Controllo genetico, cellulare e molecolare della predisposizione a

Aprile-Giugno 2012
2011 • Vol. 42
41 • N. 166
162 • pp.
Pp. 106-114
xx-xx
nefrologia
frontiere
Controllo genetico, cellulare e molecolare
della predisposizione a singoli agenti microbici
Luigi D. Notarangelo*
* Division of Immunology and The Manton Center for Orphan Disease Research, Children’s Hospital Boston, Harvard
Medical School, Boston, MA, USA
Sommario
La recente scoperta che la suscettibilità ad infezioni dovute a singoli agenti microbici può avere una base genetica mendeliana ha rivoluzionato le nostre
conoscenze sui meccanismi cellulari e molecolari di difesa nei confronti di batteri, virus e funghi, dando supporto alla teoria genetica delle malattie infettive,
in base alla quale il verificarsi di infezioni gravi nel primo periodo di vita riflette difetti costituzionali geneticamente determinati. In questo articolo, vengono
trattate le malattie infettive monogeniche fin qui descritte: suscettibilità mendeliana a malattie da micobatteri, malattie invasive da piogeni, encefalite
erpetica, candidiasi mucocutanea cronica ed epidermodisplasia verruciforme. È verosimile che questo affascinante capitolo si arricchisca presto di nuove
acquisizioni.
Summary
The recent discovery that susceptibility to a narrow group of microrganisms may be due to mendelian inherited defects has revolutionized our understanding of the molecular and cellular mechanisms of defense against bacteria, viruses and fungi. Furthermore, it has given support to the genetic theory of
infectious diseases, that postulates that occurrence of severe infections early in life reflects genetically determined defects. In this article, we review the
various monogenic infectious diseases described so far: mendelian susceptibility to mycobacterial diseases, invasive pyogenic infections, herpes simplex
encephalitis, chronic mucocutaneous candidiasis, and epidermodysplasia verruciformis. It is likely that several new discoveries will soon enrich this fascinating group of diseases.
Metodologia di ricerca bibliografica
La ricerca degli articoli rilevanti è stata effettuata sulla banca bibliografica PubMed, utlizzando come parole chiave: “Mendelian
susceptibility to mycobacterial diseases”, “invasive pyogenic infections”, “herpes simplex encephalitis”,”chronic mucocutaneous candidiasis”, “epidermodysplasia verruciformis”, “Toll-like receptors”,
“innate immunity” e “intrinsic immunity”.
Introduzione
Sono trascorsi 150 anni da quando Pasteur formulò la teoria microbica
delle malattie e 100 anni da quando Charles Nicolle identificò soggetti
in cui l’infezione decorreva in modo asintomatico, ponendo così la questione della variabilità interindividuale delle manifestazioni cliniche associate ad infezione (Alcaïs et al., 2010). Inizialmente, l’attenzione dei
ricercatori si focalizzò sul ruolo di fattori ambientali di origine microbica
(virulenza) e non microbica (condizioni macro- e micro-ambientali che
potevano favorire l’evoluzione dell’infezione), nonché su fattori costituzionali dell’ospite, soprattutto riferiti a stato nutrizionale e danni d’organo coesistenti. Con la scoperta dell’agammaglobulinemia congenita da
parte di Bruton (Bruton, 1952), e quindi con la nascita del capitolo delle
immunodeficienze primitive, viene affermato il ruolo di fattori genetici
nel determinare aumentata suscettibilità ad agenti infettivi. In realtà,
che un aumentato rischio di infezioni potesse associarsi a malattie geneticamente determinate era già noto (valga per tutti l’esempio della
fibrosi cistica), ma le immunodeficienze primitive hanno rappresentato
il gruppo di malattie che proprio nella maggiore suscettibilità alle infezioni trovano la manifestazione fenotipica più eclatante.
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Nel corso degli anni, oltre 200 diverse forme di immunodeficienza
primitiva sono state descritte, e molte di esse sono state caratterizzate nelle loro basi cellulari e molecolari (Al-Herz et al., 2011).
Una caratteristica comune di queste malattie è rappresentata dalla suscettibilità a diversi agenti microbici, appartenenti allo stesso
gruppo (es: infezioni batteriche in pazienti con deficit anticorpali) o a
gruppi diversi (es: infezioni batteriche, fungine e virali in pazienti con
immunodeficienza combinata grave). Negli ultimi 15 anni, è stato
descritto un gruppo crescente di malattie genetiche il cui fenotipo
clinico è costituito dalla suscettibilità ad un gruppo ristretto di patogeni. Lo studio di queste condizioni, la cui definizione molecolare
si deve soprattutto al gruppo di Casanova, ha permesso di identificare i meccanismi cellulari e molecolari che nell’uomo regolano la
risposta a singoli agenti infettivi. È stato così scoperto che alcuni
meccanismi di difesa nell’ambito dell’immunità innata, che studi nel
topo avevano fatto ritenere cruciali per la difesa contro diversi patogeni, svolgono nell’uomo un ruolo critico di protezione solo verso un
numero assai ristretto di microrganismi. Inoltre, lo studio delle basi
mendeliane delle malattie infettive ha permesso di definire l’esistenza della “immunità intrinseca”, cioè del complesso dei meccanismi
di difesa antimicrobica che non dipendono da cellule del sistema
ematopoietico, cui invece competono i meccanismi protettivi di immunità innata ed adattiva.
Difetti dell’asse IL-12/IFN-g e suscettibilità
mendeliana a malattie da micobatteri
La suscettibilità mendeliana a malattie da micobatteri (MSMD,
Mendelian susceptibility to mycobacterial diseases) comprende un
Controllo genetico, cellulare e molecolare della predisposizione a singoli agenti microbici
Figura 1.
Basi cellulari e molecolari della suscettibilità mendeliana a malattie da micobatteri (MSMD).
L’infezione da parte di micobatteri determina la produzione di interleuchina-12 (IL-12), che si lega al proprio recettore (IL-12R) espresso sulla
superficie di linfociti T. Questo segnale favorisce la produzione di interferone-g (IFN-g) che viene secreto e si lega al recettore (IFN-gR) espresso
da macrofagi e cellule dendritiche. Ciò determina la fosforilazione di STAT1, che dimerizza e trasloca nel nucleo, causando l’induzione di genibersaglio coinvolti nella difesa contro i micobatteri. Tra i meccanismi di difesa contro i micobatteri, un ruolo importante è svolto nei macrofagi
dal complesso NADPH-ossidasi, di cui fa parte la molecola gp91phox. La produzione di IL-12 è sotto il controllo del fattore trascrizionale IRF8 e di
NF-κB; quest’ultimo viene attivato dall’interazione tra macrofagi e cellule dendritiche da un lato (che esprimono CD40) e linfociti T CD4+ attivati
(che esprimono CD40 ligando, CD40L) dall’altro. Le molecole per le quali sono state riportate mutazioni associate a MSMD sono indicate in rosso
in figura.
gruppo eterogeneo di condizioni caratterizzate da una aumentata
suscettibilità a specie poco virulente di micobatteri, come il bacillo di
Calmette-Guérin (BCG) e micobatteri ambientali non tubercolari, ma
non ad altri germi, con eccezione di Salmonella, Nocardia e pochi altri microrganismi a tropismo intramacrofagico. Lo studio di pazienti
con MSMD ha permesso di definire che la risposta a micobatteri
nell’uomo è sotto il controllo di singoli geni lungo l’asse interleuchina-12 (IL-12)/interferone-g (IFN-g) (Fig. 1).
La prima dimostrazione delle basi genetiche della MSMD venne con
la descrizione di pazienti i cui linfociti non esprimevano in membrana la catena b1 del recettore per interferone-g (IFN-gR1) (Jouanguy
et al., 1996). Studi nel topo avevano dimostrato come l’IFN-g rappresentasse una citochina essenziale nella difesa contro patogeni a tropismo intramacrofagico, ma anche contro numerosi virus. In questo
senso, la dimostrazione che difetti completi di IFN-gR1 nell’uomo si
associno a MSMD, ma non ad aumentata suscettibilità ad infezioni
virali, è risultata sorprendente, evidenziando importanti differenze
nei meccanismi di controllo antimicrobico nel topo e nell’uomo. Il difetto di IFN-gR1rappresenta la seconda forma più comune di MSMD,
con più di 80 pazienti descritti. Nei soggetti con difetto recessivo
completo, la proteina IFN-gR1 non viene espressa in membrana o,
se presente, è priva di funzione (Jouanguy et al., 2000). Il quadro clinico è grave, con esordio precoce (entro i 2-3 anni di vita) e mortalità
elevata. Nei Paesi in cui è in uso la vaccinazione antitubercolare
con BCG alla nascita, la malattia si manifesta con disseminazione
loco-regionale (BCGite) e sistemica (BCGosi) del BCG (Fig. 2). L’unica
terapia è rappresentata dal trapianto di cellule staminali ematopoietiche (TCSE), il cui attecchimento è peraltro spesso ostacolato dagli
alti livelli di IFN-g circolante.
La forma recessiva parziale del difetto di IFN-gR1 è legata a mutazioni bialleliche del gene che non compromettono del tutto la funzione biologica del recettore (Jouanguy et al., 1997). Il fenotipo clinico
è meno grave; la maggior parte dei pochi pazienti descritti riesce a
controllare la malattia con l’impiego di farmaci antimicobatterici.
La forma più comune di deficit di IFN-gR1 (con oltre 60 pazienti descritti) è trasmessa con modalità autosomico-dominante (AD) parziale; l’allele mutato determina l’espressione di una proteina troncata in sede prossimale intracellulare, in grado di legare IFN-g, ma
non di mediare la trasduzione del segnale (Jouanguy et al., 1999).
Tuttavia, l’espressione dell’allele normale consente l’espressione
residua di eterodimeri IFN-gR1/IFN-gR2 funzionalmente intatti, giustificando l’esordio tardivo (età media: 13.4 anni) e un quadro clinico
non grave.
Anche il difetto di IFN-gR2 (a trasmissione AR) può essere completo o parziale (Dorman et al., 1998) e può essere causato da una
mutazione missenso (T168N) che introduce un nuovo sito di N-glicosilazione; tale modificazione post-traduzionale abroga la risposta
biologica all’IFN-g (Vogt et al., 2005).
Il legame tra IFN-g e il proprio recettore innesca meccanismi di
trasduzione del segnale con conseguente fosforilazione del fattore
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L.D. Notarangelo
Figura 2.
Espressione fenotipica della disseminazione del BCG.
trascrizionale STAT1, che forma un omodimero (noto anche come
g-activated factor, GAF) che regola l’espressione di geni-bersaglio
coinvolti nell’attività microbicida. STAT1 è anche coinvolto nella risposta biologica antivirale indotta da IFN-a, IFN-b e IFN-λ; in questo
caso, tuttavia, esso si lega a STAT2 e a IRF-9 (IFN regulatory factor-9) formando il fattore trascrizionale ISGF-3 (IFN-stimulated gene
factor-3). Mutazioni eterozigoti missenso di STAT1 che riducono
fortemente l’attività del fattore trascrizionale GAF, senza alterare tuttavia l’attività antivirale del complesso ISGF-3, sono state associate
a MSMD (Dupuis et al., 2001). La malattia ha bassa penetranza e il
fenotipo clinico è simile a quello dei pazienti con difetto parziale di
IFN-gR1.
Nelle forme finora descritte, la MSMD dipende da difetti di risposta
biologica all’IFN-g. Altre forme di MSMD dipendono invece da alterazioni in geni implicati nella produzione di IFN-g. L’infezione da parte
di micobatteri ambientali o da BCG causa la produzione di IL-12 da
parte dei macrofagi e delle cellule dendritiche. La IL-12 è costituita
da un eterodimero (p35 e p40); la proteina p40 può anche associarsi
alla proteina p19, costituendo l’IL-23. L’IL-12 lega un proprio recettore specifico (costituito dall’eterodimero IL-12Rb1 e IL-12Rb2)
espresso dai linfociti T e, a seguito di attivazione intracellulare, determina l’espressione del gene che codifica per l’IFN-g.
Sono stati descritti vari pazienti con MSMD dovuta a difetti di IL-12,
a trasmissione AR (Altare et al., 1998); in tutti i casi, le mutazioni
erano di tipo nullo e riguardavano il gene IL12B, che codifica per la
subunità p40.
Mutazioni nulle a carico del gene IL12RB1 (che codifica per la proteina IL-12Rb1, condivisa da IL-12R e da IL-23R) costituiscono la
causa più frequente di MSMD, a trasmissione AR, con oltre 140 pazienti descritti (de Beaucoudrey et al., 2010).
Una caratteristica peculiare del difetto di IL12B o di IL12RB1 è rappresentato dal fatto che il 50% dei pazienti affetti presentano infezioni da Salmonella, che invece colpiscono solo il 4-5% dei pazienti
con difetto di risposta all’IFN-g. È quindi possibile che IL-12/23 svolgano un ruolo protettivo nei confronti dell’infezione da Salmonella (e
da altri microrganismi a tropismo intramacrofagico), indipendente
da IFN-g.
I difetti di IL12B o di IL12RB1 hanno bassa penetranza clinica; inoltre, la maggior parte dei pazienti sopravvive fino all’età adulta e il
tasso di mortalità è del 17%. Il trattamento si basa sulla somministrazione di farmaci antimicrobici e di IFN-g.
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A sua volta, l’espressione di IL-12 è sottoposta a numerosi meccanismi di controllo, tra cui il fattore trascrizionale IRF-8. Difetti completi
di IRF-8, a trasmissione AR, causano nell’uomo una immunodeficienza grave, con infezioni da germi opportunisti e assenza di monociti. Al contrario, l’eterozigosi per una mutazione missenso (T80A)
causa MSMD con meccanismo dominante-negativo. In questo caso,
è ridotta la produzione di IL-12 da parte delle cellule dendritiche e
viene compromesso lo sviluppo di cellule dendritiche CD1c+ CD11c+
(Hambleton et al., 2011). In rari casi, la MSMD viene trasmessa con
modalità X-recessiva e può dipendere da due distinti difetti genetici.
La prima di tali forme è legata a mutazioni della proteina NEMO
(nota anche col nome di inhibitor of NF-kB kinase-g, IKK-g), che fa
parte del complesso proteico IKK che regola l’attivazione di NF-kB
in risposta a diversi segnali di membrana. Mutazioni nulle di NEMO
sono letali nei soggetti di sesso maschile e causano incontinentia
pigmenti nei soggetti di sesso femminile eterozigoti. Al contrario,
mutazioni ipomorfiche dello stesso gene causano nel maschio displasia ectodermica e immunodeficienza (EDA-ID), con suscettibilità
a diversi agenti infettivi. In alcune famiglie con MSMD a trasmissione X-recessiva, sono state identificate mutazioni missenso a carico
del dominio leucine zipper di NEMO, che alterano in modo selettivo
la risposta di macrofagi e cellule dendritiche alla stimolazione via
CD40 da parte di linfociti CD4+ attivati. Altre vie di attivazione NFkB dipendenti rimangono integre, giustificando il fenotipo MSMD, in
assenza di altri segni di EDA-ID (Filipe-Santos et al., 2006).
Infine, alcuni pazienti con MSMD a trasmissione X-recessiva presentano mutazioni di CYBB (Bustamante et al., 2011). Tale gene
codifica per la subunità gp91phox del complesso NADPH-ossidasi,
che regola il burst respiratorio e induce meccanismi microbicidi nei
fagociti. Mutazioni a carico di tale gene sono nell’uomo la causa più
comune di malattia granulomatosa cronica (CGD), caratterizzata da
aumentata suscettibilità nei confronti di numerosi batteri (S. aureus
in particolare) e funghi (Aspergillus). Infezioni da BCG si verificano
in una minoranza dei pazienti con CGD. Nei pazienti con MSMD a
trasmissione X-recessiva, le mutazioni di CYBB non alterano il burst
respiratorio e l’attività microbicida dei neutrofili e dei monociti, ma
compromettono selettivamente l’attività microbicida dei macrofagi
nei confronti dei micobatteri.
Difetti di trasduzione di segnale via Toll-like
receptors (TLR) e suscettibilità ad infezioni invasive
da piogeni
I TLR comprendono un gruppo di recettori dell’immunità innata
coinvolti nel riconoscimento di sostanze di derivazione microbica.
Nell’uomo sono stati identiicati 10 TLRs; la maggior parte di essi
sono espressi sulla membrana cellulare, ma alcuni (TLR-3, -7, -8,
-9) hanno una localizzazione intracellulare e mediano il riconoscimento di acidi nucleici “non-self”. I TLR contengono un dominio Toll
and interleukin-1 receptor (TIR), che è anche presente nei recettori
IL-1R, IL-18R e IL-33R. Il riconoscimento di sostanze microbiche
da parte dei TLRs media il reclutamento di vari adattatori (tra cui
MyD88 e UNC-93B, che contengono anch’essi domini TIR) e di kinasi
intracellulari che mediano la trasduzione del segnale. In particolare,
sono note due vie principali di attivazione dei TLRs: tutti i TLRs, ad
eccezione di TLR-3, reclutano MyD88 ed attivano il complesso IRAK
(IL-1R-associated kinase), determinando così l’attivazione di NF-kB
e di MAP kinasi (MAPK) e la sintesi di citochine e chemokine proinfiammatorie (IL-1b, IL-6, IL-8, IL-12, TNF-a) (Fig. 3). Per converso,
TLR-3 recluta TRIF (un altro adattatore contenente un dominio TIR),
Controllo genetico, cellulare e molecolare della predisposizione a singoli agenti microbici
Figura 3.
Basi cellulari e molecolari dei difetti monogenici con infezioni invasive da piogeni.
In figura sono illustrati i Toll-like receptors (TLR) che mediano la trasduzione del segnale attravreso l’adattatore MyD88 e il complesso kinasico
IRAK. Alcuni di tali TLR sono espressi in membrana cellulare, altri sulla membrana endosomiale. Per ciascun TLR è indicato (in apposito riquadro)
il relativo ligando. Il segnale via TLR, mediato da MyD88 e IRAK, porta all’attivazione delle via di MAP kinasi (MAPK)/AP-1 e di NF-kB, con conseguente produzione di citochine pro-infiammatorie (IL-1, IL-6, TNF-a). Le molecole MyD88 e IRAK4, le cui mutazioni nell’uomo causano suscettibilità ad infezioni invasive da piogeni, sono indicate in rosso. In figura, non è illustrato TLR3, la cui via di segnale non dipende da MyD88 e IRAK,
ma da TRIF. Questa stessa via può anche essere attivata da TLR4.
che attiva il complesso IKKe/TBK1 (IKB kinase e/TANK-binding kinase 1) e induce la produzione di IFN di tipo 1 (IFN-a, IFN-b) o di tipo 3
(IFN-1). Questa via TRIF-dipendente può essere innescata anche da
TLR-4, che quindi è l’unico TLR in grado di attivare entrambe le vie.
Esperimenti nel topo hanno dimostrato come mutazioni a carico di
geni implicati nel riconoscimento e nell’attivazione dei TLR determinino suscettibilità ad un numero elevato di microrganismi. Al contrario, è stato dimostrato che mutazioni in geni ortologhi nell’uomo condizionano un aumentato rischio di infezioni solo nei confronti di un
numero ristretto di patogeni. In particolare, mutazioni dei geni IRAK4
(che codifica per una serina-treonina kinasi del complesso IRAK) e
di MYD88 si associano ad infezioni invasive da piogeni (Picard et al.,
2003; von Bernuth et al., 2008). Il fatto che i pazienti con difetti di
IRAK-4 e MyD88 siano normalmente resistenti ad altri agenti infettivi
dimostra quindi che nell’uomo i meccanismi anti-infettivi dipendenti
da IRAK-4 e da MyD88 sono largamente ridondanti, con eccezione
della difesa contro batteri piogeni.
Fino ad oggi, sono stati descritti 49 pazienti con difetto di IRAK-4
e 22 pazienti con difetto di MyD88 (Picard et al., 2011). Entrambe
le malattie hanno trasmissione AR e determinano analoghe manifestazioni cliniche, con infezioni invasive (meningite, sepsi, artrite,
osteomielite, ascessi) da Streptococcus pneumoniae, Staphylococ-
cus aureus e Pseudomonas aeruginosa. In oltre il 90% dei casi, tali
infezioni esordiscono entro i 2 anni di età. La mortalità è elevata
(38%); tutti i decessi riportati si sono verificati entro 8 anni di vita
(e la maggior parte entro 2 anni). Un elemento caratteristico è costituito dall’assenza di febbre (o dalla presenza di febbre di grado
non elevato) pur in presenza di infezioni gravi; ciò riflette il difetto di
produzione di citochine pro-infiammatorie. Con l’età, vi è una progressiva riduzione degli episodi invasivi, probabilmente legata allo
sviluppo di meccanismi compensatori dell’immunità adattiva.
Encefalite erpetica e difetti di segnale via TLR-3
Il virus herpes simplex di tipo 1 (HSV-1) è un virus a DNA a doppia
elica, ampiamente diffuso e tipicamente innocuo, che infetta la mucosa orale e dell’occhio. Dopo essersi replicato nella sede iniziale di
infezione, il virus viene trasportato attraverso neuroni sensoriali al
trigemino e ai gangli neurali, dove stabilisce latenza. In alcuni casi,
tuttavia, il virus invade i lobi temporale e parietale, causando encefalite erpetica (HSE, Herpes simplex encephalitis), la più comune
forma di encefalite sporadica nei paesi occidentali. A lungo ritenuta
una patologia esclusivamente acquisita, la HSE è stata di recente
associata a difetti genetici che interessano proteine coinvolte nella
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L.D. Notarangelo
Figura 4.
Basi cellulari e molecolari dell’encefailite erpetica.
L’infezione da parte del virus herpes simplex di tipo 1 (HVS-1) causa l’attivazione di Toll-like receptor 3 (TLR3) che riconosce RNA a doppia elica
enerato nel corso della replicazione virale. TLR3 media la trasduzione del segnale attraverso una serie di molecole adattatrici (UNC-93B, TRIF e
TRAF3) e causa l’attivazione sia del complesso IKKe/TBK1 (con attivazione del fattore trascrizionale IRF3) che del complesso IKK (con attivazione
di NF-kB). Questi segnali determinano la produzione di interferoni di tipo 1 (IFN-a, IFN-b) e di tipo 3 (IFN-l) che, a seguito dell’interazione con il
proprio recettore, causano l’attivazione del fattore trascrizionale ISGF-3, che comprende STAT1, STAT2 e IRF9. Tale fattore trascrizionale induce
l’attivazione di geni implicati nella difesa contro HSV-1. Le mutazioni di geni che nell’uomo causano encefalite erpetica sono riportate in rosso.
via di segnale mediata da TLR-3 (Fig. 4). Il TLR-3 è espresso sulla
membrana endosomiale e riconosce RNA a doppia elica, un prodotto
intermedio obbligato generato durante la replicazione dell’HSV-1.
Nel 2006, studiando alcune famiglie HSE con consanguineità parentale, il gruppo di Casanova identificò mutazioni omozigoti nel gene
UNC-93B1, con conseguente assenza di espressione dell’adattatore
UNC-93B, condiviso dalle vie di segnale di tutti i TLR endosomiali
(TLR-3, -7, -8 e -9) (Casrouge et al., 2006). Queste alterazioni si
associavano ad assenza di produzione di IFN-b e IFN-l dopo stimolazione in vitro dei fibroblasti dei pazienti con poly(I:C), un agonista di TLR-3. L’osservazione che nessuno dei pazienti con deficit
di IRAK-4 e MyD88 (entrambi utilizzati dalle vie di segnale mediate
da TLR-7, -8 e -9) avesse una storia di HSE suggeriva che la chiave
patogenetica dell’HSE risiedesse nel difetto di risposta via TLR-3.
Questa ipotesi è stata confermata negli anni successivi, con la dimostrazione di casi in cui la HSE era associata a mutazioni di TLR3
(Zhang et al., 2007; Guo et al., 2011) o dei geni che codificano per
le molecole TRIF (Sancho-Shimizu et al., 2011), TRAF3 (Pérez de
Diego et al.) e NEMO (Audry et al., 2011), coinvolte nell’induzione
TLR-3-dipendente di IFN di tipo 1 e 3. Tali difetti sono trasmessi
con modalità AR (UNC93-B, TLR-3, TRIF), AD (TLR-3, TRIF, TRAF-3) o
X-recessiva (NEMO).
Le forme appena descritte di HSE comportano tutte da un difetto di
produzione di IFN di tipo 1 e 3: in altri casi, invece, la HSE è causata
da difetti genetici che alterano la risposta a questi IFN. In particolare,
mutazioni bialleliche di STAT1, di tipo loss-of-function, inibiscono
la formazione del complesso eterotrimerico ISGF3, che agisce da
110
fattore trascrizionale lungo la via di segnale della risposta a IFN-a,
-b e -l. In questi soggetti, la suscettibilità alle infezioni virali non
si limita all’HSE, ma riguarda anche altri virus (in particolare, cytomegalovirus) e micobatteri (per questi ultimi, perchè viene meno la
formazione di complessi trascrizionali GAF) (Dupuis et al., 2003).
Nell’insieme, questi dati dimostrano che la HSE può avere una base
genetica ed essere causata da difetti TLR-3-dipendenti di produzione
di IFN di tipo 1 e 3, o da difetti di risposta a tali IFN. Ma in quali cellule l’integrità di queste risposte è assolutamente necessaria per proteggere nei confronti dell’HSE? Nei pazienti con HSE, non si osserva
disseminazione sistemica del virus né vi è ricorrenza di altre infezioni virali gravi. Inoltre, se stimolati in vitro con poly(I:C) o con lo stesso
virus HSV-1, i leucociti di pazienti con difetto di TLR-3 producono
normalmente IFN antivirali, indicando ridondanza nei meccanismi di
difesa contro HSV-1 nel sistema ematopoietico (Guo et al., 2011). È
stato quindi ipotizzato che l’immunità anti-virale TLR-3-mediata sia
essenziale in stipiti cellulari presenti nel sistema nervoso centrale.
Per dimostrare questa ipotesi, in un lavoro collaborativo con i gruppi
di Casanova (Rockefeller University) e Studer (Memorial Sloan Kettering) abbiamo generato cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC)
da fibroblasti di pazienti con difetti di UNC-93B e di TLR-3, nonché
da soggetti di controllo. Le iPSC sono quindi state differenziate in
neuroni, oligodendrociti e astrociti. Abbiamo così dimostrato che i
neuroni e gli oligodendrociti con mutazioni di UNC-93B o di TLR-3
presentano un grave difetto di produzione di IFN antivirali e mostrano aumentata permessività alla replicazione di HSV-1 (Lafaille et
al., sottomesso per la pubblicazione). Queste osservazioni indicano
Controllo genetico, cellulare e molecolare della predisposizione a singoli agenti microbici
l’esistenza di meccanismi di immunità cellulare intrinseca (propria
di elementi non ematopoietici), che si affianca così ai meccanismi
già noti dell’immunità innata ed adattiva.
Candidiasi mucocutanea cronica e difetti di risposte
mediate da IL-17
L’infezione da candida è comune nell’uomo, ma in alcuni individui
essa può determinare quadri importanti di malattia. La candidiasi
muco-cutanea cronica (CMC) costituisce una condizione caratterizzata da infezione persistente di cute e mucose. Le basi molecolari
della CMC sono rimaste a lungo oscure, ma un numero crescente di
difetti genici è stato identificato negli ultimi 5 anni (Fig. 5). In questo
senso, fondamentale è stata la scoperta che mutazioni eterozigoti
dominanti-negative del gene STAT3 causano la sindrome da iperIgE (HIES, hyper-IgE syndrome), che comprende CMC tra le proprie
manifestazioni (Minegishi et al., 2007; Holland et al., 2007). Nei pazienti HIES il difetto di STAT3 si associa a ridotta generazione di
linfociti T in grado di produrre IL-17-A, IL-17F (e altre citochine quali
IL-22 e IL-26) e pertanto denominati TH17 (Milner et al., 2008). Nel
topo, queste citochine sono importanti per la difesa muco-cutanea
nei confronti della candida, ma anche di diversi batteri. Nell’uomo,
le citochine del gruppo IL-17 stimolano cellule epiteliali a secernere
chemochine (in grado di reclutare neutrofili) e fattori antimicrobici
(b-defensine) (Minegishi et al., 2009). Anticorpi neutralizzanti antiIL-17 sono stati dimostrati in pazienti con sindrome APECED (Autoimmune PolyEndocrinopathy-Candidiasis-Ectoderma Dystrophy)
(Puel et al., 2010; Kisand et al., 2010), una malattia autosomicorecessiva legata a mutazioni del fattore trascrizionale AIRE, coinvolto nei meccanismi di tolleranza immunitaria. La dimostrazione
definitiva del ruolo fondamentale svolto da IL-17 nella difesa contro
la candida è venuta con la scoperta dell’esistenza di una forma di
CMC a trasmissione autosomico-recessiva legata a mutazioni bialleliche di IL17RA che compromettono la risposta biologica a omo- ed
eterodimeri di IL-17A e IL-17F (Puel et al., 2011). Gli stessi autori
hanno inoltre riportato una forma autosomico-dominante di CMC legata a mutazioni di IL17F che riducono, ma non abrogano, l’attività
biologica di omodimeri di IL17F e di eterodimeri IL-17A/IL-17F (Puel
et al., 2011).
Se i difetti di STAT3 e di IL-17 (e del suo recettore) compromettono
la risposta linfocitaria T nei confronti della candida, altri difetti genici
alterano invece la capacità di fagociti e cellule epiteliali di riconoscere la candida e di rispondere ad essa attraverso la produzione
di citochine pro-infiammatorie che stimolano i linfociti T a secernere IL-17 (Fig. 5). Fagociti e cellule epiteliali esprimono sulla propria
membrana la molecola Dectin-1, che riconosce il b-glucano presente sulla parete cellulare della candida. Nel 2009, sono stati descrit-
Figura 5.
Basi cellulari e molecolari della candidiasi mucocutanea cronica (CMC).
Il b-glucano presente sulla superficie della candida viene riconosciuto dalla molecola Dectin-1, espressa sulla membrana di cellule epiteliali e
fagociti. Questo riconoscimento induce la formazione di un complesso molecolare intracellulare che comprende la tirosina kinasi SYK, CARD-9 e
AIRE. A seguito del legame di BCL-10 e MALT, questo complesso attiva le vie di MAP kinasi (MAPK)/AP-1 e di NF-kB, causando la produzione di
citochine, tra cui IL-6 e IL-23. Queste ultime legano i propri recettori espressi sulla membrana cellulare dei linfociti T e attivano il fattore trascrizionale STAT3, che induce l’epressione di ROR-gt, il fattore che regola la produzione di citochine del gruppo IL-17 (IL-17A, IL-17F, IL-22), che attivano
meccanismi di protezione contro la candida. Le molecole mutate in pazienti con CMC sono riportate in rosso. La CMC può anche essere legata
ad anticorpi neutralizzanti anti-IL-17. Non riportate in figura sono le mutazioni gain-of-function di STAT1, che determinano CMC con meccanismi
ancora non del tutto chiariti.
111
L.D. Notarangelo
ti tre pazienti con onicomicosi da Trichophyton e vulvovaginite da
Candida, che presentavano omozigosi per una mutazione nonsenso
di DECTIN1 che abrogava l’espressione della proteina (Ferwerda et
al., 2009). Tuttavia, questo allele mutante rappresenta un polimorfismo comune, essendo presente nel 7% della popolazione europea;
pertanto, è probabile che Dectin-1 svolga un ruolo ridondante nella
protezione antifungina nell’uomo. Il riconoscimento della candida da
parte di cellule epiteliali e fagociti attraverso Dectin-1 induce l’attivazione della tirosina kinasi SYK e il reclutamento di CARD9, un
adattatore proteico coinvolto nell’induzione di fattori trascrizionali
(AP-1, NF-kB) in grado di favorire l’espressione di citochine proinfiammatorie. Mutazioni bialleliche di CARD9 sono state descritte
in una estesa famiglia iraniana con CMC e dermatofitosi (Glocker et
al., 2009). La malattia aveva un fenotipo clinico assai più severo di
quello riportato nei pazienti con difetto di DECTIN1, suggerendo che
CARD9 sia coinvolto anche nella risposta ad altri recettori di superficie in grado di riconoscere componenti di superficie della Candida. Inoltre, è stato recentemente dimostrato che la stimolazione di
monociti mediante b-glucano induce la formazione di un complesso
che comprende, oltre Dectin-1, SYK e CARD9, anche AIRE. La stimolazione con Candida di monociti di pazienti affetti da APECED (malattia dovuta a mutazioni di AIRE) determina una ridotta produzione di
TNF-a, con conseguente difetto di produzione di IL-17 da parte dei
linfociti T (Pedroza et al., 2012).
Infine, due studi recenti hanno dimostrato che la suscettibilità a CMC
può essere legata anche a mutazioni eterozigoti di STAT1 (Liu et al.,
2011; van de Veerdonk et al., 2011). Abbiamo visto in precedenza
cone mutazioni loss-of-function o dominanti-negative dello stesso
gene si associno a quadri di infezione da virus e patogeni intracellulari, o da micobatteri, rispettivamente. Le mutazioni STAT1 associate
a CMC sono invece di tipo gain-of-function. Il meccanismo attraverso
cui esse causano CMC è ancora poco chiaro: l’aumento di risposta a
IFN di tipo 1 potrebbe determinare autoimmunità, con produzione di
anticorpi anti-IL-17 (Crow et al., 2011). Alternativamente, l’aumento
di attività biologica di STAT1 potrebbe causare una minore induzione
di risposte STAT3-dipendenti a IL-6, IL-21 e IL-23, noti induttori di
IL-17. In accordo con tale ipotesi, il numero di linfociti TH17 è fortemente ridotto in questi pazienti (Liu et al., 2011).
ferazione dei cheratinociti e delle cellule staminali dell’epidermide,
verso cui l’HPV ha uno spiccato tropismo.
L’infezione da HPV nell’uomo determina frequentemente patologie
della cute (verruche) e della mucosa ano-genitale. Non tutti i ceppi
di HPV causano malattia nella popolazione generale; in particolare,
i genotipi di b-HPV sprovvisti di ORF5 e ORF8 stabiliscono infezione
latente asintomatica. Al contrario, questi stessi ceppi di HPV sono
responsabili delle manifestazioni cliniche nei pazienti affetti da EV
(Orth, 2006).
Nel 2002, mutazioni responsabili di EV vennero dimostrate in due
geni, identificati mediante clonaggio posizionale: EVER1 e EVER2,
localizzati a distanza di soli 4.7kb l’uno dall’altro, in posizione
17q25. Le proteine transmembrana EVER1 ed EVER2 sono ampiamente espresse in cellule del sistema ematopoietico e nei cheratinociti e fanno parte di una nuova famiglia di proteine, denominata
transmembrane channel-like (TMC) per la presenza di un dominio
transmembrana conservato in tutti i componenti della famiglia. Il
gene EVER1 è anche noto come TMC6, mentre EVER2 corrisponde
a TMC8.
Tutte le mutazioni associate ad EV finora identificate eliminano il dominio TMC delle proteine EVER1 e EVER2. Attraverso la formazione
di un complesso con lo zinc-transporter 1 (ZnT-1), le proteine EVER1
e EVER2 bloccano l’induzione del fattore trascrizionale AP-1 mediata
da zinco e da alcune citochine (TGF-a, TGF-b) e inibiscono la proliferazione dei cheratinociti. Tale attività inibitoria viene superata a
seguito dell’infezione da HPV. In particolare, la proteina codificata
da ORF5 dell’HPV lega il complesso EVER-ZnT-1 bloccandone l’effetto inibitorio sulla proliferazione cellulare (Lazarczyk et al., 2008).
Queste osservazioni spiegano perché ceppi di b-HPV privi di ORF5 e
ORF8 non siano in grado di determinare malattia nei soggetti normali; al contrario, nei pazienti con mutazioni dei geni EVER1 o EVER2,
non è necessaria la presenza di ORF5 e ORF8 per innescare la proliferazione dei cheratinociti indotta da HPV (Patel et al., 2010).
In questo senso, EVER1 e EVER2 rappresentano quindi altri componenti della “immunità intrinseca”, cioè di quel complesso di processi
di resistenza ad agenti infettivi che non dipendono da cellule del
sistema ematopoietico.
Prospettive
Epidermodisplasia verruciforme: una
immunodeficienza congenita con selettiva
predisposizione ad infezione da β-papillomavirus
Nel 1922, Lewandowsky e Lutz descrissero una patologia dell’epidermide, ad esordio precoce, caratterizzata da lesioni cutanee persistenti dall’aspetto di verruche piane o di macule, con tendenza alla
disseminazione e con possibile evoluzione verso la degenerazione
maligna. La natura di tale patologia, oggi nota col termine di epidermodisplasia verruciforme (EV), è rimasta controversa per diversi decenni, benché già nel 1933 Cockayne ne avesse postulato un’origine
genetica, in base al frequente riscontro di consanguineità parentale e alla ricorrenza della malattia in diversi familiari. Negli anni ’70
venne dimostrata la presenza di papillomavirus umano (HPV) nelle
lesioni EV.
I papillomavirus sono piccoli virus con capside icosaedrico e senza
envelope, il cui genoma è costituito da DNA a doppia elica. Se ne
riconoscono oltre 100 genotipi diversi, che vengono raggruppati in 5
generi (a, b, g, m, n) che conservano una simile organizzazione genetica, con almeno 8 open-reading frames (ORF). Tra questi, l’ORF5
e l’ORF8 codificano per proteine implicate nell’induzione di proli-
112
Lo studio delle malattie infettive a base strettamente mendeliana ha
permesso di stabilire in modo preciso il ruolo di alcuni meccanismi
di difesa antimicrobica nell’uomo. Questi studi hanno importante valore euristico. Evidenziando importanti differenze nei meccanismi di
difesa anti-microbica nell’uomo e nel topo, essi sottolineano anche
i limiti degli studi nell’animale atti ad esplorare la suscettibilità o
la resistenza ad agenti infettivi. Inoltre, la scoperta che mutazioni
diverse nello stesso gene conferiscono una aumentata suscettibilità
a gruppi del tutto diversi di patogeni (come nel caso del rischio di
infezioni virali, da micobatteri o da candida in pazienti con mutazioni
del gene STAT1), rende evidente come siano complesse e intricate
le vie di trasduzione del segnale che sono alla base della difesa
anti-infettiva.
Parallelamente, studi strettamente genetici atti a definire il tasso di
variabilità dei geni implicati nelle difese immunitarie, hanno dimostrato come alcuni di essi (es: TLR3, MYD88, TRIF) tollerino pochissima variabilità a livello aminoacidico, mentre altri (es: TLR4) siano
più polimorfici (Casanova et al., 2011). Non è casuale che le malattie
infettive su base mendeliane finora identificate siano dovute proprio
a mutazioni a carico del primo gruppo di geni. È probabile che il
basso grado di polimorfismo a carico di questi geni rifletta la pres-
Controllo genetico, cellulare e molecolare della predisposizione a singoli agenti microbici
sione selettiva esercitata sull’uomo da agenti infettivi; mutazioni di
questi geni esporrebbero quindi a rischio elevato di malattie infettive
potenzialmente letali. Se così è, c’è da attendersi che mutazioni a
carico di altri geni non polimorfici (come quelli per TLR-7, -8 e -9 e
per alcuni dei geni che codificano per IFN-a (Casanova et al., 2011;
Manry et al., 2011) possano causare nell’uomo malattie infettive ge-
neticamente determinate. Alternativamente, è possibile che il grado
di conservazione a carico di questi geni rifletta la selezione esercitata da specie microbiche recentemente scomparse. In ogni caso,
è verosimile che questo affascinante capitolo, in rapida evoluzione,
si arricchisca di nuove e numerose scoperte nel corso dei prossimi
anni.
Box di orientamento
Che cosa si prima:
Le malattie infettive sono patologie tipicamente acquisite; la diversa risposta individuale ad uno stesso agente infettivo dipende dal diverso grado di
virulenza e a fattori concausali di rischio ambientali e costituzionali.
Le immunodeficienze primitive rappresentano un gruppo particolare di malattie genetiche caratterizzate in modo specifico da aumentato rischio di
malattie infettive. Queste ultime comprendono tipicamente un gruppo esteso di microrganismi patogeni.
Cosa sappiamo adesso:
Difetti genetici a carico di molecole coinvolte nel riconoscimento e nella risposta a singoli agenti microbici possono determinare quadri di suscettibilità
ad un gruppo ristretto di patogeni.
Lo studio di queste condizioni ha permesso di definire il ruolo essenziale svolto da alcune vie di segnale e di interazione cellulare nei meccanismi di
difesa anti-infettiva nell’uomo. Tali evidenze erano inattese in base a precedenti studi condotti nel topo.
Quali ricadute sulla pratica clinica:
L’identificazione delle basi molecolari di suscettibilità geneticamente determinata a malattie infettive consente di stabilire il rischio prognostico nei
singoli pazienti.
Nei pazienti con suscettibilità mendeliana a malattie da micobatteri, la natura del difetto genetico permette di definire la terapia più appropriata (terapia
antimicrobica eventualmente asociata a IFN-g o trapianto di cellule staminali ematopoietiche).
Analogamente, l’impiego di IFN-a può essere postulato in pazienti con encefalite erpetica da difetto di segnale via TLR-3.
Nei pazienti con malattie invasive da piogeni legate a difetti di MyD88 e IRAK4, è utile la profilassi antibatterica continuativa.
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** In questo articolo viene fornita la prima dimostrazione che l’encefalite erpetica
può essere dovuta a difetti monogenici lungo la via dei TLR e della sintesi di IFN
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** In questo lavoro, si fornisce la dimostrazione di come alcune mutazioni STAT1
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suscettibilità a micobatteriosi, ma non ad infezioni virali.
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** Questo articolo dimostra come mutazioni bialleliche nulle di STAT1 compromettano la funzione sia del complesso trascrizionale GAF che di quello ISGF3,
causando al contempo suscettibilità ad infezioni da microbatteri e da virus.
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**In questo articolo, viene fornita la prima dimostrazione di malattie infettive su
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113
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* Assieme al lavoro di Puel et al. (2010), questo articolo dimostra come la
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** Questo lavoro dimostra che la sindrome con iper-IgE è legata a mutazioni
dominanti-negative di STAT3, e pone le basi per le successive scoperte delle
basi molecolari della CMC.
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* Questo articolo conferma in modo definitivo che difetti di TLR via MyD88 e
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** In questo lavoro viene stabilito in via definitiva che la via di segnale dipendente
da TLR3 è assolutamente necessaria per proteggere nei confronti dell’encefalite
erpetica.
Corrispondenza
Luigi D. Notarangelo, Division of Immunology and The Manton Center for Orphan Disease Research, Children’s Hospital Boston, Harvard Medical
School, Karp Family Research Building 1, Blackfan Circle, Boston, MA 02115 (USA). Tel. +1-(617)-919-2276. Fax. +1-(617)-730-0709.
E-mail: [email protected].
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