ǁǁǁ͘ŵĞƐƐŝĞǀ͘ĂůƚĞƌǀŝƐƚĂ͘ŽƌŐƌŐĞŶƚŝŶŽYƵŝŶƚĂǀĂůůĞʹ/ůƐĂĐƌŽŶŽŵĞŶĞůůĂŝďďŝĂ Il sacro nome nella Bibbia (Argentino Quintavalle) C’è chi sostiene che è sbagliato tradurre il nome di Dio con «Signore», e che invece si dovrebbe usare «Yahweh» o «Geova». Traduzione eccessivamente letterale Gran parte del loro ragionamento è basato su una eccessiva letterarietà, cioè traduzione parola per parola dei passi ebraici della Bibbia. Per esempio, essi affermano che la salvezza di una persona è dipendente dall’utilizzo e dalla corretta pronuncia del Nome Divino. Questo si basa sulla dichiarazione, «chiunque invocherà il nome di YHWH sarà salvato» di Gioele 2:32 (citata in Atti 2:21). Secondo la loro interpretazione, uno non può invocare Dio ed essere salvato senza la conoscenza di questo nome. In realtà, però, «il nome di YHWH» è soltanto un sinonimo di «YHWH», un modo per evitare di parlare di Dio in maniera troppo famigliare o diretta. Un’altra prova testuale che viene portata è Sal.9:10, «quelli che conoscono il tuo nome confideranno in te». Sembra a questi insegnanti che il passaggio indichi che le persone non possono venire alla fede in Dio a meno che non sappiano pronunciare correttamente il suo nome. Di nuovo, comunque, «il tuo nome» è un modo per evitare di dire «Tu». Un altro testo proposto in sostegno di quelli che insegnano l'importanza di “preservare il Nome Sacro” è: «Fino a quando durerà questo? Hanno essi in mente, questi profeti che profetizzano menzogne, questi profeti dell’inganno del cuor loro, pensano essi di far dimenticare il mio nome al mio popolo coi loro sogni che si raccontan l’un l’altro, come i loro padri dimenticarono il mio nome per Baal» (Ger.23:26,27). La conclusione raggiunta sulla base di questo passo è che dimenticare il nome di Dio è un peccato orribile. In realtà, però, il passo sarebbe meglio tradotto: «essi pensano di farmi dimenticare al mio popolo coi loro sogni». «Il nome di YHWH» è l’equivalente di «YHWH», e il «Tuo nome» è sinonimo di «Tu». Questo è dimostrato dai passi paralleli della Sacra Scrittura in cui ricorre l’identica espressione, una con il «nome» e l’altra senza. Ad esempio, Sof.3:12 legge: ϭ ǁǁǁ͘ŵĞƐƐŝĞǀ͘ĂůƚĞƌǀŝƐƚĂ͘ŽƌŐƌŐĞŶƚŝŶŽYƵŝŶƚĂǀĂůůĞʹ/ůƐĂĐƌŽŶŽŵĞŶĞůůĂŝďďŝĂ «un popolo umile e povero, che confiderà nel nome dell’Eterno», ma Sal.5:11 ha: «quelli che in te confidano». Un’espressione ebraica, «chiamare il suo nome», ricorre nel Nuovo Testamento (Luca 1:13,31) e la King James traduce letteralmente: «and thou shalt call his name John» [e chiamerai il suo nome Giovanni], «and shalt call his name Jesus» [e chiamerai il suo nome Gesù]. Questo è un ottimo idioma ebraico, ma in italiano si direbbe semplicemente, «lo chiamerai Giovanni/Gesù» (vedi versione CEI). Pronuncia Dovrebbe essere sottolineato che il Nome Divino ricorre sempre senza vocali nelle Sacre Scritture Ebraiche e nessuno oggi, sia giudeo che cristiano, sa con indiscutibile certezza quale era la pronuncia originale del tetragramma YHWH. Benché gli studiosi siano relativamente sicuri che le prime due sillabe del Nome Divino venissero pronunciate yah, e molti hanno infatti suggerito che probabilmente il nome venisse pronunciato yahweh, non possiamo comunque essere certi riguardo la sua pronuncia. Infatti, i nomi seguono precise regole di lettura e non ci danno nessuna indicazione di quale fosse la pronuncia originale. Se una parte del tetragramma è nella seconda parte di un nome la vocalizzazione cambia come esempio nei nomi: "yeshaYAHU" (Isaia) e "YermiYAHU" (Geremia). Il nome divino scritto con il tetragramma è una particolare rivelazione esclusiva per il popolo ebraico e doveva rimanere orale. V’è un altro «Nome Sacro» che presenta problemi. Ci sono degli insegnanti che dicono riguardo il nome di Gesù, che i cristiani quando si rivolgono a lui dovrebbero pronunciarlo Yahshua. Essi dicono che il nome di Gesù è composto di due parti: Yah (un'abbreviazione Yahweh), e Shua (Salvatore). Così, essi dicono che «Yahshua» significa Yahweh-Salvatore. Il tentativo di stabilire un collegamento linguistico tra Yahweh, la supposta pronuncia originale del tetragramma, e Yeshua, la forma ebraica del nome di Gesù, ha le sue radici in un malinteso. La sillaba iniziale di Yeshua (Gesù) non è yah ma ye. Yeshua è un'abbreviazione di yehoshua, Giosuè. Yehoshua è stato evidentemente accorciato prima in yoshua man mano che la lingua parlata ha lasciato cadere la «h»; e quindi, Ϯ ǁǁǁ͘ŵĞƐƐŝĞǀ͘ĂůƚĞƌǀŝƐƚĂ͘ŽƌŐƌŐĞŶƚŝŶŽYƵŝŶƚĂǀĂůůĞʹ/ůƐĂĐƌŽŶŽŵĞŶĞůůĂŝďďŝĂ siccome la lingua ebraica ha una certa avversione per la vocale «o» quando è immediatamente seguita dalla vocale «u», la prima sillaba è stata modificata da yo a ye. Verso la fine del periodo biblico il nome yeshua aveva già iniziato a sostituire yehoshua. Giosuè il figlio di Nun è anch’esso chiamato «yeshua il figlio di Nun» (Neh.8:17 – vedi King James e Testo Ebraico). La forma yeshua ricorre ventinove volte nella Scrittura, ventisette volte nei libri di Esdra e Nehemia, e una volta ciascuno in 1 e 2 Cronache. (Tutti e quattro i libri sono datati intorno al 400-450 a.C.). Solo una volta, in 1Cron.7:27, la forma yehoshua ricorre in questi stessi libri. L’affermazione che uno è in errore se non utilizza esclusivamente la parola «Yahweh» in riferimento a Dio, è una forma di legalismo. L'uso di formule corrette e di pronunce corrette è molto importante nei riti magici, ma non nel rapporto di una persona con il Dio d’Israele, che è «misericordioso e pietoso, lento all’ira, ricco in benignità e fedeltà» (Es.34:6). La teologia «geovista» è un buon esempio della maniera in cui le traduzioni eccessivamente letterali dei passi della Bibbia possono influire su di noi in direzioni sbagliate. In questo caso numerosi testi biblici sono stati presi per produrre un approccio sbagliato, che si preoccupa più del nome di Dio e della sua corretta pronuncia che di Dio stesso. ϯ