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Facolta’ di Farmacia
Corso di Laurea in Farmacia
Appunti e schede di Biochimica
Prof. F. Di Lisa
Emoglobina
Vitamine
ATPasi
Bioenergetica
P450
PFK2
Ossidazione insaturi
AMPK
Lipoproteine
Digiuno-alimentazione
Metabolismo esercizio
Ischemia
Emoglobina e anidride carbonica
L'anidride carbonica prodotta viene eliminata dai polmoni
ai quali essa viene trasportata tramite il sangue. Il suo
trasporto è strettamente legato all'emoglobina e alla
necessità del mantenimento di un pH costante nel sangue.
L'anidride carbonica è presente nel sangue in tre forme
principali: come CO2 disciolta, come HCO3-, (formato
dalla ionizzazione dell'H2CO3 prodotto quando la CO2
reagisce con l'acqua) e come carbamino gruppi (formati
quando la CO2 reagisce con gli amino gruppi delle
proteine).
E' da notare che per ogni forma di anidride carbonica la
differenza artero-venosa rappresenta solo una piccola
frazione della quantità totale presente; il sangue venoso
rispetto al sangue arterioso contiene solamente circa il
10% in più di anidride carbonica totale (l'anidride
carbonica totale è data dalla somma di HCO3-, CO2
disciolta e carbamino emoglobina).
L'anidride carbonica dopo essere entrata nel flusso
sanguigno per il trasporto ai polmoni produce ioni
idrogeno. La maggior parte di essi deriva dalla
formazione di ioni bicarbonato che avviene nella maniera
seguente. L'anidride carbonica che entra nel sangue
diffonde all'interno degli eritrociti. La membrana
eritrocitaria, come molte altre membrane biologiche è
liberamente permeabile alla anidride carbonica disciolta.
All'interno degli eritrociti gran parte dell'anidride
carbonica è trasformata in acido carbonico da un enzima
intracellulare, l'anidrasi carbonica.
Dall'acido carbonico si ottengono quantità equivalenti di
H+ e HCO3-. Per la dissociazione dell'acido carbonico
vengono quindi addizionati ad ogni litro di sangue 1,69
meq di bicarbonato: di conseguenza anche 1,69 meq di H+
devono essere prodotti nello stesso volume di sangue.
L'aggiunta di questa quantità di acido ad un litro di acqua,
più di 10-3 equivalenti di H+, determinerebbe un pH finale
inferiore a 3. Poiché il pH del plasma venoso ha un valore
medio di 7,37, ovviamente molti degli H+ generati
durante la produzione di HCO3- devono essere consumati
dall'azione tampone e/o da altri processi.
A causa della compartimentazione dell'anidrasi carbonica,
tutta la conversione della CO2 ad acido carbonico ed
infine a HCO3- avviene all'interno dell'eritrocita.
Trascurabili quantità di CO2 reagiscono non
enzimaticamente nel plasma; ciò significa che,
praticamente, tutto l'incremento in HCO3- nel sangue
venoso rispetto a quello arterioso proviene da una
produzione di HCO3- intraeritrocitaria. Senza dubbio, la
maggior parte diffonde nel plasma e quindi l'HCO3- del
plasma venoso risulta più alto di quello arterioso anche se
l'eritrocita rappresenta il luogo della sua produzione.
È stato osservato che anche in presenza di inibitori
dell'anidrasi carbonica, come l'acetazolamide o il cianuro,
il sangue continua ad assorbire rapidamente una certa
quantità di anidride carbonica. Ciò è dovuto alla reazione
dell'anidride carbonica con gli amino gruppi delle
proteine all'interno dell'eritrocita in modo da formare
carbamino gruppi.
La reazione avviene principalmente con gli amino gruppi
dell'emoglobina. La deossiemoglobina forma carbamino
emoglobina più rapidamente dell'ossiemoglobina e
l'ossigenazione determina il rilascio della CO2 legata
nella carbamino emoglobina.
La formazione della carbamino emoglobina avviene solo
con gli amino gruppi alifatici non carichi, non con le
forme cariche R-NH3+. Il pH all'interno dell'eritrocita è
normalmente circa 7,2, leggermente più acido di quello
del plasma. Poichè gli amino gruppi delle proteine
presentano pK nettamente più alcalini di 7,2, essi saranno
prevalentemente in forma carica (acido indissociato). La
rimozione di alcune forme non ionizzate tramite la
formazione di carbamino gruppi sposterà l'equilibrio,
producendo più amino gruppi non carichi ed una
equivalente quantità di H+.
R-NH3+ HCO3- ←→ R-NH2 + H+
Chiaramente la formazione di un gruppo carbamino è,
come la formazione di HCO3-, un processo che genera H+.
Il fatto che solo gruppi non carichi possano formare
gruppi carbamino, limita enormemente il numero degli
stessi che possono potenzialmente partecipare a questa
reazione. Tipici amino gruppi, come gli ε-amino gruppi
delle catene laterali dei residui di lisina, hanno pK di 9,510,5. Se il pK fosse 10,2, ad un pH intracellulare di 7,2
solo un gruppo ε-aminico su mille dovrebbe essere non
carico e quindi capace di reagire con l'anidride carbonica.
Gli α-amino gruppi agli N-terminali delle proteine,
tuttavia, hanno pK molto più bassi, nell'intervallo di 7,68,4. Ciò è dovuto all'effetto di richiamo degli elettroni
esercitato dal vicino ossigeno del legame peptidico. Per
un amino gruppo con pK 8,2, si può prevedere che 1
residuo ogni 10 sia non carico all'interno della cellula e
capace di reagire con la CO2. Un pK più basso (o un pH
intracellulare più alto) comporterebbe una maggiore
disponibilità del gruppo aminico. Gli α-amino gruppi alle
estremità NH2 terminali delle catene polipeptidiche
dell'emoglobina a causa dei loro pK più bassi
rappresentano i principali siti di formazione dei gruppi
carbamino. Se tutti e quattro gli amino gruppi N-terminali
dell'emoglobina fossero bloccati chimicamente dalla
reazione con cianato, non avverrebbe più la formazione
dei gruppi carbamino.
Gli amino gruppi N-terminali delle catene formano parte
del sito di legame del DPG. Poichè i residui N-terminali
non possono legare il DPG e contemporaneamente
formare gruppi carbamino, si ha una competizione tra la
CO2 e il DPG. La CO2 diminuisce l'effetto del DPG e,
viceversa, il DPG diminuisce la capacità dell'emoglobina
di formare carbamino emoglobina.
Trascurare quest'ultima interazione porta ad una
sovrastima del ruolo della carbamino emoglobina nel
trasporto dell'anidride carbonica. Prima della scoperta
dell'effetto del DPG, erano state fatte accurate
determinazioni della capacità dell' emoglobina purificata
(senza la presenza del DPG) di formare carbamino
emoglobina. Si assunse che i risultati potessero essere
applicati all'emoglobina nell'eritrocita, giungendo
all'errata conclusione che la carbamino emoglobina fosse
responsabile del 25-30% o più del trasporto dell'anidride
carbonica. Ora invece sembra che solo il 13-15% del
trasporto dell'anidride carbonica avvenga tramite la
carbamino emoglobina.
L’emoglobina, olre al fatto di essere il carrier principale
dell’ossigeno e un trasportatore dell’anidride carbonica
sotto forma di gruppi carbamino legati covalentemente,
gioca anche il ruolo principale nel controllo degli ioni
idrogeno prodotti dal trasporto dell' anidride carbonica.
Ciò si realizza tramite un'azione tampone e tramite un
secondo meccanismo che verrà discusso in seguito. La
capacita' tamponante dell'emoglobina è dovuta ai suoi
gruppi ionizzabili con pK vicino al pH intracellulare
dell'eritrocita. Questi comprendono i quattro α-amino
gruppi degli aminoacidi N-terminall e le catene laterali
Emoglobina e CO2
imidazoliche dei residui di istidina. L'emoglobina
possiede 38 istidine per tetramero; esse quindi sono
responsabili della maggior parte della capacità tamponante
dell' emoglobina.
Nel sangue intero, l'azione tampone assorbe circa il 60%
dell'acido prodotto nel normale trasporto dell' anidride
carbonica. Sebbene l'emoglobina rappresenti nel sangue il
più importante tampone non bicarbonato, tuttavia anche i
fosfati organici negli eritrociti, le proteine plasmatiche
ecc. forniscono un importante contributo. Questi
composti tamponano circa il 10% dell'acido, lasciando
circa il 50% del controllo dell'acidità specificamente
all'azione tampone dell'emoglobina. Questi sistemi
tampone rendono minimi i cambiamenti di pH che si
verificano qualora si aggiungano degli acidi o delle basi,
ma non sono in grado di prevenirli completamente.
Quindi si osserva una lieve differenza di pH tra il sangue
arterioso e quello venoso.
La parte rimanente dell'acido che proviene dall'anidride
carbonica viene assorbita dall'emoglobina tramite un
meccanismo che non ha nulla a che vedere con l'azione
tampone. Bisogna ricordare che quando l'emoglobina si
ossigena si trasforma in un acido più forte, rilasciando H
+ (effetto Bohr). Nei capillari, dove l'ossigeno viene
rilasciato, avviene l'opposto:
HbO2 + H+ ←→ HCO3- HHb + O2
Contemporaneamente, l'anidride carbonica entra nei
capillari e viene idratata:
CO2 + H2O ←→ HCO3- ←→ H+ + HCO3,
La somma di queste due equazioni è la seguente:
HbO2 + CO2 + H2O ←→ HHb + HCO3- + O2
e mette in evidenza che questo sistema in una certa misura
può assorbire H+ che derivano dall'anidride carbonica,
senza che si verifichino variazioni nella concentrazione
degli stessi (cioè senza cambiamenti del pH). La capacità
dell'emoglobina di attuare questo meccanismo, tramite
l'effetto Bohr, è definita come il trasporto isoidrico di
CO2. Come già detto, vi èuna piccola differenza di pH tra
il plasma arterioso e quello venoso. Ciò è dovuto al fatto
che il meccanismo isoidrico non può assorbire tutto
l'acido prodotto durante il trasporto normale della CO2;
se ciò fosse possibile, non dovrebbero esserci tali
differenze.
Nel corso degli anni si sono avute differenti valutazioni
sull'importanza del meccanismo isoidrico nella
neutralizzazione della acidità normalmente prodotta dalla
respirazione. In passato, valutazioni errate erano derivate
dalle insufficienti conoscenze delle molteplici interazioni
alle quali partecipa l'emoglobina. I primi esperimenti di
titolazione di ossiemoglobina e deossiemoglobina
purificate,
hanno
rivelato
che
l'ossigenazione
dell'emoglobina comportava in media un rilascio di 0,7
H+ per ogni O2 legato. Questo valore appare ancora nei
testi e molti dati sono stati ricavati in base ad esso. Alcuni
autori hanno sostenuto che con un effetto Bohr di questa
entità il meccanismo isoidrico da solo potrebbe assorbire
tutta l'acidità prodotta dalla ossidazione metabolica dei
grassi (il QR dei grassi è pari a 0,7) e che quindi l'azione
tampone non sarebbe necessaria. Sfortunatamente la base
sperimentale per questa interpretazione non ha
fondamenti fisiologici; le titolazioni venivano effettuate
in totale assenza di anidride carbonica, che ora noi
sappiamo si lega ad alcuni gruppi coinvolti nell'effetto
Bohr formando carbamino gruppi e diminuendo quindi
l'effetto Bohr stesso. Quando successivi esperimenti
vennero condotti in presenza di quantità fisiologiche di
anidride carbonica, si verificò una drastica diminuzione
dell'effetto Bohr, al punto che a pH 7,45 il meccanismo
isoidrico apparve in grado di neutralizzare solo la quantità
di acido derivante dalla formazione dei carbamino gruppi.
Questi esperimenti, tuttavia, sono stati condotti prima
della nostra definizione della competizione tra il DPG e
2
l'anidride carbonica per la stessa regione della molecola
emoglobinica.
Infine, nel 1971, sono state eseguite accurate titolazioni
del sangue intero in condizioni presumibilmente
fisiologiche che hanno fornito un valore di 0,31 H+
rilasciati per O2 legato. Questo valore è la base della
attuale asserzione che il meccanismo isoidrico è
responsabile della neutralizzazione di circa il 40%
dell'acidità prodotta durante il normale trasporto
dell'anidride carbonica. I contributi percentuali dei vari
meccanismi al controllo del-l'acidità derivante dal
trasporto dell'anidnde carbonica sono riassunti nella
tabella che segue.
Controllo dell'eccesso di H+ prodotto durante il normale
trasporto dell'anidride carbonica
Tamponamento
da parte dell'emoglobina
da parte di altri tamponi
Meccanismo isoidrico
50%
10%
40%
E' ovvio il ruolo principale svolto dall'emoglobina in
questa funzione.
Abbiamo visto che, essenzialmente, tutta la formazione
dell'HCO3- è intracellulare, catalizzata dalla anidrasi
carbonica, e che la grande quantità di H+ prodotta dalla
CO2 avviene all'interno dell'eritrocita. Queste due
osservazioni giustificano la distribuzione finale
dell'HCO3- nel plasma e nell'eritrocita. La formazione
intracellulare dell'HCO3- ne incrementa la concentrazione
all'interno dell'eritrocita. Poiché l'HCO3- è il Clattraversano liberamente la membrana, l'HCO3- diffonderà
fuori dall'eritrocita aumentando la sua concentrazione
plasmatica. Quando ciò si verifica, deve essere mantenuta
la neutralità elettrica attraverso la membrana; ciò si può
realizzare in linea di principio o mediante ioni con carica
positiva che accompagnano l'HCO3- fuori dalla cellula o
mediante altri ioni carichi negativamente che entrano
nella cellula sostitiuendo l'HCO3-. Poiché la distribuzione
dei principali cationi, Na+ e K+ è strettamente controllata,
si realizza il secondo meccanismo considerato e i Clrappresentno gli ioni che vengono scambiati con gli ioni
bicarbonato. Così appena l'HCO3- viene formato nei
globuli rossi durante il loro passaggio attraverso il letto
capillare, esso fuoriesce nel plasma e il Cl- entra negli
eritrociti per rimpiazzarlo. Nei polmoni, dove sono
invertiti tutti gli eventi che si verificano nel letto capillare
dei tessuti periferici, l'HCO3- migra all'interno degli
eritrociti per essere trasformato in CO2 che verrà espirata
e Cl- ritorna nel plasma. Lo scambio di Cl- e HCO3- che si
verifica tra il plasma e l'eritrocita prende il nome di shift
del cloruro.
Il tamponamento intracellulare di H+ derivante
dall'anidride carbonica determina un rigonfiamento delle
cellule, dando luogo ad un sangue venoso con un
ematocrito leggermente più alto (0,6%) rispetto al sangue
arterioso (l'ematocrito rappresenta il volume percentuale
dei globuli rossi nel sangue). Questo avviene perchè la
carica di ogni molecola di emoglobina diventa più
positiva per ogni H+ legato. Ogni carica positiva legata
richiede una carica negativa per mantenere la neutralità.
Così in conseguenza dell'azione tampone vi è un netto
accumulo di HCO3- o Cl- all'interno dell'eritrocita. In
seguito a tale accumulo si ha un incremento della
pressione osmotica dei liquidi intracellulari. Quindi
l'acqua entra all'interno delle cellule determinando il loro
leggero rigonfiamento. Normalmente, l'ematocrito del
sangue arterioso dovrebbe essere 44.8 quello del sangue
venoso 45.1.
Le relazioni fin qui descritte tra i ligandi dell'emoglobina
possono essere riassunte schematicamente come segue:
Emoglobina e CO2
Questa equazione dimostra che cambiamenti nella
concentrazione di H+, DPG o CO2 hanno effetti simili sul
legame dell'ossigeno. L'equazione aiuterà a ricordare
l'effetto dei cambiamenti di qualcuna di queste variabili
sull' affinità dell' emoglobina per l'ossigeno. La quantità
di DPG nei globuli rossi è controllata dalla inibizione
da prodotto della sintesi e dal pH. L'ipossia comporta
aumentati livelli di deossiemoglobina. Poiché la
deossiemoglobina lega il DPG molto fortemente, nelle
condizioni di ipossia vi è meno DPG libero in grado di
inibire la sua stessa sintesi e così i suoi livelli
cresceranno. L'effetto del pH consiste nel fatto che alti
valori di pH aumentano la sintesi di DPG mentre bassi
valori di pH la diminuiscono; ciò riflette l'effetto del pH
sulla DPG mutasi, l'enzima che catalizza la formazione di
DPG. Poichè le variazioni nei livelli di DPG richiedono
molte ore per realizzarsi completamente, ne consegue che
l’effetto immediato di una dimunuzione del pH del
sangue consisterà nell’aumentato rilascio dell’ossigeno
3
tramite l’effetto Bohr. Se l’acidosi è prolungata (molte
cause di acidosi metabolica cronica non sono associate
con al necessità di un aumentato rilascio dell’ossigeno), la
diminuita sintesi del DPG conduce ad un abbassamento
della concentrazione intracellulare dello stesso e l’affinità
dell’emoglobina per l’ossigeno ritorna normale. In questo
modo disponiamo di un meccanismo che può rispondere
in maniera appropriata a condizioni acute, come un
vigoroso esercizio fisico, ma che trovandosi di fronte ad
una prolungata anormalità di pH ripristina il normale (e
presumibilmente ottimale) rilascio dell’ossigeno.
Gli effetti opposti prodotti sull'affinità dell'emoglobina
per l'O2 dai meccanismi messi in gioco dall'ipossia sono
riassunti nello schema seguente.
VITAMINE E COENZIMI*
Generalità
Le vitamine sono composti organici necessari per le normali funzioni dell'organismo, ma che
l'organismo non è in grado di sintetizzare. Per questo devono essere presenti, seppure in piccole
quantità, nella dieta. Il termine vitamina, cioè amina indispensabile per la vita, originariamente
attribuito alla vitamina B, (un'amina), fu mantenuto anche quando si riconobbe che gli altri fattori
vitaminici non sono affatto delle amine.
Classificazione
In rapporto alla loro solubilità le vitamine sono state classificate in vitamine liposolubili e vitamine
idrosolubili. Le prime, comprendenti le vitamine A, D, E, F e K, insolubili in mezzi acquosi, sono
trasportate e depositate nell'organismo in modo identico, o analogo, ai lipidi. La maggior parte delle
vitamine idrosolubili, comprendenti la vitamina C ed il complesso delle vitamine B, agiscono previa
trasformazione nei relativi coenzimi.
Alcune vitamine, o derivati di queste, sono necessarie per l'accrescimento di microorganismi e per
questo vengono chiamate «fattori di crescita». Sostanze chimiche analoghe alle vitamine, ma aventi
azione biochimica antagonista sono le «antivitamine».
Fabbisogno
Il fabbisogno medio dell'uomo pro-die varia considerevolmente da vitamina a vitamina: 30 mg per la
vitamina C, 1 mg per la B1, 0,01 mg per la vitamina D e 0,001 mg per la B12. Il fabbisogno vitaminico
varia anche da un individuo ad un altro e nello stesso individuo in rapporto con i più svariati fattori
ambientali, dietetici, di attività ecc.
Deficienze
Le malattie da deficienza vanno sotto il nome di avitaminosi; le più note sono il rachitismo (avitaminosi
D), lo scorbuto (avitaminosi C), il beri beri (avitaminosi B,) e la pellagra (avitaminosi PP). Il termine
ipovitaminosi viene talvolta usato per indicare uno stato di carenza parziale. Esiste poi una deficienza
vitaminica condizionata dovuta a deficiente assorbimento intestinale. L'anemia perniciosa, per
esempio, è considerata uno stato di deficienza condizionata di vitamina B12.
*
Tratto dal testo Biochimica Medica di Siliprandi e Tettamanti, Ed. Piccin
vitamine
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LE VITAMINE IDROSOLUBILI
Vitamina C
Chimica - La vitamina C, o acido ascorbico, è il γ-lattone dell'acido deidrogulonico. Le sue proprietà
acide derivano dalla dissociabilità del protone dell'ossidrile enolico in C,. L'acido ascorbico viene
ossidato ad acido deidroascorbico per azione della ascorbico ossidasi, enzima a rame presente nei
vegetali, ma anche per azione di tracce di rame e di altri metalli. Per questa facile ossidabilità il
contenuto in acido ascorbico dei prodotti naturali che lo contengono può diminuire. Tuttavia alcuni
polifenoli, specie rutina, quercetina ed altri flavonoidi (talvolta denominati vitamina P), pure contenuti
negli stessi vegetali esplicano azione protettiva, forse in quanto capaci di chelare gli ioni Cu*` che
catalizzano la degradazione ossidativa della vitamina C. L'acido deidroascorbico può essere
riconvertito in acido ascorbico a spese del glutatione ridotto e per azione di una specifica riduttasi.
Irrecuperabile è invece l'acido 2,3-dichetogulonico, prodotto di idratazione dell'acido deidroascorbico:
Azione - La vitamina C è un fattore necessario per la idrossilazione della prolina e lisina
rispettivamente in idrossiprolina ed idrossilisina da parte della prolina e della lisina ossidasi. Queste
idrossilazioni, che interessano i residui della prolina e della lisina nelle fibrille di protocollagene, non
possono avvenire sugli stessi amino acidi liberi. Si tratta di una modificazione postsintetica proteica
necessaria per la normale conformazione delle nascenti fibre di collagene. È per questa ragione che
in mancanza di vitamina C il collagene, strutturalmente anomalo, non è più in grado di esplicare la sua
normale funzione cementante intercellulare.
Altre idrossilazioni dipendenti da acido ascorbico sono quelle che intervengono nella trasformazione
del colesterolo in acidi biliari (donde la ipercolesterolemia che si può riscontrare nella avitaminosi C) e
nel metabolismo della tirosina, donde l'alcaptonuria.
In virtù della sua capacità riducente non enzimatica, l'acido ascorbico facilita l'assorbimento intestinale
del ferro, riducendolo e mantenendolo allo stato ferroso. L'acido ascorbico facilita anche il trasporto
del ferro dal plasma al fegato e la sua incorporazione nella ferritina, la forma primaria di deposito del
ferro nel fegato.
Deficienza - Nell'uomo la deficienza di vitamina C, quale si può verificare in seguito ad alimentazione
povera o priva di verdure fresche, può portare allo scorbuto. Tipiche manifestazioni dello scorbuto
sono: fragilità dei piccoli vasi e dei capillari, con conseguenti emorragie, dovute alla difettosa qualità
della sostanza cementante le cellule endoteliali; piorrea, causata da difetto delle connessioni
connettivali che fissano i denti negli alveoli, ritardo di cicatrizzazione delle ferite e di saldatura delle
fratture. Nel bambino il processo di ossificazione è alterato per anomalie di formazione della matrice
ossea, donde le alterazioni strutturali e funzionali scheletriche tipiche del morbo di Barlow. Se ne
deduce che le manifestazioni di deficienza di vitamina C sono a carico dei tessuti di sostegno di
origine mesechimale (ossa, cartilagine, tessuto connettivo), proprio per un difetto di formazione della
sostanza cementante intercellulare, che ha fra i componenti principali il collagene.
Solo l'uomo, i primati e le cavie sono suscettibili di avitaminosi C; gli altri animali sintetizzano infatti
l'acido ascorbico dall'acido glucuronico, metabolita del glucosio. Poiché la incapacità di questa sintesi
da parte dell'uomo, primati e cavie è dovuta alla mancanza congenita di un enzima (la L-gulonolattone
ossidasi), si può a ragione considerare lo scorbuto comeuna enzimopatia ereditaria di specie.
Distribuzione e fabbisogno - La vitamina C è contenuta nella frutta e verdure fresche.
Particolarmente ricchi ne sono gli agrumi, le fragole ed i pomodori.
Nell'organismo animale particolarmente ricche di vitamina C sono le ghiandole surrenali in relazione,
probabilmente, ai numerosi processi idrossilativi che vi si svolgono. La circostanza che la tossina
difterica ed altre tossine batteriche determinano una forte riduzione di vitamina C nelle surrenali, rende
verosimile la sua utilità nel potenziamento dei meccanismi di difesa contro le infezioni.
Il fabbisogno di vitamina C per l'uomo adulto è di 50-60 mg/die. È questa una dose sufficiente a
mantenere immodificato il pool di vitamina C nell'intero organismo (1,5 g.). Dosi superiori vengono
bene tollerate, anche per il fatto che il surplus di vitamina C non si deposita nei tessuti, ma viene
eliminato con le urine. Questa eliminazione non ha tuttavia luogo fino a che i tessuti non ne siano stati
vitamine
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fisiologicamente saturati. Il contenuto di acido ascorbico nel plasma di un uomo normoalimentato è di
0,7-1,2 mg/l00 ml.
LE VITAMINE B ED I LORO COENZIMI
In genere le vitamine B esplicano la loro azione fisiologica solo dopo essere state trasformate
nell'organismo nei corrispondenti coenzimi; questi in associazione con proteine (apoenzimi)
costituiscono determinati enzimi (oloenzimi):
oloenzima ↔ apoenzima + coenzima
Nella tabella che segue vengono elencati i coenzimi derivati da vitamine del complesso B.
Dal momento che queste vitamine adempiono alla loro funzione metabolica solo se previamente
trasformate nell'organismo nei corrispondenti coenzimi, alterazioni metaboliche possono originare,
oltre che per carenza alimentare di questi fattori, anche per una inadeguata capacità dell'organismo a
convertire le vitamine libere nei coenzimi.
Tutte le alterazioni metaboliche che conseguono a deficienza di una o più vitamine del gruppo B
possono ricondursi ad alterazioni della funzionalità dei sistemi enzimatici nei quali le vitamine entrano
come cofattori. La maggior parte dei sintomi clinici da carenza vitaminica, al contrario, non è ancora
stata messa in rapporto con le reazioni enzimatiche nelle quali le vitamine intervengono.
Ribofiavina (Vitamina B1)
Chimica - La riboflavina è la 7,8-dimetil-N,10-1'-ribitil-isoallosazina. Deriva cioè dall'unione del nucleo
isoallosazinico con il ribitolo, l'alcool che si forma per riduzione del ribosio. E una sostanza gialloverde, intensamente fluorescente alla luce ultravioletta e fotolabile:
Deficienza - Nell'uomo una deficienza di riboflavina è molto rara e si manifesta con cheilosi (lesioni
alle labbra), stomatite angolare (ragadi e macerazione in corrispondenza delle commessure labiali),
glossite (lingua scarlatta, dolente), dermatite seborroica del naso e delle palpebre, opacità e
vascolarizzazione corneale. La avitaminosi sperimentale nel ratto si manifesta con arresto
dell'accrescimento e con dermatite.
Diffusione e fabbisogno - La sua ampia diffusione sia nel regno animale che vegetale spiega la
difficile evenienza di una avitaminosi da riboflavina. Il fabbisogno dell'uomo adulto può essere stimato
intorno ai 2 mg/die.
Coenzimi
I coenzimi derivanti dalla riboflavina sono il flavin mononucleotide (FMN) o riboflavinfosfato ed il
vitamine
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flavindinucleotide (FAD).
Gli enzimi che contengono l'uno o l'altro dei coenzimi flavinici sono gli enzimi flavinici. In essi FNM o
FAI) sono covalentemente legati alla porzione proteica e costituiscono la sede del processo ossido
riduttivo che si attua secondo il seguente equilibrio:
Biosintesi - Il FMN si forma per fosforilazione della riboflavina a spese del. l'ATP e per azione della
flavochinasi:
Il FAD si forma per adenilazione dei FMN, catalizzata dalla FAD sintetasi:
Nicotinamide (Vitamina PP)
I due vitameri PP sono l'acido nicotinico e la sua amide, nicotinamide, che vengono anche designati
con il termine comprensivo di niacina. La forma attiva è in realtà la nicotinamide; l'acido nicotinico,
suscettibile di essere trasformato in nicotinamide dall'organismo, ne è il precursore. La nicotinamide
viene eliminata con le urine in forma metilata: N-metilnicotinamide:
Deficienza - Nell'uomo la deficienza di vitamina PP porta alla pellagra (donde la sigla PP = Previene
Pellagra), caratterizzata da dermatite, demenza e diarrea (malattia delle tre d). La dermatite, che è
vitamine
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l'espressione più precoce e caratteristica della pellagra (pellagra), consiste in un'ispessimento ed
annerimento della pelle in corrispondenza delle parti generalmente esposte alla luce (faccia e mani).
La pellagra si riscontra in popolazioni a dieta ipoproteica e ricca di mais (polenta). Il mais, privo di
nicotinamide, contiene come componente proteico la zeina, una proteina poverissima di triptofano,
l'amino acido da cui l'organismo può sintetizzare la nicotinamide.
Distribuzione e fabbisogno - La vitamina PP è presente in buona quantità nelle carni, mentre è
scarsa nei vegetali. Il fabbisogno di vitamina PP dell'uomo è di 20 mg per giorno. Se si tiene conto che
60 mg di triptofano producono nel nostro organismo 1 mg di niacina e che con la dieta normale non si
introducono più di 400-500 mg di triptofano, si comprende come sia necessaria la introduzione della
vitamina PP come tale.
Coenzimi
I coenzimi che derivano dalla nicotinamide sono il NAD (Nicotinamide Adenin Dinucleotide) ed il
NADP (Nicotinamide Adenin Dinucleotide Fosfato - in inglese Phosphate), indicati comprensivamente
come coenzimi piridinnucleotidici. NAD e NADP sono dinucleotidi in quanto costituiti da un (mono)nucleotide, l'AMP, legato ad altro (mono)nucleotide che ha la nicotinamide come base eterociclica: di
qui la loro denominazione.
Funzione - NAD e NADP sono i coenzimi di numerose deidrogenasi, denominate deidrogenasi
piridiniche. Nei processi ossidoriduttivi, catalizzati da queste deidrogenasi, NAD e NADP vengono
alternativamente ossidati e ridotti in corrispondenza della nicotinamide, che ne costituisce il centro
attivo secondo il seguente equilibrio:
Dei due atomi di H (2 protoni + 2 elettroni), ceduti dal substrato ossidabile, nell'anello piridinico del
+
+
NAD , o del NADP entrano due elettroni ed un protone (cioè un ione idruro: H ), il restante protone
+
(H ) viene rilasciato nel mezzo:
Pertanto se la reazione di riduzione ha luogo in un mezzo non tamponato il pH diminuisce. Le sigle dei
due coenzimi allo stato ossidato portano il segno +: NAD' e NADP` ad indicare la carica positiva
dell'anello piridinico; allo stato ridotto vengono abbreviati con le sigle NADH e NADPH rispettivamente.
Una proprietà peculiare e di notevole importanza pratica dei coenzimi piridinici è la loro capacità di
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assorbire le lunghezze d'onda intorno a 340 nm allo stato ridotto, ma non allo stato ossidato, come si
può osservare negli spettri di assorbimento riportati nella figura sottostante.
Si può osservare che mentre il picco di assorbimento intorno a 270 nm, dovuto alla porzione
adenosinica, non si modifica con lo stato ossido riduttivo dei coenzimi, il picco più appiattito intorno a
340 nm è tipico ed esclusivo dello stato ridotto. Il differente comportamento spettrofotometrico a 340
nm riflette il diverso assetto elettronico dell'anello piridinico allo stato ossidato ed allo stato ridotto
(vedi struttura dell'anello piridinico nei due stati). La misura dell'assorbimento della luce a 340 nm
durante il decorso di reazioni, catalizzate da deidrogenasi NAD(P) dipendenti, consente la stima dello
stato di riduzione, o di ossidazione, del coenzima. Ciò costituisce la base per la determinazione di
molti enzimi e metaboliti in chimica clinica.
Nelle cellule il NAD è presente prevalentemente nella forma ossidata ed il NADP nella forma ridotta.
Infatti mentre il NADP è generalmente impiegato nelle reazioni di riduzione, cioè per ridurre un
substrato, il NAD è prevalentemente utilizzato nelle reazioni di ossidazione, cioè per ossidare un
substrato.
NAD come donatore di «ADP-ribosio» - Il NAD agisce anche come agente «ADP-ribosilante», in
quanto capace di cedere il raggruppamento «ADP-ribosio» (ADPR) a determinate proteine.
Tiamina (Vitamina B,)
Chimica - La molecola della tiamina consta di un anello pirimidinico ed uno tiazolico, entrambi
sostituiti, legati fra loro da un gruppo metilenico:
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Deficienza - Nell'uomo la tipica avitaminosi B, è il beri beri, che colpisce generalmente le popolazioni
orientali la cui nutrizione è a base di riso brillato, cioè privo della cuticola. Nella così detta forma
secca, il beri beri si manifesta con polineurite periferica (ischialgia e brachialgia), che regredisce
prontamente per somministrazione di tiamina. Il beri beri umido, oltre che da polineurite, è
caratterizzato da edemi diffusi con insufficienza circolatoria. L'alcoolismo predispone ad una
deficienza di tiamina, sia perchè l'etanolo altera l'assorbimento intestinale della tiamina, sia perchè le
lesioni epatiche che ne conseguono compromettono la conversione della tiamina nel suo coenzima.
La sindrome encefalopatica di Wernicke-Korsakoff, che si può manifestare negli alcoolisti con perdita
della memoria, atassia e stato confusionale, viene infatti notevolmente alleviata dalla
somministrazione di elevate dosi di tiamina.
La flora intestinale elabora la tiaminasi, che demolisce la tiamìna nei due anelli costituitivi,
inattivandola. La iperproduzione di questa enzima da parte di una flora intestinale alterata può
causare una deficienza (condizionata) di tiamina.
Distribuzione e fabbisogno . Gli alimenti più ricchi di tiamina sono i piselli, i fagioli, le lenticchie ed i
lieviti. Ricca di tiamina è la crusca di frumento e di riso; per contro privi di tiamina sono il pane bianco
ed il riso brillato. La dose giornaliera raccomandata per l'uomo è di 0,5 mg. ogni 1000 kcal introdotte
con la dieta. Questa dose va aumentata se la dieta è prevalentemente glucidica (a comprova che il
coenzima derivante dalla tiamina interviene nel metabolismo glucidico).
Coenzima
Nell'organismo la tiamina si trasforma in tiamina pirofosfato (DPT), il coenzima della piruvato e della αchetoglutarato deidrogenasi e della transchetolasi.
La sintesi della DPT avviene per pirofosforilazione della tiamina ad opera
della tiamina pirofosfochinasi:
Tiamina + ATP Æ DPT + AMP
In tutte le reazioni catalizzate dagli enzimi DPT dipendenti il centro attivo è il C-2 dell'anello tiazolico
della DPT che tende a dissociare il protone per formare un carbanione:
Il carbanione attacca con meccanismo nucleofilico il carbonio carbonilico dell' a-chetoacido (acido
piruvico nell'esempio della figura seguente) che, dopo risistemazione degli elettroni, va incontro a
decarbossilazione. Nei tessuti animali il residuo del metabolita decarbossilato (aldeide acetica
nell'esempio) viene trasferito sull'acido lipoico ossidato per formare l'acido acetil lipoico; nei lieviti
viene invece rilasciato in forma di aldeide.
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Tenendo presente che la DPT è il coenzima della piruvato deidrogenasi, si comprende perchè
nell'avitaminosi B, si abbia un aumento dell'acido piruvico nel sangue e nei tessuti. Inoltre la
sottoutilizzazione dell'acido piruvico, metabolita del glucosio spiega perchè i sintomi della avitaminosi
B, siano prevalentemente nervosi. Infatti il tessuto nervoso utilizza i glucidi preferenzialmente, se non
esclusivamente.
Acido lipoico
Chimica - E l'acido 6,8-ditioottanico, che può esistere nella forma ossidata e ridotta:
L'acido lipoico insieme con la DPT è cofattore necessario per la attività della piruvato e della αchetoglutarato deidrogenasi. Si ancora ad un componente proteico di questi complessi enzimatici
formando un legame covalente (carboamidico) con un residuo di lisina:
Poichè gli animali superiori quasi certamente lo sintetizzano nelle quantità minime necessarie, l'acido
lipoico viene considerato una pseudo-vitamina.
Funzione - Nell'ambito della piruvato e della a-chetogluratato deidrogenasi l'acido lipoico riceve dalla
idrossietil-DPT il radicale bicarbonioso (aldeide acetica attiva) ossidandolo ad acetile per poi trasferirlo
sul coenzima A (Fig. 8.11). La diidrolipoil deidrogenasi, che ossida l'acido diidrolipoico in acido lipoico,
è una flavoproteina che si riossida a spese del NAD'.
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I due gruppi tiolici vicinali dell'acido lipoico ridotto reagiscono con elevata affinità con alcuni tossici
quali arsenito, ioni mercurici, tellurito ecc. per formare dei coniugati molto stabili che prevengono
l'azione fisiologica dell'acido lipoico:
Così si spiega l'azione tossica di questi agenti abbastanza diffusi. Efficace antidoto ne è il BAL
(British Anti Lewisite o mercaptopropanolo), così denominato in quanto originariamente impiegato
come antidoto della Lewisite, un gas di guerra arsenicale. Il BAL compete con l'acido lipoico formando
con i tossici dei composti solubili atossici che vengono escreti con le urine:
Acido pantotenico
Chimica - L'acido pantotenico è composto dall' acido α,γ-diossi-β,β'dimetilbutirrico (ac. pantoico) unito
tramite legame carboamidico con la β-alanina.
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Il legame carboamidico fra acido pantoico e β-alanina è resistente all'azione degli enzimi proteolitici
del tubo digerente; per questa ragione e per essere bene assorbito dall'intestino, l'acido pantotenico è
efficiente anche quando somministrato per os.
Deficienza - Nell'uomo una avitaminosi da deficienza di acido pantotenico non è nota. Ciò dipende
anche dalla ubiquitarietà di questo fattore vitaminico negli alimenti naturali (donde la denominazione di
pantotenico). Nel ratto la deficienza di acido pantotenico si manifesta con dermatite essudativa specie
intorno agli occhi (ratto con gli occhiali) e lesioni surrenaliche. Il ratto nero va incontro ad un
ingrigimento del pelo.
Fabbisogno - Non è noto con certezza. La introduzione di 5-10 mg per giorno viene considerata
adeguata per l'uomo.
Coenzima
Il coenzima derivante dall'acido pantotenico è il coenzima A, o coenzima della acilazione:
Coenzima A
Il gruppo del coenzima A al quale si legano gli acili è il gruppo-SH: donde la sigla CoA-SH. Anche la
fosfopantoteina, che è parte della molecola del CoA-SH (vedi formula) agisce, analogamente al CoASH, come accettore di acili (vedi biosintesi degli acidi grassi pag. 352) e può a ragione considerarsi un
coenzima. Il CoA-SH può essere alternativamente acetilato e deacetilato (o acilato e deacilato nel
caso generale) come segue:
Il legame tioestereo viene indicato con il simbolo ~ , in quanto "ricco di energia" (8 Kcal/mole).
L'elevato contenuto di energia degli acil CoA li rende metabolicamente reattivi; i corrispondenti acidi
grassi liberi sono invece metabolicamente inerti.
Vitamina B6 (piridossolo, piridossale, piridossamina)
Chimica - I vitameri della B6 sono composti piridinici, largamente distribuiti sia nel regno animale che
vegetale. Il vitamero più diffuso è il piridossolo (2-metil-3-idrossi-4,5-diidrossimetilpiridina). Nel fegato il
piridossolo si converte negli altri vitameri liberi (piridossamina e piridossale) e fosforilati
(piridossalfosfato e piridossamina fosfato) come indicato nella figura seguente.
L'acido piridossico è il catabolita terminale dei vitameri B6 e lo si ritrova nelle urine come prodotto di
escrezione.
Deficienza - La deficienza di B6 determina, anche nell'uomo, la sintomatologia seguente: 1) dermatite,
che essendo nel ratto localizzata in corrispondenza delle estremità (muso, coda, orecchie e zampe)
viene denominataacrodinia; 2) anemia microcitica ipocromica, caratterizzata da globuli rossipiù piccoli
e più pallidi che di norma, in quanto più poveri in emoglobina.All'ipocromia si accompagna
emosiderosi, cioè aumento del ferro plasmatico, conseguenza di una sua subottimale utilizzazione
nella biosintesi dell'eme; 3) nevrite con demielinizzazione dei nervi periferici (la nevrite daavitaminosi
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tiaminica non si accompagna a demielinizzazione); 4) convulsioni epilettiformi, espressione di
ipereccitabilità delle cellule cerebrali; 5) eliminazione urinaria di acido xanturenico, indice della
incapacità dell'organismoa metabolizzare normalmente il triptofano e precisamente di trasformare la3idrossi-chinurenina in acido 3-idrossi-antranilico. Il reperimento di acido xanturenico nelle urine dopo
carico di triptofano costituisce infatti il criterio più sicuro per la diagnosi di deficienza da B6.
Manifestazioni di deficienza di B6 si riscontrano facilmente in bambini a dieta artificiale, o in bambini
affetti da un errore ereditario del metabolismo, caratterizzato da un abnormemente elevato fabbisogno
di triptofano.
Nell'uomo adulto una avitaminosi B6 può insorgere in seguito a somministrazione prolungata
dell'idrazide dell'acido isonicotinico. Questo farmaco, che trova impiego nella terapia della tubercolosi,
reagisce con il piridossal fosfato formando un'aldimina stabile, così sottraendolo al suo compito
coenzimatico:
Distribuzione e fabbisogno - Fonti alimentari di vitamina B6 sono fegato, carne, cereali ed uova. Il
fabbisogno di vitamina B6 per l'uomo può considerarsi intorno ai 2 mg pro-die; proporzionale
comunque alla quota proteica ingerita, così come il fabbisogno di tiamina è proporzionale alla quota
glucidica.
Coenzima
Il coenzima derivante dalla vitamina B6 è il piridossal fosfato, che, legato a specifici apoenzimi,
catalizza numerose reazioni enzimatiche, aventi come substrato gli amino acidi. Le tre più importanti
sono: transaminazione, decarbossilazione e racemizzazione (quest'ultima solo nei batteri), di ciascuna
delle quali viene riportato un esempio tipico.
Il piridossal fosfato è anche coenzima della fosforilasi, enzima che interviene nel metabolismo del
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glicogeno.
Il piridossal fosfato nelle reazioni di transaminazione - Nel processo di transaminazione, che
implica il trasferimento del gruppo aminico da un amino acido (donatore) ad un chetoacido (accettore),
il piridossal fosfato nell'ambito delle transaminasi interviene come intermediario della reazione,
accettando il gruppo aminico dell'amino acido per cederlo al chetoacido. Durante questo trasferimento
il piridossal fosfato viene transitoriamente trasformato in piridossamina fosfato:
1) glutammato + piridossal fosfato Æ α-chetoglutarato + piridossamina fosfato;
2) piruvato + piridossamina fosfato Æ alanina + piridossal fosfato.
Queste due reazioni accoppiate sono a loro volta scindibili in reazioni intermedie, nelle quali si forma
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una aldimina (Ia base di Schiff) tra piridossal fosfato ed amino acido. La aldimina si converte in
chetimina (IIa base di Schiff) che si idrolizza in piridossamina fosfato e chetoacido. In una successione
inversa delle stesse reazioni la piridossamina fosfato reagisce con il chetoacido (piruvato), accettore
del -NH2, per formare la chetimina che si trasforma in aldimina; alla fine si ripristina il piridossal fosfato
con formazione di alanina.
Il piridossal fosfato nelle reazioni di decarbossilazione - Come coenzima delle decarbossilasi il
piridossal fosfato, legando l'amino acido in forma di aldimina, ne catalizza la decarbossilazione:
Una reazione di decarbossilazione piridossal fosfato dipendente di notevole interesse medico è la
decarbossilazione dell'acido glutammico in acido γ-aminobutirrico (GABA) da parte della glutammato
decarbossilasi delle cellule cerebrali:
Il GABA agisce come moderatore della eccitabilità delle cellule nervose. La sua insufficiente
formazione nella carenza di B6, che implica una diminuita attività della glutammato decarbossilasi,
spiega la sindrome epilettiforme che caratterizza la avitaminosi B6.
Biotina
Chimica - La molecola della biotina consta di un nucleo derivante dalla fusione dell'anello
dell'imidazolo con quello del tiofene e, come nell'acido lipoico, di una catena laterale di 5 atomi di C:
Analogamente all'acido lipoico, la biotina è saldamente legata alla porzione proteica degli enzimi
biotina dipendenti con un legame carboamidico fra gruppo carbossilico della sua catena laterale e
gruppo aminico e di un residuo di lisina. Infatti fra i prodotti di idrolisi enzimatica od acida degli enzimi
biotina dipendenti si ritrova la e-N-biotinil lisina, detta anche biocitina. Ciò significa che il legame
carboamidico fra biotina e residuo della lisina è più resistente di quello carboamidico intercorrente fra i
residui degli amino acidi costituenti la proteina.
Deficienza - La avitaminosi da biotina non può essere provocata mediante somministrazione di una
dieta carente di questo fattore, in quanto la flora batterica intestinale sintetizza questa vitamina molto
attivamente, come è dimostrato dal riscontro di biotina nelle feci in quantità superiore a quanta ne
viene ingerita. Una deficienza da biotina può essere ottenuta o sterilizzando con antibiotici il tubo
digerente, oppure ingerendo bianco d'uovo. Il bianco d'uovo contiene, infatti, una glicoproteina basica
detta «avidina», che si combina con la biotina sottraendola all'assorbimento intestinale. La
denaturazione mediante calore toglie all'avidina questa proprietà. Per questa ragione il bianco d'uovo
provoca deficienza di biotina solo se crudo. Pallore, dolori muscolari, facile affaticabilità si possono
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riscontrare in soggeti sovralimentati con uova fresche. Tali sintomi possono quindi essere considerati
espressione di avitaminosi biotinica.
Distribuzione e fabbisogno - Cibi ricchi di biotina sono: fegato, rene e soprattutto tuorlo d'uovo. Si
noti che il bianco d'uovo contiene invece l'avidina. Per l'uomo il fabbisogno di biotina si calcola intorno
a 0.1 mg/die.
Funzione coenzimatica. La biotina è il coenzima delle carbossilasi, enzimi che catalizzano la
fissazione della CO, su determinati substrati. Le carbossilasi biotina dipendenti sono: la aceti! CoA
carbossilasi, la propionil CoA carbossilasi e la piruvato carbossilasi, che catalizzano rispettivamente le
seguenti reazioni:
Si può osservare che la carbossilazione interessa sempre il carbonio attiguo al gruppo carbonilico.
Come illustrato dalla figura sottostante, nelle carbossilasi (biotinil enzimi) la biotina è il centro attivo in
corrispondenza del quale si lega uno dei substrati della reazione: la CO2. Le reazioni di
carbossilazione avvengono in due fasi: 1) attivazione della CO2 e sua fissazione sul biotinil enzima; 2)
trasferimento della CO2 attivata sull'accettore.
Le carbossilasi sono costituite di tre unità proteiche: la «biotin carrier protein», che fa da supporto alla
biotina; la biotina carbossilasi, che catalizza la fissazione, dipendente da energia, dello ione carbonato
sulla biotina e la transcarbossilasi che trasferisce il radicale carbonilico dalla biotina all'accettore.
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Acido paraminobenzoico (PABA)
Il PABA non è una vitamina, in quanto gli animali non sono in grado di utilizzarlo. Costituisce invece
un fondamentale fattore di accrescimento per molte specie di microorganismi, alcune delle quali
patogene, che lo utilizzano per la sintesi degli acidi folici. Il PABA entra infatti nella costituzione
dell'acido folico e la sua essenzialità per i microorganismi capaci di utilizzarlo deriva dalla sua
necessaria disponibilità per la biosintesi dell'acido folico. È ovvio quindi che i microorganismi che per il
loro accrescimento richiedono il PABA non richiedano l'acido folico, mentre quelli che non richiedono il
PABA, in quanto incapaci di utilizzarlo per la sintesi dell'acido folico, richiedano quest'ultimo come
fattore di accrescimento.
Il PABA riveste interesse per la sua «competizione» con i sulfamidici.
Questi ultimi, analoghi strutturali del PABA (confronta la formula del PABA con quella della
sulfanilamide, uno dei primi sulfamidici usati), inibiscono infatti la incorporazione del PABA nell'acido
folico, arrestando l'accrescimento dei microorganismi PABA dipendenti; da qui l'azione antibatterica
dei sulfamidici.
Acidi folici
Chimica - Gli acidi folici sono peptidi costituiti da acido pteroico e da una o più molecole (1,3,5 o 7) di
acido glutammico: acido pteroil glutammico.
L'acido pteroico è il prodotto di condensazione fra 2-amino-4-ossi-6-metilpterina e acido paminobenzoico. I residui dell'acido glutammico sono legati tra loro con legami -y-glutamilici:
L'acido paraminobenzoico (PABA) è quindi parte della molecola dell'acido folico. Gli acidi folici
presenti in natura contengono più molecole di acido glutammico (da 3 a 7), ma durante l'assorbimento
intestinale questi poliglutammati vengono idrolizzati in monoglutammato dalla -y-glutamil
carbossipeptidasi. Questo enzima, che viene indicato nella letturatura medica con il termine di
coniugasi, è localizzato nell'orletto a spazzola delle cellule intestinali e viene perduto nelle malattie che
causano degenerazione della mucosa intestinale (sprue tropicale e non tropicale, cancro dell'intestino
ecc.). È la mancanza di questo enzima che produce deficienza di acido folico in queste malattie
intestinali. Anche alcuni farmaci, fra i quali i contracettivi contenenti progesterone ed estrogeni,
inibiscono la coniugasi e possono indurre a lungo termine una avitaminosi folica. La deficienza di
acido folico secondaria a mancanza od ipofunzione della coniugasi intestinale può essere ovviata per
somministrazione di acido pteroilmonoglutammico, il prodotto di reazione della coniugasi. Si ritiene
che l'acido pteroilmonoglutammico sia la «forma di trasporto» dell'acido folico attraverso la mucosa
intestinale ed anche attraverso le membrane cellulari e che gli acidi pteroilpo-liglutammici siano la
«forma di ritenzione» dell'acido folico entro le cellule. In altre parole l'acido folico penetra nella cellula
in forma di monoglutammato (F-glut.) e nella cellula viene trasformato in poliglutammato (F-poliglut.)
nella reazione catalizzata dalla folilpoliglutammato sintetasi:
Deficienza - Nell'uomo la deficienza di acido folico si manifesta con anemia macrocitica
megaloblastica perniciosiforme, caratterizzata dalla presenza nel sangue di forme immature di
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eritrociti e da alterazioni gastrointestinali (sprue), caratterizzate da malassorbimento dei lipidi
(steatorrea). Queste anomalie sono conseguenza di difettosa sintesi dei DNA, che si manifesta
particolarmente nei tessuti caratterizzati da un elevato ritmo di moltiplicazione cellulare, come appunto
le cellule del sangue e le cellule epiteliali intestinali. Le alterazioni ematiche, conseguenti a deficienza
di acido folico, si riscontrano anche nella deficienza di B12. Ciò è dovuto al necessario intervento della
B12 per la normale funzione del tetraidrofolato, il coenzima dell'acido folico. Una deficienza latente di
acido folico (ipovitaminosi) è rilevabile dalla comparsa nelle urine di acido formimino glutammico dopo
carico di istidina. L'acido formimino glutammico è infatti un prodotto del metabolismo dell'istidina. Oltre
a deficienza di acido folico, derivante da sua insufficiente introduzione con la dieta, vi può essere
deficienza dovuta a difettoso assorbimento intestinale (avitaminosi condizionata), come quella indotta
dalla ingestione di elevata quantità di alcool, che interferisce sull'assorbimento intestinale dell'acido
folico.
Distribuzione e fabbisogno - Gli acidi folici sono presenti nel fegato, nei cereali, nelle foglie (donde
«folico») e negli spinaci in particolare. Il fabbisogno per l'uomo adulto è di 50 µg/die, ma la dose
giornaliera raccomandata è di 400 µg. Il fabbisogno aumenta considerevolmente nella gravidanza, nel
puerperio, durante l'accrescimento, nel corso di anemie emolitiche ed in genere in ogni condizione che
richieda un più accentuato rinnovo dei tessuti.
Coenzima
Coenzima dell'acido folico è l'acido tetraidrofolico (FH4), che deriva dal folico per riduzione, catalizzata
rispettivamente dalla folico (1) e dalla diidrofolico riduttasi (2):
L'agente riducente è in entrambe le reazioni il NADPH; l'acido diidrofolico (FH2) è ilcomposto
intermedio:
La funzione del FH4 è quella di metabolizzare le così dette unità monocarboniose, molecole costituite
da un solo atomo di carbonio con vario grado di ossidazione
Nella Tabella non figura la CO2, che viene invece metabolizzata dalla biotina. In combinazione
con il FH 4 le unità monocarboniose vengono trasformate le une nelle altre e trasferite
sull'accettore.
Nel processo illustrato nella figura seguente l'aldeide formica si lega spontaneamente con il N5 del
FH4 per formare il N -idrossimetil-FH,. Questo ciclizza spontaneamente per formare il N5,N10-
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5
10
5
10
metilen-FH4 nel quale il gruppo metilenico forma un ponte fra gli N e N . Il N ,N -metilen-FH 4 , si
può anche formare per cessione del radicale idrossimetilico della serina al FH4; viceversa la
serina si può formare per cessione del gruppo metilenico del N5,N 10-metilen-FH4 alla glicina. Il
processo reversibile è catalizzato dalla serina transidrossimetilasi, enzima piridossal fosfato
dipendente. Infatti serina e glicina possono reagire solo se legate in forma di aldimina con il
piridossal fosfato. Si tratta di un tipico esempio di cooperazione di due coenzimi (FH 4 e piridossal
fosfato) con lo stesso enzima. Il N 5,N10-metilen-FH4 può essere ossidato in N5,N10-metenil-FH4 e
questo, per azione dell'ammoniaca, trasformato in N 5 -formimino-FH 4 . Infine il N5,N 10-metenil-FH 4
per opera di una N5,N 10-metenil-FH4 cicloidrolasi può essere convertito in N 5 -formil-FH 4 , noto
anche come acido folinico, oppure in N10-formil-FH 4 . Quest'ultimo si forma anche da acido
tetraidrofolico ed acido formico in presenza di una N10formil-FH4 sintetasi.
Tutti questi composti fra unità monocarboniose e FH4 sono utilizzati dall'organismo per la sintesi di
numerosi composti di cui qualche esempio viene riportato nella tabella seguente.
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Antifolici
Sono analoghi chimici degli acidi folici che agiscono come specifici antagonisti (antivitamine)
provocandone una deficienza. I più comuni antifolici sono l'aminopterina (acido-4-amino folico), che si
differenzia dall'acido folico per avere un gruppo NH 2 al posto dell'OH in posizione 4 e
l'ametapterina o metotrexato (acido 4-amino-10 metil folico), che in aggiunta possiede un -CH3 in
posizione 10:
Gli antifolici inibiscono la attività della diidrofolato riduttasi e quindi la conversione dell'acido folico in
tetraidrofolico. Viene così inibito il metabolismo delle unità monocarboniose e la sintesi dei nucleotidi
purinici che ne dipende, come pure la trasformazione del dUMP in dTMP. Il conseguente blocco della
sintesi degli acidi nucleici comporta un arresto delle mitosi e quindi della divisione cellulare. Per
questa ragione gli antifolici vengono utilizzati nella chemioterapia delle leucemie e dei tumori
maligni. Purtroppo viene inibita anche la proliferazione cellulare dei tessuti normali, specie quelli
caratterizzati da un elevato turnover di divisione cellulare (midollo osseo e mucosa intestinale). Un altro
serio inconveniente della chemioterapia con antifolici è costituito dalla progressiva resistenza delle
cellule tumorali alla loro azione inibitrice. Questa resistenza consegue ad una sempre più elevata
produzione di diidrofolato riduttasi e da un aumento degli enzimi adibiti al «ricupero» dei nucleotidi.
Tetraidrobiopterina
Un fattore coenzimatico strutturalmente analogo al FH4 e suscettibile di analoghe modificazioni redox è la
tetraidrobiopterina, agente riducente dell'ossigeno molecolare in processi idrossilativi (es.
idrossilazione della tirosina in DOPA nella sintesi delle catecolamine). Come mostra la figura seguente,
la tetraidrobiopterina, che l'organismo sintetizza dal GTP e che quindi non va ritenuta un fattore
vitaminico, cede gli equivalenti riducenti all'ossigeno molecolare formando acqua con uno dei due
atomi di ossigeno. Nell'esempio riportato dalla figura la reazione di trasferimento è catalizzata dalla
tirosina 3-monoossigenasi . Il ripristino allo stato ridotto avviene per cessione di equivalenti riducenti
da parte del NADPH(H+) catalizzata dalla diidrobiopterina riduttasi.
Azione redox della tetrabiopterina nella idrossilazione della tirosina in DOPA, catalizzata dalla tiroisina 3monoossigenasi (1). La diidrobiopterina che si forma viene ridotta in tetrabiopterina dalla diidrobiopterina riduttasi (2)
a spese del NADPH(H+)
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Vitamina B12
Chimica - La molecola della B 12 consta di due parti: il «gruppo planare» ed il «gruppo
pseudonucleotidico», uno perpendicolare all'altro. Il «gruppo planare», detto corrina, consta
come le porfirine, di 4 anelli pirrolici, due dei quali saldati direttamente, che coordinano un ione
cobalto. Con altri due legami coordinativi lo ione Co (che come il Fe ha numero di coordinazione
6) lega da una parte il 5,6-dimetilbenzimidazolo e dall'altra un radicale R. Questo radicale è il
CN nella cianocobalamina, l'OH nella idrossicobalamina, il metile e la deossiadenosina
rispettivamente nei due coenzimi metilcobamide e deossiadenosina cobamide. Per azione del CN
tutti i vitameri ed i coenzimi della B12 si convertono in cianocobalamina che è la forma più stabile,
anche se si decompone spontaneamente per azione della luce (fotolisi). La cianocobalamina è
quindi una forma preparativa di B 12 che non esiste in vivo.
A differenza dei nucleotidi considerati nel capitolo degli acidi nucleici, il «gruppo nucleotidico»
della B12, in luogo di una base purinica o pirimidinica contiene il 5,6-dimetilbenzimidazolo (nel
riquadro tratteggiato). Questo è legato con un legame α-glucosidico (non β come nei nucleotidi
tipici) con il ribosio fosforilato in posizione 3'. Lo stesso gruppo fosforico è anche esterificato
(diestere) con l'1-amino-2-propanolo, legato a sua volta con legame carboamidico al radicale
propanoilico di uno dei quattro anelli pirrolici.
Deficienza - La mancanza di B12, induce, come quella di acido folico, l'anemia perniciosa,
caratterizzata dalla presenza in circolo di elementi immaturi della serie eritrocitaria. In più la
mancanza di B12 porta a degenerazione delle fibre nervose e ad altre anomalie del sistema nervoso.
II fatto che la sintomatologia ematologica dell'avitaminosi B12, non sia distinguibile da quella che si
riscontra nella avitaminosi di acido folico è dovuto anche a deficienza di acido folico secondaria
a quella di B12. Questa interdipendenza è documentata, fra l'altro, dalla aumentata escrezione urinaria
di acido formiminoglutammico nella avitaminosi B12. Anche funzionalmente acido folico e B12, sono,
come vedremo, strettamente connessi. L'anemia perniciosa è solo eccezionalmente causata da
mancanza di B12 nella dieta, generalmente è causata da blocco del suo assorbimento intestinale.
L'assorbimento intestinale della B12, è condizionato dalla presenza nella secrezione gastrica di HCI e
di una glicoproteina del PM di 60.000, detta fattore intrinseco di Castle. La funzione del fattore
intrinseco è quella di legare la B12 (che si identifica con il fattore estrinseco di Castle), trasportarla
all'ileo dove, legandosi a siti specifici sui microvilli immette la B12 entro gli enterociti per azione di un
fattore di rilascio. Il principio intrinseco è abbastanza resistente all'azione delle proteasi digestive, dalle
quali viene inattivato solo dopo digestione prolungata. La deficienza del fattore intrinseco per anomalia
genetica, costituisce un esempio di errore congenito, che compromette il trasporto di nutrienti
essenziali. Pazienti che subiscono la resezione gastrica totale vanno incontro ad anemia perniciosa
per la completa assenza del principio intrinseco necessario per l'assorbimento intestinale della B12. In
tale circostanza l'anemia si instaura 3 o 4 anni dopo l'operazione, in quanto i depositi di B12
dell'organismo si depauperano molto lentamente. In mancanza del fattore intrinseco la
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somministrazione di B12 per via orale è praticamente priva di azione. Iniezioni intramuscolari di B12 alla
dose iniziale da 10 a 100 µg determinano invece una pronta remissione dei sintomi ed una
normalizzazione del quadro ematico. Come terapia di mantenimento bastano, in seguito, 10 µg ogni
due settimane. Negli individui normali la B12 assorbita dall'intestino viene portata al fegato da una
specifica proteina «carrier», la transcobalamina I; dal fegato la B12 viene poi trasportata ai tessuti
ematopoietici da un'altra proteina, la transcobalamina II.
Distribuzione e fabbisogno - La vitamina B12, è sintetizzata esclusivamente dai microorganismi.
Gli alimenti di origine animale (fegato, carne, latte ed uova) la contengono come risultato della
sintesi della B 12 da parte della flora intestinale. I vegetali sono privi di B12, per cui una deficienza
di questa vitamina può verificarsi in individui strettamente vegetariani. La dose raccomandata per
gli adulti è di 3 µg per giorno.
Coenzimi
I coenzimi derivanti dalla B,, sono la S'-deossiadenosilcobalamina e la metilcobalamina:
1) La S'-deossiadenosilcobalamina è il coenzima di numerosi enzimi, specie batterici. Nell'organismo
animale l'enzima dipendente dalla 5'-deossiadenosilcobalamina è la metilmalonil CoA mutasi che
catalizza la seguente reazione:
Questa reazione, come le altre catalizzate da mutasi B12, dipendenti, consiste nello scambio di un H
con altro raggruppamento (nel caso riportato con il CoA-S-C=O).
La inibizione di questa reazione per mancanza di coenzima porta alla eliminazione urinaria di
acido metilmalonico, prodotto di idrolisi dei metilmalonil CoA che si accumula nei tessuti. La
«aciduria metilmalonica» costituisce infatti un dato diagnostico precoce della deficienza di B12.
2) La metilcobalamina è il coenzima di numerose transmetilasi, la più importante delle quali è
quella che converte la omocisteina in metionina. In questo processo, illustrato nella figura
seguente, la metilcobalamina opera di concerto con il N 5-metil-FH 4 , il donatore del metile.
Questa reazione, che fornisce un esempio tipico della collaborazione metabolica fra coenzima
dell'acido folico e della B12, è molto importante in quanto rigenera la metionina man mano che
questa, in forma di adenosil metionina, cede i suoi metili nelle reazioni di transmetilazione.
Dalla figura si può rilevare che una mancanza di B12 può determinare un accumulo inutilizzato di
N5-metil-FH4 e quindi una deficienza degli altri intermedi del FH4. Inoltre, la conseguente deficienza
di adenosil metionina limita la sintesi dei nucleotidi costituenti il DNA. A livello del midollo osseo
questa deficienza di metili potrebbe essere la causa dell'anomala formazione di precursori dei
globuli rossi e quindi della anemia perniciosa. La sintomatologia neurologica della avitaminosi B12,
viene analogamente attribuita a deficienza di metili, necessari per la sintesi della colina nel sistema
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nervoso.
Nella Tabella sottostante vengono riassunte le fonti principali, le dosi giornaliere raccomandate e le
manifestazioni da deficienza delle vitamine B.
FATTORI VITAMINOSIMILI
Con la denominazione «fattori vitaminosimili» si designano composti indispensabili, ma che vengono
sintetizzati dall'organismo in quantità subottimale. La introduzione di questi fattori con la dieta
integra la loro produzione endogena e previene alterazioni metaboliche altrimenti possibili. I fattori
vitaminosimili più importanti sono la S-adenosilmetionina, la colina e la carnitina.
S-adenosilmetionina
Un cofattore non vitaminico funzionalmente correlato con gli acidi folici e la B, nel trasporto dei
metile è la S-adenosilmetionina (SAM).
Questo composto si forma per trasferimento alla metionina di una molecola di adenosina
dall'ATP (i cui tre gruppi fosforici vengono liberati in forma di orto e piro-fosfato inorganici) per
azione della metionina adenosil trasferasi:
Il gruppo metilico della SAM è reso particolarmente reattivo dalla carica positiva sull'atomo di S
adiacente.
Per azione di metiltrasferasi specifiche la S-adenosilmetionina cede il gruppo metilico a substrati che
vengono metilati (es. l'acido guanidoacetico in creatina), trasformandosi in S-adenosilomocisteina.
Questa viene poi demolita in adenosina ed omocisteina. La omocisteina viene rimetilata in metionina per
acquisizione del metile dal N5-metil-FH4 tramite la B12.
La Fig 8.20 permette anche di constatare che in mancanza di B12, che agisce in questo processo
da trasmettitore del metile, il ciclo rimane bloccato ed il FH 4 sequestrato in forma di N 5-metil FH4,
non può partecipare alle reazioni di trasformazione dell'unità monocarboniosa. La mancanza di
B12 crea quindi una «trappola del metile» che spiega come le anemie perniciose rispondano
meglio alla somministrazione combinata di B12 ed acido folico che non alla somministrazione di
una sola delle due vitamine.
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Colina
La biosintesi endogena della colina, che avviene a livello dei fosfolipidi (metilazione della
fosfotidiletanolamina in fosfatidilcolina, non è sufficiente a coprire il fabbisogno dell'organismo. La
produzione endogema di colina deve quindi essere integrata con l'apporto di colina esogena; questo
è normalmente assicurato in misura sufficiente dalla presenza nella dieta di fosfolipidi contenenti
colina (fosfatidilcolina e sfingomielina). Questi fosfolipidi sono pressochè ubiquitari nei comuni
alimenti animali ed anche vegetali e sono particolarmente abbondanti nel tuorlo d'uovo.
Oltre che componente dei più diffusi fosfolipidi, la colina, in forma di acetilcolina, assolve una
importante funzione di neurotrasmettitore. Altra funzione della colina è quella di agire come donatore
di metili alla omocisteina per formare metionina (Fig. 8.21). Per questa funzione la colina deve
essere previamente ossidata in betaina in un processo a due stadi catalizzato dalla colina deidrogenasi
FAD dipendente e successivamente dalla betaina aldeide deidrogenasi NAD dipendente. 1 due metili
residui che rimangono sulla dimetilglicina, dopo trasferimento del metile sulla omocisteina ad opera
della betaina-omocisteina transmetilasi, non sono più trasferibili, ma vengono ossidati e staccati in
forma di aldeide formica e come tali immessi nel «pool» delle unità monocarboniose. In tal modo la
N-dimetilglicina viene completamente demolita a glicina.
Una deficienza di colina produce steatosi epatica ed è certamente ad un difetto del processo di
metilazione facente capo alla colina che si deve attribuire la «steatosi epatica» che insorge negli
animali mantenuti a dieta priva di colina. Questa steatosi viene infatti prevenuta, o fatta regredire,
non solo dalla colina ma anche da altri donatori di metili, che per questa ragione vengono
denominati fattori lipotropi. Per contro accettori di metili quali nicotinamide ed acido guanidoacetico
sono fattori antilipotropi, in quanto, sottraendo metili alla colina, favoriscono la steatosi epatica.
Ossidazione della colina in betaina e processo di transmetilazione fra betaina ed omocisteina
c=colina deidrogenasi; d=betaina aldeide deidrogenasi; e= betaina:omocisteina transmetilasi; f=N-dimetilglicina
demetilasi
Carnitina
Così denomimata perchè identificata nel 1900 negli estratti di carne, la funzione della carnitina
cominciò a delinarsi negli anni 50 quando la si riconobbe fattore necessario per lo sviluppo del
Tenebrio molitor, il verme della farina; da qui la denominazione, poi abbandonata, di vitamina B T.
In assenza di carnitina il Tenebrio molitor rimane soffocato dai trigliceridi che progressivamente
accumula. Sulla scorta di questa osservazione si riconobbe in seguito che la carnitina, di
concerto con enzimi presenti nella membrana interna dei mitocondri, è necessaria per il
trasferimento degli acidi grassi all'interno dei mitocondri dove operano gli enzimi adibiti alla
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loro ossidazione. In assenza di carnitina gli acidi grassi non vengono ossidati, ma esterificati
nei trigliceridi e in tale forma accumulati nel citoplasma.
Particolarmente ricchi di carnitina sono i muscoli scheletrici ed il miocardio, cioè quei tessuti che
traggono la loro energia prevalentemente dalla ossidazione degli acidi grassi. Nell'organismo
animale (i vegetali ne sono privi) la carnitina viene sintetizzata a partire dalla lisina; non è tuttavia
ancora noto se tale sintesi soddisfi completamente il fabbisogno in carnitina. Si tratta di una situazione
analoga a quella già discussa a proposito della vitamina PP nei confronti del triptofano.
La carnitina è l'acido -γ−trimetilammonio-β−ossibutirrico:
L'ossidrile della carnitina può essere esterificato con un acetile o in genere con un acile:
Gli acili esterificati sulla carnitina provengono dagli acil CoA in un processo di transacilazione
reversibile mediato dalla CoA: carnitina acil trasferasi:
acil-S-CoA + carnitina ←→ acil-carnitina + CoA-SH
Gli acili a lunga catena legati alla carnitina possono essere traslocati attraverso la membrana
mitocondriale all'interno dei mitocondri per essere ossidati nel processo della β−ossidazione.
Implicitamente la carnitina, sottraendo acili al coenzima A, esercita una funzione di risparmio di
coenzima A. Il coenzima A, pur essendo impegnato in numerosi processi metabolici, è presente
nella cellula in quantità limitata, che diventa critica in certi momenti funzionali.
Sono noti casi di mancanza congenita di carnitina nel muscolo, che si presenta infiltrato di
trigliceridi addossati ai mitocondri (steatosi muscolare). Questa alterazione e la profonda adinamia
muscolare che caratterizza questi pazienti consegue alla incapacità del muscolo di utilizzare gli
acidi grassi a lunga catena, che rappresentano in condizioni normali il substrato energetico preferito.
Infatti in mancanza di carnitina gli acili non possono adire al sito intramitocondriale della β−ossidazione
e vengono esterificati in trigliceridi nello spazio extramitocondriale dove rimangono inutilizzati.
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VITAMINE LIPOSOLUBILI
Vitamina A
Chimica - La vitamina A, o retinolo, è un alcool a 20 atomi di carbonio, costituito da un anello (βiononico e da una catena laterale polinsatura per doppi legami coniugati trans:
L'elevato numero di doppi legami conferisce alla vitamina A una particolare suscettibilità alla
perossidazione, che sopprime l'attività vitaminica. È dotato di azione vitaminica A anche il
3-deidroretinolo o vitamina A2*1 (presente nei pesci di acqua dolce) che possiede un secondo doppio
legame fra le posizioni 3 e 4 dell'anello β-iononico.
Provitamina A - La vitamina A può formarsi nell'organismo dai caroteni presenti nei vegetali e
particolarmente nelle verdure (carote, insalata, spinaci ecc.). Il più diffuso è il β-carotene dal quale si
possono formare due molecole di retinolo per l'azione successiva della β-carotene-15,15'-diossigenasi
e della retinolo deidrogenasi.
La introduzione della molecola di O2 in corrispondenza del doppio legame 15-15' forma inizialmente
un perossido, in corrispondenza del quale si ha la rottura della molecola:
Possedendo due anelli β-iononici, una molecola di β-carotene forma due molecole di retinolo. In realtà
un equivalente di β-carotene esplica un'azione inferiore a quella di due equivalenti di retinolo, sia
perchè il suo assorbimento intestinale è incompleto, sia perchè cellule intestinali ed epatociti, le
uniche che contengono la β-carotene 15, 15'-diossigenasi, non lo convertono quantitativamente in
retinolo. Fra l'altro parte del retinale che si forma dal β-carotene viene ossidato nell'intestino ad acido
retinoico.
Assorbimento e trasporto - La vitamina A ed i caroteni presenti nella dieta vengono assorbiti
dall'intestino in un processo analogo a quello degli acidi grassi. Nelle cellule intestinali i caroteni
1
Retinolo e 3-deidroretinolo, in quanto composti chimicamente distinti, ma esplicanti la stessa azione vitaminica, sono denominati "vitameri".
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vengono in gran parte demoliti in vitamina A e questa, insieme con quella assorbita come tale, viene
esterificata con acidi grassi a lunga catena. Immessi nella linfa, gli esteri della vitamina A vengono
convogliati al fegato incorporati nei chilomicroni, più precisamente nei «remnants» dei chilomicroni. È
così che il fegato viene a costituire un ricco deposito di vitamina A, disponibile per l'intero organismo
per lungo periodo di tempo. Dal fegato la vitamina A viene distribuita ai tessuti in forma libera,
trasportata nel sangue da una globulina, la «retinol binding protein», sintetizzata nel fegato. La
concentrazione normale della vitamina A nel plasma umano è di 30-50 µg per 100 ml.
Funzioni della vitamina A - Nelle cellule dei vari tessuti il retinolo viene in parte ossidato a retinale e
parte di questo in acido retinoico. Mentre il retinale è riducibile a retinolo, l'acido retinoico non è più
riducibile a retinale. Ciascuno di questi composti esplica le funzioni peculiari che sono indicate nel
seguente schema:
Il retinolo interviene nella sintesi delle glicoproteine in forma di estere fosforico (retini! fosfato) adibito,
come i dolicoli, al trasporto delle unità monosaccariche . L'acido retinoico promuove, con meccanismo
ancora oscuro, l'accrescimento dell'osso e la differenziazione degli epiteli. Il retinale è adibito alla
funzione visiva.
Funzione della vitamina A nella visione - La funzione meglio conosciuta della vitamina A è quella
relativa alla sua partecipazione alla visione come cofattore dei fotorecettori della retina. Nella retina la
vitamina A (retinolo) viene ossidata a retinale dalla retinolo deidrogenasi, NADP dipendente:
I complessi fra retinale ed alcune proteine della retina, le opsine, costituiscono i fotorecettori, adibiti
alla ricezione dello stimolo luminoso ed alla sua conversione in impulso nervoso, che viene trasmesso
ai centri della visione.
La retina dei vertebrati contiene due tipi di cellule visive: i bastoncelli, deputati alla percezione della
luce crepuscolare a bassa intensità ed i coni, deputati alla ricezione della luce piena e dei colori. Nei
coni sono presenti tre opsine che, complessate con il retinale, costituiscono tre ricettori sensibili
rispettivamente al blu, al rosso ed al verde. Nei bastoncelli è presente una sola opsina che, in
associazione con il retinale, forma la rodopsina. Il retinale si lega alla opsina non nella forma nativa
tutto trans, ma dopo aver subito una isomerizzazione a retinale 11-cis ad opera della retinale
isomerasi. Il retinale 11-cis si lega alla opsina mediante legame aldiminico (base di Schiff) fra il suo
gruppo aldeidico ed il gruppo aminico di un residuo di lisina della opsina.
Quando la rodopsina viene colpita dalla luce va incontro a modificazioni conformazionali che
determinano la isomerizzazione del retinale 11-cis in retinale tutto trans ed il suo simultaneo distacco
dalla opsina. Il retinale tutto trans viene riconvertito dalla retinale isomerasi in retinale 11-cis e questo,
al buio, si combina con la opsina per costituire la rodopsina. Retinale tutto trans e 11 -cis sono
mantenuti in equilibrio con i corrispondenti retinoli dalle relative retinolo deidrogenasi.
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In tal modo la vitamina A (retinale tutto trans) funge da serbatoio per il sistema.
Deficienza - La vitamina A, oltre che per la normale funzione visiva, è necessaria per il mantenimento
della integrità degli epiteli, donde la denominazione di vitamina epitelio protettiva. Negli animali
superiori, uomo compreso, la deficienza di vitamina A si manifesta con sintomatologia a carico degli
epiteli e della retina.
a) Xeroftalmia (secchezza dell'occhio) - La xeroftalmia costituisce la manifestazione più tipica e
precoce della alterazione di tutti gli epiteli. Consiste in cheratinizzazione e desquamazione dell'epitelio
corneale e dei dotti lacrimali con ostruzione di questi ed arresto del deflusso delle lacrime, donde la
«secchezza». Per azione dei batteri, che trovano in queste condizioni una favorevole condizione di
sviluppo, si può arrivare alla perforazione della cornea ed alla conseguente perdita dell'occhio.
Alterazioni epiteliali si possono manifestare a carico dei dotti ghiandolari con loro ostruzione e
conseguente atrofia delle ghiandole lacrimali.
Tutti gli epiteli risultano più o meno profondamente alterati dalla deficienza di vitamina A. Per esempio
l'atrofia dell'epitelio germinale determina sterilità nel maschio. A carico dei denti si manifestano
erosioni dello smalto, che è una formazione epiteliale e quindi sensibile alla deficienza di vitamina A.
Nell'uomo la deficienza di vitamina A può determinare la formazione di papule ipercheratosiche
intorno ai follicoli piliferi (xeroderma) e in casi estremi la così detta «pelle di rospo».
b) Emeralopia o cecità alla luce crepuscolare - Costituisce il segno più caratteristico e precoce della
avitaminosi A e consiste in un difettoso adattamento alla luce di bassa intensità (luce crepuscolare).
Questa condizione può essere valutata quantitativamente mediante la determinazione della soglia
visiva, cioè della minima intensità luminosa necessaria per la percezione visiva. I bambini sono più
suscettibili degli adulti alla avitaminosi A, in quanto non dispongono dei depositi di vitamina A nel
fegato, che gli adulti hanno invece potuto accumulare e che sono sufficienti a coprirne il fabbisogno
per alcuni anni.
c) Ritardato accrescimento - Nei bambini e nei giovani animali la carenza di vitamina A può produrre
arresto dell'accrescimento scheletrico per difettosa sintesi della matrice ossea. L'azione
sull'accrescimento è dovuta al retinolo ed all'acido retinoico, entrambi capaci di stimolare la sintesi
proteica con meccanismo analogo a quello degli ormoni steroidei.
Fabbisogno e fonti naturali - La quantità giornaliera raccomandata di vitamina A è di 1 mg di retinolo
per l'uomo adulto. La fonte naturale più ricca di vitamina A è l'olio di fegato di pesce. Burro, uova, latte
ne contengono quantità discrete. Di β-carotene (provitamina A), il cui fabbisogno per l'uomo adulto è
di 5 mg (in alternativa al mg di retinolo), sono particolarmente ricchi carote e pomodori.
Tossicità - Una eccessiva introduzione di vitamina A produce effetti tossici che si manifestano con
cefalea, nausea e dermatite. Recentemente è stata messa in luce la relazione tra ipervitamionosi A ed
osteoporosi nell’anziano. La vitamina A diventa tossica allorchè supera la capacità di legame con la
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«retinol binding protein», sì che le cellule rimangono esposte alla vitamina A non legata.
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Vitamina D
Chimica - Il termine vitamina D è comune a due vitameri: la vitamina D3 o colecalciferolo, che si forma
nella pelle dei mammiferi per azione della luce ultravioletta sul 7-deidrocolesterolo e la vitamina D2 o
ergocalciferolo, che si forma nei lieviti per azione della luce ultravioletta sull'ergosterolo. I due vitameri,
ugualmente attivi nel prevenire e curare il rachitismo, differiscono per la natura della catena laterale,
che è satura e costituita da 8 C nella D3, insatura e costituita da 9 C nella D2.
Biogenesi, attivazione e deattivazione della vitamina D3 - La vitamina D3 si forma nella pelle per
fotolisi del 7-deidrocolesterolo per azione della luce ultravioletta. Il fabbisogno di questa vitamina
dipende quindi dalla esposizione della pelle alla luce solare. Gli individui che vivono all'aria aperta ed
in regioni soleggiate richiedono molto meno vitamina D di quelli che sono poco esposti alla luce
solare. La vitamina D, formatasi nella pelle, o assorbita dall'intestino, viene accumulata dal fegato,
dove subisce una prima idrossilazione in corrispondenza del C-25 per formare la 25-idrossi-D3,
(25(OH)D3) o calcidiolo. Questa idrossilazione è catalizzata da una idrossilasi microsomiale,
dipendente da citocromo P-450 ed inibita dal prodotto della reazione, il calcidiolo. Si tratta di un
importante meccanismo di controllo inteso a commisurare la formazione del calcidiolo al fabbisogno
dell'organismo. Fra l'altro il calcidiolo è più tossico della D3. Nei reni il calcidiolo viene idrossilato in
posizione 1 per formare la α,25-diidrossi-D3 (1,α,25(OH)2D3) o calcitriolo per opera della calcidiolo
idrossilasi che ha sede mitocondriale. La biosintesi del calcitriolo è sotto il controllo del paratormone,
che regola la biosintesi della idrossilasi renale. Il calcitriolo viene rilasciato in circolo e trasportato ai
tessuti bersaglio (intestino, ossa, rene e pancreas) legato ad una specifica a-globulina.
La vita media del calcitriolo è di 24 ore; viene quindi idrossilato in 24 (1,24,25-triidrossi-D3) ed
eliminato con la bile.
Azione - Il calcitriolo, la forma fisiologicamente attiva della D, è considerato, a ragione, un vero e
proprio ormone. La sua azione intesa al mantenimento della concentrazione fisiologica di calcio e di
fosfato nel sangue (10 mg di Ca e 5 mg di fosforo/100 ml), si esplica a livello dell'intestino, ossa, rene
e pancreas.
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Trasformazione del 7-deidrocolesterolo in calcitriolo, la forma fisologicamente attiva della vitamina D3
a) Intestino - Il calcitriolo stimola l'assorbimento intestinale del calcio. Il trasporto del calcio nella
cellula intestinale è mediato da una proteina carrier («calcium binding protein») la cui biosintesi è
dipendente dal calcitriolo, che stimola la RNA polimerasi adibita alla sintesi del relativo RNA. L'azione
del calcitriolo, il cui meccanismo è analogo a quello degli ormoni steroidei consiste quindi
nell'induzione della biosintesi della «calcium binding protein».
b) Ossa - Il calcitriolo, insieme con l'isomero 24,25-diidrossi-D3 influenza positivamente la formazione
dell'osso, sia promuovendo la formazione di legami crociati del collagene della matrice, sia facilitando
la formazione dell'idrossiapatite.
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c) Rene - Il calcitriolo stimola il riassorbimento del calcio e del fosfato a livello dei tubuli distali. Questa
azione, come le precedenti, tende ad arricchire il sangue di calcio e fosfato.
d) Pancreas - Il calcitriolo, di cui si è individuato uno specifico recettore citosolico nelle cellule
pancreatiche β, è necessario per la normale secrezione dell'insulina.
L'azione del calcitriolo è riassunta nella Fig. 8.6.
Deficienza - Una deficienza di vitamina D nella dieta, associata ad insufficiente esposizione ai raggi
ultravioletti, provoca rachitismo nei bambini ed osteomalacia negli adulti. Il rachitismo colpisce i
bambini nei primi anni di vita. La lesione caratteristica è la deficiente calcificazione delle ossa. Infatti i
ridotti livelli ematici di calcio e fosforo ostacolano la normale deposizione dei cristalli di idrossiopatite
(fosfato di calcio idrato) nelle zone di mineralizzazione. Tuttavia, anche in assenza di tale deposizione,
gli osteociti e gli osteoblasti continuano a produrre una matrice organica approssimativamente
normale, costituita da collageno e mucopolisaccaridi. In conseguenza si ha la formazione di strutture
ossee cedevoli che, sottoposte a carico, tendono a deformarsi. Nel rachitismo la calcemia rimane
generalmente normale, ma la concentrazione del fosfato diminuisce, sicchè il prodotto Ca x P risulta
inferiore a 40 (il prodotto normale è 50 cioè 10 (Ca) x 5 (P)).
Forme familiari di rachitismo, resistenti alla vitamina D, sono dovute alla incapacità di convertire la D,
in calcitriolo per mancanza congenita della la-idrossilasi renale.
Fabbisogno - La dose giornaliera raccomandata per i bambini e per le donne gravide è di 10 µg di
colecalciferolo, per gli adulti di 5 µg. Un eccesso di vitamina D (che viene smaltita molto lentamente)
risulta tossico. La somministrazione prolungata di dosi di vitamina D da 5 a 10 volte superiori alla dose
raccomandata (si noti come dose terapeutica e dose tossica siano vicine), o la somministrazione di
poche dosi «urto», può infatti indurre danni renali ed ossificazione anomala dei tessuti molli.
Vitamina E
Chimica - Azione vitaminica E è posseduta dai tocoferoli, che hanno in comune il nucleo del cromano,
derivante dalla condensazione dell'anello fenolico con quello del pirano. Il più attivo è l'α-tocoferolo,
caratterizzato da una catena laterale poliisoprenica satura:
Azione - La vitamina E protegge dalla perossidazione gli acidi grassi insaturi, la vitamina A ed i
caroteni: azione antiperossidante. Essendo i fosfolipidi, costituenti le membrane cellulari ed
intracellulari, ricchi di acidi grassi insaturi, si spiega come la deficienza in vitamina E si ripercuota sulla
integrità strutturale e funzionale delle membrane. Infatti per accertare una carenza di vitamina E
nell'uomo si usa saggiare la suscettibilità all'emolisi degli eritrociti trattati in vitro con soluzioni diluite di
H2O2. L'azione antiperossidante della vitamina E è attribuibile alla sua azione di «rottura» delle
reazioni a catena producenti i radicali liberi, protagonisti della perossidazione. La ragione per cui i
grassi vegetali sono molto più resistenti all'irrancidimento di quelli animali, nonostante contengano una
maggior quota di acidi grassi insaturi, è dovuta al loro elevato contenuto di vitamina E.
L'azione antiperossidativa della vitamina E è notevolmente potenziata dal selenio, il cofattore della
glutatione perossidasi, l'enzima che catalizza la distruzione dei perossidi mediante il glutatione ridotto.
La distruzione dei perossidi per azione dell'enzima diminuisce il fabbisogno di vitamina E. Inoltre il
selenio con meccanismo ancora non chiarito incrementa la ritenzione della vitamina E nelle
lipoproteine del sangue dalle quali viene trasportata. Per contro la vitamina E riduce il fabbisogno di
selenio. È quindi chiaro che vitamina E e selenio esplicano un'azione integrata.
Deficienza - Nei ratti maschi la deficienza di vitamina E produce una alterazione degenerativa
irreversibile dell'epitelio germinale e quindi sterilità, donde il nome di vitamina antisterile. Nei ratti
femmine la avitaminosi E determina aborto spontaneo, dovuto tuttavia ad alterazioni reversibili; la
somministrazione di vitamina E ripristina infatti la capacità di condurre a termine la gravidanza. Nei
ratti (maschi e femmine) la avitaminosi E, se associata a somministrazione di acidi grassi polinsaturi,
provoca necrosi acuta del fegato, chiaramente dovuta a perossidazione non contrastata degli acidi
grassi polinsaturi. Nei conigli, cavie e scimmie la avitaminosi E produce una grave distrofia muscolare
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associata a creatinuria. Nell'uomo, anche per la impossibilità di una sperimentazione diretta, non si
conosce una precisa sintomatologia riferibile a carenza di vitamina E. Tuttavia in condizioni di
malassorbimento intestinale dei lipidi, la conseguente deficienza di vitamina E si manifesta con
fragilità degli eritrociti, debolezza muscolare e creatinuria. È quindi chiaro che la avitaminosi E si
manifesta con modalità diverse nelle varie specie animali.
Diffusione e fabbisogno - Di tocoferoli sono ricchi i vegetali e quindi gli olii che se ne estraggono
(specie l'olio di germe di grano). Il fabbisogno giornaliero per l'uomo è di 10-15 mg di α-tocoferolo ed è
in genere proporzionale alla quantità di acidi grassi insaturi introdotti con la dieta.
Vitamina K
Chimica - La vitamina K esiste in forma di vari vitameri derivati del naftochinone, i più attivi dei quali
sono:
1) La vitamina K1, o fillochinone, caratterizzata da una catena laterale fitilica, costituita da 4 unità
isopreniche, tre delle quali idrogenate:
2) La vitamina K2, o menachinone, caratterizzata da una catena laterale costituita da 6 unità
isopreniche:
3) La vitamina K3, o menadione: prodotto sintetico, privo di catena laterale e parzialmente idrosolubile.
Il fatto che il menadione sia attivo nonostante la mancanza della catena laterale significa che o la
catena laterale non è necessaria per la attività biologica della vitamina K, oppure che l'organismo è in
grado di sintetizzarla trasformando il menadione in altro vitamero. Il menadione ed altri analoghi
idrosolubili della vitamina K, vengono assorbiti dall'intestino anche in assenza di sali biliari ed entrano
direttamente nel circolo sanguigno.
Azione - La vitamina K è un fattore necessario per il normale processo di coagulazione (K è in lingua
tedesca la iniziale di coagulazione). La avitaminosi K si manifesta infatti con allungamento del tempo
di coagulazione del sangue. Più particolarmente la vitamina K è necessaria per la sintesi «completa»
della protrombina e dei fattori II, VII, IX e X. La attività di questi fattori proteici richiede delle
modificazioni postsintetiche, che avvengono cioè a sintesi ribosomale avvenuta, cui partecipa la
vitamina K. Precisamente la loro attività è condizionata dalla carbossilazione di alcuni residui di
glutammato in carbossiglutammato:
La K è il cofattore della carbossilasi che catalizza detta carbossilazione. Per quanto riguarda ad
esempio la protrombina, la carbossilazione di alcuni suoi residui di acido glutammico, siti nel
segmento N terminale della catena polipetidica, conferisce a questo fattore la capacità di legare Ca2+ e
conseguentemente di formare il complesso attivo: «proteina-calcio-fosfolipidi».
vitamine
31
La carbossilazione postsintetica della protrombina, dipendente da vitamina K, è quindi necessaria per
il legame della quantità ottimale di Ca2', prerequisito per la sua trasformazione in trombina. Anche
l'osteocalcina, una proteina presente nell'osso ed adibita al processo di calcificazione, deve la sua
capacità di legare i Ca2+ a residui di γ-carbossilglutammato, la cui formazione è dipendente dalla
vitamina K.
Diffusione e fabbisogno - La vitamina K1 è presente nei vegetali, soprattutto negli spinaci, cavoli e
pomodori. La vitamina K2, che è di origine batterica, nell'uomo viene sintetizzata dalla flora intestinale
in quantità sufficiente a coprirne il fabbisogno. Una deficienza di vitamina K si manifesta nella
insufficienza biliare che limita l'assorbimento intestinale della vitamina, o nelle alterazioni della flora
intestinale, quali si hanno nelle malattie intestinali, che ne limitano la produzione. In tali casi la dose
giornaliera di menadione che previene alterazioni della coagulazione del sangue è di 150 µg.
Una deficienza fisiologica di vitamina K si verifica nel neonato, sia perchè la placenta materna è
scarsamente permeabile a questa vitamina, sia perchè l'intestino del neonato, pressochè sterile, non
possiede la flora batterica che la sintetizza. Per ovviare a questa condizione di deficienza, che
caratterizza i primi 10 giorni di vita dell'uomo e che si può manifestare con la sindrome emorragica del
neonato, è uso somministrare al neonato 1 mg di menadione.
Antivitamina K - Analoghi strutturali della vitamina K, quali il dicumarolo e la warfarina, esplicano
azione antivitaminica K, in quanto deprimono la sintesi epatica della protrombina e delle altre proteine
della coagulazione, dipendenti da vitamina K:
La introduzione di questi antagonisti dà luogo ad una condizione di predisposizione alle emorragie.
Tuttavia la loro somministrazione controllata attenua il processo coagulativo senza inibirlo
drasticamente. Per questo gli antagonisti della vitamina K trovano impiego terapeutico nel trattamento
e nella profilassi della trombosi e di altre condizioni patologiche che implicano accentuata tendenza
alla coagulazione intravasale.
Vitamina F o acidi grassi essenziali
Alcuni acidi grassi polinsaturi quali l'acido linoleico (18:2ω6) e linolenico (18:3ω3) non sono sintetizzati
dall'organismo. Data la loro indispensabilità sia per la formazione dei fosfolipidi di membrana come
delle prostaglandine e dei trombossani devono essere necessariamente introdotti con la dieta. Per
questo vengono definiti essenziali ed omologati alle vitamine. Tutti gli acidi grassi essenziali
posseggono uno o più doppi legami fra il CH3 terminale (ω) ed il 7°C a partire da esso: l'organismo
non è infatti capace di desaturare gli acidi grassi in questo segmento. Anche l'acido arachidonico è
essenziale, ma solo se è deficiente l'acido linoleico da cui può formarsi per allungamento e
desaturazione.
La quantità minima di acidi grassi essenziali che deve essere assunta con la dieta è dell'1% rispetto al
totale delle calorie introdotte.
Nei ratti la deficienza di acidi grassi essenziali induce la sindrome di Burr, caratterizzata da lesioni
renali e dermatite squamosa, localizzata in corrispondenza della coda e delle zampe posteriori.
vitamine
32
Nell'uomo gli acidi grassi essenziali pare abbiano un ruolo importante nel prevenire la formazione
delle placche ateromatose nell'intima delle arterie. È comunque accertato che un elevato rapporto
acidi «grassi saturi/acidi grassi polinsaturi» nella dieta predispone alla aterosclerosi.
Tabella riassuntiva
La tabella che segue riassume le informazioni riguardanti le vitamine liposolubili
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ATPasi: cenni strutturali e funzionali
1.
Concetti generali
Nei tessuti del nostro organismo l'ATP è utilizzato
direttamente o indirettamente come fonte energetica.
Poichè le cellule sono impermeabili all'ATP, questo
nucleotide deve essere riciclato all'interno delle cellule.
Di conseguenza in tutte le cellule esiste un ciclo
ininterrotto nel quale si alternano i processi di sintesi ed
idrolisi dell'ATP. Tale ciclo è catalizzato dalle diverse
ATPasi (Fig .1).
Gran parte di questi enzimi catalizzano il trasporto
contro gradiente di ioni, processo generalmente descritto
come trasporto attivo. Nel ciclo catalitico, l'idrolisi
dell'ATP (processo esoergonico) viene accoppiata con il
trasporto contro gradiente di uno o più ioni (processo
endoergonico).
La funzione di tali "pompe ioniche", è in molti casi
legata all'esigenza di ristabilire l'omeostasi intracellulare
di una specie ionica che era stata precedentemente
perturbata dal movimento in senso opposto di tale ione.
In questo senso l'attività di diverse ATPasi appare
contrapposta al trasporto passivo che si realizza
attraverso i canali ionici durante importanti eventi
cellulari, quali i processi di depolarizzazione o la
contrazione muscolare. Per meglio comprendere il
contrapporsi tra le due modalità di trasporto occorre
tuttavia considerare le velocità relative e il numero di
molecole proteiche che nelle cellule catalizzano i diversi
processi.
Nelle ATPasi, la velocità di traslocazione che
corrisponde alla durata di ogni ciclo catalitico è di 30-50
msec. Ciò significa che una singola molecola enzimatica
può traslocare in un secondo non più di 30 ioni. Questa
velocità è largamente inferiore a quella che si realizza
con il trasporto a favore di gradiente catalizzato dai
canali ionici: un singolo canale consente il passaggio
fino a 10 milioni (107) ioni/sec. Quindi, per consentire il
regolare mantenimento dell'omeostasi ionica, pur
considerando che i canali restano aperti per un tempo
molto breve (inferiore ai 100 msec), lo squilibrio teorico
tra velocità di ingresso e di efflusso può essere annullato
aumentando il numero di molecole di ATPasi rispetto a
quelle delle proteine formanti canali. Tutto ciò è ben
esemplificato a livello cardiaco. Nel cuore, la
contrazione (sistole) è garantita dal passaggio dei Ca2+
attraverso specifici canali posti nella membrana
plasmatica e nel reticolo sarcoplamatico (RS). Il
rilasciamento avviene soprattutto tramite il pompaggio
dei Ca2+ all'interno del RS catalizzato dalla Ca2+
ATPasi. Il bilancio tra i processi che portano Ca2+
nell'interno della cellula e più esattamente nel
citoplasma, e quelli che lo rimuovono è esemplificato
nella tabella accanto.
Sistole
Numero di canali dei Ca2+ in una singola
14x103
cellula
Velocità di ingresso dei Ca2+ attraverso
3x106
ciascun canale
ioni/sec
Quantità massima di Ca2+ che possono
4x1010
entrare nel citoplasma di una singola
ioni/sec
cellula per ogni sistole
Diastole
Numero di Ca2+ ATPasi del RS in una
166x106
singola cellula
Velocità di trasporto di ogni molecola di 30 ioni/sec
Ca2+ ATPasi
Quantità massima di Ca2+ che possono
5x109
essere rimossi dal citoplasma di una
ioni/se
singola cellula per ogni diastole
Questa tabella evidenzia l'enorme sproporzione tra il
numero di canali dei Ca2+ e le "pompe" Ca2+ ATPasiche
del reticolo. Ciononostante, la velocità di ingresso dei
Ca2+ resta superore a quella di efflusso, o meglio di
rimozione dal citoplasma. Si comprende dunque il
motivo per il quale la fase di rilasciamento sia più lunga
di quella di contrazione. Un simile squilibrio temporale
è necessario anche per la ripolarizzazione elettrica della
membrana plasmatica. La depolarizzazione1 , che
precede l'ingresso dei Ca2+, è dovuta all'apertura dei
canali per i Na+. La ripolarizzazione, necessariamente
più lunga, è in larga parte dovuta al pompaggio fuori
della cellula dei Na+ realizzato dalla Na+/K+ ATPasi
2.
Classificazione
tipo P la reazione enzimatica prevede la forma di un
intermedio enzima-fosforilato (es.: Na+/K+, Ca2+, H+
ATPasi della membrana plasmatica e Ca2+ ATPasi del
reticolo sarcoplasmatico)
Figura 1. Relazioni di "dipendenza" intercorrenti tra
le varie ATPasi cellulari. Il metabolismo energetico
permette di descrivere un'ATPasi principale, quella
mitocondriale, che fornisce ATP ad una serie di
ATPasi dipendenti appunto da un costante
rifornimento di energia. Si noti la diversa direzione
dei flussi di ioni e metaboliti che si osserva in
condizioni fisiologiche. Nei mitocondri il flusso di
protoni, a favore di gradiente verso la matrice,
consente la sintesi dell'ATP. Nelle altre ATPasi è
l'utilizzazione dell'ATP a permettere il passaggio dei
vari ioni contro gradiente.
MITO = mitocondri; RS = reticolo sarco-(o endo-)
plasmatico
enzimi associati ad altri organelli
tipo V
intracellulari che non siano mitocondri o reticolo. Il
suffisso V indica vacuoli. Si trovano in granuli secretori,
nelle vescicole di endocitosi, nei lisosomi, nell'apparato
del Golgi ecc.
del tipo F0F1 dei mitocondri dove F1 è
tipo F
la porzione idrosolubile dotata di attività catalitica,
mentre F0 è nella membrana ed è coinvolta nella
1
L'interno della cellula a riposo è carico negativamente
rispetto all'esterno (-90 mV)
ATPasi
traslocazione dei protoni
Altri tipi
lo sviluppo degli studi in questo settore
ha portato all'identificazione di ATPasi nella membrana
nucleare (che saranno probabilmente classificate come
tipo N), di ATPasi adibite all'estrusione di molecole
complesse attraverso la membrana plasmatica (come
quella alla base del fenomeno di resistenza ai farmaci
denominata MDRG, (Multi Drug Resistance
Glycoprotein) e, nei procarioti, di pompe per anioni e
per i Mg2+ (Fig. 2). Alla famiglia delle ATPasi
appartiene anche la proteina regolatrice della
conduttanza di membrana che è alterata nei pazienti
2
3. Tipo P
Il ciclo di reazione di questa classe di enzimi è
caratterizzata dalla formazione di un intermedio enzima
fosforilato. Tale fosforilazione avviene sempre a carico
di un residuo di acido aspartico. La fosforilazione e la
conseguente defosforilazione fanno si che siano
descrivibili due diversi stati conformazionali,
generalmente denominati E1 (defosforilato) e E2
(fosforilato). Un generico schema di reazione vede come
primo evento il legame dello ione all'enzima da un lato
della membrana. Successivamente l'ATP fosforila
l'enzima che modifica la sua conformazione (da E1 a
E2). Tale modifica consente la
2+
2+
+
+
Mg
Ca
Na
H
traslocazione: è infatti modificata
l'affinità dell'enzima per lo ione
P
P
P
P
che può essere rilasciato. Il rilascio
dello ione determina un'ulteriore
+
+
modica conformazionale e rende
K
K
l'enzima defosforilabile. L'enzima
perdendo il fosfato modifica di
nuovo
vistosamente
la
sua
+
H
ATP
conformazione passando dallo
stato E2 a E1, pronto per un nuovo
ciclo catalitico.
Vacuole +
H
Occorre sottolineare che si può
parlare di ATPasi solo al termine
del ciclo di reazione. Un'ATPasi
catalizza per definizione la
scissione idrolitica dell'ATP in
ADP +Pi
ATP
ADP e Pi. In altri termini si può
parlare di ATPasi solo quando
ADP e Pi vengono rilasciati nel
mezzo, mentre non è sufficiente
Mitochondrion
per definire l'attività ATPasica la
Drugs + semplice scomparsa dell'ATP. Nel
caso delle ATPasi di tipo P
ATP
MDR
l'attività
ATPasica
risulta
dall'addizione
di
un'attività
Cl
chinasica (data dal trasferimento
del fosfato γ dell'ATP sul residuo
CFTR
di aspartato) con una fosfatasica
N
(dovuta al distacco idrolitico del
fosfato dall'enzima). Le due attività
C
Nucleus
come si vedrà in seguito sono
N
chiaramente separabili nel caso
C
della Na+/K+ ATPasi .
HSPs
Le modifiche conformazionali
conseguenti alla fosforilazione e
alla
defosforilazione
sono
particolarmente rilevanti e sono
state evidenziate da tecniche quali
il dicroismo circolare e la
Figura 2. Diversi tipi di ATPasi esistenti nei sistemi biologici. Oltre ai tipi
fluorescenza intrinseca dovuta ai
P, V ed F, descritti nel testo, sono state recentemente aggiunti i seguenti
residui
di
triptofano.
Altri
tipi: C, per indicare quelle coinvolte nei processi contrattili (es. miosina);
cambiamenti più sottili avvengono
M, quelle simili alla glicoproteina responsabile del fenomeno della
quando l'enzima si lega alla specie
resistenza ai farmaci (vedi testo); N, che agiscono sugli acidi nucleici; H,
ionica da trasportare. E' stata
suffisso che sta ad indicare le heat shock proteins; E, per indicare le ATPasi
ipotizzata una sorta di occlusione
a localizzazione extracellulare
con
la
quale
l'enzima
sequestrerebbe
lo
ione
dall'ambiente
circostante.
Si
ritiene
affetti da fibrosi cistica (da cui il nome di Cystic Fibrosis
anche che queste ATPasi si aggreghino in dimeri, ma è
Transmembrane Regulator) e una pompa perossisomiale
stata ampiamente dimostrato che i monomeri isolati e
(PMP70, 70 kDa peroxisomal membrane protein)
ricostituiti svolgono perfettamente il ciclo catalitico e la
assente nella sindrome di Zellweger.2
funzione di trasporto.
Strutturalmente in tutte c'è un peptide (α) di 70-100 kDa
che contiene i siti di fosforilazione e di legame con
2Di seguito vengono trattate alcune caratteristiche
strutturali e funzionali delle pompe ioniche di tipo P e
V.. Vengono inoltre fornite recenti acquisizioni su
mitocondriale si rimanda ai manuali correnti di
CFTR e MDR. Per la trattazione dell'ATPasi
biochimica.
P
V
F
C
M
N
H
E
ATPasi
l'ATP. La Na+/K+ ATPasi contiene anche un peptide β,
la cui funzione è sconosciuta. Queste ATPasi sono
inibite dal vanadato, un analogo del fosfato, circostanza
che permette di distinguere le forme P dalle V e dalle F.
In queste pompe la porzione estrinseca, che aggetta nel
citoplasma, è notevolmente più grande della porzione
intrinseca. Poichè sia l'N che il C terminale sono dallo
stesso lato della membrana, cioè quello citosolico, il
numero dei domini transmembrana è forzatamente in
numero pari. A cominciare dall'N terminale, si incontra
dapprima una porzione ad α-elica e successivamente un
dominio
composto
da
tratti
antiparalleli
a
conformazione β, che è la regione funzionalmente più
importante dove si accoppiano l'idrolisi dell'ATP e la
traslocazione degli ioni. Una successiva porzione
citoplasmatica contiene il residuo fosforilabile di
aspartato. Le porzioni estrinseche non citoplasmatiche,
quindi sulla faccia esterna della membrana cellulare o
sulla faccia luminale del RS, sono di scarse dimensioni e
prive di funzioni accertate, con la sola eccezione del sito
di legame per la ouabaina nella Na+/K+ ATPasi. La
porzione intracitoplasmatica verso il C teminale è
generalmente breve. Fa eccezione la Ca2+ ATPasi della
membrana plasmatica, nella quale questa regione
comprendente >150 residui aminoacidici disposti
soprattutto in α-elica, contiene importanti domini di
regolazione, quali il sito di legame per la calmodulina e
il sito di fosforilazione catalizzato da proteine chinasi. E'
interessante notare che in diverse ATPasi, dove il
segmento verso il C treminale non è lungo come nella
pompa dei Ca2+ della membrana plasmatica, sia
presente una seconda subunità o un'altra proteina
distinta (non legata covalentemente) in grado di regolare
l'attività catalitica. E' il caso della Ca2+ ATPasi del RS,
la cui attività è aumentata quando una proteina contigua,
il fosfolambano, è fosforilata da una proteina chinasi A.
Inoltre, il fatto che l'isolamento della sola subunità α
della Na+/K+ ATPasi non consenta di ottenere alcuna
funzione, fa ipotizzare che, anche in questa pompa, la
subunità accessoria β svolga compiti di regolazione.
E' riconoscibile una notevole omologia di sequenza tra le
varie ATPasi di tipo P. Ad esempio, il raffronto tra le
subunità α della Na+/K+ ATPasi renale e la Ca2+ ATPasi
del muscolo cardiaco mostra che ambedue presentano
otto domini idrofobici e pesi molecolari simili. Sono
inoltre simili i siti di legame con l'ATP e di
fosforilazione, e in particolare la sequenza aminoacidica
(Asp-Lys-Thr-Gly-Thr-Leu-Thr) vicino al residuo di
Asp che viene fosforilato.
Accanto a queste analogie, devono esistere anche delle
differenze che rendano conto delle funzioni differenti
svolte dalle varie ATPasi. Ad esempio, le Ca2+ ATPasi
del RS del cuore e del muscolo scheletrico rapido
contengono un gruppo di residui di acido glutammico,
insolitamente situati in porzioni di α-elica che
compongono il tratto di connessione tra la porzione
idrofobica intramembrana e la regione idrofilica situata
al di fuori della membrana. Questo "raggruppamento
acido" ad elevata densità di cariche negative rappresenta
probabilmente il sito di legame con i Ca2+.
Differenze sono anche riconoscibili nella sensibilità agli
inibitori o a particolari peptidi attivatori. La ouabaina
(come descritto dettagliatamente in seguito) inibisce
specificamente la Na+/K+ ATPasi, mentre le H+ ATPasi
della membrana plasmatica sono inibite dal DCCD
(dicicloesilcarbodiimide) o dal DES (dietilstilbestrolo).
Per quel che concerne gli attivatori, nel cuore e nel
muscolo scheletrico l'attività delle Ca2+ ATPasi del RS è
aumentata dalla fosforilazione catalizzata dal
fosfolambano (da non confondere con la fosforilazione
propria del ciclo catalitico), che è alla base della risposta
contrattile alla stimolazione β-adrenergica. La Ca2+
3
ATPasi della membrana plasmatica è invece attivata dal
legame con la calmodulina. Ad ultimo sembrano esserci
importanti differenze funzionali anche quando si
raffrontino ATPasi che traslochino lo stesso ione. Ad
esempio l'ATPasi protonica della membrana plasmatica
delle cellule della mucosa gastrica3 negli organismi
eucarioti superiori catalizza l'eflusso di H+ opposto
all'ingresso di K+ in un processo di scambio
elettroneutro, mentre nella Neurospora è elettrogenica
poichè catalizza univocamente la traslocazione
protonica. Nei lieviti sono presenti entrambe le
possibilità.
3.1.
Na+/K+ ATPasi
E' costituito da due subunità α e β, probabilmente
organizzate nelle membrane in un tetramero (αβ)2. α
(p.m. ~ 110 kDa) presenta 10 segmenti transmembrana,
viene fosforilata sul residuo di aspartato in posizione
369 e contiene sia l'attività di idrolisi dell'ATP che
l'attività di pompa. β è necessaria alla funzione: non è
stato possibile ricostituire subunità α funzionanti in
assenza di β. Probabilmente stabilizza α e ne evita la
denaturazione durante il processo di estrazione.
Sono state descritte varie isoforme: α1 in tutte le cellule;
α2 in tutte le cellule;α3 nel tessuto nervoso (dove si
trovano anche α1 e α2). Variano per la composizione in
amino acidi e presentano differente sensibilità alla
ouabaina. Per la subunità β, che è intensamente
glicosilata, sono state isolate una forma β1 predominante
nel rene e una β2 nel tessuto nervoso.
I fosfolipidi sono necessari per l'espressione dell'attività
enzimatica. L'enzima attivo è isolato con proporzioni di
1:50 e 1:40 rispettivamente con i fosfolipidi e il
colesterolo. Questa sorta di scudo lipidico è
probabilmente è necessario per proteggere l'enzima dai
detergenti durante l'isolamento.
La funzione della pompa presenta una stechiometria di 3
Na+ portati fuori dalla cellula, contro 2 K+ che entrano
nel citoplasma4 insieme all'idrolisi di 1.16 moli di ATP.
La variazione di energia libera determinata dalla
traslocazione ionica è uguale a + 9.9 Kcal.
L'affinità della pompa per l'ATP è elevata (Km = 0.1
mM), tale che solo una deplezione praticamente
completa di ATP può creare un limite energetico alla
pompa. Considerazioni analoghe possono essere fatte
sostituendo all'ATP il termine termodinamicamente più
corrretto di potenziale citosolico di fosforilazione.
L'attività della pompa è influenzata da diversi ormoni.
Gli ormoni tiroidei ne aumentano la sintesi: si spiega in
questo modo l'aumentata suscettibilità all'intossicazione
digitalica dei pazienti ipertiroidei. Le catecolamine, con
meccanismo ancora da definire, aumentano l'attività
della Na+/K+ ATPasi e un simile effetto sembra essere
esercitato dall'insulina.
L'attività è inibita dalla ouabaina e dai glicosidi
digitalici, ancora oggi i farmaci più usati contro lo
scompenso cardiaco. La scoperta compiuta nei primi
anni '60 che la Na+/K+ ATPasi è il bersaglio dell'azione
della digitale ha dato un notevole impulso agli studi su
questa proteina. Prima ancora di aver isolato e purificato
l'enzima si vide che:
1. L'attività ATPasica e la traslocazione degli ioni sono
legate alla stessa proteina;
2. Entrambi queste attività sono presenti quando i K+
3
responsabile dell'ambiente intensamente acido (pH ~
1) esistente nel lume gastrico.
4 Nel mezzo extracellulare le concentrazioni di Na+ e
K+ sono rispettivamente 140 e 5 mM; viceversa
all'interno della cellula i K+ sono più concentrati (157
mM) dei Na+ (10 mM).
ATPasi
+
[K+ ]=1mM
[Na+ ]=140mM
[K ]=5mM
4
[Na+ ]=150mM
2 K+
+
3 Na
membrana
plasmatica
+
2 K+
3 Na
ATP
ADP+Pi
citoplasma
ADP+Pi
[K+ ]=157mM
[ATP]>1mM
ATP
[Na+ ]=10mM
[K +]=150mM
[Na+ ]=1mM
[ADP]<0.1mM
[ATP]<0.1mM
[ADP]>1mM
Figura 3. Modi di operare della Na+-K+ ATPasi. Nel pannello di sinistra è illustrato il
trasporto contro gradiente dei Na+ e dei K+ catalizzato in condizioni fisiologiche.
L'energia per questo processo endoergonico è fornita da un elevato rapporto ATP/ADP.
La modalità inversa illustrata a destra permette la sintesi dell'ATP, partendo da un
elevato rapporto ADP/ATP, attraverso il trasporto degli stessi ioni in favore di gradiente.
In ambedue i casi la pompa ATPasica catalizza la trasformazione di una forma di energia
(ad esempio l'idrolisi dell'ATP) in un altra (gradiente ionico) e viceversa.
sono fuori della membrana e i Na+ al suo interno;
3. L'ATP è il substrato per l'ATPasi solo quando è
all'interno delle vescicole o delle cellule;
4. L'attività ATPasica è inibita dal vanadato quando si
trova all'interno delle vescicole o delle cellule;
5. La ouabaina inibisce solo dall'esterno.
Il normale operare della Na+/K+ ATPasi prevede che
l'idrolisi dell'ATP sia accoppiato all'estrusione dei Na+ e
all'ingresso dei K+. La reazione è tuttavia
completamente
reversibile
e
dipende
dalle
concentrazioni delle due specie ioniche ai due lati della
membrana e dalla presenza di ATP nel citoplasma. (Fig.
3.
Gli studi eseguiti sia sull'enzima ricostituito che sulla
proteina in soluzione mostrano che l'attività ATPasica è
dissociabile nelle sue due componenti chinasica e
fosfatasica. Quando studiata in soluzione, l'attività di
fosforilazione cresce parallelamente all'aumentare della
concentrazione di Na+ ed è inibita da basse
concentrazioni di Na+ ed elevata [K+]. Al contrario la
defosforilazione è inibita da alta [Na+] ed aumenta col
diminuire dei Na+ e l'aumentare dei K+.
Tutte le informazioni sulla funzione e la struttura
disponibili consentono di schematizzare il complesso
ciclo catalitico nel modo seguente:
1. Legame ATP E1 + ATP è E1-ATP Il legame
dell'ATP all'enzima non provova alcun cambiamento. Il
reale evento iniziale è rappresentato dal cambiamento
conformazionale indotto dal metallo. Solo in seguito a
questo l'ATP viene utilizzato per la fosforilazione.
2. Legame Na+ E1-ATP + 3 Na+ è E1-ATP-3Na+ Per
indicare il legame così tenace tra i Na+ e l'enzima si
usa il termine "occlusione". Questa reazione è
indispensabile per far avvenire la fosforilazione
3. Fosforilazione E1-ATP-3Na+ è E1-3Na+-P L'ADP
viene rilasciato. L'enzima fosforilato è una struttura
stabile. Questa reazione è inibita dal vanadato che si
lega al posto del fosfato nel sito di fosforilazione. In
taluni schemi il P è preceduto dal segno ~ (squiggle),
cioè E1-3Na+~P . Questo indicherebbe che è stata
trasferita alla molecola enzimatica l'energia del legame
anidridico del fosfato in γ dell'ATP, o anche che
l'energia dell'ATP, trasferita sulla proteina, non è stata
ancora "tradotta" in cambio conformazionale. Occorre
tuttavia ricordare che l'energia scaturisce solo da
reazioni (e non da semplici composti) nelle quali il
rapporto tra substrati e prodotti di reazione sia lontano
da quello raggiunto quando la reazione è all'equilibrio,
indipendentemente dalle molecole considerate.
4. Traslocazione E1-3Na+-P è E2-3Na+-P L'enzima
modifica la sua conformazione in modo rilevante (E1 è
E2) e con essa si riduce l'affinità per i Na+ ed aumenta
quella per i K+. Non è noto quale sia il processo, a
livello molecolare, che consente la traslocazione vera e
propria (apertura di un canale?)
5. Rilascio Na+ E2-3Na+-P è E2-P Vengono liberati
Na+ nello spazio extracellulare. Questa è la
configurazione che può legare la ouabaina. Questa
reazione esclude il legame con i K+, preclude la
possibilità di una successiva defosforilazione e quindi
provoca
l'arresto
dell'intero
ciclo
catalitico.
L'inibizione dipende dai livelli ematici di potassio.
L'ipopotassiemia accentua gli effetti della ouabaina e
dei glicosidi digitalici.
6. Legame K+ E2-P + 2 K+ è E2-P-2K+ L'enzima che
ha legato i K+ non può più essere fosforilato e diviene
substrato per l'azione della fosfatasi
7. Defosforilazione
E2-P-2K+ + H2O è E2-2K+
Viene rilasciato il fosfato
8. Traslocazione E2-2K+ è E1-2K+ In seguito alla
defosforilazione l'enzima torna alla conformazione
iniziale (E2 è E1) e si riduce l'affinità per i K+
9. Rilascio K+ E1-2K+ è E1 Vengono rilasciati K+
nel citoplasma. Questo processo viene enormemente
accelerato dall'ATP, che in definitiva catalizza la
trasformazione diE2 in E1.
Da quanto su esposto appare che la digitale e i suoi
derivati sono potenti veleni cellulari. Infatti, nonostante
siano farmaci, come detto, largamente usati il limite tra
dose terapeutica e dose letale è tutt'altro che ampio.
Fattori che potenziano l'azione digitalica sono la
stimolazione adrenergica e tiroidea e l'ipopotassiemia.
Il meccanismo che sottintende il beneficio terapeutico
(l'aumentata contrattilità del muscolo cardiaco, vedi box)
è lo stesso che rende ragione della tossicità, riconducibile
in definitiva ad un sovraccarico cellulare di Ca2+.
L'inibizione della Na+/K+ ATPasi porta inizilamente ad
un aumento del [Na+] intracellulare. La cellula può
ridurre il sovraccarico di Na+ espellendo questo ione in
scambio con l'ingresso di Ca2+, processo catalizzato
dallo scambiatore 3Na+/Ca2+. Tale via è normalmente
uno dei principali sistemi, insieme alla Ca2+ ATPasi del
ATPasi
+
Na+o
Ko
E2 P K
5
E2 P
E 2 P Na
E2 K
E 1 Na Pi
E 2 K ATP
E 1 Na ADP Pi
E 1 K ATP
E 1 ATP
+
Ki
E 1 Na ATP
Na+i
Figura 4. Schema delle reazioni coinvolte in un ciclo catalitico della Na+/K+ ATPasi. I suffissi
i e o indicano eventi e componenti presenti nel citoplasma o nel mezzo extracellulare.
RS, utilizzati dal miocita per ridurre durante la diastole
le concentrazioni di Ca2+ aumentate durante la sistole.
L'inversione del normale operare dello scambiatore
3Na+/Ca2+ porta quindi ad un aumento dei Ca2+ che
devono essere pompati dalla Ca2+ ATPasi all'interno del
reticolo. A questo processo consegue un aumentato
riempimento di Ca2+ del reticolo che a sua volta libererà
più Ca2+ alla successiva onda di depolarizzazione. Il
conseguente aumento dei Ca2+ citosolici si tradurrà in un
parallelo accrescersi della forza contrattile.
Lo squilibrio di questi processi risulterà da un lato in un
aumento della [Ca2+] citoplasmatica in diastole, cui può
conseguire, attraverso l'attivazione di fosfolipasi e
proteasi, il danneggiamento della ultrastruttura. D'altro
canto l'aumentata attività delle ATPasi miosinica e Ca2+
dipendente del SR portano ad un eccessivo consumo di
ATP che può arrivare a superare le capacità di
produzione energetica. Non sorprende come la ricerca di
farmaci cosiddetti inotropi, quelli cioè in grado di
aumentare la forza contrattile, punti all'aumento della
sensibilità dei miofilamenti ai Ca2+. In altri termini
sostanze con queste proprietà dovrebbero garantire
un'aumento della performance contrattile senza
modificare nè i livelli di Ca2+ intracellulari, nè il
consumo di ATP.
3.2.
Ca2+ ATPasi
Considerando la localizzazione cellulare si distiguono
Ca2+ ATPasi della membrana plasmatica (PMCA; PM è
l'abbreviazione per plasma membrane) e dei reticoli
endoplasmico e sarcoplasmatico (SERCA; SER =
sarcoplasmic - endoplasmic reticulum). Ambedue i tipi
rispondono all'esigenza di mantenere la concentrazione
di Ca2+ citoplasmatico, nella cellula a riposo, ≅ 0.1 µM.
Similarità (caratteristiche comuni al tipo P come
fosforilazione sull'aspartato, inibizione da vanadato,
larga porzione intracitoplasmatica) e differenze
(dominio presso il C terminale con funzioni regolatorie
in PMCA, relazione con il fosfolambano nella SERCA
muscolare) sono in parte già state descritte.
ATPasi
6
L' accoppiamento eccito-contattile nel muscolo cardiaco
La contrazione del miocita cardiaco è iniziata dall'ingresso dei Ca2+ attraverso i canali lenti dei Ca2+ posti nella
membrana plasmatica. Questa quota di Ca2+, relativamente modesta, provoca il rilascio di grandi quantità di Ca2+ da parte
del RS. Questo processo è denominato rilascio di calcio indotto dal calcio. Nel citoplasma, il legame dei Ca2+ alla
troponina consente la formazione dei ponti tra actina e miosina. Ne consegue una modifica conformazionale della
miosina, resa possibile dalla concomitante idrolisi di ATP, che si traduce nello scivolare dell'actina sulla miosina, cioè il
fenomeno molecolare alla base della contrazione muscolare. Successivamente il rilasciamnto richiede la riduzione del
[Ca2+] citoplasmatico, reso possibile dalla Ca2+ ATPasi del RS e dalla fuoriuscita dei Ca2+ dalla cellula attraverso lo
scambiatore Na+/Ca2+. Il [Na+] intracellulare, aumentato in opposizione all'efflusso dei Ca2+ viene successivamente ridotto
ai livelli basali dalla Na+/K2+ ATPasi .
RS
MF
SL
MITO
Rappresentazione schematica di una fibrocellula miocardica con particolare riferimento all'omeostasi dei Ca2+ e
all'intervento delle diverse ATPasi. SL = sarcolemma; RS = reticolo sarcoplasmatico; MITO = mitocondrio; MF =
proteine miofibrillari
Lo schema della reazione ricalca per molti versi quello
già esaminato per la Na+/K+ ATPasi: ovviamente c'è un
solo ione in gioco e la sua traslocazione è, in condizioni
fisiologiche, unidirezionale. E' tuttavia possibile, come
del resto in tutte le ATPasi, invertire il flusso dei Ca2+
ed ottenere la sintesi di ATP5.
1. Legame Ca2+ E1 + Ca2+ è E1-Ca2+ Anche in questo
caso il legame con il metallo è indispensabile per far
avvenire la fosforilazione. La stechiometria Ca2+/ATP è
2 nella pompa del reticolo e 1 in quella della membrana
plasmatica.
2. Fosforilazione E1-Ca2+ + ATP è E1-Ca2+-P + ADP
3. Traslocazione E1-Ca2+-P è E2-Ca2+-P
4. Rilascio Ca2+ E2-Ca2+-P è E2-P I Ca2+ vengono
5
Tale condizione si realizza utilizzando vescicole
cariche di Ca2+ risospese in un mezzo che contenga
EGTA, un chelante dei Ca2+ (in modo da rendere
massimo il gradiente dei Ca2+), e un eccesso di ADP e
fosfato.
rilasciati all'esterno, nel caso della Ca2+ ATPasi della
membrana plasmatica, o nel lume del reticolo, nel caso
della Ca2+ ATPasi del RS. Solo dopo questa reazione è
possibile la defosforilazione
5. Defosforilazione
E2-P + H2O è E2 viene
rilasciato il fosfato
6. Traslocazione E2 è E1
La defosforilazione consente il recupero della
conformazione iniziale
Diversi problemi si incontrano quando sia necessario
isolare e studiare separatmente le due specie
enzimatiche, oppure se ne voglia caratterizzare la
funzione in modo distinto all'interno di una cellula.
Molte difficoltà sono state superate attraverso l'uso di
inibitori specifici. Solo recentemente si è reso
disponibile un inibitore estremamente specifico e con
elevata affinità per le SERCA, la tapsigargina. Tale
sostanza si lega alla ATPasi durante il ciclo catalitico
quando i Ca2+ non sono ancora legati. Per le PMCA
viene invece sfruttato il particolare effetto del La3+. In
seguito a trattamento con questo ione la formazione
ATPasi
5
6
Figura 5. Architettura molecolare della Ca2+-ATPasi della membrana plasmatica.
I cilindri rappresentano i segmenti ad α-elica e le frecce i segmenti a foglietto β.
I domini più rilevanti sono indicati dai numeri seguenti:
1.
regione di interazione con i fosfolipidi acidi
2.
sito di legame per la calmodulina
3.
dominio-substrato per la proteina chinasi AMPc-dipendente
4.
regione flessibile che permette il movimento dei domini contenenti il sito
di legame per l'ATP e il residuo fosforilabile di acido aspartico.
5.
residuo fosforilabile di acido aspartico
6.
sito di legame per l'ATP
dell'intermedio enzima-fosforilato è aumentato di oltre 3
volte nella PMCA, mentre è fortemente ridotto in tutte le
altre pompe di tipo P.
La PMCA (peso molecolare 134 kDa) presenta 10
segmenti transmembrana e circa l'80% della sua massa
protrude nel lume citosolico con tre unità principali (Fig.
5). A partire dall'N terminale, la prima corrisponde al
dominio cosidetto di "trasduzione", dove avviene
l'accoppiamento tra idrolisi di ATP e traslocazione.
Questa regione è anche responsabile della sensibilità ai
fosfolipidi, (descritta in seguito). Una seconda porzione
citoplasmatica contiene il residuo fosforilabile di
aspartato e il sito di legame con l'ATP. La terza regione
citoplasmatica, quella più vicina al C-terminale,
presenta il dominio di interazione con la calmodulina e i
siti fosforilabili dalle proteine chinasi A e C. Dubbi
ancora esistono sul modo di interagire con i Ca2+: in
questa terza porzione due domini ad α-elica contenenti
residui amiinoacidici carichi negativamente sono stati
ipotizzati come possibili strutture attraverso le quali i
Ca2+ verrebbero incanalati verso il sito catalitico.
L'attività della PMCA è stimolata dalla interazione con
la calmodulina (CM), una proteina citosolica che lega i
Ca2+: aumentano l'affinità per i Ca2+ (la Km cambia da
20 a 0.5 µM) e in minor misura la Vmax. La CM si lega
ad un dominio di circa 30 aminoacidi prevalentemente
basici. Il dominio di legame con la CM potrebbe, in
assenza di CM, inibire l'attività della pompa. Tale
dominio è infatti in grado di interagire non solo con la
CM ma anche con un'altra regione dell'enzima
formando una sorta di ponte tra le prime due regioni
protrudenti nel citoplasma. Ne risulterebbe inibito
l'accesso del substrato al sito catalitico.
In assenza di CM, la PMCA è stimolata
alternativamente da fosfolipidi carichi negativamente,
da trattamento proteolitico, dalla fosforilazione
7
catalizzata
da
proteine
chinasi A o C. L'effetto
esercitato dai fosfolipidi
presenta
interessanti
implicazioni
fisiologiche.
Nella membrana l'ATPasi è
circondata da quantità di
fosfatidilserina
simili
a
quelle che in vitro producono
circa il 50% della attivazione
massimale.
Tuttavia
la
quantità di fosfatidilserina
non si modifica in modo
sostanziale in breve tempo,
per cui non è ipotizzabile un
effetto di modulazione della
pompa dipendente da questo
fosfolipide. Un tale ruolo
potrebbe essere esercitato dal
fosfaditilinositolo, anch'esso
in grado di stimolare la
PMCA. Come è noto tale
fosfolipide, in seguito alla
stimolazione della fosfolipasi
C da parte di diversi agonisti,
viene idrolizzato in inositolo
trifosfato e diacilglicerolo,
entrambi senza effetto sulla
PMCA. In questo modo una
ridotta attività della pompa
sarebbe in accordo con il
messaggio ormonale tendente
a produrre un aumento del
[Ca2+] citoplasmatico.
3.3. Fosfolambano
e
adrenergica
della
miocardica
regolazione
contrattilità
Possono essre descritti tre tipi di regolazione dell'attività
delle pompe di tipo P. Nel caso più semplice,
rappresentato dalla Ca2+ ATPasi della membrana
plasmatica i domini catalitici e di regolazione sono
localizzati sulla stessa catena polipeptidica. Nel caso
della Na+/K+ ATPasi, formata da due diverse subunità,
ad una catena polipetidica, la subunità a spetta l'attività
catalitica, mentre alla subunità b viene attribuita
funzione di regolazione. Tale funzione nel caso della
SERCA 2a è invece svolta da un'altra proteina, il
fosfolambano. E' interessante notare come le porzioni
catalitiche delle due Ca2+ ATPasi siano simili: la pompa
della membrana plasmatica presenta tuttavia una grande
porzione citoplasmatica nel tratto C-terminale con
funzione di regolazione che è assente nella SERCA dove
è sostituita dal fosfolambano.
Il fosfolambano è una proteina di 52 amminoacidi (6080
Da) presente sia inel reticolo sia in forma monomerica,
sia in forma di aggregato pentamerico che prevale
quando il fosfolambano è fosforilato. Presenta due
domini: uno idrofobico con il quale si ancora al reticolo
e l'altro idrofilico che sporge nel citoplasma. Il dominio
transmembrana ha una struttura prevalentemente ad αelica. L'interazione tra i diversi monomeri per dare la
struttura pentamerica è favorita da una chiusura a
leucina
(leucine
zipper)
che
consente
il
superavvolgimento delle eliche (coiled coil). E' una
proteina fortemente basica (pI=10) che diviene
leggermente acida in seguito a fosforilazione (pI=6.7).
ATPasi
8
cui fosforilazione è necassaria per l'attività
catalitica. La porzione idrofilica da sola non è
comunque in grado di inibire la pompa.
Con ogni probabilità è la forma monomerica
del fosfolambano ad interagire con la pompa.
In questo senso il pentamero può essere
considerato una sorta di serbatoio di
monomeri, messi a disposizione per
l'inibizione della pompa in seguito a
defosforilazione del fosfolambano.
La
modulazione
dell'interazione
tra
fosfolambano e SERCA spiega gli effetti della
stimolazione β-adrenergica sulla contrazione
cardiaca. L'aumento della forza di contrazione
(inotropismo positivo), della frequenza
(cronotropismo positivo) e della capacità di
rilasciamento
sono
tutte
conseguenze
dell'aumento di attività della SERCA che porta
una quota maggiore di Ca2+ all'interno del
reticolo. In questo modo più rapidamente il
Ca2+ viene rimosso dalle proteine contrattili
2+ rendendo possibile il rilasciamento (diastole).
Figura 6. Modello dell'interazione tra fosfolambano (PLB) e Ca
ATPasi del reticolo sarcoplasmatico del miocardio (SERCA 2a). Il Al contempo, essendo accorciato il periodo di
PLB defosforilato, interagendo probabilmente in forma rilasciamento, sarà possibile un maggior
di tempo.
monomerica, inibisce la pompa,. La fosforilazione del PLB ne numero di eventi contrattili nell'unità
2+
All'aumentata
ricapatazione
di
Ca
da parte
favorisce l'aggregazione in pentameri rimuovendo l'inibizione della
del reticolo farà seguito un maggior rilascio di
SERCA.
Ca2+ alla stimolazione successiva: l'aumento
del
Ca2+ a disposizione delle proteine
L'aggregazione nella forma pentamerica è dunque il
contrattili, ed in particolare della troponina C, avrà come
risultato dal venir meno di repulsioni elettrostatiche tra i
risultato il potenziamento della forza di contrazione. Più
residui basici che rende possibili le interazioni
in dettaglio (come mostrato dalla figura):
idrofobiche nel tratto transmembrana.
la stimolazione dei recettori β1 adrenergici, attraverso la
Al carattere basico contribuiscono due residui adiacenti
formazione intracellulare dell'AMP ciclico, porta
di arginina (in posizione 13 e 14) che precedono nella
all'aumento dell'attività della PKA. Un primo risultato di
sequenza i due residui fosforilabili. La serina 16 viene
questa stimolazione è la fosforilazione della serina 16
fosforilata esclusivamente dalla PKA, mentre la chinasi
del fosfolambano (PLB) cui consegue la rimozione
Ca-calmodulina dipendente fosforila il residuo di
dell'inibizione
della
SERCA
per
probabile
treonina 17. Questi processi fosforilativi possono
oligomerizzazione e distacco del fosfolambano.
avvenire indipendentemente l'uno dall'altro, anche se
la PKA fosforila anche i canali del Ca2+ del sarcolemma.
durante la stimolazione adrenergica viene fosforilata la
Questo evento, insieme al maggior rilascio di Ca2+ dal
serina prima della treonina e lo stesso ordine viene
reticolo, determina l'aumento della [Ca2+] nel citoplasma
seguito durante il ritorno alla condizione basale
cui
consegue
l'attivazione
della
chinasi
mediante defosforilazione. In condizioni fisiologiche i
calcio/calmodulina dipendente (CaMK). Questa chinasi
due siti vengono fosforilati in uguale quantità. Anche se
fosforila la treonina 17 del fosfolambano, potenziando
la fosforilazione di uno dei soli dei due siti è in grado di
l'effetto determinato dalla PKA.
potenziare il rilassamento del cardiomiocita, entrambi i
il fosfolambano fosforilato è substrato della proteina
siti devono essere fosforilati per ottenere il massimo
fosfatasi 1 (PP1) presente nel reticolo come complesso
effetto.
con una proteina identica alla subunità G responsabile
Il fosfolambano defosforilato agisce da inibitore della
dell'associazione della PP1 con il glicogeno (da cui
SERCA del miocardio: tale inibizione è rimossa dalla
deriva la defosforilazione e quindi l'arresto dell'attività
fosforilazione del fosfolambano che si traduce in un
della glicogeno fosforilasi). La subunità G una volta
aumento dell'affinità apparente della SERCA per il Ca2+
fosforilata dalla PKA non è più in grado di legare la PP1
. In effetti quello che cambia è la cinetica di attivazione
che viene rilasciata dal reticolo così come viene
della SERCA da parte del Ca2+ e non la capacità della
allontanata dal glicogeno per consentirne la
pompa di legare il catione. Aumenta in questo modo la
degradazione. La PP1 non solo perde "contatto" con il
capacità della pompa di portare Ca2+ all'interno del
fosfolambano, ma viene ulteriormente inibita legandosi
reticolo in presenza di concentrazioni fisiologiche
ad una particolare proteina, denominata inibitore della
(submicromolari) di Ca2+: non viene infatti modificata la
PP1 (IP1), quando quest'ultima viene fosforilata dalla
Vmax della SERCA che si ottiene a concentrazioni
PKA. In ultima analisi la PKA determina la
saturanti (>1 µM) di Ca2+.
fosforilazione del fosfolambano e ne impedisce la
L'inibizione è dovuta ad interazione sia della porzione
defosforilazione.
idrofilica, sia di quella idrofobica del fosfolambano con
la capcità di rilasciamento è ulteriormente favorita dalla
la SERCA. La capacità inibitoria sembra dipendere dalla
fosforilazione della troponina I, anch'essa dipendente
porzione idrofobica, ma l'interazione con la SERCA
dalla PKA, che aumenta la velocità di distacco del Ca2+
sarebbe favorita, o guidata, da ponti salini che si
dalla troponina C. Questo fenomeno può essere anche
stabiliscono tra i residui carichi positivamente del
interpretato come un meccanismo teso a limitare la forza
fosfolambano e quelli di segno opposto della pompa. A
di contazione potenziata dall'aumento del Ca2+ nel
tal riguardo sarebbe rilevante il legame con l'aspartato la
sarcoplasma.
ATPasi
stimolazione
β adrenergica
2+
Forza
Ca
9
controllo
SL
P
Ca2+
Tempo
A B
RC PL
SE
Ca2+
B
PL P P
1
PP
CaMK
P
G
TnI
G
PKA
P
P
IP1 PP1
inattiva
RS
PP1
attiva
Figura 7. Meccanismo degli effetti inotropo e cronotropo positivi (esemplificati nell'inserto) determinati dalla
stimolazione β-adrenergica. Per le spiegazioni e le abbreviazioni si rimanda al testo.
4. Tipo V
Le ATPasi protoniche vacuolari sono una famiglia di
pompe protoniche che acidificano diversi compartimenti
intracellulari. Negli organismi eucarioti intervengono in
importanti processi cellulari quali:
a)
endocitosi, acidificando le vescicole di
endocitosi6 rivestite di clatrina, i fagosomi, gli endosomi
6
Il processo di endocitosi riguarda in genere
componenti extracellulari legati a recettori situati sulla
faccia esterna della membrana cellulare: si parla per
questo di endocitosi mediata o legata al ricettore. Vanno
incontro ad endocitosi i recettori per le LDL, la
transferrina, le immunoglobuline e diversi ormoni quali
insulina e EGF. Attraverso questo processo le cellule,
riducendo il numero dei recettori, hanno a disposizione
un ulteriore modo per regolare il metabolismo. I
recettori che vanno incontro a questo processo sono
situati su particolari avvallamenti della membrana
(fossette di endocitosi) che sono rivestite dal lato
citoplasmatico da una proteina fibrosa, la clatrina. Gli
avvallamenti della membrana tendono ad approfondirsi,
formando le fossete di endocitosi anch'esse rivestite dalla
clatrina, che successivamente si richiudono a formare
delle vescicole che si internalizzano nel citoplasma. In
seguito le vescicole perdono il rivestimento di clatrina
trasformandosi in endosomi che possono fondersi con
altre vescicole non rivestite. A livello degli endosomi
avviene il distacco del ligando (es. ormone) dal ricettore.
Il ricettore viene poi riciclato e torna ad inserirsi nella
membrana cellulare, mentre i ligandi dissociati vengono
di solito catabolizzati nei lisosomi.
e i lisosomi
b)
secrezione acidificando sia granuli di
secrezione che vescicole derivate dall'apparato del Golgi
Anche se sono state caratterizzate in misura minore
rispetto alle altre due classi, possono essere identificati
tre comuni denominatori:
1.
Traslocano solo protoni
2.
Non si forma un intermedio fosforilato nel ciclo
catalitico
3.
A differenza del tipo P, ma con caratteristica
analoga al tipo F, sono composte da più subunità con
pesi molecolari compresi tra 500 e 750 kDa . Come
accertato nel tipo F, anche in questo gruppo sembra che
l'idrolisi dell'ATP e la traslocazione dei protoni siano
catalizzate da subunità diverse.
Molte sono le analogie, soprattutto a livello strutturale,
tra il tipo V e il tipo F. Non desta sorpresa dunque che le
informazioni raccolte dal clonaggio e il sequenziamento
dei cDNA codificanti diverse subunità di ATPasi
vacuolare indicano che i tipi V e F sono correlati anche
da un punto di vista evoluzionistico. Omologie di
sequenza esistono infatti sia per quanto riguarda il sito
di legame per i nucleotidi si a per la subunità c che in
ambedue i tipi conferisce sensibilità al DCCD.
Nella struttura si riconoscono una porzione estrinseca,
V1 ed una parte intermembrana denominata V0 (in
analogia alla F0 - F1 mitocondriale). Nella V1 i siti di
legame per i nucleotidi sono distribuiti tra le subunità A
(70 kDa) e B (60 kDa). Il legame vero e proprio sembra
avvenire a livello della subunità B, mentre l'evento
catalitico riguarderebbe soprattutto la A. Sempre nella
V1 sono presenti almeno altre tre subunità di minore
peso molecolare che partecipano all'interazione tra V1 e
V0. Il dominio intrinseco contiene n unità di un
proteolipide di 15-17 kDa (subunità c) che è in parte
ATPasi
responsabile della traslocazione dei protoni ed è
bersaglio dell'azione del DCCD. Alla traslocazione dei
protoni partecipano altri piccoli polipeptidi costituenti
V0, sui quali non sono disponibili informazioni
sufficienti. A differenza di quanto si osserva nel tipo tipo
F, la dissociazione del dominio estrinseco da quello
intrinseco comporta la perdita di ogni funzione: V1 e V0
non possono funzionare indipendentemente.
Le ATPasi vacuolari sono insensibili agli inibitori
caratteristici e specifici degli altri tipi, vanadato e
oligomicina. Vengono inibite dal DCCD, dal DES
(come alcune ATPasi di tipo P), dal KNO3 e dal KCSN.
Questi ultimi due composti, attivi anche sul tipo F,
sembrano inibire maggiormente le ATPasi di tipo V. Un
altro potente inibitore in questa classe è la Netilmaleimide (NEM) un reagente (ossidante) dei gruppi
-SH.
Per quanto attiene alla funzione, l'acidificazione dei
compartimenti vacuolari riveste un ruolo critico in
svariati processi cellulari. L'acidificazione è necessaria
per la dissociazione tra ligando e ricettore che avviene
nelle vescicole di endocitosi ed è quindi critica sia per il
riciclaggio dei recettori, che per la degradazione delle
molecole internalizzate. Nei lisosomi, nelle vescicole di
secrezione e nei vacuoli di immagazzinamento
l'acidificazione è importante per due fondamentali
aspetti: a) un basso pH è necessario per l'attività delle
idrolasi acide che metabolizzano e degradano le
macromolecole presenti all'interno dei vacuoli; b) il
trasporto di queste molecole è reso possibile dal
gradiente chimico dei protoni creato da queste ATPasi.
Nei granuli cromaffini, queste ATPasi appaiono essere
essenziali per l'importo e l'immagazzinamento delle
catecolamine. La loro funzione si esplicherebbe anche
nel trasporto ed accumulo di serotonina nelle piastrine e
di acetilcolina nelle vescicole sinaptiche. Il trasporto di
protoni attraverso la membrana plasmatica di particolari
cellule (intercalate) del parenchima renale è
responsabile dell'acidificazione urinaria. L'acidificazione
negli osteoclasti è parte del meccanismo di
riassorbimento dell'osso.
4.1. H+ ATPasi
endocitosi
delle
vescicole
di
Trasportano protoni unidirezionalmente dal lato
citoplasmatico al lato intraluminale della vescicola.
Sono quindi elettrogeniche. Il potenziale di membrana
generato dalla pompa protonica è dissipato dal
movimento
parallelo di cariche negative, rappresentate
dai Cl- che entrano attraverso specifici canali formatisi
nella membrana di queste vescicole. La conduttanza ai
Cl- modula l'attività della pompa protonica. Entrambe la
corrente di cloruri e protoni sono aumentate per
fosforilazione del canale dei Cl- catalizzata da una
proteina chinasi AMP ciclico dipendente.
Al contratrio
una riduzione dell'ingresso dei Cl potrebbe rendere
ragione del fatto che le vescicole rivestite di clatrina non
si acidificano per una gran parte del processo di
endocitosi e più esattamente fino alla formazione del
compartimento endovescicolare dove avviene la
dissociazione del ligando dal ricettore. Poichè le ATPasi
protoniche sono presenti durante tutto il processo,
appare certo che le vescicole di endocitosi non si
acidificano perchè l'attività ATPasica viene in qualche
modo soppressa. Per spiegare questo fenomeno accanto
alla ridotta corrente di cloruri, altri Autori hanno
avanzato numerose ipotesi quali l'assenza di una
subunità regolatrice, la presenza di isoforme a ridotta
funzionalità, il disaccoppiamento tra idrolisi di ATP e
trasporto ionico o l'inattivazione risultante dal
disancoramento tra V1 e V0.
10
5.
CFTR
(cystic
fibrosis
transmembrane regulator)
La fibrosi cistica è la malattia più comune tra quelle
trasmesse geneticamente ad esito fatale (nel Nord
Europa colpisce 1 neonato ogni 2500). È' una malattia
autosomica recessiva causata da mutazioni del gene
codificante per una proteina che regola la conduttanza
attraverso la membrana cellulare. Nelle cellule epiteliali
di individui sani è dimostrabile una conduttanza ai Cl-,
AMPciclico-dipendente, che manca nelle cellule dei
pazienti affetti da fibrosi cistica (CF).
Il gene (250 Kb) localizzato sul cromosoma 7 codifica
una proteina integrale di membrana di 1480 aminoacidi
(180 kDa). Tale proteina è localizzata nella membrana
cellulare ed è particolarmente abbondante nel pancreas,
ghiandole salivari e sudoripare, intestino, ghiandole
submucose e polmoni (ma poco o nulla negli alveoli).
Presenta due domini transmembrana (ciascuno con sei
segmenti) e due siti di legame per l'ATP. Questi siti
presentano sequenza analoga (i cosidetti motivi di
Walker) a quella di altre proteine che svolgono funzioni
di trasporto. Tali siti vengono oggi definiti ABC, cioè
ATP Binding Cassette, e sono contenuti in una
superfamiglia di proteine che comprende sistemi di
importo delle proteine nei batteri, di esporto di fattori e
proteine nei lieviti, il CFTR, l'MDRG e la PSP70
nell'uomo (Fig. 8).
La "cassette" è una regione di circa 200 aminoacidi
contenente il sito di legame per l'ATP, con una omologia
di circa il 30% tra le diverse proteine appartenenti a
questo gruppo. Tali proteine non vengono fosforilate
dall'ATP (come accade nelle ATPasi di tipo P), per cui
l'idrolisi dell'ATP da esse catalizzata (attività ATPasica)
è con ogni probabilità tradotta in una modifica
conformazionale che permette l'accumulo dei substrati,
come ad esempio nei batteri, o l'espulsione di ioni o
metaboliti, come nel caso del CFTR e della MDRG. La
"cassetta" che lega l'ATP è connessa, come accennato in
precedenza, con una porzione transmembrana. Sembra
che i trasportatori del tipo ABC localizzati sulla
membrana cellulare siano costituiti da 12 domini
transmembrana e da 2 siti di legame per l'ATP. I
trasportatori
degli
organelli
intracellulari
presenterebbero invece sei domini transmembrana e un
solo sito per l'ATP. Tuttavia in quest'ultimo caso appare
probabile l'associazione funzionale in dimeri, per cui si
può indicare in 12 domini transmembrana e due siti per
l'ATP l'unità minima funzionale in questo gruppo di
ATPasi.
Da un punto di vista funzionale, queste ATPasi
presentano spesso caratteristiche che si discostano
sensibilmente da quelle descritte per le altre ATPasi
ioniche. Nel caso del CFTR non si tratta di trasporto
attivo, in quanto i cloruri escono in favore di gradiente:
l'energia derivata dall'idrolisi dell'ATP è usata per
l'apertura del canale al Cl-. Nel caso della MDRG il
trasporto non riguarda ioni (esula dunque dalle pompe
ioniche in senso stretto) e non necessariamente si tratta
di trasporto attivo, cioè contro gradiente di
concentrazione. L'energia in questo caso è utilizzata per
il passaggio delle sostanze da espellere da un lato
all'altro della membrana e per il successivo rilascio nello
spazio extracellulare.
Nel CFTR, in posizione quasi intermedia tra i due
domini leganti l'ATP è presente un dominio, cosidetto di
regolazione (R), caratterizzato da 4 residui di serina
fosforilabili che costituisce il bersaglio della
fosforilazione catalizzata da PKA. Esperimenti di
ricostituzione del CFTR in membrane artificiali hanno
dimostrato che tale proteina si comporta da vero e
ATPasi
11
Figura 8. Struttura della
proteina transmembrana che
regola la permeabilità ai Cl-.
Tale proteina è conosciuta
come CFTR (cystic fibrosis
transmembrane regulator) in
quanto alterata nei pazienti
portatori di fibrosi cistica.
Sono indicati i principali
domini strutturali e il sito di
delezione della fenilalanina in
posizione 508, responsabile di
circa il 70% dei casi di fibrosi
cistica.
proprio canale dei Cl-. Il meccanismo più probabile di
funzionamento del CFTR appare eseere il seguente: la
fosforilazione mediata da PKA permette il legame
dell'ATP che viene idrolizzato portando ad una modifica
conformazionale della proteina che ad ultima si traduce
nell'apertura del canale per i cloruri. Il passaggio stesso
dei cloruri, la modifica del potenziale di membrana o il
distacco dei prodotti di idrolisi dell'ATP (o ancora il
combinarsi di tutti questi eventi) fa tornare la proteina
ad uno stato di riposo "attivo" (nei modelli proposti la
proteina rimane fosforilata, in altri termini non c'è
bisogno dell'intervento di una proteina fosfatasi e quindi
di una successiva fosforilazione per riprendere il ciclo
catalitico) pronta per legare nuovamente ATP.
Per quel che concerne la funzione come già sottolineato
non si tratta di una pompa ionica in senso stretto. A
rinforzare questo concetto contribuiscono le evidenze
che il flusso dei Cl- può avvenire bidirezionalmente e
che non esiste alcuna stechiometria tra ATP utilizzato e
Cl- trasportati. In taluni cellule l'attività potrebbe portare
ad accumulo di HCl e quindi acidificazione
intracellulare o degli organelli. In cellule pancreatiche di
pazienti portatori di CF si sono riscontrati difetti nei
processi di endocitosi ed esocitosi stimolati da AMP
ciclico.
Sono state descritte 170 mutazioni responsabili
dell'alterata funzionalità di questa proteina. Tuttavia
circa il 70% dei casi riconosce come difetto la delezione
di 3 basi nell' esone 10 che si traduce nella mancanza
della fenilalanina in posizione 508: di qui la
designazione ∆F508. Questa delezione è a carico del I
sito di legame per l'ATP. Studi di dicroismo circolare
hanno evidenziato che la mancanza di F508 si traduce in
una riduzione di struttura β e in aumento di
avvolgimento casuale. Il difetto tuttavia non si manifesta
con alterato binding degli adenin nucleotidi, nè talvolta
in ridotta attività ATPasica. L'alterata struttura proteica
sembra piuttosto influenzare negativamente il processo
di trasferimento della proteina neoformata a livello del
reticolo endoplasmico, con il risultato finale di una
ridotta espressione del CFTR nella membrana cellulare.
In definitiva la malattia sarebbe espressione della
mancanza della proteina matura nella locazione
appropriata più che di una proteina con funzione
alterata.
La possibilità di correggere in vitro la funzione delle
cellule malate mediante l'inserzione del gene codificante
per la proteina corretta ha reso questa malattia il primo
banco di prova per la sperimentazione della terapia
genica. Sono in corso tentativi basati su inalazione
mediante aerosol di adenovirus recanti il gene corretto
con l'intento e la speranza di correggere le complicanze
polmonari che costituiscono la più importante causa di
decesso nei portatori di CF.
6. MDR (multi drug resistance)
Il fenomeno della resistenza ad un vasto spettro di
farmaci (multidrug resistance), ed in particolare a
diversi chemioterapici usati per limitare od arrestare la
crescita tumorale, è causato dall'espressione di una
fosfo-glicoproteina in grado di opporsi all'ingresso di
xenobiotici all'interno delle cellule bersaglio. Le
funzioni associate a questa proteina, che per
convenienza definiamo MDRG (come abbreviazione di
glicoproteina associata alla resistenza a molteplici
farmaci),
appaiono
quanto
mai
complesse,
probabilmente in relazione a un peculiare modo di
trasporto associato all'attività di questa ATPasi. Si usa di
solito assegnare all'MDRG il compito di espellere
sostanze indesiderate dalla cellula. Tale concetto non
caratterizza a fondo la funzione dell'MDRG, che può
non solo ridurre le concentrazioni intracellulari di un
farmaco, ma anche opporsi all'ingresso di svariate
ATPasi
12
distinte
della
stessa
proteina.
Alternativamente l'attività regolata del canale
del cloro potrebbe essere necessaria per lo
svolgimento ed il controllo del trasporto del
materiale idrofobico.
Nelle cellule tumorali la resistenza ai farmaci
può essere intrinseca o acquisita. Esempi di
MDR intrinseca si trovano nei tumori di rene,
fegato, colon, pancreas e surreni. Nel caso dei
tumori renali sembra esistere una relazione
diretta tra grado di differenziamento e
resistenza ai farmaci. In altri casi il tessuto di
origine non presenta MDR (cellule del
sangue, tessuto cerebrale, polmoni ecc.):
appare probabile che sia la stessa
trasformazione maligna ad attivare il gene
MDR 1. A sostegno di questa ipotesi è stato
Figura 9. Modello proposto per il funzionamento della ATPasi
dimostrato che un promoter del MDR 1 era
responsabile del fenomeno della resistenza ai farmaci
stimolato da ras e p53, due geni comunemente
denominato MDR (multi drug resistance). I farmaci o sostanze
associati con la progressione tumorale.
idrfobiche sarebbero presi indifferentemente dal lato
Il modello illustrato nella Fig. 9 tenta di
extracellulare o intracellulare, "risucchiati" all'interno della
riunire e conciliare gli elementi biochimici e
struttura della ATPasi attraverso lo spazio idrofobico della
funzionali fin qui descritti ipotizzando due
membrana cellulare per essere espulsi fuori dalla cellula. Questo
caratteristiche salienti: a) i farmaci sono
modello mette in risalto la struttura costituita da due metà
riconosciuti nella membrana plasmatica ed
praticamente identiche ciascuna recante un sito di legame ed
espulsi
direttamente
dalla
membrana
idrolisi l'ATP. La struttura canale, formulata in base a recenti
all'ambiente extracellulare: in altri termini ;
acquisizioni sul trasporto dei Cl operato dal MDR, è ancora
b) il trasporto avviene attraverso una sorta di
lungi dall'essere dimostrata
canale formato dal ripiegamento di una o più
subunità della proteina stessa nello spessore
della membrana.
molecole. Questa seconda funzione sembra prevalere
In tal modo la MDRG sarebbe una sorta di aspiratore per
quantitativamente. Infatti l'MDRG può rendere una
sostanze idrofobiche (hydrophobic vacuum cleaner).
cellula resistente ad un aumento di 1000 volte della
Occorre sottolineare che i migliori substrati per questa
concentrazione extracellulare di un farmaco, mentre è in
proteina sono molecole amfipatiche L'ATP verrebbe
grado di ridurre le concentrazioni intracellulari di non
utilizzato per traslocare le molecole dall'ambiente
oltre 10 volte. A complicare il quadro studi recenti
idrofobico della membrana all'ambiente idrofilico
assegnano a questa proteina anche la funzione di canale
interno alla struttura canale della proteina da dove i
per i Cl-.
composti da eliminare diffonderebbero nel mezzo
La proteina è codificata dal gene MDR, più esattamente
extracellulare. Un contributo alla formazione di un
dal MDR 1. Esiste infatti anche un MDR 2 la cui
ambiente idrofilico intraproteina verrebbe fornito dal
funzione è tuttora sconosciuta. Entrambi i geni sono
pompaggio di protoni seguito passivamente dai cloruri
localizzati sul braccio lungo del cromosoma 7. L'MDR 1
(si è visto in particolari condizioni sperimentali che la
è composto da 28 esoni per un totale di circa 100 kb. La
MDRG acidifica il mezzo extracellulare) (Fig. 9).
proteina codificata è composta da 1280 aminoacidi con
Tale movimento ionico richiamerebbe acqua all'interno
12 domini transmembrana e due grandi domini
della proteina. Alternativamente l'idrolisi dell'ATP
citoplasmatici contenenti il sito di legame per l'ATP
fornirebbe l'energia per "flippare" (flip è sinonimo di
(che come descritto nel paragrafo precedente appartiene
piccolo movimento a scatto) le molecole amfipatiche dal
alla superfamiglia ABC). La struttura nel suo complesso
foglietto citoplasmatico a quello esterno del bilayer
sembra formata dal ripetersi di due metà analoghe,
fosfolipidico, in modo analogo a quanto realizzato dalle
ognuna cioè con sei domini transmembrana e una
flippasi catlizzanti i movimenti flip-flop necessari per la
regione intracitoplasmatica. E' descritto anche un loop
traslocazione dei fosfolipidi dal compartimento
dal lato extracellulare compreso tra le prime due eliche
citoplasmatico dove vengono sintetizzati al lato esterno
transmembrana: tale regione sarebbe la porzione
della membrana cellulare.
glicosilata, ma dubbi ancora esistono sulla reale
configurazione in situ.
Questa proteina non è espressa solo in cellule tumorali,
ma è stata trovata nell'uomo anche in tessuti normali
(corteccia surrenale, tubulo prossimale renale, epatociti,
intestino, dotti pancreatici, placenta, endotelio dei
capillari cerebrali ecc.). La funzione dell'MDRG in
cellule "normali" dovrebbe essere quella di proteggerle
da composti tossici ed è stato suggerito un ruolo anche
nella secrezione degli ormoni steroidei. In aggiunta a
queste funzioni "prevedibili" per tale proteina,
recentemente in talune cellule (ad esempio nell'epitelio
dei villi intestinali) è stato dimostrato che l'MDRG è in
grado di comportarsi da canale dei Cl-, sensibile a
variazioni di volume della cellula. E' difficile precisare
allo stato attauale delle conoscenze se la funzione di
canale dei Cl- sia in aggiunta o in sostituzione a quella
di trasporto di sostanze idrofobiche. Le due attività
potrebbero rappresentare proprietà assolutamente
127(680,72&21'5,(%,2(1(5*(7,&$
&$7(1$5(63,5$725,$&20321(17,
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DVVRFLDWDDOODPHPEUDQDPLWRFRQGULDOH
Fosfofruttochinasi 2 e fruttosio 2,6 bifosfato
F1,6P2asi
F2,6P 2
PFK1
GLICOLISI
GLUCONEOGENESI
Gli effettori allosterici della fosfofruttochinasi (PFK1)
agiscono con segno opposto sulla fruttosio-1,6bifosfato-fosfatasi,
tappa
chiave
della
gluconeogenesi. Il fatto che un metabolita, ad
esempio l'AMP, agisca da attivatore allosterico sulla
PFK e da inibitore sulla fruttosio-1,6-bifosfatofosfatasi spiega in quale modo la stimolazione della
glicolisi sia accompagnata dal rallentamento della
gluconeogenesi.
Tramite la fosfofruttochinasi 2 (PFK2) il fruttosio-6fosfato può essere fosforilato anche a fruttosio-2,6bifosfato (F2,6P2) che nel fegato è il più potente
attivatore della PFK e al contempo agisce da effettore
allosterico negativo della fruttosio-1,6-bifosfato
fosfatasi. Quindi in presenza di fruttosio-2,6-bifosfato
la glicolisi è stimolata mentre è repressa la
gluconeogenesi. Il fruttosio-2,6-bifosfato è in grado
di attivare allostericamente la PFK1 rimuovendo
l'inbizione dovuta all'ATP. Ciò spiega come sia
possibile ottenere la stimolazione della glicolisi in un
organo dove non si osservano fluttuazioni
significative dei livelli di ATP.
dal fruttosio-2,6-bifosfato e viene stimolata la
gluconeogenesi.
Si comprende quindi come lo stimolo ipoglicemico
possa richiamare glucosio dal fegato mediante la
stimolazione
della
gluconeogenesi
e
della
glicogenolisi. L'inibizione della glicolisi indirizza
inoltre il glucosio-6-fosfato formatosi dal glicogeno
verso la reazione con la glucosio-6-fosfatasi
promuovendo il rilascio di glucosio nel torrente
circolatorio.
Nel fegato, gli stimoli che portano all'aumento
dell'AMP ciclico producono l'inibizione della glicolisi
attraverso la fosforilazione dell'enzima bifunzionale e
la conseguente scomparsa del F2,6P2. Tale
regolazione risponde alla necessità di stimolare la
gluconeogenesi per poter mantenere la glicemia e
rifornire gli organi extraepatici con il glucosio in
condizioni di digiuno (stimolazione da glucagone) o
stress (stimolazione da catecolamine). Diversa deve
essere la regolazione in altri distretti nei quali le
catecolamine determinano un aumento delle richieste
energetiche. In particolare, nel miocardio la
stimolazione adrenergica aumenta il lavoro cardiaco
(crescono sia la frequenza dei battiti che la forza di
contrazione) e di conseguenza l'utilizzazione dei
substrati per la produzione energetica. Non è pertanto
auspicabile avere nel miocardio la stessa regolazione
vigente nel fegato, perchè con essa si otterrebbe
La PFK2 è un enzima bifunzionale in quanto è in
grado di agire sia come chinasi (6fosfofrutto-2-chinasi), portando alla
formazione del fruttosio-2,6-bifosfato,
sia come fosfatasi (fruttosio-2,6bifosfato fosfatasi) che catalizza il
distacco
idrolitico
del
fosfato
riformando il fruttosio-6-fosfato. Nel
caso dell'isoenzima epatico, sulla stessa
catena polipeptidica di 470 amino acidi,
il dominio con attività chinasica è
situato verso l'N-terminale, mentre la
metà verso il C-terminale è occupata
dal dominio con attività fosfatasica. Il
Pi
prevalere dell'una o dell'altra attività è
determinato dalla fosforilazione di un
residuo di serina (in posizione 32)
catalizzata da una proteina chinasi
F2,6P2
AMP
ciclico
dipendente.
La
FOSFATASI
fosforilazione
reprime
l'attività
chinasica e stimola l'attività fosfatasica
della PFK2. Una riduzione della
P
glicemia, mediante l'aumento del
H2O
rapporto glucagone/insulina, stimola
l'adenilato ciclasi che attraverso l'AMP
ciclico si riflette in un aumentata
attività della PKA. La conseguente
fosforilazione della PFK2 porta
all'inibizione della formazione del
fruttosio-2,6-bifosfato, che anzi diviene
substrato per l'accresciuta attività
fosfatasica. Cessa in questo modo
l'attivazione della via glicolitica operata
AMPc
ADP
ATP
PKA
fruttosio
6 fosfato
ATP
PFK
2
CHINASI
ADP
fruttosio
2,6 bifosfato
PROTEINA
FOSFATASI
H2O
Pi
PFK2
2
Formazione del fruttosio 2,6 bifosfato nel fegato durante la fase
post-assorbimento. L'insulina, attraverso meccanismi ancora
ignoti, porta a riduzione dell'AMPciclico e conseguentemente al
cessare della stimolazione della PKA. Al contempo è stimolata
l'attività di fosfoproteine fosfatasi che rimuovendo il fosfato
dall'enzima bifunzioanle portano all'attivazione della funzione
chinasica (PF-2-Ka, dove la a indica l'enzima in forma attiva) e
all'inibizione dell'attività fosfatasica (F-2,6-P2asi b, indicando
con b l'inattivazione della fosfatasi).
N.B. è stata sbiancata la via relativa alla trasduzione del segnale
legata ad un aumento dell'AMP ciclico
l'inibizione della glicolisi e non la sua stimolazione,
come invece deve avvenire. Non sorprende, dunque,
che l'isoenzima cardiaco sia regolato in modo diverso.
La catena polipeptidica è costituita da 530 amino
acidi e il sito fosforilabile dalla PKA si trova nei
pressi del C-terminale (serina 466), cioè nel dominio
ad attività fosfatasica. La fosforilazione si
accompagna alla stimolazione dell'attività chinasica
che comporta un'accresciuta formazione di F2,6P2 e
di conseguenza l'accelerazione del flusso glicolitico,
un effetto dunque opposto a quello riscontrabile nel
fegato.
Regolazione della PFK2 cardiaca. L'enzima, schematizzato
in basso, presenta, come l'isoforma epatica, un dominio ad
attività chinasica posto all'N-terminale e un dominio ad
attività fosfatasica nella metà C-terminale. Quest'ultima
porzione, a differenza di quanto avviene nella proteina
epatica, può essere fosforilata ad opera di una chinasi
AMPciclico dipendente. La fosforilazione stimola l'attività
chinasica e deprime la fosfatasi. Il risultato finale è
l'aumento della velocità nella via glicolitica provocato dalla
stimolazione della fosfofruttochinasi (PFK1) da parte del
fruttosio 2,6 bifosfato.
cis
cis
bβ-ossidazione degli acidi grassi polinsaturi
3 cicli di
bβ-ossidazione
enoil CoA reduttasi
1 ciclo di
bβ-ossidazione
FAD
acil CoA deidrogenasi
4
tra
n
s
5
cis
FADH2
3
trans-2, cis-4-enoil CoA
2
da due doppi legami se ne ottiene
uno solo con configurazione idonea
per l’acil CoA deidrogenasi, ma in
posizione gγ invece che β: si rende
necessario l’intervento dell’isomerasi
2,4-dienoil CoA
reduttasi
4
tra
n
s
5
3
trans-3-enoil CoA
C
2
enoil CoA isomerasi
tra
n
s
3
4 cicli di
bβ-ossidazione
2
trans-2-enoil CoA
3URWHLQDFKLQDVLDWWLYDWDGD$03$03.
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QXFOHRWLGL
H
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IRVIRULOODELOL GDOO
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HVDWWDPHQWH GDOO
$73 H GDOO
$03 $03HGHILFLWHQHUJHWLFR
JOLFRJHQR VLQWDVL H OD OLSDVL GHL
4XHVWLHQ]LPLFRPHQRWRVRQROD ,Q FRQGL]LRQL ILVLRORJLFKH LO FRQVXPR WULJOLFHULGL
GHILQLWD
DQFKH
IRVIRIUXWWRFKLQDVL OD JOLFRJHQR HQHUJHWLFR OH UHD]LRQL FKH LGUROL]]D]R RUPRQRVHQVLELOHFKHFDWDOL]]DQRQ
IRVIRULODVL E H OD IUXWWRVLR O
$73LQ$'3qLQSHUIHWWRHTXLOLEULRFRQ VROR O
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$03
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OHJDWL
GXH
PRGLILFDUH OH YHORFLWj GHOOD FHOOXOD GLYLHQH VXEVWUDWR SHU OD UHD]LRQH PHFFDQLVPL
GL
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JOLFROLVL GHOOD JOLFRJHQROLVL R FDWDOL]]DWDGDOO
DGHQLODWRFKLQDVL$.
$FFDQWR
DOOD
VXELWDQHD
GHOOD
JOXFRQHRJHQHVL
SL $'3mo $73$03
VWLPROD]LRQH
DOORVWHULFD
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UDSLGDPHQWH GL TXDQWR VLD ,Q TXHVWR PRGR VL RWWLHQH $03 FKH SURFHVVL FDWDEROLFL VL SRQH XQ
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FRYDOHQWH GHJOL HQ]LPL RSHUDWD IURQWHJJLDUH OR VTXLOLEULR HQHUJHWLFR H VL IRVIRULOD]LRQH
FKH
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DWWUDYHUVR
SURFHVVL
GL DXPHQWD LO UDSSRUWR $73$'3 GD FXL DOO
LQLEL]LRQH GL DOFXQL SURFHVVL
IRVIRULOD]LRQHGHIRVIRULOD]LRQH D GLSHQGHO
HQHUJLDGLLGUROLVLGHOO
$73
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ORURYROWDQHOODPDJJLRUSDUWHGHL
ULVXOWDWR ILQDOH q OD VWLPROD]LRQH
FDVL VRWWR FRQWUROOR RUPRQDOH
GHOOD SURGX]LRQH DFFRSSLDWD DOOD
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OLPLWD]LRQHGHOFRQVXPRGL$73
DOFXQH YLH PHWDEROLFKH GL XQD FHOOXOD SXz HVVHUH
(VVHQGRPHVVDLQDWWRLQVLWXD]LRQLGLGHILFLWHQHUJHWLFR
PRGLILFDWD UDSLGDPHQWH LQ DFFRUGR DOOH HVLJHQ]H
H LQLEHQGR UHD]LRQL FKH FRQVXPDQR $73 OD FKLQDVL
PHWDEROLFKH LQ TXHVWR FDVR HQHUJHWLFKH GHOOD FHOOXOD
$03 GLSHQGHQWH SXz HVVHUH YLVWD FRPHXQ VLVWHPD FKH
VWHVVD/DUHJROD]LRQHRUPRQDOHDJJLXQJHODQHFHVVLWjGL
ULYHODULGX]LRQLFULWLFKHGL$73 HDOWHPSRVWHVVRFHUFD
FRUUHODUH LO PHWDEROLVPR H OH IXQ]LRQL GL TXHOOD FHOOXOD
GLOLPLWDUQHO
HQWLWj ORZIXHOZDUQLQJV\VWHP
FRQTXHOODGLDOWUHFHOOXOHRGLDOWULWHVVXWLHSXzTXLQGL
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TXHVWR WLSR GL UHJROD]LRQH ULVSHWWR DOO
+0*5 (
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SUREDELOH FKH HVLVWD XQD JHUDUFKLD GL LQDWWLYD]LRQH
TXHVWL GXH HVWUHPL HVLVWH XQD SRVVLELOLWj LQWHUPHGLD
VHFRQGRODTXDOHYHQJRQRLQDWWLYDWLSHUSULPLLSURFHVVL
FRVWLWXLWD FLRq GDOOD SRVVLELOLWj GL PRGLILFDUH
PHQR QHFHVVDUL 0HQWUH LQIDWWL OD VLQWHVL GL DFLGL JUDVVL
FRYDOHQWHPHQWH HQ]LPL FKLDYH GHO PHWDEROLVPR LQ
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GL GHSRVLWR VRVWLWXLELOH FRQ DOWUL VXEVWUDWL O
+0*5
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SUHVLHGH DOOD IRUPD]LRQHGHOFROHVWHUROR FKHQRQ VROR q
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DPELHQWH H[WUDFHOOXODUH 4XHVWD SRVVLELOLWj ULJXDUGD
LQGLVSHQVDELOH SHU OD FUHVFLWD FHOOXODUH H LO
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2FFRUUH ULFRUGDUH FKH $&& H +*05 VRQR HQWUDPEL
TXHVWL HQ]LPLVRQR IRVIRULODWL GD XQ
XQLFD FKLQDVL OD FXL
IRVIRULODELOLHTXLQGLLQDWWLYDELOLGD3.$$GHVHPSLR
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QHO IHJDWR GL UDWWR LO GLJLXQR TXLQGL JOXFDJRQH LQ
GHLUHVLGXLGLVHULQDHQHOFDVRGHOO
$&&HGHOOD
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PDJJLRU JUDGR GL IRVIRULOD]LRQH GL HQWUDPEL
TXHVWL HQ]LPL FKH VL ULIOHWWH QHOO
LQLEL]LRQH
$&&
GHOODVLQWHVLGHOFROHVWHURORHVRSUDWWXWWRGHOOD
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OLSRQHRJHQHVL XQR GHL WUDWWL PHWDEROLFL FKH
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PDJJLRUPHQWH FDUDWWHUL]]DQR LO GLJLXQR
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HQ]LPD q XQ HWHURWULPHUR
FRVWLWXWR GDOOH VXEXQLWj D E H J
ULVSHWWLYDPHQWH GL H N'D /D
VXEXQLWj D q TXHOOD GRWDWD GL DWWLYLWj
FDWDOLWLFD,OGRPLQLRFKLQDVLFRqVLWXDWRYHUVR
O
1WHUPLQDOH /D PHWj FDUERVVLWHUPLQDOH q
SUREDELOPHQWHFRLQYROWDVLDQHOOHJDPHFRQOH
$03.
DOWUH GXH VXEXQLWj VLD FRQ O
$03 4XHVWD VXEXQLWj
SUHVHQWD XQ
HOHYDWD RPRORJLD FRQ XQD SURWHLQD GHO
6DFFDURPLFHV FHUHYLVLDH GHQRPLQDWD 61) 6L
ULFRQRVFRQR GXH LVRIRUPH D H D 0HQWUH O
D q
GLVWULEXLWD LQ GLYHUVL WHVVXWL VL ULWHQHYD HUURQHDPHQWH
FKH O
DWWLYLWj HSDWLFD IRVVH GD ULIHULUH DOO
D 6L q SRL
YLVWR FKH HVLVWRQR GLIIHUHQ]H GL VFDUVR YDORUH VROR SHU
TXHOFKHULJXDUGDODVSHFLILFLWjGLVXEVWUDWRIRVIRULODELOH
/D IXQ]LRQH GHOOH DOWUH GXH VXEXQLWj q WXWWRUD RVFXUD
DQFKH VH q VWDWR RVVHUYDWR FKH GHYRQR HVVHUH HVSUHVVH
$03.
IRUPD7
DWWLYLWjVFDUVD
$03
7KU
2+
3L
$73
$03..
+2
$'3
$03.
IRUPD7
DWWLYLWjPRGHUDWD
7KU
3
GL536LSXzLSRWL]]DUHFKHODWUDVIRUPD]LRQH7 o 5
HVSRQJDDOO
D]LRQHGHOO
$03..ODWUHRQLQDUHVLGXR
FKH LQYHFH UHVWHUHEEH QDVFRVWR H TXLQGL GLIILFLOPHQWH
IRVIRULODELOHQHOODIRUPD7
/
$03 DWWLYD GXQTXH TXHVWR VLVWHPD GL FKLQDVL FRQ
TXDWWURGLYHUVHPRGDOLWj
D
DWWLYDDOORVWHULFDPHQWHO
$03.
E
OHJDQGRVL DOOD IRUPD GHIRVIRULODWD GHOO
$03.
QH IDFLOLWD OD IRVIRULOD]LRQH H TXLQGL LO UDJJLXQJLPHQWR
GHOODPDVVLPDDWWLYLWj
F
OHJDQGRVLDOODIRUPDIRVIRULODWD
GHOO
$03.
QH
LQLELVFH
OD
GHIRVIRULOD]LRQH PDQWHQHQGROD LQ XQD
IRUPDDGHOHYDWDDWWLYLWj
$03. $
G
DWWLYD
DOORVWHULFDPHQWH
IRUPD5 0
3
O
$03..
,O VLJQLILFDWR GL TXHVWR PROWHSOLFH
DWWLYLWjHOHYDWD
VLVWHPD GL FRQWUROOR q YHURVLPLOPHQWH
TXHOOR GHOO
DPSOLILFD]LRQH FRPXQH D
7KU
PROWL VLVWHPLGLWUDVGX]LRQHGHOVHJQDOH
2+
&RQ TXHVWR VLVWHPD SLFFROH YDULD]LRQL
QHOOH FRQFHQWUD]LRQL GL $03 SRVVRQR
SRUWDUHDSURIRQGHYDULD]LRQLQHOORVWDWR
$73
3L
GL IRVIRULOD]LRQH GHOOH SURWHLQH
EHUVDJOLR
'LYHUVL
HIIHWWL
GHOO
$03
VRQR
DQWDJRQL]]DWL GDOO
$73 ,Q SDUWLFRODUH
O
$73 DJLVFH GD HIIHWWRUH DOORVWHULFR
$'3
+2
QHJDWLYRVXDPEHGXHOHFKLQDVLHIIHWWLD
H G H FRQWUDVWD O
LQLEL]LRQH GD SDUWH
GHOO
$03
VXO
SURFHVVR
GL
GHIRVIRULOD]LRQH HIIHWWR F 4XLQGL SL
$03. $
FKH GDOO
$03 SHU VH LO FRQWUROOR
GHOO
$03. GLSHQGH GDO UDSSRUWR
IRUPD5 0
3
$73$03,QWDOVHQVRTXHVWDFKLQDVLq
XQYHURHSURSULRVHQVRUHPHWDEROLFR GL
DWWLYLWjPDVVLPD
FRQGL]LRQLFHOOXODULGLDOWHUDWRHTXLOLEULR
7KU
WUDSURGX]LRQHHFRQVXPRHQHUJHWLFR
3
WXWWH OH VXEXQLWj SHU RWWHQHUH VLD O
DWWLYLWj FKLQDVLFD FKH
O
LPPXQRUHDWWLYLWj (
SUREDELOH FKH O
HWHURWULPHUR DEJ
VLDODIRUPDSLVWDELOH
/
$03.SXzHVVHUHDVXDYROWDIRVIRULODWDDOLYHOORGHO
UHVLGXR GL WUHRQLQD GHOOD VXEXQLWj D GD XQ
DOWUD
FKLQDVL GHQRPLQDWD $03.. OD FKLQDVL GHOOD FKLQDVL
GLSHQGHQWH GD $03 DQFK
HVVD DWWLYDWD GDOO
$03 1RQ
VL KDQQR LQIRUPD]LRQL GHILQLWLYH VXOOD VXD VWUXWWXUD
$QFKH LQ TXHVWD FKLQDVL VL ULFRQRVFH XQD VXEXQLWj
FDWDOLWLFDGLN'DLQXQDSURWHLQDFKHLQIRUPDQDWLYD
KDXQSPGLN'D/DGLIIHUHQ]DPDJJLRUHULVSHWWR
DOO
$03.qUDSSUHVHQWDWDGDOIDWWRFKHO
$03..QRQq
IRVIRULODELOH QRQ HVLVWRQR GXQTXH XOWHULRUL SURFHVVL D
PRQWH LQ JUDGR GL PRGLILFDUH FRYDOHQWHPHQWH OD
VWUXWWXUD GL TXHVWD FKLQDVL H FRQ HVVD OD VXD DWWLYLWj ,O
VXR FRQWUROOR q GXQTXH HVFOXVLYDPHQWH GL WLSR
DOORVWHULFR$WWUDYHUVRO
$03..O
$03SXzFRQWUROODUH
O
DWWLYLWj GHOO
$03. VLD DOORVWHULFDPHQWH FKH SHU
PRGLILFD]LRQH FRYDOHQWH /D IRUPD SL DWWLYD q TXHOOD
OHJDWD DOO
$03 FRPH HIIHWWRUH DOORVWHULFR SRVLWLYR H
IRVIRULODWDGDOO
$03..8Q
DWWLYLWjFKLQDVLFDYROWH
LQIHULRUHVLRVVHUYDDFDULFRGHOODIRUPDGHIRVIRULODWDLQ
DVVHQ]DGL$03PHQWUHO
DWWYLWjVLULGXFHGLYROWHQHO
FDVRGHOODIRUPDIRVIRULODWDFKHQRQDEELDOHJDWRO
$03
(
VWDWR SURSRVWR XQ PRGHOOR SHU O
$03. LQ FXL VL
ULFRQRVFRQR TXDWWUR VWDWL IXQ]LRQDOL /D VWLPROD]LRQH
DOORVWHULFD GD $03 ID YDULDUH OD FRQIRUPD]LRQH 7 D
PLQLPD DWWLYLWj LQ 5 6LD 7 FKH 5 SRVVRQR HVVHUH
IRVIRULODWHFRVuGDDYHUH7 H735 H53/DIRUPD5
q SL IDFLOPHQWH IRVIRULODELOH GHOOD IRUPD 7 FRVu GD
RWWHQHUH 53 FKH q OD FRQIRUPD]LRQH FRQ OD PDVVLPD
DWWLYLWj 9LFHYHUVD 73 q SL IDFLOPHQWH GHIRVIRULODELOH
$03. QHO PHWDEROLVPR PXVFRODUH
/DVLQWHVLGLDFLGLJUDVVLHGLFROHVWHUROR
SXz UDSSUHVHQWDUH QHO IHJDWR XQD SDUWH FRVSLFXD GHO
FRQVXPR GL $73 H EHQ VL FRPSUHQGH FRPHO
LQLEL]LRQH
GL TXHVWL SURFHVVL GD SDUWH GHOO
$03. FRVWLWXLVFD XQ
PHFFDQLVPR SHU OLPLWDUH OD GLPLQX]LRQH GHL FRQWHQXWL
FHOOXODULGL$733LGLIILFLOHqFDSLUHLOUXRORGLTXHVWD
FKLQDVL QHO WHVVXWR PXVFRODUH VLD VFKHOHWULFR FKH
FDUGLDFR FKH SULYL GHO FRPSOHVVR PXOWLHQ]LPDWLFR
GHOO
DFLGR JUDVVR VLQWHWDVL QRQ KDQQR FDSDFLWj
OLSRQHRJHQHWLFD 7XWWDYLD DQFKH LQ TXHVWL WHVVXWL q
SUHVHQWHO
$&&XQDLVRIRUPDOHJJHUPHQWHGLIIHUHQWHGD
TXHOOD HVSUHVVD QHO IHJDWR WHVVXWR DGLSRVR H JKLDQGROD
PDPPDULD ,QROWUH QHO PXVFROR VRWWRVSRVWR DG
HVHUFL]LR L OLYHOOL GL PDORQLO &R$ VL ULGXFRQR
GUDVWLFDPHQWH PHQWUH DXPHQWD GLFLUFDYROWHO
DWWLYLWj
GHOO
$03.HVLULGXFHGLHJXDOPLVXUDTXHOODGHOO
$&&
,OVLJQLILFDWRGLTXHVWLFDPELDPHQWLQRQSXzFHUWRHVVHUH
TXHOOR GL XQD ULGX]LRQH GHO FRQVXPR GL $73 (
SLXWWRVWR XQ VLVWHPD SHU DXPHQWDUQH OD SURGX]LRQH ,O
PDORQLO&R$qLQIDWWLXQSRWHQWHLQLELWRUHGHOODFDUQLWLQD
SDOPLWLO WUDVIHUDVL , &37 , H FRQ WDOH PHFFDQLVPR
LQLELVFH O
LQJHVVR GHJOL DFLOL DWWLYDWL QHL PLWRFRQGUL
ULGXFHQGR LQ XOWLPD DQDOLVL OD ERVVLGD]LRQH 6L SXz
SHUWDQWR ULWHQHUH FKH QHL PXVFROL O
DWWLYLWj GHOO
$&& VLD
ULYROWD HVFOXVLYDPHQWH DO FRQWUROOR GHO FDWDEROLVPR
OLSLGLFR H LQ VHQVR SL DPSLR DOOD UHJROD]LRQH
GHOO
XWLOL]]D]LRQH GHL GLYHUVL VXEVWUDWL RVVLGDELOL
8Q
HOHYDWDDWWLYLWjGHOO
$&&DWWUDYHUVRO
LQLEL]LRQHGHOOD
&37,RSHUDWDGDOPDORQLO&R$VLWUDGXFHLQXQDULGRWWD
RVVLGD]LRQHGHJOLDFLGL JUDVVL D IDYRUH GL DOWULVXEVWUDWL
LQ SDUWLFRODUH GHL JOXFLGL 9LFHYHUVD XQD ULGX]LRQH
GHOO
DWWLYLWj GHOO
$&& IDYRULUj O
RVVLGD]LRQH GHJOL DFLGL
$03.
JUDVVL 4XHVWR q TXDQWR VL UHDOL]]D DWWUDYHUVR OD
VWLPROD]LRQH GHOO
$03. 7DOH PHFFDQLVPR q
SUREDELOPHQWH LQ JLRFR QHOO
HVHUFL]LR PXVFRODUH LQWHQVR
HGLOXQJDGXUDWDFKHGLSHQGHLQODUJDSDUWHGDOO
HQHUJLD
ULFDYDWD GDOO
RVVLGD]LRQH GHJOL DFLGL JUDVVL 7XWWDYLD
TXHVWR VLVWHPD QRQ VHPSUH SURGXFH HIIHWWL GHVLGHUDELOL
(
LO FDVR GHO PLRFDUGLR LVFKHPLFR GRYH XQ
DFFHQWXDWR
FDWDEROLVPR OLSLGLFR SXz SRUWDUH DOO
DFFXPXOR GL
FDWDEROLWL QRFLYL H DG XQ DXPHQWR GHO FRQVXPR GL
RVVLJHQR
1HOPXVFRORLQHVHUFL]LRLOLYHOOLGL$03QRQVXELVFRQR
PRGLILFKH ULOHYDQWL 9DULD]LRQL GL TXHVWR QXFOHRWLGH VL
RVVHUYDQR VROR LQ FRQGL]LRQL GL ULGRWWD GLVSRQLELOLWj GL
RVVLJHQR LSRVVLD R LVFKHPLD ,QIDWWL D GLIIHUHQ]D GHO
IHJDWR OH YDULD]LRQL GHL FRQWHQXWL GL $73 VRQR
WDPSRQDWH GDOOD IRVIRFUHDWLQD 3&U 1RQ VHPEUD
GXQTXH SUREDELOH FKH QHO PXVFROR O
DWWLYLWj GHOO
$03.
SRVVD HVVHUH FRQWUROODWD GDOO
$03 LQ FRQGL]LRQL
ILVLRORJLFKH 5HVWDYD GXQTXH GD LQGLYLGXDUH LO
FRQWUROORUH
ILVLRORJLFR
DQFKH
LQ
UHOD]LRQH
DOO
RVVHUYD]LRQH GL XQD VFDUVD DWWLYLWj HQ]LPDWLFD QHO
PXVFROR D ULSRVR QRQRVWDQWH O
DEERQGDQ]D GL TXHVWD
FKLQDVL QHL PLRFLWL /
LQWHUURJDWLYR VHPEUD ULVROWR GD
XQRVWXGLRUHFHQWHFKHSRQHLQVWUHWWDUHOD]LRQHO
$03.
FRQ OD FUHDWLQD FKLQDVL &. H LQGLFD OD FUHDWLQD &U
ROWUH DOO
$03 FRPH DWWLYDWRUH GHOO
$03. QHO PXVFROR
VFKHOHWULFR
/
DWWLYLWj GHOO
$03. q LQLELWD GDOOD 3&U 4XHVWD
LQLEL]LRQHqULPRVVDGDOOD&UXQHIIHWWRSRWHQ]LDWRGDOOD
ULGX]LRQH GHO S+ D YDORUL VLPLOL # D TXHOOL
ULVFRQWUDELOL QHO PXVFROR LQ HVHUFL]LR 'XQTXH QHO
PXVFROR O
$03. q SXU VHPSUH XQ VHQVRUH GL EDVVD
HQHUJLDPDGLSHQGHGDOUDSSRUWR3&U&USULPDDQFRUD
FKHGD TXHOOR$73$03 6HEEHQHTXHVWLULVXOWDWLVLDQR
VWDWL RWWHQXWL LQ YLWUR q YHURVLPLOH FKH QHO PXVFROR LQ
HVHUFL]LR DOO
DXPHQWR GHO UDSSRUWR&U3&U IDFFLD VHJXLWR
OD VWLPROD]LRQH GHOO
$03. FKH D VXD YROWD SURYRFD
O
DXPHQWR GHOO
RVVLGD]LRQH GHJOL DFLGL JUDVVL QHO
WHQWDWLYRGLLQFUHPHQWDUHODSURGX]LRQHPLWRFRQGULDOHGL
$73 H ULVWDELOLUH LO UDSSRUWR RWWLPDOH WUD 3&U H &U
9LFHYHUVD LQ FRQGL]LRQL GL ULSRVR OD 3&U PDQWHUUHEEH
O
$03. LQ IRUPD VFDUVDPHQWH DWWLYD ,QILQH LQ
FRQGL]LRQL GL SURIRQGR GHILFLW HQHUJHWLFR O
$03
UDIIRU]HUHEEH OD VWLPROD]LRQH GRYXWD DOOD &U H
DOO
DFLGRVLSRUWDQGRDOODPDVVLPDDWWLYLWjGHOODFKLQDVL
/D UHOD]LRQH WUD $03. H FUHDWLQD FRLQYROJH DQFKH OD
&. SL HVDWWDPHQWH OD 00&. O
LVRHQ]LPD FLWRVROLFR
GHO PXVFROR VFKHOHWULFR ,QIDWWL OD &. q LQLELWD GDOOD
IRVIRULOD]LRQH FDWDOL]]DWD GDOO
$03. $ FRQIHUPDUH OD
UHOD]LRQHIXQ]LRQDOHLGXHHQ]LPLVLDVVRFLDQRLQ YLWUR H
PRVWDUQR LGHQWLFD ORFDOL]]D]LRQH QHO VDUFRPHUR /H
HYLGHQ]H RWWHQXWH LQ YLWUR VRQR SUREDELOPHQWH
HVWUDSRODELOL DO PLRFLWD LQWDWWR ,QIDWWL O
DWWLYD]LRQH
IDUPDFRORJLFD GHOO
$03. PHGLDQWH O
$,&$5 XQ
DQDORJRGHOO
$03LQJUDGRGLDWWUDYHUVDUHODPHPEUDQD
FHOOXODUH VL DVVRFLD D IRVIRULOD]LRQH H SDU]LDOH
LQDWWLYD]LRQHGHOOD00&.
/
LQLEL]LRQH GHOOD &. VHUYH SUREDELOPHQWH DG LPSHGLUH
LO FRQVXPR GL $73 4XHVWR HQ]LPD FRPH q QRWR
6ROR XQD PDUFDWD H SUROXQJDWD LQLEL]LRQH QHOOD
SURGX]LRQH GL $73 TXDOH TXHOOD FKH VL RWWLHQH
DWWUDYHUVR O
LQLEL]LRQH GHOOD IRVIRULOD]LRQH RVVLGDWLYD LQ
XQ PLRFLWD LVFKHPLFR SUHYLHQH OD SRVVLELOLWj GL
ULIRVIRULODUH OD FUHDWLQD &U LQ 3&U $ VXD YROWD O
$'3
QRQ SXz SL HVVHUH IRVIRULODWR D VSHVH GHOOD 3&U SHU
ULJHQHUDUH $73 /
DFFXPXOR GHOO
$'3 SRUWD D TXHO
SXQWR DOO
DXPHQWR GHL FRQWHQXWL GL $03 WUDPLWH OD
UHD]LRQHGHOO
$.YHGLER[$GHVHPSLRQHOPLRFDUGLR
O
LVFKHPLD GHWHUPLQD GDSSULPDOD GHSOH]LRQH GHOOD 3&U
FXL ID VHJXLWR LO FDOR JUDGXDOH GHOO
$73 H O
DXPHQWR
GHOO
$03
FDWDOL]]D LO WUDVIHULPHQWR GHO IRVIDWR GDOOD 3&U DOO
$'3
LQ FRQGL]LRQL ILVLRORJLFKH TXDQGR FLRq q HOHYDWD VLD OD
FRQFHQWUD]LRQH GL 3&U VLD LO UDSSRUWR 3&U&U $OORUFKq
TXHVWH GXH FRQGL]LRQL YHQJDQR PHQR q SRVVLELOH OD
UHD]LRQH FRQWUDULD RYYHURVLD OD IRVIRULOD]LRQH GHOOD
FUHDWLQD DVSHVH GHOO
$73 UHD]LRQH FKH YLHQH
ILVLRORJLFDPHQWH FDWDOL]]DWD GDOO
LVRIRUPD PLWRFRQGULDOH
GHOOD &. 4XLQGL DQFKH O
LQLEL]LRQH GHOOD &. IDUHEEH
SDUWH GL XQ FRPSOHVVR VLVWHPD GL LQWHUYHQWL DWWUDYHUVR
FXL O
$03. OLPLWD LO GHSDXSHUDPHQWR GHOO
$73
LQWUDFHOOXODUH
3HUDSSURIRQGLPHQWL
'*+DUGLH H ' &DUOLQJ7KH $03DFWLYDWHG3URWHLQNLQDVH
)XHOJDXJHRIWKHPDPPDOLDQFHOO"(XU-%LRFKHP 0 3RQWLNRV 4/ /X -( 0RUJDQ '* +DUGLH 7$SDUWULGJH'
&DUOLQJ 'XDO UHJXODWLRQ RI WKH $03 DFWLYDWHG SURWHLQ NLQDVH
SURYLGHV D QRYHO PHFKDQLVP IRU WKH FRQWURO RI FUHDWLQH NLQDVH LQ
VNHOHWDOPXVFOH(0%2- LIPOPROTEINE PLASMATICHE
COMPONENTI DELLE
LIPOPROTEINE
Apoproteine
Le apoproteine, con l'eccezione delle apo B, insieme al
colesterolo libero sono relativamente idosolubili e
possono essere scambiati tra le varie lipoproteine o con
altre superfici lipidiche (membrane cellulari). Anche gli
elementi più apolari delle lipoproteine possono essere
scambiati, ma tale processo richiede l'intervento di
apposite proteine di trasporto.
Nella maggior parte delle apoproteine (A-I, A-II, A-IV,
C-I, C-II, C-III e E) si riscontra la ripetizione di domini
amfiaptici. Queste proteine appartengono a una famiglia
multigenica in cui le regioni codificanti sono composte
dalla ripetizione a coppie di 11 codoni, probabilmente
come risultato di un processo evolutivo avvenuto
attraverso la duplicazione di un gene primordiale.
Le apoproteine B non appartengono a questa famiglia,
contengono pochi domini amfipatici e sono invce
caratterizzate da elevata idrofobicità. La ricchezza in
residui idrofobici consente a queste apoproteine di
stabilire relazioni con il core idrofobico delle
lipoproteine. Tali relazioni, particolarmente tenaci
stabilizzano la struttura della lipoproteina (si può dire che
le apo B siano il vero scheletro delle lipoproteine che le
contengono) e al tempo stesso impediscono il
trasferimento delle apo B da una lipoproteina ad un'altra.
La apo D contiene anch'essa numerosi residui
aminoacidici non polari e fa parte della famiglia genica
delle α2u-globuline cui appartiene anche la proteina
legante il retinolo. Tale similarità fa ritenere che la apo D
possa rivestire una specifica funzione di legame per gli
esteri del colesterolo all'interno delle HDL, la classe di
lipoproteine cui l'apo D è associata in modo quasi
esclusivo. Gli esteri del colesterolo sono inoltre
trasportati dalla CETP (cholesteryl ester transfer protein)
anch'essa ricca di resdui idrofobici. Tale proteina assolve
funzioni di trasporto per questi esteri tra diverse
lipoproteine, ad esempio dalle HDL alle LDL e
viceversa, oppure dalle lipoproteine ai tessuti ed in
particolare al fegato. Sia la apo D che la CETP
posseggono scarsa affinità per le lipoproteine e possono
essere
facilmente
dissociate
da
queste
con
l'ultracentrifugazione.
Lipoproteina Lipasi
E' necessaria per l'idrolisi dei trigliceridi veicolati dai
chilomicroni e dalle VLDL. La proteina è sintetizzata
dalle cellule parenchimali, soprattutto cellule muscolari
ed adipociti, ed è trasferita nella sua forma matura sulla
faccia luminale dei periciti capillari. Le cellule
endoteliali non sono in grado di sintetizzare la
lipoproteina lipasi.
Il gene umano, situato sulla regione p22 (braccio corto)
del cromosoma 8, è costituito da circa 30 kb e contiene
dieci esoni e nove introni. Codifica la sintesi di una
proteina di 475 aa che contiene anche una sequenza
leader di 27 aa: la proteina matura è costituita da 448 aa
con un peso molecolare di 50,4 kDa. Sono stati
identificati 5 domini funzionali:
a) un sito catalitico (codificato dall'esone 5 con la
sequenza
caratteristica
Gly-X-Ser-X-Gly).
Esperimenti di site-directed mutagenesis hanno
dimostrato che la serina in posizione 132 è
essenziale per l'esplicarsi dell'attività catalitica;
b) un sito di interazione con l'apo C-II;
c) un sito di interazione idrofobica (codificato
dall'esone 4);
d) un sito per l'interazione con le glicoproteine della
membrana plasmatica ed in particolare con gli
eparan-solfati (codificato dall'esone 6);
e) un sito di interazione tra unità di lipoproteina lipasi.
La proteina matura esiste come dimero ed è presente in
diverse glicoforme, cioè isoforme della glicoproteina
matura che differiscono solo per le porzioni glucidiche. Il
processo di dimerizzazione avviene nel reticolo
endoplasmatico dove inizia anche il processo di
glicosilazione che a sua volta prosegue nel Golgi. Una
corrretta glicosilazione è essenziale sia per il
trasferimento della proteina matura nella membrana
plasmatica, sia per per l'attività catalitica. La
tunicamicina, un antibiotico che inibisce la
glicosilazione, provoca la ritenzione dell'enzima inattivo
nel reticolo endoplasmico o l'espressione nella membrana
plasmatica di una proteina priva di attività catalitica.
Sulla membrana plasmatica delle cellule endoteliali la
lipoproteina lipasi interagisce con i residui glucidici
carichi negativamente delle glicoproteine1. L'eparina è in
grado di rimuovere la lipoproteina lipasi dal suo legame
con le cellule endoteliali proprio per la sua similarità di
struttura con i residui glucidici delle glicoproteine di
membrana. Alternativamente la lipoproteina lipasi si lega
covalentemente alla membrana attraverso la connessione
tra catene glucidiche e residui di inositolo (glycosylphospatidylinositol anchor2 ). In tal caso la rimozione
della lipoproteina lipasi sarà conseguente all'attivazione
della fosfolipasi C che idrolizza il legame estereo tra
fosfato e ossidrile del diacilglicerolo. La quantità di
lipoproteina lipasi rilasciabile con questo meccanismo
varia tra i diversi tipi cellulari. E' nulla nei macrofagi,
relativamente scarsa negli adipocti (<10%) ed elevata nei
miociti cardiaci (>50%). Tali quantità si riferiscono
tuttavia al rilascio massimo ottenibile in cellule isolate,
mentre non è ancora nota la reale portata di tale processo
in vivo. Il rilascio di lipoproteina lipasi può anche essere
indotto da un aumento degli acidi grassi circolanti che
sono d'altra parte in grado di inibire come prodotto di
reazione l'attività lipasica e ridurre l'attivazione da parte
della apo C-II. In tal modo si realizza un complesso ed
efficace meccanismo di inibizione della lipasi che riduce
la possibilità di sovraccarico intracellulare di acidi grassi.
Recentemente è stato avanzata l'ipotesi di un ruolo
strutturale della lipoproteina lipasi disgiunto dalla attività
catalitica. La lipoproteina lipasi liberata in circolo sembra
infatti in grado di legarsi ai remnants dei chilomicroni e
delle VLDL facilitandone il legame ai ricettori e quindi
accelerandone il catabolismo. Aumenterebbe in tal modo
anche il grado di cooperazione con la lipasi epatica. Tale
1
In esse sono particolarmente abbondanti i
glicosilaminoglicani, polisaccaridi lineari costituiti dal
ripetersi di unità di disaccaridi. Le unità glucidiche
costituenti i disaccaridi sono acido uronico e un
aminozucchero i cui ossidrili sono abbondantemente
esterificati con l'acido solforico: di qui la dizione di
eparansolfati.
2 In questo sistema di ancoraggio il carbossile terminale
della proteina forma un legame carboammidico con un
residuo di etanolamina che esterifica l'ossidrile con un
fosfato a sua volta legato con una particolare catena
glucidica formato da tre residui di mannosio e da un
residuo di glicosammina che si lega con legame
glicosidico all'inositolo di un fosfatidilinositolo di
membrana.
appunti sulle lipoproteine
2
Metabolismo dei CHILOMICRONI. APO-A: apolipoproteina A; APO-B: apolipoproteina B; APO-C: apolipoproteina C;
APO-E: apolipoproteina E; HDL: lipoproteine ad alta densità; TG: trigliceridi; C: colesterolo; P: fosfolipidi.
enzima, caratterizzato da notevole analogia strutturale
con la lipoproteina lipasi non richiede apo C-II per la sua
attivazione ed è responsabile dell'idrolisi dei trigliceridi
contenuti nelle HDL, specie HDL2 (come descritto in
seguito), e nei remnants.
LCAT
E' responsabille della sintesi di tutto il colesterolo
esterificato contenuto nelle lipoproteine plasmatiche.
E' sintetizzata negli epatociti ed è rilasciata nel sangue
dove si associa alle HDL. Come già accennato, in alcune
specie animali comprendenti l'uomo, il prodotto
dell'attività LCAT, cioè gli esteri del colesterolo, sono
trasferiti ad altre lipoproteine dalla CETP, mentre
all'interno delle HDL l'apo-D probabilmente agisce da
proteina legante il colesterolo esterificato. L'insieme
della LCAT, CETP e apo-D costituisce un sistema che
riveste un ruolo centrale nel processo di trasporto inverso
del colesterolo. Si usa il termine inverso per indicare un
percorso opposto a quello principale cioè il rifornimento
di colesterolo ai tessuti extraepatici operato dal fegato
attraverso le lipoproteine. Quindi, nel trasporto inverso il
colesterolo torna al fegato dai tessuti extraepatici. Tale
processo consente ai tessuti extraepatici sprovvisti degli
enzimi che catalizzano la sintesi degli acidi biliari e
quindi incapaci di catabolismo endogeno del colesterolo
di operare un regolare turnover del colesterolo cellulare.
Ricettore per apo B/E
Il catabolismo delle lipoproteine contenenti apo-B
termina obbligatoriamente con un processo di endocitosi
che segue il legame delle lipoproteine a specifici
ricettori. Nel caso delle HDL, che non contengono apoB, il destino finale è meno chiaro, mentre nel caso dei
chilomicroni remnants e delle VLDL l'endocitosi a
livello epatico (attraverso i ricettori che riconoscono
preferenzialmente l'apo E) non costituisce il solo destino
possibile.
Tra i ricettori per le lipoproteine, il ricettore per le LDL,
detto anche ricettore per apoB/E, è quello più
caratterizzato. Nell'uomo è una glicoproteina della
membrana plasmatica di 839 aminoacidi che contiene
almeno due catene glucidiche legate all'azoto di un
residuo di asparagina e circa 18 catene glucidiche legate
all'ossidrile di residui di serina o treonina (2/3 di questi
residui glucidici sono confinati ad un particolare dominio
di 58 aminoacidi, come viene descritto più avanti). Il
ricettore per le LDL lega due proteine: 1) apoB-100,
presente nelle LDL in un rapporto rigorosamente di una
apo B per ciascuna LDL; 2) apo-E, una proteina presente
nelle VLDL, IDL e HDL, oltre che nei chilomicroni
remnants con più molecole per ciascuna lipoproteina.
L'affinità per le lipoproteine è funzione non solo del tipo
di apoproteina ma anche del loro numero. Una
liporoteina contenente più copie di apo E può avere
un'affinità per il ricettore anche 20 volte più elevata di
una LDL contenente una sola apo B-100.
Nel ricettore si riconoscono 5 domini che vengono
descritti a partire dall'N terminale:
1. Dominio di legame: cosituito da 292 amino acidi
che sono il risultato del ripetersi di un tratto di circa
40 aminoacidi arrangiati con modalità testa-coda.
Ognuno di questi tratti contiene a sua volta sei
cisteine che formano tre ponti disolfuro all'interno
di ciascun tratto ripetuto. In ciascuno di questi tratti
appunti sulle lipoproteine
3
Metabolismo delle LIPOPROTEINE A BASSISSIMA DENSITA' (VLDL). APO-A: apolipoproteina A; APO-B:
apolipoproteina B; APO-C: apolipoproteina C; APO-E: apolipoproteina E; HDL: lipoproteine ad alta densità; TG:
trigliceridi; C: colesterolo; P: fosfolipidi; IDL: lipoproteine a densità intermedia; LDL: lipoproteine a bassa densità.
2.
3.
4.
5.
ripetuti, la porzione verso il C-terminale presenta
un'alta densità di aminoacidi carici negativamente.
Viceversa la porzione centrale è relativamente
idrofobica. I ponti disolfuro sono contenuti in
questa zona idrobica che a sua volta è affiancata
dalle regioni idrofiliche che con le cariche negative
interagiscono verosimilmente con residui ricchi di
carichepositive delle aporoteine (ad esempio
arginine e lisine dell'apo E).
Dominio omologo all'EGF (epidermal growth
factor). Questa porzione di 400 aminoacidi mostra
un'omologia del 35% con l'EGF ed è necessaria per
la dissociazione del ricettore dal ligando che
avviene negli endosomi e consente il riciclaggio dei
ricettori. E' anche necessario per legare l'apo B-100
delle LDL ma non per legare l'apo E.
Dominio delle catene glucidiche. Questo tratto di 58
aminoacidi è particolarmente ricco di serine e
treonine che legano catene glucidiche di cui non è
conosciuta la funzione. L'eliminazione di questo
tratto non modifica infatti la funzionalità del
ricettore.
Dominio transmembrana. Costituito di 22-25
aminoacidi idrofobici, ancora il ricettore alla
membrana. E' stato escluso (per adesso) un ruolo di
tale tratto nella trasduzione di segnali
transmembrana o la funzione di canale ionico. In
altri termini il processo di endocitosi avviene senza
che siano necessari un segnale ormonale trasdotto
nel citoplasma o il passaggio di ioni.
Dominio citoplasmatico. Costituito da 50
aminoacidi è necessario per la localizzazione del
ricettore in quelle particolari zone della membrana
plasmatica rivestite da clatrina sul versante
citoplasmatico dove inizia il processo di endocitosi.
METABOLISMO DELLE
LIPOPROTEINE
Chilomicroni
Al momento della secrezione dall'enterocita, le
apoproteine costituenti i chilomicroni sono la apo B-48 e
la apo A-I (oltre ad altre apo A come A-I e A-IV). In
circolo i chilomicroni associano apoproteine del gruppo
C (e in particolare C-II, l'attivatore della lipoproteina
lipasi) e l'apo E per trasferimento dalle HDL. Come è
noto i chilomicroni interagiscono con la lipoproteina
lipasi perdendo il loro contenuto in trigliceridi. Al
contempo una quota di fosfolipidi e di apo A vengono
trasferite alle HDL e questi cambiamenti si traducono in
una riduzione dell'affinità dei chilomicroni per l'apo C-II
che viene rilasciata e torna alle HDL. I chilomicroni
remnants così formati (che posseggono il 10-20% del
contenuto di triglceridi dei chilomicroni nascenti),
avendo perso l'apo C-II, non possono più interagire con
la lipoproteina lipasi e vengono rilasciati in circolo. Ad
ultimo, attraverso l'apo E, interagiscono con specifici
ricettori della membrana plasmatica degli epatociti e
vengono internalizzati con un processo di endocitosi.
Nella prima fase del loro metabolismo i chilomicroni
cedono i trigliceridi in essi contenuti direttamente ai
tessuti extraepatici. Nella seconda fase, come remnants,
riversano i trigliceridi restanti e il colesterolo nella
cellula epatica. Il fegato a sua volta riversa di nuovo in
circolo l'eccesso di trigliceridi e il colesterolo
veicolandoli con le VLDL.
appunti sulle lipoproteine
4
Metabolismo delle LIPOPROTEINE AD ALTA DENSITA' (HDL). LCAT: lecitina colesterolo aciltrasferasi; APO-A:
apolipoproteina A; APO-B: apolipoproteina B; APO-C: apolipoproteina C; APO-E: apolipoproteina E; HDL:
lipoproteine ad alta densità; HRHL: lipasi epatica rilasciata dall'eparina;TG: trigliceridi; C: colesterolo libero; CE:
colesterolo esterificato; LPL: lipoproteina lipasi; P: fosfolipidi; IDL: lipoproteine a densità intermedia; LDL:
Nell'uomo il colesterolo contenuto nelle VLDL è
prevalentemente non esterificato per la scarsa attività
della ACAT (acil CoA:colesterolo aciltrasferasi)
intracellulare.
VLDL
Le apoproteine contenute nelle VLDL al momento della
loro secrezione sono: apo B-100 e scarse quantità di apo
E e apo C. La quantità di queste due ultime proteine
viene accresciuta in circolo per trasferimento dalle HDL,
come già descritto per i chilomicroni. Simile a quanto
descritto per i chilomicroni è anche la prima fase del
metabolismo delle VLDL, che cedono i loro trigliceridi
ai tessuti extraeapatici per interazione con la lipoproteina
lipasi mediata dall'apo C-II. La velocità di idrolisi dei
trigliceridi delle VLDL è più lenta di quelli contenuti nei
chilomicroni e questo probabilmente in relazione al
diametro minore delle VLDL che quindi possono legare
un minor numero di molecole di lipoproteina lipasi. Ne
deriva che il tempo medio di residenza dei chilomicroni
in circolo è di 5-10 minuti, mentre quello delle VLDL
varia tra 15 e 60 minuti.
La cessione dei trigliceridi trasforma le VLDL in
particelle di dimensioni minori, i remnants delle VLDL.
Durante questa trasformazione in aggiunta alla perdita
dell'apo C-II (analoga a quella descritta per i
chilomicroni) si scopre il sito di legame dell'apo E per gli
appositi ricettori. Infatti, anche se appena secrete le
VLDL contengono già l'apo-E, il sito di legame di questa
apoproteina, come anche quello dell'apo-B, non è
esposto, impedendo un futile processo di endocitosi della
lipoproteina appena secreta.
appunti sulle lipoproteine
Le VLDL interagiscono con i ricettori (impropriamente
definiti) per le LDL tramite l'apo E. La presenza di
diverse molecole di apo E in ciascun remnant, come già
accennato, aumenta l'affinità per il ricettore e facilita la
rimozione della lipoproteina stessa dal circolo. Questo
risulta particolarmente vero per i remnants di dimensioni
maggiori, in generale ottenuti a partire dalle VLDL più
grandi. Le VLDL più piccole tendono a trasformarsi in
remnants di piccolo diametro che rimangono più a lungo
in circolo, dando origine in parte alle IDL. Queste a loro
volta a seguito di un processo di lipolisi (quindi ulteriore
perdita di trigliceridi e riduzione di diametro), mediato
soprattutto dalla lipasi epatica, danno origine alle LDL.
Queste ultime lipoproteine contengono quantità
irrilevanti di apo E ed interagiscono con i ricettori per le
LDL tramite l'apo B-100.
Il destino dei remnants delle VLDL è dunque assai
differente da quello dei chilomicroni remnants. Da questi
ultimi infatti non si generano particelle con scarso o nullo
contenuto di apo E, come nel caso delle VLDL. Del resto
l'eliminazione di eventuali remnants dei chilomicroni
privati dell'apo E sarebbe praticamente impossibile.
Infatti l'apo B-48 non viene riconosciuta dal ricettore per
le LDL.
Nell'uomo circa la metà dei remnants delle VLDL è
convertito in LDL. E' da sottolineare che mentre il
destino finale dei remnants delle VLDL è esclusivamente
l'endocitosi da parte dell'epatocita, le LDL possono
cedere, e cedono, il loro contenuto anche ai tessuti
extraepatici. Tuttavia, in condizioni normali, la
rimozione delle LDL dal circolo è prevalentemente a
carico del fegato.
HDL
Le apoproteine principali delle HDL neoformate sono
quelle del gruppo A (soprattutto A-I e A-II).
Nell'intestino queste proteine vengono in parte associate
ai chilomicroni e in parte alle HDL nascenti. Le HDL
possono essere sintetizzate anche dal fegato. In questo
caso conterranno al momento della secrezione anche
l'apo E. In ogni caso al momento della loro comparsa
nella linfa o nel sangue hanno la forma di dischi lamellari
o piccoli aggregati micellari. Nel plasma le HDL nascenti
si arricchiscono di componenti di superficie delle
lipoproteine ricche di trigliceridi che da queste si liberano
durante il processo di idrolisi dei trigliceridi catalizzato
dalla lipoproteina lipasi. Tali componenti sono
fosfolipidi, colesterolo ed alcune apoproteine. Come è
noto nelle HDL la fosfatidilcolina cede l'acile in
posizione 2 al colesterolo in una reazione catalizzata
dalla LCAT che necessita della presenza di apo A-I. I
prodotti di questa reazione subiscono destini diversi. La
lisolecitina viene rimossa mediante trasferimento
all'albumina plasmatica. Gli esteri del colesterolo si
accumulano nel core idrofobico della lipoproteina oppure
vengono trasferiti ad altre lipoproteine, specie LDL,
tramite la CETP. Arricchendosi di esteri del colesterolo
le HDL nascenti si ingrandiscono assumendo forma
sferica. Le maggiori dimensioni possono essere anche il
risultato di processi di fusione. Poichè i componenti
necessari per l'ingrandimento delle HDL derivano dalle
altre lipoproteine, una lipolisi efficiente stimola la
trasformazione delle HDL ed in ultima analisi accelera
l'esterificazione del colesterolo. Quindi due processi
apparentemente disgiunti, quali idrolisi dei trigliceridi
nelle VLDL e nei chilomicroni da una parte ed
esterificazione del colesterolo nelle HDL dall'altra, sono
in qualche modo correlati.
Il colesterolo, substrato per la LCAT, deriva non solo
dalle altre lipoproteine ma anche dalle membrane
plasmatiche cellulari. Tale processo si riduce quando
chilomicroni e VLDL sono particolarmente ricchi di
5
colesterolo, riducendo al contempo la rimozione
dell'eccesso di colesterolo dei tessuti periferici. In altri
termini in condizioni patologiche (ma probabilmente
frequenti) si crea una sorta di competizione tra l'eccesso
di colesterolo contenuto nelle cellule e quello veicolato
dalle lipoproteine, competizione per la cessione del
colesterolo alle HDL che a loro volta lo veicolano al
fegato nel processo di trasporto inverso del colesterolo.
A seconda delle dimensioni si distinguono due sottoclassi
di HDL. Le HDL più grandi vengono definite HDL2, le
più piccole HDL3. In base alla relazione inversa tra
dimensione e densità e quindi contenuto lipidico valida
per tutte le lipoproteine, nelle HDL2 il contenuto lipidico
è più abbondante. I lipidi in questo sottogruppo sono
costituiti non solo da esteri del colesterolo, ma anche da
trigliceridi.
I processi metabolici che presiedono alla trasformazione
di una classe nell'altra non sono stati completamente
definiti. L'iniziale accrescimento delle HDL nascenti
porta alla formazione delle HDL3. In esse le dimensioni
e l'opportuno rapporto fosfolipidi/colesterolo libero
favorisce il legame con la LCAT e la sua attività.
L'ulteriore ingrandimento, conseguente all'accumulo di
esteri del colesterolo, riduce l'affinità per la LCAT e
favorisce lo scambio degli esteri del colesterolo con le
altre lipoproteine mediato dalla CETP. Lo scambio,
tuttavia, non appare essere univoco e unidirezionale.
Sembra infatti che la CETP porti il colesterolo
esterificato alle LDL e alle VLDL per poi trasportare in
direzione opposta trigliceridi alle HDL2. Le LDL, come
già descritto, portano successivamente per endocitosi il
colesterolo esterificato nella cellula epatica. A sua volta
il carico di trigliceridi fa si che le HDL2 diventino
suscettibili di lipolisi catalizzata dalla lipasi epatica.
Tramite la lipasi epatica le HDL2 si riducono di volume
tornando ad essere HDL3, che possono così caricarsi
nuovamente di colesterolo esterificato. Questo ciclo porta
dunque il colesterolo libero dalle VLDL e dai
chilomicroni ad essere esterificato nelle HDL, per poi
essere ceduto attraverso le LDL al fegato (anche se come
è stato illustrato è possibile anche l'endocitosi e quindi il
rifornimento di colesterolo nei tessuti extraepatici). Tale
processo è uno dei modi, forse quello più rilevante, con
cui si attua il trasporto inverso del colesterolo.
Alternativamente le HDL possono cedere loro stesse il
colesterolo esterificato al fegato. E' possibile attraverso
modalità non ben definite il trasferimento diretto,
mediato forse dalla CETP, del colesterolo esterificato
dalle HDL all'epatocita senza endocitosi. Un altra e più
frequente possibilità prevede l'associazione dell'apo E
alle HDL2 che possono così legarsi ai ricettori specifici.
Tale possibilità sarebbe messa in opera soprattutto per
quanto riguarda il trasporto di colesterolo dai tessuti al
fegato. I macrofagi in modo particolare, e meno
efficacemente numerosi tessuti, sono in grado di
sintetizzare apo E che sarebbe così trasferita alle HDL
insieme al colesterolo. Questo processo è probabilmente
coinvolto nel limitare l'espansione del processo
aterosclerotico. Si è visto infatti che le HDL rimuovono il
colesterolo anche dai macrofagi trasformati in cellule
schiumose (foam cells). Inoltre, nei conigli l'infusione di
particelle contenenti HDL si è dimostrata in grado di
provocare la regressione del processo aterosclerotico.
Integrazione dei processi metabolici nell'alternanza tra digiuno
e alimentazione
Non tutti i principali processi metabolici dell'organismo
avvengono contemporaneamente in ogni tessuto. E
importante sapere: (a) quali tessuti sono maggiormente
attivi nei diversi processi metabolici, (b) quando questi
processi sono più o meno attivi, e (c) come questi
processi sono controllati e coordinati nei differenti stati
nutrizionali. I processi metabolici che verranno presi in
considerazione
sono
glicogenesi,
glicogenolisi,
gluconeogenesi, glicolisi, sintesi degli acidi grassi,
ossidazione degli acidi grassi, ciclo dell'acido citrico,
chetogenesi, ossidazione degli aminoacidi, sintesi
proteica, proteolisi e sintesi dell'urea.
Il ciclo digiuno-alimentazione permette un consumo
variabile di alimenti per far fronte ad una variabile
richiesta metabolica. Il termine alimentazione si riferisce
all'assunzione di cibi (apporto variabile di alimenti)
seguita da un accumulo di riserve alimentari (sotto forma
di glicogeno e lipidi) destinate ad essere utilizzate per far
fronte alle esigenze metaboliche durante il periodo di
digiuno. L'organismo umano ha la capacità di consumare
una quantità di cibo circa 100 volte maggiore della sua
richiesta calorica basale. Questo ci permette di
sopravvivere fra un pasto e l'altro senza dover mangiare
continuamente. In questo modo accumuliamo le calorie
come glicogeno e lipidi e le utiizziamo al momento del
bisogno. Sfortunatamente, una quasi illimitata capacità
di consumare cibo è accompagnata da una quasi
illimitata capacità di immagazzinarlo come grasso.
L'obesità è la diretta conseguenza di un'eccessiva
assunzione di cibo ed è un problema comune delle
nazioni ricche, mentre altre forme dimalnutrizione sono
maggiormente diffuse nei paesi in via di sviluppo. Ogni
giorno è scandito dai susseguirsi di cicli digiunoalimentazione. Nella maggior parte dei casi il consumo
di alimenti equivale alla loro utilizzazione. La
regolazione del consumo del cibo è estremamente
complessa e non ancora ben chiarita; tale processo
necessita di un controllo molto stretto, come è indicato
dal calcolo che l'assunzione giornaliera di due panetti di
burro (circa 100 cal) in più rispetto al consumo calorico
si traduce in un aumento di peso di circa 5 Kg in un
anno, che, moltiplicato per 10 anni, equivale ad obesità!
Ciclo digiuno-alimentazione
Fase post-prandiale
La figura 1 mostra il destino di glucosio, aminoacidi e
grassi acquisiti con il cibo; è da notare la differente via
attraverso la quale i grassi entrano nel torrente
circolatorio. Il glucosio e gli aminoacidi passano
direttamente nel sangue dalle cellule dell'epitelio
intestinale e sono condotte ai fegato attraverso la vena
porta. I grassi, contenuti nei chilomicroni, sono secreti
dalle cellule epiteliali dell'intestino nei dotti linfatici che
drenano l'intestino stesso. Questi ultimi portano al dotto
toracico, che, attraverso la vena succlavia, libera i
chilomicroni nel sangue in una zona di flusso veloce, che
si incarica di distribuirli rapidamente e impedisce la
coalescenza delle particelle di grasso.
Il fegato è il primo organo che ha l'opportunità di
utilizzare il glucosio della dieta. Nel fegato il glucosio
può essere convertito in glicogeno mediante la
gluconeogenesi, in piruvato e lattato mediante la glicolisi
o può essere utilizzato nella via dei pentoso fosfati per la
produzione di NADPH necessario per vari processi
sintetici. Il piruvato può essere ossidato ad acetil CoA,
che a sua volta può essere convertito in grassi od
ossidato a CO2 ed H2 O mediante il ciclo dell'acido
citrico. Parte del glucosio proveniente dall'intestino
oltrepassa il fegato e raggiunge altri tessuti. Il cervello
dipende quasi esclusivamente dal glucosio per la
produzione di ATP; altri tessuti che utilizzano
prevalentemente il glucosio sono i globuli rossi, che
possono trasformare il glucosio solo in lattato e piruvato,
ed il tessuto adiposo che lo trasforma in grassi. Anche il
tessuto muscolare ha la capacita' di utilizzare il glucosio,
trasformandolo in glicogeno o utilizzandolo nella via
glicolitica e nel ciclo degli acidi tricarbossilici. Molti
tessuti producono lattato e piruvato, a partire dal
glucosio circolante, attraverso la glicolisi. Il lattato e il
piruvato prodotti nei tessuti periferici sono assorbiti dal
fegato e convertiti in grassi mediante il processo di
lipogenesi. Nella fase post-prandiale, il fegato utilizza
glucosio e non attiva la gluconeogenesi; di conseguenza
si ha l'interruzione del ciclo di Cori, che comprende la
conversione di glucosio a lattato nei tessuti periferici,
seguita dalla riconversione di lattato a glucosio nel
fegato. Le proteine della dieta sono idrolizzate
nell'intestino, le cui cellule utilizzano alcuni aminoacidi
come fonte di energia.
La maggior parte degli aminoacidi che provengono dalla dieta
sono trasportati nel sangue portale; tuttavia l'intestino metabolizza
aspartato, asparagina, glutamato e glutamina, rilasciando nel
sangue portale alanina, lattato, citrullina e prolina.
Successivamente gli aminoacidi possono essere assorbiti a livello
epatico (Fig. 1); generalmente il fegato lascia passare la maggior
parte degli aminoacidi a meno che la loro concentrazione ematica
non sia insolitamente elevata; ciò è particolarmente importante
per gli aminoacidi essenziali, che sono necessari a tutti i tessuti
dell'organismo per la sintesi proteica. Il fegato può catabolizzare
gli aminoacidi; molti degli enzimi coinvolti in questi processi
catabolici hanno alti valori di Km per i loro substrati. Gli
aminoacidi devono essere quindi presenti in alta concentrazione
negli epatociti prima che possa avvenire un catabolismo
apprezzabile. Le aminoacil-tRNA-sintetasi hanno invece valori
molto più bassi di Km per gli aminoacidi; questo fatto, sempre
che la cellula abbia la necessaria disponibilità di aminoacidi,
facilita il processo di sintesi proteica, essenziale per la crescita e
per il turnover proteico. Gli aminoacidi in eccesso possono essere
ossidati completamente a CO2 e H2 O, oppure gli intermedi
prodotti possono essere utilizzati come substrati per la lipogenesi
mentre l'azoto aminico viene convertito in urea. Gli aminoacidi
che oltrepassano il fegato, possono essere utilizzati in altri tessuti
per la sintesi proteica o per la produzione di energia. Il muscolo
scheletrico e il cuore hanno un'alta capacità di transaminare gli
aminoacidi e di ossidare i corrispondenti α-chetoacidi a CO2 e
H2 O. Gli aminoacidi a catena ramificata (leucina, isoleucina e
valina) sono metabolizzati in maniera particolare: il fegato ha una
scarsa capacità di transaminare questi aminoacidi, ma una
notevole capacità di operare la decarbossilazione ossidativa degli
α-chetoacidi corrispondenti; d'altra parte il muscolo scheletrico ha
una considerevole capacità di transaminazione, ma è povero degli
enzimi responsabili delle reazioni cataboliche successive. Di
conseguenza, la maggior parte delle reazioni di transaminazione
avvengono a livello del muscolo scheletrico e gli α-chetoacidi che
si formano sono trasportati dal torrente circolatorio al fegato,
dove sono ossidati. Nel muscolo gli aminoacidi a catena
ramificata sono la principale sorgente di azoto per la produzione
di alanina e glutamina. La citrullina prodotta nell'intestino è
metabolizzata dai reni ad arginina; il fegato utilizza poi l'arginina
per generare urea ed ornitina. Quindi, dopo un pasto ad alto
contenuto proteico, si hanno livelli di ornitina superiori alla
norma; il fegato risponde prontamente a questo stimolo
Digiuno e alimentazione
2
Pancreas endocrino
cellule β
Intestino
Fegato
Insulina
Glucosio
Amino
acidi
Glucosio
Vena porta
Amino
acidi
Piruvato
Glicogeno
Urea
Cervello
Sintesi
proteica
Lattato
TG
TG
C O2 + H2 O
Vasi linfatici
VLDL
chilomicroni
TG
Lattato
Eritrociti
o
ic
l
G
no
ge
Tessuto
adiposo
C O2 + H2 O
Muscoli
Figura 1. Utilizzazione dei diversi substrati e relazioni metaboliche tra i vari organi nella fase post-prandiale.
TG: trigliceridi.
aumentando la propria capacità di sintetizzare urea.
Per quanto riguarda la distribuzione dei lipidi nei vari
tessuti, bisogna fare una distinzione fra lipidi endogeni
ed esogeni (fig. 1). Glucosio, lattato, piruvato e
aminoacidi possono essere utilizzati per la lipogenesi
epatica; i lipidi prodotti da questi substrati sono rilasciati
dal fegato sotto forma di VLDL. I lipidi della dieta
entrano nel torrente circolatorio sotto forma di
chiomicroni; sia i chilomicroni che le VLDL circolano
nel sangue fino a che non subiscono l’azione di un
enzima extracellulare, la lipoproteina lipasi, legato alle
cellule endoteliali dei capillari. Tale enzima,
particolarmente abbondante nei capillari del tessuto
adiposo, agisce sia sui chilomicroni che sulle VLDL
liberando acidi grassi per idrolisi dei triacilgliceroli. Gli
acidi grassi sono quindi assorbiti dagli adipociti,
riesterificati con glicerolo 3-fosfato per formare
triacilgliceroi e depositati all’interno di queste cellule
sotto forma di grosse gocce di grasso. Il glicerolo 3fosfato, necessario per la formazione dei triacilgliceroli
nel tessuto adiposo, è prodotto a partire dal glucosio
mediante la prima metà della via glicolitica che genera
diidrossiacetonfosfato il quale è ridotto a sua volta a
glicerolo 3-fosfato dalla glicerolo 3-fosfato deidrogenasi.
Le cellule β del pancreas sono molto sensibili
all’afflusso di glucosio e di aminoacidi nella fase di
alimentazione. Infatti, durante e dopo i pasti, queste
cellule liberano insulina, che è essenziale per il
metabolismo dei suddetti composti da parte del fegato,
del muscolo e del tessuto adiposo.
Fase iniziale di digiuno
La figura 2 mostra cosa succede nella fase iniziale di
digiuno, dopo l’interruzione del flusso di alimenti
dall’intestino. In questa fase la glicogenolisi epatica è
molto importante per il mantenimento del normale
livello di glucosio nel sangue. La lipogenesi viene
interrotta e il lattato, il piruvato e gli aminoacidi che
erano utilizzati per questa via metabolica, sono
convogliati verso la formazione di glucosio. Il ciclo di
Cori diviene a questo punto un’importante via per il
mantenimento dei livelli ematici di glucosio che si forma
nel fegato a partire dal lattato ed è quindi trasformato di
nuovo in lattato mediante la glicolisi a livello di tessuti
Digiuno e alimentazione
3
Pancreas endocrino
cellule α
Intestino
Fegato
Glucagone
Glucosio
Vena porta
Glicogeno
Piruvato
Cervello
Vasi linfatici
Lattato
C O2 + H2 O
Alanina
Eritrociti
Lattato
Tessuto
adiposo
Piruvato
C O2 + H2 O
Muscoli
Figura 2. Relazioni metaboliche tra i vari organi durante la fase imiziale del digiuno
periferici e in cellule circolanti quali i globuli rossi. In
questa situazione assume notevole importanza anche il
ciclo dell’alanina, nel quale gli atomi di carbonio
ritornano al fegato sotto forma di alanina invece che di
lattato. Nella fase iniziale di digiuno il catabolismo degli
aminoacidi a scopo energetico è fortemente diminuito
perché si riduce la disponibilità di aminoacidi a livello
intestinale.
Digiuno prolungato
La figura 3 mostra cosa accade nella fase di digiuno.
Nessun alimento proviene dall’intestino e nel fegato
rimane una piccola quantità di glicogeno; i tessuti che
utilizzano glucosio dipendono così completamente dalla
gluconeogenesi epatica, principalmente dal lattato, dal
glicerolo e dall’alanina. Il ciclo di Cori e il ciclo
dell’alanina descritti precedentemente giocano in questa
fase un ruolo determinante; tuttavia questi due cicli non
comportano la sintesi netta di glucosio a livello epatico,
in quanto il glucosio prodotto nel fegato a partire da
lattato ed alanina rimpiazza semplicemente quello che
era stato trasformato in lattato ed alanina nei tessuti
periferici. Il cervello ossida completamente il glucosio a
CO2 ed H2 O; di conseguenza, durante il digiuno, è
indispensabile la sintesi netta di glucosio a partire da
altri precursori. Gli acidi grassi non possono essere
utilizzati per la sintesi di glucosio, perché l’acetil CoA
prodotto dal loro catabolismo non può essere convertito
negli intermedi a tre atomi di carbonio della
gluconeogenesi. Il glicerolo, prodotto secondario della
lipolisi nel tessuto adiposo, è un substrato importante per
la sintesi del glucosio nella fase di digiuno. Sono tuttavia
le proteine, specialmente quelle del muscolo scheletrico,
a fornire principalmente lo scheletro carbonioso
necessario per la sintesi netta di glucosio; le proteine
sono idrolizzate nelle cellule dei muscoli (proteolisi) per
produrre aminoacidi, la maggior parte dei quali non è
rilasciata nel torrente circolatorio ma viene parzialmente
metabolizzata nelle stesse cellule muscolari. Solo due
aminoacidi, alanina, glutamina, sono immessi nel sangue
in grandi quantità; tutti gli altri sono sottoposti a processi
metabolici che, attraverso la formazione di intermedi
quali piruvato e α-chetoglutarato, portano alla
produzione di alanina e glutamina. Questi aminoacidi
passano quindi nel sangue e da qui nel fegato o nei reni
dove costituiscono il punto di partenza per la formazione
di glucosio. L’alanina è quantitativamente il più
importante substrato glicogenico. I reni ed i muscoli
ossidano prevalentemente gli acidi grassi a glucosio; i
muscoli inoltre forniscono α-chetoacidi a catena
Digiuno e alimentazione
4
Pancreas endocrino
cellule α
Piruvato
Glucagone
Proteine
AA
Glucosio
Urea
Enterociti
Lattato
Alanina
Alanina
KB
C O2 + H2 O
Glicerolo
NEFA
TG
Lattato
Glutammina
Alanina
C O2 + H2 O
AA
Proteine
Figura 3. Relazioni metaboliche tr ai vari organi durante il digiuno prolungato. Le linee nere illustrano le vie del
metabolismo glucidico, mentre le vie del metabolismo dei lipidi e degli aminoacidi sono indicate rispettivamente
dalle linee verdi e dalle linee blu. AA: aminoacidi; KB: corpi chetonici; TG trigliceridi; NEFA: acidi grassi liberi.
ramificata al fegato, che sintetizza glucosio dal
chetoacido della valina, corpi chetonici dal chetoacido
della leucina e, sia glucosio che corpi chetonici, dal
chetoacido della isoleucina. È stato dimostrato che molta
della glutamina rilasciata dai muscoli è convertita in
alanina dall’epitelio intestinale. La glutamina è
parzialmente ossidata in queste cellule per produrre
energia; gli atomi di carbonio e i gruppi aminici non
utilizzati ritornano in circolo come alanina e NH4+.
Questa via metabolica probabilmente comporta la
formazione di ossalacetato dalla glutamina attraverso il
ciclo degli acidi tricarbossilici e la conversione di
ossalacetato a fosfoenolpiruvato e infine di
fosfoenolpiruvato a piruvato. E' inoltre possibile la
decarbossilazione ossidativa diretta di malato a piruvato;
il piruvato è quindi trasformato in alanina attraverso una
reazione di transaminazione. La glicina rilasciata dai
muscoli è in parte trasformata in serina dai reni; la serina
è quindi convertita a glucosio dal fegato o dai reni.
La sintesi di glucosio nel fegato durante il digiuno è
strettamente legata alla sintesi dell’urea. La maggior
parte
degli
aminoacidi
può
scambiare,
per
transaminazione, il gruppo aminico con l’αchetoglutarato, formando glutamato ed un nuovo α-
chetoacido che può essere utilizzato per la sintesi di
glucosio. Il glutamato fornisce i due composti azotati
necessari per la sintesi dell’urea: l’ammoniaca, per
deaminazione ossidativa ad opera della glutamico
deidrogenasi, e l’aspartato, per transaminazione con
ossalacetato ad opera dell’ aspartico aminotransferasi.
Un’altra importante fonte di ammoniaca è la mucosa
intestinale, che converte la glutamina ad alanina ed
ammoniaca. Inoltre l’intestino rilascia precursori
dell’ornitina quali la citrullina, come descritto
precedentemente.
Anche il tessuto adiposo è molto importante nello stato
di digiuno. Durante questa fase la lipolisi è fortemente
attivata a causa del basso rapporto insulina:glucagone;
ciò comporta un aumento del livello ematico degli acidi
grassi, che possono essere utilizzati come combustibile
in molti organi in alternativa al glucosio. Nel cuore e nei
muscoli l’ossidazione degli acidi grassi inibisce la
glicolisi; il cervello invece non ossida gli acidi grassi
perché essi non possono attraversare la barriera ematoencefalica. Nelle cellule epatiche l’ossidazione degli
acidi grassi fornisce la maggior parte dell’ATP
necessario per la gluconeogenesi. Solo una piccola parte
dell’acetil CoA prodotto nel fegato dalla β-ossidazione
Digiuno e alimentazione
5
Pancreas endocrino
cellule β
Insulina
Glucosio
Glucosio
Amino
acidi
Amino
acidi
Urea
Sintesi
proteica Glicogeno
Lattato
Piruvato
TG
VLDL
TG
C O2 + H2 O
chilomicroni
TG
Lattato
G
o
en
g
o
lic
C O2 + H2 O
Figura 4. Relazioni metaboliche tra i vari organi durante la fase imiziale di rialimentazione
viene completamente degradato; in queste condizioni,
infatti, l’acetil CoA è trasformato, nei mitocondri delle
cellule epatiche, in corpi chetonici (acetoacetato e
β-idrossibutirrato), che sono immessi nel circolo e
utilizzati come fonte energetica da molti tessuti.
La β-ossidazione, che porta alla formazione dei corpi
chetonici, serve anche a produrre gli equivalenti
riducenti, sotto forma di NADH(H+) utilizzati dalla
gluconeogenesi. Inoltre il catabolismo lipidico nel suo
complesso fornisce un ulteriore ausilio alla
gluconeogenesi. La lipolisi del tessuto adiposo rilascia
infatti nel torrente circolatorio non solo acidi grassi, ma
anche glicerolo. Questo metabolita non è riutilizzabile
dall'adipocita in quanto privo della capacità di
fosforilarlo in a-glicerofosfato, il metabolita iniziale
della sintesi dei trigliceridi. Il fegato, essendo l'unico
tessuto in grado di fosforilare il glicerolo, può utilizzarlo
come substrato per la gluconeogenesi.
Come gli acidi grassi, anche i corpi chetonici sono
preferiti al glucosio da molti tessuti; inoltre, a differenza
degli acidi grassi, i corpi chetonici sono in grado di
attraversare la barriera ematoencefalica. Quando la loro
concentrazione ematica è abbastanza elevata, i corpi
chetonici costituiscono una forma alternativa di
combustibile per il cervello anche se non sono in grado
di rimpiazzare completamente il fabbisogno cerebrale di
glucosio. I corpi chetonici rallentano anche la proteolisi
nel muscolo scheletrico e quindi riducono il deperimento
muscolare che si manifesta durante il digiuno. Fino a
quando i livelli ematici dei corpi chetonici sono
mantenuti alti dalla β-ossidazione epatica, c’è meno
bisogno di glucosio, di aminoacidi glicogenici e quindi
di utilizzare i preziosi tessuti muscolari mediante
proteolisi. Si comprende dunque come l'aumento dei
corpi chetonici nel plasma si correli con la riduzione
dell'escrezione urinaria di azoto.
Anche se l'ossidazione del glucosio è fortemente ridotta
dall'abbondante disponibilità di acidi grassi e corpi
chetonici, questi ultimi non possono essere ossidati in
assenza di glucosio. Come già evidenziato per la
gluconeogenesi, l'acetil CoA per essere introdotto nel
ciclo di Krebs deve essere condensato con l'ossaloacetato
che viene prodotto a partire dal piruvato. Occorre inoltre
ricordare che il ciclo di Krebs non svolge solo una
funzione energetica, ma fornisce i precursori per la
sintesi di diverse macromolecole. Per tale ragione,
l'allontanamento dal ciclo (cataplerosi) di intermedi
utilizzati nei processi anabolici deve essere prontamente
bilanciato dalla reintroduzione (anaplerosi) di nuovi
scheletri carboniosi. Solo i carboidrati e gli amino acidi
generano o sono essi stessi metaboliti anaplerotici
(piruvato, malato glutammato e propionato), mentre tale
funzione non viene affatto ricoperta dal catabolismo
lipidico che riveste dunque una funzione meramente
energetica.
Le interrelazioni che si instaurano fra fegato, muscoli e
tessuto adiposo allo scopo di fornire glucosio al cervello
sono mostrate in figura 3. Il fegato sintetizza il glucosio,
i muscoli forniscono il substrato (l’alanina) e il tessuto
adiposo fornisce l’ATP (ossidazione degli acidi grassi)
necessario per la gluconeogenesi epatica. Queste
interrelazioni dipendono da un basso rapporto
insulina:glucagone. I livelli ematici di glucosio, più bassi
nella fase di digiuno, inibiscono la secrezione di insulina
e favoriscono il rilascio di glucagone dal pancreas.
Fase iniziale di rialimentazione
La figura 4 mostra cosa succede immediatamente dopo
Digiuno e alimentazione
6
Tabella 1. Livelli ematici di substrati e ormoni in individui ben alimentati, a digiuno e a digiuno prolungato a
Ormone o
Buona
Dopo il pasto
Digiuno Digiuno prolungato
substrato (unità)
alimentazione
(12 ore)
(3 giorni)
(5 sett.)
Insulina (µtU/ml)
40
15
8
6
Glucagorie (pg/ml)
80
100
150
120
Rapp. insulina:glucagorìe (µ
µ U/pg)
0.50
0.15
0.05
0.05
Glucoso (mM)
6.10
4.80
3.80
3.60
Acidi grassi (mM)
0.14
0.60
1.20
1.40
Acetoacetato (mM)
0.04
0.05
0.40
1.30
β-idrossibutirrato (mM)
0.03
0.10
1.40
6.00
Lattato (mM)
2.50
0.70
0.70
0.60
Piruvato (mM)
0.25
0.06
0.04
0.03
Alanina (mM)
0.80
0.30
0.30
0.10
Equivalenti di ATP (mM)
313
290
380
537
a
I valori sono stati misurati in soggetti di peso normale eccetto quelli dopo 5 settimane di digiuno, che si riferiscono a
soggetti obesi sottoposti a digiuno terapeutico. Gli equivalenti di ATP sono stati calcolati sulla base della produzione di
ATP che ci si aspetta dalla completa ossidazione di ogni substrato a CO2 e H20: 38 molecole di ATP per ogni molecola
di glucoso; 144 per gli acidi grassi (considerando l’oleato come media); 23 per l’acetoacetato; 26 per il ~idrossibutirrato; 18 per il lattato; 15 per il piruvato e 13 (correggendo per la formazione di urea) per l’alanina.
che gli alimenti cominciano ad essere assorbiti
livelli ernatici di glucosio sono controllati entro limiti
dall’intestino. Durante questa fase del ciclo digiunomolto stretti, mentre la concentrazione ematica degli
alimentazione i lipidi sono metabolizzati come descritto
acidi grassi e dei corpi chetonici può variare di uno o due
precedentemente per la fase post-prandiale; il glucosio
ordini di grandezza rispettivamente. Il glucosio è
invece è poco assorbito dal fegato ed è scarsamente
mantenuto entro limiti molto stretti a causa dell’assoluto
utilizzato per la sintesi epatica di glicogeno. Anche la
bisogno che il cervello ha di questo substrato; infatti, la
glicolisi epatica viene ripristinata lentamente, cosicché il
diminuzione dei livelli ematici di glucosio al di sotto di
fegato rimane nella condizione gluconeogenica per
certi limiti (<1.5 mM) provoca uno stato di corna per
alcune ore dopo il pasto. La gluconeogenesi epatica,
mancata produzione di ATP, seguito a breve distanza di
tuttavia, invece di fornire glucosio al sangue, fornisce
tempo da morte se la situazione non viene rapidamente
glucosio 6-fosfato per la sintesi del glicogeno. Questo
corretta. D’altra parte, anche l’iperglicemia deve essere
significa che il glicogeno epatico non è ripristinato, dopo
evitata a causa del rischio di corna iperosmolare
un digiuno, attraverso la sintesi diretta dal glucosio
iperglicemico. L’iperglicernia inoltre comporta perdita di
ematico, che è invece catabolizzato nei tessuti periferici
glucosio con le urine e glicosilazione di molte proteine.
a Iattato, convertito a sua volta nel fegato a glicogeno.
Quest’ultima, è ritenuta una delle più pericolose
Anche la gluconeogenesi da specifici aminoacidi
complicazioni causate da elevate e prolungate
provenienti dall’intestino può giocare un ruolo
concentrazioni ematiche di glucosio.
importante nel ristabilire il normale livello di glicogeno
Richieste e riserve energetiche
del fegato. Dopo poche ore dall’inizio della fase di
rialimentazione tornano a stabilizzarsi le relazioni
Una persona normale che conduce una vita sedentaria
metaboliche descritte nella figura 1: la velocità della
consuma giornalmente circa 200g di carboidrati, 70g di
gluconeogenesi diminuisce, la glicolisi diventa la via
proteine, 60g di grassi e 100g di etanolo, il che comporta
predominante di utilizzazione del glucosio nel fegato, e
un fabbisogno energetico giornaliero di 1600-2400 kcal.
il glicogeno epatico si riforma per sintesi diretta dal
Come mostrato in tabella 2, le riserve energetiche di una
glucosio.
persona di media corporatura sono considerevoli.
Generalmente si tende a sottolineare i dettagli del
Rapporto insulina:glucagone
metabolismo del glicogeno, e in effetti la capacità di
I tessuti dell’organismo cooperano per mantenere una
utilizzare rapidamente il glicogeno è molto importante;
costante disponibilità di combustibile nel sangue. Questo
tuttavia la tabella 2 dimostra che le nostre riserve di
processo, definito omeostasi calorica ed illustrato in
glicogeno sono trascurabili rispetto alle riserve di grassi.
tabella 1, significa che, indipendentemente dal fatto che
Nei soggetti obesi quest’ultime possono raggiungere 80
un’individuo si trovi in condizioni di buona
Kg, aggiungendo altre 585.000 Kcal alle loro riserve
alimentazione, di digiuno o di digiuno avanzato, i livelli
energetiche. Le proteine sono elencate nella tabella 2
ematici dei composti che, in seguito a processi
come riserve energetiche, in quanto fonte di aminoacidi
metabolici, forniscono ATP non scendono al di sotto di
destinati a reazioni cataboliche. D’altra parte le proteine
determinati valori limite. Le variazioni del rapporto
non sono inerti come i grassi di deposito e il glicogeno:
insulina:glucagone, discusse precedentemente e mostrate
le proteine contrattili dei muscoli ci fanno muovere e
in tabella 1, sono cruciali per il mantenimento
respirare, e gli enzimi rendono possibili i processi
appropriato della omeostasi calorica. È da notare che i
metabolici. Per questo motivo l’organismo è più restio a
rimuovere e cedere le proteine
rispetto ai grassi ed al glicogeno.
Tabella 2. Riserve energetiche nell'uomoa
Combustibili
accumulati
Glicogeno
Glicogeno
Glucoso
Lipidi
Riserve di combustibili
Tessuti
grammi
chilocalorie
Fegato
70
280
Muscoli
120
480
Fluidi
20
80
Tessuto adiposo
15.000
133.000
Muscoli
6.000
24.000
Proteine
a
I valori si riferiscono a soggetti normali di 70 kg. I carboidrati contengono
4 kcal/g; i lipidi 9 kcal/g; le proteine 4 kcal/g.
L’omeostasi del glucosio
è costituita da cinque fasi
La figura 5 illustra gli effetti del
lungo digiuno su quei processi
impiegati
dall’organismo
per
mantenere la omeostasi calorica.
Sono state individuate cinque fasi.
La fase I è lo stato di buona
alimentazione, in cui il glucosio è
Digiuno e alimentazione
Fase
I
II
III
IV
V
Origine del glucosio
ematico
Esogeno
Glicogeno
Gluconeogenesi epatica
Gluconeogenesi epatica
Glicogeno
Gluconeogenesi epatica
e renale
Gluconeogenesi epatica
e renale
7
Tutti
Substrato principale
del cervello
Glucosio
Tutti tranne fegato
Glucosio
Tutti tranne fegato
Glucosio
Cervello, eritrociti e surrene
(meno i muscoli)
Eritrociti e surrene (riduzione
consumo cerebrale)
Glucosio e corpi
chetonci
Corpi chetonici e
glucosio
Tessuti utilizzanti glucosio
Figura 5. Le cinque fasi dell'omeostasi del glucosio
fornito dai carboidrati contenuti nella dieta. Quando
questa fonte si esaurisce, i livelli ematici di glucosio
sono mantenuti costanti dalla glicogenolisi epatica (fase
Il). Nel momento in cui anche questa fonte di glucosio
comincia a diminuire, la gluconeogenesi epatica da
lattato, glicerolo e alanina diventa sempre più
importante, fino a costituire, nella fase III, la principale
sorgente di glucosio del sangue. Bisogna sottolineare che
tutti questi cambiamenti avvengono entro circa 20 ore di
digiuno, dipendendo ovviamente da quanto l’individuo si
era alimentato prima del digiuno, da quanto glicogeno
era presente nel fegato, e dal tipo di attività fisica svolta
durante il digiuno. Parecchi giorni di digiuno portano
l’individuo nella fase IV, in cui la dipendenza dalla
gluconeogenesi addirittura diminuisce; infatti, come già
discusso in precedenza, i corpi chetonici si sono
accumulati in concentrazioni sufficientemente alte da
entrare nel cervello e fornire parte dell’energia
necessaria a questo organo. In questa fase la
gluconeogenesi renale diventa significativa rispetto a
quella epatica a causa di una diminuzione del volume del
fegato. La fase V si verifica dopo un digiuno molto
prolungato di individui estremamente obesi; è
caratterizzata da una dipendenza ancora minore dalla
gluconeogenesi, in quanto l’energia necessaria a quasi
tutti i tessuti è fornita in misura ancora maggiore
dall’ossidazione degli acidi grassi e dei corpi chetonici.
La proteolisi viene limitata e le proteine muscolari e gli
enzimi sono risparmiati fino a quando l’organismo
mantiene alti livelli di corpi chetonici; questa situazione
perdura fino a che tutto il grasso viene utilizzato come
conseguenza del digiuno; a questo punto l’organismo
non può fare a meno di consumare le proteine muscolari.
La morte sopraggiunge prima che esse siano
completamente esaurite.
La deplezione dei depositi di trigliceridi del tessuto
adiposo determina condizioni incompatibili con la
sopravvivenza. La ridotta disponibilità di acidi grassi e
corpi chetonici comporta un progressivo aumento
dell'utilizzazione periferica di glucosio. Il fegato per
mantenere la glicemia utilizza gli amino acidi ricavati
dalla proteolisi delle masse muscolari. Come già
sottolineato
questo
meccanismo
provoca
la
compromissione delle molteplici funzioni svolte dalle
proteine, e trattandosi del muscolo scheletrico, viene
alterata la capacità contrattile. Questo è forse l'ultimo
meccanismo di difesa a disposizione dell'organismo che
risparmia energia, e quindi consumo di glucosio,
attraverso la riduzione del lavoro muscolare. Al
contempo, viene però compromessa la dinamica
respiratoria e, specie nei bambini, la morte sopraggiunge
per infezioni polmonari.
Digiuno e alimentazione
Caratteristica peculiare e drammatica della riduzione
dell'apporto calorico è la diminuzione della massa
corporea dovuta all'impoverimento sia del tessuto
adiposo, sia delle masse muscolari. La sopravvivenza si
correla infatti con l'indice di massa corporea (BMI, body
mass index) che si ottiene dividendo il peso per la
superficie corporea.
Condizione affatto diversa è la malnutrizione proteica,
che si realizza quando una dieta quasi esclusivamente
amidacea riesce a mantenere un adeguato apporto
calorico senza soddisfare la richiesta di proteine. La
differenza fondamentale con il digiuno è il diverso
rapporto
insulina/glucagone.
Nel
caso
della
malnutrizione, l'euglicemia mantenuta dall'apporto
alimentare, stimola la secrezione insulinica che deprime
la lipolisi, favorendo il processo contrario, la
liponeogenesi. Il pannicolo adiposo è mantenuto, mentre
non si verifica la chetogenesi. Nel fegato, tuttavia, i
trigliceridi neoformati non possono essere veicolati al
tessuto adiposo, poichè la ridotta disponibilità di amino
acidi interferisce con la sintesi delle lipoproteine
(VLDL). Ne consegue un grado più o meno grave di
compromissione epatica per steatosi.
Stress e digiuno
Lo stato di stress è caratterizzato da aumentati livelli
ematici di cortisolo, glucagone, catecolamine e ormone
della crescita. Questi ormoni rafforzano il messaggio
portato dalla riduzione del rapporto insulina/glucagone,
favorendo in particolare la lipolisi del tessuto adiposo.
Nel digiuno l'azione degli ormoni da stress è contrastata
dalla ridotta formazione di triiodotironina, la forma
attiva dell'ormone tiroideo. In questo modo si ha una
diminuzione delle richieste energetiche basali fino al
25%, pur mantenendo lo stimolo lipolitico. Questa
circostanza mette in risalto l'efficacia dei meccanismi di
adattamento al digiuno.
Nell'individuo traumatizzato, ma ben alimentato, si
osserva spesso la difficoltà nel preservare le scorte
proteiche del muscolo che è in parte da riferire alla
ridotta o assente produzione di corpi chetonici. D'altro
canto intervengono a stimolare la proteolisi, rendendo
negativo il bilancio azotato, diverse citochine, quali
TNFα e interleuchina 6 (IL6). Queste citochine sono
prodotte in larga misura dal tessuto adiposo, che viene
oggi visto come una vera e propria ghiandola endocrina.
La riduzione della massa grassa durante il digiuno può
dunque essere interpretata come un meccanismo di
difesa teso a limitare l'orientamento catabolico. A tale
meccanismo contribuisce probabilmente anche la
riduzione della secrezione di leptina, un ormone
anoressizante prodotto dal tessuto adiposo.
Le citochine sono tuttavia importanti mediatori della
risposta immunitaria e favoriscono i processi riparativi.
L'IL6, ad esempio, stimola la sintesi di varie proteine
epatiche, denominate proteine della fase acuta, implicate
nei meccanismi di difesa contro le ferite e le infezioni.
La diminuita produzione di citochine, derivante dalla
riduzione della massa adiposa, può spiegare il calo delle
difese immunitarie nel soggetto a digiuno.
Abuso di etanolo
Le relazioni metaboliche tra i vari organi, caratteristiche
del digiuno e dipendenti da un basso rapporto insulinaglucagone, sono totalmente alterate dall’alcool.
Le alterazioni metaboliche create da un'elevata e
frequente ingestione di bevande alcooliche sono ben
documentate dall'analisi dei metaboliti circolanti che
mostra ipoglicemia, ipochetonemia, iperlattacidemia
ipertrigliceridemia e aumento delle VLDL. Tutti questi
8
segni possono essere spiegati dall'abnorme aumento del
rapporto NADH(H+)/NAD+ generato dall'ossidazione
dell'alcool etilico.
L'utilizzazione dell'etanolo avviene primariamente nel
fegato che, mediante l'alcool deidrogenasi, lo ossida ad
acetaldeide
nel
citoplasma.
Successivamente
l'acetaldeide viene ossidata ad acido acetico da
un'ulteriore deidrogenasi all'interno dei mitocondri.
Ambedue queste reazioni utilizzano come accettori di
equivalenti riducenti il NAD+ che viene così ridotto in
NADH(H+). Apparentemente, dunque, l'etanolo si
comporta come gli altri nutrienti: viene degradato
ossidativamente e la riossidazione del NADH(H+) da
parte della catena respiratoria consente la produzione di
ATP. Tuttavia, mentre l'utilizzazione degli altri nutrienti
è controllata da numerose regolazioni allosteriche ed è
coordinata dagli stimoli ormonali, l'ossidazione
dell'etanolo non è soggetta da alcun controllo e modifica
la coordinazione esistente tra le altre vie metaboliche. Ne
è prova significativa la paradossale concomitanza di
ipoglicemia ed ipochetonemia. L'elevato rapporto
NADH(H+)/NAD+ e la diminuita disponibilità di NAD+
modificano l'attività di diverse deidrogenasi fornendo il
razionale
biochimico
del
grave
quadro
di
compromissione metabolica:
a) acil CoA deidrogenasi: è questo la prima tappa della
β-ossidazione. La sua inibizione determina la
mancata formazione di corpi chetonici e rende altresì
disponibile una quantità elevata di acili per la sintesi
dei trigliceridi.
b) lattico deidrogenasi: catalizza la trasformazione del
lattato in piruvato. L'equilibrio della reazione viene
spostato verso la formazione del lattato, eliminando
la possibilità di trasformare in glucosio il lattato
prodotto dai tessuti extraepatici (ciclo di Cori).
c) malico deidrogenasi: catalizza la trasformazione del
malato in ossaloacetato che a sua volta viene
immesso nella gluconeogenesi attraverso un processo
di decarbossilazione e fosforilazione da cui origina il
fosfoenolpiruvato. L'equilibrio viene spostato verso
la formazione di malato eliminando di fatto la
possibilità di utilizzare gli amino acidi come sustrati
gluconeogenici.
d) α-glicerofosfato
deidrogenasi:
catalizza
la
trasformazione
dell'α-glicerofosfato
in
fosfodiossiacetone,
consentendo
l'utilizzazione
gluconeogenica del glicerolo rilasciato dal tessuto
adiposo. L'inibizione di questa reazione, o meglio lo
spostamento verso la formazione di α-glicerofosfato,
rende disponibile questo metabolita per la sintesi dei
trigliceridi ulteriormente favorita dall'accumulo degli
acili (descritto al punto a). I trigliceridi in eccesso
vengono in parte immessi in circolo sotto forma di
VLDL, e in parte si accumulano nell'epatocita,
favorendo l'instaurarsi della steatosi epatica.
L'elevato rapporto NADH(H+)/NAD+ inibisce anche il
ciclo di Krebs, agendo come effettore allosterico
negativo sulle deidrogenasi dell'isocitrato e dell'αchetoglutarato. Si riduce di conseguenza l'attività della
succinico tiochinasi e con essa la produzione del GTP
necessario per la conversione dell'acetato in acetil CoA.
L'epatocita diviene dunque incapace di degradare
ossidativamente l'acetato che viene riversato nel torrente
circolatorio. I tessuti extraepatici, e in particolare il
miocardio, sono in grado di ossidare l'acetato, ma questa
capacità ossidativa è ridotta dalla scarsa disponibilità di
glucosio, necessario come già sottolineato, per
mantenere un ritmo ottimale nel ciclo di Krebs. Di
conseguenza anche la concentrazione di acetato nel
plasma si eleva a valori millimolari.
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$73
/D 7DEHOOD PHWWH LQ OXFH OD UHOD]LRQH LQYHUVD WUD
YHORFLWjGLVLQWHVLHTXDQWLWjGL$73 SURGRWWRGDOOHYDULH
YLH PHWDEROLFKH /
XWLOL]]D]LRQH GHOOD IRVIRFUHDWLQD DG
HVHPSLR FRQVHQWH XQD UDSLGD ULIRVIRULOD]LRQH GHOO
$'3
LQ$73 SHUXQSHULRGRDVVDLEUHYHqTXHVWRLOSURFHVVR
XWLOL]]DWRSHUODSUHVWD]LRQHFRVLGGHWWDHVSORVLYDTXDOHLO
VROOHYDPHQWR SHVL LO VDOWR R OD IUD]LRQH LQL]LDOH GHOOD
FRUVD VX EUHYH GLVWDQ]D 9LFHYHUVD LO ULFRUVR DOOD
IRVIRULOD]LRQH RVVLGDWLYD PLWRFRQGULDOH SHUPHWWH XQD
SURGX]LRQHSUDWLFDPHQWHLOOLPLWDWDGL$73PDDXQULWPR
ULGRWWRGLROWUHGLHFLYROWHULVSHWWRDTXHOORGHOODFUHDWLQD
FKLQDVL
6L
FRPSUHQGH
FRPH
O
XWLOL]]D]LRQH RVVLGDWLYD GHJOL DFLGL
JUDVVL DFFRSSLDWD DOOD SURGX]LRQH
PLWRFRQGULDOH GL $73 UDSSUHVHQWL OD YLD
GL SURGX]LRQH HQHUJHWLFD FKH VRVWLHQH OR
6LVWHPD
OHQWR
HGXUDWXUR
IRVIRULOD]LRQHRVVLGDWLYD VIRU]R SUROXQJDWR GL HQWLWj PRGHUDWD
TXDOH OD FRUVD VXOOD OXQJD GLVWDQ]D R LO
FLFOLVPRVXVWUDGD
'DL GDWL GHOOD 7DEHOOD q DOWUHVu IDFLOH
SUHYHGHUH FKH LO SUROXQJDPHQWR GL XQ
HVHUFL]LR VLD UHVR SRVVLELOH GD XQ
FRQWULEXWR YLD YLD PDJJLRUH GHO
PHWDEROLVPR DHURELFR ,O SUH]]R GD
6LVWHPDLPPHGLDWR
SDJDUH q WXWWDYLD OD ULGX]LRQH GHOOD
IRVIRFUHDWLQD
SRWHQ]D PDVVLPD FRPH ULVXOWD DG
HVHPSLR HYLGHQWH GDO FRQIURQWR WUD OH
YHORFLWj GL XQ FHQWRPHWULVWD H GL XQ
PDUDWRQHWD
&RPH
PRVWUD
'XUDWDGHOO¶HVHUFL]LRVHF
VFKHPDWLFDPHQWH OD )LJ OR VYROJHUVL GL
XQ HVHUFL]LR DOOD PDVVLPD LQWHQVLWj YHGH
)LJXUD $OWHUQDUVL GHOOH GLYHUVH YLH GL SURGX]LRQH HQHUJHWLFD
O
DOWHUQDUVL GHOOH GLYHUVH YLH GL
GXUDQWHXQHVHUFL]LRPDVVLPDOH
SURGX]LRQH GHOO
$73 $O UDSLGR HVDXULUVL
GHOOD IRVIRFUHDWLQD ID VHJXLWR LO UDSLGR
DXPHQWR GHOOD JOLFROLVL DQDHURELFD FKH
FRQ LO SHUGXUDUH GHOOD SUHVWD]LRQH FHGH
&RQWULEXWR SHUFHQWXDOH
DOOD SURGX]LRQH GL $73
DGHVHPSLRODUHD]LRQHGHOODFUHDWLQDFKLQDVLFRQO
LQWHUR
SURFHVVRGHJUDGDWLYRGHOJOXFRVLR'DXQSXQWRGLYLVWD
TXDQWLWDWLYR OD SURGX]LRQH PDJJLRUH GL $73 q JDUDQWLWD
VHQ]DGXEELRGDOVLVWHPDSLFRPSOHVVRODIRVIRULOD]LRQH
RVVLGDWLYD PLWRFRQGULDOH ,O FRQWULEXWR PLQRUH q LQYHFH
RIIHUWR GDO VLVWHPD SL VHPSOLFH FRVWLWXLWR GDO
WUDVIHULPHQWR GHO IRVIDWR GDOOD IRVIRFUHDWLQD 3&U
DOO
$'3FKHYLHQHFRVuIRVIRULODWRLQ$73DGRSHUDGHOOD
FUHDWLQD FKLQDVL &. ,Q FRQGL]LRQL DQDHURELFKH R GL
HVHUFL]LRLQWHQVRSXzGLYHQLUHULOHYDQWHODTXRWDGL$73
SURGRWWDPHGLDQWHODJOLFROLVLDQDHURELFDLOSURFHVVRFKH
FRPH q QRWR SRUWD DOOD IRUPD]LRQH LQWUDFHOOXODUH GHO
ODWWDWR H DO VXR ULODVFLR QHO WRUUHQWH FLUFRODWRULR
0HWDEROLVPRHGHVHUFL]LR
JUDGXDOPHQWH LO SDVVR DO PHWDEROLVPR DHURELFR FRQ XQD
ULGX]LRQHFRQVHJXHQWHGHOODSRWHQ]DVYLOXSSDWD
6L UHDOL]]D XQD FDVFDWD GL HYHQWL FKH SXz HVVHUH YLVWD
FRPH XQD VRUWD GL VWDIIHWWD QHOOD TXDOH L SURGRWWL GHOOH
UHD]LRQL LQL]LDOL UDSSUHVHQWDQR LO WHVWLPRQH FKH PHWWH LQ
PRWR L SURFHVVL VXFFHVVLYL )LJ /
LQL]LR GL TXHVWD
FDVFDWD GL HYHQWL q GHWHUPLQDWR GD XQR VTXLOLEULR WUD
VLQWHVL H SURGX]LRQH GL $73 ,Q DOWUL WHUPLQL DO WHPSR
]HUR GHOO
HVHUFL]LR OD ULFKLHVWD GL $73 GD SDUWH GHOOD
FRQWUD]LRQHVXSHUDODFDSDFLWjFKHKDLQTXHOPRPHQWRLO
PLRFLWD GL SURGXUUH $73 8QD VLWXD]LRQH GUDPPDWLFD GL
VTXLOLEULRFKHLQQHVFDWXWWDYLDODVWHVVDFDVFDWDGLHYHQWL
qGHWHUPLQDWDGDOODULGRWWDGLVSRQLELOLWjGLRVVLJHQR
/RVTXLOLEULRqFUHDWRVRORGDXQHVHUFL]LRLQWHQVR,QIDWWL
VH GD XQR VWDWR GL ULSRVR VL SDVVD DG XQR GL PRGHVWD
DWWLYLWj OD ULFKLHVWD GL $73 YHUUj VRGGLVIDWWD GDO
LQL]LDOPHQWH GDOO
DFFXPXOR GL SURWRQL H VXFFHVVLYDPHQWH
GDOO
DFLGR ODWWLFR /
DFLGRVL UDSSUHVHQWD XQ OLPLWH
ULOHYDQWH DOOD SURVHFX]LRQH GHOOD IDVH DQDHURELFD
GHOO
HVHUFL]LR ,QILQH O
DXPHQWR GHOOH FRQFHQWUD]LRQL
LQWUDFHOOXODUL GL $'3 H &D DWWLYD OD UHVSLUD]LRQH
PLWRFRQGULDOHHFRQHVVDODSURGX]LRQHGL$73
8WLOL]]D]LRQHGHLVXEVWUDWL
QHOO
HVHUFL]LRSUROXQJDWR
8QHVHUFL]LRSUROXQJDWRXWLOL]]DGXQTXHODIRVIRULOD]LRQH
RVVLGDWLYD PLWRFRQGULDOH FRPH XQLFD YLD GL SURGX]LRQH
HQHUJHWLFD 6HEEHQH L PLWRFRQGUL VLDQR LQ JUDGR GL
XWLOL]]DUH FRPH VXEVWUDWL RVVLGDELOL XQD JUDQGH YDULHWjGL
FRPSRVWL OD SURGX]LRQH PLWRFRQGULDOH GL $73 GXUDQWH
O
HVHUFL]LR
q
VRVWHQXWD
$'3
$73
GDOO
RVVLGD]LRQH GHO SLUXYDWR
GHULYDQWH GDL FDUERLGUDWL H GDJOL
&UHDWLQD
)RVIRFUHDWLQD
&UHDWLQD
DFLGL JUDVVL ,Q HQWUDPEL L FDVL VL
FKLQDVL
SURGXFH DFHWLO &R$ H TXHVWD
FLUFRVWDQ]D SXz VSLHJDUH LO
DXPHQWDWH
ULGRWWD
FRQWUROORLQFURFLDWRFKHVLRVVHUYD
ULFKLHVWH
SURGX]LRQH
QHOO
XWLOL]]D]LRQH GHL OLSGL H GHL
FDUERLGUDWL 6H q GLVSRQLELOH XQD
JUDQGH TXDQWLWj GL DFLGL JUDVVL
O
DFHWLO &R$ SURGRWWRLQODUJDUHVD
)RVIRFUHDWLQD
&UHDWLQD
GDOOD ERVVLGD]LRQH LQLELUj OD
$73
SLUXYDWR GHLGURJHQDVL H FRQ HVVD
$'3
O
XWLOL]]D]LRQH GHL FDUERLGUDWL
4XHVWR
PHFFDQLVPR
q
UHVSRQVDELOH
GHO
SUHYDOHUH
GHOO
RVVLGD]LRQH OLSLGLFD QHO
3L
PXVFROR D ULSRVR VSHFLH
QHOO
LQGLYLGXR D GLJLXQR 7XWWDYLD
)RVIRIUXWWRFKLQDVL
SXz
YHULILFDUVL
DQFKH
LO
PHFFDQLVPR RSSRVWR RYYHURVLD
*/,&2/,6,
O
LQLEL]LRQH GHOO
XWLOL]]D]LRQH GHL
OLSLGL GD SDUWH GHL JOXFLGL ,
$'3
$73$03
$GHQLODWR
PHFFDQLVPL LQ JLRFR LQ TXHVWR
FKLQDVL
FDVR VRQR GXH L OD
GHFDUERVVLOD]LRQH RVVLGDWLYD GHO
)26)25,/$=,21(
SLUXYDWR SXz VRWWUDUUH LO &R$
266,'$7,9$
QHFHVVDULR SHU OD ERVVLGD]LRQH
0,72&21'5,$/(
LL LO PDORQLO &R$ SURGRWWR QHO
FLWRSODVPD D VHJXLWR GL XQ
)LJ $WWLYD]LRQH VHTXHQ]LDOH GHL VLVWHPL GL SURGX]LRQH GHOO
$73 6L QRWL DEERQGDQWH RVVLGD]LRQH GHO
SLUXYDWR ULGXFH O
LQJUHVVR GHJOL
FRPHLSURGRWWLGHLSURFHVVLDPRQWHDJLVFRQRGDDWWLYDWRULGHLVLVWHPLDYDOOH
DFLGL JUDVVL QHL PLWRFRQGUL
LQLEHQGR OD FDUQLWLQD SDOPLWLO
PHWDEROLVPR DHURELFR H QRQ VDUDQQR HYLGHQ]LDELOL Qq OD
WUDVIHUDVL
GLPLQX]LRQH GHOOD IRVIRFUHDWLQD Qq O
DXPHQWR GHOO
DFLGR
4XHVWL PHFFDQLVPL GL FRQWUROOR UHFLSURFR VSLHJDQR LQ
ODWWLFR
SDUWHOD GLYHUVDULSDUWL]LRQHWUD RVVLGD]LRQHGHLJOXFLGL H
,O GHELWR HQHUJHWLFR FUHDWR GD XQ HVHUFL]LR PDVVLPDOH
GHLOLSLGLLQHVHUFL]LGLYDULDLQWHQVLWjHGXUDWD)LJ
YLHQH LQL]LDOPHQWH SDJDWR GDOOD IRVIRFUHDWLQD FKH
(VHUFL]LRGLLQWHQVLWjPRGHVWD
FHGHQGRLOIRVIDWRFRQVHQWHODIRVIRULOD]LRQHGHOO
$'3LQ
$73 7XWWDYLD VH OD ULFKLHVWD HQHUJHWLFD VL PDQWLHQH
/DULFKLHVWDHQHUJHWLFDYLHQHVRGGLVIDWWDSHUODJUDQSDUWH
HOHYDWD VL DVVLVWH DO UDSLGR GHSDXSHUDUVL GHOOH VFRUWH
FLUFDLOGDOO
RVVLGD]LRQHGHLOLSLGL,QSDUWLFRODUHLO
PRGHVWH GL IRVIRFUHDWLQD ,O SUHYDOHUH GHO FRQVXPR GL
FRQWULEXWR SL ULOHYDQWH YLHQH IRUQLWR GDJOL DFLGL JUDVVL
$73 VXOOD VXD SURGX]LRQH SRUWD DOO
DFFXPXOR DOO
LQWHUQR
SODVPDWLFLPHQWUHSHUTXDQWRULJXDUGDLFDUERLGUDWLYLHQH
GHOOD FHOOXOD GHL SURGRWWL GL LGUROLVL GHOOR VWHVVR $73
XWLOL]]DWR LO JOXFRVLRFLUFRODQWH6HVLHVFOXGHLOPRGHVWR
$'3IRVIDWRLQRUJDQLFR3LHSURWRQL/
HFFHVVRGL$'3
FRQWULEXWR GHL WULJOLFHULGL LQWUDFHOOXODUL q SUDWLFDPHQWH
GLYLHQH VXEVWUDWR GHOOD PLRFKLQDVL R DGHQLODWR FKLQDVL
DVVHQWH LO ULFRUVR DL GHSRVLWL WLVVXWDOL VSHFLH SHU TXDQWR
FKHGDGXHPROHFROHGL$'3QHJHQHUDXQDGL$73HXQD
DWWLHQHDOJOLFRJHQR
GL $03 4XHVW
XOWLPR q XQ SRWHQWH DWWLYDWRUH DOORVWHULFR
,OPXVFRORLQHVHUFL]LRXWLOL]]DFRVWDQWHPHQWHLOJOXFRVLR
GHOODIRVIRULODVLGHOJOLFRJHQRHGHOODIRVIRIUXWWRFKLQDVLL
HPDWLFR H LO FRQWULEXWR SHUFHQWXDOH GL TXHVWR VXEVWUDWR
GXH HQ]LPL SULQFLSDOL ULVSHWWLYDPHQWH GHOOD GHPROL]LRQH
DOOD SURGX]LRQH HQHUJHWLFD UHVWD SUDWLFDPHQWH FRVWDQWH
GHO JOLFRJHQR H GHOOD JOLFROLVL /
DWWLYD]LRQH GD $03
DQFKHYDULDQGRO
LQWHQVLWjHODGXUDWDGHOORVIRU]R)LJ
YLHQHUDIIRU]DWDGDO3LFKHqDOFRQWHPSRVXEVWUDWRGHOOD
/
RUJDQLVPR QHO VXR FRPSOHVVR VL WURYD D GRYHU
JOLFRJHQR IRVIRULODVL H DWWLYDWRUH DOORVWHULFR GHOOD
VRGGLVIDUH GXH ULFKLHVWH LQ SDUWH FRQWUDVWDQWL IRUQLUH
IRVIRIUXWWRFKLQDVL 6X TXHVW
XOWLPR HQ]LPD DJLVFH GD
JOXFRVLR DO PXVFROR PD DO FRQWHPSR PDQWHQHUH OD
IUHQR OD ULGX]LRQH GHO S+ LQWUDFHOOXODUH FDXVDWR
JOLFHPLD
0HWDEROLVPRHGHVHUFL]LR
(VHUFL]LREUHYHPLQ
ULSDUWL]LRQHSHUFHQWXDOH
8WLOL]]D]LRQHVXEVWUDWL
(VHUFL]LRSUROXQJDWRPLQ
JOXFRVLR
))$SODVPD
7*PXVFROR
JOLFRJHQR
JLRUQL PD QRQ XQD YHORFLWj HOHYDWD FRPH
VDUHEEH LQYHFH ULFKLHVWD GDOO
HVHUFL]LR LQWHQVR
'
DOWURQGH HVVHQGR JOL DPPLQRDFLGL LO SL
LPSRUWDQWH VXEVWUDWR GHOOD JOXFRQHRJHQHVL HG
HVVHQGR OH SURWHLQH PXVFRODUL OD ULVHUYD SL
DEERQGDQWH GL DPPLQRDFLGL XQD YHORFLWj
HFFHVLYD GHOOD JOXFRQHRJHQHVL VL WUDGXUUHEEH LQ
XQD VRUWD GL FDQQLEDOLVPR QHO TXDOH L PXVFROL
ILQLUHEEHUR SHU QXWULUVL GHL SURSUL DPPLQRDFLGL
WUDVIRUPDWLLQJOXFRVLR/DJOLFHPLDYLHQHGXQTXH
PDQWHQXWD SULQFLSDOPHQWH D VSHVH GHO JOLFRJHQR
HSDWLFR
3HU HYLWDUH O
LSRJOLFHPLD FXL FRQVHJXH
LQHYLWDELOPHQWH O
DUUHVWR GHOO
HVHUFL]LR RFFRUUH
TXLQGLULVSDUPLDUHLOJOLFRJHQRHSDWLFROLPLWDQGR
LO FRQVXPR GL JOXFRVLR FLUFRODQWH GD SDUWH GHO
PXVFROR 4XHVWD VWUDWHJLD q UHDOL]]DWD GDOOD
SUHIHUHQ]LDOLWj SHU O
RVVLGD]LRQH OLSLGLFD FKH
FDUDWWHUL]]DO
HVHUFL]LRGLPRGHVWDLQWHQVLWj,QWDO
PRGR YLHQH ULGRWWD OD JOLFRJHQROLVL HSDWLFD H DO
FRQWHPSR LO JOXFRVLR HPDWLFR UHVWD GLVSRQLELOH
SHU TXHL WHVVXWL LQ SDUWLFRODUH TXHOOR FHUHEUDOH
FKHGLSHQGRQRLQPRGRSLRPHQRDVVROXWRGDOOD
JOLFROLVL
(VHUFL]LR GL LQWHQVLWj HOHYDWD
UXRORGHOO
DOOHQDPHQWR
/D FDSDFLWj GHO PXVFROR GL RVVLGDUH JOL DFLGL
JUDVVL FLUFRODQWL GLSHQGH HVVVHQ]LDOPHQWH GDOOD
ORUR FRQFHQWUD]LRQH H[WUDFHOOXODUH 4XHVWD D VXD
YROWD GLSHQGH GDOOD OLSROLVL GHL WULJOLFHULGL GHO
WHVVXWR DGLSRVR FKH FRPH JLj VRWWROLQHDWR QRQ q
VWUHWWDPHQWHFRUUHODWDDOODULFKLHVWDPXVFRODUH$O
FUHVFHUH GHOO
LQWHQVLWj GHOO
HVHUFL]LR DXPHQWD
TXLQGL JUDGXDOPHQWH O
XWLOL]]D]LRQH GHJOL DFLGL
JUDVVL LQWUDFHOOXODUL TXHOOL FLRq ULFDYDWL GDOOD
OLSROLVL GHL WULJOLFHULGL GHOOH VWHVVH ILEURFHOOXOH
PXVFRODUL
,Q PLVXUD GLUHWWDPHQWH FRUUHODWD FRQ O
LQWHQVLWj
GHOO
HVHUFL]LR DXPHQWD DQFKH O
XWLOL]]D]LRQH GHL
92PD[
GHSRVLWL GL JOLFRJHQR LQWUDFHOOXODUH 'XQTXH
DOO
DXPHQWR GHOO
RVVLGD]LRQH GHL WULJOLFHULGL VL
DVVRFLD XQ LQWHQVR FRQVXPR GL FDUERLGUDWL
)LJ (IIHWWR GHOO
LQWHQVLWj H GHOOD GXUDWD GHOO
HVHUFL]LR 4XHVWD FLUFRVWDQ]D q UHVD SUREDELOPHQWH
VXOO
XWLOL]]D]LRQH GHL VXEVWUDWL 7* WULJOLFHULGL ))$ DFLGL QHFHVVDULDSHUVRGGLVIDUHODULFKLHVWDGLPHWDEROLWL
LQWHUPHGL GHO FLFOR GL .UHEV ,Q SDUWLFRODUH SHU
JUDVVLOLEHUL
WUDVIRUPDUH LQ FLWUDWRODTXDQWLWjHOHYDWDGLDFHWLO
&R$ SURGRWWR GDOOD ERVVLGD]LRQH RFFRUUH
GLVSRUUH GL TXDQWLWj DGHJXDWH GL RVVDORDFHWDWR
6HQRQYHQJRQRLQJHULWLFDUERLGUDWLGXUDQWHO
HVHUFL]LRLO
4XHVWRPHWDEROLWDqSURGRWWRSHURVVLGD]LRQHGHOPDODWR
PDQWHQLPHQWR GHOOD JOLFHPLD q LQWHUDPHQWH DIILGDWR DOOD
D VXD YROWD IRUPDWRVL GDO SLUXYDWR QHOOD UHD]LRQH
JOLFRJHQROLVL H DOOD JOXFRQHRJHQHVL FKH VL VYROJRQR QHO
FDWDOL]]DWD GDOO
HQ]LPD PDOLFR FKH UDSSUHVHQWD LO SL
IHJDWR 4XHVWL SURFHVVL YHQJRQR DWWLYDWL GDOOD ULGX]LRQH
LPSRUWDQWH SURFHVVR DQDSOHURWLFR GHOOD ILEURFHOOXOD
GHO UDSSRUWR LQVXOLQDJOXFDJRQH FKH DFFRPSDJQD
PXVFRODUH VFKHOHWULFD 3HU LQWHQVLWj HOHYDWH GL HVHUFL]LR
O
HVHUFL]LR$WWUDYHUVRFLUFXLWLGLFRQWUROORQHXURHQGRFULQL
OD YHORFLWj GHOOD JOLFROLVL VRVWHQXWD GDO JOXFRVLR HVRJHQR
QRQ DQFRUD GHILQLWL LO PXVFROR LQ HVHUFL]LR FRPXQLFD OD
QRQ q VXIILFLHQWH SUREDELOPHQWH D FDXVD GHO OLPLWH
PDJJLRUH ULFKLHVWD GL VXEVWUDWL GD RVVLGDUH H LO IHJDWR
LPSRVWRGDOWUDVSRUWRDWWUDYHUVRODPHPEUDQDSODVPDWLFD
ULVSRQGH LQFUHPHQWDQGR OD SURGX]LRQH GL JOXFRVLR
HVLUHQGHQHFHVVDULDODGHJUDGD]LRQHGHOJOLFRJHQR
4XHVWD ULSRVWD FKH q SURQWD H ELODQFLDWD QHO FDVR GHL
1HOO
LQGLYLGXR QRQ DOOHQDWR LO FRQVXPR GHL FDUERLGUDWL
FDUERLGUDWL q LPSUHFLVD QHO FDVR GHL OLSLGL *OL DFLGL
JUDVVLFLUFRODQWLWHQGRQRDGGLULWWXUDDGLPLQXLUHDOO
LQL]LR
GHOO
HVHUFL]LR SHU DXPHQWDUH SURJUHVVLYDPHQWH QHO FRUVR
6L GHILQVLFRQR DQDSOHURWLFKH TXHOOH UHD]LRQL FKH
GL XQ HVHUFL]LR LQWHQVR H SUROXQJDWR LQ ULVSRVWD DOOD
PDQWHQJRQR OH FRQFHQWUD]LRQLGHLPHWDEROLWL GHOFLFORGL
VWLPROD]LRQH GHOODOLSROLVL GHO WHVVXWRDGLSRVR GHWWDWD VLD
.HEV 2FFRUUH FRQVLGHUDUH FKH LO FLFOR GL .UHEV DFFDQWR
GDOOD ULGX]LRQH GHO UDSSRUWR LQVXOLQD JOXFDJRQH VLD
DOOD IXQ]LRQH HQHUJHWLFD VYROJH LPSRUWDQWL IXQ]LRQL
GDOO
LSHULQFUH]LRQHFDWHFRODPLQLFD
PHWDEROLFKH IRUQHQGR FRVWDQWHPHQWH LQWHUPHGL QHFHVVDUL
$O FUHVFHUH GHOO
LQWHQVLWj GHOO
HVHUFL]LR O
DXPHQWDWD
SHU OD VLQWHVL GL QXPHURVH PROHFROH 6L UHQGH GXQTXH
ULFKLHVWD GL JOXFRVLR GD SDUWH GHO PXVFROR QRQ SXz SL
QHFHVVDULR XQ FRQWLQXR DSSRUWR GL PHWDEROLWL FKH
HVVHUHVRGGLVIDWWDGDOODJOXFRQHRJHQHVL4XHVWRSURFHVVR
YHQJRQR IRUQLWL LQ PRGR SUHPLQHQWH GDO SLUXYDWR
PHWDEROLFR KD SULQFLSDOPHQWH OR VFRSR GL PDQWHQHUH OD
RVVDORDFHWDWR R PDODWR H LQ SDUWH GDJOL DPPLQRDFLGL
JOLFHPLD QHO GLJLXQR SUROXQJDWR GHYHGXQTXHSRVVHGHUH
*OLDFLGLJUDVVLIRUQHQGRVRORLOPDWHULDOHGLFRPEXVWLRQH
XQD JUDQGH FDSDFLWj LO GLJLXQR SXz GXUDUH GLYHUVL
O
DFHWLO&R$QRQSDUWHFLSDQRDOO
DQDSOHURVL
0HWDEROLVPRHGHVHUFL]LR
IRUQLVFH DQFKH LQ VIRU]L GL PRGHVWD LQWHQVLWj XQD TXRWD
FRVSLFXDGLHQHUJLD&RQO¶DOOHQDPHQWRDXPHQWDODTXRWD
GL HQHUJLD RWWHQXWD GDOO¶RVVLGD]LRQH GHL OLSLGL 4XHVWR
HIIHWWRVLWUDGXFHLQXQDULGRWWDXWLOL]]D]LRQHGHOJOXFRVLR
FLUFRODQWH H TXLQGL GHO JOLFRJHQR HSDWLFR /¶DXPHQWDWD
RVVLGD]LRQH OLSLGLFD q D FDULFR GHL WULJOLFHULGL
LQWUDFHOOXODUL VL ULGXFH LQIDWWL OD OLSROLVL QHO WHVVXWR
DGLSRVR SHUULGX]LRQHGHOODVWLPROD]LRQHFDWHFRODPLQLFD
/
DXPHQWR GHOO
RVVLGD]LRQH OLSLGLFD q LPSXWDELOH
DOO
DXPHQWR VLD GHO QXPHUR GHL PLWRFRQGUL VLD GHOOH
DWWLYLWj HQ]LPDWLFKH QHFHVVDULH SHU OD GHJUDGD]LRQH
RVVLGDWLYDGHJOLDFLGLJUDVVL
/
DOOHQDPHQWRIDYRUHQGRO
RVVLGD]LRQHGHJOLDFLGLJUDVVL
SRUWD DQFKH D SDULWj GL FRQVXPR GL RVVLJHQR DG XQ
ULVSDUPLR GHO GHSRVLWR GL JOLFRJHQR PXVFRODUH ,Q HIIHWWL
TXDOVLDVL PDQRYUD LQ JUDGR GL SURPXRYHUH O
RVVLGD]LRQH
OLSLGLFDGRYUHEEHWHRULFDPHQWHULWDUGDUHODGHSOH]LRQHGHO
JOLFRJHQR SUROXQJDQGR LQ WDO PRGR OD GXUDWD
GHOO
HVHUFL]R (VVHQGR OD TXRWD RVVLGDWD SURSRU]LRQDOH
DOOD FRQFHQWUD]LRQH H[WUDFHOOXODUH GL DFLGL JUDVVL VL
SRWUHEEH SHQVDUH FKH XQ LQWHUYHQWR QXWUL]LRQDOH WHVR DG
DXPHQWDUHLOLYHOOLSODVPDWLFLGL1()$GRYUHEEHSRUWDUH
DG XQ PLJOLRUDPHQWR GHOOH SUHVWD]LRQL QHOO
HVHUFL]LR GL
OXQJD GXUDWD 7XWWDYLD O
DXPHQWR GHL 1()$ SODVPDWLFL
SXz HVVHUH UHDOL]]DWR FRQ LO GLJLXQR R FRQ XQD GLHWD
LSHUOLSLGLFD H SRYHUDGL FDUERLGUDWL,Q HQWUDPEL L FDVLVL
ULGXFHGUDVWLFDPHQWHODFDSDFLWjGHOIHJDWRGLDFFXPXODUH
JOLFRJHQR
DFFHOHUDQGR
TXLQGL
O
LQVRUJHQ]D
GHOO
LSRJOLFHPLD
$O ULVSDUPLR GHO JOLFRJHQR LQGRWWR GDOO
DOOHQDPHQWR
FRQWULEXLVFH DQFKH OD ULGRWWD GHJUDGD]LRQH GL TXHVWR
SROLVDFFDULGH /D JOLFRJHQROLVL q DWWLYDWD DOO
LQL]LR
GHOO
HVHUFL]LR GD XQ DXPHQWR GHOOH FRQFHQWUD]LRQL
LQWUDFHOOXODUL VLD GL &D QHFHVVDULR SHU DFFUHVFHUH
O
DWWLYLWj FRQWUDWWLOH VLD GHO IRVIDWR OLEHUDWR GDOO
LGUROLVL
GHOO
$73 ,O &D DJLVFH GD VWLPRODWRUH GHOO
DWWLYD]LRQH
PHGLDQWH IRVIRULOD]LRQH GHOOD JOLFRJHQR IRVIRULODVL FKH
XWLOL]]D LO IRVIDWR FRPH VXEVWUDWR &RQ LO SURVHJXLUH
GHOO
HVHUFL]LR O
HIIHWWR GHO &D WHQGH DG DWWHQXDUVL OD
JOLFRJHQROLVL FRQWLQXD VHSSXUH D YHORFLWj ULGRWWD
VWLPRODWD GDOO
HFFHVVR GL VXEVWUDWR /D SRVVLELOLWj GL
ULGXUUHOHFRQFHQWUD]LRQLGL3LOLPLWDQGRODJOLFRJHQROLVL
qFRQQHVVDDOODIRVIRULOD]LRQHRVVLGDWLYDPLWRFRQGULDOHLQ
JUDGRGLULIRVIRULODUHLQ$73O
$'3JHQHUDWRGDOO
$73DVL
PLRVLQLFD 1HOO
LQGLYLGXR QRQ DOOHQDWR OH DWWLYLWj
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WUDQVSRUWDQGLQVXOLQVHQVLWLYLW\$QQX5HY0HG MECCANISMI DI DANNO ISCHEMICO NEL MIOCARDIO
Ruolo dei mitococondri
Nel miocita cardiaco l'incessante richiesta energetica
dettata dalla contrazione è fronteggiata da una
produzione di energia, sotto forma di ATP e
fosfocreatina (PCr), sostenuta in modo praticamente
univoco dal metabolismo ossidativo e dalla
fosforilazione ossidativa mitocondriale. Questo spiega
l'elevato contenuto di mitocondri e di mioglobina,
accanto all'elevata capacità di utilizzare qualsiasi
substrato e in modo particolare gli acidi grassi, substrato
energetico praticamente inesauribile.
La produzione di ATP è indubbiamente l'attività più
rilevante, ma non l'unica, svolta dai mitocondri. In questi
organelli avviene in parte la sintesi di importanti
composti (es. l'eme). Inoltre, lo stesso potenziale di
membrana mitocondriale (∆ψm) che consente la sintesi
dell'ATP e ne facilita il trasporto nel citoplasma può
essere utilizzato per il trasporto degli ioni. I mitocondri
hanno infatti una notevole capacità di accumulo di Ca2+.
Questa proprietà, facilmente documentabile nei
mitocondri isolati, ha per anni relegato il trasporto
mitocondriale di Ca2+ ad un ambito patologico. L'importo
di Ca2+ compete infatti con la produzione di ATP.
Inoltre, l'attivazione di enzimi litici (fosfolipasi e/o
proteasi) porta ad alterazioni strutturali incompatibili con
la produzione energetica. Inoltre, come descritto in un
paragrafo successivo, elevate concentrazioni di questo
catione provocano il rigonfiamento dei mitocondri e la
perdita del ∆ψm attraverso l'apertura di un canale della
membrana mitocondriale, conosciuto come poro della
transizione di permeabilità (PTP) che viene inibito dalla
ciclosporina A. Tali processi sono osservabili in presenza
di concentrazioni di Ca2+ superiori a 10 µM, valori
difficilmente riscontrabili o ipotizzabili in una cellula
vitale. A questo catione viene assegnato oggi un
importante ruolo fisiologico di accoppiamento tra la
richiesta e la produzione energetica. Infatti, la maggiore
spesa di ATP determinata dall' aumento della forza
contrattile è perfettamente bilanciata da una maggiore
produzione di ATP conseguente all'attivazione Ca2+dipendente
di alcune importanti deidrogenasi
mitocondriali. I mitocondri avrebbero invece un ruolo
marginale o nullo nelle oscillazioni fasiche del Ca2+
intracellualre necessarie per il realizzarsi del processo
contrattile.
L'aumento del Ca2+ citosolico necessario per la
contrazione avviene attraverso un movimento a favore di
gradiente, ovverosia senza spesa energetica. Viceversa, il
ritorno del Ca2+ a livelli basali necessario per il
rilasciamento determina consumo di ATP, sia
direttamente attraverso le Ca2+ ATPasi sia indirettamente
attraverso la Na+/K+ ATPasi per ripristinare i livelli di
Na+ modificati dallo scambiatore Na+/Ca2+. Quindi, per
quanto riguarda l'omeostasi ionica è la diastole il
processo che richiede energia, per cui le alterazioni del
metabolismo energetico si riflettono primariamente su
questa fase del ciclo contrattile. Inoltre, per quanto
riguarda l'interazione tra actina e miosina, mentre la
contrazione può avvenire in presenza di concentrazioni
minime di ATP (0.1 mM), il distacco dell'actina dalla
ISCHEMIA MIOCARDICA
Si definisce ischemia l'assenza di flusso ematico che nel
miocardio è determinata dall'occlusione, generalmente
per trombosi, di un vaso coronarico. L'ischemia è dunque
un evento meccanico cui conseguono modificazioni
funzionali e strutturali. Ove l'occlusione perduri il
territorio ischemico va incontro a necrosi e la lesione
ischemica, processo reversibile, viene sostituita
dall'infarto miocardico, caratterizzato da modificazioni
cliniche ed anatomopatologiche irreversibili. Tali
processi possono essere studiati anche su preparati
sperimentali (Fig. 1). L'attenzione degli studiosi e dei
clinici riguarda soprattutto al lasso di tempo che
Pressione sviluppata (mmHg)
METABOLISMO ENERGETICO ED
NEL
OMEOSTASI
DEL
Ca2+
MIOCITA CARDIACO
miosina richiede concentrazioni millimolari di ATP,
richiesta che viene ulteriormente elevata dall'aumento di
Ca2+. Quindi in una cellula muscolare con scarsa
disponibilità
di
ATP
sarà
ancora
possibile
l'accorciamento, ma verrà via via reso impossibile il
rilasciamento, in un processo reso drammaticamente
evidente dal rigor mortis.
Tempo (min)
Fig. 1. Effetto della durata del periodo ischemico sul
recupero contrattile durante la riperfusione nel cuore
isolato di coniglio. I periodi ischemici sono compresi
tra i triangoli (inizio) e frecce (fine). Dopo 30 min di
ischemia si ottiene un discreto recupero della pressione
sviluppata con modeste varaizioni della capacità di
rilasciamento. Modificazioni più vistose della pressione
diastolica sono prodotte dalla riperfusione dopo 60 min
di ischemia insieme a un grado modesto di recupero
contrattile. Infine per ischemie di 90 minuti, diviene
praticamente assente la pressione sviluppata a fronte di
un imponente aumento della pressione diastolica
(ipercontrattura). Si noti anche l'asistolia che si
instaura nei primi minuti di ischemia e l'aumento della
pressione diastolica (contrattura) che compare dopo
circa 30 minuti di ischemia come risultato della
marcata riduzione dei contenuti di ATP.
Ischemia e mitocondri
intercorre tra inizio dell'ischemia e necrosi cellulare. La
necessità drammatica di prolungare quanto più possibile
questa finestra temporale orienta le ricerche
all'identificazione dei fenomeni o fattori che sono
connessi o possono determinare l'irreversibilità del
danno.
Ovviamente il problema ischemia non riguarda solo i
pazienti affetti da vasculopatia coronarica (ischemia
regionale), ma anche la chirurgia a cuore aperto e il
trapianto d'organo, interventi che realizzano delle
ischemie globali. La definizione di opportune soluzioni
cardioplegiche ha portato notevoli successi in
cardiochirurgia che hanno tratto via via vantaggio
dall'avanzamneto delle conoscenze sui meccanismi di
danno cellulare.
Danno reversibile ed irreversibile
Instaurata l'ischemia, entro 8-10 secondi viene
consumato tutto l'ossigeno disponibile nel tessuto e si
verificano immediatamente drastici cambiamenti nel
metabolismo e nella funzione. Le modificazioni più
precoci sono rappresentate dall’aumento della
concentrazione intracellulare degli ioni fosfato (Pi) e H+.
L’accumulo del fosfato e la riduzione del pH sono
responsabili a loro volta della riduzione della contrattilità
fino all’asistolia. Questo fenomeno, attraverso una
drastica riduzione della richiesta energetica dettata dal
processo contrattile, rappresenta il più importante
meccanismo di difesa del miocita anossico che ne
consente la sopravvivenza, seppure per un tempo
limitato.
L’arresto della fosforilazione ossidativa mitocondriale si
riflette in una notevole riduzione della produzione di
ATP, che non può essere sostenuta dalla sola glicolisi
anaerobica. Tuttavia, anche a causa del ridotto consumo
determinato dall’asistolia, i livelli di ATP si mantengono
praticamente inalterati per circa 15 minuti, periodo nel
quale si osserva la diminuzione fin quasi alla scomparsa
della fosfocreatina. Se durante tale periodo viene
ripristinata la circolazione coronarica, intervento che va
sotto il nome di riperfusione, si osserva in tempi
piuttosto variabili il recupero praticamente completo
della funzione contrattile. Il danno è dunque reversibile
come viene confermato dall’assente o ridotto rilascio di
enzimi nell’effluente coronarico.
Prolungando la durata del periodo ischemico, il calo
dell’ATP e l’impossibilità di riossidare i coenzimi ridotti
si riflettono in alterazioni sempre più profonde del
metabolismo ossidativo e dell’omeostasi ionica. Dopo
40-60 minuti di ischemia il contenuto di ATP e' ridotto di
oltre il 90% e la glicolisi cessa. Se il cuore viene
riperfuso a questo punto, si constata l'assenza di ripresa
contrattile e la morte dei miociti danneggiati in modo
irreversibile. Il concetto di danno irreversibile è stato
introdotto dal Dr. Jennings che già nel 1957 lo
descriveva come "un danno di grado e durata tali che le
cellule coinvolte continueranno a degenerare fino alla
necrosi anche quando siano riossigenate attraverso la
riperfusione con il sangue arterioso".
Il miocardio mostra una transizione affatto particolare
dal danno reversibile a quello irreversibile. In qualsiasi
tessuto la caduta dei livelli di ATP si associa
all'instaurarsi di un processo degenerativo che termina
con la perdita di permeabilità della membrana plasmatica
e il rilasco di costituenti intracellulari. Accanto a questo
modo graduale di morte cellulare, nel cuore si può
osservare l'insorgenza improvvisa di un danno
irreversibile qualora si ristabilisca l'ossigenazione
cellulare dopo un periodo prolungato di ischemia. In
questo caso l'ipercontrattura dei miofilamenti è associata
ad un rapido aumento della permeabilità di membrana.
Nel cuore isolato il rilascio di enzimi segue
2
Modificazioni morfologiche e funzionali determinate
dall'anossia nei cardiomiociti isolati.
Il cardiomiocita isolato si presenta con una forma a
bastoncino
(rod
shaped)
con
un
rapporto
lunghezza/larghezza >3. La cellula è quiescente, ma è
possibile indurre l'accorciamento ritmico mediante
stimolazione elettrica. L'anossia (o la deplezione di ATP)
determina l'accorciamento della cellula (contrattura) che
assume un aspetto quasi quadrato con un rapporto
lunghezza/larghezza compreso tra 1 e 3. In questo stato il
miocita mantiene ancora il tipico aspetto striato, ma
diviene ineccitabile. Al momento della riossigenazione,
se l'anossia è stata di breve durata, si ottiene il recupero
della forma allungata e della capacità di rispondere alla
stimolazione elettrica. Viceversa, quando l'anossia
perduri per oltre 20 minuti dopo la contrattura, la
riossigenazione provoca un immediato e irreversibile
cambiamento della morfologia del miocita che assume
una forma rotondeggiante in cui non è più distinguibile la
striatura (ipercontrattura). La membrana plasmatica,
sebbene inizialmente non presenti soluzioni di continuo,
si ricopre di rigonfiamenti di piccole dimensioni (blebs).
I blebs tendono a confluire in rigonfiamenti via via più
grandi che vanno incontro a rottura determinando la
fuoriuscita di materiale intracellulare. Apparentemente
nel miocita isolato il danno irreversibile si presenta con
caratteristiche diverse da quelle osservabili nell'organo
intatto. In quest'ultimo la riperfusione (dopo un'ischemia
prolungata) determina la rottura immediata della plasma
membrana che si manifesta con il rilascio degli enzimi
intracellulari nell'effluente coronarico. Nel miocita invece
come appena descritto la membrana cellulare rimane
integra per un certo tempo (circa 30 minuti) dopo la
riossigenazione. Tuttavia, è verosimile che nel cuore
intatto l'ipercontrattura di un miocita provochi per
trazione la rottura del sarcolemma dei miociti adiacenti.
immediatamente l'inizio della riperfusione per
completarsi in circa cinque minuti. In queste condizioni
la morte cellulare si associa alla precipitazione di sali di
calcio nella matrice mitocondriale, indice di una
profonda alterazione funzionale degli organelli
interessati. Questa osservazione pionieristica di Jennings
attrasse l'interesse di molti ricercatori in ambito
cardiovascolare sulla funzione mitocondriale e
sull'omeostasi intracellulare del Ca2+. Rafforzarva il
ruolo centrale dei mitocondri una successiva e non meno
importante osservazione secondo
cui il danno
miocardico era fortemente ridotto dall'inibizione della
catena respiratoria o dal disaccoppiamento della
fosforilazione ossidativa. Per il rapido instaurarsi delle
condizioni che portano a morte la cellula è dunque
Sovraccarico
cellulare di Ca2+
Rottura del
sarcolemma
Deplezione
di ATP
Figura 2. Il circolo vizioso autoaggravantesi
responsabile della transizione da danno reversibile a
irrversibile
Ischemia e mitocondri
3
normoxia
glycogen
glucose
e-
H+
H+
lactate
O2
CO2
TCA
cycle
HO
2
pyruvate
acetyl CoA
ADP + Pi
H+
ATP
ATP
hypoxia
glycogen
e-
O2
O2
ROS
lactate
CO2
Q-.
TCA
cycle
HO
2
pyruvate
H+
ADP + Pi
ATP
ATP
Figura 3. Ruolo dei mitocondri nelle modificazioni del metabolismo cellulare indotte da una riduzione critica
dell'apporto di ossigeno. In aerobiosi i protoni espulsi contro gradiente dalla catena respiratoria rientrano a
favore di gradiente attraverso la F0F1 ATPasi consentendo la fosforilazione dell'ADP in ATP. L'ATP rilasciato
nel citosol rallenta la glicolisi inibendo la fosfofruttochinasi. Il piruvato substrato del ciclo di Krebs (TCA cycle)
sotto forma di acetil CoA, viene generato in misura irrielevante dal glicogeno, in parte dal glucosio esogeno e in
parte dall'ossidazione del lattato.
La mancanza di ossigeno come accettore finale degli elettroni rende impossibile il pompaggio dei protoni. Il
mantenimento del ∆ψm avviene allora per inversione della F0F1 ATPasi che idrolizza, invece di produrre, l'ATP.
La glicolisi divenuta la via principale ed unica di produzione energetica viene sostenuta soprattutto dalla
glicogenolisi. Il piruvato prodotto, non potendo essere ossidato nei mitocondri, viene ossidato a lattato che è
rilasciato nel torrnte circolatorio. Il miocita si trasforma da utilizzatore a produttore di lattato. Alla forte spinta
glicolitica è connesso il calo del pH intracellulare. L'ossigeno eventualmente presente (ipossia) può essere ridotto
in modo parziale dalla stessa catena respiratoria, ed in paticolare dal radicale semichinonico a livello dei
complessi I e III, generando specie radicaliche (ROS).
necessaria la respirazione accoppiata alla produzione di
ATP. In termini apparentemente paradossali si può
affermare che il recupero della capacità mitocondriale è
essenziale, ovviamente, per il ripristino della funzione
contrattile e il mantenimento della vitalità cellulare, ma
può anche contribuire in modo determinante alla rapida
sequenza di eventi che provoca la necrosi.
Ischemia e mitocondri
DANNO REVERSIBILE
4
DANNO IRREVERSIBILE
ANOSSIA
ANOSSIA
100
lunghezza
cellulare
%
0
elevato
∆ψm
bas s o
5 m in
5 m in
4
[Mg 2+] i
mM
0
Figura 4. Modificazioni della forma, della funzione e del metabolismo indotte dall'anossia e dalla riossigenazione
nei cardiomiociti isolati. Inizialmente l'anossia non produce variazioni significative in quanto sia la contrazione
che la funzione mitocondriale sono sostenute dall'ATP prodotto dalla glicolisi. Questo è possibile solo nelle cellule
isolate favorite dalla ridotta richiesta energetica dell'accorciamento che avviene in assenza di carico.
L'esaurimento del glicogeno e il conseguente arresto della glicolisi determinano una veloce sequenza di eventi.
L'ineccitabilità precede il rapido calo dell'ATP (segnalato dall'aumento del Mg2+) che si associa nella fase finale al
collasso del ∆ψm coincidente a sua volta con l'accorciamento per contrattura della cellula. Le concentrazioni
intracellulari di Ca2+, rimaste immodificate in questa prima fase, iniziano a salire gradualmente (non mostrato).
L'elevazione della [Ca2+] nei mitocondri a valori superiori a 250 nM durante l'anossia si associa ad un mancato
recupero funzionale durante la riossigenazione. Se l'anossia non viene prolungata dopo la contrattura, la
riossigenazione determina il recupero dellla forma e della contrattilità. Viceversa, la riossigenazione dopo un
periodo prolungato di anossia determina una transizione immediata ed irreversibile della morfologia cellulare in
una forma rotondeggiante (ipercontrattura). In ambedue i casi, recupero o danno irreversibile, si ottiene il
ripristino della fosforilazione ossidativa.
Genesi dell'irreversibilita' delle lesioni
ischemiche
Nella morte cellulare e' coinvolto un meccanismo
complesso e multifattoriale, che ha inizio con l'aumento
della permeabilita' della membrana plasmatica per il
calcio e la deplezione di ATP. Anche se non e' accettato
un nesso obbligatorio tra deplezione di ATP e necrosi, in
quanto questa puo' verificarsi in cellule che ancora
presentano sufficienti quantita' di ATP, non vi e' dubbio
che l'esaurimento di questo nucleotide non permette alla
cellula di mantenere l'omeostasi ionica che risulta percio'
alterata. Ne consegue un precoce aumento degli ioni
sodio e calcio all'interno della cellula. Si innesca cosi' un
ciclo vizioso cui si aggiunge l'alterazione strutturale del
sarcolemma che determina un irrimediabile sovraccarico
citosolico di Ca2+. A tale incremento del calcio
intracellulare e' legata l'evoluzione in senso irreversibile
del danno ischemico, con un elevato rilascio di enzimi e
cofattori (Fig. 2).
Varie ipotesi sono state avanzate per spiegare gli eventi
responsabili della rottura della membrana plasmatica: 1)
l'incremento intracellulare di Ca2+, che avviene
precocemente in ischemia, determina l'attivazione di
fosfolipasi del sarcolemma quindi la degradazione dei
fosfolipidi e l'accumulo di lisofosfolipidi; 2)
conseguentemente al blocco metabolico avviene
l'accumulo di molecole ad azione detergente, come
acilCoA ed acilcarnitine (Brecher, 1983); 3) al momento
della riperfusione si formano radicali liberi dell'ossigeno
che perossidano i fosfolipidi di membrana.
Poiche' la rottura del sarcolemma e' sempre evidenziabile
in associazione con episodi di rigonfiamento cellulare, si
ipotizza un fenomeno a due stadi: nel primo stadio si
sviluppano lesioni a carico del citoscheletro
subsarcolemmale, nel secondo stadio l'applicazione di
una forza, rigonfiamento e/o contrattura, distrugge il
sarcolemma che non e' piu' ancorato al citoscheletro
(Steenbergen et al. 1985).
ALTERAZIONI
MITOCONDRIALI
COME CAUSA E CONSEGUENZA
DEL DANNO ISCHEMICO
Poichè il cuore deriva la parte più cospicua della sua
produzione energetica (>90%) dalla fosforilazione
ossidativa è facile ipotizzare che alterazioni dei processi
ossidativi mitocondriali abbiano conseguenze negative
sulla funzione e la struttura dei cardiomiociti. In effetti a
livello cellulare l'ischemia inizia quando l'apporto di
ossigeno diviene insufficiente per i processi ultima della
catena respiratoria. Da quel momento i mitocondri non
solo cessano di produrre ATP, ma ne divengono avidi
utilizzatori. Nel tentativo di mantenere il ∆ψm viene
infatti invertita la reazione ATPasica che utilizza come
substrato l'ATP prodotto dalla glicolisi anaerobica (fig.
3). Questo processo, seppure limitato da vari fattori
endogeni (acidosi, una proteina inibitrice e la probabile
inibizione a carico dell'adenilato traslocasi), contribuisce
in modo determinante alla caduta dei livelli di ATP e
quindi all'evoluzione verso la morte cellulare. Da studi
compiuti sui m iociti isolati si nota che il collasso del
∆ψm coincide con la deplezione di ATP a sua volta
Ischemia e mitocondri
5
anoxia
lack of mitochondrial
AT P production
glycolysis
ATP production
_
cellular ATP
maintenance
glycogen
exhaustion
mitochondrial
ATP utilization
partial
∆ ψm maintenance
lack of
ATP production
glycolysis
+
?
MTP
ATP
2
[Mg + ] i
∆ψm collapse
contracture
[Ca2+ ] c
[Ca 2+] m
reoxygenation
2+
high [Ca ] m
?
MTP
?
partial
∆ψm recovery
_
mitochondrial
ATP production
cytosolic ATP
+
2+
high[Ca ] c
(≥ 500nM)
cytosolic ATP
+
2+
low[Ca ] c
(<200 nM)
slow
(> 5 min))
f ast
(< 1 min)
hypercontracture
recoveryof myocyte
morphologyandfunction
irreversible loss
ofstructure and function
Figura 5. Sequenza di eventi alla base del recupero funzionale o della morte cellulare nella fase di riperfusione
post-ischemica
provocata dall'esaurimento delle riserve di glicogeno.
Questa profonda alterazione del metabolismo energetico
è riflessa dall'accorciamento del miocita nel fenomeno
della contrattura. Nonostante questa modificazione
morfologica, la tipica striatura sarcomerica e la
permeabilità della membrana plasmatica vengono
preservate. Solo dopo la contrattura, le concentrazioni di
Ca2+ cominciano ad aumentare in modo parallelo nel
citosol e nei mitocondri restando al di sotto del
micromolare anche dopo episodi prolungati di anossia.
Dunque la mancata disponibilità di ossigeno per se non
provoca un sovraccarico cellulare di calcio, che si
verifica invece nella fase di riperfusione dopo un periodo
prolungato di ischemia.
Gli studi sui miociti isolati hanno mostrato che durante la
riossigenazione, indipendentemente dal recupero
morfologico e funzionale, nei mitocondri si ottiene il
recupero del ∆ψm. e della capacità di produrre ATP (Fig.
4). Sempre nei miociti, anche in quelli danneggiati
irreversibilmente (vedi box), le concentrazioni di Ca2+ sia
citosolico che mitocondriale non aumentano. Semmai il
Ca2+ citosolico diminuisce ad opera della Ca2+ ATPasi
Ischemia e mitocondri
del reticolo sarcoplasmico, così da escludere, almeno nel
cardiomiocita isolato, che il danno irreversibile dipenda
da un sovraccarico cellulare di Ca2+. In altri termini, il
fatto che nel miocita isolato il danno irreversibile si
manifesti in assenza di modificazioni rilevanti delle
concentrazioni intracellulari di Ca2+ indica che l'aumento
marcato misurabile nell'organo intatto è una
conseguenza, e non la causa, della perdita di permeabilità
del sarcolemma.
Dai dati esposti si ricava che, anche nel danno
irreversibile, i mitocondri tornano ad utilizzare la catena
respiratoria per pompare protoni e il ∆ψm così ottenuto
viene utilizzato per la produzione di ATP e non, ad
esempio, per accumulare Ca2+. Ci si può allora chiedere
perchè sia necessaria la funzione mitocondriale per
ottenere l'ipercontrattura e il danno cellulare. Non esiste
una risposta definitiva, ma è probabile che questo
apparente paradosso dipenda dalla differente richiesta di
ATP da parte della contrazione e del rilasciamento.
Secondo questa ipotesi suffragata da numerosi dati
sperimentali, al momento della riossigenazione una
ripresa ottimale della fosforilazione ossidativa
garantirebbe il raggiungimento di concentrazioni
millimolari di ATP che in presenza di basse
concentrazioni di Ca2+ consentono il regolare alternarsi
di sistole e diastole. Viceversa una ripresa inadeguata del
metabolismo energetico fornirebbe concentrazioni di
ATP sufficienti per la contrazione, ma non per il
rilasciamento, portando quindi all'ipercontrattura (Fig.
5). Questa condizione sarebbe facilitata da una maggiore
disponibilità di Ca2+ che favorisce ulteriormente la
contrazione stimolando in tal modo il consumo di ATP
6
Per approfondimenti
Vary TC, Reibel DK, Neely JR: Control of energy
metabolism of heart muscle. Annu. Rev. Physiol.
1981;43:419-30
Allen DG, Orchard CH: Myocardial contractile function
during ischemia and hypoxia. Circ. Res. 1987;60:153168
Lee JA, Allen DG: Mechanisms of acute ischemic
contractile failure of the heart. Role of intracellular
calcium. J.Clin.Invest. 1991;88:361-367
Reimer KA, Jennings RB: Myocardial ischemia, hypoxia
and infarction. In: Fozzard H, Haber E, Jennings RB,
Katz A, Morgan H, eds. The heart and cardiovascular
system, second edition. New York: Raven Press;
1992:1875-1973.
Kusuoka H, Marban E. Cellular mechanisms of
myocardial stunning. Annu Rev Physiol. 1992;54:243256.
Ganote C, Armstrong S: Ischaemia and the myocyte
cytoskeleton: review and speculation. Cardiovasc. Res.
1993;27:1387-403