetizzati nell’evento. La radioattività è un processo ben studiato, in cui il decadimento avviene in maniera graduale e prevedibile. Ma SN 2006gy ha mantenuto una luminosità elevata per parecchi mesi, poi è scomparsa in maniera troppo rapida perché la sua fonte di energia potesse essere il decadimento radioattivo. È probabile che non fosse una supernova da instabilità di coppia, e la seconda opzione che avevamo considerato, che l’insolita luminosità dell’evento fosse dovuta a un’onda d’urto, è la spiegazione più accreditata. Ma il fatto di aver mancato di poco il bersaglio aveva attirato la mia attenzione verso eventuali indizi di instabilità di coppia. 54 + Elio Densità del nucleo La conversione dei fotoni in coppie di particelle di materia e antimateria causa un improvviso collasso della stella, che innesca la fusione dell’ossigeno. L’esplosione risultante distrugge la stella. Elevata Illustrazioni non in scala Nel 2007 e nel 2008 ho continuato a osservare SN 2007bi con i telescopi del Palomar Observatory del Caltech. Quando la luce dell’esplosione finalmente si è affievolita, un anno dopo la scoperta, ho chiesto ai miei colleghi Richard Ellis e Kulkarni del Caltech di proseguire l’osservazione con i grandi telescopi del Keck Observatory, promettendo che questa volta «era proprio lei». Nel frattempo mi ero trasferito in Israele, assumendo il mio attuale incarico al Weizmann Institute di Rehovot. Nell’agosto 2008 Kulkarni e Mansi Kasliwal mi hanno inviato lo spettro più recente di SN 2007bi. Studiando più volte lo spettro il risultato non cambiava: questa esplosione aveva sintetizzato una quantità di nichel-56 pari a 5-7 volte la massa del Sole. Era dieci volte più di quanto chiunque avesse mai visto, e proprio quello che ci si attenderebbe da un’esplosione di supernova a instabilità di coppia. A fine 2008 sono andato a Garching, in Germania, per lavorare con Paolo Mazzali, del Max-Planck-Institut für Astrophysik, uno dei massimi esperti nell’analisi degli spettri di supernova, che quindi poteva verificare i risultati della mia valutazione preliminare. Mazzali inoltre aveva altri dati utili ottenuti con il Very Large Telescope dell European Southern Observatory, in Cile. Eravamo insieme nel suo studio quando Mazzali ha fatto partire il programma. I risultati concordavano con la mia analisi: parecchie masse solari di nichel-56 e abbondanze relative degli elementi che corrispondevano alle previsioni dei modelli dell’instabilità di coppia. Conferma su tutti i fronti Sebbene fossi convinto di aver identificato una supernova a instabilità di coppia, tornato in Israele ho messo da parte i dati, dedicandomi a un altro progetto sulla supernova da cui tutto era iniziato: SN 2005gl. Quando con Fox e Leonard abbiamo scoperto la presunta stella progenitrice alla fine del 2005, non avevamo la certezza che fosse un singolo oggetto invece di un ammasso stellare. Trascorsi tre anni la supernova era scomparsa, e avevo capito che potevamo eseguire una semplice verifica: se la nostra candidata non era la stella esplosa, doveva trovarsi ancora al suo posto. Con Leonard siamo tornati al Keck per controllare. 528 agosto 2012 Fonte: The most massive core-collapse supernova progenitors, di R. Waldman, in «Astrophysical Journal», Vol. 685, 1° ottobre 2008 (grafico) Le stelle sintetizzano nuovi elementi grazie alla fusione nucleare, che le fa splendere. Quando una stella invecchia, il nucleo diventa più caldo e denso (grafico) e produce elementi sempre più pesanti che formano strati concentrici (a fronte). Una stella relativamente massiccia, per esempio di 20 masse solari (in rosso nel grafico e nell’illustrazione), diventa così densa da collassare, disperdendo in maniera esplosiva grandi quantità di energia e la maggior parte della propria massa. Ma una stella veramente gigante, per esempio di 160 masse solari (in giallo), termina la propria esistenza più precocemente, in un tipo di esplosione scoperta di recente e di potenza ancora superiore. Idrogeno DESTINI DIVERGENTI Elevata Temperatura del nucleo Come muoiono le grandi stelle A fine 2008 eravamo sicuri: la stella era sparita. Quindi la progenitrice di SN 2005gl era effettivamente molto luminosa, e con tutI fotoni collidono ta probabilità di grande massa: quasi identica e collassano a Eta Carinae, una delle più massicce giganti blu in elettroni e positroni della nostra galassia. La teoria più accreditata sulle stelle ipergiganti – che perdono gran parte della propria massa prima di esplodere – era inesatta, almeno in questo caso: stelle molto luminose e massicce esistono realmente e possono esplodere prima di perdere massa. E se la teoria della perdita di massa non è corretta, forse alcune stelle ipergiganti sono ancora presenti nell’universo ed esploderanno come supernove da instabilità di coppia. Ora ero pronto a riconsiderare SN 2007bi e a cercare prove più definitive del fatto che l’esplosione fosse dovuta a instabilità di coppia. Ho fatto tutte le verifiche immaginabili: ho analizzato in dettaglio spettri ed evoluzione nel tempo della curva di luce, confrontato modelli vecchi e nuovi delle esplosioni stellari. Verso fine 2009 tutte le prove indicavano una sola conclusione: il modo più logico, quasi inevitabile, di spiegare SN 2007bi era che si trattasse di una supernova a instabilità di coppia. Dopo oltre due anni di studi, era giunto il momento di pubblicare i nostri risultati. Fino a oggi abbiamo individuato altri tre eventi che con tutta probabilità costituiscono ulteriori esempi di questo tipo di esplosione. Nel complesso sembrano fenomeni rari, solo una supernova su 100.000, che richiedono una stella di almeno 140, forse addirittura 200 masse solari. Ma sono immense fabbriche di elementi e producono le esplosioni di energia più elevata note alla scienza. Potrebbero anche meritare il nuovo nome di «ipernove». L’aspetto forse più affascinante di questo nuovo tipo di supernova è che apre uno spiraglio sull’universo primordiale. Le prime stelle, che cominciarono a splendere circa 100 milioni di anni dopo il big bang, dovevano avere una massa superiore a 100, forse addirittura vicina a 1000 masse solari (si veda Le prime stelle dell’universo, di Richard B. Larson e Volker Bromm, in «Le Scienze» n. 401, gennaio 2002). Alcuni di questi colossi esplosero probabilmente www.lescienze.it per un meccanismo di instabilità di coppia. Quindi le lontane parenti di alcune supernove attuali potrebbero essere state le prime esplo+ sioni che hanno liberato nell’universo elementi pesanti, fornendo materia per stelle e pianeti. Oltre a rivelare un nuovo meccanismo delle – esplosioni stellari, le nostre osservazioni implicano anche che l’universo attuale, al contrario di quanto si pensava, ha probabilmente un buon numero di stelle ipergiganti. L’accrescimento fino a dimensioni straordinarie delle stelle primordiali fu possibile solo perché l’ambiente era composto quasi esclusivamente da idrogeno ed elio. L’«inquinamento» causato dai prodotti della fusione nucleare limita l’accrescimento stellare: in presenza di elementi pesanti, le stelle collassano più velocemente e quindi danno inizio alla fusione nucleare precocemente, spazzando via i gas residui che le circondano prima di raggiungere dimensioni enormi. Ma l’effetto frenante degli elementi pesanti sulla crescita stellare è inferiore a quanto pensassero gli astrofisici. La ricognizione di supernove progettata con Nugent nel 2007 è in corso, con il nome di Palomar Transient Factory. Nell’ambito del progetto cerchiamo altri esempi di esplosioni a instabilità di coppia e abbiamo rilevato un evento simile a SN 2007bi. Con l’accumularsi dei dati, le conoscenze su queste esplosioni e sul loro contributo alla sintesi degli elementi pesanti si faranno più approfondite. Gli strumenti futuri, come il James Webb Space Telescope della NASA, potranno probabilmente osservare esplosioni a instabilità di coppia molto lontane. Forse un giorno ci riveleranno la fine esplosiva delle prime stelle dell’universo. n p e r app r ofo n di r e Catastrofisica: quando esplode una stella. Hillebrandt W., Janka H.-T. e Müller E., in «Le Scienze» n. 460, dicembre 2006. A Massive Hypergiant Star as the Progenitor of the Supernova SN 2005gl. GalYam A. e Leonard D.C., in «Nature», Vol. 458, pp. 865-867, 16 aprile 2009. Supernova 2007bi as a Pair-Instability Explosion. Gal-Yam A. e altri, in «Nature», Vol. 462, pp. 624-627, 3 dicembre 2009. Le Scienze 55