Il teatro in azienda di Oliviero Ponte di Pino

Il teatro in azienda
Con una nota sul mio improbabile debutto come drammaturgo
di Oliviero Ponte di Pino
Non ho mai scritto per il teatro e non mi sono mai occupato di formazione aziendale, né
come allievo né tantomeno come discente. Dunque era abbastanza improbabile che
debuttassi come drammaturgo nel corso di un Forum di Formazione. Eppure questo
evento statisticamente (quasi) impossibile si è verificato qualche settimana fa, per un
complesso combinato di circostanze e soprattutto grazie all’interesse e alle necessità di
Indaco, una società che di occupa di consulenza e direct marketing (e nell’abito della
consulenza ricade, ovviamente, anche la formazione).
Quello del “teatro d’azienda” o “teatro in azienda” (ma c’è anche chi ha registrato il
marchio come teatrodimpresa®) è del resto un’area in espansione e sviluppo, che occupa
uno spazio sempre più ampio all’interno dei percorsi di formazione, ma è anche
caratterizzato da una forte concorrenza e dalla necessità di offrire proposte credibili e
innovative.
Il 9° Forum Formazione, organizzato da Somedia al Palazzo delle Stelline di Milano l’8 e 9
novembre 2005, ha ospitato una trentina di seminari della durata di un’ora circa, in cui le
diverse aziende presentavano ai potenziali clienti i loro progetti. Erano numerosi quelli che
si richiamavano più o meno esplicitamente al teatro. In particolare, citando dalla brochure
dell’iniziativa e seguendo un rigoroso ordine alfabetico:
La Scuola di Palo Alto, una business and management school, offre quello che è forse il
programma più articolato. Sotto l’insegna “Che spettacolo!”, precisando che “la produzione
è della Scuola di Palo Alto”, la “regia di Leonardo Poppa, regista e docente di tecniche
teatrali”, annuncia con grande evidenza: “Gli attori? SIETE VOI”.
I numerosi workshop hanno titoli adatti a una accademia d’arte drammatica:
- “Sul Palco della Vita. Le Regole della Comunicazione in Pubblico”
- “Svelare il Corpo Attraverso la Maschera. La forza del Linguaggio Gestuale”
- “I Meccanismi della Risata. Le Tecniche del Comico al Servizio della Comunicazione”
- “Le Abilità Sociali Attraverso il Metodo Stanislawsky. Il Lavoro dell’Attore e l’Intelligenza
Emotiva”;
- “Il Potere del Narrare. I Racconti come Finestra Emotiva dell’Impresa”
- “Comunicare in Pubblico. Dominare la Scena in Meeting, Congressi e Convention”.
Non è tutto. Sul versante “Spettacoli in azienda”, la Scuola di Palo Alto offre tra l’altro “La
Gestione del Cliente Interno attraverso il ‘Mugugno Comedy’”. Perché “nei luoghi di lavoro
possono svilupparsi molteplici situazioni di tensione” e dunque “è utile offrire l’opportunità
di manifestare le cause di nervosismi e irritazioni, creando un ambiente di confronto
sereno, al fuori (sic) del contesto produttivo”; ecco dunque un percorso in “tre tappe:
- raccolta dei mugugni;
- analisi dei mugugni;
- rappresentazione dei mugugni.”
“Le tecniche teatrali e i meccanismi della comunicazione permetteranno di calarsi nei
panni degli altri, di ascoltare, di gestire positivamente le proprie emozioni e cogliere con
più attenzione gli stimoli esterni.”
Volendo è possibile creare uno “spettacolo di simulazione sul gioco dei ruoli”, dove ogni
partecipante crea un personaggio di riferimento (reale o di fantasia) e interagisce con gli
altri; uno “spettacolo recitato da attori aziendali (…) sulla base di tematiche ritenute utili o
importanti all’interno dell’azienda stessa”, per allietare meeting e convention aziendali;
sulla base di specifiche richieste, è anche possibile creare spettacoli ad hoc con attori
professionisti oppure organizzare le più tradizionali serate “di evasione” per convention e
meeting aziendali. Il colpo di coda finale è però “…In giallo. Intrattenimento con
partecipazione attiva”, dove “i partecipanti non sono solo spettatori ma attivi protagonisti
dell’indagine”: alcuni attori mischiati ai partecipanti (e individuati come possibili sospetti) e
un ispettore si preoccuperanno di creare il contesto adatto; anche in questo caso “è
possibile, laddove il committente lo desideri, personalizzare la trama (calzando la storia
sull’azienda), e/o far partecipare ai fatti alcuni collaboratori interessati”.
Non so quanto sia rappresentativo il campione di aziende presenti al 9° Forum
Formazione; in ogni caso la percentuale di chi utilizza tecniche teatrali è molto alta. Le
tipologie di intervento sono assai variegate, a riprova – se non altro - della versatilità del
teatro e la ricchezza delle sue possibili funzioni. Si va dallo spettacolo che chiude la
convention aziendale (e che tutti i comici televisivi – e i loro conti correnti bancari conoscono bene) a forme di intervento assai sofisticato (nella presentazione di Indaco, per
esempio, si è accennato ai “cattivi shakespeariani” come possibili modelli di leadership: e
sul tema c’è ormai un’ampia bibliografia). Ovviamente si usano tecniche differenti quando
si tratta di “mettere in situazione” dei giovani che devono iniziare a lavorare in un call
center o alla cassa di un supermercato; oppure quando si ratta di affinare la
comunicazione all’interno dell’azienda o di fare operazioni di marketing o pubbliche
relazioni; o ancora quando si tratta di affinare le capacità decisionali di un dirigente
d’azienda.
Per spiegare il successo di questo approccio nell’ambito della formazione va anche
ricordato che la teatralizzazione si sposa bene con le tecniche ispirate all’analisi
transazionale (Eric Berne, Analisi transazionale e psicoterapia e A che gioco giochiamo?;
Vann-Joines,
Analisi
transazionale),
molto
usata
in
ambito
aziendale.
A volte il teatro in azienda è una retorica che con la sua leggerezza rispetto a forme più
ingessate di comunicazione e formazione aiuta a trasmettere con maggiore efficacia un
determinato messaggio (l’insistenza sugli aspetti emotivi rispetto a quelli puramente
razionali non è casuale); per certi aspetti è un’attività che si apparenta all’animazione nei
villaggi turistici. In altri casi è più una tecnica dell’io che serve a plasmare la personalità,
l’identità individuale (soprattutto per manager e dirigenti) e collettiva (ovvero aziendale) e i
rapporti interpersonali; in questo il teatro in azienda può richiamare piuttosto lo
psicodramma e la terapia di gruppo.
Inutile sottolineare che un uso del teatro di questo tipo – e in questi contesti – può far
correre un brivido lungo la schiena dei cultori dell’arte per l’arte, e suggerisce alcune
riflessioni sulla natura stessa del teatro e della teatralità (e sul loro valore…) all’interno
della società contemporanea. Il teatro in azienda è un’occasione di consapevolezza e un
momento di controllo, è uno spazio di apparente libertà che però ha come obiettivo un
maggiore condizionamento (o per lo meno l’adeguamento a determinati standard).
Altrettanto inutile sottolineare che il “teatro d’azienda” rappresenta un possibile sbocco
professionale per giovani teatranti che sappiano in qualche modo costruirsi una
professionalità alternativa e che siano in grado di confrontarsi con una realtà assai diversa
da quella del mondo del teatro, per obiettivi e per modalità di comportamento.
E il mio debutto come drammaturgo?
Qualche tempo fa avevo scritto un breve testo, Atleti del cuore, per il libretto-programma
della rassegna “Teatri dello sport”: è un dialoghetto didattico tra un’atleta e un attore, che
vorrebbe illustrare affinità e differenze tra le due attività (lo si trova in questo sito).
Non era un testo scritto per essere rappresentato ma Umberto Lardieri e Lisa Baudino
(che chissà come è riuscita a scovare il testo in rete) hanno pensato che potesse essere
utile per illustrare la filosofia di base del loro progetto e hanno chiesto a due attori (Alberto
Barbi e Barbara Cinquatti) di interpretare i due personaggi.
Così per un quarto d’ora ho provato l’ebbrezza di essere un drammaturgo (una vocazione
che non ho mai avuto) e un formatore aziendale (un’altra vocazione che mi manca). Posso
solo ringraziare gli artefici di questa esperienza… e chissà che da questo strano incrocio
non nasca qualcos’altro.
Oliviero Ponte di Pino