Dal paziente al “gene malattia”: il clonaggio posizionale del gene Met Una storia di interazione fra Medicina e Ricerca a cura di Debora Angeloni, Ph.D., Settore di Medicina Scuola Estiva di Orientamento Volterra 2010 Molte malattie hanno base genetica. Ciò significa che mutazioni o alterazioni dell’espressione di uno o più geni sono alla base del danno alla salute riportato dal paziente. La ricerca sulle malattie genetiche ha l’obiettivo di identificare i geni responsabili, e correggere il danno d’espressione causa della malattia. Questa vasta area della ricerca e della cura della salute richiede in maniera irrinunciabile una stretta interazione fra il Medico ed il Ricercatore, a tal punto che si è venuta formando la figura del Medico-Ricercatore, un professionista con vocazione personale e competenze professionali che si collocano fra il medico che si occupa della cura del paziente, ed il ricercatore interessato ad investigare i meccanismi biologici di base. Si definisce “gene malattia” un gene la cui alterata funzione causa un danno alla salute. Come si va alla ricerca di un gene malattia? Esistono diversi metodi di ricerca, basati su screening genetici. Il principale, che si impiega quando non si conoscono assolutamente le funzioni normali del gene di cui si è in cerca, è il positional cloning o clonaggio posizionale. Il positional cloning rappresenta un tipico caso in cui la ricerca parte dall’osservazione del paziente e dalla descrizione della malattia, fatte dal medico, per proseguire in un laboratorio di ricerca, in cui la tecnologia del DNA ricombinante e dell’ingegneria genetica vengono estensivamente impiegate per individuare il gene mutato. Il passo successivo è rappresentato dalla ricerca di una cura possibile, che sarà di nuovo il medico a portare al paziente. Nel 1986 è stata descritta la scoperta del primo gene malattia identificato mediante positional cloning: il gene CGD (Chronic Granulomatous Disease) localizzato sul cromosoma Xp21, responsabile della malattia granulomatosa cronica. Molti altri geni da allora sono stati scoperti con questo metodo. In che cosa consiste il positional cloning? 1 2 3 4 5 Fig. 1. Schema logico di positional cloning 2 Il positional cloning è una strategia per clonare un gene attraverso la definizione via via piu' precisa della sua posizione in mappe genetiche e fisiche, fino all'identificazione della corrispondente sequenza di DNA in cloni genomici e/o di cDNA. L’idea di fondo è semplice: se una certa malattia ricorre in un nucleo familiare attraverso le generazioni, ci deve essere alla base un gene mutato la cui trasmissione è responsabile della trasmissione della malattia. I vari marcatori presenti sul genoma, e trasmessi “in blocco” all’interno di una famiglia, possono aiutare a localizzare esattamente la posizione genomica del gene mutato. La mutazione deve essere presente anche in pazienti in cui la malattia rappresenta un caso “sporadico” e non ereditario. Per studi di questo tipo è fondamentale disporre della collaborazione di interi nuclei famigliari affetti dalla malattia in studio. Il caso del gene Met nel carcinoma papillare renale ereditario (Met in HPRCC) Il carcinoma papillare renale colpisce preferenzialmente il sesso maschile rispetto al femminile, con un rapporto di 3:1 ed una maggiore frequenza tra i 60 e i 70 anni. Ogni anno, vengono diagnosticati in Europa circa 86.000 nuovi casi e in Italia 8.200 (5.600 uomini e 2.600 donne). Questi tumori rappresentano il 3% di tutte le neoplasie nella popolazione italiana. L'eziologia è ignota. Esistono diversi fattori di rischio: Familiarità Esiste una predisposizione familiare genetica allo sviluppo del carcinoma renale. Una storia familiare di cancro renale è associata ad un rischio 4 volte superiore rispetto a quello della popolazione generale. I tumori renali ereditari non sono più del 2%. Le sindromi di von Hippel Lindau e di Birth-Hodgg-Dube ed il carcinoma papillare renale ereditario riconoscono una predisposizione genetica. Questi tumori tendono a insorgere in giovane età. Tabacco Il fumo di tabacco raddoppia il rischio di insorgenza di un carcinoma del parenchima renale. Un terzo dei casi di carcinoma renale sarebbe attribuibile al consumo di tabacco Sovrappeso e dieta L’obesità è tra i fattori di rischio più importanti per il carcinoma renale 3 Fig. 2. Schema logico adottato dai laboratori dell’NIH (USA), per identificare geni responsabili di tumori renali. Journal of Urology 151: 561-566, 1994. Fig. 3. Rene affetto da HPRC. 1. Studi Sugli Alberi Genealogici Il primo passo del positional cloning consiste nel coinvolgere nello studio quante più famiglie affette. Ciò è importante perchè permette di fare studi di legame genico (genetic linkage) . Detto in breve, il genetic linkage descrive la tendenza di certi loci cromosomici ad essere ereditati insieme. Loci genici fisicamente vicini sullo stesso cromosoma tendono a stare insieme (a segregare insieme) durante la meiosi (divisione cellulare). In una famiglia, molti marcatori sono ereditati “in gruppo”. Se si individuano marcatori anonimi che co-segregano con il gene malattia, la loro posizione suggerisce dove sia localizzato fisicamente il gene malattia. Fig. 4. Co-segregazione del tratto malattia con un marcatore anonimo M”, qui rappresentato da prodotti di PCR. 4 L’allele malattia (simbolo solido) co-segrega con il marcatore M”. Importante: di questo marcatore non si conosce la funzione, ma si sa che fisicamente si trova sul cromosoma 7! (vedremo fra poco come si ottengono le “bande” verdi della figura…). Osservate l’albero genealogico di seguito, 1) da quale coppia parentale pensate sia trasmessa la mutazione? 2) Pensate si tratti di un gene autosomico o legato a cromosoma sessuale? 3) Mutazione dominante o recessiva? (Se pensate di non avere tutti gli elementi per rispondere, provate comunque a ragionare sui dati che avete: anche i ricercatori formulano ipotesi quando – quasi sempre! – si trovano davanti a dati incompleti). 1)............................................................................................................................................ 2)............................................................................................................................................ 3)............................................................................................................................................ Fig. 5. Albero genealogico di famiglia affetta da HPRC. maschio. = individuo affetto dalla malattia = femmina, = 2. La Mappatura Genomica Una volta reclutati i pazienti ed eseguiti studi di linkage che diano indicazione su quale sia il cromosoma coinvolto (supponiamo di avere scoperto che si tratti del 7), si possono usare altri metodi per contribuire a definire più in dettaglio la zona d’interesse. Una possibilità è data dall’analisi cito-genetica con sonde specifiche provenienti da una libreria genomica. In breve, il tratto di cromosoma viene ricostruito attraverso una serie di cloni che ne contengano interamente la sequenza, anche se ovviamente frammentata. La figura di seguito mostra una ibridazione su DNA di nuclei interfasici (la cromatina è dispersa, qui colorata in blu) con una certa sonda specifica per un determinato frammento di cromosoma 7 (segnale in rosso). Il segnale in verde è dato da una sonda specifica per il centromero del cromosoma 7. 5 Che cosa vi suggerisce la presenza di tanti puntini rossi e due (o pochi) puntini verdi per nucleo? ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… Fig. 6. Nuclei interfasici ibridati con sonde specifiche per un tratto di cromosoma 7. 3. La Mappatura Fisica Una volta identificata, grosso modo, la regione cromosomica critica (vedi sopra), occorre procedere più finemente. Si cammina sul cromosoma, letteralmente si fa un “chromosome walking”, utilizzando i vari marcatori anonimi localizzati sul cromosoma, come se fossero pietri miliari per identificare l’esatto “indirizzo” del nostro gene d’interesse. I marcatori non sono altro che brevi sequenze, di vario tipo, che in precedenza sono state esattamente localizzate sui vari cromosomi, con metodi fisici. I marcatori sono stati uno strumento fondamentale per il sequenziamento dell’intero genoma umano. Sono tuttora importanti per gli studi di positional cloning. 6 Immaginate di conoscere la mappa fisica (e quindi la distribuzione dei marcatori) in una regione del cromosoma 7. Il vostro scopo è sapere quanti geni si trovano in quella regione. Si procede costruendo a partire dalla libreria genomica, in cui cloni di varia grandezza danno una rappresentazione ordinata del tratto di genoma di nostro interesse, una mappa dei geni trascritti (una libreria di cDNA). Fig. 7. Costruzione di una sequenza contigua (“contig”) che riproduce il tratto cromosomico d’interesse. Come ordinare questi frammenti? Diversi metodi sono possibili. Dato che conoscete esattamente la sequenza dei vettori nei quali sono clonati i frammenti di cui sopra, è possibile sequenziare brevi tratti adiacenti degli inserti (a colori) contenuti nei vettori della libreria (in nero, vedi figura 8). Grazie al sequenziamento adesso conoscete le estremità dei cloni della vostra collezione (la sequenza nota è indicata, in figura, dalle scatoline colorate). 7 Fig. 8. Vettori contenenti alcuni cloni della libreria genomica (inserti colorati). Diamo per assunto che le estremità sono state sequenziate. La loro sequenza è pertanto nota allo sperimentatore (rappresentata dalle scatoline colorate). Cosa fareste per ordinare fisicamente (“comporre il puzzle”) i frammenti (cioè i cloni della vostra libreria), in modo che rappresentino davvero il tratto di cromosoma da cui provengono? Soffermiamoci sulla tecnica della PCR (polymerase chain reaction), che può essere utile allo scopo. La PCR è una tecnica enzimatica in vitro che ha lo scopo di produrre grandi quantità di DNA a partire da quantità minuscule e quindi non manipolabili. E’ fondamentale conoscere almeno un breve tratto di sequenza ai due lati del tratto di DNA che si intende amplificare (lo stampo). Su di essa vengono disegnati i primers (in rosso e verde nella figura) che funzionano da innesco per l’enzima (una polimerasi, non rappresentata) che utilizzando il substrato presente nella miscela di reazione, dirige la sintesi del nuovo DNA. templato prodotto Fig. 9. Schema rappresentativo della reazione di PCR. In verde: primer sinistro, in rosso: primer destro. Fra le miscele di reazione proposte, quale usereste? Perchè? ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… 8 ……………………………………………………………………………………………… Quindi, tornando alla nostra libreria, come combinereste le informazioni ricavate dalle tecniche di sequenziamento e PCR? ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… 4. L’analisi dei geni candidati Supponiamo che grazie ad un’altra notevole frazione di lavoro sperimentale (o alla consultazione di banche dati bio-informatiche) – che qui per brevità diamo per assunte abbiate adesso a disposizione una descrizione della regione d’interesse in termini di contiguità fisica e catalogo dei geni qui localizzati, il passo successivo consiste nell’analisi dei cosiddetti geni candidati. L’approccio di solito prevede l’uso di diversi metodi sperimentali (analisi di sequenza, analisi di espressione, analisi di metilazione, confronto con modelli animali). In questa fase, il lavoro sperimentale torna a coinvolgere i pazienti. L’analisi dei geni candidati infatti viene fatta sul DNA estratto dai loro campioni e procede, di candidato in candidato, finche non viene identificato il gene che si presenta mutato in un numero statisticamente significativo di pazienti, così da suggerire che si tratti del gene responsabile della malattia. Supponiamo che vi troviate davanti a diversi geni candidati. Che domande vi porreste sul loro conto al fine di decidere una scala di priorità prima di iniziare ad analizzarli? ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………… In conclusione, il gene di cui siamo stati a caccia è ..............., ..............., si trova sul cromosoma 7 ed è .............. in reperti citogenetici provenienti da materiale tumorale. 9 Al termine del positional cloning, il gene Met è risultato insieme ad altri candidati “vicini di casa”. Tuttavia le informazioni sulla sua funzione, ottenute da progetti indipendenti, lo hanno messo al primo posto della scala di priorità per la successiva analisi di sequenza. * * Fig. 10. Rappresentazione schematica del cromosoma 7, che indica la localizzazione del gene Met in 7q31.1-34 fra i marcatori D7S496 e D7S1837 (asterischi). L’analisi di mutazione su un grande numero di pazienti, affetti sia da malattia ereditaria che sporadica, ha mostrato che almeno 10 diverse mutazioni (tutte missense) colpiscono la sequenza codificante del gene Met. Fig. 11. Analisi di sequenza di una mutazione di Met. Le mutazioni sono raccolte nella zona codificante per il dominio enzimatico della proteina MET e causano una attivazione deregolata della proteina stessa. Ciò ha l’effetto di promuovere la proliferazione cellulare in maniera deregolata. 10