-ECONOMIA CINESE E CRISI ECONOMICA(a cura di Mengzhao Jiang e Shulian Zheng) Come si è sviluppata l’economia della Cina, una delle 4 civiltà più antiche del mondo, definita anche con il termine Dragone, fino ai nostri giorni? La crescita dell’economia cinese fu strettamente legata all’ideologia politica e contemporaneamente all’ascesa delle diverse dinastie. Il commercio è stato sempre un’attività molto fiorente, la cui collocazione a livello internazionale, già dal 200 a.c. occupava una posizione rilevante nei traffici da e per occidente, basti pensare alle rotte dei mercanti come Marco Polo e alla Via della Seta. Verso XIII° secolo ci fu una crescita delle industrie e del commercio, quest’ultimo portò nel Paese grandi quantità di argento, proveniente dall’Occidente, e nello stesso tempo, i banchieri favorirono la circolazione di “moneta cartacea”. Nel XVI° secolo, mentre in l’Europa si assisteva ai grandi progressi della rivoluzione industriale, in Cina l’economia subiva una battuta d’arresto a causa della perdita di importanza del commercio dovuta dalla classe politica di allora. Infatti le politiche messe in atto tendevano a privilegiare il settore agricolo a scapito del commercio. Nei restanti secoli, l’Economia cinese subì gravi danni dovuti all’invasione del Giappone e delle potenze occidentali. Con l’arrivo del 1949, dopo la costituzione della Repubblica Popolare Cinese, la situazione ritornò ad essere stabile. Per quasi 30’anni, sotto l’ideologia comunista ispirata da Mao, il modello economico in uso fu quello dell’economia pianificata. In questo modello lo Stato gestiva tutte le risorse e ricchezze del paese, credendo che fosse la via giusta per creare uguaglianza tra tutti i cittadini. Da allora l’obiettivo fondamentale è stato quello di soddisfare i bisogni primari di tutti. Per far questo vennero creati dei biglietti d’acquisto a seconda della tipologia di bene primario e della quantità consentita per acquistare. Questi biglietti d’acquisto erano emessi da enti locali a favore delle famiglie in base al numero dei componenti. In quegli anni la libera compravendita dei beni tra i privati non era ammessa poiché contrastante con il principio di uguaglianza . Nonostante ciò il tenore di vita della popolazione cinese non è migliorato nel corso degli anni, a causa della scarsa motivazione del mercato, delle aziende e l’inefficiente gestione dello stato. Dal 1952 al 1981 il prodotto interno lordo era cresciuto in media dello 0,5% l’anno. Bisogna arrivare all’anno 1978, quando il plenum del Comitato centrale del Partito Comunista accettò la svolta di Deng Xiaoping. Egli portò riforme e cambiamenti nella struttura economica. Fu l’inizio di profondi cambiamenti che portarono il paese verso la modernizzazione. Gli elementi di rilievo del nuovo corso economico furono: l’introduzione dell’economia mista e la nascita del settore non statale, ciò portò la libertà dell’iniziativa economica privata. l’incentivazione degli investimenti stranieri con istituzione delle zone economiche speciali (ZES), in pratica zone franche. I risultato furono molto sorprendenti. Nel periodo 1979-2007, il Pil della Cina è cresciuto con un tasso medio del 9.3%, mentre il Pil pro-capite 900-1000 dollari. È necessario evidenziare che solo nell’anno 1990 il tasso di crescita del Pil si aggira al 6%. Per ventun anni la crescita del Pil supera 7%. Già dall’anno 2000, secondo i dati rilevati dalla Banca Mondiale, il Pil cinese occupa il sesto posto per diversi anni; la situazione cambia nell’anno 2008, con il sorpasso della Cina sulla Germania. ( fonte; Banca mondiale). Dal grafico possiamo vedere due evidenti rallenti del tasso di crescita del Pil rispettivamente negli anni 1997-1999 e 2008-2009. Il primo rallento è dovuto dalla crisi finanziaria del sud-est asiatico dovuto dalla fragilità della struttura finanziaria. La Cina, per la prima volta si risente colpita dalla tempesta finanziaria che in passato non era mai successo, come per esempio la grande crisi finanziaria del 1929, con la quale furono coinvolti le economia capitaliste (es. USA, Giappone e le potenze europee), mentre la Cina era esclusa da questa crisi in quanto l’economia era sostanzialmente chiusa. Dal grafico riportato, possiamo vedere l’andamento della crescita del PIL, il quale ha subito una forte flessione dal 1996, e dal 1999 si rileva un rialzo di crescita della produzione. La coda del ciclone partito dal Wall Street nell’estate 2007, e poi via via cresciuto d’intensità sino ad assumere dimensioni devastanti, ha colpito il mondo della finanza cinese e rallentato l’economia interna. “Maledetti americani, ci hanno proprio rovinato …” impreca l’uomo del borsino di Shanghai Zhang, “un anno fa, avevo circa 180mila yuan (circa 20mila euro) sul mio conto azionario. Oggi, me ne restano a malapena 20mila (poco più di 2mila euro)”, aggiunge l’uomo del borsino con un amaro sorriso di sconforto. Il terremoto finanziario ha spaccato la Cina, una cinquantina di milioni di persone che piange, si pente e maledice pensando ai quei 1'700 miliardi di dollari andati in fumo nel giro di un anno. La locomotiva ha rallentato la corsa, i dati diffusi dall’ufficio nazionale di statistica di Pechino mostrano una crescita nel 3° trimestre di 2008 del 9%, meno del 2° trimestre (10.1%). “… il dato è il peggiore dal 2003...” ha spiegato un portavoce dell’ufficio di statistica, Li XiaoChao. La Banca centrale, come in altri paesi, la prima ha tagliato i tassi di interesse, la seconda ha alleggerito le limitazioni già imposte per la concessione di prestiti. Inoltre la Cina ha annunciato un piano da 4mila miliardi di yuan, pari a 460 miliardi di euro per rilanciare l'economia reale. La cifra corrisponde a circa un quinto del Pil cinese (3.300 miliardi di dollari lo scorso anno). Lo scopo delle misure è di stimolare la domanda interna per evitare che l’economia locale rallenti troppo. Nel dicembre 2008, è arrivata una nuova conferma di una crisi economica dal carattere globale dall’Agenzia delle dogane cinesi. A novembre l’export si è ridotto del 2.2% rispetto allo stesso mese del 2007,ma ben più accentuato è stato il calo delle importazioni, una caduta dell'11,9%, cosa che ha provocato la chiusura del bilancio mensile con un altro avanzo da record: 40,1 miliardi di dollari. L’industria cinese dei giocattoli, nel 2008 ha visto chiudere i battenti di metà imprese del settore. Il numero di imprese produttrici ed esportatrici di giochi è calato del 49% a 4388 unità contro le 8610 registrate a inizio 2008. Le cause di questo forte calo sono diverse: Il calo della domanda estera Aumento dei costi di produzione in Cina Rafforzamento dello yuan Mancato adeguamento della qualità all’irrigidimento degli standard internazionale. Di nuovo in calo l’ Export dalla Cina in gennaio2009: -17.5% su base annuale. Il risultato peggiore da 13 anni. L’amministrazione doganale di Pechino ha annunciato che è la più forte contrazione da 13 anni a questa parte. Nell’Aprile 2009, il ministero del commercio cinese dichiara che gli investimenti esteri diretti in Cina sono diminuiti in marzo per il sesto mese consecutivo, a causa della crisi commerciale e finanziaria mondiale. In marzo, gli investimenti diretti esteri sono stati di 8,4 miliardi di dollari, il 9,5 per cento in meno rispetto allo stesso mese dello scorso anno, ha detto il portavoce del ministero, Yao Jian, in una conferenza stampa. le generose iniezioni di spesa pubblica e le politiche monetarie espansive messe in atto da Pechino negli ultimi sei mesi iniziano a dare i loro risultati. Sul piano interno, i segnali di ripresa della congiuntura cinese sono sempre più forti. Nei primi quattro mesi del 2009, gli investimenti in attività fisse hanno spiccato un balzo in avanti del 30,5% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Nel solo mese di aprile, l'incremento è stato pari al 34 per cento. La grossa spinta è venuta dagli investimenti statali, che sono cresciuti di oltre il 39 per cento, mentre gli investimenti immobiliari restano piuttosto fiacchi (+5% tra gennaio e aprile). La situazione economia migliora invece nel 2010. La crescita di quest’anno è di 10.3% e ha scavalcato quella giapponese nella classifica mondiale, al secondo posto dopo gli Stati Uniti. Il Pil del Giappone, in termini nominali, è risultato pari a 5.474,2 miliardi di dollari, secondo le statistiche pubblicate a Tokyo. Il governo giapponese precisa che il Pil della Cina ha raggiunto dal suo canto l'equivalente di 5.878.6 miliardi di dollari. L'economia cinese ha superato i suoi vicini nel 2010 e diviene la seconda più grande del mondo, dietro gli Stati Uniti; un posto che era stato occupato dall’economia giapponese fin dal 1968.