n. 4, aprile 2013
INVENTIVA TEOLOGICA E SPIRITUALE
SEMPLICITÀ E MISTICISMO
Francesco d’Assisi e il monachesimo riformato del XIII secolo
La Chiesa altomedievale era stata una Chiesa monas ca in cui l’ideale della san tà era
sopra u o quello del monaco che sceglie
di ri rarsi dalla mondanità per dedicarsi
unicamente a Dio a raverso l’esercizio
dell’ascesi; ciò era avvenuto anche nelle
Chiese orientali e non solo in quella di
Roma che sembra tu avia aver mi gato la
centralità del monaco con il modello vescovile al quale era fortemente legato il tema
dell’evangelizzazione.
In questo periodo la Chiesa non governa
pienamente la realtà ecclesias ca poiché
è ancora presente una forte influenza del
potere poli co. Tali condizioni favoriscono
la corruzione del clero: si assiste all’acquisto
di cariche ecclesias che e sempre più spesso il basso clero si confonde con i funzionari
pubblici: è il fallimento della Chiesa altomedievale, è la crisi che non è solo is tuzionale ma è la crisi del senso della vita e della
fede in Cristo.
È in questo contesto così problema co che
si inserisce la figura di Gregorio VII che ha
intrapreso una vera e propria lo a conGiotto, Storie francescane: La rinuncia degli averi, 1297-1299
tro la corruzione a raverso una profonda
Assisi, basilica superiore di San Francesco
riflessione teologica e una riforma is tuzionale. Servendosi del monachesimo egli
raggiunge la pienezza della sua autocoscienza elaboriuscì a trasformare la Chiesa da monas ca a clericale
rando una teologia intorno allo Spirito Santo. I monaci
e il comando sulla Chiesa universale passò al Pontefime ono inoltre sempre più in primo piano il tema
ce romano; il pon ficato non era per Gregorio VII un
evangelico della povertà come principio portante della
semplice ufficio spirituale del regime poli co, come era sequela Chris (Ma h. 19; Marc. 10; Luc. 18) e anche la
stato considerato fino a quel momento, ma una realtà
predicazione viene considerata una preroga va fondastorica is tuzionalmente autonoma: inizia il periodo
mentale di ogni cris ano.
della cosidde a libertas ecclesiae, la libertà della Chiesa Due figure dell’universo medievale cara erizzate da un
rispe o all’ingerenza del potere poli co.
forte spirito apostolico che hanno inteso la predicazioMa la riforma is tuzionale fu accompagnata da una
ne come compito storico sono Domenico e Francesco.
profonda ricerca e riflessione teologica con intelle uaIl primo, fondatore di un ordine che ebbe conferma ad
li di alto spessore come Anselmo d’Aosta, Tommaso
opera di Innocenzo III durante il IV Concilio Lateranend’Aquino, Bernardo di Clairvaux con il quale, in par cose, basava la sua Regola sulla povertà e mendicità, sullo
lare, il monachesimo, intorno alla metà del XII secolo,
studio e la predicazione.
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da un profondo zelo apostolico e riuscendo a portare la
Ma il secolo XIII è “il secolo di Francesco d’Assisi”, il
sua predicazione sin dentro la società islamica.
santo più popolare della tradizione ca olica e uno dei
La parola di Francesco, ricca di inven va teologica e spipersonaggi più celebri, venera e ammira della storia
rituale, di grande semplicità ma allo stesso
dell’umanità.
tempo profondamente mis ca, risulta
La vita di Francesco d’ Assisi è per
efficace perché è l’espressione
mol aspe simile a quella di
stessa di Dio; egli interpreta
Domenico. Nacque ad
perfe amente quanto
Assisi intorno al 1181scrive Giovanni nel
1182, figlio di un ricco
suo Vangelo (12,
mercante; fra il 1206
49-50): “Io non ho
e il 1208 avviene la
parlato da me,
sua conversione
ma il Padre che
che si esplica
mi ha mandacon un segno
to, egli stesso
molto forte
mi ha ordinache introduce
to che cosa
quello che
devo dire e
sarà il suo
annunziare…”.
principio di
Il frate dunvita cris ana:
que realizza
l’a o di denuun’ideale di
darsi davan
vita cris ana
al vescovo
che si allontae al popolo
na da quello
di Assisi e la
monas co,
conseguente
teso all’isolascelta di una
mento rispetvita vissuta
to al mondo,
secondo i
facendo proprincipi della
prio ciò che
povertà e
Cristo aveva
della preordinato ai
dicazione.
suoi discepoli
Egli dunque
prima di mopreferisce Dio
rire: “Andate
alla ricchezza
ed ammaedi suo padre,
Colantonio.
San
Francesco
consegna
la
regola
agli
ordini
francescani,
1445
1450
strate tu e
comprenNapoli, Museo Nazionale di Capodimonte
le nazioni...
dendo che la
insegnando
vita cris ana
loro ad osservare tu o ciò che vi ho comandato”, così
consiste nell’unirsi al Signore con la contemplazione
come si legge nel Vangelo di Ma eo (28, 19-20).
e nel me ersi al servizio di Dio proprio a raverso la
Gli stessi scri di Francesco ci tramandano pagine di
predicazione che da impulso all’evangelizzazione. Solo
grande intensità mis ca che me ono in luce il suo rapl’humilitas dunque, che è la povertà di spirito, rende
porto personale con Dio, che egli alimenta a raverso le
possibile la povertà materiale: la paupertas non è un
parole della Bibbia e a raverso la scelta della povertà,
valore assoluto ma strumentale, la povertà è per lui
che è per lui strumento per l’evangelizzazione.
strumento fondamentale per incrementare la diffuMa il frate riforma la tradizione monas ca anche persione del cris anesimo, che il frate promuove presto
anche fuori dall’Italia, verso l’Africa e l’Oriente, guidato
ché sceglie di non aderire ad alcuna organizzazione e
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Jorge Mario Bergoglio
il Papa nel nome di Francesco
stru ura religiosa esistente ritenendo così forte il suo amore verso
Dio da non avver re il bisogno di
una comunità per manifestarsi.
Tu avia, per i grandi proseli che
da sempre ha raccolto, a orno a
lui nasce molto presto un Ordine,
che egli interpreta come il prodo o
della volontà divina e che riconosce
come funzionale al rinnovamento
della vita cris ana già avviato da
Gregorio VII.
È singolare che Francesco non
abbia voluto acce are una delle
regole esisten , come quella di San
Benede o, la più nota e seguita
nei monasteri medievali, ma ne
abbia voluto scrivere una nuova
che esprimesse la sua concezione
della vita religiosa e dell’esperienza
spirituale sua e dei suoi fra . Con
questo a o egli si pone di per sé
come un riformatore del monachesimo.
Si può dunque affermare che frate
Francesco, mentre accoglie alcune
ispirazioni della tradizione monas ca più rigorosa ed evangelica, rappresenta al tempo stesso il superamento di quella stessa tradizione
poiché il monachesimo, per quanto
“nuovo” e “riformato”, voleva far
diventare il mondo un chiostro,
mentre per Francesco e i suoi primi
fratres il chiostro era cos tuito dal
mondo, così come è riportato in
un noto testo, il Sacrum commercium sanc Francisci cum domina
Paupertate: Illa [domina Paupertas]
vero, quie ssimo somno ac sobria
dormiens, surrexit fes nanter,
petens sibi claustrum ostendi. Adducentes [fratres] eam in quodam
colle ostenderunt ei totum orbem
quem respicere poterant, dicentes:
“Hoc claustrum nostrum, domina”.
Antonella Micolani
Prof. Aggr. di Storia del Cris anesimo
An co e Storia della Chiesa
Dopo la rinuncia di Benedetto XVI, il conclave dell’11 febbraio scorso
ci ha consegnato un nuovo pontefice. Una rinuncia, quella di Ratzinger
che, oltre a rappresentare un segno d’amore e di grande saggezza, può
essere definita coraggiosa ma allo stesso tempo profetica perché, se
ha messo palesemente in luce la profonda crisi in cui versa la Chiesa di
fronte alla vita del mondo contemporaneo, dall’altra parte sembra voler
riprendere e rilanciare la Chiesa stessa ricordando i contenuti importanti
del Concilio Vaticano II, perché si possa rinnovare per favorire una nuova
evangelizzazione: una Chiesa dunque nuova ma soprattutto disposta e
aperta al dialogo con il mondo.
Quello cui abbiamo assistito recentemente è indubbiamente un grande
evento storico: le dimissioni di Benedetto XVI e la sede vacante hanno
provocato nei fedeli una serie di sentimenti e di emozioni che hanno
abbracciato la tristezza, lo smarrimento, l’attesa fiduciosa. Lo stesso San
Pier Damiani, uno dei più importanti intellettuali del Medioevo, definiva
la sede vacante “un momento di terrore, di smarrimento per i fedeli”, in
cui il mondo cattolico perde il proprio punto di riferimento spirituale.
Ma l’attesa e lo smarrimento hanno trovato conforto con l’elezione
del nuovo Papa, Jorge Mario Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires,
gesuita, che ha scelto il nome di Francesco che lo rappresenterà nel suo
Pontificato. Anche in questo, rompendo ogni tradizione che lo precede,
Bergoglio ha voluto un nome che nessun pontefice ha mai adottato e la
scelta del nome per i papi assume un significato importante perché in
esso, come più che mai appare chiaro in questo caso, sono incise le linee
guida della futura attività pastorale.
Non possiamo allora non sottolineare il valore altamente simbolico
di questo nome e la prima immagine che abbiamo avuto del nuovo
Pontefice della Chiesa di Roma è proprio di semplicità, secondo i dettami
della spiritualità francescana. Una semplicità che si è annunciata fin dalla
prima apparizione del Papa, subito dopo l’elezione, anche nelle vesti,
poiché egli ha rinunciato alla stola papale, simbolo esteriore di autorità
religiosa, scegliendo di indossare la sola veste talare. Un’immagine
semplice e pulita dunque quella che Papa Francesco ha voluto offrire ai
fedeli di tutto il mondo, un’immagine nuova che sprona verso l’ideale di
una Chiesa meno secolarizzata ma più semplice e umile. Anche quando
parla di sé al mondo, sempre nella sua presentazione al popolo di Dio, lo
fa non definendo se stesso “Pontefice”, ma chiamandosi semplicemente
“vescovo di Roma”, successore dell’apostolo Pietro, richiamando
fortemente una Chiesa delle origini che deve riconoscere il ruolo di guida
del successore di Pietro. Un approccio semplice di Papa Bergoglio verso
i fedeli si manifesta poi nelle tre preghiere che ha pronunciato durante
il suo saluto alla comunità cristiana mondiale, che rappresentano le
più amate e più popolari della tradizione cristiana e la stessa richiesta
dell’intercessione della Vergine, si inserisce nell’ambito della tradizione
mariana, quella stessa tradizione così ardentemente sentita da Giovanni
Paolo II.
Tutta la vita di Bergoglio si richiama dunque alla semplicità e all’umiltà
che caratterizzano fortemente la spiritualità di San Francesco d’Assisi.
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suo tempo e alla sua Chiesa.
Si auspica che Papa Francesco dia vita a una Chiesa
maggiormente concepita per il mondo, intensificando
il dialogo con la società ma che rifletta anche su se
stessa per riformarsi al suo interno; ma soprattutto
auspichiamo che egli aiuti la Chiesa a incrementare
e a intensificare l’incontro e il dialogo con i fedeli di
religioni differenti rispetto alla tradizione giudaicocristiana, per favorire la pace e la coesione sociale.
Ci auguriamo che Papa Francesco favorisca il
programma di profonda apertura inaugurato con il
concilio Vaticano II: è questa la vera missione della
Chiesa, aprirsi al mondo per evangelizzare, per
riportare al centro del mondo l’insegnamento di Cristo,
una Chiesa che, come ha detto lo stesso Bergoglio,
“cammini, edifichi, confessi”.
La sua elezione suscita la speranza di una Chiesa
profondamente rinnovata secondo la spiritualità
francescana che è alla base del mondo spirituale di
Bergoglio. Come frate Francesco, egli ha una sola
guida, il Vangelo e l’obiettivo del suo pontificato è
proprio l’annuncio del Vangelo nel suo originario e
semplice significato di “buona novella”; e questo ci
fa pensare a una figura di primo piano nella storia
della cristianità medievale che ha influenzato tutta la
cultura successiva, papa Gregorio Magno (540-604)
che, nel VI secolo ha dato vita a una profonda opera
apostolica che vedeva come momento centrale il
problema della conversione. Gregorio ha introdotto
nel mondo cristiano medievale un nuovo concetto di
santità legato alla figura del “vescovo evangelizzatore”,
del praedicator, di colui che sa unire la contemplazione
all’azione per annunciare con purezza il messaggio di
Cristo; il vescovo dunque è il profeta che egli propone al
Antonella Micolani
Prof. Aggr. di Storia del Cris anesimo An co e Storia della Chiesa
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